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mercoledì 12 giugno 2019

Gustav Horn: "dobbiamo spiegare all'opinione pubblica tedesca che l'italiano non è di per sé pigro"

Il grande economista tedesco Gustav Horn, direttore del prestigioso IMK, vicino ai sindacati e molto ascoltato dalla SPD, intervistato dalla radio pubblica Deutschlandfunk ci spiega perché la politica economica del governo italiano tutto sommato è ragionevole e perché nei paesi del nord è necessaria un'offensiva di comunicazione per far capire ai tedeschi che l'italiano di per sé non è necessariamente pigro. Da Deutschlandfunk




DLF: Herr Horn, prima di tutto i dati: niente crescita, pochi investimenti, sovvenzioni sbagliate - e questa è solo la versione breve. Manca qualcosa? 



Horn: sì, nell'economia italiana manca la crescita economica e la crescita dell'occupazione e soprattutto il dinamismo economico. Ed è già ampiamente risaputo. La domanda è la seguente: come è possibile venire fuori da questo dilemma anche tenendo conto dell'alto debito pubblico che l'Italia si porta sulle spalle? Con questo conflitto, certamente non se ne esce. 


DLF: se lei dovesse consigliare al governo italiano di fare qualcosa per creare una crescita sostenibile, cosa dovrebbe fare l'Italia? Perché è di questo che si tratta essenzialmente. 

Horn: beh, vorrei che si desse al paese una prospettiva più lunga. Non dobbiamo illuderci che entro uno o due anni sia possibile mettere a posto quanto richiesto dall'UE, e nemmeno farlo con degli obiettivi di disavanzo annuale. L'Italia soprattutto deve fare delle riforme strutturali, prima di tutto nel sistema giuridico, in modo da creare maggiore dinamismo economico. In secondo luogo, è necessario tornare ad aumentare gli investimenti pubblici al fine di dare all'economia italiana un nuovo slancio capace di generare crescita, e in questo processo di crescita, con le entrate fiscali, naturalmente, si dovrà fare in modo che il deficit torni a scendere. 

"È positivo che l'Italia abbia introdotto una sicurezza di base" (RdC)

DLF: queste tuttavia non sono le ricette di Bruxelles, o diciamo, queste non sono le ricette del governo italiano. Lì, per quanto io possa giudicare da qui, si spendono soldi che il paese non ha, soprattutto per finanziare i consumi. È stato completamente sbagliato aver introdotto una sicurezza sociale di base che fino ad ora non esisteva (RdC), oppure la si doveva comunque introdurre, lei come la vede? 

Horn: sì, bisogna valutare in maniera diversa quello che il governo italiano intende fare. Sicuramente la spesa è stata fatta principalmente per i consumi, ma ciò non è necessariamente sbagliato. Ad esempio, aver introdotto una sicurezza di base (RdC) è stata una scelta ragionevole. Anche in Grecia c’era un problema, dato che non esisteva ancora nulla di simile e la gente si rifugiava nella pensione, e ciò ha portato ad avere oneri pensionistici significativamente più alti. Nel complesso è positivo che l'Italia abbia deciso di introdurre una sicurezza di base. Si stabilizza la situazione di molte persone, e gli si mettono in mano dei soldi da spendere, e questo, a sua volta, avvantaggia l'economia italiana nel suo complesso. Tutto il resto, i sussidi o i tagli fiscali, penso che in realtà siano sbagliati o superflui. Su questo punto credo che il governo italiano dovrà cedere e la Commissione UE dovrà armarsi di molta piu' pazienza, soprattutto per quanto riguarda il deficit.

"Politicamente questo conflitto è molto distruttivo" 

DLF: così arriviamo direttamente al punto. L'Unione Europea dice che questo debito aggiuntivo non può essere fatto, mentre il governo italiano dice: facciamo dell'Unione Europea lo spauracchio della gente. Così finiamo in questo terribile ciclo in cui i populisti alla fine possono sottrarsi alle loro responsabilità, giusto? 

Horn: sfortunatamente è vero. Politicamente questo conflitto è molto distruttivo e finirà per stendere al tappeto l'Italia, ma anche l'UE. A tale riguardo vi è un urgente bisogno di essere costruttivi e di mostrare agli italiani le modalità per uscire da questa situazione senza entrare in una recessione e senza causare altre difficoltà sociali. Questo, come ho detto, riguarda la necessità di avere un po 'più di pazienza nella riduzione del disavanzo e da parte degli italiani, a loro volta, la disponibilità a ridurre questo deficit nel lungo termine. In Italia non c'è una crisi acuta: i tassi di interesse sono ancora bassi, il debito può essere gestito, sicuramente il debito mette il bilancio italiano sotto pressione, ma può essere onorato e l'Italia ha anche un avanzo di conto corrente con l'estero, il debito estero quindi non sta aumentando. Si tratta prima di tutto di un indebitamento interno, vale a dire che la situazione è ancora sopportabile. 


"Non c'è una crisi finanziaria acuta" 

DLF: dall’altra parte, i tassi di interesse italiani, naturalmente, sono ben al di sopra del livello comune al resto d'Europa. In Germania possiamo indebitarci e per farlo arrivano addirittura a pagarci. Quindi credo che quel tre per cento di interessi richiesto dal mercato, ovviamente, sià già un indicatore molto chiaro, non è cosi'? 

Horn: è vero, devono pagare dei tassi di interesse più elevati rispetto ai nostri, ma non devono pagare dei tassi di interesse così elevati da non poter rifinanziare il debito, e questo è decisivo per capire se c'è una crisi finanziaria oppure no, e al momento non c'è una crisi finanziaria acuta in corso. Tuttavia se si spinge l'Italia in recessione con delle dure misure di austerità, e se a soffrirne fosse anche l'Unione Europea, potrebbe davvero trasformarsi rapidamente in una crisi. A tal proposito, consiglio prudenza, pazienza e persistenza. 

DLF: d'altra parte - ora devo risponderle - quello che soprattutto sta facendo Salvini, ma anche Di Maio, non è certo l'ideale per creare fiducia. Si ha come l'impressione che siano gli altri a dover pagare per le promesse fatte. Si può certamente parlare di un'escalation populista. Oppure secondo lei è un'espressione troppo forte? 

Horn: è eccessivo direi. I populisti naturalmente sfruttano a loro vantaggio e senza alcuna pietà una situazione del genere e fanno dell'UE un capro espiatorio. Certo, l'Italia dovrebbe fare autocritica e questo elevato onere debitorio sul bilancio anche per gli italiani è sicuramente negativo. Potrebbero spendere molto più denaro per cose utili, migliorare il sistema educativo, e aumentare gli investimenti pubblici, se non avessero questo vecchio debito così elevato. Deve essere chiaro anche in Italia che l'interesse primario in realtà dovrebbe essere quello di ridurre questa montagna di debito. 

"Sconsiglio vivamente una ristrutturazione del debito" 

DLF: alcuni economisti tedeschi dicono che per l'Italia dobbiamo pensare a qualcosa come a una ristrutturazione del debito. Non la vede così anche lei? 

Horn: posso solo sconsigliarlo fortemente, perché ci sarà un giorno dopo la ristrutturazione del debito. Quando ti sei sbarazzato dei tuoi debiti, poi non sei più meritevole di ricevere credito, perché naturalmente, qualsiasi investitore eviterà le obbligazioni italiane, dato che il rischio è quello di dover subire un altro taglio del debito. È molto meglio uscire lentamente da questa situazione debitoria, ma farlo con costanza. Dal punto di vista sociale è molto meno dannoso e sicuramente più sostenibile di una ristrutturazione, dopo la quale gli investitori temono che arriverà un altro taglio del debito. 

DLF: allora l'unione monetaria è a rischio? Lei è più scettico o moderato?. Questa settimana abbiamo avuto qui da noi Herr Fuest dall'Istituto IFO, il quale è molto più scettico di lei. Dal suo punto di vista cosa c'è che non va nella sua analisi? 

Horn: egli considera in maniera troppo elevata, almeno io credo, il rischio costituito dal debito, o almeno il rischio di una crisi acuta. Non vedo un grande pericolo in questo debito. Ma vedo un grande onere sull'economia italiana e sul governo italiano, e in effetti si dovrebbe fare qualcosa per ridurre questa montagna di debiti, ma non dobbiamo neanche cadere nel panico. 

La politica dell'austerità in Grecia ha fallito

DLF: naturalmente ciò significherebbe che stiamo cambiando la direzione di fondo della politica, della politica economica di base, se facciamo ciò che loro ci dicono di fare. Durante le crisi fino ad ora non si è proceduto in questo modo, secondo lei è sufficiente che Herr Schäuble non sia più al posto di comando delle finanze? Ha più fiducia in Herr Scholz? 

Horn: sicuramente ho più fiducia in Herr Scholz, ma Scholz non è l'unico ministro delle finanze dell'UE. Ce ne sono altri che continuano ad attenersi ad una politica che in Grecia è già fallita. Le esperienze fatte con la crisi greca sono evidenti e saldamente presenti nella letteratura accademica. Non è che tu puoi pensare di ridurre il deficit e il debito con un duro piano di austerità. In Grecia non ha funzionato e ha provocato gravi difficoltà sociali. Non si dovrebbe ripetere lo stesso errore con il caso italiano, perché le conseguenze per l'UE sarebbero molto più drammatiche che in Grecia. Ciò potrebbe davvero mettere a repentaglio l'intera Unione monetaria e l'UE. 

"Bisogna spiegare alla gente che l'italiano non è di per sé pigro " 

DLF: dall'altro lato si dovrebbe spiegare all'opinione pubblica tedesca che qualcosa di simile può funzionare anche in maniera diversa, altrimenti avremo il populismo qui da noi in Germania, perché naturalmente ciò significherebbe che gli italiani fanno debito, e saremo noi a dover pagare per questo. Questa è sempre la versione più semplice. 

Horn: sì, anche noi abbiamo un onere pesante che grava sulla nostra economia, vale a dire l'onere del debito, in quanto nella crisi finanziaria del 2008, 2009 ci siamo attenuti a dei concetti economici sbagliati. In effetti è importante attivarsi anche dal punto di vista della comunicazione politica e spiegare alla gente che l'italiano non è di per sé pigro e che il governo italiano non è per sua natura un amante del debito, ma che dobbiamo essere un po 'più razionali e imparziali ed evitare i pregiudizi più di quanto non sia stato fatto in passato.

domenica 21 aprile 2013

Kein Wettbewerb, bitte!

Gustav Horn, presidente dell'Institut für Makroökonomie und Konjunkturforschung della  Hans-Böckler-Stiftung (vicino ai sindacati), sulla progressista Die Zeit propone una riflessione sul meccanismo profondamente sbagliato alla base della moneta unica: la concorrenza fra stati. 
Gli stati in Europa dovranno essere come le imprese: piu' economici, in continuo miglioramento e sempre piu' competitivi. Questo pensiero economico sta distruggendo l'Europa.

La crisi della zona Euro sembra non avere fine. Perché la zona Euro nonostante gli enormi sforzi di tutti i paesi membri non si è ancora stabilizzata?

La risposta è semplice. Perchè le soluzioni proposte sono ampiamente inefficaci. Solo l'annuncio di un acquisto illimitato di titoli di stato da parte della BCE è riuscito a calmare un po' la situazione. Tutto il resto, almeno nel breve periodo, non ci aiuta molto, o addirittura puo' risultare dannoso. E nel frattampo il consenso politico per l'Euro viene meno. Questo processo affonderà la moneta unica - se tali sviluppi non saranno fermati.

L'errore di fondo, commesso in particolar modo dalla Germania, è stato una concezione dell'unione monetaria completamente sbagliata. Il governo federale ha interpretato l'unione monetaria - lo stesso hanno fatto i governi che l'hanno preceduto - come una comunità di stati fondata sulla concorrenza. In questa competizione i singoli paesi devono mostrarsi capaci di sopravvivere per poter restare legittimi membri dell'unione monetaria. Secondo tale prospettiva ogni paese dovrà adottare un proprio modello di business. Per alcuni - come a Cipro -  il modello sarà basato su di una bassa tassazione ed una regolamentazione meno severa  -  a spese di altri paesi nell'unione monetaria. Un altro modello di business potrebbe essere fondato sulla moderazione salariale e lo smantellamento dei sistemi di sicurezza sociale al fine di raggiungere una maggiore competitività. Ma cio' sta portando ad una forte avversione dei cittadini verso l'Euro. E cio' non aiuta. Al contrario: le misure adottate hanno spinto la zona Euro in una dura recessione in cui né la disoccupazione né i debiti pubblici potranno essere ridotti in tempi prevedibili.

Cosa possiamo imparare da tutto questo? Primo: una politica economica fondata esclusivamente su di un miglioramento delle condizioni sul lato dell'offerta, in una situazione economica con bassa domanda, è destinata a fallire. Senza una domanda sufficiente nessuna impresa potrà imporsi, indipendentemente da quanto economiche saranno le sue produzioni. Questo punto di vista si diffonde gradualmente anche fra i governi della zona Euro. Anche per questo - in maniera piu' o meno timida - sono stati messi in campo dei programmi per aumentare la domanda.

Il secondo insegnamento è tuttavia ancora piu' fondamentale. E' stato un errore trasferire all'interno di una unione monetaria composta da stati sovrani il modello privato fondato sulla concorrenza. Mentre la concorrenza fra imprese porta a risultati macroeconomici desiderabili, quella fra stati è improduttiva o addirittura dannosa. Il motivo è semplice: quando le aziende si fanno concorrenza, nascono nuovi prodotti e modi di produrre piu' efficienti - quindi nuove fonti di ricchezza. Se invece gli stati entrano in concorrenza fra di loro, la ricchezza viene  distrutta.

Questo è nella natura della concorrenza. Dove questa esiste, deve essere possibile il fallimento. Le imprese fallite scompaiono dal mercato. La concorrenza puo' acquisirne i clienti e creare nuovi posti di lavoro. Gli stati falliti restano, e soprattutto gli uomini che li abitano. Vivranno con un benessere sensibilmente inferiore. Inoltre, per evitare una destabilizzazione politica avranno bisogno di essere alimentati finanziariamente dagli altri stati. 

E' chiaro che nella competizione fra paesi non potrà esserci nessun vincitore netto. Perchè i vincitori molto probabilmente dovranno sostenere finanziariamente i perdenti, fatto che non potrebbe mai accadere nel caso della concorrenza nel settore privato.

Ai sostenitori della concorrenza fra paesi resta un solo argomento. E concerne uno sviluppo economico relativamente dinamico realizzato grazie agli investimenti e all'export di imprese altamente redditizie, attratte grazie ad un basso costo della manodopera, ad una limitata regolamentazione e ad una bassa pressione fiscale. Suona bene all'inizio, ma potrebbe rivelarsi illusorio.

Alla fine ci perdono tutti.

Perché questa concorrenza è caratterizzata da un'elevata pressione: per mantenere un vantaggio competitivo e trattenere le imprese, le aliquote fiscali devono restare necessariamente basse. In questo modo anche la base imponibile degli stati vincitori si erode costantemente. Cio' diventa evidente ad esempio con il degrado delle infrastrutture, per le quali a causa del calo delle entrate non ci sarà piu' denaro. Le opportunità di impiego e di crescita scompaiono. Anche il presunto vincitore finisce per perdere.

Tutto questo avviene sotto i nostri occhi. Gli stati perdenti come Cipro, la Grecia, il Portogallo,  l'Irlanda e gli altri barcollano insieme ai loro fallimentari modelli di business. Sono finiti in un abisso economico e dovranno essere supportati dagli altri stati membri. I vincitori, si crogiolano ancora nel presunto successo. Le loro infrastrutture pubbliche stanno pero' soffrendo, le casse pubbliche sono vuote. Ogni cliente delle ferrovie pubbliche sa di cosa sto parlando. Cosi' il futuro economico è sprecato sull'altare di un'ideologia che ha elevato la concorrenza fra paesi a leit motiv della politica economica.

La procedura corretta sarebbe stata al contrario una maggiore coordinazione della politica economica europea. E' necessario un quadro di politica fiscale comune per tutti gli stati membri ed una minore concorrenza fiscale. La concorrenza dovrebbe essere lasciata alle imprese, altrimenti alla fine avremo solo dei perdenti.



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giovedì 10 gennaio 2013

Stipendi piu' alti per tutti


Prosegue il dibattito sulla dimensione degli aumenti salariali in Germania. L'istituto IMK propone un aumento degli stipendi di almeno il 4%: l'obiettivo è tenere l'Euro in vita. Da Die Welt
I ricercatori dell'IMK-Institut chiedono un forte aumento salariale in Germania. Non aumenterebbero solo i consumi, ma si aiuterebbe la stabilizzazione della zona Euro.

La Germania, secondo l'Istituto IMK, dovrebbe contribuire alla soluzione della crisi Euro aumentando i salari. Gli incrementi dei prossimi anni dovrebbero essere chiaramente al di sopra della media degli aumenti salariali nell'Eurozona, secondo i ricercatori dell'Istituto.

"Al fine di stabilizzare la Germania e l'Europa, nei prossimi 2 o 3 anni gli aumenti dovranno essere del 4%, o anche di piu'", ci dice il direttore IMK Gustav Horn. Cio' sarebbe un contributo alla stabilizzazione dell'Eurozona e non un sacrificio.

Redditi piu' alti stimolerebbero la domanda  interna. Inoltre, l'import tedesco crescerebbe e  le opportunità di export dei paesi in crisi aumenterebbero, sempre secondo Horn.

Aumenti salariali del 3%

Nel lungo periodo l'IMK vede uno spazio per aumenti salariali di circa il 3% in tutti i settori. Un aumento ancora piu' forte nei prossimi anni non danneggerebbe la competitività, secondo Horn, "anche se andasse perduto qualche ordine dall'esterno dell'Eurozona". Gli imprenditori dovrebbero accettare di ridurre una parte dei loro margini di profitto.

Il nuovo presidente dell'associazione degli industriali BDI, Ulrich Grillo, al contrario ha messo in guardia da un forte aumento delle retribuzioni. Proprio l'evoluzione moderata delle retribuzioni  avrebbe reso le aziende tedesche cosi' ben preparate per la concorrenza internazionale.

"Negli ultimi anni in Germania abbiamo raggiunto un eccellente livello di competitività". Il costo del lavoro per unità di prodotto è "estremamente concorrenziale", ha dichiarato Grillo e ha messo in guardia: "dobbiamo fare attenzione a non mettere a rischio questa posizione".

Rösler è fiducioso

Il Ministro dell'economia Philipp Rösler (FDP) sul tema ha detto solo che intende rispettare l'autonomia contrattuale delle parti sociali. La politica economica del governo federale sarebbe sulla giusta strada: consolidamento del bilancio da un lato e rafforzamento della competitività dall'altro. Nonostante il debole trimestre invernale, il leader FDP si è mostrato fiducioso sull'andamento dell'economia.

"Anche quest'anno possiamo aspettarci una buona crescita", ha detto Rösler. Come segnalato dal portafoglio ordini e dai piani di investimento delle industrie. La debolezza è solo temporanea. Il governo nelle prossime settimane intende pubblicare le sue previsioni per il 2013. Secondo le informazioni di Reuters, le previsioni di crescita saranno fra lo 0.5 e lo 0.7 %.