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giovedì 11 febbraio 2021

Perché l'UE e la Germania stanno perdendo la battaglia geopolitica per il controllo dell'Europa del sud-est

La débacle dell'UE sui vaccini corrisponde anche ad una grave sconfitta geopolitica di Bruxelles e Berlino nell'Europa del sud-est, una sconfitta che lascia sempre piu' spazio alla Cina, ormai la principale potenza economica dell'area. Nei palazzi del potere europeo c'è molta preoccupazione, il sempre ben informato German Foreign Policy ci racconta gli ultimi sviluppi



17+1

Da quando nel 2012 il formato è stato lanciato, la cooperazione con la Cina nell'ambito del "17+1" ha portato significativi benefici economici ai dodici Stati dell'UE e ai cinque paesi non UE dell'Europa orientale e sudorientale che vi prendono parte. Ad esempio, il volume del commercio tra questi paesi e la Repubblica Popolare da allora è aumentato in media dell'8% annuo. L'anno scorso, il commercio bilaterale è aumentato dell'8,4 % per un volume complessivo di 103,45 miliardi di dollari, nonostante la crisi da Coronavirus, che in altri ambiti invece ha causato un crollo dell'economia. Ci sono cifre variabili sugli investimenti diretti cinesi nella regione; secondo il think tank berlinese Merics (Mercator Institute for China Studies), tra il 2010 e il 2019 ammonterebbero a 8,6 miliardi di euro solo nei dodici Stati dell'Unione europea che partecipano al "17+1" [1]. Ci sono inoltre progetti finanziati e prestiti erogati anch'essi per un valore di diversi miliardi di euro. Importanti investimenti cinesi sono stati realizzati anche in Grecia e Ungheria, tra gli altri. In Grecia, da quando è stato rilevato dalla China Ocean Shipping Company (COSCO), il porto del Pireo è passato dal 17° al 4° posto tra i porti container europei; ora è il più grande porto europeo per container sul Mediterraneo. [2] In Ungheria, le imprese cinesi, invece, stanno lavorando in particolare sul tratto della linea ferroviaria ad alta velocità fra Budapest e Belgrado.

"Il terzo paese più importante"

I cinque stati non UE dell'Europa sud-orientale (Bosnia-Erzegovina, Serbia, Montenegro, Macedonia settentrionale, Albania) stanno cooperando in maniera particolarmente stretta con la Cina nell'ambito del "17+1". La Serbia, ad esempio, è diventata destinataria di importanti investimenti cinesi; nel 2016, Hesteel Group, uno dei più grandi produttori di acciaio di tutto il mondo, ha acquistato l'acciaieria di lunga data di Smederevo, una delle più grandi aziende in Serbia. L'acciaieria, precedentemente di proprietà della U.S. Steel, era caduta in crisi accumulando pesanti perdite, ed era stata quindi venduta dal gruppo americano. Già ad inizio 2019, le cronache raccontavano che Hesteel non solo stava portando l'impianto fuori dalla crisi, ma la stava trasformando nell'acciaieria piu' redditizia d'Europa. [3] Senza dubbio ci sono state molte polemiche sulla presenza di Hesteel a Smederevo: da qualche tempo, infatti, i residenti locali protestano contro i danni ambientali causati dall'acciaieria. Le proteste vengono attualmente utilizzate dal deputato verde Reinhard Bütikofer e dalla sua Alleanza interparlamentare sulla Cina (IPAC) per fomentare il sentimento anti-Pechino. [4] La Repubblica Popolare sta comunque espandendo la sua influenza in Serbia e nei vicini stati non UE; un recente studio dell'European Council on Foreign Relations (ECFR) ha concluso che Pechino è "diventato il più importante paese terzo" in quella regione. [5] L'European Council on Foreign Relations (ECFR) attualmente sta lavorando su questo tema insieme alla Commissione europea.



Pressione da Bruxelles e Washington

Allo stesso tempo gli stati UE nell'ambito del "17+1" devono affrontare una massiccia pressione da parte di Bruxelles, ma anche di Washington, con l'obiettivo di far ridimensionare la loro cooperazione con Pechino e far loro abbandonare il formato della cooperazione indipendente. Berlino e Bruxelles tuttavia ripetono che l'UE non deve farsi dividere - un argomento che viene respinto dal gruppo dei "17+1" i quali fanno invece notare che gli stati più potenti dell'Europa occidentale, soprattutto la Germania, da parte loro cooperano già in maniera indipendente con la Cina; ad esempio, l'ex-ministro degli Esteri polacco Radosław Sikorski recentemente ha affermato: "Gli europei occidentali hanno già relazioni commerciali di lunga data con la Cina, e non permettono a noi paesi dell'Europa centrale di partecipare a queste relazioni". Se il formato "17+1" dovesse essere abbandonato, allora anche "il resto dell'UE" dovrebbe smettere di muoversi da solo. Ma questo colpirebbe soprattutto la Germania. La pressione di Bruxelles e Washington, inoltre, è diretta contro i singoli progetti cinesi in Europa orientale e sudorientale. La Croazia, ad esempio, recentemente ha dovuto annullare la gara d'appalto per l'unico porto d'acqua profonda del paese in quanto le aziende cinesi avevano buone possibilità di vincere il contratto. In Romania, invece, il governo ha deciso di escludere le imprese della Repubblica Popolare dalla costruzione di strade e collegamenti ferroviari. [7] Anche la partecipazione cinese alla costruzione di un tunnel da Helsinki alla capitale dell'Estonia Tallinn viene aspramente osteggiata. [8]



L'iniziativa dei tre mari

Nella lotta per l'influenza sull'Europa orientale e sud-orientale, le grandi potenze occidentali restano fra loro divise. Berlino considera la regione come una sua sfera d'influenza esclusiva, e ha cercato di allineare l'intera UE - tuttavia con poco successo finora - nell'ambito di un blocco coeso anche in termini di politica estera, cercando quindi di mantenere la sua influenza primaria sui cinque stati non UE dell'Europa sudorientale. Washington, da parte sua, negli ultimi anni invece ha cercato di rafforzare la sua influenza nell'est e nel sud-est dell'UE attraverso l'"Iniziativa dei tre mari" - a spese della Germania. L'iniziativa risale a un'offensiva di Washington nata durante l'amministrazione Obama; lanciata nel 2015 dal presidente polacco Andrzej Duda e dall'allora presidente croato Kolinda Grabar-Kitarović, l'iniziativa è stata formalmente fondata durante un summit del 25-26 agosto 2016 a Dubrovnik, in Croazia [9]. L'obiettivo, tra l'altro, era anche quello di migliorare i collegamenti fra i paesi partecipanti attraverso la costruzione di infrastrutture. Come del resto gli sforzi di cooperazione del "17+1" della Cina, la cosiddetta "iniziativa dei tre mari" si basa sul fatto che negli ultimi 30 anni, l'est e il sud-est dell'Europa sono stati ampiamente trascurati dai paesi piu' ricchi dell'Europa occidentale, specialmente la Germania, in quanto questi paesi erano concentrati sul perseguimento dei loro interessi economici. Questa condotta ha offerto alle potenze esterne, grazie alla cooperazione economica, la possibilità di assicurarsi un'influenza sulla regione.

La Cina come fornitore di vaccini

Anche nell'ambito della lotta contro la pandemia da Covid-19, la situazione non è cambiata di molto. Già nella primavera del 2020, infatti, l'UE aveva in pratica tagliato il sostegno ai cinque paesi non UE dell'Europa sud-orientale, vietando l'esportazione di attrezzature mediche di protezione. La Cina è poi intervenuta, almeno parzialmente, fornendo alla Serbia gli aiuti necessari. Berlino e Bruxelles hanno quindi reagito a questa mossa accusando Pechino di essere impegnata in una "diplomazia mascherata". [10] Lo sviluppo è stato simile anche per quanto riguarda i vaccini contro il Covid-19. Anche se l'UE pomposamente ha annunciato la sua intenzione di rifornire il mondo con i suoi vaccini, in realtà non è stata nemmeno in grado di fornire le dosi di vaccino necessarie ai propri Stati membri [11]. Per la seconda volta, la Cina è venuta in aiuto della Serbia ed ha fornito al paese un milione di dosi di vaccino; la Serbia ha così potuto effettuare otto vaccinazioni ogni cento abitanti e si trova al terzo posto in Europa dopo Gran Bretagna (18,86 vaccinazioni ogni cento abitanti) e Malta (8,89) (Germania: 3,91 vaccinazioni ogni cento abitanti). Recentemente, l'Ungheria è diventata il primo paese dell'UE a ordinare i vaccini anche dalla Cina e già questo mese ci si aspetta l'arrivo della prima parte di cinque milioni di dosi, sufficienti per immunizzare circa un quarto della sua popolazione. Al vertice del "17+1" di ieri, il presidente cinese Xi Jinping ha promesso ulteriori spedizioni. [12]




[1] Grzegorz Stec: Central and Eastern Europe and Joint European China Policy: Threat or Opportunity? merics.org 01.10.2020.
[2] Beth Maundrill: Piraeus becomes top Mediterranean port. porttechnology.org 21.05.2020.
[3] Vedran Obućina: Incredible rise of Serbian steel industry. obserwatorfinansowy.pl 19.03.2019.
[4] MEPs concerned over increasing Chinese influence in Serbia. emerging-europe.com 20.01.2021. Zur IPAC s. auch Der grüne Kalte Krieg.
[5] Vladimir Shopov: Decade of Patience: How China Became a Power in the Western Balkans. ECFR Policy Brief. February 2021.
[6] Grzegorz Stec: Central and Eastern Europe and Joint European China Policy: Threat or Opportunity? merics.org 01.10.2020.
[7] Andreas Mihm: Chinas Charme-Offensive im Osten. Frankfurter Allgemeine Zeitung 08.02.2021.
[8] Mette Larsen: Chinese-backed Finnish venture of world's longest undersea rail tunnel back on agenda. scandasia.com 27.01.2021.
[9] S. dazu Osteuropas geostrategische Drift.
[10] S. dazu Die "Politik der Großzügigkeit".
[11] S. dazu Das Impfdesaster der EU.
[12] China bietet Osteuropa Impfstoff an. n-tv.de 09.02.2021.



martedì 2 febbraio 2021

La Sonderweg di Berlino

Ancora una volta sulle regole di ingresso in Germania per i viaggiatori provenienti dall'estero, il governo di Berlino si è mosso da solo, come del resto aveva già fatto a marzo 2020 durante la prima ondata di contagi, quando aveva chiuso il confine con la Francia, oppure quando pochi giorni fa ha dichiarato unilateralmente superata la disciplina sul pareggio di bilancio, che ai tempi di Schäuble invece aveva imposto ai paesi del sud-Europa. Una storia interessante fatta di eccezioni e trattamenti speciali, ne scrive il sempre ben informato German Foreign Policy

"Ha incontrato una certa incomprensione"

La settimana scorsa, il governo tedesco, come riportano i media, ancora una volta ha deciso di muoversi "da solo" [1] a livello nazionale per imporre delle severe restrizioni agli ingressi nel paese nel tentativo di contrastare la pandemia. I ministri degli interni dell'UE nell'ambito di una videoconferenza congiunta, infatti, non erano riusciti a concordare delle regole comuni. Alla fine della conferenza non era stato ipotizzato alcun rafforzamento dei controlli alle frontiere corrispondente con la "proposta tedesca"; durante la conferenza, infatti, le richieste del Ministro degli Interni Horst Seehofer erano state accolte con una certa "incomprensione" da parte dei suoi omologhi dell'UE. La Commissaria europea per gli affari interni Ylva Johansson, da Bruxelles aveva messo in guardia contro l'adozione di misure troppo drastiche, in quanto queste avrebbero indebolito l'economia e i sistemi sanitari degli stati membri. L'UE ha bisogno di un "approccio equilibrato", aveva detto la Johansson. Seehofer invece subito dopo l'incontro ha annunciato che Berlino avrebbe semplicemente implementato le misure desiderate in maniera autonoma.

"Pericolo per il mercato interno"

La questione controversa non era stata disinnescata nemmeno nell'ambito dell'ultimo vertice straordinario fra i capi di stato e di governo dell'UE del 21 gennaio, vertice indetto per cercare un approccio coordinato alla pandemia fra i paesi UE. [2] Al vertice la Cancelliera tedesca Angela Merkel aveva chiesto un approccio unificato dell'UE nei confronti della seconda ondata pandemica, approccio che dovrebbe includere non solo gli stati dell'Unione europea, ma anche i paesi vicini come la Svizzera. La Commissione UE aveva riferito che l'aumento dei controlli alle frontiere oppure la loro chiusura rappresentavano un "pericolo per il mercato interno europeo". Il vicepresidente della Commissione Margaritis Schinas, ad esempio, si era espresso in maniera chiara contro i divieti di viaggio generalizzati. Poco dopo, invece, la Germania ha emesso norme di ingresso più severe per circa due dozzine di paesi, fra questi anche le classiche destinazioni turistiche europee come il Portogallo. [3]

Un affronto agli alleati

I divieti d'ingresso introdotti da Berlino in maniera autonoma a fine mese prevedono dei divieti per le compagnie aeree, per le compagnie ferroviarie, di autobus e di navigazione, divieti che dureranno almeno fino al 17 febbraio. Ad essere particolarmente colpiti sono stati Irlanda e Portogallo, oltre a Gran Bretagna, Sudafrica e Brasile. Inizialmente non dovevano essere previsti controlli alle frontiere, è stato riferito, anche se la Germania "potrebbe essere raggiunta in ogni caso via terra dal Portogallo", dove "è stata comunque ordinata la chiusura della frontiera con la vicina Spagna" a causa del numero particolarmente elevato di contagi. [4] L'obiettivo è quello di prevenire la diffusione nella Repubblica Federale delle recenti mutazioni del virus provenienti dalle "zone di origine della mutazione". Berlino aveva già reso più difficile l'ingresso in Germania dividendo circa 160 paesi in tre gruppi di rischio; i viaggiatori che desiderano entrare nel paese devono ora rispettare dei regolamenti di diversa severità. Al confine ceco-tedesco, ad esempio, sono state segnalate lunghe "code e ingorghi", dato che l'ingresso dalla Repubblica Ceca è possibile solo dietro la presentazione di un test Covid-19 negativo. I Verdi hanno criticato aspramente i divieti d'ingresso imposti unilateralmente dal governo tedesco: la Sonderweg tedesca è un "affronto" ai paesi partner della Repubblica Federale, ha detto Franziska Brantner, politico europeo dei Verdi, chiedendo un compromesso. La chiusura delle frontiere senza un'adeguata consultazione preventiva nella primavera del 2020 aveva portato ad un duro scontro nelle regioni di confine tra Francia e Lussemburgo da una parte e Germania dall'altra [5].

Violazioni dei trattati da parte di Berlino

La Sonderweg tedesca all'interno dell'UE tuttavia non rappresenta una eccezione. Secondo l'ultimo rapporto di fine anno, la Commissione UE nel solo settore ambientale starebbe portando avanti 14 procedure di infrazione contro la Germania. Fra queste ci sono le direttive sul particolato, sugli ossidi di azoto o sulle aree protette, che Berlino ripetutamente non avrebbe applicato "in maniera puntuale e corretta", è scritto. [6] Una procedura riguardante una direttiva UE sul Nichel, con lo scopo di proteggere le acque sotterranee dall'inquinamento agricolo è stata recentemente sospesa in quanto Berlino alla fine ha deciso di rendere un po' più severe le norme nazionali dopo una "lunga disputa e grandi pressioni da parte dell'UE". C'è un'altra causa europea a minacciare la Germania nel settore dell'energia. Secondo un rapporto, infatti, l'avvocato generale della Corte di giustizia europea presume che "la Germania non stia rispettando il diritto europeo nell'ambito del mercato dell'energia"; "dopo anni di controversie" ora ci sarà un procedimento. [7] La disputa sui regolamenti UE che dovrebbero garantire "prezzi bassi e più concorrenza" va avanti dal 2015, è scritto nel rapporto. Bruxelles spinge in favore di una maggiore indipendenza dell'Agenzia federale per la gestione delle reti e per un periodo di attesa più lungo per i dirigenti degli operatori elettrici.

81 Procedimenti UE contro Berlino

L'anno scorso ci sarebbero state in totale 81 procedure di infrazione europee pendenti contro la Repubblica federale, cinque in più rispetto al 2019. [8] I Verdi riferiscono che è "imbarazzante" il modo in cui Berlino "oggi disattenda ancora di più i requisiti fissati dall'UE all'inizio della presidenza del Consiglio, rispetto a quanto non facesse un anno fa". Con ben 19 procedure aperte, ad essere particolarmente interessata c'è l'area di responsabilità del Ministero federale dei trasporti guidato dalla CSU, sul quale la lobby dell'industria automobilistica tedesca da sempre esercitato una pressione massiccia. Oltre alla battaglia sui livelli di particolato, le contestazioni riguardano "la sicurezza ferroviaria, i regolamenti per le navi, oppure l'integrazione europea del trasporto ferroviario". Insieme a Spagna e Italia, la Germania era nel gruppo di paesi UE contro i quali Bruxelles aveva aperto il maggior numero di procedure per una attuazione impropria delle direttive UE, è scritto. Oltre ad una attuazione lassista degli standard minimi UE sulla protezione ambientale, la Commissione europea ha avuto da obiettare anche sui regolamenti tedeschi in materia di "prevenzione di gravi incidenti con sostanze pericolose", sulla "sicurezza delle forniture di gas naturale" e sulla protezione dei dati.

Due pesi e due misure

Se necessario Berlino si prende anche la libertà di mettere in discussione le regole di bilancio basilari che essa stessa aveva imposto in tutta l'UE, nonostante la forte resistenza. Questo è il caso, ad esempio, dello "Schuldenbremse" (pareggio di bilancio) che l'allora Ministro delle finanze tedesco Wolfgang Schäuble aveva imposto a tutta l'area dell'euro dopo lo scoppio della crisi della moneta unica; nel corso degli anni, infatti, ha avuto un ruolo chiave nell'esacerbare la crisi economica nei paesi periferici del sud - e nell'allargare il divario socio-economico tra il centro tedesco e i paesi in crisi dell'eurozona. All'epoca Schäuble sosteneva che tutti gli stati membri dell'eurozona avrebbero dovuto impegnarsi per introdurre lo Schuldenbremse, altrimenti l'euro non sarebbe mai stato una moneta stabile. [9] Quasi dieci anni dopo, la crisi economica attuale nella Repubblica Federale ha portato a rimettere in discussione l'allentamento di quello stesso Schuldenmbremse che Berlino aveva imposto all'eurozona, in una delle peggiori recessioni del dopoguerra. A fine gennaio, Helge Braun, capo dell'ufficio della Cancellieria, scriveva infatti che è necessario modificare la Legge Costituzionale per sospendere il "freno all'indiebitmanto", in quanto  "nei prossimi anni sarà impossibile rispettarlo, anche con una disciplina di spesa altrimenti rigorosa". [10] La "strategia di recupero dell'economia tedesca" dovrebbe essere combinata con una modifica alla Legge fondamentale. La modifica temporanea dello Schuldenmrbemse, che finora è stato disapplicato in via temporanea per il 2020 e il 2021, potrebbe essere resa permanente; e questa modifica richiederebbe una "decisione strategica sulla ripresa dell'economia". Ed è esattamente quello che il governo tedesco aveva costantemente proibito agli stati dell'Europa del sud che all'epoca si trovano in profonda crisi.


[1] Detlef Drewes: Deutschland verhängt Einreisebeschränkungen im Alleingang. augsburger-allgemeine.de 28.01.2021.

[2] Stephan Ueberbach: Die EU zwischen Hoffen und Bangen. tagesschau.de 21.01.2021.

[3], [4] Einreisesperre - auch für EU-Länder. tagesschau.de 30.01.2021.

[5] S. dazu Bleibende Schäden (I).

[6] 14 Verfahren gegen Deutschland im Umweltbereich. handelsblatt.de 31.12.2020.

[7] Verstoß gegen EU-Regeln? Deutschland droht Gerichtsprozess. spiegel.de 14.01.2021.

[8] EU-Kommission mit 81 Vertragsverletzungsverfahren gegen Deutschland. oldenburger-onlinezeitung.de 11.07.2020.

[9] Schäuble fordert europaweite Schuldenbremse. handelsblatt.de 23.11.2011.

[10] Braun will Schuldenbremse aussetzen. tagesschau.de 26.01.2021.

 



venerdì 22 gennaio 2021

La logistica tedesca alla conquista del mondo (con i soldi del governo)

Le grandi aziende tedesche della logistica durante la pandemia hanno incassato decine di miliardi di euro di aiuti pubblici garantiti dal governo di Berlino, ufficialmente il governo lo avrebbe fatto per ridurre l'impatto degli esuberi sull'occupazione. German Foreign Policy nel suo ultimo articolo, invece, avanza l'ipotesi che dietro questa scelta del governo di Berlino ci sia la volontà di tutelare un importante strumento di proiezione geopolitica, vale a dire le grandi aziende di trasporto via mare, aria e terra. Per GFP non ci sarebbe niente di nuovo, visto che anche ai tempi del Reich il settore logistico era perfettamente integrato nei progetti espansionistici dell'epoca. Ne scrive il sempre ben informato German Foreign Policy


Le grandi aziende tedesche nel settore della logistica internazionale durante la crisi causata dal Coronavirus hanno potuto contabilizzare tra i 19 e i 22 miliardi di euro sotto forma di afflussi di capitale provenienti dalle casse pubbliche. Nella misura in cui si tratta di sovvenzioni finalizzate a limitare il taglio dei posti di lavoro, gli aiuti sono rimasti principalmente nella parte operativa tedesca, mentre i dipendenti delle filiali estere, per esempio in Austria o in Belgio, hanno perso molti più posti di lavoro in termini percentuali, come ad esempio nel caso di Lufthansa. [1] Lufthansa ha ricevuto versamenti di capitale tra i 9 e gli 11 miliardi di euro, Deutsche Bahn AG e indirettamente DB Schenker hanno ricevuto 5 miliardi ("equity assistance"). Anche DHL (Deutsche Post AG) sta attraversando la crisi avvantaggiandosi degli aiuti legati al coronavirus. Il gruppo, infatti, sta rifornendo una dozzina di stati UE con i vaccini pandemici e il 12 gennaio ha annunciato che espanderà la sua flotta con otto aerei da carico Boeing 777F: il prezzo per unità secondo il listino sarà intorno ai 200 milioni di dollari. [2] TUI, un'azienda considerata in Germania come un inoffensivo specialista delle vacanze, ha ottenuto fino a dicembre 2020 sovvenzioni pubbliche e linee di credito per un ammontare di oltre 4 miliardi di euro, cresciuti ulteriormente (del 25%) all'inizio dell'anno con la partecipazione del governo al "Fondo di stabilizzazione economica" (WSF) di Berlino .[3]

"Costantemente a terra"

Ma né TUI (la più grande azienda turistica al mondo), né Lufthansa, né DHL possono essere considerate delle grandi e innocue aziende per le vacanze o per il semplice traffico postale. Il loro utilizzo civile maschera la possibilità di un intervento da parte dello Stato e il fatto che vengano tenute sempre pronte: in tempo di pace, estendono le loro attività su di una rete logistica che coordina i movimenti di merci a livello locale e li segue fino all'origine della catena del valore - importante fonte di informazioni per le geoscienze, la ricerca delle materie prime e lo spionaggio industriale. In tempi di crisi e conflitti esteri, questa rete (insieme ai trasportatori) è pronta per la sua riconversione. TUI, Lufthansa, DHL o DB Schenker sono fra loro saldamente integrate. C'è una "comunione di intenti" [4] a collegare i grandi gruppi tedeschi della logistica e un dipartimento specializzato per il controllo e l'indirizzo presso il Ministero dei Trasporti di Berlino, un dipartimento istituito con una funzione di transito verso le autorità di emergenza e militari della Repubblica Federale. I loro "impiegati sul campo si trovano quindi costantemente sul posto e mantengono i contatti" con le imprese tedesche della logistica; il riferimento è al servizio statale di pronto intervento per i "casi di tensione e difesa" presso l'"Ufficio federale del trasporto merci" (BAG).

"Rilevanza sistemica"

Le navi da crociera colorate potrebbero quindi essere trasformate in ospedali militari per le missioni estere (qui entra in campo TUI), e gli aerei da trasporto postale potrebbero diventare dei vettori di truppe (DHL). La rete ferroviaria sarebbe utilizzata per il trasferimento rapido in "operazioni di difesa", mentre alle ferrovie sarebbero "assegnati" compiti di "trasporto transfrontaliero [!] per le forze armate" (significativi anche per la divisione ferroviaria Schenker). [5] Quello che promette di proteggere la società civile nella crisi causata dal Coronavirus ("rilevanza sistemica"), la legge [6] lo circoscrive ai militari: riserva logistica per "emergenza" e guerra.

Rete geopolitica

Dove può portare l'allineamento strutturale fra apparato statale e interessi espansivi della geologistica è dimostrato dai crimini commessi dalle principali aziende logistiche tedesche ai tempi del "Reich" nazista. Le odierne società di logistica della Repubblica Federale devono la loro nascita a queste imprese criminali, ad esempio la Kühne + Nagel di Amburgo ha lo stesso nome della grande società di spedizioni che si può dire abbia avuto "una certa contiguità con lo sterminio di massa" [7] e con migliaia di saccheggi perpetrati negli stati confinanti occupati dalla Germania, ad esempio in Francia. Kühne + Nagel è una delle attuali società ad essersi avvantaggiata maggiormente dal Coronavirus e ad aver ottenuto contratti dallo stato tedesco. [8] Questa eredità è ancora più evidente nel caso di Schenker, un'azienda oggi del gruppo statale DB, con lo stesso nome della Schenker & Co, un'azienda con un ruolo di primo piano nei crimini commessi durante la politica di sterminio antisemita e antislava. Una politica nata nell'ambito della rete geopolitica degli interessi espansionistici della politica estera tedesca emersi prima della guerra.

Eredità silenziosa

Ciò che gli eredi di questi crimini hanno in comune, compresa la DER (Deutsches Reisebüro) del gruppo REWE, è il loro costante rifiuto di rivelare pubblicamente e completamente le proprie origini. Tacendo sull'eredità che portano con sé, vogliono sfuggire alla giustizia materiale che dovrebbero alle vittime e alle lezioni della storia tedesca - in quale misura ciò sia vero, del resto, è esemplificato dal passato di DB Schenker.




[1] Die Lufthansa-Hilfen verzerren den Wettbewerb. capital.de 09.12.2020.
[2] Deutsche Post AG erhöht Ergebnisprognose für 2022 nach vorläufigen Zahlen 2020. Veröffentlichung einer Insiderinformation nach Artikel 17 der Verordniung (EU) Nr.596/2014 vom 12.01.2021.
[3] Drittes Milliarden-Hilfspaket für Tui - Staat könnte zum Großaktionär werden. Handelsblatt 02.12.2020.
[4] Bundesamt für Güterverkehr (BAG) sorgt für Bewegung. eurotransport.de/artikel/zivile-notfallvorsorge 20.01.2021.
[5] Allgemeine Verwaltungsvorschriften zu § 17 des Verkehrssicherstellungsgesetzes (VSG) i.d.F. vom 29.06. 1998.
[6] Vgl. Verkehrsleistungsgesetz (VerkLG) i.d.F. vom 12.12.2019.
[7] Henning Bleyl: Lasten der Vergangenheit. taz.de 31.03.2015.
[8] Kühne + Nagel übernimmt Logistik des Moderna-Impfstoffs. Handelsblatt 07.01.2021. Corona und Brexit: Der Logistiker Kühne + Nagel antizipiert neue Chancen. Neue Zürcher Zeitung 20.10.2020. Einen Staatsauftrag zur Lieferung von Corona-Impfstoffen vergab das Land Nordrhein-Westfahlen (NRW).

mercoledì 20 gennaio 2021

L'importanza della Cina per l'industria tedesca

La grande dipendenza dell'industria tedesca dal mercato cinese spinge i commentatori ad ipotizzare che il recente accordo commerciale fra UE e Cina rappresenti un'ancora di salvezza per molti settori industriali tedeschi in difficoltà, come ad esempio il settore dell'auto, e allo stesso tempo sia uno strumento per estendere l'egemonia della Germania nell'UE. Ne scrive il sempre ben informato German Foreign Policy. Ne scrive il sempre ben informato German Foreign Policy


Vendite record nonostante la pandemia

La pubblicazione dell'analisi sul "decoupling" dell'economia cinese giunge in un momento in cui l'importanza della Cina per l'industria tedesca continua a crescere; e ciò è dovuto al fatto che la Repubblica Popolare ha saputo gestire la pandemia da Covid-19 molto meglio rispetto a quanto hanno fatto i paesi occidentali. Il cambiamento in corso è chiaramente illustrato dall'esempio dell'industria automobilistica, uno dei pilastri dell'economia tedesca. Nel 2020, ad esempio, le tre grandi case automobilistiche tedesche hanno ottenuto in Cina risultati decisamente superiori rispetto al resto del mondo. Mentre le vendite del Gruppo Volkswagen nella Repubblica Popolare si sono ridotte solo del 9,1% e quindi molto meno rispetto alla media mondiale (- 15,2%), i produttori premium sono addirittura riusciti ad aumentare le loro vendite fino a raggiungere nuovi massimi da record: le vendite di BMW in Cina sono aumentate del 7,4% (in tutto il mondo hanno fatto - 8,4%) e quelle di Daimler addirittura dell'11,7% (in tutto il mondo hanno fatto - 7,5%). [1] Anche il marchio premium di Volkswagen, Audi, nel 2020 ha venduto in Cina circa il 5,4% in più di veicoli rispetto al 2019, mentre le vendite negli Stati Uniti sono crollate del 16,7% e in Europa del 19,5%. [2] BMW nel 2020 ha venduto in Cina il 33,4% della sua produzione totale, Daimler il 35,8% e Volkswagen addirittura il 41,4%. Tutti e tre i gruppi stanno pianificando investimenti nella Repubblica Popolare per importi miliardari a due cifre.

Anticipazione del decoupling

Le conseguenze che il proseguimento degli sforzi americani per isolare il più possibile la Cina dal mondo tramite sanzioni potrebbero avere sulle aziende tedesche sono evidenziate dai recenti sviluppi nel settore automobilistico. Da settimane, infatti, si registra una grave carenza di semiconduttori, come conseguenza della pandemia da Covid 19: i produttori di chip che durante la crisi causata dal coronavirus avevano ridotto la produzione, ora non riescono piu' a tenere il passo con gli ordini, in quanto le vendite di automobili e quindi anche la produzione di automobili, nella Repubblica Popolare sono aumentate molto più in fretta del previsto. Volkswagen-Cina, infatti, già ad inizio dicembre sosteneva che la carenza di semiconduttori avrebbe potuto ritardare la produzione di diversi mesi. Più recentemente anche le case automobilistiche tedesche in alcuni siti produttivi in Germania hanno dovuto trarre le conseguenze da questa carenza e annunciare una riduzione dell'orario di lavoro [3]. Le industrie del settore ora sostengono che le attuali difficoltà probabilmente sono solo un assaggio di ciò che le case automobilistiche tedesche in Cina potrebbero rischiare se Washington dovesse portare avanti i suoi sforzi di decoupling tagliando fuori la Repubblica Popolare dalle forniture di semiconduttori prodotti al di fuori della Cina per mezzo di sanzioni ancora più severe di quelle applicate fino ad ora.

Affrontare gravi perdite

Il nuovo studio sul "Decoupling", preparato congiuntamente dalla Camera di Commercio Europea in Cina e dall'Istituto Mercator per gli Studi sulla Cina (Merics) con sede a Berlino e presentato al pubblico la settimana scorsa, mette in guarda dalle gravi conseguenze che un costante decoupling cinese potrebbe avere per l'industria tedesca. Secondo il rapporto, infatti, il 96 % di tutte le aziende dell'UE che operano in Cina, in un modo o nell'altro sarebbero già interessate dal decoupling operato dagli Stati Uniti. Più della metà ne sta già registrando concretamente gli effetti negativi; il 72% si aspetta per il futuro degli effetti analoghi. "Vediamo una tempesta in arrivo", dice Jörg Wuttke, dal 1997 rappresentante generale di BASF in Cina e presidente della Camera di Commercio Europea. [4] Se la futura amministrazione Biden dovesse continuare a spingere in direzione decoupling, le aziende dell'UE che hanno solo una piccola parte del loro business internazionale in Cina probabilmente sarebbero costrette a ritirarsi del tutto dal paese, dice lo studio. D'altra parte, le aziende che generano una parte significativa delle loro vendite nella Repubblica Popolare - come le case automobilistiche tedesche - dovrebbero poi produrre i loro prodotti in due versioni: una per i mercati occidentali, l'altra per il mercato cinese, rinunciando quindi ai prodotti americani. In entrambi i casi, le aziende dell'UE dovrebbero affrontare delle perdite severe. [5]



La "duplice circolazione" della Cina

A peggiorare le cose, dice lo studio, c'è il fatto che la Cina, minacciata da sanzioni sempre più estese da parte degli Stati Uniti, con conseguenze disastrose per l'economia cinese, sta facendo di tutto per diventare tecnologicamente indipendente dalle forniture estere. Nel prossimo piano quinquennale, infatti, attualmente ancora in fase di messa a punto, viene delineata la dottrina della "duplice circolazione" che prevede soprattutto il rafforzamento del "mercato interno", vale a dire delle filiere produttive interne alla Repubblica Popolare, quindi senza acquisti dall'estero. Questo in futuro interesserà sempre di piu le aziende dell'UE, e in alcuni casi sta già accadendo oggi. Nicolas Chapuis, l'ambasciatore dell'UE in Cina, ha recentemente sottolineato che Pechino farà costruire solo l'11% delle reti 5G del paese a Ericsson (Svezia) e Nokia (Finlandia) [6]. In altri Paesi, si dice, che le due società in piu' occasioni siano riuscite a raggiungere quote di mercato anche del 30 %. Certo, la quota di mercato molto bassa in Cina è anche il risultato della scelta, da parte di un numero sempre maggiore di paesi occidentali, di escludere Huawei dalla costruzione delle loro reti 5G. Pechino in questo modo sta effettivamente fornendo alla società cinese una alternativa sul suo mercato interno. Lo studio della European Chamber/Merics teme conseguenze simili anche per altre aziende tedesche e dell'UE.

Il principale beneficiario

La Camera di commercio europea in Cina chiede all'UE e ai suoi Stati membri di adottare delle misure forti per contrastare un ulteriore decoupling ed evitare danni massicci e di lungo termine all'economia dell'Unione. In quest'ottica, il 30 dicembre scorso Bruxelles ha concordato con Pechino le linee di fondo di un accordo globale sugli investimenti (Comprehensive Agreement on Investment, CAI), che è in fase di finalizzazione e dovrebbe entrare in vigore già l'anno prossimo. L'accordo elimina in diversi settori l'obbligo di investire in Cina tramite joint-venture con aziende cinesi, e apre nuovi settori agli investimenti stranieri, tra questi i servizi cloud e le aziende di telecomunicazioni. Le aziende statali cinesi non potranno più dare la preferenza ai fornitori della Repubblica Popolare. Pechino compie così un ulteriore passo in avanti nella sua apertura alle economie dell'UE. L'accordo sugli investimenti va a vantaggio soprattutto delle imprese tedesche: dei 140 miliardi di euro che secondo la Commissione UE le imprese dell'Unione negli ultimi due decenni hanno investito in Cina, infatti, 86 miliardi provengono dalla Germania, stando ai dati della Bundesbank; dei 560 miliardi di euro di interscambio commerciale tra Cina e UE del 2019, 206 miliardi di euro sono da attribuire alla Repubblica Federale. In questo senso, la promozione del commercio con la Cina rafforza l'egemonia tedesca sull'UE.


[1] Daniel Zwick: Deutsche Autobauer rutschen immer mehr in die Abhängigkeit von China. welt.de 17.01.2021.

[2] BMW und Audi: Im Westen abwärts - Wachstum nur in China. sueddeutsche.de 12.01.2021.

[3] Joachim Hofer, Martin-W. Buchenau, Roman Tyborski, Franz Hubik, Stefan Menzel: Chipmangel bremst Autobauer: Daimler drosselt Produktion weiter, Kurzarbeit bei VW. handelsblatt.com 14.01.2021.

[4] Dana Heide, Till Hoppe, Stephan Scheuer: China entkoppelt sich zunehmend von der Weltwirtschaft - das sind die Folgen für europäische Unternehmen. handelsblatt.com 14.01.2021.

[5] European Chamber of Commerce in China, Mercator Institute for China Studies (Merics): Decoupling. Severed Ties and Patchwork Globalisation. Beijing, January 2021.

[6] Wei Sheng: EU diplomat says China favors domestic 5G suppliers. technode.com 01.12.2020.



domenica 10 gennaio 2021

I sogni troppo ambiziosi dell'establishment tedesco

Sulla stampa che conta e sulle riviste di geopolitica, l'establishment e i grandi Think Tank tedeschi coltivano il sogno di trasformare l'UE in una potenza globale con una propria autonomia strategica rispetto a Stati Uniti e Cina. La realtà dei fatti purtroppo è molto diversa e anche i tedeschi devono iniziare ad ammettere l'inconsistenza delle loro ambizioni geopolitiche. Ne scrive il sempre ben informato German Foreign Policy


"Fissare degli standard globali".

La richiesta di un riposizionamento maggiormente offensivo dell'UE nel ruolo di "potenza mondiale" era già stata espressa in autunno da importanti media liberali e conservatori ad ampia diffusione. Già ad ottobre 2020, infatti, il portale online del settimanale Die Zeit chiedeva "più coraggio nel diventare una potenza mondiale": l'UE, sosteneva la testata, "deve considerarsi una potenza mondiale" [1]. Poco più tardi, sul quotidiano del gruppo Springer, Die Welt, il ministro dello sviluppo Gerd Müller e l'ex-esperto di politica estera dell'influente Fondazione Bertelsmann, Werner Weidenfeld, dichiaravano che l'UE ha "tutto quello che serve per diventare una potenza mondiale": "la sua sovranità - circa 400 milioni di persone con il loro elevato potenziale economico - e un solido equipaggiamento militare, spingono l'UE verso il rango di potenza globale". [2] Con argomentazioni simili, Weidenfeld quasi vent'anni fa aveva definito l'UE come una "potenza mondiale in divenire" [3]. Insieme a Müller ora sostiene che "l'Europa in virtù della sua potenza economica...dovrebbe essere in grado di stabilire uno standard nel mondo multipolare digitalizzato e globalizzato". A tal fine Bruxelles avrebbe bisogno non solo di un "quadro politico più efficace" - se possibile "affiancato da un consiglio strategico europeo" - ma anche, ad esempio, di un "esercito europeo" con "una struttura comune di comando ".

"Come gli USA o la Cina"

"Cosa manca all'Europa per diventare una potenza mondiale?" è la domanda con la quale la rivista Internationale Politik (IP) ha recentemente riaperto il dibattito, lanciando un focus tematico sull'argomento. La IP è la principale rivista dell'establishment tedesco in materia di politica estera e viene pubblicata dalla Deutsche Gesellschaft für Auswärtige Politik (DGAP), uno dei think tank di politica estera più influenti della Repubblica Federale; la sua tiratura bimestrale è di circa 6.000 copie. Come afferma la IP, quasi la metà della popolazione tedesca ritiene infatti ipotizzabile che in futuro l'UE possa arrivare a ricoprire il ruolo di potenza mondiale. In un sondaggio rappresentativo svolto a dicembre, infatti, il 43 % ha risposto "sì" alla seguente domanda: pensa che "l'UE in futuro potrà avere un ruolo altrettanto forte nella politica mondiale, come fanno oggi gli USA o la Cina?"[4]. Gli indici di gradimento piu' alti sono stati riscontrati tra le giovani generazioni: circa il 70 % dei giovani tra i 18 e i 29 anni, infatti, ritiene che l'UE potrà essere una possibile futura potenza mondiale; tra gli over 60, la cifra è solo del 28 %. In termini di appartenenza politica, i giudizi di approvazione sono superiori alla media fra i sostenitori del liberismo e fra gli ecologisti: il 56% dei sostenitori della FDP ritiene infatti che l'UE in linea di principio debba vedersela alla pari con gli USA e la Cina; questo vale anche per il 52% degli elettori dei Verdi.

Molte parole, pochi fatti

Relativamente alla reale situazione dell'UE in materia di politica internazionale, la IP ammette che "l'Europa" ha "parlato molto del suo ruolo internazionale", tuttavia "senza mai fare abbastanza" [5]. Così, il raggiungimento della cosiddetta "autonomia strategica" - una variante ridotta rispetto alla piu' ambiziosa politica di potenza mondiale - era già stato indicato come un obiettivo da raggiungere nelle conclusioni del Consiglio europeo del dicembre 2013, e poi nella Strategia globale dell'Unione del giugno 2016. Quell'obiettivo tuttavia non è stato ancora raggiunto. Il "compito dell'Europa" ora sarà quello di "rafforzare il suo impatto internazionale nel quadro delle nuove condizioni e difendere i suoi interessi in maniera piu' decisa". L'UE in questo modo "riuscirà quindi ad espandere le sue risorse in termini di potere" solo se la sua coesione interna e la volontà dei suoi governi di cooperare cresceranno. La IP non esclude anche degli effetti collaterali assai utili derivanti da una grave crisi - come ad esempio l'attuale crisi causata dal Coronavirus: "Cresce la sensazione di far parte di una 'comunità di destini'". Questo, naturalmente, - a pochi giorni dalla pubblicazione dell'ultimo numero di IP - è alquanto opinabile: proprio a causa dei gravi errori nell'approvvigionamento dei vaccini sono scoppiate delle critiche feroci nei confronti dell'inerzia mostrata dalle autorità di Bruxelles.

Fra ambizione e realtà

Mentre la IP tiene alte le rivendicazioni dell'UE sul tema della politica di potenza mondiale, i singoli articoli presenti sull'ultimo numero rivelano come le aspirazioni e la realtà siano fra loro sempre più lontane. Ad esempio, la rivista sostiene che "più di ogni altra questione", la politica sull'Iran è il vero simbolo della politica estera comune dell'UE: "da quasi due decenni ormai", gli Stati membri "perseguono un approccio relativamente coerente nei confronti di Teheran" - nonostante le ripetute e massicce pressioni degli Stati Uniti [6]. E' proprio nella politica iraniana, tuttavia, che è diventata evidente "l'incapacità" dell'UE di "esercitare un'influenza decisiva"; ad esempio, il commercio con l'Iran - nonostante gli ampi sforzi dell'Unione - è quasi completamente crollato a causa delle sanzioni unilaterali imposte dagli Stati Uniti. La situazione è simile a quella della politica africana. Ad esempio, nonostante i molti anni di annunci e di sforzi per espandere le relazioni economiche con gli Stati dell'Africa sub-sahariana, finora non si è riusciti a farlo; la Cina, invece, ha rafforzato massicciamente la sua posizione nel continente africano. "Al momento", è scritto nell'ultimo numero della IP, "sembra che sarà propro la Cina, e non l'Europa, ad essere il principale beneficiario della fioritura economica africana"[7].

Una certa arroganza

Gli avvertimenti secondo i quali le ambizioni europee in materia di politica di potenza sarebbero tutt'altro che adeguate rispetto alle reali capacità economiche sono sempre più sentiti anche dai responsabili economici. E fanno seguito alla constatazione che vede la quota dell'Unione nella produzione economica mondiale, nel migliore dei casi stagnante [8], oppure dal fatto che la quota dell'UE nell'ambito delle domanda globale di brevetti fra il 2009 e il 2019 è diminuita drasticamente - passando dal 34,7 al 23,2 per cento - mentre la quota dell'Asia nello stesso periodo è salita dal 32 al 52,4 % [9]. Eppure le élite politiche spesso non se ne rendono nemmeno conto, l'ex commissario UE Günther Oettinger recentemente ha messo in guardia: "in molte capitali europee regna una completa sopravvalutazione delle proprie capacità economiche. Una sorta di arroganza" [10]. All'inizio di questa settimana, Werner Hoyer, l'ex ministro di Stato presso il Ministero degli Esteri federale e ora presidente della Banca europea per gli investimenti (BEI), è stato anche citato per aver dichiarato che gli Stati dell'UE "da 15 anni stanno perdendo competitività" e allo stesso tempo investono "ogni anno l'1,5% in meno del PIL in ricerca e sviluppo": "Non stiamo recuperando terreno", avverte Hoyer, "anzi, stiamo scivolando ancora più indietro"[11]. 


[1] Ulrich Ladurner: Mehr Mut zur Weltmacht. zeit.de 01.10.2020.

[2] Gerd Müller, Werner Weidenfeld: Die EU hat das Zeug zur Weltmacht. welt.de 21.10.2020.

[3] Werner Weidenfeld: Thinktank: Die verhinderte Weltmacht. welt.de 08.03.2003. S. dazu Wille zur Weltmacht.

[4] 53 Prozent urteilten "Nein", 4 Prozent antworteten "Weiß nicht". Internationale Politik 1/2021. S. 5.

[5] Daniela Schwarzer: Europas geopolitischer Moment. In: Internationale Politik 1/2021. S. 18-25.

[6] David Jalilvand: Verzagte Vermittler. In: Internationale Politik 1/2021. S. 38-40.

[7] Amaka Anku: Suboptimale Subsahara-Politik. In: Internationale Politik 1/2021. S. 41-43.

[8] S. dazu Der große Ungleichmacher.

[9] Der Anteil Nordamerikas fiel zugleich von 31 auf 22,8 Prozent. Internationale Politik 1/2021. S. 26.

[10] Thomas Sigmund: "Es gibt in vielen europäischen Hauptstädten eine völlige Selbstüberschätzung der eigenen Wirtschaftskraft". handelsblatt.com 16.11.2020.

[11] Michael Maisch, Hans-Peter Siebenhaar: Werner Hoyer: "Wir holen nicht auf, wir fallen zurück". handelsblatt.com 04.01.2021.



martedì 28 luglio 2020

Perché lo scandalo Wirecard potrebbe diventare un affare complicato per il governo di Berlino

Il sostegno fornito dal governo federale a Wirecard per entrare in Cina e i contatti fra l'azienda bavarese e i lobbisti vicini ai servizi segreti mettono sotto pressione gli ambienti governativi di Berlino. Che cosa sapevano al Ministero delle finanze e alla Cancelleria di Berlino sulla reale situazione dell'azienda? Il sempre ben informato German Foreign Policy ricostruisce la vicenda Wirecard e le responsabilità degli ambienti politici di Berlino.

scandalo wirecard


Colloqui con il Segretario di Stato

Dopo lo scoppio del "caso Wirecard" il Ministero delle finanze tedesco è finito al centro del dibattito pubblico. Il ministero infatti, è responsabile per il controllo sull'Autorità federale di vigilanza finanziaria (BaFin), la quale a inizio 2019 dopo una dettagliata inchiesta del Financial Times sulle irregolarità di Wirecard, aveva reagito aiutando addirittura l'azienda bavarese con il divieto di praticare la "vendita allo scoperto" sul titolo azionario e presentando al contempo una denuncia contro il giornalista investigativo autore dell'inchiesta e inoltre sottoponendo l'azienda ad un semplice controllo da parte della Deutsche Prüfstelle für Rechnungslegung (DPR), che prevedibilmente non avrebbe portato ad alcun risultato [1]. Il Consiglio di Amministrazione del BaFin è guidato da Jörg Kukies, Segretario di Stato presso il Ministero delle Finanze. Come recentemente confermato da Kukies ai presidenti della Commissione Finanze del Bundestag, è da inizio 2019 che egli tiene aggiornato il Ministro delle finanze Olaf Scholz sugli sviluppi del caso Wirecard. Ha inoltre avuto almeno due colloqui con il CEO di Wirecard Markus Braun, uno il 4 settembre, e uno il 5 o il 15 novembre 2019. Il ministero ha mantenuto segreto il contenuto dei colloqui; si dice anche che dopo la riunione di novembre non sia stato redatto alcun verbale [2]. Questa circostanza è ancora piu' controversa in quanto il BaFin, sotto il suo Presidente del Consiglio di Amministrazione, Kukies, anche solo per motivi formali, avrebbe dovuto continuare a tenere Wirecard sotto osservazione.

L'ingresso nel mercato cinese

Quel 5 novembre 2019 Wirecard registrava un successo strategicamente importante: il suo ingresso nel mercato cinese. Come annunciato dall'azienda bavarese, infatti, proprio quel giorno, era stato raggiunto un accordo per l'acquisizione dell'elaboratore di pagamenti cinese AllScore Payment Services, inizialmente all'80%; il restante 20% sarebbe stato acquisito due anni dopo. L'acquisizione completa è stata possibile solo dopo che Pechino, durante una visita del ministro delle Finanze Scholz nel gennaio del 2019, ha confermato che nell'ambito dell'iniziativa per il "Dialogo finanziario tedesco-cinese" avrebbe accolto le aziende tedesche "nel mercato cinese dei servizi di pagamento" - un passo verso una ulteriore apertura della Cina agli investimenti stranieri, come ripetutamente richiesto non solo dal governo tedesco. [3] È ancora più degno di nota il fatto che la parte tedesca abbia iniziato ad approfondire la collaborazione economica tramite una società le cui attività sono oggi considerate uno dei più gravi casi di truffa nella storia dell'economia tedesca e che, inoltre, ha rilevato proprio una società cinese già presa di mira dalle autorità cinesi a causa di numerose transazioni illegali, in particolare a causa della gestione dei pagamenti relativi al gioco d'azzardo, proibito in Cina. La AllScore Payment Services, come conseguenza, in aprile è stata condannata a pagare la più grande multa mai comminata fino ad oggi nel settore, pari a 9,3 milioni di dollari USA [4].



Accompagnato dalla Cancelleria

Sul lato tedesco, l'accordo era stato concretamente preparato non solo dal Ministero delle Finanze, ma anche dall'Ufficio della Cancelleria di Berlino (Kanzleramt) - su iniziativa di un ex ministro federale, ora attivo come lobbista: Karl-Theodor zu Guttenberg, il quale era già stato nel 2009 ministro federale dell'Economia, e dal 2009 al 2011 aveva poi rivestito il ruolo di ministro federale della Difesa, e che attualmente è a capo della società di consulenza Spitzberg Partners a New York, da lui fondata. Secondo quanto riportato dalla stampa, il collega di Guttenberg alla "Spitzberg Partners", Urs Gatzke, dal 2004 al 2013 responsabile per l'ufficio di Washington della Hanns-Seidel-Foundation (CSU), aveva chiesto per telefono e per e-mail al Ministero delle Finanze di informare gli uffici governativi responsabili di Pechino, dell'interesse di Wirecard ad entrare sul mercato cinese. La richiesta, si dice, era stata accolta nel giugno 2019 dal segretario di Stato Wolfgang Schmidt, il "più stretto confidente" di Scholz. [5] Il 3 settembre 2019, subito prima di un viaggio della Cancelliera tedesca nella Repubblica Popolare, Guttenberg ne aveva parlato personalmente con Angela Merkel. Successivamente, aveva informato via e-mail il più vicino consulente economico di Merkel, Lars-Hendrik Röller, in merito al previsto ingresso di Wirecard nel mercato cinese, chiedendo di avere delle "misure di accompagnamento" [6]. Nel frattempo, il governo federale ha ammesso: "la Cancelliera ha sollevato la questione dell'acquisizione di AllScore da parte di Wirecard durante il suo viaggio in Cina". L'8 settembre, dopo il ritorno della Cancelliera, Röller aveva scritto in una e-mail a Guttenberg, secondo quanto riferito da un portavoce del governo, che "l'argomento" era stato "sollevato durante la visita in Cina"; sarebbero state prese inoltre "ulteriori misure di accompagnamento" [7].


Evidentemente informata

La Cancelleria era evidentemente consapevole delle gravi accuse mosse nei confronti di Wirecard, accuse che avevano già portato a indagini da parte di una procura, non in Germania, ma a Singapore; e Singapore è uno dei Paesi in cui Wirecard aveva liberamente scelto di far parcheggiare i saldi miliardari a credito, saldi completamente inventati. Il 13 agosto la Cancelleria aveva anche ricevuto una richiesta dal suo ex funzionario Klaus-Dieter Fritsche, nella quale egli - come Guttenberg, attivo come lobbista di Wirecard - chiedeva un appuntamento per poter discutere dell'azienda di Aschheim. La Cancelleria aveva quindi richiesto informazioni più dettagliate su Wirecard al Ministero delle Finanze, informazioni ricevute via e-mail poi il 23 agosto [8]. In questa e-mail, il Ministero delle Finanze faceva anche riferimento alle "accuse già pubblicamente note nei confronti della società", conferma un portavoce del governo. Nei documenti ricevuti dalla Cancelleria in allegato all'e-mail del 23 agosto si parlava, tra l'altro, di "accuse di riciclaggio di denaro sporco e di manipolazione di mercato" - che tuttavia non sono state un ostacolo per Röller e Merkel nell'aprire la strada a Wirecard per poter entrare in Cina.

Jan Marsalek ricercato
Jan Marsalek ricercato



Contatti dei servizi segreti

Ci sono molte domande ancora aperte sul ruolo svolto da Fritsche nella vicenda. Dal 1996 al 2005, infatti, è stato vicepresidente dell'Ufficio federale per la protezione della Costituzione (Bundesamts für Verfassungsschutz, BfV), prima di diventare a fine 2005 coordinatore dei servizi segreti alla Cancelleria; a fine 2009 è passato poi al Ministero dell'interno come segretario di Stato, prima di tornare alla Cancelleria a inizio 2014 - ora come commissario per i servizi segreti federali. Ha ricoperto questa carica fino al suo pensionamento nel marzo 2018. Si dice anche che Jan Marsalek, la presunta mente dietro la frode di Wirecard, abbia avuto contatti intensi con i servizi segreti. A tal proposito, Stephan Thomae, vicepresidente del gruppo parlamentare della FDP al Bundestag e membro della Commissione parlamentare di controllo (PKG), responsabile per i servizi segreti, chiede che "in questo contesto" si "discuta" anche del "ruolo" avuto da Fritz nella vicenda. [9] Thomae chiede a tal fine una seduta speciale della PKG.

FPÖ e la difesa della costituzione

Si sa che Fritsche a inizio 2019 era stato ingaggiato dal Ministero degli Interni austriaco sotto la guida dell'allora ministro Herbert Kickl (FPÖ) come consulente per portare avanti "lo sviluppo" dell'Ufficio austriaco per la difesa della Costituzione [10]. Marsalek contemporaneamente, stando a quanto riferito, non solo conosceva l'ex leader del partito Heinz-Christian Strache, ma aveva anche incontrato più volte il suo allora intimo Johann Gudenus, e aveva stretti contatti con la FPÖ. Durante il mandato di Kickls al Ministero degli Interni austriaco, Marsalek aveva anche promosso un progetto; le ricerche della stampa lo identificano come uomo di collegamento che intercettava informazioni dall'Ufficio austriaco per la tutela della Costituzione e le passava alla FPÖ.[11] Non è stato ancora chiarito, tuttavia, se Marsalek abbia avuto contatti anche con Fritsche.



[1] S. dazu Der Fall Wirecard.
[2] Tim Bartz, Anne Seith, Gerald Traufetter: Finanzministerium sprach mit Wirecard-Chef über brisante Sonderprüfung. spiegel.de 15.07.2020.
[3] Joint Statement of the 2nd China-Germany High Level Financial Dialogue. Beijing, 18.01.2019.
[4] Zhang Yuzhe, Guo Yingzhe: Central Bank Imposes Another Record Penalty on Payment Provider. caixinglobal.com 08.05.2020.
[5] Der Mann, der vieles wusste. spiegel.de 24.07.2020.
[6] Eckart Lohse: In die Offensive. Frankfurter Allgemeine Zeitung 23.07.2020.
[7] Sven Becker, Rafael Buschmann, Nicola Naber, Gerald Traufetter, Christoph Winterbach, Michael Wulzinger: Kanzleramt setzte sich für Wirecard ein. spiegel.de 17.07.2020.
[8] Eckart Lohse: In die Offensive. Frankfurter Allgemeine Zeitung 23.07.2020.
[9] FDP beantragt Sondersitzung des Geheimdienstausschusses. spiegel.de 24.07.2020.
[10] Stefan Buchen: Rechtsabbieger: Der neue Job von Merkels Geheimdienstmann. daserste.ndr.de 07.03.2019.
[11] Anna Thalhammer: Flüchtiger Wirecard-Manager war geheimer FPÖ-Informant. diepresse.com 09.07.2020.


sabato 11 luglio 2020

Boicottaggio e censura in Germania per il film di Costa-Gavras "Adults in the room"

Chi ha paura di Yanis Varoufakis? Dietro l'ostracismo tedesco nei confronti di "Adults in the Room", il film del grande regista greco Costa-Gavras, ci sarebbero mani potenti che prima ne hanno osteggiato la realizzazione, in particolare il direttore tedesco dell'ESM Klaus Regling nel 2017 avrebbe chiesto a Costa-Gravas di rinunciare al progetto cinematografico, e che ora ne impedirebbero la distribuzione in Germania. Ne scrive il sempre ben informato German Foreign Policy

adults in the room costa gravas

Un incontro a Parigi

Alcuni importanti funzionari della Repubblica Federale Tedesca si sarebbero personalmente adoperati per impedire la rielaborazione cinematografica in chiave critica dell'operato tedesco nei confronti della Grecia durante l'eurocrisi. I media greci, infatti, avevano già riferito nel febbraio di quest'anno di un incontro tra il famoso regista greco Costa-Gavras e il direttore del fondo ESM, Klaus Regling [1]. L'articolo riporta che durante una cena a Parigi il capo dell'ESM Regling avrebbe chiesto al due volte vincitore del premio Oscar di astenersi dal portare avanti il suo attuale progetto cinematografico "Adults in the room", annunciato per il 2017. Per la sua rielaborazione cinematografica dello scontro tra Berlino e Atene del 2015, il grande regista Costa-Gavras si sarebbe basato sul libro dell'allora Ministro delle Finanze greco Yanis Varoufakis, nel quale venivano descritti gli incontri dell'eurogruppo, nonché sulle registrazioni audio degli stessi incontri fatte segretamente da Varoufakis, oppositore del ministro delle Finanze tedesco Wolfgang Schäuble. Secondo quanto affermato dal regista, famoso in tutto il mondo per i thriller politici come "Z" o "La rivolta invisibile", Regling gli avrebbe chiesto di astenersi dal trasporre cinematograficamente gli incontri in quanto il ritratto fatto da Varoufakis era in gran parte errato [2]. Costa-Gavras gli aveva invece risposto che era stato in grado di confrontare le informazioni contenute nel libro di Varoufakis con le registrazioni audio delle riunioni dell'Eurogruppo e di averne verificata l'attendibilità. In seguito alla pubblicazione delle registrazioni audio di Varoufakis, Regling ha anche espresso il suo rammarico per la violazione della "privacy" dei funzionari dell'UE interessati.



I diktat di risparmio di Schäuble 

Nel film-documentario politico, presentato in anteprima alla Mostra del Cinema di Venezia nell'agosto 2019, vengono descritte le trattative tenutesi durante la maratona dell'Eurogruppo, nel quale erano presenti sia il dominante ministro delle Finanze tedesco Schäuble, che il primo ministro greco Alexis Tsipras, a capo di un governo di sinistra eletto nel gennaio 2015. La sinistra socialdemocratica di Tsipras, Syriza, aveva vinto le elezioni politiche in una Grecia devastata economicamente, con la promessa di porre fine ai rovinosi diktat tedeschi che in particolare Schäuble aveva imposto ad Atene mediante una serie di cosiddetti "pacchetti di austerità"; i diktat tedeschi avevano portato a un crollo del prodotto interno lordo greco di circa un terzo e a un'esplosione della disoccupazione e della povertà. Nel corso della maratona negoziale del 2015, condotta per la parte greca dall'allora ministro delle Finanze Varoufakis, tutte le proposte di compromesso di Syriza per allentare i diktat tedeschi erano state deliberatamente sabotate da Schäuble al fine di fare del governo di sinistra di Atene un esempio da utilizzare per la dissuasione. Nell'estate del 2015, la Grecia era stata addirittura minacciata da Schäuble di essere esclusa dalla zona euro, con delle possibili conseguenze disastrose, e alla fine il popolo greco ha dovuto persino accettare un umiliante inasprimento del regime fiscale di austerità tedesco. Fatto che ha ostacolato la prevista svolta politica a sinistra in Grecia.



Premio d'onore a Venezia

Il film sulla vicenda, che in occasione della sua prima proiezione ha ricevuto il Premio d'onore alla Mostra del Cinema di Venezia, in Italia è stato accolto molto bene. Nel paese in crisi, che si trova ancora una volta in una fase di conflitto politico-economico con Berlino, la stampa "alla fine della proiezione" ha applaudito il film "Adults in the room", fatto che ci si poteva anche "aspettare" in considerazione degli effetti dell'austerity in Italia, secondo quanto riportato dalla stampa tedesca [3]. Il film è stato proiettato nelle sale di Grecia, Spagna, Francia, Belgio, Portogallo, Australia e Argentina, mentre in Svezia è stato un servizio di streaming ad assicurarsene i diritti. [4] Nella Repubblica Federale, invece, l'ultimo lavoro del grande regista di fama internazionale è stato in gran parte messo a tacere e di fatto ne è stato imposto un boicottaggio informale - nonostante il fatto che Ulrich Tukur, uno degli attori tedeschi piu' famosi, nel film interpreti il ruolo del ministro delle Finanze Schäuble. In Germania non c'è stato un solo distributore cinematografico ad accettare di includere nel suo programma l'opera del pluripremiato vincitore dell'Oscar, all'interno della quale viene esaminata in maniera molto critica la battaglia tedesca per l'egemonia in Europa.

"Completamente soggettivo"

In un post del blog tedesco Griechenlandsolidarität viene riportato che gli addetti ai lavori del settore cinematografico avrebbero dichiarato che l'argomento in Germania sarebbe già stato dimenticato e che il film "non avrebbe suscitato alcun interesse". Ma alla luce delle attuali controversie sulle misure di stimolo economico nell'ambito del contrasto alla crisi causata dal coronavirus, che vedono da un lato la Germania e dall'altro Italia e Spagna, questo atteggiamento può essere considerato senza ombra di dubbio come una mera scusa. La questione di fondo piuttosto è un'altra, e cioè "se ai distributori cinematografici sia stato fatto presente che alcune persone molto potenti" si sarebbero espresse contro la proiezione del film nelle sale tedesche. In realtà, il direttore del fondo ESM, il tedesco Klaus Regling, aveva già cercato di convincere Costa-Gavras ad abbandonare il progetto cinematografico. Il film, che si basa su alcune registrazioni audio fatte di nascosto, non ha mai ottenuto il doppiaggio tedesco e non ha nemmeno una voce in lingua tedesca su Wikipedia e in una delle poche recensioni tedesche è stato descritto come "incondizionatamente soggettivo". [5] I principali media tedeschi, in occasione della prima del film, ne avevano parlato in modo dispregiativo etichettandolo come un "programma televisivo per il tempo libero". [6]

(...)


Per chi fosse interessato ad acquistare il DVD del film "Adults in the room" può usare questo link e contribuire così a questo blog:




[1] Η εύλογη λύπη του κ. Ρέγκλιγκ. mera25.gr 19.02.2020.
[2] Ehemaliger Merkel-Berater und höchster EU-Beamter zum Regisseur von "Adults in the Room": "Machen Sie diesen Film nicht!" diem25.056 20.02.2020.
[3] Andreas Busche: Clownshorden in Gotham City. tagesspiegel.de 31.08.2019.
[4] Wer hat Angst vor Yanis Varoufakis? griechenlandsoli.com 05.07.2020.
[5] Björn Becher: Adults in the Room. filmstarts.de.
[6] Dietmar Dath: Geh mir weg mit deiner Politik. blogs.faz.net 02.09.2019.
[7] Greek unemployment falls to 14.4 pct in March, lowest since November 2010. ekathimerini.com 11.06.2020.
[8] Griechenland lehnt strikte Auflagen für EU-Coronahilfen ab. stol.it 05.07.2020.
[9] S. dazu Der Preis der Integration.

venerdì 3 luglio 2020

Il caso Wirecard e la difesa dell'interesse nazionale tedesco

Wirecard era la grande speranza dei tedeschi nel Fintech. Per questa ragione probabilmente le autorità di controllo e i revisori dei conti, in nome dell'interesse nazionale, hanno preferito chiudere piu' di un occhio facendo finta di non vedere quello che stava realmente accadendo nell'azienda prodigio. E' una storia piena di strane coincidenze e collusioni. Ce la racconta il sempre ben informato German Foreign Policy.


Speranze spazzate via

Già dopo il referendum sulla brexit del 23 giugno 2016, negli ambienti economici e finanziari tedeschi c'era la speranza di poter rafforzare sensibilmente il ruolo della Germania come piazza finanziaria. Sullo sfondo c'era l'ipotesi che dopo l'uscita della Gran Bretagna dall'UE, molte istituzioni finanziarie con sede a Londra si sarebbero dovute trasferire nel continente  in quanto avrebbero avuto bisogno di una sede all'interno dell'UE. Francoforte sul Meno, il grande centro finanziario nella forte Germania, avrebbe potuto sviluppare una certa attrattività. Uno studio pubblicato nell'estate del 2017 ipotizzava che circa 10.000 posti di lavoro nel settore finanziario sarebbero stati spostati dal Tamigi al Meno; Francoforte sarebbe stata la piazza finanziaria a trarre i maggiori vantaggi dalla Brexit [1]. La speranza tuttava è stata tradita. Sebbene 31 banche si siano effettivamente trasferite da Londra a Francoforte, in realtà hanno portato con sé pochissimo personale: in totale circa 1.500 nuovi posti di lavoro, mentre la stragrande maggioranza è rimasta nella capitale britannica. Al momento si pensa che non appena l'uscita della Gran Bretagna dall'UE sarà completata, ci saranno altri 2.000 posti di lavoro che probabilmente saranno trasferiti nella Repubblica Federale. Nella migliore delle ipotesi, quindi, ci si potrà aspettare un terzo dell'aumento originariamente sperato [2].

Una doppia possibilità

Anche Wirecard AG negli ultimi anni aveva alimentato le speranze della Germania di rafforzarsi come piazza per le attività finanziarie. Da qualche tempo, infatti, le cose non vanno molto bene per le principali banche della Repubblica Federale Tedesca; Deutsche Bank è una delle prime 20 banche europee (al 4° posto), ma è l'unica grande banca tedesca - insieme a cinque banche britanniche e cinque francesi, due spagnole, italiane, olandesi e svizzere e una svedese. Attualmente sia Deutsche Bank che Commerzbank stanno pianificando un numero a quattro cifre in termini di tagli di posti di lavoro; Commerzbank inoltre è già uscita dal Dax nel settembre del 2018. Sebbene Wirecard disponesse solo di una banca piuttosto piccola, sembrava offrire i presupposti per un avanzamento verso la leadership mondiale nell'ambito dell'elaborazione dei pagamenti con carta nel settore Fintech - una doppia opportunità per la Repubblica Federale, che nel settore digitale non ha alcun attore globale, a parte la più tradizionale società di software SAP. Dopo il recente scandalo Wirecard, il segretario generale della CSU Markus Blume, ad esempio, in riferimento al settore Fintech ha dichiarato: "abbiamo bisogno di piu' campioni nazionali in questo settore".

Singapore: aperta un'inchiesta su Wirecard

Da più di dieci anni ormai, contro la ex-speranza del settore finanziario tedesco veniva sollevata l'accusa di aver smarrito la retta via sui conti aziendali. Il Financial Times, con sede a Londra, a tal proposito all'inizio del 2019 ha condotto una ricerca particolarmente intensa, pubblicando diversi rapporti alquanto critici sulle pratiche della società [4]. Fra le altre cose c'erano anche i ricavi, apparentemente falsificati, relativi agli affari del gruppo a Singapore. Il caso aveva fatto scalpore a livello internazionale. Ed aveva spinto le autorità della città-stato del sud-est asiatico a prendere di mira Wirecard, che nel febbraio dell'anno scorso hanno anche condotto una perquisizione domiciliare dei locali dell'azienda. Nel marzo 2019, infatti, la pubblica accusa di Singapore si lamentava del fatto che la società tedesca ostacolasse le indagini con ogni mezzo possibile; le indagini non procedevano con il ritmo auspicato [5]. Persino uno studio legale di Singapore, incaricato dalla stessa Wirecard di indagare sulle irregolarità, si era sentito costretto ad attribuirne la "responsabilità penale" ai dipendenti della società [6]. L'allora amministratore fiduciario locale della star del Fintech tedesco, nel frattempo, si è dato alla clandestinità. Le indagini del pubblico ministero a Singapore continuano ancora oggi.[7]

Germania: deununce penali contro i giornalisti

Le reazioni delle autorità tedesche alle accuse contro Wirecard, invece, sono state completamente diverse. Nel febbraio 2019, infatti, l'Autorità tedesca di vigilanza finanziaria (BaFin) ha convocato la Deutsche Prüfstelle für Rechnungslegung (DPR, Bilanzpolizei) commissionandogli una revisione completa del bilancio consolidato. La revisione dei conti non è ancora stata completata. E questo del resto era prevedibile: come è consuetudine, la Bilanzpolizei ha assegnato a questo compito un solo dipendente, anche se il bilancio di Wirecard ha la fama di essere estremamente opaco. La società di revisione KPMG in seguito ha avuto bisogno di 40 dipendenti per svolgere una revisione straordinaria sui conti di Wirecard. [8]. Nel febbraio 2019, inoltre, il BaFin aveva vietato le cosiddette vendite allo scoperto ("short selling") contro Wirecard per proteggere l'azienda da pericolose speculazioni. Nell'aprile 2019 aveva addirittura presentato una denuncia penale contro un giornalista del Financial Times, la cui inchiesta giornalistica aveva anche contribuito alla divulgazione delle pratiche di Wirecard. In Germania, la stessa Wirecard - a differenza di Singapore - se l'era cavata senza delle indagini ufficiali degne di questo nome.



Screenshots certificati

Degno di nota è anche il ruolo svolto dalla società di revisione EY nell'ambito del caso di frode Wirecard. EY aveva sempre certificato i conti del bilancio consolidato, anche se secondo una ricerca del Financial Times, almeno per gli anni dal 2016 al 2018, aveva avuto a disposizione solo delle fotocopie e degli screenshot relativi ai presunti crediti della società nel sud-est asiatico [9]. Nel 2018, sarebbero stati proprio questi screenshot la presunta prova di un saldo a credito di circa un miliardo di euro presso la seconda più grande banca di Singapore, la OCBC Bank. La Banca OCBC tuttavia dichiara di non aver mai avuto rapporti commerciali con Wirecard. Il miliardo di euro, apparentemente creato dal nulla, è stato poi "trasferito" nelle Filippine, dove sarebbe stato "rabboccato" fino a raggiungere 1,9 miliardi di euro e li' "depositato" - e quindi suddiviso - fra la seconda e la quarta banca del Paese, la Banca de Oro Unibank (BDO) e la Bank of the Philippine Islands (BPI). BDO e BPI confermano all'unanimità di non aver creato alcun conto per Wirecard. EY non ha mai verificato l'esistenza di questi conti apparentemente inventati - un errore clamoroso che, secondo gli esperti, non capita nemmeno ai principianti. Secondo il Financial Times, dal 2015 al 2017, l'allora dipendente di EY, Andreas Lötscher, avrebbe svolto un ruolo di primo piano nella verifica dei bilanci di Wirecard. Lötscher nel 2018 è passato direttamente a Deutsche Bank come capo della contabilità [10]. EY, a sua volta, nel frattempo si occupa anche della revisione dei bilanci di Commerzbank, Munich Re e Deutsche Bank.

"La Germania come piazza finanziaria ne esce fortemente danneggiata"

In merito all'azione intrapresa, in particolare dal BaFin, nei giorni scorsi gli osservatori commentavano che "i supervisori in Germania" avrebbero dovuto "controllare più da vicino e porre delle domande molto prima"; solo così si sarebbe potuto evitare lo scandalo. Ora, però, in merito all'invenzione di sana pianta dei crediti miliardari di Wirecard e delle altre irregolarità, una cosa è certa: "le turbolenze intorno a Wirecard hanno gravemente danneggiato la Germania in quanto piazza finanziaria" [11]. Dal momento che "la qualità della supervisione ... è un importante criterio per gli investimenti, soprattutto per gli investitori internazionali", ha commentato Volker Brühl, amministratore del Centro per gli studi finanziari della Goethe University di Francoforte, giudicando lo scandalo Wirecard come "un grave danno per la reputazione della Germania in quanto centro finanziario" [12].





[1] Matthias Goldschmidt: Studie prognostiziert nach Brexit starken Jobaufbau in Frankfurt. finanzen.ch 25.08.2017. S. auch Die Brexit-Zwischenbilanz.
[2] Finanzplatz Frankfurt sieht sich als größten Brexit-Gewinner. boerse.ard.de 22.06.2020.
[3] Daniel Delhaes, Jan Hildebrand: CSU-Generalsekretär: "Wirecard ist nicht systemrelevant". handelsblatt.com 30.06.2020.
[4] Dan McCrum, Stefania Palma: Executive at Wirecard suspected of using forged contracts. ft.com 30.01.2019. Dan McCrum, Stefania Palma: Wirecard: inside an accounting scandal. ft.com 07.02.2019.
[5] Ingo Malcher: Behindert Wirecard Ermittlungen? zeit.de 13.03.2019.
[6] Wirecard-Affäre - Finanzaufsicht Bafin zeigt FT-Journalisten an. manager-magazin.de 17.04.2020.
[7] Christoph Hein: Finanzplatz Singapur zieht Zügel gegen Wirecard an. faz.net 30.06.2020.
[8] Georg Giersberg: Die Bilanzpolizei wird entlassen. Frankfurter Allgemeine Zeitung 29.06.2020.
[9], [10] Olaf Storbeck, Tabby Kinder, Stefania Palma: EY failed to check Wirecard bank statements for 3 years. ft.com 26.06.2020.
[11] Kathrin Jones: Die Wirecard-Krise ist auch ein Totalschaden für den Finanzplatz Deutschland. handelsblatt.com 18.06.2020.