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martedì 1 maggio 2018

Voci dalla Linke: "Non esiste un diritto all'immigrazione, aiutiamoli a casa loro!"

Nella Linke tedesca, dopo le recenti prese di posizione di Oskar Lafontaine e della moglie Sahra Wagenknecht, alcuni membri di spicco del partito, fra loro anche Fabio De Masi, hanno fatto uscire un documento con il quale prendono una posizione molto chiara sul tema dell'immigrazione e delle politiche per i rifiugiati: non è scritto da nessuna parte che esiste un diritto all'immigrazione, aiutiamoli a casa loro! Ne parla la TAZ.de


Nel dibattito sui profughi e sui migranti interno alla Linke diversi esponenti di spicco del partito hanno preso posizione con un documento comune "per una politica di immigrazione di sinistra, umana e socialmente regolata". Si tratta probabilmente del documento piu' dettagliato che fino ad ora abbia provato a tracciare un punto di contatto nell'attuale situazione di polarizzazione fra la leadership del partito rappresentata da Katja Kipping, schierata a favore dell'apertura delle frontiere e il capogruppo al Bundestag Sahra Wagenknecht, che invece sostiene una politica sull'immigrazione piu' restrittiva. Fra i firmatari ci sono i membri del Bundestag Fabio De Masi, Jutta Krell, Michael Leutert, Sabine Zimmermann e il membro del consiglio federale Ralf Krämer.

I firmatari si allontanano decisamente dal concetto delle "frontiere aperte". Il documento recita: "i controlli alle frontiere non sono di per sé né violenti né disumani". Senza la gestione delle frontiere gli stati resterebbero "indifesi contro la criminalità organizzata e il terrorismo".

Gli autori si schierano a favore di una distinzione fra le politiche di immigrazione e quelle sui rifugiati. "La protezione per le persone in stato di necessità è qualcosa di diverso dall'immigrazione illimitata, che riguarderebbe tutti coloro che desiderano guadagnare di piu' oppure sono alla ricerca di un tenore di vita migliore". Nel secondo caso "i paesi riceventi hanno il diritto di regolare l'immigrazione". Dopotutto anche nella carta delle Nazioni Unite non viene sancito alcun diritto universale all'immigrazione. "Non esiste di fatto alcun diritto riguardante la libertà globale di movimento o la libertà di insediamento e non ci sarà nulla di simile anche nel prossimo futuro".

Il modello delle frontiere aperte è solo una "visione per il futuro": "al momento le condizioni non ci sono. Abbiamo bisogno di soluzioni realistiche e transitorie che ci possano avvicinare a questo obiettivo". Queste dovranno "essere accettabili per i lavoratori dipendenti e per la parte meno privilegiata della società".

"Privilegio per le piccole minoranze mobili"

Degno di nota in particolare è il sesto punto del documento, intitolato "Sinistra politica e solidarietà internazionale". Mentre il dibattito di sinistra in Germania ruota attorno alla possibilità che chiunque voglia farlo possa entrare nel paese, gli autori fanno riferimento alla sinistra latinoamericana che invece discute del diritto a non dover emigrare. "Con lo stesso sforzo finanziario, spesso è possibile ottenere nei paesi di origine un multiplo di cio' che in termini di miglioramento delle condizioni di vita puo' essere raggiunto in questo paese", scrivono gli autori.

"La migrazione non regolamentata di lavoratori non offre alcuna prospettiva di alleviare la miseria del mondo, ma si rivolge direttamente a una piccola minoranza di privilegiati che si possono spostare". La migrazione di lavoratori deve essere regolata. Gli autori menzionano proposte come gli accordi speciali con i paesi non-UE per l'arrivo di lavoratori non qualificati, ma anche una lista di lavori con un'eccedenza di manodopera, per i quali non potrà essere concessa nessuna autorizzazione all'ingresso. "I processi di migrazione dovrebbero avere effetti positivi ed evitare quelli piu' negativi per tutti gli interessati, senza quindi mettere in pericolo le persone nei paesi di origine e in quelli di destinazione, ma promuovendone il benessere".

Sulla questione dei rifugiati gli autori sostengono "una politica che aiuti tutti". A cio' appartiene anche il sostegno nei confronti dei paesi fuori dall'UE che accolgono i rifugiati, sia con il denaro, sia "con l'ammissione contingentata di rifugiati" direttamente da questi stati.

Il documento evita una questione controversa all'interno del partito, come quella di indicare i casi in cui i migranti dovranno essere espulsi. Il documento serve ad alimentare il dibattito interno al partito. Al congresso del partito previsto a giugno a Lipsia, infatti, la richiesta di avere "frontiere aperte" sarà messa ai voti nella mozione presentata dai vertici del partito.

lunedì 12 marzo 2018

Oskar Lafontaine: aiutiamoli a casa loro!

Questo blog continua a seguire la battaglia della famiglia Lafontaine (Oskar e Sahra Wagenknecht) per definire la linea politica della Linke sul tema dei rifugiati. Lo storico leader della socialdemocrazia attacca i vertici del partito e rilancia: aiutiamoli a casa loro! Dal profilo FB di Oskar Lafontaine.


Io faccio parte di coloro che ritengono sbagliate e irrealistiche le politiche per l'immigrazione dei leader di partito Kipping e Riexinger - frontiere aperte e diritto di permanenza per tutti (programma elettorale per il Bundestag). Il 90% dei rifugiati non raggiunge i paesi industrializzati. La comunità cosmopolita non si occupa affatto di queste persone. La loro attenzione è rivolta prima di tutto a quel 10% che riesce ad arrivare in Europa. Spesso sono i ceti medi dei paesi di origine a potersi permettere di pagare i trafficanti. Una volta ho definito questo atteggiamento come "umanesimo nazionale". Io sostengo invece un  significativo aumento della spesa per migliorare le condizioni di vita nei paesi poveri e nei campi profughi. E' un principio fondamentale per una politica di sinistra, aiutare laddove il bisogno è maggiore

Katja Kipping recentemente in una conferenza regionale a Monaco ha detto: "Non dobbiamo rappresentare la nostra politica sui rifugiati come una caricatura. La triade della nostra politica resta: combattere le cause della fuga; in secondo luogo, solidarietà verso coloro che arrivano qui e impegno per i diritti dei rifugiati e per la loro libertà di movimento; terzo, noi ovviamente sappiamo che un numero maggiore di persone in arrivo rappresenta un'offensiva sociale per tutti..."

Seguo volentieri questo ragionamento. I vertici del partito già da tempo hanno cessato di rappresentare il programma elettorale e le decisioni del partito. Non c'è stata una singola intervista negli ultimi tempi in cui non abbiano ripetuto la richiesta irrealistica di avere frontiere aperte e garantire a tutti il diritto alla permanenza. Se tutti potessero restare il diritto di asilo diventerebbe del tutto superfluo. Ora la Kipping chiede una legge sull'immigrazione, senza pero' dire chi può' e chi non può' entrare in Germania. Invece di ammettere che la richiesta di avere frontiere aperte e il diritto di residenza per tutti è irrealistico e insostenibile, si continua a parlare di "permanenza per tutti" e di libertà di movimento. Per il sociologo Colin Crouch il cosmopolitismo è l'elemento centrale del neoliberismo. E cos'è la libertà di movimento? Bisogna immaginarsi un politico di sinistra che in fila presso una Tafel inizia a parlare di "cosmopolitismo" e di "libertà di movimento". Sarebbe in realtà la "caricatura" di una politica per i rifugiati.

I leader di partito Kipping e Riexinger nelle conferenze regionali dovrebbero attenersi alla verità e ammettere che non sostengono più' la loro richiesta di frontiere aperte e il diritto di permanenza per tutti. La verità è sempre concreta.

mercoledì 11 ottobre 2017

Il compagno Oskar Lafontaine: aiutiamoli a casa loro!

Oskar Lafontaine, leader storico della sinistra tedesca, nella sua analisi del voto tedesco evidenzia il modesto risultato della Linke fra i lavoratori e ne individua le cause in una politica sui rifugiati sbagliata. Per Oskar Lafontaine "giustizia sociale" significa soprattutto garantire condizioni di vita migliori nei paesi di origine dei migranti: una presa di posizione che nella sinistra tedesca ha scatenato un acceso dibattito  e una riflessione sull'emorragia di voti verso AfD. Dal profilo FB di Oskar Lafontaine


La Linke con il 9.2 % dei consensi e circa 4.3 milioni di voti ha ottenuto il suo secondo miglior risultato elettorale di sempre in una elezione per il Bundestag. E questo in un contesto che a causa della forte crescita di AfD e dell’elevata partecipazione elettorale era sicuramente piu' complesso rispetto al 2013, quando la Linke ottenne l'8.6% e circa 3.75 milioni di voti. Il partito avrebbe quindi tutte le ragioni per essere soddisfatto di questo risultato.

[...] Nonostante il risultato positivo, la Linke ha dei buoni motivi per riflettere sul voto: solo l'11% dei disoccupati l'ha sostenuta - meno della SPD (23%), di AfD (22%) e dell’Unione (20%) e poco piu' della FDP e dei Verdi - e solo il 10% fra i lavoratori l’ha votata (Unione il 25%, SPD il 24% e AfD il 21%). Solo il 2% in piu' della FDP, che è stata votata dall'8% dei lavoratori.

La chiave per capire questa mancanza di sostegno da parte di coloro che si trovano nella parte piu' bassa della scala dei redditi deve essere cercata senza dubbio in una "politica dei rifugiati" sbagliata. E‘ un’accusa che non riguarda solo la Linke, ma tutti i partiti finora rappresentati al Bundestag, perché con le loro risposte al problema globale dei rifugiati, nei fatti hanno trascurato le istanze di giustizia sociale.

E questo in due modi: il principio della giustizia sociale ci chiede di aiutare coloro che maggiormente hanno bisogno. Non si puo' scaricare tutto il peso dell'immigrazione, come  ad esempio la maggiore concorrenza nel settore a basso salario, l’aumento degli affitti nei quartieri piu' popolari e le crescenti difficoltà nelle scuole con una quota sempre maggiore di studenti con scarse competenze linguistiche, proprio su coloro che già ora sono i perdenti a causa della crescente disuguaglianza nella distribuzione dei redditi e della ricchezza. L'esperienza in Europa ci insegna che quando questi elettori non si sentono piu' rappresentati dai partiti di sinistra, votano sempre di piu' per i partiti di destra.

La violazione del principio della giustizia sociale è ancora piu' grave se si tiene conto di quali sono le persone che fuggono dalla guerra, dalla fame e dalla malattia. Solo una minoranza riesce a mettere insieme diverse migliaia di euro con i quali poter pagare i trafficanti di uomini per poter arrivare in Europa e soprattutto in Germania. Milioni di rifugiati di guerra vegetano nei campi profughi, milioni di persone non hanno alcuna possibilità di lasciare la propria patria a causa della fame e delle malattie. Senza alcun dubbio si potrebbero aiutare molte piu' persone se i miliardi spesi dallo stato per migliorare il destino dei piu' poveri al mondo fossero utilizzati per rendere piu' facile la vita nei campi profughi e per combattere la fame e le malattie nelle regioni piu' difficili. E se i miliardi spesi per gli interventi militari e il riarmo venissero utilizzati per aiutare le persone piu' povere del mondo, allora avremmo la possibilità di fare delle cose davvero buone. 

La "politica dei rifugiati" della "Cancelliera dei rifugiati" Merkel, giustamente punita dagli elettori, era completamente inverosimile, perché la sua presunta empatia verso i profughi di guerra non le ha impedito di consegnare armi ai Jihadisti tramite gli emirati del golfo e di partecipare a quegli stessi bombardamenti in Siria che hanno poi obbligato molte persone a fuggire all'estero.

Un partito di sinistra quando aiuta le persone in difficoltà non puo' ignorare il principio della giustizia sociale. E per quanto riguarda le controversie interne al partito basta dare uno sguardo ai risultati delle elezioni: chi trova cosi' poco sostegno fra i lavoratori e i disoccupati (nel 2009 le cose erano messe diversamente) deve iniziare a riflettere sulle cause. E non serve a molto il continuo riferimento ai ceti urbani - ai quali per quanto ne so io appartengono anche i lavoratori e i disoccupati - che stranamente viene sempre utilizzato come alibi da coloro che durante la campagna elettorale nei centri urbani finiscono per parlare tutt'al piu' davanti ad una manciata di persone. 

martedì 16 maggio 2017

Oskar Lafontaine: l'export-nazionalismo tedesco distrugge l'Europa

Ottima traduzione appena ricevuta da Claudio. Oskar Lafontaine su The European partecipa al dibattito sul futuro dell'UE e in occasione del discorso tenuto pochi giorni prima da Sahra Wagenknecht al Bundestag attacca il governo di coalizione e chiede un cambio di paradigma economico. Da theeuropean.de


L'auto-elogio della stupidità


La sciocchezze a volte costano care. Soprattutto quando accompagnate dai sorrisetti e dai sogghigni. Un dibattito in Parlamento ci offre un esempio calzante. Che si tratti di Merkel, Gabriel, Oppermann, Kauder o Göring-Eckardt, non vuole proprio entrare in testa che l'export-nazionalismo distrugge l'Europa. Costoro non conoscono la differenza tra competizione leale e sleale.


La prima è il sale dell'economia di mercato. Richiede produttività più alta, procedure più efficienti, prodotti migliori, maggiore eco-compatibilità e invenzioni innovative. Tale tipo di competitività è l'elisir di lunga vita del nostro benessere.

La concorrenza sleale poggia invece sul dumping salariale, fiscale, sociale e monetario. E attraverso una politica economica così sbagliata il governo Merkel distrugge l'Europa.

Dumping salariale

Rispetto ai vicini europei i salari tedeschi sono cresciuti di meno, subendo una forte pressione attraverso la creazione di un vasto settore sottopagato, il lavoro interinale, lavori in appalto mal pagati e contratti a tempo determinato e procurando all'export tedesco dei vantaggi sleali.

Dumping fiscale

Tramite l'abbassamento delle aliquote d'imposta più alte e delle tasse a carico delle imprese, grazie a una tassa di successione che rende esentasse patrimoni del valore di diversi miliardi, attraverso l'abrogazione dell'imposta patrimoniale e tramite il sodalizio con i paradisi fiscali tipo il Lussemburgo (Juncker) la Germania ha innescato una concorrenza fiscale all'interno dell'Europa, indebolendo le casse statali a discapito degli investimenti e dei contributi sociali. 

Dumping sociale

L'Agenda 2010 ha comportato il più radicale smantellamento dello stato sociale a partire dal Dopoguerra (FAZ). Attraverso le famose “riforme” Merkel e Schäuble hanno provato innanzitutto a sottoporre anche gli altri Paesi europei – Grecia in primis – a questo modello che favorisce l'aumento dei profitti per le aziende.

Dumping monetario

Il surplus dell'export tedesco cresce sempre più anche per via dell'Euro che è una moneta troppo debole per l'economia tedesca e troppo forte per molti Paesi europei. La Germania esporta disoccupazione e costringe i vicini europei ad indebitarsi. 

(L'auto-elogio della stupidità sghignazzante lo si può osservare in una foto recente scattata in Parlamento e anche nel seguente video - il banco del governo viene inquadrato due volte – in cui Sarah Wagenknecht prova a spiegare gli effetti deleteri per l'Europa dell'export-nazionalismo tedesco)








domenica 2 aprile 2017

I consigli di Oskar Lafontaine per la SPD e per Schulz

A quasi venti anni dalle dimissioni dal governo Schroeder, sulla stampa tedesca continua il botta e risposta fra Oskar Lafontaine e l'ex/Cancelliere. Schroeder attacca: fino a quando sarà la famiglia Lafontaine a dettare la linea della Linke è improbabile un'alleanza di governo con la SPD. Lafontaine risponde: la SPD e Schulz devono cambiare radicalmente la loro politica. Da Welt am Sonntag


L'obiettivo iniziale dei partiti operai europei era il superamento del capitalismo. Il rifiuto fondamentale di questo sistema aveva portato il francese Jean Jaurès a dire: "il capitalismo porta in sé la guerra, come le nubi portano la pioggia". Da molto tempo ormai i partiti socialdemocratici hanno abbandonato questo obiettivo. Vogliono domare il capitalismo, dicono di voler controllare le forze economiche.

Di questo dilemma ha recentemente scritto la Süddeutsche Zeitung: "come si comporta un movimento politico che ormai da tempo non sostiene piu' il superamento del capitalismo, ma il suo addomesticamento, di fronte all'evidenza che questo sistema economico ogni volta si dimostra limitatamente addomesticabile?"

"Limitatamente addomesticabile" è tuttavia alquanto riduttivo. In verità è il capitalismo a domare i suoi politici. La famosa frase di Danton nel dramma di Georg Büchners: "Lo so bene - la rivoluzione è come Saturno, uccide i propri figli", si applica in senso figurato e in una forma diversa anche al capitalismo: mangia i propri figli.

Dopo la seconda guerra mondiale la scuola di Friburgo di Walter Wucken aveva riconosciuto il dilemma del capitalismo. A differenza della socialdemocrazia del dopoguerra non credeva nella possibilità di un controllo democratico delle forze economiche. Gli economisti di Friburgo ritenevano invece che il potere economico, una volta formatosi e cresciuto, non puo' piu' essere controllabile.

In occasione dell'inizio del secondo mandato presidenziale di George W. Bush, lo storico Fritz Stern aveva avvertito che gli Stati Uniti si stavano avvicinando "ad una plutocrazia di stampo cristiano-fondamentalista". E' probabile che ci troveremo di fronte ad un nuovo tipo di autoritarismo. 

Trump, al contrario di Bush, sicuramente non fa piu' pregare il suo governo, mentre Putin, anche se in maniera solo dimostrativa, prende parte ad una messa in una chiesa ortodossa, tuttavia le nuove forme di autoritarismo previste da Fritz Stern si stanno diffondendo in tutto il mondo. 

Con una sola frase Papa Francesco è riuscito a riportare l'attenzione sul militarismo intrinseco al capitalismo, causa principale del terrorismo e della crisi dei migranti: "questa economia uccide".

Ma anche i politici americani confermano il rischio di guerra collegato al capitalismo. Il candidato democratico alla presidenza americana John F. Kerry il 24 febbraio del 2004 affermava: "quando sarò presidente faro' ogni sforzo per sviluppare carburanti alternativi per le auto del futuro, in modo che questo paese nel giro di 10 anni possa diventare indipendente dal petrolio del Medio Oriente e i nostri figli e le nostre figlie non dovranno piu' morire per questo petrolio".

I figli e le figlie dell'America continuano a morire nelle guerre per il petrolio. In Medio Oriente, a causa di queste guerre, hanno perso la vita oltre un milione e mezzo di persone.

La SPD deve avere piu' coraggio in politica estera

Sebbene Martin Schulz fra i socialdemocratici venga festeggiato come un Papa, probabilmente non ci si sbaglia di molto nel pensare che il punto di vista del Papa, "questa economia uccide", gli sia completamente estraneo. Proprio come la Cancelliera cristiano-democratica, che al contrario dell'allora Cancelliere social-democratico Schröder, nel suo ruolo di segretario della CDU appoggiava la guerra in Irak di George W. Bush.

Ma la SPD dovrà inevitabilmente riallacciarsi alla Ostpolitik di Willy Brandt e alla sua politica di buon vicinato, se veramente vuole continuare a credere nella sua missione: affrontare e domare le forze distruttive del capitalismo.

Se anche il grande maestro della politica estera americana George Kennan considera l'accerchiamento della Russia, portato avanti dagli Stati Uniti, come "il piu' grande errore della politica americana nel dopoguerra", allora la SPD dovrebbe avere il coraggio di schierarsi contro una politica che mette in pericolo la pace.

Willy Brandt si rivolterebbe nella tomba se sapesse che anche con il voto della SPD sono state inviate delle truppe tedesche al confine con la Russia, e se sapesse che la sua eredità politica, e cioè che in Europa ci puo' essere pace solo con la Russia e non contro la Russia, non viene piu' osservata nemmeno dai socialdemocratici.

Nazionalismo dell'export invece di buon vicinato

La politica europea del buon vicinato portata avanti da Brandt, Schmidt fino a Helmut Kohl, con il consenso della socialdemocrazia tedesca, è stata sacrificata in nome di uno spietato nazionalismo dell'export tedesco.

Sebbene i popoli europei continuino ad allontanarsi fra di loro e la supremazia economica tedesca sia sempre piu' un problema, Schulz e i socialdemocratici tedeschi appoggiano i diktat di Merkel e Schäuble sui tagli al welfare e sono corresponsabili del fatto che, soprattutto nel sud Europa, i giovani non hanno piu' un futuro.

Una politica di buon vicinato in Europa ha bisogno di un nuovo ordine economico e valutario, che possa dare a tutti i paese europei la possibilità di uno sviluppo economico sostenibile.

Accanto ad una nuova Ostpolitik, fondata sulla pace e la distensione, secondo la tradizione di Willy Brandt, ed una politica europea che possa superare il nazionalismo dell'export tedesco e si ricolleghi allo spirito dei padri fondatori dell'Europa, se vuole ancora avere una chance, la socialdemocrazia tedesca dovrà modificare radicalmente la sua politica sociale. Il suo obiettivo originario era quello di "difendere lo stato sociale ed estenderlo", non quello di distruggerlo e smantellarlo.

L'Agenda 2010 non nasceva dal programma socialdemocratico, era piuttosto l'acquisizione delle posizioni delle associazioni dei datori di lavoro da parte di un Cancelliere socialdemocratico.

La Frankfurter Allgemeine Zeitung ha definito l'Agenda 2010 "la piu grande riduzione dei diritti sociali dalla seconda guerra mondiale". Cio' non ha pero' impedito a Schulz di dire, nel primo discorso al Congresso della SPD, che  Gerhard Schröder "ha riformato la Germania in modo che tutti noi oggi possiamo trarne beneficio".

Con quel "tutti noi" Schulz fa lo stesso grave errore di Angela Merkel, che ogni volta ripete: "la Germania sta bene". Se per milioni di lavoratori è programmata una vecchiaia in povertà, se in Austria il pensionato medio riceve 800 € al mese in piu' che in Germania e se il 40% dei tedeschi oggi ha un reddito familiare inferiore rispetto a quello del 1999, come riportato dal DIW, allora frasi come "tutti noi oggi possiamo trarne beneficio", oppure "la Germania sta bene" sono solo una presa in giro.

Fino a quando la SPD non tornerà ad una politica sociale e fiscale in grado di arrestare la crescita della disuguaglianza e capace di redistribuire la ricchezza in maniera più equa, un cambio alla Cancelleria sarebbe solo un cambio di volti.

Per poter migliorare le condizioni di vita di milioni di persone, il sistema pensionistico tedesco dovrebbe essere rifondato. La riforma delle pensioni è stata solo una frode e la pensione aziendale integrativa, in cui non vengono nemmeno garantiti gli importi versati, è una truffa ancora piu' grande.

Cambiate la legge e alzate la mano al Bundestag

Quando poco tempo fa all'aeroporto un deputato socialdemocratico, dopo aver concordato con la mia analisi, mi ha chiesto: "ma allora cosa dobbiamo fare?" io gli ho risposto: "copiate la legge austriaca e alzate la mano al Bundestag. Non dovrebbe essere troppo difficile".

Altrettanto importante sarebbe realizzare la richiesta che l'ex presidente AfA Ottmar Schreiner prima della sua scomparsa prematura aveva sempre portato avanti: rimuovere la clausola  di ragionevolezza dalla legge Hartz IV e ripristinare quella vigente fino ad allora. Oggi un disoccupato che non vuole vedersi ridotto il sussidio Hartz IV deve accettare qualsiasi lavoro, indipendentemente dalle sue qualificazioni e dal salario.

Questa clausola devastante non solo ha portato ad una continua espansione del cosiddetto settore a basso salario nell'economia tedesca, ma ha messo in moto una politica di dumping salariale, con i conseguenti danni per i nostri vicini europei, interrompendo la politica di buon vicinato.

L'avvertimento di Willy Brandt vale ancora oggi: "riflettete sulle vostre forze e assicuratevi che ogni volta possiate essere all'altezza delle vostre risposte, se volete fare del bene". Se l'obiettivo è fare del bene, allora il compito imprescindibile della SPD sarà quello di migliorare le condizioni di vita di quella metà della popolazione tedesca che a causa delle riforme dell'Agenda 2010 ha sofferto duramente.

sabato 18 febbraio 2017

Oskar Lafontaine sul pericolo di un'Europa tedesca

Riflessione molto interessante di Oskar Lafontaine sull'evoluzione dell'egemonia tedesca in Europa e sulle nuove ambizioni militari di Berlino: dopo la moneta unica un ruolo di primo piano nell'integrazione degli eserciti europei. Dal profilo FB di Oskar Lafontaine.

oskar lafontaine


L'Europa tedesca, la nuova nazione guida,

presto avremo l'Europa da cui Thomas Mann ci aveva messo in guardia: l'Europa tedesca. Senza mostrare il minimo imbarazzo, qualche tempo fa i media hanno celebrato Merkel come la nuova regina o imperatrice d'Europa. I fatti: nella politica economica la Germania domina i paesi europei, e l'euro - per la Germania una moneta troppo debole, per i paesi del sud troppo forte - garantisce la supremazia dell'industria dell'export tedesca in Europa e nel mondo. E quando un paese come la Grecia per un po' di tempo cerca di opporsi alle richieste tedesche, il Feldmaresciallo di Merkel, Wolfgang Schäuble, ci fa sapere la data in cui la sua pazienza finirà: e quel giorno "isch over".

Ora la nazione guida tedesca ha scoperto un nuovo terreno di gioco. La FAZ con un certo orgoglio scrive: "La Bundeswehr sta diventando l'esercito guida in Europa all'interno della NATO". Una brigata della Repubblica Ceca ed una rumena saranno portate sotto il comando di una divisione tedesca, in modo da poter aumentare il potenziale di combattimento congiunto. Le forze armate olandesi hanno dato il buon esempio ed hanno di fatto già subordinato due terzi delle loro unità alle strutture di comando tedesche. Anche con la Polonia sono in corso sforzi analoghi per creare strutture comuni nelle forze armate, trattative che il governo polacco sta portando avanti in silenzio. La FAZ non dimentica di sottolineare che ciò' aprirà "nuove prospettive di business per i produttori di armi tedeschi ed europei". Contemporaneamente fra le forze politiche conservatrici e i giornalisti cresce la richiesta di un'arma nucleare tedesca. E naturalmente, almeno cosi' si dice, dovremmo ampliare il bilancio militare per arginare la "minaccia russa", sebbene la Nato spenda in armi 13 volte quanto spende la Russia. 

Senza rendersene conto, gli "exportnazionalisti tedeschi" e i sostenitori di un "esercito àncora" tedesco in Europa stanno lavorando per danneggiare ulteriormente il progetto europeo. Gli europei non vogliono essere governati da Berlino. Thomas Mann aveva ragione: i tedeschi non dovrebbero battersi per "un'Europa tedesca", ma per una "Germania europea".



martedì 22 novembre 2016

Oskar Lafontaine: un'altra volta Merkel

Oskar Lafontaine su FB commenta la ricandidatura di Merkel alle elezioni del 2017


Hurra, Merkel un'altra volta!

Ora è ufficiale, quello che i passeri da tempo fischiettavano e qualsiasi osservatore politico ragionevolmente informato sapeva già: Merkel lo farà un'altra volta.

Dal momento che domani sulla "stampa di qualità" ci saranno molti applausi e numerosi commenti favorevoli che cercheranno di nascondere la realtà, è opportuno ancora una volta elencare le performance di Merkel. E' riuscita a danneggiare gravemente le 3 colonne portanti della politica tedesca nel dopoguerra: lo stato sociale, l'integrazione europea e la politica di riappacificazione verso l'est (Ost-politik). Già da segretario della CDU si era adoperata affinché i tagli operati dall'Agenda 2010 di Schroeder fossero ancora piu' duri. Milioni di persone hanno un posto di lavoro precario con un basso stipendio e in vecchiaia non avranno una pensione adeguata. 2.5 milioni di bambini vivono in condizioni di povertà.

Il suo unilateralismo e i suoi diktat di risparmio hanno messo i popoli europei l'uno contro l'altro. La sua caotica politica sui rifugiati e l'opposizione al finanziamento di questa con un tassa sui ricchi hanno di fatto negato ogni forma di giustizia sociale. Su questo punto 3 opinioni:

Lo scrittore Navid Kermani scrive: "E' possibile sviluppare una politica europea comune in materia di rifugiati, che protegga i confini, distribuisca lo sforzo e che sappia veramente proteggere i piu' bisognosi, invece di operare una selezione dei piu' forti, vale a dire principalmente giovani uomini senza famiglia, poiché questi sono i soli che riescono a superare le difficoltà delle rotte clandestine".

Il politico SPD e teologo  Prof. Dr. Richard Schröder è ancora piu' chiaro: "in Europa non arrivano i piu' poveri. Che possono essere aiutati solo in loco perché non riescono a racimolare le migliaia di Euro necessarie per pagare i trafficanti"

Mentre il premier per l'economia Joseph Stiglitz commenta: "La libera circolazione delle persone in Europa significa anche che i paesi che hanno avuto piu' successo nella lotta alla disoccupazione, dovranno fare i conti con una parte piu' che congrua dei profughi in arrivo. I lavoratori in questi paesi dovranno sopportare automaticamente i costi dei bassi salari e un piu' alto livello di disoccupazione, mentre i datori di lavoro potranno beneficiare di piu' manodopera a basso costo. Non sorprende che a sopportare il peso dei rifugiati saranno proprio coloro che meno sono in condizioni di farlo".

L'espansione verso est della NATO, che il grande diplomatico americano George Kennan ha definito "l'errore piu' grande della politica americana nel dopo guerra fredda", è stata portata avanti con convinzione anche da Merkel. Ora abbiamo di nuovo soldati tedeschi al confine russo.

Ma "la Germania sta facendo bene", ha continuato a ripetere la Cancelliera, riferendosi al record occupazionale. Una frase post-verità. Se i lavori regolari e ben pagati vengono sostituiti da impieghi nel settore a basso salario, mini-jobs, lavori part-time, lavori temporanei, contratti d'opera mal-pagati e lavoro temporaneo, allora le statistiche saranno eccezionali: molti posti di lavoro!

mercoledì 7 settembre 2016

Oskar Lafontaine sul successo elettorale di AfD

Da FB l'interessante commento di Oskar Lafontaine sul successo elettorale di AfD alle elezioni regionali nel Mecklenburg-Vorpommern




Le elezioni regionali nel Mecklenburg-Vorpommern sono state un voto di protesta nei confronti delle politiche sui rifugiati di Merkel e contro i tagli al welfare. Molti degli elettori di AfD hanno voluto esprimere il loro dissenso nei confronti delle politiche di accoglienza di Merkel e verso le politiche neo-liberiste degli ultimi anni e i conseguenti tagli allo stato sociale. Sarebbe un errore fatale considerare questo voto di protesta come un voto di destra.

I corresponsabili del successo di AfD sono invece i politici di tutti i partiti e i giornalisti che hanno definito come “vicina alla AfD” ogni forma di critica alla politica dominante. Hanno involontariamente aiutato i populisti di destra. Ogni critica alla globalizzazione, all’Euro, all’UE, all’interventismo militare degli Stati Uniti, oppure le richieste di riconciliazione con la Russia sono ogni volta etichettate come una “politica vicina alla AfD”. In questo modo consegnano ad AfD il monopolio su ogni forma di critica verso la politica dominante. Secondo questa logica gli studenti che negli anni ’60  protestavano contro la guerra in Vietnam sarebbero vicini alla AfD.  Willy Brandt e Egon Bahr, che hanno promosso un riavvicinamento alla Russia, dovrebbero difendersi dalla stessa accusa. I critici della globalizzazione dovrebbero ricevere lo stesso distintivo, sebbene fossero attivi ben prima della fondazione di AfD. Critiche all’Euro e alle istituzioni UE ce ne sono da molti anni, ma per gli involontari gregari della AfD ogni critica è diventata populismo di destra.

Grazie a questa propaganda involontaria è stata nascosta la natura neoliberista di AfD, un partito che rifiuta una giusta tassazione dei redditi, dei patrimoni e delle eredità dei milionari, che sostiene il dumping salariale e le basse pensioni, e considera una buona cosa l’interventismo militare se finalizzato alla difesa degli interessi tedeschi. Chi vuole combattere la AfD, deve prima impegnarsi a ricostruire lo stato sociale partendo dalle sue macerie e rifiutare le politiche neoliberali degli ultimi anni.

martedì 4 giugno 2013

Lafontaine: torniamo alle valute nazionali


Oskar Lafontaine, leader storico della sinistra tedesca, in una lunga intervista spiega i punti centrali del nuovo sistema monetario europeo da lui proposto: basta con l'Euro, la moneta deve tornare sotto il controllo democratico. Da Deutschlandradio
Mentre le iniziative franco-tedesche cercano di far uscire l'Europa dalla crisi, Oskar Lafontaine, il presidente della Linke nel parlamento regionale della Saarland, si pronuncia a favore di processi decisionali piu' democratici. E propone un  nuovo sistema monetario europeo, in cui non sia solo una parte a decidere per tutti.

Deutschlandradio Kultur: Herr Lafontaine, la moneta unica è la base per la crescita e l'occupazione in Europa, sosteneva un tempo il politico della SPD Oskar Lafontaine. Che cosa è cambiato per Oskar Lafontaine politico della Linke, ora che invece propone un nuovo sistema monetario e l'uscita dall'Euro?

Oskar Lafontaine: E' cambiato che le proposte fatte allora non sono mai state realizzate, perché solo sulla base di queste condizioni, la frase che lei ha letto, avrebbe avuto un senso. Allora, ad esempio, proponevamo un governo economico europeo. E' passato molto tempo. Oggi Hollande riprende questa proposta, che cosa c'è dietro?

Per far capire a tutti: non è possibile avere una moneta unica con una diversa politica finanziaria, fiscale e salariale. Lo abbiamo detto allora. E' un peccato che fino ad oggi si sia andati in direzione opposta.

Oggi constatiamo che stanno crescendo le ostilità fra i popoli europei, e che i movimenti fascisti sono sempre piu' forti. Ogni politico europeo responsabile dovrebbe porsi la domanda: che cosa possiamo fare per arrestare questa tendenza?

Deutschlandradio Kultur: Questo errore di progettazione è stato riconosciuto, come lei dice. E sono in molti ad ammettere che la causa della crisi sia l'assenza di una politica economica comune. Lei dice, Hollande sta affrontando il tema, ma si arriverà a qualcosa di tangibile per i cittadini europei?

Oskar Lafontaine: No. E' simile a tante altre proposte, note da tempo. Semplicemente non saranno realizzate, perché in Europa abbiamo una determinata ideologia. E' l'ideologia del neoliberismo, particolarmente presente in Germania. Secondo questa ideologia bisogna essere sempre piu' competitivi. Vale a dire, prima di tutto è necessario ridurre il costo del lavoro per unità di prodotto e poi ridurre la tassazione. E poi c'è la concorrenza fatta con il dumping salariale, il dumping fiscale e il dumping sociale, e quindi lo smantellamento dello stato sociale. Non puo' funzionare. Questa ideologia impedisce uno sviluppo salutare all'Europa.

Deutschlandradio Kultur: Ho capito bene? Lei sta chiedendo un altro sistema valutario. Lei in pratica propone l'uscita dall'Euro. Questo permetterebbe una svalutazione delle monete nazionali. La competitività sarebbe rafforzata?

Oskar Lafontaine: Si', la svalutazione è un classico mezzo per aumentare la competitività di un'economia. L'altro strumento sarebbe il taglio dei salari e delle pensioni, e lo smantellamento dello stato sociale. Perché gli economisti e le democrazie preferiscono non ricorrere a questo strumento, lo stiamo vedendo ora in Europa. E vediamo anche quali sono le difficoltà e le distorsioni quando si ricorre a questo strumento. 

Ma è importante riconoscere un punto: il sistema monetario ha un ruolo di sostegno. Non si tratta di una istituzione divina. Deve aiutare lo sviluppo europeo, e deve servire anche l'economia. E noi riteniamo che una moneta unica possa dare benefici solo se vengono soddisfatte anche altre condizioni. Questo era il punto di partenza. Questa era anche la discussione. E questa è la posizione che ho sostenuto al Bundesrat come delegato del governo guidato dalla SPD, prima dell'introduzione della moneta unica. E' stato recentemente riproposto anche dalla televisione. Ma tutti questi requisiti non sono stati soddisfatti, e ora ci troviamo di fronte al disastro. Proprio perché l'ideologia di cui ho appena parlato non cessa di sostenere che i paesi devono farsi concorrenza.

Deutschlandradio Kultur: Pero' la risposta non dovrebbe essere questa: meno Europa, cio' che un'uscita dall'Euro significherebbe. La Cancelliera ripete sempre. "muore l'Euro, finisce l'Europa". Invece dovrebbe dire: piu' Europa, un ministro delle finanze europeo, un governo economico europeo.

Oskar Lafontaine: Questa è la domanda: che cosa è l'Europa e come ci immaginiamo l'Europa? L'Europa per me ha tre colonne, una è la democrazia, poi c'è lo stato sociale, uno non puo' esistere senza l'altro, terzo, lo stato di diritto.

La democrazia viene smantellata giorno dopo giorno. Abbiamo dei governi mai eletti: pensi alla Grecia o all'Italia. Ai parlamenti invece si dice: non avete piu' nulla di cui discutere, dovete sostenere i pacchetti di salvataggio bancari, e dovete fare quello che la Troika e il FMI dicono. Potete dire solo si' o no. La democrazia di fatto viene svuotata.

Lo stato di diritto viene smantellato. A questo si riferisce anche il giudice costituzionalista Kirchhof quando dice: si', la costruzione europea dovrebbe essere fondata sul rispetto del diritto. Si puo' solo essere d'accordo. Ma poiché sono stati fatti cosi' tanti errori, ogni volta è necessario violare i trattati. 

E lo stato sociale, anche in Germania, viene continuamente aggredito. Lo abbiamo visto negli ultimi anni anche nel nostro paese. E ora Frau Merkel vuole imporre la stessa politica a tutta l'Europa, senza considerare le relazioni economiche complessive. Cio' porterà alla catastrofe economica. Cosi', la frase di Merkel, "muore l'Euro, finisce l'Europa", ci conferma solamente che la Cancelliera non riesce a comprendere l'economia nel suo complesso. Le cose oggi stanno cosi': se l'Eurosistema resta immutato, l'Europa subirà danni sempre maggiori.

Deutschlandradio Kultur: Ma Frau Merkel incontra anche una certa resistenza, nel tentativo di esportare questa politica. E questa resistenza arriva dalla Francia. Arriva addirittura dal piccolo Lussemburgo. Come è possibile risolvere questa situazione? 

Oskar Lafontaine: Le istituzioni hanno un ruolo decisivo. L'Eurosistema non è adeguato. E questo è un sistema monetario, non è una banconota, si tratta di un sistema monetario. Non è adeguato per rispondere in maniera adeguata a questa domanda.

Deutschlandradio Kultur: Ma qual'è l'alternativa? Abbiamo una gestione della crisi che forse non è soddisfacente, ma che almeno ha stabilizzato l'Euro. C'è calma sui mercati finanziari. Lei dice, fuori dall'Euro. Come puo' funzionare?

Oskar Lafontaine: L'alternativa emerge da quello che io ho chiamato la base per lo sviluppo europeo. Vogliamo avere piu' democrazia. Anche sui temi della moneta e su tutte le questioni monetarie, dobbiamo avere dei processi democratici. E cioè, uno non puo' dire, le cose stanno in questo modo, e gli altri lo devono seguire. Cio' non ha molto a che fare con la democrazia.

Deutschlandradio Kultur: Vale a dire, dobbiamo riportare la banca centrale sotto il controllo democratico - piu' o meno una commissione per la moneta all'interno del Parlamento europeo.

Oskar Lafontaine: E' un tema abbastanza ampio. L'Eurosistema è stato messo in piedi perché si voleva bloccare l'egemonia della Bundesbank. Era l'idea degli altri capi di governo europei. Hanno detto: non siamo piu' indipendenti. Non possiamo piu' decidere autonomamente. Se la Bundesbank prende una decisione, noi dobbiamo correrle dietro.

Deutschlandradio Kultur: E almeno adesso possono invece discuterne

Oskar Lafontaine: Ora invece è cosi': l'Eurosistema ci ha portato ad una situazione in cui i parlamenti e i governi non possono piu' decidere. Ora è il governo federale tedesco, vale a dire la Cancelliera, grazie alla forza economica della Germania, a decidere la direzione. E questo risponde anche alla questione da lei sollevata: abbiamo bisogno di un sistema monetario all'interno del quale non sia uno solo a decidere per tutti.

Vale a dire, anche sui temi monetari, abbiamo bisogno di processi decisionali democratici. C'è una idelogia profondamente radicata in tutto il mondo, secondo la quale la moneta debba sottrarsi alle decisioni democratiche. Le banche creano denaro. La gente non lo sa. Le banche producono bolle e bolle, e la gente si comporta con le banche come davanti a un dottore con un camice bianco, che ci dice quale terapia è necessaria, ma che alla fine non si riesce né a capire né a comprendere. Ma il sistema monetario puo' essere riformato. E quindi vorrei dire qualcosa sul nuovo sistema monetario che io propongo. Lo descrivo in modo che tutti possano comprenderlo:

Le banche devono fare quello che in origine facevano la casse di risparmio: raccogliere il denaro dei risparmiatori e prestarlo alle persone che hanno bisogno di credito, soprattutto per l'attività di investimento.

Deutschlandradio Kultur: In fondo lei dice: abbiamo bisogno di una politica monetaria governata dalla politica. E questa idea, secondo cui la politica abbia la precedenza, l'abbiamo già avuta in passato. Ma abbiamo preso la decisione opposta. In sostanza, nell'unione monetaria è stata presa un'altra decisione, e invece di un approccio politico, è stato preferito quello della stabilità.

Oskar Lafontaine: Questa è un pensiero autoritario. Il concetto di moneta depoliticizzata è uno dei piu' stupidi che abbia mai ascoltato. Non c'è nulla di depoliticizzato! Con questo si vorrebbe dire che i politici non devono avere nessuna voce in capitolo nelle decisioni di politica monetaria. Ma perché realmente? Sono i rappresentanti del popolo che devono prendere queste decisioni.

E questo ci porta alla risposta: il denaro è troppo sacro e importante. Questa è pura ideologia, e si puo' anche dire, un'ideologia stupida. Dove si finisce, quando si lasciano decidere solo le autorità monetarie, lo stiamo vedendo adesso. In nessun'altro ambito sono stati commessi cosi' tanti errori, negli ultimi decenni, come fra gli esperti e i professionisti della moneta.

Deutschlandradio Kultur: Quindi lei chiede concretamente che la BCE sia riportata sotto il controllo democratico?

Oskar Lafontaine: Deve tornare sotto il controllo democratico...

Deutschlandradio Kultur: Ma allora i politici avranno l'ultima parola - come lei quando era Ministro delle Finanze.

Oskar Lafontaine: ...deve essere chiaro che in materia di politica monetaria, non possiamo accettare alcuna ideologia che sostiene: questa è una materia sacra di cui non si puo' discutere democraticamente. Come aiuto possiamo dire che già oggi, in molte banche centrali, siedono dei politici.

Deutschlandradio Kultur: Herr Lafontaine, lei propone anche una limitazione ai movimenti di capitale in Europa, quali sarebbero i vantaggi per gli europei da una tale misura?

Oskar Lafontaine: E' un tema interessante. La libertà di movimento per i capitali è una invenzione di coloro che in quanto speculatori ne hanno beneficiato in tutto il mondo. E questi non volevano alcun meccanismo di controllo sugli spostamenti - fino ad arrivare ai paradisi fiscali, che sono ancora li'. E dai paradisi fiscali si è diffusa l'ideologia secondo cui i controlli sui movimenti di capitale non sono necessari. Perché nessuno dovrebbe controllare gli affari sporchi.

I controlli ai movimenti di capitale sono un mezzo per smorzare le ondate speculative che negli ultimi anni hanno creato grandi disordini in tutto il mondo.

Deutschlandradio Kultur: Sarebbe pero' un mezzo che va contro i principi dei trattati europei. E ancora, Herr Lafontaine, la stessa domanda: uscire dall'Euro? I trattati non lo permettono. Sta facendo solo populismo per sottrarre un po' di elettori ad "Alternative für Deutschland" (AfD)? Non sta spaccando il suo stesso partito con queste proposte?

Oskar Lafontaine: Sono i cliché che ho letto sui giornali e che mi divertono. AfD ha un approccio completamente diverso. E' un movimento conservatore, da cui non si capisce cosa potrà venire fuori. AfD rappresenta la posizione del dumping salariale tedesco, che se vogliamo, è opposta alla nostra. Il dumping salariale è la causa di fondo del fallimento della moneta unica. AfD è una formazione, che con le sue proposte politiche sbagliate, ha contribuito al collasso del sistema.

In quanto europei responsabili dovremmo dire una volta per tutte: che cosa vogliamo fare per arrestare questo processo? C'è bisogno di un nuovo sistema monetario che non produca le forti tensioni causate dall'Eurosistema attuale. Sono due dispositivi molto diversi. Uno lo chiamiamo Eurosistema, con gli errori di costruzione che prima o poi lo porteranno all'implosione. L'altro dispositivo lo chiamiamo sistema monetario europeo. Dovrà essere un meccanismo sicuramente migliore rispetto a quello messo in piedi da Schmidt e Giscard. Fu creato per promuovere l'integrazione europea, non certo per impedirla.

Questo non è populismo, ma una politica responsabile. Quello che viene definito come populismo, è semplicemente il risultato della testardaggine e dell'ostinazione di chi non vuole riconoscere cosa sta accadendo nell'Europa meridionale: smantellamento della democrazia, ritorno del fascismo e grande sofferenza.

Deutschlandradio Kultur: Ma i trattati europei non prevedono l'uscita. Come dovrebbe funzionare?

Oskar Lafontaine: Nessuno ormai si attiene ai trattati europei. E soprattutto sui punti che i diversi governi hanno continuamente violato. Non è piu' un problema

Deutschlandradio Kultur: Ma Herr Lafontaine, il dumping salariale tedesco non è stato la sola causa della crisi. Sono stati molteplici i fattori che hanno contribuito. Questa è la posizione dell'intero partito?

Oskar Lafontaine: Io non posso essere d'accordo con lei. La dinamica salariale, e questo lo sanno tutti i nostri lettori, è la dimensione fondamentale in un'economia. Dall'andamento dei salari dipende lo sviluppo delle pensioni, e di tutto lo stato sociale. Cioe', se si vuole, l'intera domanda di un'economia dipende dallo sviluppo dei salari, e anche la sua capacità di esportare.

Se si applica una politica di dumping salariale, si aumenta la propria capacità di esportare. Quando si accumulano avanzi commerciali, gli altri sono costretti ad indebitarsi. Questa è la relazione d'insieme - che almeno al Bundestag - non viene accettata dalla grande maggioranza.

E ora la sua seconda domanda: all'interno della Linke naturalmente si discute. E sorprendentemente c'è una discussione molto interessante e profonda sulla strada da seguire. La questione cruciale è quale via di uscita proponiamo per evitare lo smantellamento della democrazia, dello stato sociale e dello stato di diritto, e fermare le ostilità fra i popoli e impedire l'ascesa del fascismo. Per ora c'è solo la proposta, che alcuni hanno fatto insieme a me, di reintrodurre un sistema valutario flessibile al fine di rimuovere le tensioni dal sistema. Non conosco nessun'altra proposta.

Deutschlandradio Kultur: Non è per contraddirla, ma lei si trova in compagnia di Marine Le Pen che da destra in Francia propone un'uscita dall'Euro.

Oskar Lafontaine: Questo non c'entra nulla. Marine Le Pen non si è mai confrontata con i temi valutari. Non conosce il livello del dibattito. Potrebbe invece parlare degli economisti americani e dei premi Nobel che da tempo ripetono che non puo' affatto funzionare. E in compagna dei premi Nobel americani mi potrei trovare anche bene. 

Deutschlandradio Kultur: Herr Lafontaine, è possibile condurre una discussione ragionevole sull'Euro? Non c'è il rischio che il populismo prenda il sopravvento?

Oskar Lafontaine: L'accusa di populismo è cosi frequente, che di solito torna indietro verso chi l'ha lanciata. Di solito arriva da coloro che vogliono evitare di pensare, e che non accettano alcuna argomentazione. Si puo' anche dire: non vogliamo un sistema monetario flessibile per questo o quel motivo. Questo lo si puo' dire. Bisogna pero' argomentare. E si puo' anche dire: l'attuale sistema è meraviglioso. Ma per farlo bisogna essere ciechi alla realtà e non voler proprio vedere quello che accade.

E percio' dico io: dobbiamo superare l'intransigenza e la testardaggine e avviare una vera discussione. 




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venerdì 24 maggio 2013

Lafontaine: non abbiamo piu' bisogno dell'Euro


Il leader storico della sinistra tedesca, Oskar Lafontaine, con un importante commento su Handelsblatt, esce allo scoperto e attacca la moneta unica: l'Euro è un fallimento, abbiamo bisogno di un nuovo sistema monetario europeo. Da Handelsblatt.de 
L'Eurosistema è stato progettato in maniera sbagliata e non puo' funzionare. Una casa con la statica difettosa, prima o poi crollerà. Abbiamo bisogno di un nuovo sistema monetario europeo piu' stabile.

Il pioniere della SPD e direttore di lunga data dell'Istituto Max Planck per la ricerca sociale di Colonia, Fritz Scharpf, scrive: siamo stati ingannati da false teorie economiche e dal nostro entusiasmo per l'Europa. L'Euro ha prodotto sfiducia, disprezzo e ostilità fra i popoli europi. Chi ama l'Europa, vuole la fine dell'Euro. Con queste parole ha fatto partire all'interno della SPD una discussione sull'attuale politica europea.

Coloro che in passato si sono espressi sull'Euro, sostenevano di amare l'Europa. Tuttavia giungevano a conclusioni molto diverse.

Prima di tutto ci sono quelli che considerano l'Europa un mercato di sbocco per l'export tedesco. Da buoni nazionalisti camuffati, i rappresentanti del sistema economico e dei partiti tradizionali, quando si parla di un'alternativa al sistema attuale, iniziano ad illustrare i pericoli per l'economia dell'export tedesco. Raramente capita di sentire questi "europeisti" parlare della catastrofe umana del sud Europa.

Piu' credibili nel loro impegno per l'Europa, invece, sono coloro che vedono nel trasferimento di sovranità alle istituzioni europee e in un rafforzamento del Parlamento europeo un modo per salvare l'Euro. A loro si dovrebbe obiettare: non si tratta dell'Euro, ma dell'Europa. I fan di Merkel - "Se muore l'Euro, muore l'Europa" - ancora una volta dimostrano di avere un concetto di democrazia molto limitato: se il Parlamento europeo viene rafforzato, allora andrà tutto bene.

Al centro dell'ideale europeo ci sono la democrazia e lo stato sociale. Vogliamo coinvolgere quanto piu' possibile i cittadini e le cittadine sulle decisioni riguardanti la cosa pubblica, e vogliamo garantire attraverso un'assicurazione sociale la possibilità di coprire i cosiddetti rischi della vita.

Il progressivo trasferimento di sovranità alle istituzioni di Bruxelles è la strada sbagliata per consolidare la democrazia e lo stato sociale. I principi fondativi di una società democratica, in cui prevalgono gli interessi della maggioranza, sono la sussidiarietà e il decentramento. Cio' che, partendo dalla comunità al livello piu' basso, puo' essere fatto in maniera decentrata, non deve essere trasferito al livello superiore - provincia, regione, stato federale, Europa.

Il nostro sistema economico invece centralizza sistematicamente. Coloro che consciamente o inconsciamente pensano all'interno delle sue categorie, ne sostengono una ulteriore centralizzazione. Ci sono due importanti ambiti economici che ci mostrano quanto questo percorso di sviluppo sia sbagliato. La globalizzazione e la centralizzazione delle banche promossa dal capitalismo finanziario hanno portato l'economia mondiale alla crisi attuale. Una società democratica dovrebbe tornare al sistema delle casse di risparmio di piccole dimensioni, e porre fine al devastante trambusto dei giocatori d'azzardo. Che Wall Street ormai governi gli Stati Uniti è diventato un luogo comune, e che in Europa i governi e i parlamenti seguano le direttive delle banche è ormai evidente.

La concentrazione nel settore energetico ha portato all'energia atomica e oggi dà vita ad un grande progetto industriale come Desertec. Una politica energetica amica dell'ambiente dovrebbe essere decentrata e basata sulla ri-municipalizzazione. Alcune piccole comunità già oggi si fondano sull'auto-approvvigionamento di energia.

Il progetto per il progressivo trasferimento di sovranità a livello europeo, pieno di buone intenzioni, come si puo' vedere da questi esempi, non è giustificato dai fatti e ci porta ad un ulteriore smantellamento della democrazia. Nessun Parlamento sarebbe controllato dalle lobby piu' di quello europeo.

L'Eurosistema attuale ci sta portando alla distruzione dello stato sociale, non solo nel sud Europa. La politica imposta dai partiti tradizionali e fondata sull'Agenda 2010 ha demolito lo stato sociale tedesco, e con una politica di dumping salariale deve essere considerata responsabile per il fallimento dell'Eurosistema.

Affinché la casa europa, mal costruita, non crolli, dovranno essere innalzati dei muri di sostegno. Il sistema monetario europeo dovrà essere flessibile e democratico. Poiché l'egemonia della Bundesbank all'interno dello SME veniva considerata insopportabile, gli stati europei, sotto la guida della Francia, hanno imposto la moneta unica. E ora che "l'Euro finalmente parla tedesco", come hanno detto i bravi nazionalisti cristiano-democratici, gli europei, invece dell'egemonia Bundesbank, si sono guadagnati i diktat di una Cancelliera inesperta d'economia.

L'Eurosistema è stato progettato in maniera sbagliata e non puo' funzionare. Una casa, la cui statica è difettosa, prima o poi crollerà. Come sostenitori dell'Euro abbiamo creduto a lungo di poter cambiare la costruzione europea e rendere la casa stabile. Gli ultimi anni ci hanno pero' mostrato che è stato un errore. L'introduzione di una moneta unica ma con diverse politiche economiche, finanziarie, sociali, salariali e fiscali, in presenza di dumping salariali e fiscali, non poteva funzionare. 

Alcuni dei paesi in crisi continuano ad operare uno sfacciato dumping fiscale. La Germania, ai tempi del governo rosso-verde e della grande coalizione, ha accelerato il passo nella corsa europea alla competizione fiscale mettendo in campo un irresponsabile dumping salariale. Con l'Eurocrisi si è sviluppato un circolo vizioso in cui gli squilibri sono diventati sempre piu' grandi.

Il quadro istituzionale europeo - limiti al deficit, nessun finanziamento pubblico da parte della banca centrale, nessuna unione di trasferimento e la clausola di no bail-out - alla luce della situazione attuale, non puo' durare a lungo. Di fatto la violazione dei trattati e del diritto sono diventati il fondamento per il salvataggio delle banche e degli stati. Lo stato di diritto appartiene all'Europa quanto la democrazia e lo stato sociale.

Il sistema monetario proposto per il rinnovo delle politiche di integrazione europea dovrà evitare gli errori politici ed economici del suo predecessore. Le svalutazioni e le rivalutazioni dovranno seguire i differenziali di inflazione. Soprattutto dovrà esserci una legittimazione democratica. Non dovrà esserci l'egemonia di una banca centrale o di un governo. Una istituzione controllata o almento legittimata democraticamente sarà obbligata ad operare interventi monetari che possano stabilizzare l'economia europea e la difendano dal caos dei mercati finanziari. La reintroduzione del controllo sui capitali aiuterà a combatterne la fuga verso l'estero.

L'argomento spesso usato per sostenere che il passaggio ad un altro sistema monetario è collegato con disordini sociali, è senza dubbio vero. Ma restare nel sistema attuale ci porterà a danni ancora maggiori. Una transizione ragionevole e controllata verso un nuovo sistema monetario europeo è sicuramente meglio di una inevitabile rottura, a cui volenti o nolenti, saremo costretti.

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