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lunedì 28 agosto 2017

La Germania ha un problema salariale

Non si tratta di un documento uscito da un collettivo di sinistra né da una cellula di estrema destra dell'est, ma di una presa di posizione del Ministero dell'Economia tedesco sul tema della disuguaglianza sociale in Germania. La forbice retributiva continua a crescere, una larga parte dei lavoratori è rimasta esclusa dal boom degli ultimi anni. La Süddeutsche Zeitung fa riferimento ad un documento ufficiale del Ministero dell'Economia.



L'economia tedesca continua a crescere, le esportazioni anno dopo anno raggiungono nuovi record e la disoccupazione è cosi' bassa come non accadeva da anni. La ripresa è arrivata anche per i lavoratori, questo almeno suggeriscono le statistiche ufficiali. Nel 2016 secondo l'Ufficio di Statistica i salari nominali sono cresciuti del 2.3 %. Documenti interni al Ministero dell'Economia guidato da Brigitte Zypries (SPD) tuttavia indicano che al ministero si teme che il divario fra i redditi possa continuare ad aumentare. "La disuguaglianza salariale resta ad un livello storicamente molto elevato", cosi' almeno è scritto in un documento informativo uscito dal Ministero dell'Economia.

"Tutto cio' oltre ad essere profondamente ingiusto, rappresenta un serio pericolo per la coesione sociale in Germania", dice il sottosegretario all'economica Matthias Machnig alla Süddeutsche Zeitung. Al Ministero dell'Economia, anche dopo la recente ripresa dei salari in termini reali, non vedono alcuna ragione per far rientrare il segnale di allarme. "La Germania continua ad avere un problema salariale", è scritto nel documento. Soprattutto i percettori di un basso salario o di un salario medio, per un lungo periodo di tempo non hanno tratto alcun beneficio dalla crescita economica. "Nel 2015 i salari reali del 40% dei lavoratori situati nella parte piu' bassa della distribuzione erano significativamente piu' bassi rispetto al 1995", è scritto nel documento. Oggi la loro retribuzione ha un potere d'acquisto inferiore rispetto a quello di 20 anni fa. Cio' significa che una "gran parte della popolazione nel nostro paese non sta facendo passi avanti" avverte Machning. "La situazione dei figli è decisamente peggiore rispetto a quella dei loro genitori".

Al contrario il 60% dei lavoratori collocati nella parte piu' alta della distribuzione dei salari ha potuto registrare un miglioramento significativo. "La forbice nelle retribuzioni ha continuato ad ampliarsi", osservano gli esperti del Ministero. Senza dubbio i salari reali in Germania dal 2013 ad oggi sono cresciuti in media dell'1.8%, tuttavia "resta immutata la necessità di recuperare in termini di aumenti salariali".



Con questa presa di posizione anche il Ministero dell'Economia, in piena campagna elettorale, fa il suo ingresso nel dibattito sulla redistribuzione del reddito e chiede un ripensamento sul tema. "Ci sono spazi per un miglioramento salariale. E devono essere utilizzati", dice Machnig. "La tassazione sui redditi piu' bassi deve diminuire. Per le donne deve finalmente valere il principio dello stesso salario per lo stesso lavoro. Ci sono ancora troppe persone, in un paese benestante come il nostro, a cui le cose vanno molto peggio di come dovrebbero andare". I miglioramenti salariali per i lavoratori dipendenti in realtà sono stati molto meno positivi rispetto a quanto lascerebbero ipotizzare gli elevati aumenti salariali ottenuti nelle contrattazioni collettive. Nella chimica le retribuzioni previste dai contratti collettivi sono salite di oltre il 5%, nella meccanica i lavoratori hanno ottenuto un 4.8% di aumento. Poichè il mercato del lavoro per i lavoratori specializzati in molti casi è caratterizzato dalla carenza di figure professionali, i lavoratori si sono trovati in una posizione contrattuale decisamente migliore.

Che la situazione retributiva non sia buona per tutti è dovuto soprattutto al fatto che sempre meno lavoratori beneficiano della protezione dei contratti collettivi. L'arretramento della percentuale di lavoratori coperti dalla contrattazione collettiva continua da anni e oggi questa percentuale ha raggiunto il 56%. Inoltre è continuata la crescita dei lavori a tempo determinato e dei cosiddetti minijob. Una quota sempre maggiore di lavoratori in Germania ha un basso salario
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mercoledì 19 aprile 2017

Vite da Hartz IV

Come vivono gli Hartz IV? Hartz IV è davvero un sistema vessatorio da cui non si riesce ad uscire. Secondo la Süddeutsche Zeitung non è sempre cosi'. Il giornale di Monaco ha chiesto a 3 Hartz IV di raccontare che cosa significa per loro vivere con l'aiuto dello stato e dei Jobcenter. Dalla  Süddeutsche Zeitung


Dietmar Kienle, 44, Monaco

Sono stato disoccupato per un lungo periodo, lo ero già nel 2000 quando mi sono trasferito a Monaco. Ho solo un diploma di scuola professionale (Hauptschule), l'apprendistato da muratore non sono riuscito a terminarlo. Anche con una certificazione nella logistica di magazzino non sono riuscito ad ottenere molto. 120 candidature, ma non è successo nulla.

Per diversi anni sono rimasto a galla con lavori giornalieri e precari. Stuccatore, imbianchino, muratore. Lavori faticosi, ma mai nulla di stabile. Poi le mie ginocchia non ce l'hanno piu' fatta. Con l'operazione mi hanno raddrizzato il piede, ma non mi è stato piu' possibile fare del lavoro fisico. I soldi sono diventati ancora meno.

In ogni città è difficile vivere con Hartz IV. Ma in una città come Monaco e quando come nel mio caso sei alle prese con una dipendenza da alcol, ancora di piu'. Nel 2014 l'impiegato del Jobcenter a cui ero stato assegnato mi ha procurato un "lavoro a un Euro" (Ein-Euro-Job, misura del centro per l'impiego per far rientrare i disoccupati nel mondo del lavoro, retribuzione fra 1 e max 2,5 € lordi l'ora) all'assistenza tecnica per le biciclette presso la Dynamo. Si tratta di un'associazione che sostiene le persone bisognose.

Mi è sempre piaciuto avvitare e svitare. Si dice sempre, una bicicletta è solo una bicicletta, ma non è vero. Le riparazioni spesso sono difficili. Grazie ad un programma del Jobcenter avrò un impiego stabile per i prossimi 2 anni. Poi vedremo. Il mio obiettivo è un lavoro vero, cioè indeterminato.

Anche al responsabile della mia pratica al Jobcenter farebbe molto piacere. Alle persone che si lamentano di continuo posso solo dire: mi sono sempre sentito in buone mani. Non mi hanno mai deluso.

Peter Tonau, 27, Riesa

Il mio avvocato mi ha sconsigliato di usare qui il mio vero nome. Mi ha detto: se il mio nome finisce su Internet posso peggiorare le chance di trovare un lavoro. Nel 2006 ho iniziato un apprendistato come conduttore di macchine  e impianti. Non era mai stato il lavoro dei miei sogni. Avrei preferito la polizia, ma ho l'asma. Dopo l'apprendistato sono stato preso da un'azienda che costruisce radiatori. Andavo d'accordo con i colleghi.

Penso sia piu' importante essere circondato da persone per bene che guadagnare 2500 € al mese. Nel 2010 l'azienda si è trasferita nella Repubblica Ceca. Da allora per me ci sono stati solo lavori temporanei: ogni 2 giorni nuove persone, nuovo lavoro, 7 € lordi l'ora.

E poi a causa della presunta mancanza di ordini si viene licenziati. Così ogni volta si torna al Jobcenter, e ogni volta ti assegnano a una delle loro misure. La prima è stata in una cooperativa sociale. Dal punto di vista lavorativo non mi ha portato nulla, ma mi ha fatto piacere andarci. Poi mi hanno spedito come lavoratore qualificato in un laboratorio per giovani. Invece di fare qualcosa di artigianale, dovevamo giocare a Monopoli.

Un'altra volta invece sono andato con la mia auto e come prima cosa mi hanno chiesto come mi fosse venuto in mente di guidare senza patente. Poi ho capito: si trattava di una misura per gli alcolisti. In una sala fredda c'erano persone anziane che continuavano a limare pezzi di legno. Quando ho chiesto di cosa si trattava, non ho ricevuto nessuna risposta. Me ne sono quindi andato e il Jobcenter mi ha tagliato del 30% il sussidio. Solo quando mi sono lamentato me li hanno ridati indietro.

Non fraintendete: Hartz IV non è del tutto sbagliato. E' giusto candidarsi ed è anche giusto doverlo provare. Ma queste misure insensate sono una presa in giro.

Wieland Kerschner, 61, Hamburg

Di formazione sono un commerciante di sanitari, ma in quell'ambito non sono mai riuscito a lavorare. Ho anche studiato legge, ma poi non ho passato gli esami. Sono stato disoccupato per 15 anni, di questi pero' solo 4 veramente. Il resto l'ho trascorso nei posti di lavoro ad un Euro (Ein-Euro-Job), ho sempre fatto in modo che questi lavori avessero anche un senso. Non ci si puo' certo aspettare che qualcosa di buono accada da sé.

Ho messo a posto libri nella facoltà di diritto, corretto cataloghi. All'erbario ho inserito piante nella rete dei dati. Tutti lavori che mi sono anche piaciuti. Senza questi lavori non avrei avuto alcuna prospettiva. Ora lavoro nella libreria antiquaria nel Rathauspassage di Amburgo. Lì assumono da sempre anche i disoccupati di lunga durata.

Per il momento ho un contratto di lavoro da 25 ore. Anche perché l'ho sempre segnalato: non ho intenzione di fare volontariato. E' una cosa che si possono permettere solo le persone con ricche.

Oltre a questo continuo a lavorare per la SPD. Sono un militante da 30 anni. Sull'Agenda 2010 ho un opinione contrastata. Penso che avesse senso combinare le prestazioni di disoccupazione e l'assistenza sociale. E' stato giusto anche obbligare le persone a dichiarare la loro ricchezza. Se voglio avere i soldi dallo stato, allora devo giocare a carte scoperte.

Il problema è che i Jobcenter invece di mediare si occupano dell'amministrazione. Nei diversi uffici non lavorano degli headhunter ma degli assistenti sociali. Non hanno nessun contatto con le imprese, e la maggior parte delle imprese non prende sul serio le misure di formazione professionale. Ne ho frequentata una su SAP, perché volevo lavorare da Airbus. Fra le 30 persone che hanno frequentato il corso, per quanto io ne sappia, nessuno ha ottenuto un lavoro in cui gli è stato utile quello che ha imparato al corso.

venerdì 16 dicembre 2016

Un lavoratore su cinque in Germania guadagna meno di 10 € lordi l'ora

Ricevo da Claudio e molto volentieri pubblico. I dati del Ministero del Lavoro pubblicati dalla Süddeutsche Zeitung confermano che in Germania, paese con il bilancio pubblico in pareggio e oltre 200 miliardi di avanzo commerciale con l'estero, resta un'ampia fascia di lavoratori a basso salario. Dalla Suddeutsche Zeitung


  • Dai dati del Ministero Federale del Lavoro (Bundesarbeitsministerium) emerge che nel 2014 circa il 20% degli occupati ha lavorato per meno di 10 euro lordi l'ora.
  • In Germania Est i lavoratori con un salario basso sono addirittura più di un terzo
  • Secondo le statistiche, in Germania Ovest la quota dei lavoratori che percepiscono un salario basso è in aumento.

La Germania è considerata la prima della classe in Europa per lo sviluppo economico ma ciò non significa che tutti i cittadini godano di un alto tenore di vita: circa un occupato su cinque lavora per meno di 10 euro lordi l'ora secondo quanto riportato dai media del Gruppo Funke. Questo è ciò che emerge dai dati del Ministero Federale del Lavoro.

Il 20% dei lavoratori guadagnerebbero poco più di quanto necessario per non risultare in condizioni d'indigenza. In Germania Ovest ed Est la quota dei salari bassi per il 2014 si assesta rispettivamente al 19,3% (includendo Berlino) e al 34,5% del totale degli occupati.

La percentuale più bassa si registra ad Amburgo (15,5%), mentre la più alta si riscontra nel Mecklenburg-Vorpommern (35,5%), seguito a ruota dai restanti Länder della Germania orientale, i quali mostrano tutti quanti valori superiori al 33%.

Secondo i dati rilasciati dal Ministero del Lavoro la quota di lavoratori a basso salario è in aumento in Germania Ovest. Nelle aziende con più di dieci dipendenti questa quota ammontava nel 2006 al 16,4%, mentre nel 2014 avrebbe raggiunto il 18,4 % che diventava il 19,3% includendo anche Berlino.

A Est la quota dei bassi salari tra le aziende medio-grandi negli anni passati sarebbe leggermente diminuita, attestandosi al 34,6% (36,8% nel 2010).

I dati sono stati richiesti da Die Linke

I dati provengono dall'ultima indagine strutturale sui guadagni stilata dal Ministero con cadenza quadriennale e sono stati richiesti dal presidente vicario del gruppo “Die Linke” in Parlamento, Klaus Ernst, il quale ha definito la disparità di retribuzione tra Est e Ovest “un freno alla democrazia e un grande ostacolo per l'unità tedesca”.

La soglia per la definizione di “basso salario”, dopo un suo innalzamento nel 2014, ammonta a 10 euro lordi l'ora, che corrisponde ad un salario mensile lordo a tempo pieno di 1.993 euro. Secondo la definizione dell'Organizzazione per lo Sviluppo e la Collaborazione economica (OECD) si può parlare di “basso salario” per tutte quelle retribuzioni che non superano i due terzi del salario medio nazionale.

lunedì 3 giugno 2013

Tutti contro "Alternative für Deutschland"


La nuova formazione euro-critica fa discutere e 5 economisti di primo piano, sulla progressista ed euroentusiasta Süddeutsche Zeitung, lanciano un attacco al leader di AfD: le sue proposte non sono credibili, la Germania non puo' affondare la moneta unica. Da Süddeutsche Zeitung
Nel dibattito sul futuro della moneta unica, 5 noti economisti si rivolgono al nuovo partito "Alternative für Deutschland" e al suo leader: non è possibile sciogliere l'unione monetaria in modo ordinato e razionale.

Di Marcel Fratzscher, Clemens Fuest, Hans Peter Grüner, Michael Hüther und Jörg Rocholl

L'unione monetaria, dopo tre anni di intensa gestione della crisi, si trova ancora in una situazione difficile. L'aggiustamento richiesto è enorme, e le riforme necessarie non sono state ancora completate. La situazione economica è critica a causa dell'elevata disoccupazione c'è grande instabilità politica. Con la fase di debolezza economica francese si apre un nuovo fronte, soprattutto se la politica non sarà capace di reagire in maniera rapida e adeguata. La politica anti-crisi fino ad ora è riuscita a comprare tempo per il necessario aggiustamento. L'unione bancaria per ora resta un grande cantiere. In queste condizioni è naturale e opportuno che nel nostro paese - almeno prima di una elezione federale - si discuta sul futuro dell'Europa e della moneta unica. 

A causa dell'incertezza, alcune forze politiche in Germania, Italia ed altri paesi, chiedono l'uscita dall'unione monetaria del sud-Europa, oppure il ritorno ad un sistema di monete nazionali. Questa posizione è condivisa anche da alcuni membri della nostra professione.

Noi la consideriamo una strada sbagliata, e chiediamo di preservare l'unione monetaria nella sua composizione attuale. Riteniamo che alle carenze istituzionali emerse nel corso della crisi, sarà necessario trovare una soluzione con un programma di riforme radicali. Siamo convinti che l'integrità dell'Eurozona sia la strada migliore per garantire all'Europa e alla Germania benessere e stabilità.

E' necessario superare le difficoltà

Per superare la crisi dell'Eurozona è necessario vincere 3 sfide. Primo, i paesi della periferia hanno bisogno di una prospettiva di crescita e di maggiore competitività. Secondo, in questi paesi molte banche, imprese e famiglie hanno un livello di indebitamento eccessivo. E' necessario riportare l'indebitamento ad un livello sostenibile. Terzo, è indispensabile introdurre i requisiti costituzionali e normativi per stabilizzare le finanze pubbliche e private, e permettere a tutti gli stati membri di sfruttare i vantaggi dell'unione monetaria.

L'uscita dall'Eurozona (temporanea o definitiva) di alcuni paesi fortemente indebitati  avrebbe sicuramente il vantaggio di accelerare il necessario aggiustamento dei prezzi. Ma a questo possibile vantaggio, corrispondono una serie di conseguenze negative. Da un lato, la svalutazione causerebbe il default sulle obbligazioni denominate in Euro, sia pubbliche che private. Il difficile accesso al mercato internazionale dei capitali porterebbe ad un collasso economico dei paesi in crisi, come suggerisce l'esperienza fatta in passato con altri casi di ristrutturazione. Per diversi anni avremmo un ulteriore aumento della disoccupazione e un peggioramento dei problemi sociali ed economici.

Anche la Germania non sfuggirebbe ad una tale crisi

Inoltre, con l'uscita dall'Euro, le indispensabili riforme economiche si fermerebbero. Cosi' ci insegna l'esperienza storica: le svalutazioni molto forti, a causa delle conseguenti perdite di reddito reale, di solito, vedono una rapida risposta della politica salariale nel tentativo di rispondere alla correzione. Le nuove valute avrebbero un'accettazione limitata e probabilmente dovrebbero essere stabilizzate con una politica di alti tassi di interesse, con un effetto di rafforzamento della crisi. Anche la Germania non si sottrarrebbe ad una tale crisi e pagherebbe un prezzo salato in termini di bassa crescita ed elevati costi finanziari, diretti e indiretti. I paesi della periferia, infatti, hanno un forte indebitamento verso l'estero. Si tratta di debiti fatti da imprese, famiglie, banche e dallo stato. 

Oltre a questi debiti, ci sono anche i saldi Target all'interno dell'Eurosistema. E su questi la Germania sarebbe duramente colpita. Se i piani per l'uscita fossero resi noti, assisteremmo  ad una massiccia fuga di capitali verso la Germania, con una conseguente forte crescita dei saldi Target. Se si arrivasse ad una uscita, la BCE dovrebbe cancellare buona parte di questi crediti, con perdite enormi per la Bundesbank. Inoltre, le banche e le imprese tedesche hanno dei crediti molto elevati nei confronti dei paesi in crisi. Ci sarebbero perdite significative e una minaccia per la stabilità dell'economia tedesca.

Anche il piano per gestire l'uscita di alcuni paesi attraverso l'introduzione di una valuta parallela, che lentamente viene svalutata, non puo' funzionare. Il mercato dei capitali inizierebbe immediatamente a speculare sulla nuova valuta. Ci sarebbe una massiccia fuga di capitali, con costi sempre maggiori per il finanziamento delle famiglie, dello stato e delle imprese. Cio' porterebbe ad una ulteriore recessione e a condizioni sociali ancora peggiori nei paesi candidati all'uscita. Resterebbe solamente il controllo sui movimenti di capitale e il sostegno alla nuova valuta da parte della BCE. Ma il controllo sui movimenti di capitale dovrebbe esserci fin dall'inizio, e non alla fine delle trattative sull'uscita dall'unione monetaria. E' una proposta totalmente irrealistica. Inoltre, non è chiaro perché nei paesi coinvolti dovrebbe esserci la disponibilità ad usare una moneta piu' debole come valuta parallela. Storicamente ci sono stati numerosi casi in cui una moneta estera piu' forte ha messo all'angolo la moneta nazionale piu' debole, ed è diventata il solo mezzo di pagamento effettivo.

A tutto cio' si aggiungono le imprevedibili conseguenze politiche di una rottura dell'Euro. Non è chiaro se il mercato comune potrebbe sopravvivere ad un tale evento. In ogni caso è illusorio pensare che lo scioglimento dell'unione monetaria possa avvenire in maniera ordinata e razionale. I conflitti di interesse fra i partner, quando si dovrà discutere della rinuncia ai crediti o dei costi da sostenere, saranno troppo grandi, mentre la pressione dei mercati finanziari, in una situazione di transizione, sarebbe troppo forte. Vi è anche il rischio che la Germania possa essere considerata responsabile per il fallimento dell'unione monetaria, e finisca in una situazione di isolamento economico e politico.

L'alternativa alla dissoluzione consiste nel tentativo di superare la crisi preservando la moneta unica. Sarà un processo lungo e difficile, che richiederà dal lato della politica molta pazienza e disciplina. Sarà fondamentale ripristinare la competitività dei paesi in crisi, rendendo possibile una nuova fase di crescita. Poiché i prezzi e i salari non vengono definiti dal governo ma dalle parti sociali e dai mercati, non è possibile imporre un aggiustamento immediato, ma ci vorrà molto tempo. Tuttavia è possibile, come mostrano l'esempio irlandese e i progressi compiuti dagli altri paesi in crisi. Il tasso di cambio reale basato sul costo del lavoro per unità di prodotto - un indice rilevante per definire la competitività - in Grecia dal 2009 ad oggi è sceso del 20%.

Il superamento dell'eccesso di debito delle famiglie e delle imprese e il risanamento delle banche non sarà possibile senza insolvenze e ristrutturazioni. Cio' causerà incertezza sul mercato dei capitali e i creditori, anche in Germania, dovranno subire delle perdite. Le finanze pubbliche torneranno ad essere in salute solo se il consolidamento fiscale non viene ammorbidito e se i governi sapranno rispettare i rigidi vincoli di bilancio (come i limiti all'indebitamento in costituzione).

Una grande sfida

Affinché l'aggiustamento possa portare ad una stabilizzazione duratura della zona Euro, è importante dare nuovo slancio al progetto dell'unione bancaria (controllo bancario centrale, un processo comune per le ristrutturazioni bancarie), e fare in modo che in futuro la disciplina fiscale non sia minata dalla garanzia comune sul debito. Le nuove regole e le nuove istituzioni della zona Euro rappresentano un passo in avanti in questa direzione. Inoltre, l'Eurozona ha bisogno di una procedura credibile per le insolvenze pubbliche. Si tratta di un requisito fondamentale affinché in futuro i mercati finanziari possano disciplinare l'esercizio delle finanze pubbliche.

Non c'è alcun dubbio che il superamento della crisi e il mantenimento della zona Euro nella sua forma attuale siano una grande sfida. E' necessaria un'azione politica determinata, disciplinata e coordinata. La crisi è anche un'opportunità per correggere gli errori di progettazione della moneta unica e rafforzare l'impegno verso gli indispensabili requisiti europei e nazionali. Alcune importanti decisioni delle politiche anti-crisi ci incoraggiano in questa valutazione, la cui conferma dovrà tuttavia essere visibile nella loro esecuzione.

Certo, non c'è alcuna garanzia di un buon risultato. Ma questo non puo' essere un motivo valido per scegliere l'alternativa decisamente peggiore: lo scioglimento della moneta unica. I rischi politici ed economici e i costi ipotizzabili, non solo per la Germania, ma per tutta l'Europa, sarebbero in questo caso decisamente maggiori, sia nel breve che nel lungo periodo. 

Die Autoren: Marcel Fratzscher ist Präsident des Deutschen Instituts für Wirtschaftsforschung in Berlin; Clemens Fuest ist Präsident des Zentrums für Europäische Wirtschaftsforschung Mannheim; Hans Peter Grüner ist Professor für Volkswirtschaftslehre an der Universität Mannheim; Michael Hüther ist Direktor des Instituts der deutschen Wirtschaft in Köln; Jörg Rocholl ist Präsident der European School of Management and Technology in Berlin.




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martedì 14 maggio 2013

Dov'è finito il Jobwunder?


Il Jobwunder mostra il suo lato oscuro: cresce il numero degli occupati con un lavoro regolare che che per tirare avanti devono chiedere un sussidio allo stato. E' l'ennesima socializzazione dei costi? E' arrivato il momento di introdurre un salario minimo per legge? Da Süddeutsche Zeitung 
I dati riaccendono il dibattito sul salario minimo: sempre piu' persone in Germania hanno un lavoro a tempo pieno o part time coperto da un'assicurazione sociale, ma nonostante cio' hanno bisogno di un aiuto pubblico. La nuova statistica presentata della "Süddeutsche Zeitung" mostra chiaramente: ad essere colpiti sono soprattutto i single.

Sono sempre di piu' le persone che in Germania pur avendo un lavoro a tempo pieno o part-time guadagnano troppo poco per poter vivere con questo reddito. Il numero dei lavoratori coperti da un assicurazione sociale, con un salario lordo superiore agli 800 € lordi al mese, e che per tirare avanti hanno bisogno di un sussidio statale (Hartz IV), negli ultimi anni è cresciuto costantemetne. I dati emergono da una nuova statistica della Bundesagentur für Arbeit (BA).

I dati potrebbero riaccendere l'attuale dibattito sul salario minimo: secondo i dati della BA nel 2012 in media ci sono state 323.000 famiglie con un cosiddetto Hartz-IV-Aufstocker (chi riceve un'integrazione dallo stato), con un reddito lordo superiore agli 800 € lordi e con un impiego per il quale è previsto l'obbligo di assicurazione sociale. Nel 2009 erano circa 20.000 in meno.

L'aumento è evidente fra i single: il loro numero fra i percettori Hartz IV con un lavoro a tempo pieno o parziale è salito del 38 % e ha raggiunto 75.600. I lavoratori che devono integrare il loro stipendio lavorano soprattutto nel commercio, nella gastronomia, nei servizi sanitari e sociali oppure come interinali. In totale nel 2012 gli occupati percettori di un sussidio Hartz-IV erano cira 1.3 milioni, all'incirca lo stesso numero del 2009. La metà di questi ha solamente un mini-job.

Per Annette Kramme, portavoce della SPD per le politiche del lavoro, i dati mostrano che è necesssario introdurre un salario minimo stabilito dalla legge. Kramme prevede che il numero degli  "aufstocker" con un lavoro a tempo pieno crescerà ulteriormente a causa "di un ricorso eccessivo ai contratti d'opera". La SPD e i sindacati chiedono l'introduzione di un salario minimo di 8,5 € l'ora valido per tutti. Unione e FDP vorrebbero invece introdurre un limite verso il basso in base alla regione e al settore.

Anche Stefan Sell, professore ed esperto di mercato del lavoro presso l'università di Coblenza, valuta in maniera negativa i dati sugli "aufstocker". I datori di lavoro grazie all'aiuto dello stato "possono, a spese del contribuente, socializzare una parte dei loro costi salariali - e in questo modo ottenere un vantaggio nei confronti delle aziende che vogliono comportarsi secondo la legge". Il Ministro federale per il lavoro Ursula von der Leyen (CDU) recentemente ha dichiarato che il reddito di un lavoro a tempo pieno dovrebbe essere sufficiente "per poter vivere dignitosamente". "Retribuzioni di 3, 5 o 6 Euro l'ora" non dovranno piu' esistere.

La Bundesagentur tuttavia non considera negativamente gli aufstocker: è sempre meglio avere un lavoro che essere completamente dipendente dagli aiuti dello stato. Inoltre,potrebbe essere la porta d'ingresso per un impiego con uno stipendio dignitoso, dichiara una portavoce di BA. L'aumento del numero di Aufstocker fra i single potrebbe avere anche a che fare con l'aumento degli affitti e con un aumento delle prestazioni Hartz-IV. "Maggiori sono i costi per l'alloggio e le prestazioni Hartz IV, tanto piu' alto sarà il numero di persone che avranno accesso ai nostri sussidi, ma che in precedenza erano in grado di far fronte autonomamente al loro sostentamento".

venerdì 12 aprile 2013

Agenda 2010 per tutta l'Europa?


Non è un segreto: i merkeliani vogliono estendere l'Agenda 2010 a tutta l'Europa. Sulla Süddeutsche Zeitung, il professore di scienze politiche Christoph Butterwegge, ex SPD, oggi vicino alla Linke, propone un'analisi delle riforme lanciate da Schröder, a 10 anni dalla loro introduzione. Da Süddeutsche Zeitung


Hartz IV ha portato la povertà al centro della società e ha approfondito il divario fra ricchi e poveri. L'Agenda 2010 ha mostrato quanto sia facile e rapido per le persone scendere verso il basso - anche se il decimo anniversario delle riforme è stato festeggiato per giorni.


Chi festeggia gli anniversari di solito non sempre ama dire tutta la verità. Dopo tutto si tratta di riempire il festeggiato di complimenti e celebrarlo in considerazione di quanto ha fatto. E' andata cosi' anche qualche settimana fa, quando Gerhard Schröder ha celebrato i 10 anni dall'introduzione dell'Agenda 2010.

Date le numerose felicitazioni arrivate da tutto il mondo economico, la narrazione delle riforme di Schröder è già un luogo comune: sono la madre di tutti i  successi raccolti dalla Repubblica Federale sui mercati mondiali negli ultimi anni. Mentre Schröder pronunciava il suo discorso di presentazione dell'Agenda 2010, la Germania sottraeva agli USA il ruolo di primo esportatore mondiale. Nel 2009 tornava al secondo posto dietro la Cina. "Il malato d'Europa", come spesso si diceva allora, l'economia della Repubblica Federale non lo era mai stato. In realtà restava l'economia piu' grande e piu' forte di tutto il continente.

Sicuramente dopo l'entrata in vigore delle riforme il numero degli occupati è cresciuto mentre quello dei disoccupati ufficiali è sceso. Ma cio' è probabilmente dovuto anche all'andamento della congiuntura internazionale. Inoltre, molti impieghi spesso sono stati solo smontati senza aumentare il volume del lavoro, mentre molte donne sono tornate a lavorare ma solo con impieghi a tempo determinato.

Ma se anche la presunta maggiore resistenza alla crisi  rispetto ai vicini europei mostrata dall'economia tedesca fosse da ricondurre all'Agenda 2010, il prezzo pagato sarebbe comunque troppo alto: soprattutto per i cittadini non privilegiati. Per tutti coloro che già avevano un basso reddito, il salario reale è diminuito. A causa della precarizzazione del lavoro, la qualità dei rapporti di lavoro per molti è peggiorata: sono milioni i tedeschi che oggi non hanno alcuna assicurazione sociale che possa proteggerli dai rischi elementari della vita. E se un lavoro c'è, molto spesso si tratta di un lavoro interinale o di un part-time forzato.

Strumento di intimidazione e minaccia

Accanto all'Agenda 2010, Hartz IV è l'altra parola per comprendere la  piu' importante rottura nel modello sociale tedesco dopo il 1945. Che il numero dei destinatari di aiuti negli ultimi tempi sia addirittura sceso insieme al livello medio dei contributi, non è dovuto ad una riduzione della povertà, ma solo ai  controlli piu' rigidi e agli strumenti di repressione di cui i Jobcenter e gli uffici di sicurezza sociale dispongono dopo le riforme. Sia l'Agenda 2010 che Hartz IV hanno funzionato come uno strumento di disciplina e di minaccia.

Si nascondono soprattutto le conseguenze psico-sociali, sanitarie e socio-culturali dell'Agenda. Viene violato il senso di giustizia della maggioranza: lavoratori con decenni di lavoro alle spalle, dopo un breve periodo di disoccupazione vengono riportati agli stessi livelli di reddito di coloro che non hanno mai lavorato in vita loro. 

La fusione fra indennità di disoccupazione e aiuti sociali (al livello di questi ultimi) secondo Schröder avrebbe dovuto separare coloro che hanno ancora voglia di lavorare da coloro che invece non ne hanno. L'ipotesi era che il sussidio sarebbe stato percepito come una presa in giro. Con l'abolizione dei sussidi per la disoccupazione (dopo 12 mesi di disoccupazione), di fatto si ignora un principio molto importante: è compito dello stato sociale assicurare uno standard di vita minimo.

L'arbeistlosengeld II (Hartz IV), introdotto come sostituto, non è legato all'ultimo stipendio netto percepito dal disoccupato di lunga durata. L'effetto è stato quello di portare al livello degli aiuti sociali chi fino a poco prima apparteneva al ceto medio, come ad esempio i lavoratori specializzati o gli ingegneri 

Il nuovo e piu' duro regime del lavoro ha aumentato la pressione esercitata sui sindacati e sui consigli di fabbrica per far accettare condizioni di lavoro peggiorative e salari piu' bassi. E' stato il punto di partenza verso l'impoverimento dei lavoratori e dei pensionati. Nella Repubblica Federale la povertà per un lungo periodo era rimasta un fenomeno per gruppi marginali, ma grazie ad Hartz IV è tornata a minacciare il centro della società.

Non c'è stato l'effetto ascensore sociale: tutti salgono insieme verso l'alto. Piuttosto c'è stato l'effetto paternoster: mentre pochi salivano verso l'altro, tutti gli altri stavano andando verso il basso. Le riforme hanno approfondito la divisione sociale fra ricchi e poveri. I bassi salari hanno reso possibile grandi guadagni. La riforma fiscale, che dell'Agenda 2010 era parte integrante e il cui effetto in termini di redistribuzione viene sottovalutato, ha ridotto il carico fiscale sui redditi da capitale e sui redditi piu' alti.

La competitività al centro

Accanto ai tagli materiali per milioni di persone, l'Agenda 2010 ha portato con sé importanti processi mentali di cambiamento. Ha peggiorato il clima sociale e danneggiato la cultura politica della Repubblica federale. I disoccupati, i poveri e le minoranze etniche hanno incontrato sempre maggiori difficoltà, mentre il mercato e la concorrenza sono diventati il punto centrale dello sviluppo sociale.

Oggi la massima "Se ognuno si prende cura si sé, andrà bene per tutti" è molto piu' popolare rispetto a quando la SPD rappresentava ancora gli interessi delle persone meno abbienti. Di fatto la distanza fra governanti e governati è cresciuta, perché chi è stato colpito dalla riforme, non a torto, ritiene di non essere piu' rappresentato in parlamento. E se cio' non viene affrontato democraticamente potrà portare ad una crisi della democrazia.

L'obiettivo dell'Agenda 2010, garantire l'egemonia economica della Germania in Europa, è stato raggiunto. Per il governo federale percio' dovrebbe essere ancora piu' facile fare piu' di quanto è stato fatto fin ad ora per i perdenti di queste politiche di riforma. Invece di lanciare un appello per una Riforma 2020, come fanno molti celebratori, bisognerebbe riportare l'uguaglianza e la coesione sociale  al centro dell'azione politica.

mercoledì 3 aprile 2013

E' la fine del mini-job?


A dieci anni di distanza dall'introduzione dell'Agenda 2010 e dopo averla votata, i Verdi fanno marcia indietro, almeno sui mini-job: sono stati un errore, è una forma di sfruttamento legalizzato. Da Süddeutsche Zeitung

Nel settore dei lavori a basso salario non è previsto l'obbligo della contribuzione sociale. Sono ormai numerose le aziende che impiegando solo minijobber fanno affari d'oro. Ma questa forma di impiego spesso non garantisce una pensione dignitosa. I Verdi vogliono cambiare le regole.

La Bundesagentur für Arbeit ufficialmente considera i Mini-job una buona idea. "Sfruttatate la possibilità di fare esperienza di lavoro e acquisite nuove conoscenze e competenze", scrivono sul loro sito web. "Potrete stringere nuovi contatti, ottenere nuove referenze e avere un nuovo punto di vista". E ancora: "Un mini-job puo' essere il punto di  partenza per un lavoro regolare".

In realtà non funziona proprio cosi'.

Anche i Verdi all'epoca votarono per l'introduzione dei mini-job, lo fece anche Katrin Göring-Eckard, la candidata del partito alla Cancelleria. I mini-job nelle intenzioni del legislatore dovevano essere l'arma perfetta contro la disoccupazione e il lavoro nero. Ma spesso non hanno soddisfatto queste aspettative. O forse peggio: l'effetto è stato esattamente quello opposto.

Ma ora i Verdi  nel medio termine vorrebbero abolire i mini-job. La loro attrattività risiede nel fatto che per il datore di lavoro non è previsto il pagamento dei contributi sociali. Pagano solo un piccolo contributo forfettario. Da gennaio 2013 in teoria per il datore di lavoro ci sarebbe l'obbligo di versare i contributi sociali. I minijobber di loro iniziativa possono tuttavia chiedere di essere esonerati da questo obbligo. E secondo le prime stime lo stanno facendo quasi tutti. Uno stipendio mensile di 450 € massimi non lascia molti margini.

Ormai da mesi quasi ogni settimana escono studi che dimostrano una cosa: i mini-job sono inflazionati. Oltre 7 milioni di individui - soprattutto donne - dipendono da questa forma di lavoro a basso salario. Per oltre 5 milioni sono la fonte principale di reddito. La maggior parte di loro non versa i contributi per la pensione statale. Semplicemente perché lo stipendio non basta. La conseguenza: crescerà la povertà in vecchiaia.

I Verdi propongono pertanto di riorganizzare il cosiddetto settore dei lavori a basso salario. Una parte di questo progetto è l'abolizione dei mini-job. Per i lavori senza assicurazione sociale obbligatoria lo stipendio massimo non dovrà superare i 100 € al mese. Lo ha annunciato Göring-Eckardt alla Rheinische Post.

I mini-job dovranno diventare poco attrattivi

La Göring-Eckardt conferma ancora una volta quello che i Verdi vogliono inserire nel programma per le elezioni federali: l'obbligo di versare i contributi assicurativi a partire dai 100 € al mese.

I mini-job non dovrannoo essere aboliti dall'oggi al domani. Al vertice nella lista delle priorità dei Verdi resta l'introduzione di un salario nazionale minimo definito dalla legge. Poi la limitazione del numero di minijobber impiegati in ogni singola azienda, e quindi la definizione di un numero massimo di ore di lavoro sul totale. In un momento successivo si dovrà stabilire che a partire dai 100 € mensili è necessario contribuire alla sicurezza sociale. Il limite oggi è a 450 €. I mini-job dovranno quindi "esssere sostituiti da forme contrattuali socialmente sostenibili", si dice nel programma.

Sono numerose le aziende che oggi impiegano quasi esclusivamente minijobber. Secondo i Verdi un abuso a spese dei contributi pensionistici dei lavoratori. I minijobber dovranno essere quindi trattati secondo il normale diritto del lavoro. Tutti passaggi che renderanno i mini-job sempre meno attrattivi.

Non è ancora chiaro se gli obblighi di contribuzione sociale dovranno essere introdotti immediatamente. Il loro ammontare è di circa il 20% del salario lordo, mentre le imposte sul reddito sono progressive e aumentano con il reddito.

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martedì 14 agosto 2012

10 anni di Hartz IV


La Süddeutsche Zeitung, il quotidiano progressista di Monaco, ci ricorda che le riforme Hartz IV compiono 10 anni: grande successo socialdemocratico oppure responsabili della grave precarizzazione sul mercato del lavoro? Un commento di Guido Bohsem




Il vincitore della crisi si chiama Gerhard Schröder. Dieci anni fa l'allora cancelliere ha dato avvio alla cura drastica per la nostra Repubblica un po' arrugginita. Oggi il numero degli occupati in Germania è il piu' alto di sempre. Le riforme di Schröder restano molto ammirate all'estero, ma odiate dai tedeschi.


Volendo, il vero vincitore della crisi è Gerhard Schröder. Piu' la crisi finanziaria mette in ginocchio le altre economie europee, ad eccezione di quella tedesca, piu' cresce il prestigio del precedente cancelliere. L'uomo della SPD viene richiesto in tutto il mondo per fare consigliere. Tutti vogliono sapere da Schröder come ha fatto a somministrare una cura da cavallo ad un paese un po' incrostato. I suoi interlocutori vogliono conoscere il segreto del successo che ha reso cosi' brillante la Germania, mentre agli altri le cose vanno decisamente male. 

Il nucleo del pacchetto di riforme di Schröder giovedi' festeggia i 10 anni. Dieci anni fa, l'allora direttore del personale di VW, Peter Hartz, per conto del governo Schröder, presentò il suo programma di riforme del mercato del lavoro. Con molto pathos e grande risonanza, Hartz illustrò l'essenza di quelle idee, che poi dal 2005 sarebbero entrate in vigore come "Hartz IV".

Mentre all'estero la riforma viene ammirata, i tedeschi continuano ad odiarla. Nel nostro paese le riforme Hartz, infatti, restano legate ad un'immagine di devastazione sociale organizzata dallo stato. A torto, perché nonostante molti errori ed equivoci le riforme hanno cambiato in meglio e in maniera duratura il mercato del lavoro tedesco.

Era un programma molto consistente, che ha introdotto un insieme di strumenti completamente nuovi e arricchito la lingua tedesca di nuovi concetti poco comprensibili: Minijob, Ich-AG, Ein-Euro Job, comunità di bisogno (Bedarfgemeinschaft), Aufstocker (integrazione salariale), Midjob, anche Hartz IV e la fusione fra sussidi per la disoccupazione e aiuti sociali.

Hartz-IV ha terrorizzato milioni di persone con il rischio di poter diventare destinatario degli aiuti sociali entro un anno dalla perdita di un lavoro regolare. Ha mobilitato le masse che il lunedi si riunivano per dimostrare contro i provvedimenti. Hartz IV ha reso possibile la riunificazione dei socialisti dell'est e dell'ovest nel nuovo partito della Linke, ha spinto al ritorno l'ex presidente della SPD Oskar Lafontaine, e ha causato una spaccatura fra socialdemocratici e sindacati, che ancora oggi non si è del tutto sanata.

Nessun'altra riforma nella storia della Repubblica federale ha causato un'ondata di ricorsi al tribunale sociale tedesco come Hartz IV. Anche dopo sette anni dalla sua introduzione, ogni giorno vengono pronunciate nuove sentenze.

E' anche vero: molti lavoratori guadagnano meno di prima, e molti lavoratori interinali si augurano di avere presto un posto fisso e lo stesso salario per lo stesso lavoro. I disoccupati di lungo periodo non ricevono il sostegno necessario per avere un accesso al mercato del lavoro. Ma Hartz IV ha anche sancito il principio che è decisamente meglio lavorare per poco denaro, che tirare avanti in un perenne stato di dipendenza dagli aiuti pubblici. Questo è un successo che anche i lavoratori coinvolti sarebbero pronti a confermare.

Resta la difficile questione, qual'è il ruolo giocato delle riforme Hartz IV nell'attuale situazione positiva del mercato del lavoro tedesco? La risposta è: sicuramente ha avuto un ruolo, ma non così grande, come si è creduto fino ad ora. Che la Germania sia di nuovo la locomotiva economica della congiuntura europea, ha molto piu' a che fare con altri due fatti. Economicamente piu' importante delle riforme, è stata la moderazione salariale dei lavoratori. Se confrontati con i vicini europei, i prodotti tedeschi sono tornati di nuovo competitivi.

Hartz IV è solo la controparte statale della moderazione salariale. E poi c'è la politica dei tassi della banca centrale. Dieci anni fa ha impostato alti tassi di interesse, che hanno limitato lo sviluppo dell'economia tedesca ad alta intensità di capitali. Mentre per gli altri stati europei i tassi erano troppo bassi ed hanno causato un boom. Oggi la situazione è inversa, e il pericolo nel nostro paese è l'inflazione, non la stagnazione.

No, il piu' grande successo della riforma Hartz, se si vuole, è la riforma stessa. La Germania era il malato d'Europa. Nessuno credeva che la Repubblica federale fosse capace di un tale sforzo. Oggi nel nostro paese il numero degli occupati è il piu' alto di sempre. La riforma soprattutto ci ha mostrato una cosa: è possibile. La Repubblica può cambiare, se deve e se lo vuole.

sabato 28 luglio 2012

Indipendente o fuori controllo?

Anche la Süddeutsche Zeitung, quotidiano progressista di Monaco, lontano da Merkel e dalla CDU, attacca la decisione BCE: manca la legittimazione democratica. Un commento di Nico Fried, su Süddeutsche Zeitung.


La BCE si impegna a sostenere l'Euro. I mercati si aspettano che inizi a comprare titoli al piu' presto. Ma questa decisione non è legittimata democraticamente.


Guardi qui, Herr Draghi. Da due anni ormai la politica tedesca soffre sotto la crisi Euro. Il Bundestag ha deciso un primo pacchetto di salvataggio per la Grecia, un secondo salvataggio greco, un fondo EFSF, un allargamento dell'EFSF, un Fiskalpakt, un fondo di salvataggio permanente, e poi miliardi di aiuti per le banche spagnole. Tutto rapidamente, e ciò alimenta il dubbio: i deputati sanno esattamente quello che stanno facendo?  Anche la Corte costituzionale sta esaminando se i provvedimenti approvati sono compatibili con la Costituzione. La democrazia parlamentare ha raggiunto i suoi limiti.

In questa situazione entra in scena il presidente della BCE Mario Draghi. A Londra dichiara che la BCE farà, all'interno del proprio mandato, tutto il possibile per salvare l'Euro. I mercati festeggiano, e il sollievo è ben visibile nei corsi obbligazionari in crescita. Un "Draghi ex Machina" con poche parole lascia evaporare molte preoccupazioni. E la sua affermazione non dovrebbe essere una bella notizia per i tedeschi e per la politica tedesca. Niente affatto!

Situazioni speciali hanno bisogno di misure speciali. La BCE ha già acquistato oltre 200 miliardi di debito pubblico, per ridurre i rendimenti sui titoli dei paesi in difficoltà  -  e per sollevare la politica da questo compito. Le misure di salvataggio, che altrimenti sarebbero state necessarie, non potevano essere messe in piedi in tempi brevi e sarebbero state politicamente inaccettabili. Indirettamente la BCE contribuisce al finanziamento dei paesi in crisi, operazione proibita dai trattati. E' come un tacito accordo fra banca centrale e politica: voi agite in una zona grigia, e noi in questo modo guadagniamo tempo e non diciamo nulla.

Il Parlamento non è stato consultato

La BCE ha il compito di difendere il valore del denaro. Ed è indipendente. Queste erano anche le condizioni elementari, per le quali i tedeschi hanno accettato di rinunciare al D-Mark. Il trauma dell'inflazione in questo paese è molto profondo. Ma che cosa succede se Draghi interpreta i limiti del mandato BCE in maniera diversa? E dove risiede esattamente il confine fra indipendente e fuori controllo? 

La Germania garantisce per le banche spagnole, in caso estremo, con 30 miliardi di euro - soprattutto con la legittimazione democratica del Bundestag, che pochi giorni fa ha preso questa decisione non certo in maniera leggera. Per i titoli di stato in mano alla BCE, la Germania garantisce coerentemente con la sua quota: circa 40 miliardi di Euro. Per questo nessun membro del Parlamento ha dato il suo consenso. 

Il Parlamento non è stato interrogato. Per quanto auspicabile possa essere una soluzione della crisi - un salvataggio attraverso la BCE non solo è difficile da calcolare nei suoi costi. Sarebbe di fatto anche un salvataggio al di là dei diritti democratici di partecipazione, per i quali il parlamento nel nome del contribuente, negli ultimi 2 anni ha combattuto. Il primato della politica dovrebbe essere difeso contro ogni banca, anche contro la banca centrale. 

lunedì 28 maggio 2012

Eurobond: whisky per l'alcolizzato

Sulla Sueddeutsche Zeitung, quotidiano progressista di Monaco, scopriamo che Brüderle, leader liberale, definisce gli Eurobond come il "whisky per l'alcolizzato". Al di là dell'espressione da campagna elettorale, anche il quotidiano bavarese si allinea alle posizioni di Berlino e rifiuta la proposta di Hollande. Un commento di Claus Hulverscheidt, capo redattore Economia.
"Stupidaggini" o "socialismo degli interessi" ha definto Brüderle, capogruppo della FDP, la richiesta di emettere obbligazioni europee comuni  - i cosiddetti Eurobond. Anche se ormai se ne discute, e non sono piu' un tabu. Ci sono argomenti a loro favore, ma anche contro. Per questo gli Eurobond non devono essere all'inizio, ma alla fine del processo di integrazione.

Rainer Brüderle mercoledi ha preso una lunga rincorsa, prima di riuscire a dire una verità sorprendente. La richiesta del presidente Hollande, di emettere Euro-bond, è una "stupidaggine" e un "socialismo degli interessi", ha detto il capo del gruppo liberale in un'intervista alla radio.

Si potrebbe allora "regalare ad un alcolizzato una cassa di whisky". E questo lo sapevamo. Ma poi ha aggiunto con naturalezza: "Non escludo, che alla fine uno sviluppo ci possa essere". E questo giunge nuovo.

Ora bisognerebbe dire che la frase di Brüderle era un po' lunga e conteneva una lista di cautele. E' tuttavia sorprendente la dichiarazione, che la FDP fino ad ora aveva considerato gli Eurobond un tabu'.

Nel merito ci sono molte buone argomentazioni contro gli Eurobond. E queste possono essere formulate solamente da chi prende parte al dibattito, e non da chi cerca di soffocare la discussione. Se sempre piu' stati chiedono alla Germania di emettere gli Eurobond, allora la saggezza politica consiglerebbe, di discuterne con i paesi che si fanno portatori della proposta, Francia e Italia prima di tutto, invece di ignorarli.

Che cosa sono gli Eurobond? Detto in parole semplici, la Germania deve offrire degli interessi molto bassi, la Spagna al contrario molto alti. Se in futuro gli stati potessero vendere titoli del debito comuni, per alcuni paesi i costi di finanziamento salirebbero, per altri scenderebbero. E i mercati finanziari inoltre non potrebbero speculare contro i singoli stati. 

Inoltre, un altro problema di mercato sarebbe eliminato: i paesi Euro offrono le loro obbligazioni in una moneta straniera, in Euro esattamente. Poichè alla loro banca centrale manca la sovranità monetaria, in caso di insolvenza non possono semplicemente stampare denaro. Gli investitori non hanno la sicurezza al 100% di rivedere il loro capitale per intero. 

Tutto questo parla a favore degli Eurobond. Ci sono tuttavia degli argomenti contrari molto forti. Una condivisione del debito per paesi come la Germania, i cui costi di finanziamento crescerebbero, è accettabile solo nella misura in cui gli altri partner si obbligano ad una stretta disciplina di bilancio. Volersi opporre al Fiskalpakt come fa Hollande, e nello stesso momento chiedere gli Eurobond - non può funzionare.

Di piu': chi vuole gli Eurobond deve essere pronto a trasferire a livello UE il controllo sulle entrate e le uscite del proprio stato. Altrimenti potrebbe accadere, che al contribuente francese un giorno venga presentato il conto di un abbassamento delle tasse in Grecia finanziato con il ricorso al debito. 

Per un tale trasferimento di competenze - per quello che sappiamo - anche Hollande non è pronto. Infine: gli Eurobond libererebbero i paesi oggi in difficoltà dalla pressione di realizzare delle riforme dolorose ma necessarie. Detto altrimenti: le turbolenze non sarebbero eliminate, ma addirittura prolungate.

Da tutto questo segue, che le obbligazioni europee comuni, non dovranno essere all'inizio - come anche Brüderle dice giustamente - ma alla fine di un ulteriore processo di integrazione europeo. La loro introduzione allora sarebbe anche logica. La cancelliera Merkel dovrebbe inviare questo segnale anche nelle altre capitali europee: la Germania è pronta a parlarne - sei il percorso per arrivarvi è quello giusto.  

venerdì 30 marzo 2012

45 anni di lavoro, 140 € di pensione


La Sueddeutsche Zeitung pubblica uno studio del governo sulle pensioni dei minijobber. Le cifre sono allarmanti e milioni di lavoratori di fatto senza pensione, in età avanzata dovranno fare ricorso ai sussidi statali contro la povertà per poter sopravvivere.


Milioni di donne devono temere di diventare povere in età avanzata - sebbene lavorino. Questo fenomeno riguarda prima di tutto le occupate con un minijob ( lavori da 15 ore settimanali per 400 € nette al mese).  La loro pensione sarà, al valore attuale, meno di 200 €.  Queste cifre compaiono in una risposta che il governo federale ha dato ad una interrogazione presentata da Die Linke e che la Sueddeutsche Zeitung pubblica. Senza altri redditi, le donne con un basso salario saranno interamente dipendenti dai sussidi statali.

In Germania ci sono 7.4 milioni di occupati che hanno un'occupazione a 400 € di base, sui quali non pagano imposte e contributi sociali.  Nel 2011, 4.65 milioni di loro erano donne. Il fatto che per questi lavori vengano pagati solo dei piccoli contributi pensionistici avrà delle enormi conseguenze sull'importo della loro futura pensione. I contributi per questi lavoratori, dovuti dal 1999, vengono pagati quasi esclusivametne dal datore di lavoro.

Il ministero del lavoro ha calcolato l'importo della loro pensione. Dopo un anno di attività, un minijobber acquisisce il diritto ad una pensione di 3.11 €. Dopo aver versato per 45 anni, l'importo a cui avrà diritto, ai valori attuali, sarà di 139.95 €.

Le cose vanno un po' meglio se il contributo pensionistico del datore di lavoro passa dal 15% alla percentuale attualmente in vigore del 19.6%. Dopo 45 anni di attività l'importo della pensione arriva a 182.7 €, oltre 4 € per anno. Gli occupati prendono in considerazione questa possibilità solo raramente, sebbene attraverso di essa ricevano anche un'assicurazione contro gli infortuni. Fra le donne con uno stipendio base di 400 € (Minijobberin), solo il 6.9 % passa all'aliquota superiore.

Questo problema è noto anche alla coalizione di governo. Secondo i piani del governo, per i minijobber in futuro ci sarà un aumento dei contributi del datore di lavoro - a meno che il lavoratore non vi rinunci autonomamente.

Il ministro del lavoro Ursula Von der Leyen (CDU) dal 2013 in poi intende aiutare i lavoratori a basso stipendio con una sovvenzione per la pensione: secondo i calcoli del governo la pensione dei minijobber raggiungerebbe in questo modo i 365 €. Senza altri redditi i minijobber restano comunque legati al sussidio minimo statale di base per l'età avanzata che al momento è di 688 €.

La portavoce della Linke, Yvonne Ploetz, ha dichiarato in merito a queste cifre: "la previdenza sociale delle donne  resta allarmante". Il sussidio statale non garantisce alcun miglioramento.

Sempre di più contro i minijob.

Le critiche ai minijob recentemente si sono fatte più forti. I sindacati sollecitano una riforma, tanto più che questi mini impieghi non si sono sviluppati come un possibile ingresso ad un normale lavoro a tempo pieno. 

Una commissione di esperti in uno studio sulla condizioni del lavoro,  si è pronunciata a favore della eliminazione dello status speciale dei Minijobs. Il governo ha rigettato questa proposta ma  intende invece aumentare il tetto dello stipendio dei minijobs dai 400 ai 450 €. 

Il ministero del lavoro avverte di non sopravvalutare le cifre: "pensioni basse non sono un indice di redditi bassi in futuro" scrivono i funzionari del governo e aggiungono delle cifre: di fatto la pensione delle donne in media è di 535 €. Ma poichè esse hanno spesso altri redditi aggiuntivi, il reditto complessivo delle donne single in età avanzata è in media di 1.188 €. Le coppie di pensionati, secondo il ministero, dispongono di un reddito di 2.248 €.