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giovedì 20 giugno 2019

Jörg Krämer: perché una procedura di infrazione contro l'Italia sarebbe controproducente

Jörg Krämer, il capo-economista di Commerzbank, su Handelsblatt ci spiega perché invece di avviare una procedura di infrazione contro l'Italia, bisognerebbe tornare alle origini dell'unione monetaria quando i singoli stati erano pienamente responsabili per il proprio debito. Per Krämer la disciplina imposta dai mercati finanziari, infatti, sarebbe piu' efficace delle procedure di infrazione della commissione. Ma cosa sarebbe accaduto a Commerzbank se il principio della responsabilità fosse stato applicato anche in passato? Ah saperlo... Da Handelsblatt


Che a prevalere nella disputa sul bilancio sia la commissione europea o il governo populista italiano, alla fine non avrà molta importanza. L'Italia continuerà a rifiutarsi di fare le riforme mettendo a repentaglio l'esistenza stessa dell'unione monetaria, almeno fino a quando non sarà essa stessa a dover sostenere direttamente il costo della sua errata politica di bilancio. Invece di imporre la sua politica di bilancio agli stati membri, l'UE dovrebbe accrescere la loro responsabilità.

E' fuori questione: il governo italiano dei populisti di sinistra e di destra persegue una politica economica irresponsabile. Sebbene il debito pubblico sia già più del doppio rispetto a quello consentito dal trattato di Maastricht, il governo intende ridurre in maniera massiccia le imposte sul reddito e annullare un aumento dell'IVA concordato con l'UE.

Minaccia inoltre di pagare le fatture ancora aperte con dei titoli di debito di piccolo taglio. Questi cosiddetti mini-bot potrebbero essere il nucleo di una valuta parallela che viola le leggi europee, dato che l'euro è l'unico mezzo di pagamento legale dell'unione monetaria.

Nel conflitto con l'UE, almeno a prima vista, i ruoli sono già chiaramente assegnati. Da buoni europei bisognerebbe schierarsi senza indugio dalla parte della Commissione europea, che nei confronti dell'Italia vuole avviare una procedura di infrazione per eccesso di deficit.

Ma la Commissione Europea, se pensa di poter forzare l'Italia ad andare contro il suo desiderio di felicità, cioè spingerla verso una politica fiscale sana, è sulla strada sbagliata. E ciò diventa ancora piu' evidente quando si osservano i due possibili risultati della disputa sul bilancio.

Lo scenario più probabile è che la Commissione europea stia facendo il viso duro, ma poi, come è già accaduto verso la fine dello scorso anno, alla fine si riesca a trovare un accordo con il governo italiano sulla base di un compromesso modesto che porta alla chiusura della procedura di infrazione. Ciò equivarrebbe ad un trionfo per il capo della Lega Matteo Salvini.

Dopo nuove possibili elezioni, la Lega potrebbe formare insieme a Forza Italia di Berlusconi e agli altri partiti minori di destra un nuovo governo senza il movimento populista di sinistra dei Cinque Stelle. La politica di bilancio irresponsabile potrebbe solo proseguire.

L'alternativa alla ritirata della Commissione europea sarebbe una  applicazione coerente della procedura di infrazione nei confronti dell'Italia - non influenzata dalle possibili turbolenze del mercato. Ma anche se la Commissione Europea fosse disposta a farlo, nel migliore dei casi riporterebbe a una vittoria di Pirro.

L'UE perderebbe anche l'ultimo spiraglio di simpatia fra gli elettori italiani, i quali non vogliono che le politiche economiche del loro paese vengano messe fuorilegge in maniera non democratica. I populisti allora soffierebbero sul fuoco del risentimento nei confronti dell'UE. In un clima così avvelenato e irrazionale, l'idea di fare le riforme necessarie all'economia di mercato non troverebbe alcun spazio. 

L'Italia mette in pericolo l'unione monetaria

Se nella disputa sul bilancio a prevalere dovesse essere la Commissione europea o se alla fine la Commissione deciderà di cedere, non è poi così importante. In entrambi gli scenari, l'Italia continuerà a rifiutarsi di fare le riforme, mettendo a repentaglio l'esistenza stessa dell'unione monetaria.

Il comportamento dell'Italia è dovuto al fatto che l'unione monetaria non tiene conto del principio di responsabilità proprio dell'economia di mercato. Non è solo l'Italia ad essere responsabile delle conseguenze della sua pessima politica economica e di bilancio. Piuttosto, se lo stato italiano diventasse troppo indebitato e quindi insolvente, porterebbe  con sé verso il fondo il resto dell'unione monetaria.

Il patrimonio netto delle banche è insufficiente per far fronte al default sui titoli di stato in loro possesso. Ma se nella terza economia della zona euro le banche dovessero crollare, verrebbe messa a repentaglio la stabilità dell'intero sistema finanziario, anche nel resto dell'area dell'euro.

I politici italiani sono consapevoli di questi effetti di contagio e ipotizzano che nel caso peggiore sarebbero espulsi dalla comunità internazionale, e in particolare dalla BCE. Questo problema di incentivi errati non può essere risolto con la tutela della politica economica dell'UE, ma solo ripristinando il principio di responsabilità.

Se gli italiani dovessero sostenere da soli i costi degli errori di politica economica, non continuerebbero a dare la loro fiducia e ad affidare il governo al populismo di destra e di sinistra. Una misura radicalmente positiva per riaffermare il principio di responsabilità sarebbe una nuova regolamentazione per la gestione del fallimento degli stati, come era già stata discussa alcuni anni fà.

Nelle condizioni delle obbligazioni verrebbe irrevocabilmente indicato che i creditori potrebbero perdere una parte dei loro soldi nel caso in cui il rapporto debito/Pil dovesse superare un determinato livello. Gli investitori verrebbero così a sapere in tempo utile se la situazione dovesse farsi pericolosa.

I rendimenti obbligazionari salirebbero sin da subito, tanto da permettere allo stato di prendere delle adeguate contromisure. Se il principio dell'auto-responsabilità dovesse sostituire la garanzia illimitata dell'UE, l'unione monetaria allora potrebbe sopravvivere anche nel lungo periodo.



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giovedì 21 marzo 2019

Handelsblatt - Con la fusione bancaria la Germania si gioca la sua credibilità

"La fusione bancaria batte tutto quello che abbiamo visto fino ad oggi. Se alla fine nascerà una grande banca con una partecipazione pubblica e una garanzia implicita dello stato, allora si tratterà di capitalismo di stato". Se ne sono accorti anche sulla cosiddetta stampa di qualità. Ne scrive Frank Wiebe su Handelsblatt


Il ministro delle finanze tedesco assume un alto banchiere di Goldman Sachs come sotto-segretario. Poi spinge Deutsche Bank e Commerzbank a sondare la possibilità di una fusione. Anche i fautori di questo accordo riconoscono che la riduzione dei costi di finanziamento, grazie al sostegno del governo, sarebbe uno dei principali vantaggi aziendali derivanti dalla fusione.

Se il governo tedesco, il principale azionista di Commerzbank, si fa carico di portare avanti il ​​progetto, non sarà certo il governo a piantare in asso la "Deutsche Commerzbank" - o come si chiamerà. A cosa somiglia? All'economia di mercato? Alla politica di regolamentazione? Ricorda forse la promessa di non scaricare più sul contribuente i rischi del settore bancario?

La risposta è in ogni caso: no. E cosi' la Germania sta mettendo in gioco la sua credibilità. In futuro in Europa non potremo più recitare il ruolo del professore. Cinicamente ci si potrebbe chiedere se questo sia un vantaggio o uno svantaggio. Non sono proprio i politici tedeschi che da sempre chiedono agli altri paesi dell'area dell'euro di rispettare le regole?

Non c'erano forse critiche nei confronti dell'Italia quando il governo italiano aiutava le banche piccole e medie? Non nutriamo il sospetto che in Francia il capitalismo di stato alla Colbert o alla Mitterrand sia ancora molto popolare? I richiami tedeschi suonavano sempre un po' vuoti. Un'ampia quota di mercato gestita dalle banche di diritto pubblico non puo' certo essere un modello di politica di regolamentazione.

Non solo durante la crisi finanziaria c'è stata una forte volontà di spendere denaro pubblico per salvare modelli di business falliti. Ma ancora oggi, come mostra l'esempio attuale di NordLB. Ma la fusione bancaria batte tutto quello che abbiamo visto fino ad oggi. Se alla fine nascerà una grande banca con una partecipazione pubblica e una garanzia implicita, allora si tratterà di capitalismo di stato. Jean-Baptiste Colbert, ministro delle finanze sotto Luigi XIV, e il presidente socialista François Mitterrand non avrebbero potuto fare di meglio.




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mercoledì 13 marzo 2019

Una fusione fra due pesi leggeri

La fusione fra Deutsche Bank e Commerzbank s'ha da fare, almeno secondo il Ministro delle Finanze Scholz. La politica di Berlino spinge verso una fusione che metta in sicurezza il settore bancario prima che arrivi un'altra crisi economica o prima che un forte concorrente estero, come BNP, riesca ad entrare nel ricco mercato tedesco. Sullo sfondo le elezioni europee di maggio e un nuovo Parlamento con forze politiche meno indulgenti verso il corso interventista di Berlino. Ne parla il sempre ben informato German Foreign Policy.


Solo al 19 ° posto

Secondo le cronache più recenti Deutsche Bank e Commerzbank hanno avviato dei colloqui esplorativi in merito alla possibilità di una fusione fra le 2 banche. Se si dovesse arrivare alla fusione, nascerebbe di gran lunga il più grande istituto finanziario tedesco con un bilancio complessivo di quasi due trilioni di euro e 38 milioni di clienti. Attualmente sono circa 130.000 i lavoratori impiegati dalle due banche, di questi circa 80.000 nella Repubblica federale. Con la fusione tuttavia non cambierebbe di molto la situazione del nuovo istituto finanziario, in quanto con una capitalizzazione di mercato di 24 miliardi di euro nel confronto internazionale resterebbe "un peso leggero", scrivono gli osservatori. In effetti Deutsche Bank con una capitalizzazione di mercato di soli 19,6 miliardi di euro nel 2018 era il più grande istituto finanziario tedesco, ma si trovava solo al 19° posto nella classifica delle principali banche europee [2], posizione dovuta all'enorme perdita di valore delle azioni della banca in crisi. Entrambi gli istituti non si sono mai veramente ripresi dallo shock della crisi finanziaria globale del 2007/08. Il valore del titolo Deutsche Bank negli ultimi cinque anni è sceso da poco meno di 30 euro fino a soli sette euro.

Politicamente forzato

Secondo le cronache i due istituti finanziari sarebbero sotto la pressione della politica che spinge per accelerare la fusione. [3] Berlino si aspetta "una decisione nelle prossime settimane", scrive la stampa. Sarebbe soprattutto il Ministro delle finanze federale Olaf Scholz (SPD) a spingere verso la creazione di una forte banca tedesca di grandi dimensioni. Poiché il governo tedesco continua a detenere circa il 15 per cento delle azioni di Commerzbank, di cui è entrato in possesso in seguito al sostegno offerto durante la crisi finanziaria del 2007, il Ministro delle Finanze, in quanto maggiore azionista della banca, dispone anche dei mezzi necessari per far attuare il suo piano. Berlino preme sull'acceleratore in quanto teme che le prossime elezioni europee possano portare una "nuova maggioranza a Bruxelles" che potrebbe bloccare la fusione. Inoltre la strategia si adatta al nuovo corso economico interventista del governo federale: creare dei "campioni nazionali" - società monopoliste per far fronte alla crescente concorrenza mondiale - attraverso delle fusioni nei settori piu' importanti. A Berlino la fusione strategica viene considerata l'ultima possibilità "per rafforzare il settore delle grandi banche in Germania", si dice. Se la fusione dovesse fallire, per Commerzbank ci sarebbe la minaccia di un'acquisizione da parte di un "compratore straniero". A Berlino viene presa in considerazione anche la possibilità di fondere Commerzbank con un gruppo finanziario francese come BNP Paribas; ma in tal caso Deutsche Bank si troverebbe in casa un "potente concorrente" che "potrebbe rendere ancora piu' difficile il rilancio della più grande banca tedesca".

Una fusione di emergenza?

Un altra ragione che spinge il governo federale ad accelerare verso una fusione fra i due istituti finanziari, secondo gli osservatori, riguarderebbe la crescente preoccupazione per la crisi in arrivo. Deutsche Bank in caso di crisi potrebbe finire in "difficoltà", si dice; un "rallentamento dell'economia" con ogni probabilità spingerebbe i due istituti finanziari in una situazione di "squilibrio". La fusione tanto desiderata dalla politica sarebbe più che altro una fusione di emergenza. [5] L'utile annuale annunciato da Deutsche Bank - sebbene relativamente basso, ma comunque il primo dopo quattro anni - non è riuscito a nascondere il rapido declino del settore finanziario tedesco. In questo senso è significativo il confronto con la concorrenza statunitense: JP Morgan, la più grande istituzione finanziaria degli Stati Uniti, con cui un tempo "Deutsche Bank amava confrontarsi", ha una capitalizzazione di mercato di oltre "300 miliardi di euro".

"Politica industriale per le banche"

Secondo gli esperti, infatti, l'intero settore finanziario tedesco si troverebbe in una fase di declino, non solo a livello internazionale ma anche a livello nazionale, dove le banche estere stanno espandendo la propria posizione. Il settore finanziario si sta quindi sviluppando nella direzione opposta rispetto ad un'economia tedesca fortemente orientata all'export. A differenza degli Stati Uniti, nella Repubblica federale dopo lo scoppio della crisi finanziaria gli istituti finanziari, dopo essere stati "salvati" a suon di miliardi di euro, non sono stati "dotati di nuovo capitale fresco", scrivono gli osservatori; è mancato il "capitale necessario per fare le riforme interne urgentemente necessarie e affrontare le sfide della digitalizzazione". [6] Le banche tedesche di conseguenza sono rimaste indietro rispetto ai concorrenti. Le misure del Ministero delle finanze in questo contesto possono essere considerate come "una politica industriale per il settore finanziario" che alla fine giova "all'intera economia tedesca". In ogni caso, nei centri finanziari di Francoforte l'approccio di Scholz, in considerazione dello stato in cui versa il settore, viene accolto con favore.

Ritiro dall'Europa dell'Est e dal Portogallo

Deutsche Bank di fatto si è già ritirata da diversi mercati europei. In Portogallo, ad esempio, nel corso del 2018 ha completato la sua uscita dal settore bancario privato e aziendale cedendolo alla banca regionale spagnola Abanca [7]. Nell'ambito della ristrutturazione del gruppo e della necessaria riduzione dei costi, anche in Polonia l'attività bancaria commerciale è stata ceduta alla banca spagnola Santander. Nel contesto della vasta inchiesta sul riciclaggio di denaro nella filiale estone della Danske Bank, per la quale la principale istituzione finanziaria tedesca ha gestito come banca corrispondente transazioni dubbie per un volume di 150 miliardi di euro, nell'Europa orientale è iniziata una ritirata generale da questa linea di business. Dal 2016, il numero dei clienti in quest'area è stato ridotto di "circa il 60 %", ha detto l'incaricato di Deutsche Bank per il contrasto al riciclaggio di denaro all'inizio di febbraio davanti ai parlamentari europei. Nei confronti della banca in crisi, infatti, negli Stati Uniti sono in corso delle indagini in quanto dal 2007 al 2015 avrebbe ripulito e trasferito circa 200 miliardi di euro provenienti da fonti russe alquanto torbide [9].

Pressione negli Stati Uniti

La dubbia natura dei business gestiti dalla grande banca tedesca, anche negli Stati Uniti sta causando un aumento della pressione. Già alla fine dello scorso anno alcuni politici democratici avevano annunciato la volontà di esaminare il ruolo di Deutsche Bank nei flussi di cassa di dubbia natura che in alcuni casi portano fino all'ambiente del presidente degli Stati Uniti Donald Trump. [10] Nel frattempo due commissioni parlamentari alla Camera si stanno occupando di Deutsche Bank per chiarire le sue pratiche e i rapporti con il presidente degli Stati Uniti Donald Trump. Sono probabili audizioni pubbliche sulle attività di riciclaggio di denaro di Deutsche Bank. Date le prospettive cupe negli Stati Uniti, la stampa finanziaria tedesca formula delle raccomandazioni chiare in merito ai titoli del più grande istituto finanziario tedesco: "evitate le azioni" [11]

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[1] Tim Kanning: Sewing holt sich Erlaubnis für Gespräche über eine Fusion. faz.net 10.03.2019.
[2] The 20 largest banks in Europe by market capitalization. banksdaily.com 31.05.2018.
[3] Deutsche Bank und Commerzbank prüfen Zusammenschluss. zeit.de 09.03.2019.
[4] Tim Kanning: Sewing holt sich Erlaubnis für Gespräche über eine Fusion. faz.net 10.03.2019.
[5] Tim Bartz: Auf dem Weg zur Notfusion. spiegel.de 31.01.2019.
[6] Deutsche Banken noch immer in der Krise. daserste.de 17.10.2018.
[7] Deutsche Bank: Rückzug aus Privatkundengeschäft in Portugal. fnp.de 27.03.2018.
[8] Deutsche Bank zieht sich aus Osteuropa zurück. n-tv.de 04.02.2019.
[9] Meike Schreiber: Deutsche Bank gerät im Danske-Skandal unter Druck. sueddeutsche.de 23.01.2019.
[10] Für die Deutsche Bank steigt der Druck aus den USA. handelsblatt.com 07.02.2019.
[11] Deutsche Bank: Neue Ermittlungen in den USA? deraktionaer.de 14.12.2018.


martedì 29 maggio 2012

I rischi spagnoli delle banche tedesche

Faz.de (Frankfurter Allgemeine Zeitung) ci dà i numeri sull'esposizione bancaria tedesca verso la Spagna. 112 miliardi sono ancora nel paese iberico, ma il disimpegno è in corso. Cosa sarebbe successo a questi crediti se la BCE non avesse fornito liquidità illimitata?
Dopo lo scoppio della bolla immobiliare le banche tedesche hanno ridotto la loro esposizione in Spagna, hanno ancora tuttavia 112 miliardi di Euro al fuoco. I prestiti piu' grandi li ha fatti la Deutsche Bank. Anche lo stato federale tedesco sarebbe colpito dalla crisi spagnola

Il presidente dell'Associazione delle banche tedesche  (BDB), Andreaz Schmitz parla di un'esposizione significativa delle banche tedesche in Spagna. I dati appena pubblicati della Bundesbank, tuttavia, mostrano che il termine significativo è un po' riduttivo. Alla fine di febbraio le banche tedesche avevano un'esposizione verso la Spagna per 112 miliardi di Euro. E' il volume di credito piu' alto che le banche tedesche hanno verso un paese europeo in crisi. In Italia sono 100 miliardi di Euro, in Irlanda 71 miliardi, in Portogallo e Grecia 22 miliardi ciascuno. Nell'unione monetaria il settore bancario tedesco è esposto per una cifra maggiore solo verso la Francia (146 miliardi di Euro), e verso l'Olanda (121 miliardi di Euro).

Dopo lo scoppio della bolla e l'escalation della crisi, le banche tedesche hanno fatto rientrare parte dei loro capitali dalla Spagna. Nei 12 mesi precedenti al febbraio 2012 il rischio è stato ridotto del 14%.  I crediti verso le banche spagnole sono stati ridotti del 19%, fino a 42 miliardi, quelli verso le imprese del 9.5% fino a 52 miliardi di Euro, e nei confronti del settore pubblico del 15 % fino a 18 miliardi di Euro. Il valore dei crediti immobiliari, quelli piu' a rischio, non è individuabile dai dati della Bundesbank. Dovrebbero tuttavia entrare nel settore dei crediti alle imprese. 

A fine marzo la Commerzbank ha dichiarato di avere 4 miliardi di crediti verso il settore immobiliare spagnolo. Questo è il volume piu' alto conosciuto per una banca tedesca. Motivo di preoccupazione per Commerzbank è la controllata Eurohypo, concentrata sul finanziamento immobiliare e statale. Nel complesso la Commerzbank ha concesso in Spagna crediti per 14.2 miliardi di Euro. Di questi 4.4 miliardi alle banche, 2.9 miliardi allo stato e 3 miliardi alle imprese. 

I crediti piu' rilevanti verso la Spagna li ha Deutsche Bank (DB). Il volume a fine marzo era pari a 29 miliardi di Euro. Da sola Deutsche Bank ha prestato 11.4 miliardi di Euro a privati cittadini. A causa della recesione e dell'alta disoccupazione la banca dovrà fare i conti con probabili perdite. Anche nei confronti delle banche, con 6.4 miliardi DB è l'istituto tedesco con la maggiore esposizione; verso le imprese spagnole ha 9.7 miliardi di crediti, e nei confronti dello stato 1.4 miliardi. Queste sono tuttavia cifre lorde. Attraverso garanzie, assicurazioni e coperture, il rischio spagnolo si riduce da 29 a 14 miliardi di Euro. Vistosa è la riduzione del rischio verso le persone private, che passa da 11.4 miliardi a 1.9 miliardi di Euro.

Anche lo stato tedesco potrebbe essere coinvolto dalla crisi spagnola. Il fondo per lo sviluppo della nazionalizzata Hypo Real Estate, la FMS Wertmanagement, a fine giugno 2011 aveva verso la Spagna crediti per 11 miliardi di Euro. Il maggiore importo è  per 9.9 miliardi di Euro verso il settore pubblico. I finanziamenti verso il settore immobiliare ammontano a 900 milioni di Euro. Per i rischi della FMS Wertmanagement garantisce il fondo statale per il salvataggio bancario Soffin.

La terza banca tedesca, la DZ Bank, alla fine del 2011 aveva crediti verso la Spagna pari a 7.6 miliardi di Euro. Le obbligazioni rappresentavano la parte principale, con una somma pari a 7.1 miliardi. 3.1 miliardi di Euro sono verso il settore pubblico, e 4 miliardi verso le imprese o le banche. La Landesbank Baden-Württemberg (LBBW) all'inizio del 2011 aveva un impegno verso la Spagna per 5.9 miliardi di Euro, 2.6 di questi verso le banche.