mercoledì 30 dicembre 2020

Jens Südekum - Vi spiego perchè il debito pubblico non graverà sulle nuove generazioni

Fortunatamente in Germania non ci sono solo i fanatici alla Hans Werner Sinn, ma anche economisti ragionevoli come Jens Südekum, consigliere del Ministro socialdemocratico Scholz e molto ascoltato negli ambienti del potere berlinese. In un'intervista a Der Freitag ci spiega perché tornare a rincorrere il pareggio di bilancio nel post-Covid sarebbe un'assurdita e perché il debito pubblico creato per fronteggiare l'emergenza causata dal coronavirus non graverà sulle nuove generazioni. Un'intervista molto interessante di Der Freitag a Jens Südekum


A marzo Norbert Walter-Borjans e il comitato esecutivo della SPD hanno istituito una commissione scientifica in materia di politica economica, all'interno della quale non poteva mancare Jens Südekum. Südekum, anch'egli membro della SPD, fornisce consulenza non solo alla SPD e al suo candidato alla Cancelleria nonché Ministro delle finanze Olaf Scholz, ma anche, tra gli altri, al Ministero federale dell'economia a guida CDU.

È uno dei critici più accaniti dello Schuldenbremse (pareggio di bilancio) e il suo principale interesse scientifico sono le regioni lasciate indietro dalla globalizzazione. L'ascesa di Südekum a "economista dei potenti" (FAS) dimostra che anche in Germania, dove il debito pubblico e il salario minimo sono stati a lungo oggetto di disapprovazione, recentemente in termini di politica finanziaria ed economica sono cambiate molte cose - almeno con l'inizio della crisi causata dal Covid 19 anche nei fatti.

Der Freitag: Herr Südekum, non si sente un po' la coscienza sporca nei confronti delle future generazioni?

Jens Südekum: Dipende dall'argomento. Quando penso alle emissioni di CO2 o alle opportunità educative perdute a causa delle scuole chiuse, allora sì. Se si tratta di debito pubblico, allora certamente no.

Ma i miliardi che lo Stato sta prendendo in prestito nella crisi post-corona in futuro dovranno essere ripagati fino all'ultimo centesimo...

Questa è una delle più grandi favole che girano su questo argomento, soprattutto in Germania. Per ogni titolo di stato emesso, c'è sempre qualcuno che lo ha comprato. Ad ogni debito corrisponde un patrimonio. È vero che i debiti vengono ereditati, ma anche i beni! Il debito pubblico quindi è sempre un problema di distribuzione all'interno di una generazione - tra coloro che devono pagare gli interessi, i contribuenti, e coloro che possiedono il debito pubblico e riscuotono gli interessi. Nella maggior parte dei casi, il dieci per cento più ricco possiede una quota mastodontica della ricchezza, e quindi probabilmente anche del debito pubblico. Esistono strumenti per contrastare questa disuguaglianza. Ma sostenere che non dobbiamo fare debito pubblico perché in questo modo finiremmo per gravare sulle generazioni future è, a mio avviso, un argomento completamente sbagliato. In particolare quando si tratta di obiettivi che andranno a beneficio delle generazioni future, come nel caso della riduzione delle emissioni.

Ma le indennità di cassa integrazione per i prossimi 24 mesi, i pacchetti di stimolo economico, i bonus per i bambini - devono e possono continuare ad essere pagati per sempre?

Questa è una politica di salvataggio tipica della fase acuta. E siamo ben lontani dall'essere fuori pericolo. Anche se la pandemia rimane sotto controllo, resta la minaccia di un'ondata di insolvenze nei prossimi mesi. In alcuni settori - turismo, ristorazione, eventi - le persone che ora sono in cassa integrazione probabilmente presto saranno disoccupate. Le aziende frenano gli investimenti, ci sono pochi nuovi posti di lavoro, la Germania dipende fortemente dai mercati esteri - lo Stato deve contrastare questo stato di cose, anche per un periodo di tempo molto più lungo! Non credo abbia senso annunciare che al piu' tardi entro il 2022 dovremo tornare ad avere un bilancio pubblico in pareggio.

Questo è quello che chiede il capogruppo parlamentare della CDU/CSU Ralph Brinkhaus - il quale sostiene che a un certo punto dovremo tornare alla "modalità normale".

Ma il pareggio di bilancio non è una condizione normale, non è un benchmark ragionevole per qualsiasi politica pubblica di bilancio. Forse nel 2022 non avremo bisogno dello stesso livello di nuovo debito fatto nel 2020, ma annunciare il pareggio di bilancio ora è come premere sull'acceleratore per uscire da una buca e poi tirare i freni quando si è in mezzo all'autostrada. Sarebbe una politica economica disastrosa.

Ci spieghi il suo credo: "Non dobbiamo ripagare il debito causato dal Coronavirus".

Il debito pubblico funziona in maniera diversa rispetto al debito delle famiglie. Se prendo un prestito per comprare una casa è normale che nel corso della mia vita estinguerò completamente quel debito. Ma lo Stato funziona in modo diverso: emette un'obbligazione che dovrà essere rimborsata fra dieci anni, e lo sarà - ma emettendo una nuova obbligazione fra dieci anni. Il vecchio bond viene "sostituito" con il nuovo. Questo gioco in realtà va avanti all'infinito, gli Stati Uniti non hanno mai ripagato alcun debito dalla seconda guerra mondiale, la Germania molto poco, solo dal 2014, ma questa è stata un'eccezione.

E di regola come funziona?

Di norma l'unica cosa che conta è che l'onere del debito resti gestibile in relazione al PIL: quanto si produce in Germania complessivamente, quanto è alto il livello di indebitamento, quanto è elevato l'onere degli interessi rispetto a questo livello di debito? Ci deve essere un rapporto ragionevole tra i due.

Che cosa significa, ragionevole?

L'indicatore migliore è: qual'è la percentuale del bilancio pubblico che il governo federale deve spendere per pagare gli interessi? Negli anni novanta era il 16 %, che è un bel peso, perché in quella situazione non puoi decidere liberamente sul bilancio annuale, perché almeno il 16 % deve essere pagato per coprire gli interessi. Ma nel frattempo questa cifra è scesa al 4-5 %. In altre parole, gli interessi maturati sono ormai quasi trascurabili! In una situazione come questa, dire che non dovremmo in nessun caso perseguire una politica economica espansiva, perché ciò aumenterebbe il debito e in qualche modo graverebbe sulle generazioni future, non è affatto coerente con la situazione macroeconomica in cui l'onere degli interessi è diminuito notevolmente - e rimarrà basso secondo tutte le proiezioni.

Perché i tassi d'interesse sono così bassi e perché dovrebbero rimanere così?

Questa è stata una tendenza persistente in tutte le economie sviluppate dalla fine degli anni '70. Noi economisti a volte la chiamiamo "stagnazione secolare". Ci sono molte ragioni per questo. La chiave di tutto è che le aziende hanno bisogno di molto meno capitale da investire sul mercato dei capitali.

Perché?

È una domanda difficile. Penso che sia dovuto alla crescente concentrazione in termini di potere di mercato e di profitti in poche aziende in molti settori. Questo è evidente soprattutto nel caso dei giganti americani di internet come Google, Facebook e Amazon, che sono praticamente dei monopolisti e non hanno bisogno di raccogliere fondi sul mercato dei capitali. Ma se vuoi spodestarli dal trono, hai bisogno di soldi, devi investire. La concentrazione è così forte che il secondo, il terzo e il quarto del settore spesso dicono: "Non abbiamo comunque nessuna possibilità! Chi è ambizioso poi viene comunque comprato in anticipo dai grandi player di mercato, pensiamo a Instagram e Whatsapp. La crisi causata dal coronavirus rafforza praticamente tutti questi sviluppi, la crisi grava maggiormente sulle piccole e medie imprese. Amazon invece se ne avvantaggia. Una tale costellazione uccide ogni dinamismo economico, e gli investimenti. Nelle economie che invecchiano, inoltre, soprattutto in Europa, la previdenza per la vecchiaia gioca un ruolo importante, le persone risparmiano molto, quindi c'è un'elevata disponibilità di capitale.

Il risultato sono dei bassi tassi di interesse.

Sì, il tasso di interesse è il prezzo del denaro. Se ho una bassa domanda e un'offerta elevata, allora il prezzo del denaro sarà molto basso. Il denaro creato dalle banche centrali difficilmente raggiunge l'economia reale, in quanto dovrebbe essere richiesto dalle imprese per fare degli investimenti, ma in realtà non viene domandato.

Supponiamo che lo Stato riduca questa concentrazione di mercato. Poi sarò lo Stato a dover investire per uscire dall'indebitamento - non sembra proprio una "economia del post-crescita", dunque...

Non posso farci molto, devo ammetterlo. Nella prima settimana di aprile, quando l'economia globale era ad un punto morto come non lo era mai stata prima sin dalla seconda guerra mondiale - con Cina, Europa, Stati Uniti, tutti in isolamento, nessun aereo in volo, molti impianti di produzione inattivi - le emissioni globali di CO₂ sono scese di appena il 17 % rispetto all'anno precedente. Bisogna immaginare cosa si potrebbe fare per ridurre le emissioni in modo sostenibile riducendo la produzione e cosa significherebbe per il tenore di vita di miliardi di persone. Il punto è scollegare la crescita dalle emissioni di CO₂.

Come?

Per mezzo delle nuove tecnologie, ad esempio l'idrogeno per la produzione di acciaio e anche per le auto a impatto climatico zero. Questi sono i settori industriali in cui l'Europa è ancora leader. E questo è quello su cui il governo dovrebbe concentrarsi, in modo che questi business siano poi in grado di essere sostenibili sul mercato. Oggi, una tonnellata di acciaio neutro, dal punto di vista climatico, costa circa il doppio dell'acciaio convenzionale. Se lo Stato in questo caso fornisce un sostegno mirato, gli effetti dell'apprendimento si faranno sentire, i costi diminuiranno e a un certo punto tutti si metteranno a produrre acciaio neutro dal punto di vista climatico.

Il pacchetto di stimoli economici del governo federale è sufficiente?

Almeno si muove nella giusta direzione. 50 dei 130 miliardi sono destinati agli investimenti per il futuro. Ma i compiti da affrontare richiedono uno sforzo da parte dello Stato nei prossimi dieci, 15, o 20 anni che va ben oltre questi 50 miliardi. Ma i debiti contratti per realizzare questo obiettivo non sono un peso, saranno invece un sollievo per le generazioni future!

Che tipo di campagna elettorale avremo nel 2021? I critici del debito pubblico della FDP e della CDU/CSU, contro un candidato SPD che come Ministro delle finanze spende soldi a piene mani?

Personalmente credo che una campagna elettorale che si occupi di questioni fondamentali in materia di politica economica sarebbe molto emozionante. Ma credo che la CDU/CSU farà la solita campagna elettorale piatta contro il nuovo debito. Fra le loro file ci sono alcuni che pensano anche al futuro. E ci sono anche obiezioni giustificate - il timore, ad esempio, che non tutto il denaro venga utilizzato in modo mirato ed efficiente per gli scopi previsti.

domenica 27 dicembre 2020

Wolfgang Streeck - Il vero obiettivo del Recovery Fund

"La prima cosa da sapere è che il Recovery Fund non ha nulla a che vedere con il Coronavirus, e invece ha molto a che fare con il salvataggio del governo italiano dal signor Salvini" scrive il grande intellettuale tedesco Wolfgang Streeck commentando il recente accordo sul Recovery Fund, e prosegue: "gli imperi dipendono dalla buona gestione delle periferie da parte delle élite centrali. Nell'UE ci si aspetta che le élite periferiche siano decisamente "pro-europee". Una riflessione molto interessante del grande Wolfgang Streeck sul recente compromesso europeo in materia di Recovery Fund. Da Makroskop.de


Dopo due giorni e una notte, per non parlare delle diverse settimane di recriminazioni reciproche e di ricatti, ventisette governi nazionali, la Commissione europea e il Parlamento europeo si sono dichiarati tutti vincitori. Un miracolo?

La prima cosa che bisogna sapere su Bruxelles è che nulla è come sembra, e che tutto può essere presentato nei modi più diversi - a ciascuno la sua "narrazione". Il numero di giocatori e di campi da gioco, inoltre, è enorme e confuso, ed è inserito in un quadro istituzionale chiamato "i trattati", così complicato che nessun estraneo può capirlo. Chi li conosce saprà che sono pieni di opportunità di occultamento, di truffe procedurali, di equivoci evasivi, di finzioni e di scuse - le interpretazioni contraddittorie e i fatti alternativi sono sempre benvenuti.

E oltre a ciò, c'è una profonda e tacita intesa tra i membri di quell'organo altamente esclusivo e segreto, vale a dire il Consiglio europeo dei capi di Stato e di governo. Secondo tale accordo, infatti, è compito di ciascuno di loro fare in modo che nessuno debba tornare a casa da perdente, dando quindi a tutti la possibilità di non perdere la faccia e di continuare a giocare la partita.

Ne è un esempio il Fondo di solidarietà per la ricostruzione post-Corona (Recovery Fund). La prima cosa da sapere è che non ha nulla a che fare con il Coronavirus, e invece molto a che fare con il salvataggio del governo italiano dal signor Salvini. La seconda cosa da sapere è che non c'entra nulla con la solidarietà europea: ogni paese ottiene qualcosa e nessuno paga nulla perché il fondo è finanziato dal debito e solo dal debito - un'estensione sovranazionale dello stato debitore (debito al posto delle tasse). Inoltre, nessuno sa come questo debito potrà essere ripagato, e a nessuno in fondo importa piu' di tanto, perché il rimborso non inizierà prima di sette anni.

Molto probabilmente sarà rimborsato facendo comunque nuovo debito o attraverso qualche canale misterioso, ad esempio tramite la Banca Centrale Europea. E questo ovviamente sarebbe illegale ai sensi dei Trattati, ma lo stesso probabilmente vale anche per il prestito stesso. Presumibilmente anche tutti i 27 parlamenti nazionali dovrebbero approvare il fondo, ma nessuno si preoccupa di farlo, visto che tutti riceveranno una parte del bottino.

Questo non significa però che in Europa ora prevarranno la pace, l'amicizia e i pancake. Gli imperi dipendono dalla buona gestione delle periferie da parte delle élite centrali. Nell'UE ci si aspetta che le élite periferiche siano decisamente "pro-europee". In particolare, ciò significa che dovranno essere a favore di una "sempre più stretta unione dei popoli d'Europa", gestita dalla Germania e, in misura piu' o meno rilevante anche dalla Francia, tramite le burocrazie di Bruxelles.

La Germania e la Commissione Europea hanno a lungo sospettato che gli attuali governi di Ungheria e Polonia non fossero sufficientemente "pro-europei". Simili sospetti vengono espressi anche all'interno del cosiddetto Parlamento europeo, dove non vengono tollerati i membri contrari al "più Europa". ("Più Europa" è la ragion d'essere di questo strano Parlamento, che non ha né opposizione, né diritto di iniziativa legislativa). I parlamentari europei dei partiti liberali di opposizione ungheresi e polacchi ricevono pertanto un ampio sostegno quando chiedono di non elargire i fondi europei ai governi illiberali dei loro paesi d'origine, con l'obiettivo di far credere agli elettori che se dovessero votare per i partiti "pro-europei", otterrebbero più soldi "dall'Europa". Allora perché non subordinare i pagamenti del Recovery Fund all'adesione da parte di un paese ai principi dello "Stato di diritto", dove lo "Stato di diritto" viene definito in modo che le politiche dei governi eletti, non liberali, vengano considerate in difetto di Stato di diritto?

Suona bene? Beh, ci sono i trattati. E secondo i trattati, i paesi membri, compresi i beneficiari di aiuti come l'Ungheria e la Polonia, rimangono sovrani, e le loro istituzioni nazionali e le decisioni in materia di politica della famiglia e di immigrazione vengono decise dai loro elettori, non da Bruxelles o Berlino. Quando si tratta delle istituzioni di un paese, l'unica cosa che legittimamente dovrebbe riguardare l'UE, è se il denaro europeo viene speso e contabilizzato correttamente. Qui, però, la Polonia ha un primato immacolato, e l'Ungheria sembra essere ancora al livello dei paesi "pro-europei" come Bulgaria e Romania, per non parlare di Malta.

Allora, cosa bisogna fare? A Bruxelles si riesce sempre a trovare una soluzione. La Commissione e il Parlamento da molto tempo ormai cercano di punire Polonia e Ungheria con una nuova disposizione all'interno dei trattati che vieti agli Stati membri di limitare l'indipendenza politica ("Stato di diritto") del loro potere giudizario. Ma questo sarebbe un randello così potente che la sua applicazione richiederebbe l'unanimità fra i rimanenti Stati membri; qui, Ungheria e Polonia si coprirebbero a vicenda. (Inoltre, una tale procedura potrebbe sollevare questioni imbarazzanti sull'indipendenza politica di altre corti supreme, ad esempio il Conseil d'Etat francese).

Ora però entra in gioco il Recovery Fund, e con esso l'idea di un cosiddetto "meccanismo per lo stato di diritto", con l'aiuto del quale gli aiuti UE potrebbero essere cancellati o essere richiesti indietro senza il requisito dell'unanimità, ma comunque in maniera indipendente dal caso individuale di un uso illegale dei fondi ancora tutto da dimostrare. E proprio nel caso in cui un paese, secondo la valutazione dell'UE, non dovesse piu' rispettare lo stato di diritto, cioè avere una magistratura indipendente, compresa una corte costituzionale liberale, e forse anche la volontà di accogliere i rifugiati secondo le quote di distribuzione UE.

Può funzionare? A Bruxelles, come ho già detto, molte cose sono possibili. L'argomentazione è simile a quella con la quale la Banca Centrale Europea ha prevalso sulla Corte Costituzionale Federale Tedesca davanti alla Corte di Giustizia Europea (nella cosiddetta sentenza PSPP). Le istituzioni dell'UE stanno oltrepassando le loro competenze, se nell'esercitarle le interpretano in modo cosi' ampio, in quanto, a loro avviso, non possono (o non possono più) esercitarle efficacemente in maniera diversa? D'altro canto, la Corte tedesca aveva insistito sul fatto che i poteri europei sono strettamente limitati a quanto i paesi membri hanno espressamente concesso nei trattati, e se fossero necessari maggiori poteri europei, i trattati dovrebbero essere modificati di conseguenza, il che richiederebbe non solo l'unanimità, ma anche diversi referendum. È proprio questo che i governi di Polonia e Ungheria hanno invocato (il ministro degli Esteri polacco in un articolo della FAZ del 26 novembre, dal titolo "I trattati UE sono sacri"), e questo è stato il punto sul quale è iniziata la battaglia.

Parte prima (l'UE): vi invitiamo ad accettare il Recovery Fund, compreso il meccanismo relativo allo stato di diritto, incluso il rischio che non otteniate nulla se non fate un'inversione di marcia e non abbandonate il vostro corso anti-liberale. Quello che dovrete fare per raggiungere l'obiettivo, vi sarà comunicato al momento opportuno. Contromossa (Polonia e Ungheria): non voteremo mai per questo meccanismo, quindi dimenticate il vostro fondo. Parte seconda: se votate contro il meccanismo e quindi contro il fondo, creeremo un fondo per gli altri 25 paesi, e troveremo anche per questo una base nei trattati, i trattati sono abbastanza lunghi e complessi, la carta è paziente, come dicono i tedeschi, e non otterrete un dannato centesimo. Contrordine: ma non sarebbe affatto bello, non sarebbe europeo (beh...), e tra l'altro, sarebbe illegale. Il coro (la stampa tedesca, che canta e balla): guardate qui, il denaro governa il mondo; fanno quello che gli viene detto di fare, perché vogliono solo i nostri soldi. Non è bello essere ricchi?

Entrano i presidenti, guidati da Merkel, dea ex machina, titolare della Sessione chiusa, in rappresentanza del Paese che si trova a presiedere formalmente gli altri Paesi, proprio nella seconda metà del 2020, e comunque in modo informale. La Germania ha bisogno dell'Europa dell'Est per i suoi affari. Ritiene inoltre di non potersi permettere di regalare agli americani il monopolio nella geopolitica anti-russa. Quindi, per "ragioni storiche" sarebbe preferibile non discutere con la Polonia in merito alla sovranità polacca. Dopo molti avanti e indietro, nella camera oscura della diplomazia internazionale con 27 paesi, Polonia e Ungheria accettano il Fondo per la ricostruzione e la solidarietà post-Corona, integrato da un documento sullo stato di diritto. In base a ciò, la Commissione adotterà una "direttiva di salvaguardia del bilancio" che vincola i sussidi post-Corona dell'UE e tutti gli altri aiuti ad un sistema giudiziario nazionale che dovrebbe essere politicamente abbastanza indipendente da garantire un uso corretto dei fondi UE incassati, nell'ambito di un quadro normativo che va oltre l'attuale situazione giuridica. (Come, vedremo).

La direttiva europea probabilmente non entrerà in vigore fino a quando non sarà esaminata dalla Corte Europea. Nel frattempo - probabilmente fino all'inizio del 2023 - la Commissione non intraprenderà nessuna azione mentre i fondi post-Corona e gli altri aiuti inizieranno a fluire verso tutti i 27 paesi. Se e quando il "meccanismo" avrà passato l'esame della Corte, la Commissione potrà avviare un procedimento contro la Polonia, l'Ungheria o entrambi i paesi per recuperare il denaro già versato, e potrà sostenere, a titolo di giustificazione, che i sistemi giudiziari di Polonia e Ungheria sono talmente marci, cioè politicizzati, che in linea di principio non ci si può aspettare che essi si pronuncino secondo le modalità dello Stato di diritto. E' chiaro che ci vorrà ancora del tempo, e nessuno sa come sarà allora il mondo, e quali saranno le preoccupazioni degli Stati membri.

In Europa, le tregue fanno miracoli. Al momento si respira gioia ovunque: tra i vari presidenti, in Parlamento (che crede di poter correggere la mancanza di sentimento "pro-europeo" ritirando i soldi), nella Commissione (che si è procurata un nuovo giocattolo per intimidire gli Stati membri ai margini dell'impero), nella Corte di giustizia (che può gioire per una nuova giurisdizione), e tra i governi nazionali, fra questi anche Ungheria e Polonia (che invece non vogliono parlare delle rassicurazioni informali che credono di aver ricevuto al buio). La politica della procrastinazione però, la disciplina preferita da Merkel, conosce dei vincitori, solo finché dura.