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lunedì 30 settembre 2019

Un'autostrada per il populismo tedesco

Le dimissioni di Sabine Lautenschläger dal direttorio BCE e il progressivo allontanamento dalla tradizione della Bundesbank, secondo Anja Ettel, sono il terreno perfetto su cui far crescere e fiorire il populismo tedesco. Ne scrive Anja Ettel su Welt


Mario Draghi nel 2012 probabilmente è riuscito ad impedire il collasso dell'eurozona, ma a causa della sua politica monetaria i tedeschi ora si sentono espropriati della loro previdenza integrativa. Le dimissioni del membro tedesco dal direttorio BCE, Sabine Lautenschläger, sono l'espressione di una crescente alienazione dalla banca centrale europea.

La Banca centrale europea (BCE) fin dalla sua nascita ha sempre sottolineato che la nazionalità, all'interno dell'autorità di controllo della moneta unica, non gioca alcun ruolo. Ancora più notevole è il fatto che nei due decenni dall'avvio della BCE, i tedeschi in piu' di un'occasione abbiano gettato la spugna. Le dimissioni del membro del board della BCE Sabine Lautenschläger sono solo l'ultimo esempio ed espressione di una crescente alienazione. Il divario tra ciò per cui la Bundesbank si era distinta e ciò che la BCE, modellata sull'esempio della banca centrale tedesca, sotto la pressione delle numerose crisi è riuscita a fare, si è ampliato.

La famosa promessa del 2012 del presidente della BCE Mario Draghi di fare "tutto il necessario" per salvare l'euro avrà impedito il crollo imminente dell'unione monetaria. Ma allo stesso tempo ha rappresentato l'addio all'eredità della Bundesbank e al suo attenersi a delle regole ferme e affidabili in materia di politica monetaria. Una valuta che funziona si basa sulla fiducia. Vi sono quindi delle ottime ragioni per stabilire dei confini molto chiari tra la politica fiscale e quella monetaria e per non praticare il finanziamento monetario agli stati.

Negli ultimi anni questa fiducia tuttavia ha sofferto molto. Soprattutto in Germania, dove molti risparmiatori, dopo anni di interessi negativi, si sentono deprivati delle loro pensioni integrative. E tutto ciò da parte di un'istituzione che, per una buona ragione, è separata dal processo democratico e quindi in grado di agire e governare in maniera indipendente. Se i banchieri centrali si allontanano dai cittadini, si crea il terreno fertile per far prosperare i populisti. Anche la BCE dovrebbe prendere sul serio queste preoccupazioni, invece di mettere a tacere queste legittime preoccupazioni fra le proprie fila.

Deve essere chiaro: con le dimissioni di Lautenschläger la Germania non dovrà in alcun modo rinunciare a un posto nel direttorio. La Germania con un buon 26 %, resta il principale azionista. Sarebbe un segnale fatale se il maggiore azionista in futuro non fosse più rappresentato nel direttorio. Pertanto ora si dovrà cercare un guardiano della moneta di alto livello professionale e con una forte tolleranza alla frustrazione. E già questo restringe il numero dei possibili candidati. Il governo federale farebbe bene a non ridimensionare l'importanza della selezione, senza restringere i criteri sulla base del partito o del sesso. C'è troppo in ballo.

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domenica 29 settembre 2019

"Un incarico alla persona sbagliata"

"Lautenschläger non avrebbe dovuto attaccare Draghi, ma Scholz. Le sue dimissioni ci mostrano che non ha mai veramente capito quale fosse il suo compito. La sua uscita di scena pertanto non è un peccato. Si trattava comunque di un incarico assegnato alla persona sbagliata". L'ottima Ulrike Herrmann sulla Taz commenta le dimissioni di Sabine Lautenschläger.


È un danno di immagine per la Banca centrale europea: il membro tedesco del direttorio, Sabine Lautenschläger, ha dato le dimissioni dal suo incarico. Ufficialmente non vengono indicate le ragioni, ma ufficiosamente è chiaro che intende protestare contro la politica monetaria del presidente della BCE Mario Draghi.

Draghi recentemente ha imposto l'acquisto di nuove obbligazioni: a partire da novembre dovranno essere investiti ogni mese 20 miliardi di euro. Le penali per le banche, inoltre, sono state ridotte. In futuro le banche dovranno pagare lo 0,5 % di interessi sui depositi presso la Banca centrale europea, rispetto allo 0,4 % di oggi.


Un grido di protesta ha attraversato la Germania. Ancora una volta si è parlato di un "esproprio" dei risparmiatori tedeschi i quali sarebbero stati privati dei tassi di interesse sui loro risparmi. Le banche si lamentano del fatto che presto finiranno tutte in bancarotta, e molti tedeschi ancora una volta ritengono che la Germania sia "l'ufficiale pagatore d'Europa". La Bundesbank e la Lautenschläger ovviamente hanno fatto del loro meglio per gonfiare ulteriormente questa isteria collettiva presentandosi sulla scena come i critici di Draghi.

Ma questa eccitazione collettiva è chiaramente esagerata. Draghi non è un "Conte Draghila", come è stato soprannominato dalla Bild Zeitung, che succhia il sangue dei tedeschi. La sua politica monetaria è sostenuta da una maggioranza all'interno del Consiglio direttivo della BCE ed è un compromesso: sebbene le banche stiano pagando un tasso di interesse negativo dello 0,5 % - recentemente sono state introdotte molte eccezioni, con le banche che nel complesso devono pagare alla BCE meno di quanto non accadesse fino ad ora. Anche gli acquisti di obbligazioni sono modesti: ci sono stati tempi in cui la BCE spendeva 60 miliardi di euro al mese per rilanciare l'economia dell'Eurozona.

Soprattutto, va ricordato che la congiuntura dell'economia tedesca non è affatto robusta come invece ritengono la Lautenschläger e la Bundesbank. Nel secondo trimestre, l'economia del paese si è fermata, mentre l'umore ai piani alti è pessimo. Non c'è alcun spazio per aumentare i tassi di interesse.

Cosa c'è di vero: la politica monetaria di Draghi non è stata particolarmente efficace. Sebbene la BCE sia stata in grado di impedire il collasso dell'Eurozona, l'economia europea tuttavia non ha mai fatto realmente progressi.

E nessuno lo sa meglio di Draghi stesso. In ogni discorso non manca di sottolinearlo: il potere della banca centrale è limitato. La sua politica sui tassi di interesse può essere efficace solo se i principali paesi dell'eurozona fanno la loro parte. Draghi ha ripetutamente fatto appello alla Germania: i salari nel paese sarebbero dovuti crescere piu' in fretta e il governo tedesco avrebbe dovuto investire di più. Come sappiamo, le cose sono andate diversamente. Il ministro delle finanze della SPD Olaf Scholz continua a insistere sullo "schwarze Null" .

Lautenschläger quindi non avrebbe dovuto attaccare Draghi, ma Scholz. Le sue dimissioni ci mostrano che non ha mai veramente capito quale fosse il suo compito. La sua uscita di scena pertanto non è da considerarsi un peccato. Si trattava comunque di un incarico assegnato alla persona sbagliata.

sabato 28 settembre 2019

Welt - Tempi sempre piu' duri per il risparmiatore tedesco

Prosegue la retorica del risparmiatore tedesco tradito ed espropriato da una BCE ormai saldamente in mano ai latini, questa volta è Die Welt a incensare il contributo di Sabine Lautenschläger e a rammaricarsi per la sua partenza anticipata dalla BCE. Ne scrivono su Die Welt i soliti Anja Ettel e Holger Zschäpitz


Sabine Lautenschläger, membro del board della BCE, si dimette in anticipo sulla scadenza del suo mandato. È già la terza tedesca a gettare la spugna. Secondo le informazioni disponibili a Die Welt, era sempre più frustrata per lo stile autoritario della leadership di Draghi.

Può sembrare paradossale, ma ad inizio anno la quota tedesca della Banca Centrale Europea è salita dal 25,5 al 26,4 %. Dal punto di vista dei contenuti, tuttavia, continua a ridursi l'influenza del maggiore azionista. Il fatto che la Germania al momento all'interno della BCE si trovi sulla difensiva, lo si può  leggere anche nella recente decisione.

Sabine Lautenschläger, il rappresentante tedesco nel consiglio di amministrazione della BCE, ha dato le dimissioni. La ex vicepresidente della Bundesbank lascerà l'incarico a fine di ottobre, due anni prima di quanto previsto dal suo mandato.

Le ragioni della sorprendente decisione, nel secco comunicato stampa della BCE, non sono state indicate. Secondo quanto risulta a Die Welt, tuttavia, Lautenschläger non era più d'accordo con il corso della BCE e apparentemente sempre più frustrata a causa dello stile di leadership autoritario del presidente Mario Draghi. La recente decisione del Consiglio direttivo di tagliare ulteriormente i tassi di interesse e rilanciare il controverso programma di acquisto delle obbligazioni sarebbe stata la goccia che ha fatto traboccare il vaso.

"Le dimissioni non sono state una sorpresa, Sabine Lautenschläger da molto tempo ormai nella BCE si trova in un ruolo di opposizione interna e per questo è stata emarginata nella comunicazione", afferma l'ex capo-economista della BCE Jürgen Stark, il quale aveva lasciato prematuramente la banca centrale nel 2011. "Se con i propri argomenti alla lunga non si riesce ad incidere, si può restare fedeli e accettare la situazione. Ma poi devi anche essere in grado di guardarti allo specchio".

Lautenschläger lascerà la BCE esattamente insieme a Draghi. Il mandato del terzo presidente della BCE durerà regolarmente fino al 31 ottobre. Sebbene il successore Christine Lagarde sia considerata piu' conciliante nei modi e nella comunicazione, si può tuttavia supporre che Lagarde  - la cui permanenza dal punto di vista temporale supera di gran lunga la partenza di Draghi - sia probabilmente d'accordo con la decisione presa a settembre. Lagarde, soprattutto, durante la sua audizione al parlamento europeo, ha lasciato intendere che vede ancora spazi di azione aggiuntivi nella politica monetaria della BCE.

Una comprensione completamente diversa della politica monetaria

Il fatto che Lautenschläger per il prossimo futuro non potesse sperare in alcun modo in un cambiamento sostanziale della politica monetaria potrebbe aver contribuito alla decisione. Il modo in cui la decisione è stata comunicata fornisce una visione più profonda dei fatti. Alle 19:45, dopo il normale orario di ufficio, la banca centrale ha informato della decisione di Lautenschläger con sette brevi righe di comunicato.



Lautenschläger è il terzo membro tedesco che in soli due decenni di storia della BCE sceglie di lasciare prematuramente il lavoro nel board della BCE. Nel dicembre 2011, era stato l'allora capo economista Stark a lasciare il consiglio in quanto non voleva sostenere il corso di salvataggio dei paesi in difficoltà avviato dall'allora presidente Jean-Claude Trichet.

In particolare, la frattura allora si era consumata sul programma di acquisto di obbligazioni SMP. Stark come Segretario di Stato presso il Ministero delle finanze aveva svolto un ruolo chiave nella redazione del Patto di stabilità dell'UE tra il 1995 e il 1998 e in qualità di capo economista della BCE non voleva partecipare allo smantellamento del suo lavoro.

"Il problema che spinge i rappresentanti tedeschi a lasciare la BCE mostra chiaramente quanto siano cambiate l'unione monetaria e la BCE", afferma Stark. Chiunque sia cresciuto nella Bundesbank ha una comprensione completamente diversa della politica monetaria e di cosa faccia parte del mandato della banca centrale - e di cosa no.

Nel 2011 si era dimesso anche il capo della Bundesbank Axel Weber. Weber all'epoca era considerato il candidato più probabile per la successione di Trichet, il cui mandato terminava nel 2011. In quell'occasione tuttavia fu l'italiano Draghi a diventare il capo della BCE. Persino il successore di Stark, Jörg Asmussen, trasferitosi dal Ministero delle finanze al Comitato esecutivo della BCE, ha resistito solo 2 anni a Francoforte. La sua partenza, tuttavia, aveva probabilmente a che fare con dei motivi di carriera. Asmussen nel 2014 è tornato nella politica di Berlino.

La BCE perde una sostenitrice della politica monetaria più dura

Lautenschläger, invece, che aveva preso il suo posto nel board, lascia dopo soli cinque anni. La giurista è considerata una profonda conoscitrice delle banche. Si era occupata di vigilanza bancaria già presso la Bundesbank, compito per il quale era stata responsabile anche a livello europeo, fino a febbraio di quest'anno, in qualità di vicepresidente della supervisione bancaria della BCE .

Anche i risparmiatori ne subiranno le conseguenze. La possibile inversione nella tendenza dei tassi di interesse potrebbe essere ulteriormente rimandata. Con la partenza di Lautenschläger, la BCE perde un sostenitore convinto di una politica monetaria più dura. Il predominio delle cosiddette colombe continuerà ad espandersi.

Le prime reazioni del mercato sono state abbastanza chiare: l'euro è sceso al livello più basso dal 2017, in quanto le attese di una politica monetaria più conciliante rendono la moneta unica meno attraente. Allo stesso tempo anche i rendimenti dei titoli di stato a lunga scadenza sono fortemente diminuiti, è probabile infatti che i tassi di interesse rimangano bassi a lungo. In borsa invece hanno perso valore i titoli degli istituti di credito che vivono di interessi. Le azioni di Deutsche Bank sono scese dell'1,5 per cento.

Ora ci si inizia a chiedere chi sarà il successore di Lautenschläger. La Germania, come la Francia e l'Italia, tradizionalmente ambisce ad avere uno dei sei seggi del Consiglio Direttivo. La variante più probabile è che il governo federale invii nel direttorio un'altra donna. Tra i possibili candidati vi sono l'attuale vicepresidente della Bundesbank Claudia Buch o l'economista di Bonn Isabel Schnabel, che è anche un membro del cosiddetto Consiglio dei saggi economici.

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sabato 2 giugno 2012

L'unione bancaria è molto lontana

Dopo la proposta di una unione bancaria per sostenere le banche iberiche in difficoltà, Sabine Lautenschläger, membro del board Bundesbank, intervistata da FAZ ci dice: per ora non se ne parla. La strada da fare è ancora molto lunga.
Alcuni politici sperano, che gli stati UE supportino direttamente le banche. Ma per fare questo mancano condizioni importanti, ci dice Sabine Lautenschläger, che nel board della Bundesbank è responsabile per la vigilanza bancaria.

FAZ: Signora Lautenschläger, perché la salute delle banche non sembra fare progressi?

SL: Nella regolamentazione del sistema bancario abbiamo sicuramente fatto progressi.  Con Basilea III e con le nuove regole abbiamo creato un sistema molto piu' robusto. Le banche tedesche hanno utilizzato gli anni recenti per diventare piu' solide - questo riguarda il capitale, la liquidità e la gestione del rischio

FAZ: Le banche potranno resistere ad un'uscita della Grecia?

SL: Sull'uscita della Grecia non faccio alcuna speculazione. L'esposizione delle banche tedesche verso la Grecia è molto piccola. Le conseguenze immediate di un'uscita di Atene dalla zona Euro non sarebbero particolarmente gravi.

FAZ: E il rischio contagio?

SL: E' molto difficile prevedere gli effetti di un evento del genere. Per ridurre i pericoli di un'uscita della Grecia, sarà decisiva la gestione attenta della crisi. Sarà importante prevenire gli effetti di una possibile perdita di fiducia. E poi ci sono gli strumenti di crisi, come il fondo EFSF e ESM.

FAZ: Le somme previste saranno sufficienti?

SL: La questione non riguarda tanto le dimensioni dei mezzi messi a disposizione. Importi sempre maggiori non significano maggiore sicurezza. Ma fanno nascere domande sui limiti politici ed economici di questo approccio e possono distrarre da compiti piu' importanti. Il fondo di salvataggio potrà solo comprare tempo verso una soluzione di medio o lungo periodo. L'unica soluzione possibile potrà essere solamente aumentare la competitività dei singoli paesi della zona Euro. Ed è necessaria una chiara visione: dove l'Europa con la sua politica economica e le sue istituzioni vuole andare.

FAZ: Molti si augurano che in Europa venga messo in piedi un sistema di sorveglianza comune, insieme ad una garanzia europea dei depositi e ad un fondo comune per la liquidazione delle banche in difficoltà

SL: Questo potrà accadere solo alla fine di una lunga strada. Attualmente per l'applicazione mancano le condizioni legali. Sebbene le leggi sulla sorveglianza siano state armonizzate, in Europa manca un diritto amministrativo comune - e questa è la condizione vincolante per ogni funzionario, che deve agire direttamente. Un'autorità di vigilanza, dove il controllore deve monitorare le diverse regolamentazioni nazionali sulle società, le imposte e il diritto di insolvenza in 27 paesi, mi è difficile immaginarla. Anche le altre istituzioni che sono entrate nella discussione, hanno bisogno di una base giuridica, che le rendano capaci di operare.

FAZ: Queste istituzioni comuni, riunite sotto il concetto di "unione bancaria", potrebbero aiutare nel caso delle banche spagnole?

SL: E' ancora da chiarire, cosa si nasconde dietro questo concetto, tuttavia mi sembra emerga solo una proposta concreta. Con l'istituzione di  una garanzia europea sui depositi e di un fondo europeo di salvataggio si avrebbe una messa in comune dei rischi. Secondo la mia valutazione, questo potrebbe avere successo se all'interno di una unione fiscale venissero introdotti dei controlli centrali e dei diritti di intervento. Alla fine un tale approccio richiederebbe modifiche legislative, sia nei trattati EU che nelle costituzioni nazionali. Tuttavia, per motivi pratici, da solo non darebbe un contributo fondamentale alla soluzione degli attuali problemi.

FAZ: L'unione monetaria ha un unico tasso di interesse per tutti. Per questo nei diversi paesi ci sono sempre degli effetti indesiderati. La Germania potrebbe essere il prossimo candidato?

SL: L'economia in Germania è va molto meglio che altrove, ma la crescita dei prezzi è moderata, e in aggiunta, le aspettative di inflazione restano molto basse. Non mi pare ci siano degli eccessi.