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lunedì 11 settembre 2023

Sahra Wagenknecht pronta a fondare un nuovo partito!

 Se ne parla da mesi ma ora potrebbe essere arrivato il momento giusto per il nuovo partito guidato da Sahra Wagenknecht, ormai sempre piu' lontana dal corso politico della Linke. Del resto la grande impopolarità della Ampel sta alimentando la crescita di AfD che i sondaggi danno ampiamente sopra il 20% dei consensi. E per la nuova formazione guidata dalla Wagenknecht ci sarebbero quindi importanti spazi elettorali e politici per dare vita ad un progetto di sinistra capace di intercettare il voto di protesta che finora ha gonfiato AfD. Sahra Wagenknecht intervistata dalla Noz.de


Sahra Wagenknecht pronta a fondare un nuovo partito


Sempre più cittadini non si sentono rappresentati dai partiti del Bundestag, afferma Sahra Wagenknecht. La popolare deputata della Linke vuole cambiare le cose. Chiede un approccio diverso ad AfD e delle alternative, ad esempio attraverso un nuovo partito.

Sahra Wagenknecht non si sottrae allo scontro. La deputata del Bundestag viene considerata un fattore di disturbo nel suo partito, la Linke, perché mescola posizioni di sinistra con elementi conservatori. Al più tardi dal suo discorso critico sulle sanzioni alla Russia tenuto al Bundestag, di circa un anno fa, c'è stata una spaccatura all'interno del gruppo parlamentare.

Wagenknecht si sta allontanando dalla linea del partito anche su altre questioni, diventando così popolare ben oltre il nucleo dell'elettorato di sinistra. In un'intervista con la nostra redazione, si lamenta della cultura del dibattito in merito al tema della migrazione in questo Paese e dice: "Chiunque sollevi dei problemi è sospettato di essere vicino ad AfD e razzista". La leader della  Linke chiede una forte limitazione per l'immigrazione e mette in guardia dalla demonizzazione di AfD.

L'icona della sinistra tedesca è già stata invitata più volte da altri membri a lasciare il partito. La sua risposta è: la politica ha bisogno di un nuovo movimento per raggiungere gli insoddisfatti e i non votanti. Sarà lei a guidare questo nuovo partito? Wagenknecht lo rivela in un'intervista:



Signora Wagenknecht, l'economia sta entrando in recessione, le infrastrutture sono in difficoltà e le casse previdenziali sono vuote. Eppure la Ampel si sta dedicando a questioni come la legge sull'autodeterminazione o la liberalizzazione della cannabis. Il governo di Berlino ha perso il contatto con i cittadini?

Raramente c'è stato un governo federale così lontano dai problemi e dalle preoccupazioni dei cittadini comuni come quello della Ampelkoalition Questa settimana, nel suo discorso sul bilancio, il Cancelliere Scholz ha affermato che non c'è pericolo di una deindustrializzazione. È un'affermazione fuori dal mondo. C'è una grave crisi economica che incombe e non si risolve tagliando le pensioni, l'istruzione e la sanità. Servono grandi investimenti e una diversa politica energetica.

giovedì 14 marzo 2019

Intervista ad Andreas Nölke: "Non possiamo fare a meno dello stato nazione"

Andreas Nölke è professore di scienze politiche a Francoforte nonché la mente dietro il raggruppamento di sinistra Aufstehen!. Intervistato da Welt ci spiega perché non possiamo fare a meno dello stato nazione e perché l'immigrazione è un problema serio. Da Welt.


Welt: Herr Nölke, come professore di scienze politiche a Francoforte lei si è schierato a favore dello stato-nazionale. Perché?

Andreas Nölke: in realtà fra i sostenitori della sinistra è qualcosa di insolito, la maggior parte vorrebbe superare lo stato nazione. Io invece nel medio periodo non voglio, perché ci sono importanti funzioni che al momento vengono svolte meglio a livello nazionale. La democrazia, lo stato sociale e lo stato di diritto funzionano meglio nello stato nazionale che nell'UE. In questo senso, credo che l'aspirazione della sinistra a creare un super-stato europeo e poi uno stato mondiale non siano adeguate.

Welt: quindi apprezza le funzioni dello stato-nazionale, ma per ragioni diverse dalle destre?

Nölke: in realtà ci sono diversi motivi per sostenere lo stato nazionale. Non mi interessa il superamento della cultura tedesca. Ma lo stato-nazione, in quanto stato sociale, dispone dei mezzi per migliorare la situazione delle persone piu' svantaggiate, e rimane l'istanza più importante per protegge la loro libertà e sicurezza.


Welt: per quanto tempo ne avremo ancora bisogno?

Nölke: fino a quando non ci saranno segnali evidenti che la democrazia può funzionare meglio a un livello più elevato. Se emergesse un'opinione pubblica europea, se aumentasse l'identificazione con l'UE, se l'affluenza alle elezioni europee fosse più elevata - allora potremmo pensare di lasciarci alle spalle lo stato nazione.

Welt: quali elementi dell'UE sono anti-democratici?

Nölke: distinguo fra deficit democratico strutturale e attuale. Quest'ultimo include un'affluenza significativamente inferiore alle elezioni europee. La legittimità della democrazia si basa sulla volontà dei cittadini di andare a votare. Darei una maggiore legittimità a quel livello per il quale i cittadini votano con maggiore partecipazione.

Inoltre, anche alle prossime elezioni europee le questioni nazionali avranno un ruolo importante, anche perché non abbiamo un'opinione pubblica europea e sappiamo molto di più sulla politica di Berlino che non su quella di Bruxelles. Ma questi sono tutti problemi risolvibili. I deficit strutturali sono più difficili da risolvere.

Welt: quali sono?

Nölke: empiricamente, si può stabilire una stretta connessione tra le dimensioni di una comunità e il funzionamento della democrazia. Non so come ciò possa essere risolto nel quadro dell'UE. Inoltre, se osservo da sinistra vedo dei problemi con la mancanza di neutralità economica della costituzione europea. I trattati europei non erano destinati a diventare una costituzione, ma grazie all'interazione fra la Corte di giustizia europea e la Commissione sono diventati de facto una costituzione europea - attraverso due istituzioni con una legittimazione democratica estremamente indiretta.

Welt: cosa non la soddisfa dal punto di vista del contenuto?

Nölke: le quattro libertà fondamentali per i beni, i capitali, i servizi e il lavoro, sono state prima inserite nei trattati, con intenzioni di politica economica, per poi insinuarsi nella costituzione. Una cosa del genere, tuttavia, non dovrebbe trovare posto in una costituzione perché significa che queste libertà economiche non sono più accessibili al potere politico.

Ecco perché questa costituzione per me non è accettabile. Ci sono proposte per rimuovere queste norme dai trattati, sarebbero quindi soggette alla legislazione normale, e in quel caso non avrei alcun problema.

Welt: tra le quattro libertà fondamentali viene soprattutto contestata la circolazione illimitata dei lavoratori all'interno dell'UE. Questo diritto alla mobilità degli europei e l'accettazione della migrazione irregolare non sono forse di sinistra?

Nölke: dal mio punto di vista: no. Per me, in quanto uomo di sinistra, si tratta prima di tutto della protezione dei lavoratori. E una forte immigrazione mina le condizioni lavorative dei più deboli all'interno della nostra società. Perché è soprattutto la migrazione irregolare a portare da noi persone poco qualificate, fatto che aumenta la concorrenza in questo settore del mercato del lavoro. Diversi studi mostrano che un tale afflusso di lavoratori nel segmento meno qualificato ha effetti alquanto problematici. Dal punto di vista dell'economia nel suo complesso, tuttavia, l'immigrazione può anche avere degli effetti positivi.
Welt: a quali studi si riferisce?

Nölke: dopo la forte immigrazione da Cuba verso la zona di Miami, nell'ambito dell'esodo di Mariel del 1980, è stata osservata una ripresa generale dell'economia, ma una riduzione fino a un terzo del livello dei salari fra le persone meno qualificate. Un altro studio ha fornito un quadro simile dopo l'apertura da parte dell'Austria agli europei dell'Est nel 2011: è stato buono per il prodotto interno lordo, ma catastrofico per le persone poco qualificate.

Le aziende hanno un legittimo e razionale bisogno di ottenere una buona manodopera al miglior prezzo possibile. Un'alta offerta significa prezzi bassi. Tuttavia, questi interessi spesso non sono in sintonia con quelli della società ospitante, né con quelli delle società che hanno formato queste persone. E spesso nemmeno con quelli dei migranti stessi, molti dei quali preferirebbero vivere nel loro paese, ma lì non trovano lavoro.

Welt: non è forse ragionevole se molte persone provenienti da economie disfunzionali si spostano nelle aree economiche più forti? In questo modo non si aiutano i migranti e le aziende?

Nölke: nel breve termine, sì, ma il mio interesse si rivolge più che altro al sostegno alle aree economiche disfunzionali. Ciò riguarda anche la politica di sviluppo, ma soprattutto la politica del commercio estero. Ad esempio, negli ultimi 20 anni, l'UE ha optato per una politica di libero scambio molto più severa nei confronti dell'Africa sub-sahariana. Le esportazioni agricole stanno distruggendo grandi parti dell'agricoltura di quei paesi. Una politica economica esterna meno aggressiva aiuterebbe questi paesi molto più dell'emigrazione di una parte della loro popolazione verso l'Europa.

Welt:  almeno ora i dazi all'importazione sui beni africani sono stati ampiamente aboliti, in modo che questi paesi possano esportare a basso costo in Europa..

Nölke: sì, ma il problema riguarda molto meno i nostri dazi all'importazione, e molto di piu' invece la pressione esercitata sulle economie di questi paesi costretti ad aprire i loro mercati ai nostri prodotti. La mia ricerca sui modelli economici dei mercati emergenti mostra che i paesi con un protezionismo selettivo sono di gran lunga i paesi di maggior successo: India e Cina. Le economie emergenti, che volontariamente o forzatamente si sono aperte, spesso hanno strangolato l'economia locale.

A proposito, penso anche che la Germania dovrebbe frenare il suo forte orientamento all'export. Da un lato per rispetto nei confronti di queste economie, ma anche nel proprio interesse. Abbiamo il più forte orientamento all'export fra tutte le principali economie. Nel lungo termine, per la Germania non è una buona idea, siamo totalmente dipendenti da ciò che accade nell'economia globale come non accade a nessun'altra grande economia. Se ci fosse un'ondata di protezionismo, delle guerre commerciali o un crollo economico globale, la Germania sarebbe seriamente minacciata.

Welt: lei è una delle principali menti di Aufstehen, questo raggruppamento ha la possibilità di raggiungere una dimensione rilevante?

Nölke: penso che sia possibile, ma ci vorrà del tempo. Da un lato, vogliamo riunire persone che socio-economicamente pensano a sinistra, ma con i partiti di sinistra attuali, fortemente cosmopoliti e globalisti, non riescono a fare nulla. Dall'altro lato, vogliamo spingere verso un ripensamento all'interno della SPD e dei Verdi. Dopo una buona partenza, da due o tre mesi affrontiamo dei problemi organizzativi. Per ora non siamo un movimento forte, ma la situazione potrebbe cambiare rapidamente in una prossima crisi economica.

Welt: cosa significa per Aufstehen la partenza di Sahra Wagenknecht?

Nölke: il suo ritiro dalla ristretta cerchia della leadership di "Aufstehen" in favore di nuovi volti politici era già stato annunciato mesi fa. Mi aspettavo che sarebbe accaduto durante il congresso di giugno, quando dovrà essere eletta una nuova leadership. Da quel momento la fase di avvio, influenzata in maniera relativamente pesante da politici professionisti, sarà finita, e a prendere il timone saranno coloro che organizzano il movimento a livello locale. Questa attualmente è la vera forza di "Aufstehen".



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mercoledì 28 novembre 2018

Sevim Dagdelen: "il ministero degli esteri tedesco dietro il Migration Compact"

Secondo molti autorevoli opinionisti il testo del Migration Compact delle Nazioni Unite sarebbe il tentativo del governo tedesco di dare una copertura giuridica internazionale alla infelice decisione unilaterale con cui nel 2015 Berlino apriva le frontiere a centinaia di migliaia di migranti. Sevim Dagdelen, deputata della Linke, fra i fondatori di Aufstehen!, vice capo-gruppo al Bundestag, figlia di gastarbeiter turchi, ha seguito da vicino la stesura del testo e intervistata da Cicero ci spiega perché, anche a sinistra, è giusto, etico e ragionevole rifiutare il testo del Migration Compact, un accordo pensato e dettato dal governo tedesco, e dal quale sempre piu' paesi si stanno sfilando. Da Cicero.de 


Onorevole Dagdelen, nessun altro accordo è tanto controverso quanto il Migration Compact delle Nazioni Unite. AfD sostiene che gli stati firmatari rischiano di diventare un'area di insediamento per altri popoli, altre religioni e altre culture. Una paura legittima?

No, si tratta di una campagna della paura condotta da AfD e da altri esponenti della destra. Ma penso anche che ci siano diverse critiche da fare a questo accordo. Nessuna delle richieste che noi come Linke avevamo sollecitato durante il processo di negoziazione è stata poi accolta.

Lei è l'unico membro del Bundestag ad aver partecipato alle udienze preliminari sull'accordo di New York. Che cosa si sente di criticare di quell'accordo?

Il patto non parla in alcun modo delle cause della migrazione. Trovo sbagliato che la migrazione nel testo venga presentata come una "fonte di ricchezza, innovazione e di sviluppo sostenibile" - e che questi effetti teoricamente possano essere ottimizzati attraverso una politica di migrazione  meglio gestita. Accade invece l'opposto.

Ad esempio?

La migrazione è un'espressione di disuguaglianza globale, una conseguenza dei diversi sviluppi economici e del divario tra i ricchi e i poveri. Questa è stata anche la critica espressa dai paesi africani, i quali hanno chiesto con veemenza che vengano combattute le cause della migrazione stessa. La loro richiesta di fare grandi investimenti nello sviluppo economico dei paesi di origine è assolutamente giusta, considerando il fatto che le fratture sociali sono una delle principali cause di migrazione. A New York i rappresentanti degli stati africani hanno dichiarato quello che anche io durante queste conferenze ho sempre sottolineato: deve esistere anche un diritto a non emigrare.

E' questo quello che si intende nel patto quando si afferma che uno degli obiettivi è "minimizzare le forze che spingono le persone a lasciare il proprio paese di origine"?

Sfortunatamente anche in questo passaggio le cause della migrazione non vengono menzionate. Milioni di persone vengono private dei loro mezzi di sussistenza attraverso la guerra, l'accaparramento della terra, i cambiamenti climatici oppure tramite accordi di libero scambio ingiusti. In questo senso, il dibattito sul patto non è affatto onesto.

Ma se queste erano esattamente le sue richieste, perché non è riuscita ad imporsi?

A New York ho sempre sostenuto che nella politica estera ci deve essere una svolta. Ad esempio, bisogna finirla con gli accordi  di libero scambio distruttivi verso i paesi del sud. Di norma, le persone che lasciano la propria terra non lo fanno volontariamente. Ma queste richieste non hanno trovato alcun spazio nel testo del patto, al contrario, il ricco nord è riuscito ad imporsi sul sud povero.

Quali paesi intende?

Ad esempio la Germania. Da inizio 2017 e fino alla fine di quest'anno la Germania, insieme al Marocco, ha presieduto il Forum globale sulla migrazione e lo sviluppo, che ha lavorato alla stesura dell'accordo. Il responsabile della stesura è stato il ministero degli esteri tedesco. Apparentemente al ministero hanno poco o non hanno alcun interesse a combattere le vere cause della migrazione. Il governo tedesco era preoccupato piu' che altro per la carenza di manodopera qualificata e per la migrazione circolare, cioè: una riedizione della politica dei Gastarbeiter, già fallita in passato, gli interessava avere respingimenti più facili e accordi sull'immigrazione, come quelli che la Cancelliera ha firmato con alcuni stati africani.

Ciò significa che le udienze dei parlamentari erano piu' che altro una farsa?

Coinvolgere la società civile e i parlamenti nazionali è giusto. Tuttavia i negoziati sono stati condotti da altri.

Dietro le quinte il patto è stato in buona parte dettato dal governo federale?

C'erano due livelli. Prima, sotto la guida del governo tedesco i governi  hanno negoziato sul documento, e poi ci sono state le audizioni dei datori di lavoro, delle ONG, dei rappresentanti delle chiese e dei parlamentari. Nel febbraio 2018 è stata creata una prima bozza. Per inciso, ho partecipato nonostante l'opposizione di AFD.

Se AfD sin dall'inizio era contraria al patto, perché solo ora si mobilitano?

Tutto ciò è segno di disonestà e falsità. Dov'era AFD quando è stato negoziato il patto? Non hanno mosso un ciglio. A preparare il terreno per la loro campagna di paura di stampo nazionalista, tuttavia, sono stati il ministero degli esteri e il governo. In Germania non c'è mai stato un un dibattito sul Migration Compact.

Il ministero degli esteri e il governo federale hanno quindi deliberatamente tenuto la palla bassa perché dopo le esperienze avute durante l'ondata di rifugiati del 2015, hanno fiutato quanto sarebbe stato ampio il potenziale di ribellione che questo argomento ha nel paese?

Se è così allora hanno seguito una strategia sbagliata. Disinformazione, fake news e campagne di paura sono possibili solo se non c'è un chiarimento. Dove c'è luce, l'oscurità non può vincere.

Quanto è rappresentativa la sua posizione all'interno della Linke? Il leader del suo gruppo parlamentare, Sahra Wagenknecht, in realtà è a favore della limitazione dell'immigrazione.

Nella Linke al momento non c'è una posizione unitaria sul Migration Compact. Sahra Wagenknecht sottolinea le conseguenze negative della fuga di cervelli, della sottrazione di lavoratori qualificati ai paesi del sud. Ha ripetutamente sottolineato che le migrazioni causano sconvolgimenti sociali su entrambi i lati, nei paesi di origine e in quelli di destinazione e io condivido tale valutazione. Nei miei molti anni di lavoro e come figlia di Gastarbeiter turchi, so bene che la migrazione ha implicazioni sociali e culturali sia nei paesi di origine che in quelli di destinazione. Le prime vittime sono i migranti stessi

Perché vittime? Molti stanno meglio nel paese di destinazione che a casa loro.

Di norma le persone non lasciano volontariamente il paese in cui vivono, dove hanno amici e famiglia, ma perché li' non hanno buone prospettive per il futuro. Di norma, a partire sono le persone giovani e ben istruite. La loro istruzione nei paesi d'origine è costata molto denaro. Questi paesi vengono espropriati in piu' modi.

Nel frattempo anche nella CDU c'è una certa resistenza nei confronti del patto. La federazione regionale della Sassonia-Anhalt ha respinto l'accordo. Il ministro federale della Sanità Jens Spahn vuole che sia messo ai voti al prossimo congresso della CDU.

Jens Spahn e altri a quanto pare vogliono saltare sul carro della campagna della paura lanciata da AfD. Eppure sono proprio loro che con la politica degli accordi di libero scambio, le esportazioni di armi e una politica estera militarista generano costantemente nuove ragioni per la fuga. L'impegno di Jens Spahn è ovviamente motivato dalla politica interna del partito.

E' stato criticato il fatto che il patto disciplina solo i diritti dei migranti, come il loro accesso ai servizi sociali, ma non dice quasi nulla sui loro doveri. E' comprensibile allora che questo squilibrio renda insicuri o arrabbiati molti cittadini?

Lo considero un grave fallimento del governo federale che ha avuto un'influenza significativa sui negoziati e un tempo sufficiente per chiarire il tema. È senza dubbio problematico il fatto che la migrazione nel patto venga identificata come una "fonte di ricchezza". C'erano richieste da parte dei paesi africani in merito alla rappresentazione della migrazione nei media. Volevano che i media che ne parlano negativamente fossero privati dei finanziamenti statali.

Sarebbe un'interferenza nella libertà di stampa. Questi paesi da dove prendono il diritto di interferire?

Anche io ho avvertito questo problema, anche se credo sia corretto criticare le rappresentazioni xenofobe. Alla fine la richiesta è stata respinta.

Davvero? Nel trattato però è scritto che "i media che promuovono sistematicamente l'intolleranza, la xenofobia o il razzismo" non dovranno più ricevere i sussidi statali.

Le Nazioni Unite in questo modo volevano promuovere un giornalismo orientato ai fatti.

Non dovrebbe essere il Parlamento a votare sul patto per la migrazione delle Nazioni Unite in modo che il governo federale possa firmarlo a dicembre?

Non è necessario un voto in Parlamento perché il Migration Compact non è un trattato giuridicamente vincolante.

Alcuni avvocati internazionali la vedono in modo diverso.

La verità è che il patto contiene una base politicamente vincolante per la sua implementazione. In tal senso, ovviamente, finirà per influenzare la politica. Ad esempio, l'ONU ogni due anni verificherà se i paesi onorano gli impegni presi con il trattato. Dovrebbe tenersi una conferenza per la verifica ogni cinque-dieci anni. Ma non è detta l'ultima parola. Cina e la Russia chiedono che il controllo sia volontario.

Non sarebbe forse piu' logico in queste condizioni far votare il Parlamento?

Spero che questo dibattito si svolga non solo in Parlamento, ma anche in pubblico.

Oltre agli Stati Uniti, anche Australia, Austria, Polonia, Israele e Danimarca hanno già annunciato di voler uscire dal patto. Se l'obiettivo era distribuire meglio i flussi migratori in tutto il mondo, ha ancora senso farlo in queste circostanze?

Il fatto che sempre più paesi ne stiano uscendo è anche un fallimento dei paesi negoziatori. Ma il fallimento più grande è quello di non aver discusso criticamente chi e che cosa faccia diventare le persone dei migranti e non aver preso misure per impedire la distruzione di interi stati nel sud del mondo.

Il governo federale a dicembre approverà il patto?

Presumo di sì.

Quali conseguenze ci saranno per la politica tedesca?

L'intero spettro politico di destra alla fine potrebbe approfittare della campagna di paura di AfD. Nel lungo periodo il governo federale continuerebbe la sua attuale politica migratoria, invece di combattere efficacemente le cause della migrazione e della fuga nei paesi di origine. Il divario globale tra poveri e ricchi verrebbe preservato e probabilmente si amplierebbe, invece di ridursi.

Sevim Dagdelen dal 2005 siede al Bundestag per la Linke. È vice-capogruppo della Linke e membro della commissione per gli affari esteri del Bundestag.


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sabato 8 settembre 2018

Perché Sahra Wagenknecht ha ragione

Die Zeit non poteva certo essere tenero con il nuovo movimento di sinistra Aufstehen! In un articolo uscito ieri tuttavia non puo' fare a meno di dare ragione a Sahra Wagenknecht e al suo movimento su un punto centrale della loro proposta politica: i redditi reali delle famiglie piu' povere in Germania negli ultimi anni hanno perso potere d'acquisto mentre la disuguaglianza sociale è cresciuta. Ne parla Die Zeit


Sahra Wagenknecht questa settimana non ha perso occasione per promuovere il suo nuovo grande progetto politico #aufstehen. La leader politica di sinistra tuttavia continua a ripetere un dato: il 40% della popolazione piu' povera avrebbe un reddito reale inferiore rispetto quello di venti anni fa. E' un'affermazione coerente con un movimento politico di sinistra. Serve a dare la sensazione che in questo paese c'è sempre piu' ingiustizia sociale, che i ricchi sono sempre più ricchi e i poveri sempre più poveri. "In un paese del genere la democrazia non funziona più", sostiene Wagenknecht. Ma il dato è corretto?

Per capire come si stanno muovendo le retribuzioni e gli stipendi in Germania, gli economisti di solito analizzano i dati del del Panel socio-economico (SOEP), sviluppato dal Deutsches Institut für Wirtschaftsforschung (DIW). Secondo il DIW, i redditi reali del 40% delle famiglie piu' povere tra il 1999 e il 2015 sarebbero diminuiti di quasi il 7%, tenendo conto dell'aumento dei prezzi. Altri economisti tuttavia esprimono dei dubbi su questo dato ottenuto dall'istituto.


Il DIW è noto per essere vicino al sindacato, quindi piuttosto vicino alla sinistra. Come punto di partenza per il dato citato da Wagenknecht gli autori dello studio hanno preso l'anno 1999, vale a dire un anno in cui il reddito del 40 % più povero era particolarmente alto. Un'altra obiezione arriva dall'antagonista scientifico del DIW, l'Institut der deutschen Wirtschaft (IW), considerato vicino ai datori di lavoro e di orientamento liberista. L'IW sottolinea che negli ultimi anni il SOEP nel panel ha inserito sempre piu' genitori single, famiglie con bambini piccoli o molti figli e le famiglie a basso reddito. Inoltre, il SOEP 2013 includeva un ampio campione di persone con un background migratorio.

I ricercatori del SOEP hanno aggiornato il campione per rispecchiare in maniera più precisa possibile la composizione della popolazione. L'IW teme pertanto che un confronto fra campioni relativi a due periodi diversi non sia significativo. Perché questi gruppi di solito guadagnano meno della media. Per dimostrarlo, l'IW ha calcolato l'effetto dei campioni composti da migranti sull'evoluzione dei redditi reali. Se si sottrae questo effetto, il reddito reale del 40% inferiore non sarebbe diminuito, ma aumentato del 7,6%. Tuttavia l'IW considera per questa analisi un periodo diverso: quello dal 1994 al 2004.

Jan Goebel, vice direttore del SOEP, difende l'operato del suo istituto: se la struttura della popolazione cambia, anche il campione deve riflettere questi cambiamenti. Il campione è ponderato in modo da poter riflettere le caratteristiche di base della popolazione. Pertanto, l'argomento secondo il quale non sarebbe possibile confrontare i dati relativi ai gruppi di reddito nel tempo, da un lato è corretto perché nel campione ci sono altre persone rispetto a quelle degli anni precedenti, dice Goebel. Ma l'argomento allo stesso tempo è anche sbagliato, perché l'obiettivo deve essere quello di tenere conto della struttura complessiva della popolazione in un determinato momento in Germania. Il problema metodologico è stato evidenziato in tutte le pubblicazioni.

Nonostante i livelli record di occupazione, la disuguaglianza è in aumento

Quindi, se si preferisce seguire l'IW ed escludere dal campione la componente legata all'immigrazione, anche la buona notizia ad un secondo sguardo deve essere relativizzata. È vero che il 40 % più povero non ha un reddito reale inferiore rispetto al passato, ma di quasi l'otto percento superiore. Tuttavia, senza l'effetto migrazione, i redditi dell'altro 60 % nello stesso periodo sono aumentati del 16,5 % e quelli del 10 % piu' alto addirittura del 21,9 %. Non tutti si sono avvantaggiati allo stesso modo dello sviluppo economico favorevole degli ultimi anni: il reddito dei ricchi è cresciuto molto più velocemente di quello dei poveri. La famosa forbice ha continuato ad aprirsi, specialmente dall'inizio del millennio. E questo sebbene i disoccupati siano cosi' pochi come non accadeva da decenni.

Nonostante l'occupazione da record ci sono molte possibili spiegazioni per la crescente disuguaglianza. Ci sono ad esempio piu' donne che lavorano a tempo pieno e che in media hanno un salario inferiore rispetto agli uomini. Ci sono poi sempre meno lavoratori pagati in base ai contratti collettivi. Sebbene molte aziende facciano dei grandi profitti, i salari dei lavoratori non crescono coerentemente. La popolazione sta invecchiando e gli anziani hanno redditi più bassi. Ci sono sempre piu' persone che lavorano in settori a bassa retribuzione. E poi c'è la globalizzazione, che apre molte nuove opportunità economiche, ma che mette i lavoratori scarsamente qualificati in competizione con quelli dei paesi a basso reddito. In tali condizioni, un nuovo movimento di sinistra potrebbe effettivamente avere successo. Oppure uno di destra.
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lunedì 13 agosto 2018

Fabio De Masi: "dobbiamo aiutarli a casa loro!"

Fabio De Masi è una personalità di spicco della Linke tedesca nonché uno dei promotori, insieme a Oskar Lafontaine e Sahra Wagenknecht, del nuovo raggruppamento politico "Austehen!" il cui obiettivo è contrastare l'ascesa di AfD cercando di recuperare terreno sui temi sociali cari agli ex-elettori di sinistra passati ad AfD. In una recentissima intervista a Deutschlandfunk non ha paura di dire quello che anche nella sinistra tedesca sono in molti a pensare: "aiutiamoli a casa loro!". Da deutschlandfunk.de


DLF: Sahra Wagenknecht ha scritto che dopo le elezioni politiche si è ampliata la crisi di fiducia fra i politici e il loro elettorato e addirittura le elezioni sarebbero diventate una farsa e i diritti democratici inconsistenti. Herr De Masi, la Linke prende parte al tentativo di screditare la democrazia e lo stato di diritto? Non è puro populismo?

Fabio de Masi: no, piuttosto è vero che una larga maggioranza della popolazione vuole affitti abbordabili, cure ad un prezzo accessibile, è contro la povertà in vecchiaia, a favore di una tassazione equa, contro le missioni estere della Bundeswehr ma che questa maggioranza di persone non ha una maggioranza in Parlamento. E questo la sinistra da sola non puo' cambiarlo.

DLF: se gli elettori scelgono diversamente e non danno il loro voto alla Linke, non è forse questa la democrazia?

De Masi: il problema  è che molte persone si stanno allontanando dalla democrazia perché non si aspettano piu' nulla dai partiti. Cioè non vanno piu' nemmeno a votare oppure vengono raggiunte dai demagoghi di AfD. E noi lo possiamo capire dal fatto che ad esempio subito dopo l'arrivo di Martin Schulz, nei sondaggi della SPD c'è stato un rapido picco ma poi tutti questi elettori sono di nuovo scomparsi. Anche loro non sono andati a sinistra. E cioè, sono state evidentemente risvegliate aspettative che poi subito dopo sono andate deluse quando si sono accorti che davanti a loro non c'era alcun cambiamento.

DLF: lei mette in discussione il risultato delle elezioni democratiche quindi...

De Masi: no, non metto in discussione il risultato delle elezioni democratiche, piuttosto, lo abbiamo sperimentato in America con il movimento intorno a Bernie Sanders, lo abbiamo vissuto con gli sviluppi del Labour party in Gran Bretagna e Jeremy Corbin: se fai un'offerta convincente, ci sono ancora migliaia di persone pronte ad entusiasmarsi per la politica. Nel complesso stiamo dando un grande contributo alla democrazia. Quello che Frau Baerbock (Verdi) afferma non è importante, e non è nemmeno decisivo quello che dice Herr Stegner (SPD) su Aufstehen! Cio' che importa è cosa ne pensano i tassisti, gli infermieri o i lavoratori interinali che incontriamo ogni giorno e che ci parlano di questo movimento. In 3 giorni abbiamo avuto piu' ingressi in questo nuovo movimento di quanti sono tutti gli iscritti ad AfD. Questo è un buon segnale per la democrazia.

DLF: ora lei sostiene che non è importante quello che Annalena Baerbock dice. Tuttavia mi piacerebbe citarla. Ha detto che la Linke dovrebbe prima chiarire se intende rinunciare ai suoi toni nazionalisti. La Linke lo vuole?

De Masi: non so cosa intenda esattamente Frau Baerbock con cio'. Io vedo invece che abbiamo una politica europea, ad esempio, che con il taglio dei salari e delle pensioni in tutta Europa ha distrutto la coesione sociale e che la politica economica tedesca nei confronti dei greci ad esempio è stata un disastro. Questo è ciò che io chiamo una forma di nazionalismo. Anche i leader dei Verdi per inciso hanno preso parte a queste decisioni sulle politiche europee. Quando però diciamo che non vogliamo pensioni da fame in Germania, o che vogliamo ad esempio che ci sia un determinato numero di infermieri negli ospedali, come accade negli altri paesi europei, questo non è nazionalismo, ma si tratta solo di difendere lo stato sociale e la democrazia. E con questa terminologia da combattimento non riesco proprio a fare nulla, e mi sembra anche un po' ridicola. Ad esempio chi conosce la storia della mia famiglia, come nipote di un combattente della resistenza italiana, saprà che non devo nessuna giustificazione a Frau Baerbock (...)

DLF: ci sono alcune dichiarazioni, ad esempio di Sahra Wagenknecht, in cui l'attentato di Ansbach viene messo in collegamento con la politica dei rifugiati della Cancelliera, dichiarazioni che hanno suscitato anche le critiche del suo stesso partito. Non si tratta di qualcosa campato in aria...

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De Masi: Frau Wagenknecht ritiene, come anche i socialdemocratici e i Verdi che attualmente si stanno unendo al nostro movimento che al centro della nostra politica dobbiamo mettere le vere cause che spingono le persone a fuggire e cioè le armi tedesche che vengono esportate in tutte le aree di tensione del mondo oppure le politiche commerciali inique. Non è certo una buona cosa quando le persone sono costrette ad abbandonare i loro rapporti sociali e la loro patria. E non è affatto giusto che alle persone che si trovano qui da noi dobbiamo garantire una buona integrazione. Bisogna anche dire che quando le persone arrivano da noi dobbiamo mettere mano al portafoglio per investire nelle scuole e negli ospedali, e questo Frau Merkel non l'ha fatto. Il risultato è che sono rimaste senza prospettive e che sono sorti dei ghetti in quanto non è stato possibile finanziare l'integrazione e fare tutti gli investimenti di cui avevamo bisogno in Germania. Tutto questo non è giusto.

DLF: e lei in questo modo non sta mettendo gli interessi dei rifugiati contro quelli della popolazione tedesca nativa?

De Masi: no al contrario, perché sia i rifugiati sia le persone che già vivono qui sono interessate ad avere buone scuole, buone università e buoni ospedali. E coloro che fanno in modo che da noi ad esempio i rifugiati vengano sfruttati per un basso salario e li usano mettendoli contro gli altri dipendenti, si stanno servendo dei rifugiati. Questo è il motivo per cui ad esempio la Confederazione delle industrie tedesche (BDI) ha chiesto che certi livelli di salario minimo non si applichino ai rifugiati. Queste sono le persone che avvelenano il clima politico, non sono i profughi o chi si preoccupa per il loro salario.


DLF: Herr de Masi, Sara Wagenknecht afferma di voler unire il campo della sinistra. Nei fatti però sta facendo il contrario, da quanto si puo' osservare o almeno interpretare, poiché come pre-condizione pretende che la SPD modifichi il suo corso politico, ad esempio rimetta in discussione l'Agenda 2010. Non si tratta proprio dell'opposto di una guida congiunta?

De Masi: la questione è: cos'è il campo della sinistra? Se fai una politica come l'Agenda 2010 che ci ha portato al lavoro interinale, ai contratti a tempo determinato senza causale, ad Hartz IV, alla distruzione della riforma delle pensioni, allora non fai piu' parte della sinistra. Altrimenti concetti come "sinistra" o "destra" sono completamente privi di senso. Ed è per questo che molte migliaia di socialdemocratici che non sono d'accordo con il corso di Olaf Scholz o Andrea Nahles ora hanno la possibilità di impegnarsi in un nuovo movimento insieme ai militanti della Linke e dei Verdi dove non si tratta di eleggere un segretario nel retro di una Kneipe, ma di un movimento in cui ci si impegna su dei temi. Perché i partiti non sono fini a se stessi. E noi vogliano convincere tutte le persone che ritengono di avere qualcosa in comune. Questo tuttavia non esclude che sull'Europa o sulla politica dei rifugiati nel dettaglio ci possano anche essere delle opinioni diverse. C'è bisogno di un elevato livello di tolleranza interna. Ma siamo d'accordo sul fatto che questi temi sociali dovranno essere rimessi al centro della politica, percio' non mi interessa se il progetto si adatta alle aspettative del signor Scholz. Fintanto che va bene all'artigiano, all'infermiera, al tassista, e questi mostrano le reazioni che abbiamo visto, io sono molto felice.