sabato 26 gennaio 2019

Bisogna aver paura degli artigli dell'Aquila?

"Non ci sono due Germanie, una buona e una cattiva...la Germania cattiva, è solo il fallimento di quella buona, il buono nella sfortuna, nella colpa e nella rovina", scrive German Foreign Policy nel suo editoriale di gennaio. Bellissima riflessione storico-politica del direttore di GFP, Hans-Rüdiger Minow, in occasione della recente firma del trattato di Aachen con il partner francese.




Sicuramente conoscerete l'Aquila tedesca che ancora oggi si può vedere sulle bandiere issate davanti ai giardini privati ​​tedeschi - e che è anche l'icona di stato della Repubblica Federale.

Ciò che normalmente sventola in modo innocuo tra le aiuole tedesche è anche il simbolo di un'egemonia che proietta ombre pesanti su tutta l'Europa.

Queste ombre (economiche, politiche e culturali) però non si riescono sempre a vedere, perché nei racconti ufficiali vengono continuamente ritoccate.

Il ritocco non è una censura:

i racconti ufficiali perdono cosi' i loro contorni piu' problematici. Ci vengono risparmiate le realtà piu' oltraggiose. I contorni diventano più morbidi, diventano un'abitudine, fino al momento in cui nessuno sentirà piu' il bisogno di alzare la voce.

Nella realtà, nell'ombra quotidiana fatta di condizioni di vita profondamente disuguali, mentre alcuni in Europa continuano a cercare bottiglie riutilizzabili nei contenitori dei rifiuti, altri invece, nella luce del sole se la passano piuttosto bene. Ma dire che se la passano bene in questo caso non è abbastanza. Sprecano, scialacquano - e in una misura tale da rendere la ricchezza qualcosa di non piacevole: a guardarla sembra davvero un'oscenità.

Ed è proprio il dominio tedesco sull'Europa a stabilizzare queste condizioni - dal punto di vista economico, politico e culturale.

L'icona dell'Aquila che distende le ali, raffigurata sulle bandiere tedesche, risale all'idea di un "impero" continentale. Per questo nella tedesca Aachen ogni anno viene assegnato un premio che porta il nome di un sovrano medievale, un re che secondo i nostri standard attuali dovremmo considerare un barbaro. Il suo "impero", a cui è legato il cosiddetto premio Karlspreis, era un impero che espandeva costantemente la sua base economica attraverso continue guerre.

L'idea del Reich, dopo Carlo, il cosiddetto "Magno", nella storia nazionale tedesca è sempre stata una forte tentazione e un immenso pericolo per i vicini dei tedeschi in Europa ...

Dopo le guerre perse, "l'aquila imperiale" veniva raffigurata con le ali appese - come nel simbolo di stato della Repubblica di Weimar ...

... in tempi di ambizioni egemoniche e di dominio sull'Europa, queste ali sono cresciute di nuovo e gli artigli sono tornati minacciosi - come nell'emblema nazionale di ogni"Reich" tedesco, nel 1945 martoriato militarmente....militarmente...ma economicamente e politicamente è rimasto intatto. L'aquila continua a volteggiare.

Lo stato tedesco di oggi pensa di essere "identico al Reich tedesco". L'icona dell'aquila nello stemma della Repubblica Federale sottolinea questa ambizione "imperiale". Come un' ombra cupa che non si proietta solo sull'Europa:

Berlino è diventata egemone sul continente.

Appena riunificata, ha condotto una guerra in violazione del diritto internazionale (almeno una), per la distruzione della Repubblica di Jugoslavia...la Germania si è presentata sulla scena internazionale come una potenza in grado di ristabilire l'ordine. Berlino la chiama "Weltpolitik".

I diritti umani sono il pretesto per questa "politica mondiale". Berlino persegue la tutela dei cosiddetti diritti umani soprattutto nell'Europa dell'est, proprio nel luogo in cui milioni di persone sono state derubate dei loro più elementari diritti umani all'ombra dell'Aquila: hanno perso la loro vita e la loro umanità mentre morivano sotto gli stivali dei soldati tedeschi.

Berlino nel frattempo ha iniziato a immischiarsi anche in Cina, meno per i diritti umani, molto di piu' per la pressione economica e geopolitica che può esercitare su di essa... Berlino cerca di riorganizzare l'Africa...Berlino invia truppe tedesche.

L'ampliamento e la radicalizzazione del colpo d'ala tedesco sta prendendo proprio quelle forme tanto temute quando i confini dell'Europa centrale e orientale sono crollati.

Le conseguenze della leadership tedesca nell'Europa dell'UE da molto tempo ormai sono un tema quotidiano nei paesi dell'Europa meridionale e sud-orientale. L'aquila anche se in una forma graficamente rivista, ma con ali decisamente aperte e gli artigli chiaramente visibili, è nuovamente riconoscibile.

Questa sensazione di déjà-vu e di aver già visto qualcosa di simile, rende l'icona dell'aquila nell'emblema di stato della Repubblica Federale un simbolo minaccioso.

La minaccia si fonda sull'eccezionale potere economico tedesco - e sulle esercitazioni militari alle quali si sono uniti anche i governi neoliberisti dei vicini paesi dell'Unione europea. A Berlino si discute apertamente di armi nucleari - con l'obiettivo di una "compartecipazione tedesca".

Bisogna aver paura della Repubblica Federale Tedesca? Dipende.

Chi ha fiducia nei risultati raggiunti dalla cultura tedesca dirà di no. Chi ha conosciuto la freddezza e la mancanza di scrupoli dei tedeschi starà in guardia.

Thomas Mann nel 1945 ha detto:

"non ci sono due Germanie, una buona e una cattiva...La Germania cattiva, è solo il fallimento di quella buona, il buono nella sfortuna, nella colpa e nella rovina."

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8 commenti:

  1. Stessi ricordi di quando stavo a Berlino, l'idea era proprio questa: senzatetto che raccolgono bottiglie nei carrelli della spesa, studenti/servi a reddito zero, minoranze compartimentate per etnia nei rami dell'economia illegale, e berline con doppi vetri a sfrecciare sui viali.

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    1. La povertà è ovunque, pure in Norvegia o in Lussemburgo, le nazioni europee con il più alto livello di ricchezza pro capite. Questa affermazione sui giovani è sintomatico di una visione parziale della realtà, quella che avrai visto direttamente ma che non rappresenta la media. Io ho visitato dozzine di aziende e al suo interno ho visto e conosciuto molti giovani che lavorano e vengono pagati adeguatamente. Chi rappresenta il mondo giovanile, l'impiegato al McDonald's, la cassiera della Lidl o il ventottenne che giù guadagna quanto un dirigente in Italia? La maggior parte degli studenti tedeschi ha un lavoro part-time per pagarsi gli studi o parte di essi, non è come qui che ci pensa la famiglia. La maggior parte non vive più con i genitori, metà perché i genitori ti cacciano di casa appena compi 18 anni e metà perché sono i ragazzi e le ragazze stesse ad andarsene per un senso di indipendenza che qui latita. Se frequenti le lezioni, devi dedicare del tempo allo studio e riposare qualche ora di notte non è che avanza molto tempo per guadagnare e i lavori che puoi ricevere sono quelli marginali, poco retribuiti proprio per questo. Chi non studia si presenta sul mercato del lavoro con un titolo di studio che di norma non consente di aspirare a posti ambiziosi e ben retribuiti. Chi non viene proprio retribuito non lo prendo nemmeno in considerazione perché trattasi di rare eccezioni. Gli indigenti che raccolgono i vuoti di bottiglie per ottenere la cauzione ci sono anche a Monaco ed è un modo appunto per avere qualche euro senza chiedere la carità. Ma al di là di questo la Germania è quella dipinta in questo ridicolo articolo? Chi lo pensa non conosce né la sua cultura né la sua storia.

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    2. No mi spiace, non sto parlando di cultura. Probabilmente è vero il luogo comune dei nordici che vanno via di casa prima degli italiani, è certamente vero che la raccolta di bottiglie riguarda anche altre nazioni, ecc, ecc; ma non è questo il punto.
      A Berlino (che in questo senso non ha niente di diverso da Monaco o Amburgo) trovi una delle testimonianze più importanti di come funziona il sistema economico europeo. I comportamenti di cui parlo sono strutturali, cioè in ultima analisi obbligatori; non è come scegliere una cravatta blu o rossa, parlo di come ci si adegua alle possibilità create/negate dal sistema economico. Quello che ho visto (e per quel che serve ho visto abbastanza) è una grande menzogna, un classismo osceno sotto forma di umanesimo liberale, che nessuno ha più il coraggio di chiamare 'modello' e però viene indirettamente accettato come 'realtà inevitabile'.

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    3. Caro Anonimo, il buon Cocucci dimentica il dato interessantissimo che la Germania, nonostante garantisca uno standard medio di vita più che buono, è il paese con la più alta sperequazione al mondo tra ricchi e resto della popolazione: l'elite tedesca detiene circa il 20% della ricchezza nazionale, negli USA si arriva al massimo al 15%, in Italia credo al 2-3%. Direi che non c'è altro da commentare...
      https://scenarieconomici.it/lenorme-concentraione-ricchezza-tedesca-dirige-plasma-gli-indrizzi-delleu-vantaggio-proprio-paese-ed-scapito-dei-periferici-analisi-ricchezza-privata-in-eu/

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    4. Perché il "buon Cocucci" non legge riviste così raffinate ma pubblicazioni come gli indici di distribuzione del reddito e ricchezza come l'indice GINI, dal quale emerge che la distribuzione in Germania è relativamente migliore rispetto a USA, UK, Italia, Spagna e (pare) anche Francia. Sarebbe interessante vedere come è stata redatta quell'analisi citata.

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    5. Sarebbe interessante sapere com'è calcolato l'indice di Gini...

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  2. Quella lì. E lo dico avendoci vissuto bene, senza avere problemi, avendo fatto/visto un bel po' di quelle cose che la rendono un posto speciale, e apprezzando i vantaggi di una certa liberalità nei costumi.
    Quel che dico è proprio la possibilità, che spesso è il fatto, di una vita schizofrenica. Cantieri edili che spuntano come funghi, vedi quant'è rapida la crescita di un città che diventa globale, e però vedi come si coltiva anche l'indigenza cronica di TANTE persone, non di rado degli stessi giovani per cui si prevedono quasi solamente lavoretti umilianti e (sotto- o non-)pagati.

    Ho conosciuto tante persone, e dalle storie/età/provenienze molto differenti. Non so quale sia la tua esperienza, ma a me ha chiarito molto le idee questa costante di fondo, cioè che le nuove generazioni paneuropee che si trovano a Berlino parlano sempre "d'altro". C'è una potente ideologia, che pure condividevo nei primi tempi: la maggioranza parla per luoghi comuni europeisti e si limita al 'culturale', dove l'esempio massimo è la vita notturna. Invece, del lavoro si parla più che altro come di una dimensione psicologica, di (una promessa di) gratificazione professionale, come un Erasmus senza capo né coda, necessariamente finanziato dalle paghette famigliari: questo previene una vera critica economica, a partire dalla comprensione di un segregazionismo già vigente dentro all'economia illegale, che è SEMPRE 'di competenza' di gruppi etnici immigrati dal Secondo e Terzo Mondo; il silenzio su questo punto è un mondo di prendere atto che queste persone sono un manovalanza prevista, addetti ai lavori sporchi, certamente utili e cioè non soltanto tollerati.

    Gli altri giovani, i futuri dirigenti della più grande economia europea, quando sono in città si mescolano nella massa hipster degli altri, ma è un parcheggio temporaneo, e anche qui irrilevante dal punto di vista politico.
    La sensazione di fondo è quella di un'ipnosi un po' plumbea, che però in certi frangenti accelera in una mezza schizofrenia: da un lato sai di vivere nel posto più 'avanzato' al mondo, ma allo stesso tempo tocchi con mano l'impossibilità delle alternative, e l'assenza di ogni dialettica politica dal basso. Esiste solo la cinghia di trasmissione dell'essere già benestante/potente e dell'essere 'popolare' (ma direi proprio proletarizzato), senza che questo susciti narrazioni che non siano estetiche o politicamente ortodosse: è la meccanica delle cose.

    A Berlino, sembra che non valga la pena di parlare, o forse nemmeno di vedere, che questo modello di sviluppo e di società - proprio nella città che ne è il vertice europeo - è una messinscena spesso debole, e a volte triste, di un libero mercato spacciato per dinamismo sociale.

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