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venerdì 7 dicembre 2018

Saranno i tedeschi a salvare Macron con l'unione di trasferimento?

Editoriale molto interessante su Die Welt che ci fa capire quanto le élite tedesche siano consapevoli della posta in gioco nella partita francese, del resto il giovane Macron sin dall'inizio è stato il candidato di Berlino nella corsa all'Eliseo. Le élite politiche ed economiche tedesche, consapevoli del fatto che l'eurozona e l'UE rappresentano la base su cui fondare le ambizioni egemoniche della Repubblica Federale, si sono affidate al talento dell'uomo di Rotschild per tentare di riformare un paese irriformabile. Ora che la parabola politica del giovane ex-banchiere sembra essere al capolinea, fra i tedeschi si fa sempre piu' strada l'idea che per salvare l'uomo di Berlino a Parigi dovranno fare delle concessioni importanti sul terreno dell'unione di trasferimento. Ne parla Michael Stürmer, editorialista di spicco su Die Welt


Helmut Kohl aveva definito quella tra Francia e Germania, a causa della loro vicinanza e del loro vicinato, una comunità di popoli uniti dallo stesso destino. Ciò non era da intendersi nel senso storico, ma soprattutto guardando al futuro. Se ora la Quinta Repubblica, fondata da De Gaulle mezzo secolo fa, inizia a vacillare, lo sguardo tedesco non può che rivolgersi con una certa preoccupazione ai vicini oltre il Reno, alla stabilità delle loro istituzioni, alla responsabilità degli interessi organizzati e al senso dello stato del Presidente e del suo governo. Una crisi come quella attuale non era ancora mai stata sperimentata dalla Quinta Repubblica.

La Francia ha vissuto a lungo al di sopra delle proprie possibilità. Nei primi anni '80, era già accaduto che sotto una presidenza di sinistra, quella di Mitterrand, il paese si sia trovato in una situazione difficile in cui la Repubblica federale ha avuto un effetto stabilizzatore sul vicino. Proprio in quegli anni ebbe inizio una politica che trovò il suo coronamento nella moneta unica, e che allo stesso tempo ha reso il benessere e la sventura di entrambi i paesi e del resto d'Europa fra loro irrimediabilmente legati.

La Quinta Repubblica, ora in crisi, era stata pensata da de Gaulle come una forma statuale di emergenza, con l'Assemblea nazionale come luogo di rappresentanza delle forze sociali e l'uomo forte dell'Eliseo come contrappeso e salvatore della società. Nella crisi attuale questa costruzione viene messa in discussione, si tratta in realtà della governabilità o dell'ingovernabilità di un paese che in tempi di crisi è sempre stato abituato ad una rapida escalation, agli attacchi di anarchia e in seguito alla resa dei governanti di fronte alla rabbia pubblica.

Il grande Paese orgoglioso cosi' ha vissuto al di sopra dei propri mezzi per un lungo periodo, in segreto e in accordo con i grandi poteri sociali, e si è concesso molti usi e costumi che a un certo punto sono diventati troppo costosi e che in modo nuovo hanno messo in discussione l'equilibrio sociale. Il Presidente, come previsto dalla costituzione presidenziale, ha pronunciato delle verità scomode, ha dato al Paese una dose di rivoluzione omeopatica dall'alto - ed è riuscito fino ad ora anche a trovare delle maggioranze per farlo.

Ciò che ora è in gioco, proprio in un momento in cui bisogna affrontare grandi sfide esterne e sulla sicurezza, non è solo la forza di integrazione della Repubblica francese, ma la fattibilità del progetto europeo. Siamo testimoni di un dramma che per molto tempo ha continuato a montare prima di raggiungere l'apice della crisi. Questa non è solo una questione francese. Questa è un'emergenza dell'Europa, e quindi la Francia potrà e dovrà contare su tutta la possibile solidarietà tedesca.
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mercoledì 5 dicembre 2018

Egemonia à l'allemande

Secondo un'analisi della prestigiosa Deutsche Gesellschaft für Auswärtige Politik (DGAP) le responsabilità tedesche nella attuale crisi francese sarebbero molto chiare. Sono infatti le élite politiche ed economiche della Repubblica Federale che da anni tramite i volenterosi burocrati di Bruxelles fanno pressione per implementare anche in Francia un programma di riforme ispirato da Berlino. Ma il giovane Macron è in grande difficoltà, non solo sul fronte interno, ma anche sulla riforma della governance europea, dove ha disperatamente bisogno di portare a casa un risultato concreto in vista delle europee del prossimo anno. I tedeschi nel frattempo preferiscono temporeggiare. Ne parla il sempre ben informato German Foreign Policy.




Solleciti da Berlino

Che le misure di riforma che il presidente francese Emmanuel Macron ha iniziato ad attuare sin dal suo insediamento, il 14 maggio 2017, e che ancora oggi continua a portare avanti, corrispondano in larga parte a quelle stesse riforme richieste dalla Germania, lo sottolineava già la scorsa primavera in un breve documento di analisi la Deutsche Gesellschaft für Auswärtige Politik (DGAP). Macron nel settembre 2017 ha "approvato una riforma del mercato del lavoro che tra le altre cose riduce la tutela e rafforza gli accordi contrattuali aziendali e di settore" scriveva la DGAP. [1] Inoltre, "i contributi dei datori di lavoro sono stati ridotti ed è stato aumentato il contributo sociale generale (CSG)"; fatto che "fra i pensionati ha causato un certo malcontento". In seguito poi è stata affrontata "la riforma della società ferroviaria pubblica SNCF". Se fosse per Macron 'nessun elemento dello stato sociale francese dovrebbe restare intatto' si legge nell'analisi, sempre secondo il documento, il corso di "riforme interne" di Macron in Germania sarebbe particolarmente apprezzato dai liberali e dai conservatori: alla fine è stata proprio "la Germania a sollecitare l’attuazione delle riforme strutturali raccomandate dalla Commissione europea".



Elementi inseparabili

Il DGAP sottolinea che Macron ha iniziato il suo duro corso di riforme "à l'allemande" nella speranza che Berlino gli possa andare incontro sui temi della politica europea. Non da ultimo le sue misure erano finalizzate a presentare la Francia come un "partner affidabile" - "soprattutto in Germania" - "un paese che mantiene i suoi impegni e che quindi ha la legittima pretesa di aspirare alla leadership nell'UE", sostiene l'analisi della DGAP. [2] Tuttavia, come indicato dallo stesso piano di Macron, la riforma della governance "dell'UE dovrebbe contribuire al successo delle riforme interne". Perché il popolo francese "sarà disposto ad accettare ulteriori riforme solo se si convincerà che queste sono un bene per il futuro della Francia ..." - e che l'UE, che è ben nota per la sua insistenza su queste riforme, "non solo sostiene la liberalizzazione e l'indebolimento dello stato sociale ma è anche a favore della difesa e del miglioramento delle condizioni di vita". A tale riguardo, "le riforme interne e quelle della governance europea", che Macron persegue contemporaneamente, "dovranno essere considerate elementi inseparabili in cui il successo dell'una influenzerà anche l'altra". Che ora nonostante l'elevato "ritmo politico [...] delle riforme interne", nella politica europea non si muova nulla, "per il presidente francese ... si tratta di un problema serio".

Eurozona senza governo

Berlino intanto a livello europeo continua la sua politica di blocco nei confronti di Parigi, soprattutto in due ambiti di fondamentale importanza per Macron. Uno è la riforma della zona euro. Macron mira in linea di principio a standardizzare quanto piu' possibile un'area valutaria estremamente eterogenea, attraverso un determinato livello di redistribuzione. Ciò darebbe alle economie nazionali più deboli, specialmente quelle del sud dell'Eurozona, la possibilità di sperare in una ripresa. A beneficiarne sarebbero tuttavia anche i paesi del nord: una ripresa nel sud potrebbe aiutare a condurre la moneta unica in maniera duratura fuori dalla crisi. Macron spinge quindi per l'introduzione di un bilancio unitario, un ministro delle finanze dell'eurozonza e di altre misure analoghe, che in realtà Parigi chiede da sempre. Già nell'ottobre 2008 infatti il presidente Nicolas Sarkozy aveva chiesto di formare all'interno dell'Eurogruppo un "governo economico" per l’eurozona [3]. Il suo successore François Hollande aveva poi ripreso la stessa proposta nel luglio 2015. [4] Entrambi non vi sono riusciti a causa dell'opposizione di Berlino. Lo stesso ora vale per Macron. Il governo tedesco subito dopo il suo insediamento all'Eliseo lo aveva inizialmente tenuto in attesa con il pretesto della campagna elettorale federale; poi in seguito durante la lunga fase di formazione del governo la scusa era stata quella di uno spazio politico insufficiente per una riforma della zona euro. In questo modo Berlino è riuscita ad annacquare cosi' tanto i piani di Parigi che di fatto non è rimasto quasi nulla [6].



PESCO Versus IEI

Se la fiducia della popolazione francese nei confronti della riforma della zona euro, e quindi della possibilità di partecipare alla ridistribuzione delle risorse a favore del Sud, è venuta meno, allo stesso modo Berlino ha negato a Parigi anche un successo parziale su altri aspetti che Macron avrebbe potuto utilizzare per migliorare un po' la sua immagine tra i francesi. Si tratta della militarizzazione dell'UE. Vi è accordo tra i governi di entrambi i paesi sul fatto che l'UE dovrà avere una forza armata comune. Vi sono, tuttavia, controversie sull'ancoraggio istituzionale da dare alle truppe e sul calendario per la loro istituzione. Parigi ha fretta: per le missioni future, in particolare nella sua sfera di influenza africana, ha bisogno di ricevere il più rapidamente possibile sostegno e di non essere frenata da quei paesi che - come i paesi dell'Europa orientale - nel continente africano non hanno alcun interesse strategico. Macron pertanto sostiene con forza l'Iniziativa di Intervento Europeo (IEI), che dal punto di vista formale potrebbe operare in maniera del tutto indipendente e già ora sarebbe in grado di elaborare dei piani per eventuali missioni [7]. Berlino, invece, chiede con forza un ancoraggio "dell'esercito degli europei" all'interno della UE e un sistematico ricongiungimento delle truppe alle basi militari per avere a disposizione a lungo andare una forza militare per quanto possibile grande e potente. Lo strumento scelto è la PESCO. [8] Sebbene la Repubblica Federale partecipi all'IEI, iniziativa fondata da Parigi, Berlino in questo ambito agisce principalmente da freno e continua a negare a Macron quel successo in termini di immagine di cui tanto avrebbe bisogno.

Scaricato

Già ad aprile, la DGAP avvertiva che Berlino deve tener conto "del grande rischio a cui Macron sta andando incontro con il suo processo di cambiamento": "Le riforme impopolari devono essere legittimate ... tramite un rapido successo "; se questo venisse a mancare, Macron sarebbe in pericolo. [9] Non a caso il 10 maggio di quest'anno il presidente francese ha ricevuto il prestigioso premio Carlo Magno ad Aachen. Tuttavia il breve momento di splendore politico ottenuto con la cerimonia di premiazione non può essere considerato un ragionevole sostituto di un duraturo successo politico. La scorsa settimana la DGAP ha nuovamente avvertito: Macron ha disperatamente bisogno che "il successo nell'UE sia credibile per poter andare avanti con le sue riforme in Francia"; da ciò dipende - non da ultimo in considerazione delle prossime elezioni del Parlamento europeo - anche "la sua autorità come fonte di ispirazione e leader del campo pro-europeo" all’interno dell'Unione [10]. Berlino tuttavia non è disponibile a fare qualsiasi concessione. Per il suo profitto immediato, la potenza egemone dell'UE è pronta a mettere a repentaglio anche il benessere del suo alleato più stretto.





[1], [2] Claire Demesmay, Julie Hamann: Der gebremste Präsident. DGAPstandpunkt Nr. 11, April 2018.
[3] Berlin: Sarkozy könnte die EU spalten. faz.net 24.10.2018.
[4] Albrecht Meier: Unions-Fraktionsvize Friedrich erteilt Hollandes Vorschlag Abfuhr. tagesspiegel.de 20.07.2015.
[5] S. dazu Zuverlässig ausgebremst.
[6] S. dazu Das Eurozonen-Budget.
[7] S. dazu Die Koalition der Kriegswilligen und Die Koalition der Kriegswilligen (II).
[8] S. dazu Der Start der Militärunion und "Eine echte europäische Armee".
[9] Claire Demesmay, Julie Hamann: Der gebremste Präsident. DGAPstandpunkt Nr. 11, April 2018.
[10] Claire Demesmay: Macrons Kampfruf für den Progressivismus. Frankreich vor der Europawahl. DGAPstandpunkt Nr. 23, November 2018.

sabato 24 novembre 2018

Perché il bilancio dell'eurozona è un compromesso al ribasso che non serve a nessuno

Per German Foreign Policy l'accordo franco-tedesco sul bilancio dell'eurozona è un compromesso al ribasso, che servirà a poco, ammesso che prima o poi si materializzi, e che soprattutto conferma ancora una volta l'egemonia tedesca in Europa e il fallimento dell'offensiva di Macron. Un'analisi molto interessante di German Foreign Policy


Il fallimento di Macron

Il bilancio della zona euro, sul quale Germania e Francia la scorsa settimana dopo una lunga trattativa hanno trovato un accordo e che lunedi hanno presentato all'eurogruppo, è considerato dal presidente francese Macron come una delle questioni piu' importanti del suo mandato. Nel suo tanto apprezzato discorso tenuto alla Sorbona nel settembre 2017, Macron aveva chiesto l'introduzione di un ministro delle finanze dell'eurozona e di un bilancio dell'eurozona per contrastare le spinte centrifughe nella zona euro e ridurre gli squilibri socio-economici. Le risorse finanziarie che i paesi dell'eurozona avrebbero dovuto versare nel bilancio comune erano stimate da Macron in diversi punti percentuali di PIL; si parlava quindi di diverse centinaia di miliardi di euro. Berlino invece sin dall'inizio ha sempre cercato di diluire e ritardare questo vasto progetto di riforma. L'attuale proposta è molto meno ambiziosa, infatti, ed è limitata, come il ministro dell'Economia francese, Bruno Le Maire, ha ammesso, a circa lo 0,2 % del PIL della zona euro: dai 20 ai 25 miliardi di euro. [1] Si tratta di numeri molto vicini a quanto proposto dal commissario tedesco al bilancio Guenther Oettinger, il quale già a fine 2017, in risposta all'ambiziosa incursione di Macron, aveva parlato di riservare all'interno del bilancio UE al massimo 20 miliardi di euro per la ulteriore stabilizzazione dell'eurozona.

Finanziamento non chiaro

I dettagli resi noti in merito all'accordo, peraltro molto vaghi, mostrano anche che nella resa dei conti tenutasi dietro le quinte, Berlino ha largamente prevalso su Parigi. I numeri sulla dimensione del bilancio comune non sono ancora vincolanti e il modo in cui dovrà essere finanziato non è ancora chiaro. Il bilancio dell'eurozona dovrebbe inoltre essere integrato all'interno del bilancio ordinario dell'UE. Il compromesso franco-tedesco è pertanto ben lontano dalle idee originali di Macron. Per la parte tedesca era molto importante integrare il futuro bilancio della zona euro all'interno del bilancio UE in modo da garantire che questo "fosse coerente con le politiche generali dell'UE e con le regole di bilancio", è scritto nelle motivazioni. Ed è proprio sulla scia della crisi dell'euro che queste regole sono state modellate sulle esigenze di Berlino. [2] Un altro punto di controversia tra Parigi e Berlino è la tassa sul digitale fortemente voluta da Macron, con la quale si vorrebbe far passare dalla cassa le società Internet statunitensi. Secondo i piani francesi questa tassa dovrebbe aiutare a finanziare il bilancio dell'eurozona. Il governo tedesco tuttavia è alquanto scettico riguardo a questo progetto perché l'industria automobilistica tedesca, che negli Stati Uniti ha un grande mercato, è vulnerabile alle rappresaglie americane. Le case automobilistiche francesi, che hanno una limitata presenza negli Stati Uniti, non hanno molto da temere da eventuali dazi punitivi statunitensi.

Divisi dall'euro

Gli osservatori ritengono che questo progetto di bilancio dell'eurozona non meriti nemmeno questo nome [3]. È poco più di un "simbolo" della capacità di raggiungere un compromesso fra entrambi i paesi; il governo federale avrebbe "smontato" le idee di Macron. Inoltre, non è nemmeno chiaro, "se il successore di Angela Merkel" vorrà ancora sostenere il progetto. E' fondamentale il fatto che ancora una volta è stata mancata l'opportunità di correggere un "difetto di fabbricazione" dell'area euro. Di fatto a causa della scomparsa dei tassi di cambio e della politica monetaria unica della BCE, le differenze economiche tra i paesi dell'euro non possono essere adeguatamente tenute in considerazione e ciò ha portato ai noti squilibri interni all'eurozona, favorevoli alla Germania. Un bilancio complessivo per l'eurozona sarebbe stato il "modo piu' giusto" per garantire "che le divergenze nelle condizioni di vita all'interno dell'unione monetaria non continuassero ad ampliarsi", affermano i critici; l'attuale compromesso, imposto da Berlino, non lo fa e presenta addirittura un ulteriore punto di rottura decisivo, in quanto "promuove la divisione tra stati dell'euro e non-euro". Inoltre, l'integrazione del bilancio dell'eurozona all'interno del bilancio UE, imposta da Berlino, significa che a decidere saranno congiuntamente tutti gli Stati dell'UE. Non è del tutto chiaro perché gli stati che non fanno parte dell'eurozona dovrebbero essere d'accordo sul progetto. In pratica, Berlino ha fatto in modo che Parigi con il suo bilancio dell'Eurozona vada a scontrarsi anche con i paesi dell'UE al di fuori della zona euro.

"Nessuna funzione anticiclica"

Gli esperti finanziari si aspettano che l'ampio fallimento delle proposte di riforma francesi, che prevedevano una maggiore integrazione europea in risposta alla crisi dell'euro e alla crescita dell'estrema destra, nel medio periodo non aiuteranno a rimuovere le cause della fragilità dell'economia europea. In considerazione dell'imminente rallentamento economico è particolarmente "deplorevole" che la riforma dell'area monetaria sia così "modesta", si sostiene [4] . L'accordo tra il presidente francese Emmanuel Macron e la Cancelliera Angela Merkel non può soddisfare la "ambiziosa funzione anticiclica", per la quale servirebbero invece massicci programmi di investimento che contribuiscano a ridurre gli squilibri e a prevenire le recessioni economiche. Al contrario la Commissione europea continua a discutere con Roma in merito al deficit di bilancio italiano, senza un prevedibile compromesso che "fornisca lo spazio finanziario per fare le riforme strutturali". (...)


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1] Deutschland und Frankreich einig bei Eurozonen-Budget. faz.net 16.11.2018.

[2] Eric Bonse: Eurobudget wird abmoderiert. taz.de 19.11.2018.

[3] Alexander Mühlauer: Das Euro-Zonen-Budget hat seinen Namen nicht verdient. sueddeutsche.de 20.11.2018.

[4] Editorial Board: The eurozone recovery continues to falter. ft.com 21.11.2018.

[5] S. dazu Paradebranche in Gefahr.

[6] Editorial Board: The eurozone recovery continues to falter. ft.com 21.11.2018.



domenica 1 luglio 2018

Da Meseberg verso l'unione di trasferimento

Sulla FAZ 4 economisti tedeschi di spicco, Thomas Mayer, Dirk Meyer, Gunther Schnabl e Roland Vaubel, consigliano di tenere gli occhi ben aperti sul progetto franco-tedesco di riforma dell'eurozona. Per i 4 economisti il documento di fatto aprirebbe la strada alla temutissima unione di trasferimento. Dalla Frankfurter Allgemeine Zeitung


Il presidente francese Macron e la cancelliera Merkel durante la riunione al castello di Meseberg del 19 giugno 2018 hanno trovato un accordo sulle misure "per un ulteriore rafforzamento dell'area dell'euro e per la trasformazione in una vera unione economica". Le misure proposte vanno nella direzione di una ulteriore espansione dell'unione bancaria e monetaria europea e di una loro trasformazione in una unione fondata sulla responsabilità comune, come temuto dai 154 professori di economia nel loro appello pubblicato sulla FAZ.

Il documento prevede una trasformazione del meccanismo europeo di stabilità (ESM) in un Fondo Monetario Europeo (FME) sottoposto alla legislazione dell'UE. A tal proposito si afferma nella dichiarazione:

"Come primo passo abbiamo bisogno di cambiare il trattato intergovernativo ESM per migliorare l'efficacia degli strumenti di prevenzione e per rafforzare il suo ruolo nella valutazione e nel monitoraggio dei programmi futuri. In una seconda fase potremo garantire l'integrazione dell'ESM all'interno della legislazione dell'UE, mantenendo al contempo i suoi elementi di controllo centralizzati".

Se l'ESM dovesse essere recepito nel diritto UE, il ruolo dei parlamenti nazionali nella concessione degli aiuti per gli aggiustamenti strutturali verrebbe notevolmente indebolito. Poichè nel nuovo FME i singoli paesi nel caso di decisioni urgenti potrebbero perdere il diritto di veto, i paesi creditori potrebbero essere messi in minoranza. Cosi' ad esempio il Bundestag tedesco perderebbe il suo diritto di controllo. Inoltre, se il FME dovesse passare sotto il diritto europeo, finirebbe sotto l'influenza di paesi non appartenenti all'area dell'euro.

Ristrutturazione del debito degli stati membri

"Al fine di migliorare l'attuale quadro di sostenibilità del debito e aumentarne l'efficacia, dovremmo iniziare a lavorare sulla possibilità di introdurre clausole di ristrutturazione del debito con un solo livello di aggregazione".

La proposta sembra andare nella direzione di quanto da noi auspicato, vale a dire un nuovo quadro normativo per l'insolvenza degli stati. Cio' aprirebbe la possibilità di ristrutturare il debito degli stati insolventi. Tramite "l'aggregazione ad un livello" dei voti dei creditori (piuttosto che una maggioranza a due livelli per tutte le serie di obbligazioni e poi per le singole obbligazioni) si ridurrebbe la possibilità dei singoli investitori di bloccare la ristrutturazione del debito. L'esecuzione della ristrutturazione in questo modo sarebbe piu' facile. E questa è una buona cosa.

"L'ESM avrà un ruolo maggiore nella progettazione e nel monitoraggio dei programmi in stretta cooperazione con la Commissione e in collaborazione con la Banca centrale europea (BCE) e sulla base di un compromesso da negoziare fra la Commissione e l'ESM. Dovrà essere in grado di valutare la situazione macroeconomica negli Stati membri e quindi contribuire a prevenire le crisi. Ciò dovrà essere fatto nel pieno rispetto dei trattati e senza riflettere il ruolo della Commissione"

L'integrazione dell'ESM con la politica monetaria europea contraddice con il mandato della BCE, vale a dire quello di definire la politica monetaria per l'area dell'euro nel suo complesso. Inoltre, l'ESM non avrà alcun interesse a sospendere i programmi in caso di non conformità delle condizioni, in quanto la concessione dei prestiti genera dei flussi di reddito.

"Ogni volta che uno Stato membro richiede l'assistenza finanziaria dell'ESM, potrà richiedere anche l'assistenza finanziaria del FMI".

Assistenza finanziaria del FMI solo quando il debito è sostenibile

Il sostegno finanziario da parte dell'FMI prevede che il debito del destinatario sia sostenibile. Al fine di garantire un'analisi politicamente neutrale, la richiesta di assistenza finanziaria al FMI non dovrebbe essere facoltativa, ma obbligatoria. 

"Come ulteriore sviluppo della linea di credito preventiva dell'ESM (PCCL,) il sostegno finanziario potrebbe essere invocato nel caso di problemi di liquidità, se vi è appunto il rischio che i membri del MES perdano l'accesso ai mercati, sebbene non vi sia la necessità di un programma completo".

In questo modo per un paese dovrebbe essere piu' facile ottenere la liquidità prevista da un "PCCL", senza dover quindi soddisfare tutte le condizioni necessarie per un programma completo. Inoltre un PCCL potrebbe aprire la porta del sostegno al paese attraverso il programma OMT della BCE. Tramite la cooperazione fra FME e BCE ciascun paese potrebbe ricevere un supporto illimitato di liquidità.

Il Bundestag perderebbe il controllo su oltre 60 miliardi di euro

Se il meccanismo europeo di stabilità (ESM) sarà utilizzato come una riassicurazione per il risanamento delle banche (Backstop) e avrà il diritto di prestare i 60 miliardi di euro previsti dall'ESM e tale importo dovrà essere rimborsato entro tre anni attraverso una tassa bancaria, sorgerebbero allora tre problemi seri:

1. L'ESM e quindi il Bundestag perderebbero il controllo su oltre 60 miliardi di fondi ESM.

2 Dato che la "tassa sulle banche" è tutt'altro che adeguata al rischio, le banche tedesche e i risparmiatori tedeschi dovranno sostenere gran parte dei costi di ristrutturazione delle banche greche, italiane e degli altri paesi

3. Poiché il Backstop dovrebbe entrare in vigore dal 2021, le banche in difficoltà e le loro autorità di regolamentazione avranno un incentivo a posticipare fino a quel momento la comunicazione e la ripulitura dei bilanci dai loro crediti inesigibili e la valutazione del rischio dei titoli di stato in loro possesso. Cio' a scapito della crescita economica e della stabilità finanziaria. 

Senza il backstop, la pressione per rafforzare i bilanci bancari e liquidare le banche insolventi sarebbe maggiore.

I negoziati potrebbero iniziare a giugno

"Il lavoro su una tabella di marcia per l'avvio delle trattative politiche sull'EDIS dovrebbe iniziare dopo il consiglio europeo di giugno".

Se il sistema di garanzia sui depositi bancari dovesse essere messo in comune come pianificato, ad essere socializzati sarebbero anche i costi degli errori che le banche e i governi hanno commesso in passato. 

"Siamo determinati a compiere progressi decisivi verso l'unione del mercato dei capitali in merito a tutti gli argomenti concordati dai nostri ministri delle finanze".

L'Unione del mercato dei capitali dovrebbe infatti essere completata, anche perché i movimenti internazionali dei capitali compensano gli shock asimmetrici.

"Proponiamo di istituire a partire dal 2021, nel quadro dell'Unione europea, un bilancio per la zona euro al fine di aumentare la competitività, la convergenza e la stabilizzazione nella zona euro."

Un bilancio comune porterà ad ulteriori trasferimenti verso quei paesi della zona euro che in passato non hanno adottato le necessarie misure di riforma. Sarebbe sbagliato premiare la cattiva condotta. Attraverso il sistema di pagamento interbancario Target2 la Germania si è già fatta carico di oltre 900 miliardi di euro di passività della BCE, che non hanno interessi e senza una scadenza. Ci sono già dei fondi disponibili sottoforma del cosiddetto fondo per gli investimenti di Juncker (EFSI, 500 Miliardi di euro) oppure il Fondo Europeo di coesione. Dovrebbero essere gli stati nazionali a garantire per la stabilizzazione della congiuntura nazionale.

"Esamineremo il tema di un fondo europeo per la stabilizzazione della disoccupazione in caso di gravi crisi economiche, senza che questo si trasformi in una unione di trasferimento".

La disoccupazione ha principalmente cause interne la cui responsabilità di solito è dei paesi membri. I prestiti UE non fanno altro che ritardare l'adeguamento necessario. Inoltre, un fondo comune per le indennità di disoccupazione costituisce un passo ulteriore verso la messa in comune delle prestazioni sociali.

lunedì 25 giugno 2018

Hans Werner Sinn: Merkel sbaglia e divide la Mitteleuropa

Anche il professor Hans Werner Sinn dalle colonne della Frankfurter Allgemeine Zeitung non si fa sfuggire l'occasione per attaccare Merkel sul tema dei migranti. Per il professore la Cancelliera in cambio dell'appoggio dei francesi avrebbe ceduto alla richiesta di Macron di creare un budget autonomo per l'eurozona, secondo Sinn si tratta di un errore di portata storica in quanto servirebbe solo a separare la Germania dalla sua area di influenza storica, la Mitteleuropa. Dalla FAZ.net


L'accordo è chiaro: Merkel sostiene la proposta di Macron per la creazione di un budget dell'eurozona e in cambio Macron appoggia Merkel sulla politica per i rifugiati. La Cancelliera tedesca è pronta a pagare miliardi su miliardi affinché gli altri paesi dell'UE accettino il fatto che la Germania possa respingere alla frontiera i richiedenti asilo provenienti da paesi terzi considerati sicuri. In questo modo riuscirà a soddisfare le condizioni che Horst Seehofer aveva stabilito per lei. Ma la Cancelliera si trova a dover pagare per qualcosa che è già una legge in vigore e che potrebbe essere applicata cosi' come è.

Il quadro giuridico è stato chiarito ancora una volta dall'ex presidente della Corte costituzionale federale, Hans-Jürgen Papier, in una storica conferenza sulla costituzione tedesca tenutasi lo scorso fine settimana a Frauenchiemsee. Il regolamento di Dublino prevede che di norma il primo paese sicuro raggiunto da un richiedente asilo sia quello responsabile per la procedura della richiesta d'asilo. Un altro paese UE puo' tuttavia dichiararsi responsabile e assegnarsi la procedura. Se il paese vuole avvalersi di questa possibilità, dovrà quindi osservare le proprie leggi, cioè la costituzione tedesca e la legge sull'asilo tedesca.

"Viene già comunque controllato"

Secondo la legge, chi entra in Germania attraverso un paese terzo sicuro non puo' chiedere asilo in Germania, e ai sensi della legge sull'asilo, l'ingresso nel paese deve essere negato qualora si cerchi di entrare per chiedere asilo. Il richiedente asilo deve essere respinto anche nel caso in cui venga acciuffato immediatamente dopo il confine. Se tuttavia ce l'ha fatta ad entrare nel paese, ha diritto ad avviare una procedura di asilo in Germania. Per i richiedenti asilo non vale quindi la libera circolazione all'interno dell'UE. Per loro non esiste un diritto alla libera scelta del paese di residenza o di asilo.

Il Trattato di Schengen potrebbe porre delle difficoltà in quanto non vengono piu' eseguiti controlli alla frontiera fra la Germania e i paesi vicini. Nel frattempo tuttavia il trattato è stato sospeso per un periodo di tempo limitato, mentre su molti confini interni sono stati reintrodotti i controlli alla frontiera. Dal momento che i controlli vengono già effettuati, non c'è nulla che ostacoli l'attuazione della legge.

La libertà di movimento rimane garantita

Anche i respingimenti dei richiedenti asilo provenienti dall'Italia al confine francese sono già da molto tempo una pratica diffusa e dimostrano che l'affermazione molto comune, secondo la quale il diritto europeo non sarebbe compatibile con i respingimenti alle frontiere, è semplicemente pretestuosa. Solo lo scorso anno la Francia ha respinto 85.000 persone. Seehofer vorrebbe fare un accordo simile con il cancelliere Kurz. Nei fatti è stata la Cancelliera a violare per anni la legge e ora critica Horst Seehofer, che invece vorrebbe iniziare ad applicare le norme. Che Angela Merkel, con l'appoggio dato al budget europeo sia pronta a pagare la Francia per avere un diritto di cui la Germania già dispone, è una mossa di una stupidità difficile da superare. La manovra della CSU vale davvero questo prezzo?

Consentire i controlli alle frontiere, contrariamente a quanto comunemente pensato, non significa limitare la libera circolazione, perché tali controlli non limitano il diritto dei cittadini UE a viaggiare liberamente attraverso i confini come turisti oppure per lavoro. I controlli alle frontiere consentono piuttosto di distinguere fra persone con o senza libertà di movimento. Dopotutto la libertà di movimento all'interno dell'UE vale anche per quei cittadini UE i cui paesi non appartengono all'accordo di Schengen. Proprio come il cancello davanti ad un'azienda, che serve a difendere i diritti di proprietà, non impedisce il libero commercio, ma piuttosto lo rende possibile, i controlli alle frontiere non sono in conflitto con i diritti di libertà interni all'UE, piuttosto aiutano a garantirli e a difendere i diritti di proprietà dei cittadini nei confronti del loro paese, delle infrastrutture e ad evitare gli abusi in merito alle prestazioni assicurative dello stato sociale 

"Non abbiamo bisogno di questa Europa"

Che la Cancelliera per ragioni evidenti ora accetti un budeget dell'eurozona, non è affatto nell'interesse tedesco, perché con un simile bilancio ci sarà un rafforzamento dell'area dell'euro e non dell'UE. E' giusto che l'integrazione europea faccia passi avanti, e sono senza dubbio importanti i progetti di Merkel e Macron nell'ambito della difesa, dell'economia digitale, degli aiuti all'Africa e dei controlli congiunti alle frontiere, è invece sbagliato porre l'accento solo sulla zona euro. Perché l'eurozona comprende solo una parte dei paesi dell'UE. Nel nord mancano la Danimarca e la Svezia e ad est la Polonia, la Rep. Ceca, l'Ungheria, la Croazia, la Bulgaria e la Romania. Per la maggior parte di questi paesi un'adesione all'euro è impensabile nel prossimo futuro. In questo senso, la politica di Angela Merkel, è quella di tracciare una linea di separazione ai confini settentrionali e orientali dividendo la Mitteleuropa.

Se si escludono le holding localizzate in Olanda per ragioni fiscali, la Germania resta di gran lunga il principale investitore nell'europa dell'est. I vicini dell'est storicamente sono sempre stati parte integrante dell'ambito culturale dell'Europa centrale. Non è assolutamente accettabile che la Cancelliera tedesca intenda tirare una linea divisoria attraverso quest'area culturale semplicemente per distogliere l'attenzione dai suoi fallimenti catastrofici nella politica per i rifugiati e per contrastare la CSU nella battaglia interna al gruppo parlamentare. La Commissione Europea rivende la sua politica di separazione con lo slogan "Europa a due velocità". Il presidente del Consiglio Europeo, il polacco Donald Tusk, ha detto in proposito che non abbiamo bisogno di una tale Europa, perché è quella che avevamo fino al 1989. Mi pare non ci sia molto da aggiungere.

martedì 15 maggio 2018

Divisi dalle guerre commerciali

Ottima sintesi di German Foreign Policy sull'ampliarsi delle fratture politiche ed economiche che allontanano sempre di piu' Berlino da Parigi. Macron ha perso la speranza e non crede piu' alla riforma dell'eurozona, mentre sull'altro lato dell'Atlantico gli americani danno la caccia all'ex ceo di VW, Winterkorn. Nel frattempo gli industriali tedeschi prima accusano gli americani ma poi chiedono misure protezionistiche sull'acciaio. Da German Foreign Policy


Crepe fra Parigi e Berlino

Anche dopo il posticipo di un mese accordato dalla Casa Bianca a Bruxelles fino al primo di giugno, nell'ambito della guerra commerciale fra gli Stati Uniti e l'UE, le tensioni commerciali continuano a crescere - soprattutto all'interno dell'UE. Se Donald Trump con la sua minaccia di imporre tariffe punitive sull'alluminio e l'acciaio aveva intenzione di dividere l'Europa, allora questa tattica ha avuto successo, scriveva Handelsblatt ad inizio maggio [1]. Germania e Francia perseguono "interessi diversi"; e cio' fra gli imprenditori tedeschi aumenta la paura di una guerra commerciale. Le "crepe" fra Berlino e Parigi sarebbero sorte in merito alla risposta da dare alla minaccia americana di imporre delle tariffe sulle importazioni. Il confidente di Merkel e ministro dell'economia tedesco Peter Altmaier appoggia un accordo di libero scambio con Washington, che nei fatti costituirebbe una versione ancora piu' estrema del fallito accordo transatlantico per il libero scambio TTIP. La Francia invece rifiuta di aprire un negoziato "sotto minaccia" e chiede che le imprese europee abbiano accesso al mercato agricolo degli Stati Uniti, come oggetto di un possibile accordo di libero scambio, oltre a chiedere l'apertura, anche per le imprese dell'UE, delle procedure per gli appalti pubblici negli Stati Uniti. Gli osservatori ipotizzano che la Casa Bianca difficilmente accetterà le richieste francesi.

Divergenze commerciali e di interessi

Sebbene Altmaier mantenga contatti permanenti con il ministro delle finanze francese Bruno Le Maire, la spaccatura tra Parigi e Berlino persiste. Per capirne il motivo basta dare uno sguardo ai saldi commerciali di entrambi i paesi. La bilancia commerciale francese con gli Stati Uniti è quasi in pareggio, mentre la Germania ha un surplus commerciale di circa 50 miliardi di euro. Il volume delle esportazioni francesi negli USA ammonta a 34 miliardi di euro ed è solo un terzo delle esportazioni tedesche verso gli Stati Uniti. La dipendenza dell'economia tedesca dagli avanzi commerciali porta Berlino "ad entrare in conflitto non solo con la Francia, ma anche con la Commissione UE e molti altri stati membri", si dice. La Germania non avrebbe problemi a vivere con un accordo di libero scambio con gli Stati Uniti, riferisce un poltico europeo della CDU, il quale prosegue: "la Francia invece non potrebbe permetterselo"[2]. Per l'amministrazione Trump non si tratta solo di indebolire il WTO, ma anche l'UE, cercando di "rafforzare ed imporre gli interessi americani negli accordi bilaterali".

Nessuna compensazione

Le crescenti tensioni commerciali all'interno dell'UE si aggiungono alla disputa sull'ostruzionismo che i tedeschi esercitano in merito alla riforma dell'eurozona proposta dalla Francia. Il presidente Emmanuel Macron alla fine deve ammettere il fallimento della sua proposta di riforma con la quale intendeva introdurre dei meccanismi economici e finanziari per compensare le conseguenze della "Beggar-thy-Neighbour-Politik" di Berlino e gli effetti causati dalle sue estreme eccedenze commerciali. Macron nel frattempo "ha perso ogni speranza di raggiungere un accordo di vasta portata con la Cancelliera Angela Merkel in merito alla riforma della zona euro", riferisce il consigliere economico di Macron Patrick Artus [3]. Le riforme proposte da Macron, dopo aver sconfitto il candidato di destra Marine Le Pen, come ad esempio la creazione di un'assicurazione europea sui depositi oppure un ministro delle finanze europeo, dovrebbero funzionare come un antidoto contro la crescita delle destre estreme e contro i forti squilibri socio-economici esistenti fra la Germania e gran parte della zona euro, che di fatto costituiscono la base del dominio politico della Germania sul continente. [4] Dopo che Macron si è reso conto che con i suoi piani stava andando a sbattere contro "una forte resistenza di Berlino", vorrebbe ora "lanciare almeno un'offensiva per favorire maggiori investimenti nei progetti per il futuro dell'Europa", è scritto sempre facendo riferimento alle parole di Artus. Per quanto riguarda i "progetti per il futuro" si tratterebbe soprattutto degli ambiziosi progetti di difesa europea. [5] La politica militare e di riarmo resta nei fatti il solo ambito politico in cui Berlino è disposta ad intensificare la cooperazione con Parigi. 

Cospirazione per la truffa

Nel frattempo gli Stati Uniti stanno aumentando la pressione sull'élite imprenditoriale tedesca i cui alti funzionari si trovano attualmente nel mirino della giustizia americana. L'incriminazione del top manager tedesco ed ex CEO della VW Martin Winterkorn è stata accompagnata dalle "parole energiche" del  procuratore generale degli Stati Uniti Jeff Sessions, commentano i principali media tedeschi. L'ex CEO del Gruppo Volkswagen, nell'ambito dello scandalo del diesel, è accusato di  "cospirazione finalizzata alla truffa", reato per il quale - cosi' ha scritto letteralmente Sessions - pagherà un "prezzo molto alto". Winterkorn rischia fino a 25 anni di reclusione in una prigione statunitense.  La giustizia degli Stati Uniti ha già perseguito con l'accusa di truffa numerosi impiegati di alto livello del gruppo VW, due dei quali sono stati condannati a diversi anni di prigione. Il manager VW di lungo corso Oliver Schmidt nel dicembre 2017 è stato condannato a 7 anni di reclusione per "provata cospirazione finalizzata alla frode" e ad una multa di 400.000 dollari [7]. La difesa di Winterkorn si basa in gran parte sulla sua dichiarazione di aver appreso della manipolazione di milioni di veicoli solo nel mese delle sue dimissioni, cioè nel settembre 2015. L'accusa americana sostiene invece che fosse a conoscenza della frode di massa già dal maggio 2014.

Prosperità in pericolo

Di fronte alle crescenti tensioni sia all'interno dell'UE che nelle relazioni transatlantiche, cresce fra le élite economiche tedesche la paura di una guerra commerciale in piena regola. Dieter Kempf, Presidente della Bundesverbandes der Deutschen Industrie (BDI), mette in guardia dal rischio che la guerra commerciale con gli Stati Uniti possa innescare una dinamica globale che culminerebbe in una "ondata di contromisure protezionistiche" [8]. Gli economisti dell'Ifo Institute di Monaco di Baviera chiariscono che le dispute potrebbero diventare veramente pericolose, se ad essere trascinati nella guerra commerciale non ci fossero solo la UE e gli Usa, "ma anche altri paesi come la Cina": in quel caso "la nostra prosperità sarebbe davvero in pericolo". Nel frattempo, anche dall'interno dell'industria tedesca arrivano le prime richieste di misure protezionistiche [9]. In particolare l'industria dell'acciaio mette in guardia - con piu' forza da inizio maggio - da un "eccesso di importazioni" che potrebbe riversarsi sul mercato europeo; Hans Jürgen Kerkhoff, Presidente della Federazione tedesca dell'acciaio, si lamenta della rapida crescita delle importazioni di acciaio dalla Russia e dalla Turchia, che a loro volta sono state colpite dalle tariffe punitive degli americani. E' "del tutto realistico che i paesi che non possono piu' rifornire gli Stati Uniti a causa delle tariffe doganali, possano riversare il loro acciaio sul mercato europeo", dice Kerkhoff, il quale sottolinea il suo appello a favore "di misure di difesa nei confronti di tali effetti di re-indirizzamento". Mentre l'élite economica tedesca mette in guardia contro "un'ondata di misure protezionistiche", contemporaneamente si fa promotrice proprio delle stesse dinamiche protezionistiche.



[1], [2] Till Hoppe, Thomas Hanke, Ruth Berschens, Jens Münchrath: Looming US tariffs put strain on EU relations. global.handelsblatt.com 02.05.2018.

[3] Gerald Braunberger: "Macron hat die Hoffnung aufgegeben". faz.net 03.05.2018.

[4] S. dazu Wer das Kommando hat und Zuverlässig ausgebremst.

[5] S. dazu Die Rüstungsachse Berlin-Paris.

6] "Wer die Vereinigten Staaten zu betrügen versucht..." spiegel.de 04.05.2018.

[7] Deutscher VW-Manager in den USA zu sieben Jahren Haft verurteilt. spiegel.de 07.12.2017.

[8] Till Hoppe, Thomas Hanke, Ruth Berschens, Jens Münchrath: Looming US tariffs put strain on EU relations. global.handelsblatt.com 02.05.2018.

[9] Deutsche Stahlindustrie warnt vor Importschwemme. faz.net 07.05.2018.

sabato 5 maggio 2018

Il nuovo militarismo franco-tedesco

Nonostante i diversi interessi strategici, sotto la presidenza Macron è ripartita la cooperazione militare fra Francia e Germania: non solo la missione comune in Mali, ma anche gli investimenti e gli addestramenti congiunti fanno pensare che questo potrebbe essere il prototipo del futuro esercito europeo. Ne parla German Foreign Policy


Divergenze in politica estera

La cooperazione militare franco-tedesca, che sotto la presidenza di Emmanuel Macron dovrà essere intensificata rispetto a quanto fatto fino ad ora, da tempo procede a rilento. La causa di fondo non sarebbe la differenza tra le culture strategiche delle forze armate dei 2 paesi: l'esercito francese ha infatti molti anni di esperienza operativa all'estero, soprattutto in Africa, la Bundeswehr opera all'estero solo a partire dagli anni '90. Molto piu' importanti sono invece le differenze fra Parigi e Berlino in materia di politica estera. Queste sono state recentemente evidenziate dalla Deutsche Gesellschaft für Auswärtige Politik (DGAP) in un'analisi dettagliata.[2] Secondo il documento le attività estere dei due stati non differiscono solo "nei mezzi diplomatici applicati" ma soprattutto differiscono "dal punto di vista geografico". Mentre la Repubblica federale tedesca persegue tradizionalmente forti interessi nell'Europa orientale e sud-orientale e in Turchia, la Francia vede come sua principale area di interesse l'Africa e il Medio Oriente. L'esempio più recente è il coinvolgimento francese nell'attacco alla Siria del 14 aprile. Le divergenze rendono piu' difficili gli interventi comuni.

Differenze militari

Modesti sono stati anche i risultati pratici della cooperazione militare franco-tedesca avviata verso la fine degli anni '80. Un esempio tipico è fornito dalla Brigata franco-tedesca, la cui fondazione fu decisa il 13 novembre 1987 e ufficialmente completata due anni dopo. La Brigata è stata utilizzata per la prima volta alla metà degli anni '90 - nella Jugoslavia in frantumi, dove la Germania perseguiva enormi interessi. L'impiego della brigata, nell'interesse francese - come ad esempio in Africa - è stato sistematicamente bloccato dalla Germania fino al 2014, quando c'è stato il dispiegamento di oltre 5.000 unità in Mali. In precedenza, la brigata franco-tedesca era stata utilizzata in Afghanistan; tuttavia i soldati tedeschi e francesi erano di stanza in luoghi diversi. [3] Non capita spesso che due stati "si trovino allo stesso momento, nello stesso luogo e con gli stessi obiettivi", aveva chiarito il comandante della brigata, Bertrand Boyard, commentando le non trascurabili divergenze. [4]  Anche il prossimo utilizzo della Brigata, che dovrebbe iniziare nell'autunno di quest'anno in Mali, non si realizzerà in maniera uniforme: mentre le unità francesi della Brigata parteciperanno all'operazione francese Barkhane, le truppe tedesche saranno invee integrate nella missione UE EUTM Mali e in quella dell'Onu MINUSMA.

Addestramento congiunto delle truppe

Nel frattempo la cooperazione viene ulteriormente rafforzata partendo dalla base. Cosi' Berlino e Parigi hanno concordato di organizzare insieme l'addestramento dei piloti per i grandi velivoli da trasporto A400M. L'aereo viene prodotto congiuntamente da Germania e Francia - con il coinvolgimento di Spagna e Regno Unito. Il mezzo sarà acquistato dalle forze armate di entrambi i paesi in quantità di oltre quattro dozzine. La cooperazione militare renderà possibile effettuare una parte dell'addestramento dei piloti sull'A400M in Germania, e un'altra parte in Francia, secondo quanto riportato dalla Bundeswehr. La formazione iniziale, che dura 3 mesi, avrà luogo a Wunstorf mentre quella per il volo tattico al Centre d'Instruction des Équipages de Transport di Orléans. Quest'ultima consentirà ai piloti tedeschi di testare anche i voli particolarmente lunghi: secondo quanto riferito dalla Luftwaffe un soldato tedesco, fra le altre cose, avrebbe completato un volo verso la Nuova Caledonia, un arcipelago francese nel sud-ovest del pacifico .[5]

Trasporto militare congiungo

Una stretta cooperazione è prevista anche nel trasporto aereo tattico. Germania e Francia hanno iniziato a costruire uno squadrone di trasporto aereo comune che sarà equipaggiato con quattro aerei da trasporto francesi e sei tedeschi del tipo C-130J Hercules. Il suo compito sarà quello di effettuare voli di trasporto verso destinazioni di atterraggio troppo piccole per l'A400M. La squadra di trasporto aereo sarà allestita nella francese Évreux, dove dal 2021 in poi verranno addestrati piloti e personale di terra. A tal fine è in costruzione un centro di formazione franco-tedesco. La Bundeswehr vuole destinare un totale di 200 soldati allo squadrone, che dal 2024 dovrebbe essere pienamente operativo. Secondo i piani avrà equipaggi di guida e equipaggi di terra binazionali. [6] Il primo C-130J è già stato consegnato in Francia il 15 gennaio. Erano presenti, oltre al ministro della difesa francese, Florence Parly, l'ispettore dell'aeronautica tedesca, il tenente generale Karl Müllner, nonché il capo della pianificazione del ministero della difesa tedesco,il  tenente generale Erhard Bühler.

Una nuova Europa

L'ampliamento della cooperazione - come l'intensificazione della cooperazione militare e l'attuazione delle riforme economiche sulla base del modello dell'Agenda 2010 tedesca [7] - fa parte dell'aggiustamento strutturale a cui la Francia si sottopone per adeguarsi all'idea che la Germania ha dell'UE, concetti che il presidente francese Emmanuel Macron subito dopo il suo insediamento ha iniziato a mettere in pratica. Macron anche per questo sarà insignito del prestigioso premio Carlo Magno di Aachen, che gli verrà consegnato il prossimo 10 maggio nel municipio di Aachen. La lettera di accompagnamento del direttorio del premio Carlo Magno recita che il premio è stato assegnato "in onore del Presidente della Repubblica francese", per la "sua visione di una nuova Europa", cosi' come per essere "un leader coraggioso capace di rinnovare il sogno europeo" e come incoraggiamento "per la speranza di un nuovo capitolo di successo della storia europea".[8] Come si può vedere dalle riforme interne di Macron e dalla sua cooperazione in politica estera e militare con Berlino, la "nuova Europa" sarà basata sul modello tedesco.

[1] S. dazu Die Rüstungsachse Berlin-Paris.

[2] Claire Demesmay (Hg.): Vorteilhafte Verschiedenheit. Zeit für gemeinsame außenpolitische Initiativen von Frankreich und Deutschland. DGAPkompakt Nr. 9. April 2018.

[3] Thomas Wiegold: Deutsch-Französische Brigade: Getrennt marschieren, getrennt schlagen, getrennter Einsatz im gleichen Land. augengeradeaus.net 29.01.2018.

[4] Thomas Hanke: Der Prototyp der europäischen Armee. handelsblatt.com 05.02.2018.

[5] Deutsch-Französische Freundschaft im Cockpit. bundeswehr.de 28.04.2018.

[6] Erste C-130J für deutsch-französischen Lufttransportverband. bundeswehr-journal.de 15.01.2018.

[7] S. dazu "So deutschfreundlich wie nie zuvor".

[8] Karlspreis 2018: Begründung des Direktoriums der Gesellschaft für die Verleihung des Internationalen Karlspreises zu Aachen an den Präsidenten der Französischen Republik. karlspreis.de.

venerdì 27 aprile 2018

Mark Schieritz: la risposta tedesca a Macron per evitare che AfD diventi il primo partito

Mark Schieritz su Die Zeit prova a delineare la risposta minima che la politica tedesca potrebbe dare a Macron sul tema delle riforme europee, senza destabilizzare il panorama politico tedesco e senza spianare la strada ad Alternative fuer Deutschland. Da Die Zeit.

Mark Schieritz

Secondo un vecchio detto, il meglio è nemico del bene. Lo stesso vale per la discussione sulle riforme proposte dal presidente francese Emmanuel Macron. 

Macron la scorsa estate ha presentato dei piani ambiziosi per una riorganizzazione dell'unione monetaria e da allora attende una risposta da Berlino. Il fatto che i tedeschi si trovino in difficoltà nel dare questa risposta, spesso viene interpretato come un'indicazione di un certo livello di apprensione dei tedeschi sulle politiche europee, ma questa è solo metà della storia.

La redistribuzione non funziona ovunque

Che per la Germania e la Francia non sia cosi' facile trovare una convergenza, ha semplicemente a che fare con i diversi interessi politici. Una maggiore redistribuzione in Europa non funzionerebbe allo stesso modo per tutti i paesi. Detto in altre parole: cio' che potrebbe tenere sotto controllo i populisti nell'Europa del sud, metterebbe le ali ai populisti del nord.

Si sostiene anche che la Germania avrebbe dei vantaggi se ad esempio venisse introdotta una garanzia europea sui depositi, in quanto si ridurrebbe il rischio di una crisi bancaria. Questo argomento è economicamente corretto, ma non cambia la realtà politica con cui il governo federale deve fare i conti.

Nessuno alla fine avrebbe un vantaggio reale se i depositi bancari in Italia fossero protetti un po' meglio ma se contemporaneamente AfD dovesse diventare il primo partito alle prossime elezioni generali - il che, se si guardano i sondaggi sulla Germania dell'est, non puo' essere affatto escluso. Alla fine anche i risparmiatori tedeschi non ne trarrebbero alcun vantaggio.

C'è una risposta possibile per Macron che nei fatti potrebbe far progredire l'unione monetaria senza destabilizzare il panorama politico tedesco? La buona notizia è: esiste.


Innanzitutto l'unione monetaria non è piu' nelle condizioni in cui si trovava allo scoppio dell'ultima crisi. E' stato creato un fondo per la gestione delle crisi, l'ESM, che puo' erogare aiuti agli stati in difficoltà. C'è un regime comune per la gestione delle crisi bancarie. C'è una banca centrale, che ha dimostrato che anche in caso di emergenza non esiterebbe a prendere misure non convenzionali per difendere la stabilità della valuta.

Queste cose sono state sostenute anche dai tedeschi, sebbene noti economisti avessero messo in guarda dall'iperinflazione e dal collasso debitorio. In realtà oggi l'inflazione è piu' bassa di quanto non fosse prima della crisi. Anche il debito pubblico sta calando, e probabilmente possiamo essere felici del fatto che a governare il paese siano i politici e non gli economisti.

Una lacuna nell'architettura anti-crisi

La BCE sta raggiungendo il limite delle sue possibilità nella misura in cui non puo' fissare un tasso di interesse specifico per gli stati in crisi. Quando la possibilità di fare debito pubblico si esaurisce, resta solo l'accesso al fondo ESM. E al momento le risorse vengono erogate solo se la stabilità dell'intera area valutaria è in pericolo e al paese richiedente vengono imposte condizioni difficili. E di questo molti stati hanno paura.

Questa lacuna nell'architettura anti-crisi potrebbe essere colmata se in futuro il fondo ESM potesse intervenire anche in caso di un'emergenza non cosi' grave. Si potrebbe ipotizzare ad esempio che il fondo trasferisca denaro alle assicurazioni nazionali contro la disoccupazione, in modo da evitare che alle persone che perdono il lavoro vengano tagliati anche i sussidi. Quando la crisi sarà superata, questi soldi dovranno poi essere ripagati al fondo.

Cio' aiuterebbe i paesi colpiti e in Germania sarebbe politicamente rivendibile, almeno se il governo avesse il coraggio di fare un tentativo. Un ulteriore vantaggio: al di là delle proposte di ampia portata fatte da Macron, non è necessario modificare i trattati europei, cosa che al momento non è politicamente fattibile.

L'Eurozona sarebbe salva per sempre con questa soluzione minima? Probabilmente no, ma diventerebbe almeno un po' piu' stabile. E non è poco di questi tempi.

venerdì 20 aprile 2018

Rehberg (CDU): "Macron non l'ha capito ma sui soldi tedeschi si decide a Berlino"

L'intervista a Deutschlandfunk di Eckhardt Rehberg, membro della commissione bilancio al Bundestag per la CDU, non lascia alcun dubbio sulla posizione del tedeschi in merito alle riforme europee. Il messaggio per il giovane presidente francese è chiaro: Macron non l'ha ancora capito ma sull'utilizzo dei soldi tedeschi si continuerà a decidere a Berlino. Chi vuole avere i soldi dei tedeschi dovrà accettare le condizioni imposte dal Bundestag, mentre la garanzia comune sui depositi si farà nel giorno di poi dell'anno di mai. Da Deutschlandfunk.de


DLF: Herr Rehberg, quale messaggio dovrebbe portare con sé Macron da Berlino?

Rehberg: Macron dovrebbe portare con sé il messaggio che in molti ambiti in cui ci si puo' aspettare un valore aggiunto da una collaborazione a livello europeo, è necessario sostenere l'approfondimento dell'Unione Europea - i temi relativi alle politiche di sicurezza, alla difesa delle frontiere esterne, alla tassazione delle imprese, alla politica digitale comune, oppure alla politica comune in maniera di asilo. Siamo invece scettici in merito alle sue proposte e a quelle della Commissione UE dello scorso dicembre - che devono essere viste nello stesso contesto - relative allo sviluppo del fondo monetario europeo e dell'unione bancaria.

DLF: che cosa la preoccupa di questi piani?

Rehberg: quando io ad esempio guardo alle proposte di Macron e della Commissione UE sul tema del fondo monetario europeo, vedo che i diritti di partecipazione dei parlamenti, del Bundestag tedesco, che sono garantiti dalle sentenze della Corte Costituzionale tedesca, non vengono nemmeno presi in considerazione. La legge di bilancio del parlamento tedesco oggi dice che è necessario coinvolgere il Bundestag in ogni transazione dell'ESM e ci aspettiamo, come è indicato anche nel contratto di coalizione, che i diritti di partecipazione del parlamento tedesco e della commissione bilancio del Bundestag non vengano ridotti. E non è possibile che la Commissione UE voglia avviare un percorso di modifica dei trattati che escluda i parlamenti nazionali. Vorremmo essere coinvolti. Alla fine si tratta dei soldi dei contribuenti tedeschi.

DLF: ma l'Europa puo' davvero uscire dalla crisi attuale tenendo tutto nelle mani dei singoli stati dell'UE senza trasferire almeno alcune delle competenze alle istituzioni europee?

Rehberg: dipende della condizioni quadro, e la Commissione UE ad esempio non ha dato buona prova di sé in materia di monitoraggio del patto di stabilità. Ci sono state circa 100 infrazioni e nessuna è stata sanzionata. Non abbiamo nulla ad esempio contro un fondo monetario europeo, che sia indipendente dalla Commissione UE, come accade per la BCE o per la Banca Europea per gli Investimenti. Ma se ci sono fondi nazionali, bisogna dare ai parlamenti e ai governi nazionali il diritto di esprimersi.

DLF: Herr Macron non ha capito?

Rehberg: Herr Macron, se guardo alle sue idee originali, avremmo dovuto creare un nuovo budget per la zona euro, senza condizioni, senza regole, senza criteri. Diciamo sì alla solidarietà europea, ma solo con regole e condizioni.

DLF: la domanda è ovvia e si ripropone: se guardiamo a quello che è successo durante la crisi finanziaria ed economica, allora la situazione non è pressante? Un bilancio separato dell'UE avrebbe un senso, un bilancio con il quale le istituzioni europee potrebbero reagire a specifiche situazioni di crisi negli stati membri dell'UE.

Rehberg: il meccanismo europeo di stabilità ha dimostrato di funzionare, ed è necessario porsi una domanda fondamentale: chi è responsabile per la stabilità economica e la competitività dei paesi?. A nostro avviso si tratta di una responsabilità essenzialmente nazionale e non è possibile che con questo denaro si finisca per impedire le riforme di cui alcuni paesi hanno bisogno. Senza regole, senza condizioni, secondo l'Unione non si potrà utilizzare il denaro dei contribuenti tedeschi. E se parliamo degli ordini di grandezza - ne nomino solo uno - se dovessimo creare un euro-budget per la zona euro di 100 miliardi di euro, la Germania dovrebbe contribuire con circa 30 miliardi. Sarebbe denaro che dovrebbe provenire dal bilancio federale e dovremmo decidere di ridurre gli investimenti nelle infrastrutture digitali, o nelle scuole tedesche e cosi' via. Queste sono le decisioni che alla fine dovremmo prendere.

DLF: signor Rehber, vuole frenare anche sul tema dell'unione bancaria?

Rehberg: Ja! Penso che considerando lo stato attuale di molte banche europee, ancora piene di prestiti inesigibili, sia inaccettabile voler portare avanti un'assicurazione comune sui depositi. Difficilmente riusciremmo a spiegarlo al risparmiatore tedesco. Non siamo contrari ad una garanzia comune sui depositi, ma prima è necessario eliminare i crediti inesigibili o almeno ridurli in maniera consistente. Dopo questa riduzione potremmo iniziare a parlare di un'assicurazione comune sui depositi.

DLF: e questo potrebbe durare anche anni?

Rehberg: ci vorranno anni, perché penso che non sia politicamente sostenibile, con il nostro sistema bancario fondato su tre pilastri, le casse di risparmio, le banche popolari e soprattutto le banche private, dovremmo garantire il 40, il 50 o il 60% dei crediti inesigibili nei loro bilanci.

DLF: Herr Rehberg, allora possiamo affermare che rifiuta tutte le proposte fatte da Macron in materia di politica economica e finanziaria, almeno nei loro elementi centrali?

Rehberg: no, non è un rifiuto. Soprattutto laddove vediamo un valore aggiunto nell'affrontare le questioni a livello europeo, in quel caso ci stiamo. E vorrei anche sottolineare: io vengo dalla Germania del nord. C'è una lettera di otto ministri delle finanze, in particolare del nord Europa, che sottolineano di non condividere diversi aspetti delle proposte di Macron e della Commissione di Juncker. Dobbiamo fare attenzione: l'Europa non è solo Francia e Germania. L'Europa è composta da 27 stati dell'UE e 17 stati dell'eurozona. E' sempre stata una buona cosa coinvolgere anche i piccoli paesi.

DLF: Herr Macron è un uomo con una certa reputazione. Si è guadagnato l'immagine del riformatore, dell'innovatore carismatico, un uomo che puo' far uscire l'UE dal suo letargo. Queste aspettative sono troppo alte?

Rehberg: se ci si concentra sui temi giusti - ne menziono alcuni: difesa europea comune, migrazione, confini esterni - abbiamo una montagna di lavoro da fare davanti a noi. Pertanto a mio avviso bisognerebbe concentrarsi sul possibile, sul necessario, e non su una visione qualsiasi che una larga parte d'Europa vede in maniera critica.