Secondo il recente Koalitionsvertrag, Christian Lindner, il leader dei liberali tedeschi, dovrebbe essere il nuovo Ministro delle finanze della Ampelkoalition (SPD, Verdi, FDP). Il grande intellettuale britannico Adam Tooze nelle scorse settimane è intervenuto sulla stampa tedesca per mettere in guardia da una tale eventualità. Per Tooze il leader della FDP non è solo uno showman che nel nuovo governo dovrà interpretare il ruolo del cattivo, ma anche e soprattutto un rischio sistemico per l'eurozona. Atene e Roma probabilmente meritavano qualcosa di meglio. Adam Tooze da Der Freitag.
Dietro le quinte la battaglia per il Ministero delle finanze va avanti da tempo. In gioco non c'è solo il futuro del nuovo governo tedesco, ma anche quello dell'Europa.
Sia la FDP che i Verdi hanno rivendicato il Ministero delle finanze tedesco. I due partiti sotto molti punti di vista si assomigliano: entrambi si battono per conquistare il voto dei giovani. Rappresentano due varietà del liberalismo. Vorrebbero modernizzare le malandate infrastrutture tedesche. Ma naturalmente hanno opinioni diverse sulle questioni climatiche. E sono in disaccordo anche sulla politica sociale ed economica - esattamente come lo sono sulla politica europea.
Christian Lindner e la FDP vorrebbero abbassare le tasse, difendere il pareggio di bilancio e mantenere una linea dura nei confronti dei partner europei della Germania. Per i liberali la crisi climatica dovrebbe essere risolta attraverso gli investimenti privati e tramite l'applicazione di un prezzo per le emissioni di CO₂. I Verdi, invece, vorrebbero maggiori investimenti pubblici, l'allentamento delle regole sul pareggio di bilancio e una politica pro-europea che prosegua il corso politico fatto di investimenti comuni finanziati dal debito europeo iniziato nel 2020. Ed è proprio su queste aree politiche, dove le differenze tra i Verdi (e la SPD) e la FDP sono maggiori, che il Ministero delle Finanze sarà cruciale.
Wolfgang Schäuble (CDU), ministro delle finanze della Germania dal 2009 al 2017, ai tempi dell'eurocrisi era riuscito a guadagnarsi una reputazione alquanto discutibile. Le sue continue misure di austerità avevano messo i paesi debitori sotto una enorme pressione. Nel 2015 era arrivato a proporre per la Grecia un "time-out" dall'euro. Il suo comportamento derivava da una logica politica ineludibile: in Europa, un ordoliberale alla guida del ministero delle finanze tedesco non può nascondersi. Deve issare la bandiera.
E questo atteggiamanto, è da temere, varrà ancora di più per Lindner ministro delle finanze. Lindner è un'europeista molto meno convinto di Schäuble. Le sue posizioni economiche consistono in banalità neoliberali. Ma è anche uno showman che deve dimostrare che lui e il suo partito possono tenere testa ai due partner alla sua sinistra. Sarebbe da ingenui pensare che possa restare schiacciato fra una cancelleria guidata da Olaf Scholz e un super-ministero verde dell'ambiente.
Lo stesso Scholz ha mostrato cosa può fare un progressista ed europeista alla guida del Ministero delle finanze tedesco. Ha cambiato sia il tono che il contenuto del dibattito tedesco in materia di politica economica e ha spinto verso una riforma fiscale globale. Ha speso generosamente durante la crisi del Covid. Soprattutto, ha preso sul serio la fragilità dell'eurozona. Ma la ripresa in Europa resta debole. Gli indici di indebitamento in Europa sono più alti di prima della pandemia. La governance politica dell'Eurozona è quanto mai irrisolta.
La dinamite è già li' pronta
In questo contesto la prospettiva di un Lindner ministro delle finanze è ragione di preoccupazione. La FDP, infatti, chiede a gran voce che sia la Germania sia l'Europa tornino al più presto alle regole sul debito che si applicavano prima della pandemia. E per la Germania sarebbe anche fattibile. La SPD e i Verdi potrebbero anche essere d'accordo se la FDP accettasse investimenti fuori bilancio su larga scala. Per l'Europa, un tale programma invece sarebbe rovinoso. Il 60% dei cittadini della zona euro vive in paesi dove il rapporto debito/PIL supera il 100 per cento del PIL. In tali condizioni forzare un ritorno ai criteri dell'era di Maastricht sarebbe disastroso. Soffocherebbe tutti gli investimenti pubblici contro il cambiamento climatico e provocherebbe un contraccolpo populista.
L'esplosivo c'è già. Otto membri dell'UE hanno chiesto il consolidamento delle finanze europee a partire dal 2022. Sono piccoli stati. Se otterranno quello che chiedono dipende dalla Germania.
Un ministro delle finanze tedesco dello stampo di Lindner rappresenta un rischio sistemico per l'Europa. E anche la Merkel lo ha dovuto imparare: se l'Europa entra in crisi, diventa molto difficile per Berlino fare politica.
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