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mercoledì 2 maggio 2018

Il mito della piena occupazione in Germania

La Große Koalition e i media mainstream tedeschi continuano a pompare il mito filo-governativo della piena occupazione e del grande Jobwunder tedesco (miracolo del lavoro). Siccome ai miracoli credono in pochi, se si guardano un po' piu' da vicino i dati ci si accorge che le cose non stanno esattamente come ci viene ripetuto ogni giorno. Ne parla l'ottima Susan Bonath su RT Deutsch.


Ci stiamo avvicinando alla piena occupazione. Cosi' ripete ad esempio il think tank della Bundesagentur für Arbeit (BA), vale a dire l'Institut für Arbeitsmarkt-und Berufsforschung (IAB). I partiti dell'Unione, CDU e CSU, da mesi ormai non parlano altro che di un obiettivo possibile: il pieno impiego entro il 2025. Il nuovo Ministro del Lavoro della SPD Hubertus Heil avrebbe già realizzato anche un piano per centrare questo obiettivo: far partire un mercato del lavoro sovvenzionato per i disoccupati di lungo periodo. Non tutti gli economisti pero' sembrano essere convinti della validità del progetto. Per quelli riuniti intorno al gruppo di lavoro "Alternative Wirtschaftspolitik" la tesi della piena occupazione per ora resta solo una favola.

Precarizzazione dei lavoratori dipendenti

L'ultimo dato sulla disoccupazione ci dice che i senza lavoro sono meno di 2.5 milioni e ad un rapido sguardo potrebbe sembrare un dato positivo. Nel calcolo pero' non viene considerato chi si trova in una misura di riqualificazione professionale, chi svolge un "Ein-Euro-Job", chi è temporaneamente malato oppure chi ha piu' di 58 anni di età. I disoccupati che rientrano in questa definizione sono circa un milione. A questi si aggiungono tutte le persone non incluse nel calcolo che non hanno né un lavoro né hanno accesso ad Hartz IV, perchè ad esempio il reddito del partner è troppo alto.

Nel complesso: le riforme del mercato del lavoro introdotte nel 2003 dall'ex cancelliere Gerhard Schröder (SPD) insieme ai Verdi, all'Unione e alla FDP con l'obiettivo dichiarato di creare il piu' grande settore a basso salario in Europa e rafforzare la posizione economica della Germania hanno spinto molti lavoratori in una situazione di permanente precarietà. Circa 9 milioni di persone  attualmente lavorano per meno di dieci euro lordi l'ora, otto milioni dipendono da un sussidio di sicurezza di base. Molte di queste persone hanno un lavoro. Le situazioni familiari oppure le qualifiche non adatte alle posizioni aperte bloccano la strada a chi vuole uscire da questa condizione.


Alla presunta situazione di quasi piena occupazione bisogna aggiungere la cosiddetta sottoccupazione, che la BA quantifica separatamente. Secondo questi dati nel marzo 2018 oltre 3.4 milioni di lavoratori part-time erano alla ricerca di un lavoro con un maggiore numero di ore e una retribuzione corrispondentemente piu' alta. Sicuramente i politici e le autorità tedesche sono felici di festeggiare i circa 44 milioni di occupati. Ma in realtà i lavoratori coperti da un'assicurazione sociale obbligatoria sono circa 32 milioni. Il numero dei posti di lavoro a tempo pieno è addirittura inferiore rispetto a quello del 2000: all'epoca, secondo l'Institut Arbeit und Qualifikation (IAQ) c'erano 23.9 milioni di lavori full-time. A fine 2017 le persone che lavoravano per piu' di 35 ore alla settimana erano 23.2 milioni.

Riduzione dell'orario di lavoro senza compensazione salariale

Ad essere cresciuto piu' di tutti è stato il lavoro part-time, soprattutto nel settore a basso salario. Una tendenza che emerge chiaramente da tutte le statistiche. I quasi quattro milioni di posti di lavoro a tempo parziale del 2000, lo scorso anno erano diventati quasi 9 milioni. Oltre un terzo di tutti i posti di lavoro con assicurazione sociale NON sono lavori a tempo pieno. 

Ad essere colpite sono soprattutto le lavoratrici dipendenti. Quasi la metà di queste (47.5%) nel 2017 ha lavorato con un contratto part-time. Secondo l'IAQ sono quasi il doppio rispetto a 20 anni fa. Per gli uomini questo rapporto nello stesso lasso di tempo si è addirittura triplicato, ma con l'11% è ancora di molto sotto il dato relativo alle donne. Per le persone colpite si tratta soprattutto di precarizzazione. Perché la riduzione dell'orario di lavoro non si accompagna ad una compensazione salariale.

Nel suo "Memorandum 2018", di recente pubblicazione, il gruppo di lavoro "Alternative Wirtschaftspolitik" ha cercato di quantificare con dei numeri. questo trend di impoverimento di ambi ceti sociali Nel calcolo ha messo insieme i cosiddetti sottoccupati e i disoccupati, che insieme raggiungono una quota di quasi il 14%. Il tasso di disoccupazione ufficiale in Germania è  iinvece del 5.5%.

"Lo schwarze Null serve solo ad esacerbare i problemi"

Lo "schwarze Null" un tempo sostenuto da Wolfgang Schäuble (CDU) nel frattempo è stato fatto proprio anche "dal nuovo Ministro delle Finanze della Spd Olaf Scholz, che lo mostra come fosse un ostensorio, ma che invece ha dei costi sociali sempre piu' alti", constatano gli autori del gruppo di lavoro. Continua di conseguenza a crescere il divario fra i ricchi e i poveri. "I problemi  sociali in questo modo non vengono risolti ma tendono solo ad aggravarsi", criticano gli economisti.

Le conseguenze possono essere avvertite già da tempo: "milioni di posti di lavoro precari hanno portato a stipendi da fame e porteranno in seguito ad una situazione di povertà in vecchiaia", scrivono gli economisti. Cio' costringe sempre piu' persone ad avere vite lavorative frustranti e senza prospettive. Per la coesione democratica e solidale della società cio' è "altamente pericoloso".

Un indicatore della situazione occupazionale lo individuano nella quota salari, misurata sul reddito nazionale. Di recente nel 2017 è cresciuta marginalmente fino al 68.5%. Resta tuttavia ampiamene al di sotto dei valori degli anni '90, quando era costantemente oltre il 70%. E anche il recente aumento minimale, nell'ordine dei decimali, è stato preceduto da molti anni a crescita zero o negativa, che per molti gruppi di lavoratori dipendenti ha significato una perdita in termini di reddito reale. Negli stessi anni, riassumono gli autori, i redditi da capitale hanno continuato a crescere.

(....) Per il gruppo di lavoro soprattutto una cosa è chiara: "la Germania con la sua ideologia dei tagli e dell'austerità economicamente non è ancora arrivata nel ventunesimo secolo". La "mentalità meschina della politica dominante" non solo danneggia lo sviluppo sociale in Germania ma ostacola anche la necessaria ripresa economica  nell'unione europea e nell'area dell'euro.


mercoledì 20 settembre 2017

Buone notizie per i cittadini UE: potrebbero bastare pochi mesi di permanenza in Germania per avere accesso ai sussidi sociali minimi

Susan Bonath su RT Deutsch segnala una importante sentenza del Tribunale Sociale Federale (Bundessozialgericht) che potrebbe riguardare molti cittadini UE che si trovano in Germania in cerca di un lavoro oppure che hanno pochi mesi di lavoro alle spalle. Invece dei 5 anni previsti dalla recente legge Nahles, per avere accesso ai sussidi sociali minimi e all'assistenza sanitaria potrebbero bastare pochi mesi di permanenza nel paese. Da RT Deutsch.


Secondo una legge del Ministro del Lavoro Andrea Nahles introdotta a fine 2016, i cittadini UE per i primi 5 anni non hanno alcun accesso ai sussidi sociali tedeschi. La signora della SPD in questo modo intendeva impedire la temuta "immigrazione nel sistema sociale". Il Tribunale Sociale Federale (Bundessozialgericht) con una recente sentenza si è opposto alla tanto criticata legge: escludere le persone in maniera permanente dall'accesso ai mezzi di sussistenza minimi violerebbe i principi costituzionali, secondo i giudici di Kassel (B 14 AS 31/16 R).

A presentare il ricorso era stata una donna bulgara. Nel 2011 la donna, allora 35enne, era arrivata nella Repubblica Federale per lavorare. Dopo pochi mesi, tuttavia, aveva perso il posto di lavoro. Il Jobcenter di Hamm le aveva pagato per 6 mesi l'indennità Arbeitslosengeld II (Hartz IV). In seguito le era stata negata ogni ulteriore prestazione, sebbene la donna 6 mesi dopo avesse trovato un nuovo lavoro. Con il suo avvocato Burkhard Großmann ha quindi deciso di presentare un ricorso alle autorità competenti.

La corte sociale di Hamm aveva fatto riferimento alla legge Nahles. I giudici federali invece si riferiscono ad una loro sentenza del dicembre 2015, secondo cui i cittadini UE non hanno alcun diritto all'Arbeitslosengeld II (Hartz IV). Se la loro esistenza è in pericolo, tuttavia, e il loro soggiorno consolidato, e al piu' tardi dopo almeno 6 mesi deve essere considerato tale, il Sozialamt deve intervenire. Se non lo fa deve essere considerata una condotta al di sotto della dignità umana e quindi una violazione costituzionale.

Costi maggiori per i comuni?

La motivazione della sentenza dovrebbe essere disponibile fra 2 mesi. Cio' che potrebbe significare per le autorità locali lo spiega l'avvocato in materia di diritto del lavoro Thorsten Blaufelder sul suo blog: probabilmente i comuni saranno costretti a pagare gli aiuti transitori nelle situazioni piu' difficili e per piu' di un mese.

I giudici inoltre, sempre secondo Blaufelder, potrebbero giudicare troppo basso l'aiuto minimo di base, inferiore al livello di Hartz IV, e quindi presentare un ricorso alla Corte Costituzionale di Karlsruhe. Per i comuni potrebbe rivelarsi una sentenza costosa, visto che sono loro ad essere responsabili per gli aiuti sociali, e non lo stato federale. L'avvocato Großmann in riferimento al caso della sua cliente bulgara per il momento si è mostrato alquanto soddisfatto.

Pressione sul settore a basso salario

Nahles lo scorso anno aveva presentato la legge per l'esclusione dei cittadini UE dai sussidi sociali su pressione dei partner di coalizione CDU e CSU. Anche i politici di AfD, non ancora rappresentati in Parlamento, sul tema avevano lanciato una forte campagna di sostengo.

Non solo le associazioni sociali, ma anche i partiti di sinistra e gli attivisti per i diritti umani avevano duramente criticato il provvedimento. Anche i giuristi dell'associazione "Neue Richtervereinigung" avevano duramente attaccato il provvedimento. Con questa legga il governo federale introduce una "apartheid sociale e legale" e ignora i diritti fondamentali tedeschi, cosi' scrivevano in un documento.

Secondo il gruppo di giuristi, la nuova legge "crea un gruppo di schiavi moderni costretti ad accettare tutte le condizioni di lavoro e ogni livello di retribuzione, pur di sopravvivere e poter restare qui". Non meno importante è il fatto che in questo modo si causa un grave danno anche agli stessi lavoratori tedeschi. Sul tema i giuristi avevano dichiarato: "la legge aumenta la pressione su tutti coloro che hanno un'occupazione nella parte piu' bassa della forbice delle retribuzioni".

Povera, malata e non curata

Quali potrebbero essere gli effetti reali della decisione del tribunale sociale ce lo mostra un caso concreto. Verso la fine di agosto la Süddeutsche Zeitung ha riportato il caso della donna bulgara Ivanka R. Nel suo paese la 54enne aveva lavorato come sarta. In seguito R. ha perso il lavoro e in quanto membro della comunità rom non è piu' riuscita a trovare un'occupazione. E' diventata una senzatetto e ha dovuto dormito presso parenti o conoscenti. Non potendo sopravvivere con i 18 euro mensili dell'indennità di disoccupazione e a causa della situazione di necessità, nel 2016 ha deciso di spostarsi a Monaco.

Nella metropoli bavarese la donna ha trovato un minijob da 450 euro al mese e una camera da 300 euro mensili in una casa fatiscente. In questo modo è riuscita a restare a galla. Una esplosione di gas nel palazzo, anch'esso dissestato, ha distrutto le sue speranze di trovare un secondo minijob.

Come riportato dal quotidiano la donna bulgara è arrivata in ospedale con delle gravi ustioni. Le è stato garantito solamente un trattamento minimo d'urgenza. Non ha potuto pagarsi ulteriori trattamenti sanitari e non è riuscita nemmeno a saldare il conto dell'ambulanza. Il motivo: la donna non aveva un'assicurazione sociale. Solo grazie all'associazione "Dottori del Mondo" è stato possibile operarla.

L'organizzazione di volontariato ha sottolineato davanti al Consiglio sociale di Monaco (Münchner Sozialreferat) gli effetti devastanti della legge sull'esclusione. Insieme al Consiglio della Sanità intendono chiedere al governo federale un regolamento per i casi piu' difficili. La legge Nahles tuttavia resta problematica, "soprattutto per le persone in condizioni di lavoro e abitative precarie". La portavoce ha sottolineato: "il legislatore si è completamente sbagliato quando ha ipotizzato che i cittadini UE avrebbero lasciato la Germania a causa dell'esclusione dalle prestazioni sociali"

Perché di solito, ad aspettare le persone nei loro paesi di origine, c'è una miseria ancora maggiore.

mercoledì 13 settembre 2017

Perché la guerra fra poveri nella Germania del 2017 funziona ancora molto bene

Articolo molto interessante di Susan Bonath che su RT Deutsch ci spiega perchè anche in Germania la questione dei migranti resta un tema centrale. Da un lato i cittadini arrabbiati e preoccupati, dall'altra un esercito di profughi e migranti che entra in concorrenza con la popolazione autoctona. Da RT Deutsch.

Quando i politici della Linke o dei Verdi usano il loro slogan "Refugees welcome” per bollare come "mostri" oppure come "gentaglia" chi sul tema dei rifugiati la persa diversamente da loro, di solito lo fanno da un punto di vista privilegiato. Si potrebbe dire che hanno completamente perso di vista la realtà della vita. 

Al mondo reale appartengono le madri single che lottano per portare a casa 900 euro netti al mese con un lavoro part-time. Uomini e donne che con 3 o 4 minijobs sono costretti ad integrare il loro salario con Hartz IV. O un lavoratore specializzato malpagato che deve insegnare un mestiere a un tirocinante dell'Eritrea, e non a torto, teme che presto o tardi il suo apprendista possa rubargli il posto di lavoro per una paga ancora piu' misera.

Nessuno vuol finire nella parte piu' bassa della società, dove i polacchi, i bulgari e i tedeschi competono per un posto all'ostello dei senza tetto. Dove alle mense di carità per i poveri la coda si fa sempre piu' lunga. Dove i percettori di un sussidio Hartz IV sanzionati dai Jobcenter finiscono in mezzo alla strada perché non possono piu' pagarsi un affitto. E dove alla fine le amministrazioni comunali invece di aiutarli decidono di spendere i soldi pubblici per alloggiare i profughi in un costoso hotel.

Paura di perdere il proprio status

La competizione per la sopravvivenza e la paura di perdere anche il piu' piccolo dei privilegi spingono le persone verso destra. La richiesta di avere confini sempre piu' chiusi, di creare lager di internamento per i migranti, di ridurre gli aiuti finanziari per i rifugiati o di aumentare i programmi di respingimento funzionano molto bene sia nel ceto medio che nei ceti piu' bassi.

C’è qualcosa che invece sembra essere scomparso dalla percezione della maggioranza: mentre "l'invito di Merkel" e la sua "politica dei confini aperti" restano il bersaglio di ogni critica, la coalizione CDU/CSU-SPD ha già messo in pratica alcuni dei punti programmatici di AfD, NPD & co. Le carceri per i migranti respinti sono già presenti in tutta la Germania, i centri di detenzione preventiva per i richiedenti asilo sospettati in Baviera sono già una realtà e presto saranno estesi a livello nazionale. Il “Refugees welcome - wir schaffen das“ di Merkel già da tempo si è trasformato in una frase vuota che nasconde dietro di sé una realpolitik opposta.

"Gli danno tutto"

La voce secondo cui i profughi riceverebbero piu' denaro dei destinatari di Hartz IV autoctoni è ancora molto diffusa. In realtà i mezzi di sussistenza per i richiedenti asilo, a seconda dell'età, sono fra i 23 e i 55 euro piu' bassi. Per quanto riguarda le cure mediche hanno accesso solo alle prestazioni d'emergenza. Per ogni visita dal medico hanno bisogno di un certificato rilasciato dall'ufficio per gli stranieri.

Se non rispettano le regole oppure non partecipano in maniera adeguata, i rifugiati possono essere sanzionati come accade con i destinatari di Hartz IV. In realtà quelli che stanno facendo soldi con i migranti sono altri: locatori di immobili, gestori di ostelli per migranti, aziende private, organizzatori di misure di integrazione.

Gli ostelli per i rifugiati non sono hotel a tre stelle. Spesso persone di diversa lingua e religione vengono messe insieme in piccole stanze. I gestori degli ostelli incassano i rimborsi un tanto a migrante - e fanno guadagni impensabili.

Affari con le persone in stato di necessità

Come riportato dalla Potsdamer Neuesten Nachrichten la scorsa settimana l’amministrazione della città ha accordato ai gestori degli ostelli 295 € a persona al mese - per un letto, un armadio e l'uso di una cucina e un bagno comune. Per una stanza di 20 metri quadrati con 3 letti in totale si arriva a quasi 900 euro al mese. Per fare un confronto: ad una famiglia di 3 persone la città di Potsdam concede fino a 712 euro di affitto, spese comprese, per 80 metri quadrati.

Anche i programmi per l’inserimento lavorativo dei profughi stanno creando forme di competizione. Lo stabilimento Hermes a Haldensleben (Sachsen-Anhalt), una società appartenente al gruppo del multimilionario Michael Otto, impiega i richiedenti asilo come tirocinanti da inserire poi in azienda con un contratto a tempo determinato. Per fare cio' l'azienda percepisce il contributo per l'integrazione del Land Sachsen-Anhalt.

Cio' che volentieri non viene raccontato: da Hermes ci sono centinaia di lavoratori interinali che preparano pacchetti per la spedizione impiegati al minimo salariale. In produzione gli unici dipendenti fissi sono donne con un contratto part-time da 100 ore al mese. "Con 10 euro lordi di salario orario e i premi per il lavoro a turni si puo' arrivare a circa un migliaio di euro netti al mese", dice la dipendente Katrin P. Lei in realtà non ha paura per il suo lavoro visto che è li' da oltre 15 anni. Per i lavoratori interinali e gli occupati a tempo determinato la situazione però è molto diversa.

Ottimismo a tutti i costi contro l’allarmismo

Che il mondo del lavoro salariato sia sempre meno sicuro, piu' precario e piu' flessibile non è certo un segreto. Le previsioni da campagna elettorale della CDU sul presunto raggiungimento del pieno impiego nei prossimi anni non cambiano lo stato delle cose. Anche i piani per la riduzione delle tasse per i piu’ abbienti lanciati da AfD e FDP sono il progetto di un lupo ricoperto con il pelo di pecora: può funzionare solo a spese dello stato sociale. 

Il gruppo degli estremisti umanitari che vorrebbe ridurre i crescenti divari sociali attraverso "una maggiore compassione" risulta alquanto ingenuo. Si tratta di un atteggiamento cinico nei confronti degli autoctoni, che in parte a ragione - soprattutto grazie ad Hartz IV - devono temere per la sussistenza che fra mille difficoltà sono riusciti a conquistarsi. Chiunque sostenga che il mondo dell’economia non guarda ai profughi come a una futura riserva di manodopera a basso costo è proprio un ingenuo.

Ma anche chi crede che il governo federale garantirebbe ai lavoratori tedeschi maggiori diritti e un salario piu' elevato se non ci fossero i rifugiati si trova probabilmente sul terreno scivoloso della fantasia. E' stata l'Agenda 2010 che con una dura rappresaglia nei confronti di coloro "che non volevano lavorare" dal 2005 ha spinto 8 milioni di occupati in un settore a basso salario in continua crescita.

Il gioco con la paura non colpisce solo il mondo del lavoro. Anche la sicurezza è in pericolo. Ora non è esattamente chiaro se la BKA (Bundeskriminalitatamt) sta distribuendo pillole sedative quando ci informa che ormai da molti anni la criminalità non sta aumentando. Quello che sappiamo: lo scorso anno in Germania ogni giorno ci sono stati dieci attacchi violenti contro i rifugiati. Dall'altro lato: i media parlano molto piu’ frequentemente dei crimini sessuali commessi dai rifugiati.

La maggior parte delle donne tuttavia deve sapere che cio’ non significa che gli uomini tedeschi non fanno cose simili. Abusi nella propria famiglia, vacanze sessuali in Thailanda o altrove, oppure pedopornografia, non sono solo un privilegio dei rifugiati. La violenza sessuale è da sempre un problema delle società in cui ci sono un ceto alto e uno ceto basso. E' troppo facile cercare di dare la colpa agli altri. 

Le guerre economiche producono rifugiati economici

Quando si tratta dei respingimenti di profughi, tutti i partiti, dalla destra fino all'Unione ma anche una parte della SPD, fanno volentieri distinzione fra i profughi politici e i migranti economici. Lo fanno come se l'economia non avesse nulla a che fare con la politica, come se la miseria e la fame fossero piu' piacevoli della paura di un bombardamento. Le persone fuggono quando non hanno piu’ alcuna prospettiva di vivere oppure sopravvivere. Funziona cosi' da diversi secoli.

Ormai da molti anni gli stati non conducono solo delle guerre militari. Gli accordi di libero scambio, l'export di capitali, l'appropriazione di risorse pubbliche da parte di aziende private sottopongono milioni di persone alla dura disciplina dei mercati. Si tratta degli interessi privati dei grandi gruppi che in tutto il mondo si intrecciano fra di loro.

L'attuale fusione fra Bayer e Monsanto, fra Linde e Praxair (Germania-Usa) oppure fra Thyssenkrupp e Tata (Germania-India) ci mostrano la direzione. I grandi gruppi industriali dirigono i prezzi e i mercati. Comprano, si espandono e continuano a crescere. Non si fermano ai confini nazionali. Laddove l’energia, il cibo e gli ospedali vengono privatizzati e dove gli eserciti vengono riarmati, finisce lo stato sociale. E laddove c'è bisogno di sempre meno lavoro umano, cresce il numero delle persone bisognose. Chi su questi temi cerca delle soluzioni nazionali è arrivato troppo tardi.


mercoledì 16 agosto 2017

Buone notizie per il Lumpenproletariat: le sanzioni Hartz IV potrebbero avere i giorni contati

Il sistema sanzionatorio Hartz IV, pensato per punire chi non rispetta le prescrizioni dei Jobcenter, potrebbe avere i giorni contati. Un tribunale della Turingia ha infatti presentato un ricorso alla Corte Costituzionale tedesca che a breve dovrebbe pronunciarsi sulla presunta incostituzionalità delle sanzioni. Se la Corte dovesse accogliere il ricorso, il sussidio Hartz IV, sebbene di importo ridotto, potrebbe trasformarsi in un reddito di cittadinanza incondizionato. RT Deutsch prova a spiegare le motivazioni che stanno dietro il ricorso alla Corte Costituzionale. Susan Bonath da RT Deutsch


Non tutti insistono sul mercato del lavoro e non tutti ne hanno bisogno. Indipendentemente da cio' pero' il legislatore continua a vessare i disoccupati e chi ha un basso salario con un enorme e costoso apparato punitivo. I Jobcenter sanzionano ogni anni molte piu' persone di quelle a cui nello stesso periodo riescono a trovare un lavoro. Solo nel 2016 hanno ridotto per almeno 3 mesi l'indennità minima di sussistenza a 416.000 persone in 940.000 occasioni. Ad essere colpiti sono stati ancora una volta un decimo di tutti i percettori di sussidio in età lavorativa. Non ci sono solo le associazioni dei disoccupati e le organizzazioni sociali a ritenere le sanzioni incostituzionali. Anche i sindacati, i giudici e gli avvocati nel frattempo hanno iniziato a condividere questo punto di vista.

E' quanto emerge da un documento presentato alla Corte Costituzionale tedesca e a disposizione di chi scrive. I giudici costituzionali infatti a breve saranno chiamati a decidere se il regime sanzionatorio di Hartz IV, messo in pratica negli ultimi dodici anni e mezzo, è compatibile con la Costituzione tedesca. La Corte Sociale di Gotha in Turingia si è rivolta alla corte di Karlsruhe in quanto ritiene che il sistema sanzionatorio leda i principi fondamentali dello stato sociale, la dignità umana, l'integrità fisica e il diritto alla libera scelta di un lavoro.

Puniti peggio dei criminali 

Fra le 19 istituzioni che hanno presentato il documento alla Corte Costituzionale, 13 fanno riferimento a prove esistenti relative ad alcune gravi violazioni costituzionali. Fra queste la Confederazione Sindacale Tedesca (DGB), che già 15 anni fa aveva partecipato alla Commissione Peter Hartz incaricata della redazione della cosiddetta Agenda 2010. Anche se in passato aveva formulato critiche alquanto titubanti, questa volta si è espressa in maniera chiara: 

"Una punizione, che sarebbe incostituzionale anche se venisse commesso un crimine grave, in caso di violazione di un obbligo che non costituisce nemmeno un illecito amministrativo, non puo' in alcun modo essere considerata come accettabile o proporzionata"

La DGB si riferisce ad una sentenza della Corte Costituzionale del 1977, secondo la quale lo stato ha il dovere di garantire anche ai detenuti il diritto al riparo, al cibo, ai vestiti e all'assistenza medica. Anche l'aver commesso un grave crimine non deve in alcun modo condurre alla perdita della dignità umana. 

Al contrario il diritto sociale in vigore punisce con la riduzione o l'azzeramento del salario minimo di sussistenza dei comportamenti sicuramente discutibili, ma certamente non gravi, come ad esempio il non presentarsi ad un appuntamento al centro per l'impiego, l’invio di un numero insufficiente di candidature, il rifiuto di partecipare a misure di formazione professionale oppure la non accettazione di un lavoro. Il legislatore, in ultima istanza, aveva messo in conto le leggi Hartz IV, quindi non dovrebbe contemplare la decurtazione del sussidio, indipendentemente dallo stato di bisogno effettivo della persona. Lo spazio di manovra che l'Agenda 2010 mette a disposizione dei Jobcenter dovrebbe finire laddove inizia lo stato di necessità dei disoccupati.

Bisogni fondamentali fisici cancellati

Anche l'associazione sociale “Deutsche Sozialgerichtstag” ha modificato la sua posizione sul tema e oggi ritiene che ridurre un sostegno erogato per garantire i bisogni fisici essenziali sia incostituzionale. E questo accadrebbe ogni volta che il sussidio viene tagliato in misura superiore al 30%, sottolineano i giuristi. Le prestazioni previste dalla legge, nel caso in cui vengano comminate delle sanzioni, non garantiscono affatto la dignità delle persone. E su questo punto, secondo l’associazione, fino ad ora non si era indagato a sufficienza.

Le prestazioni in natura erogate in caso di riduzione dell'indennità di sussistenza consistono in buoni per il cibo e in alcuni casi anche per l'igiene, come riferito a chi scrive da un rappresentante della Bundesagentur für Arbeit (BA). In caso di decurtazione totale del sussidio i Jobcenter possono erogare dei buoni alimentari fino alla metà del valore della tariffa standard. Per una persona singola si tratta di 205 € al mese.

Prima di tutto i buoni non sono una prestazione obbligatoria. Secondo non sono accettati da tutti i supermercati. Terzo le persone colpite non ci possono pagare né l'affitto, né il riscaldamento, né l'elettricità. Per la Corte Costituzionale, come scritto in una sentenza del 2010, si tratterebbe di necessità fisiche di base.

Dall'Arbeitsamt riferiscono anche che in caso sia minacciato il taglio dell'energia elettrica, il Jobcenter puo’ pagare la bolletta direttamente al fornitore. Se le persone colpite si dichiarano disponibili "ad adempiere ai loro obblighi", le sanzioni possono essere mitigate e l'affitto arretrato saldato dal Centro per l’Impiego. Se cio’ non accade, e in caso di minaccia di sfratto, il Jobcenter puo' pagare l'affitto, ma solo in forma di prestito. Vale a dire: il debito con lo stato in seguito dovrà essere rimborsato a rate.

Costretti alla prostituzione e alla criminalità

L'associazione Sozialgerichtstag cita anche altri rilevanti aspetti sociali: molte persone sanzionate non sarebbero fisicamente e mentalmente in grado di lavorare per un periodo di tempo duraturo. Questo pero' non sembrerebbe interessare molto agli impiegati dei Jobcenter:

"i Jobcenter piuttosto, in una situazione esistenziale complessa e difficile, vorrebbero spingere verso un determinato comportamento oppure far accettare una situazione di carenza attraverso il ricorso a scenari di minaccia e coercizione"

Sono soprattutto i giovani disoccupati a trovarsi in una situazione disperata. Alcuni diventano senzatetto. La scarsa nutrizione diventa un pericolo. Alcuni, per cercare di restare a galla finiscono nella prostituzione o nella criminalità. "Non c'è alcun collegamento con il concetto di “protezione per la comunità", scrivono i giuristi ai loro colleghi della Corte Costituzionale di Karlsruhe.

Malati di mente puniti con maggiore frequenza 

Anche l'Associazione degli Avvocati tedeschi ha una visione simile. I Jobcenter si accaniscono soprattutto sulle persone con problemi mentali, sui tossicodipendenti, sui giovani con importanti problemi personali o addirittura con le persone gravemente disabili. Le persone colpite da sanzioni spesso non sono in grado di modificare il loro comportamento. I centri per l'impiego sanzionano i genitori single perché magari hanno rifiutato un lavoro a turni, oppure costringono persone depresse ad accettare un lavoro che in realtà non sono in grado di svolgere.

"Si ha come l'impressione, nel caso di persone con problemi comportamentali, che dietro alle sanzioni ci siano considerazioni da parte dei dipendenti del jobcenter estranee al caso in questione",

rimproverano i giuristi, che poi sottolineano: le famiglie bisognose, che non vogliono far morire di fame il familiare sanzionato, sono di fatto anch'esse colpite. Questa pena, estesa ai membri della famiglia, porta tutti i partecipanti ad "un regolare e significativo peggioramento della condizione di vita dell'intera famiglia".

Costringere le persone ad un determinato comportamento

Apparentemente i destini delle persone colpite non interessano né il governo, né i centri per l'impiego, né i rappresentanti dell'economia e nemmeno le città metropolitane o le province. Le loro prese di posizione lo fanno capire molto chiaramente.

Lo studio legale Redeker Sellner Dahs a nome del Ministero del Lavoro e degli affari sociali guidato da Andrea Nahles (SPD) chiarisce che nel diritto sociale le condizioni necessarie per ottenere un sussidio Hartz IV sono sullo stesso piano della dignità umana. La riduzione totale dell'indennità di sussistenza, oppure la sua totale decurtazione, è quindi da considerarsi pienamente legittima.

"si tratta di strumenti per impedire o costringere ad un determinato comportamento i beneficiari di un sussidio"

Concretamente: il governo concede un diritto fondamentale solo ai disoccupati obbedienti. Se le persone colpite da una sanzione non si piegano all'obbedienza, si tratta della loro volontà, sempre secondo il rappresentante legale del Ministero del Lavoro. In quanto "misure di legge finalizzate ad ottenere un determinato comportamento fanno abitualmente parte del diritto".

Minimo del minimo?

Sicuramente il governo federale ha calcolato il sussidio Hartz IV come un minimo esistenziale, lo studio legale che rappresenta il Ministero tuttavia nega questa tesi. Il limite insuperabile si troverebbe molto al di sotto, sostengono, senza pero' menzionare una somma precisa. La pensano allo stesso modo anche gli uffici del lavoro. Cosi' cercano di giustificare la loro posizione: solo il 37% delle obiezioni e il 40 % dei ricorsi vengono risolti a favore dei beneficiari, "testimonianza felice di un basso tasso di errore".

La Bundesvereinigung Deutscher Arbeitgeberverbände (BDA - Associazione dei datori di lavoro) ha addirittura elogiato le dure sanzioni previste per i disoccupati fra i 15 e i 24 anni. Alla minima irregolarità c'è la minaccia di una decurtazione del 100% dell'indennità. Probabilmente credevano di essere degli educatori quando alla BDA hanno dichiarato: sono proprio i piu' giovani a non doversi abituare ad una solidarietà da parte della collettività senza che da loro ci si aspetti una controprestazione. Anche l'associazione dei circondari (Landkreis) ritiene che l'intero catalogo delle punizioni sia "socialmente e politicamente necessario". L'associazione delle città teme invece che la perdita della casa potrebbe alla fine ostacolare l'inserimento lavorativo dei disoccupati. 

domenica 27 novembre 2016

Trump e i turbamenti dell'establishment tedesco

Ricevo da Claudio e molto volentieri pubblico. Ottima traduzione di un illuminante articolo pubblicato qualche giorno fa da RT Deutsch sulle reazioni dell'establishment tedesco dopo l'elezione di Trump. Grazie Claudio per la traduzione!


Le reazioni del mainstream tedesco in seguito alla vittoria elettorale di Donald Trump sono particolarmente significative, in quanto palesano il fatto che la Germania non sia semplicemente un vassallo degli Stati Uniti, bensì un componente essenziale del Neoliberalismo

Jean-Jacques Rousseau, uno dei grandi illuministi europei, fu colui che attribuì all'ultima regina di Francia Maria Antonietta la frase “Se non hanno più pane, che mangino brioche1!”, che sarebbe stata pronunciata proprio alla vigilia dello scoppio della Rivoluzione Francese.

Questo motto è divenuto un'icona linguistica per rimarcare la distanza tra le élite e le masse da loro governate; esprime l'ignoranza nei confronti delle esigenze e degli avvenimenti da parte di una classe dirigente immobilizzatasi nel proprio solipsismo, e che generalmente è l'elemento che fa sprigionare l'evento storico della rivoluzione.

Non è invece archiviabile come mera leggenda il fatto che fu Maria Antonietta a optare per una soluzione militare e che fece sfociare gli Stati Generali in un colpo di stato. Il risultato fu un acuirsi delle tensioni che accelerò lo sgretolamento dell'Ancien Régime. Anche in questo caso l'élite riteneva possibile ripristinare l'ordine (da non confondere con la pace) attraverso un intervento militare, nonostante l'inadeguatezza di tale strategia diventasse sempre più evidente con il passare dei giorni: non ci vuole una laurea in Psicologia per comprendere le dinamiche di tale meccanismo.

Eppure, anche nel caso in cui i paralleli con il presente risultino innegabili, la storia non si ripete mai in modo identico. La cognizione circa la dissociazione tra le élite occidentali e la vita quotidiana della maggioranza delle persone è ancora oggi, di nuovo, un tema decisivo. E la sensazione di trovarsi alla vigilia di un nuovo ordine mondiale è stata ulteriormente rafforzata dopo l'elezione di Trump a Presidente degli Stati Uniti. È in questi momenti di sconvolgimento dell'ordine vigente che si manifestano apertamente le fondamenta e l'impalcatura sulle quali poggia l'ordine stesso. Per un istante gli effetti speciali del palcoscenico si inceppano e, nel frattempo, diventa visibile il meccanismo che è adibito alla riproduzione artificiosa della realtà. Questo è quanto è avvenuto quel mercoledì mattina, quando sono diventati definitivi i risultati delle elezioni americane. Questi momenti di scombussolamento si stanno verificando sempre più spesso: la loro frequenza aumenta e ciò indica che qualcosa alla base non funziona più correttamente.

Attraverso il turbamento nella struttura ordinaria dello schema politico generato dal risultato elettorale americano si è potuto riconoscere per un momento il vero volto dell'establishment tedesco. Il rimprovero più volte sollevato nei confronti della Germania, ossia di essere un vassallo degli Stati Uniti, deve essere questa volta sospeso, in considerazione della reazione aggressiva dei politici e dei media mainstream.

Il ministro della Difesa tedesco Ursula von der Leyen esige da Trump una dichiarazione di lealtà riguardo l'alleanza NATO, la Merkel lancia ammonizioni circa il rispetto dei diritti umani e confonde per l'ennesima volta il concetto di identità sessuale, che nulla ha a che vedere con i diritti umani, professando con ciò la sua ignoranza a riguardo. Il populista (in materia economica), nonché Ministro delle Finanze tedesco, Wolfgang Schäuble si mostra preoccupato per l'indipendenza della FED – la Banca Centrale americana – e, a sua volta, mette in guardia dai populisti. Il Ministro degli Esteri Franz-Walter Steinmeier, che viene proposto come candidato per la carica di Presidente Federale, perde il proprio aplomb diplomatico e per il momento non si congratula per la vittoria elettorale, screditandosi per un qualunque incarico che richieda un certa discrezione. Probabilmente otterrà ugualmente quella carica, giacché, in definitiva, in un Ancien Régime non sono le qualifiche a risultare determinanti, bensì la rete di conoscenze.


Ad ogni modo cosa rivelano questi atteggiamenti inauditamente aggressivi da parte del mondo della politica?

L'ultima copertina dello Spiegel raffigura Trump come una meteora impazzita diretta contro la Terra e annuncia la fine del mondo (come noi lo conosciamo), lo Stern tratteggia un futuro a tinte fosche, lo Zeit non perde l'occasione di imprecare contro gli elettori, il Süddeutsche Zeitung riproduce un respiro agonico, mentre lo Springer Verlag impiega una buona mezza giornata prima di riprendersi, poi però il massacro parte anche lì.
Dopo quasi un anno di resoconti apocalittici sulle elezioni statunitensi, che toccarono l'apice preconizzando un disastro, i media non si sono fermati un attimo mantenendo imperterriti la loro scadente qualità e tentando addirittura di abbassare ancor di più il loro già squallido livello di giornalismo.


Cosa può spiegare questa follia mediatica?

Improvvisamente ai rappresentanti della politica e dei media saltano in mente fatti relativi agli USA che sarebbero stati liquidati come americanismo da strapazzo qualora fossero stati pronunciati solo due settimane prima.


Cos'è successo?

Di attinente con i fatti che si sono verificati o con quanto Trump farà non c'è assolutamente nulla, e in definitiva la campagna elettorale è stata condotta in modo indegno e non certo come una discussione o uno scambio argomentativo. C'è un programma elettorale e un breve discorso in cui Trump, all'indomani delle elezioni, ringrazia i propri elettori e finanche Hillary Clinton per il suo impegno in favore degli Stati Uniti, annunciando la sua volontà di riappacificare i partiti e di essere il Presidente di tutti gli americani. Professa di voler istituire un governo al servizio dei cittadini e annuncia un vasto programma per le infrastrutture, un progetto di crescita nazionale. Parimenti la sua politica estera è improntata alla riconciliazione: Trump vuole certamente perseguire gli interessi degli Stati Uniti mantenendo tuttavia un atteggiamento collaborativo e non ostile nei confronti degli altri Paesi. Ma in realtà lui non aveva mai dichiarato nulla di diverso; stona con l'immagine di psicopatico con cui era stato dipinto e risulta invece essere alquanto ragionevole. “Gli uomini e le donne finora dimenticati non saranno più abbandonati a sé stessi” è la chiosa passionale del suo breve discorso.

Cos'è allora che ha fatto scattare questa furia insensata da parte della politica e dei media tedeschi?Cosa ha indotto i telegiornali che avevano accompagnato in modo orribilmente grottesco le elezioni americane a pubblicare a quattro giorni di distanza dal risultato degli scrutini un articolo in cui si tenta di collegare la vittoria di Trump a un rigurgito di violenza razzista negli Stati Uniti? Nessuna testata giornalistica seria si lascerebbe mai scappare un'affermazione del genere perché nessuna fonte sufficientemente attendibile sarebbe in grado di dimostrarla.

La ricerca va condotta, come al solito, su quanto non viene detto. C'è un particolare della campagna elettorale di Trump che non è stato discusso qui in Germania: il neo presidente aveva annunciato di voler ripristinare posti di lavoro negli Stati Uniti, lanciando in questo modo il guanto di sfida alla Cina. L'agenda politica di Trump prevede dazi doganali e la Cina, come è noto, produce più di quanto consuma; la sua imponente crescita economica degli ultimi anni è dovuta, in larga parte, proprio all'export. Ciò nonostante, ultimamente sta facendo sempre più affidamento sul suo immenso mercato interno, distanziandosi progressivamente dal modello di crescita incentrato sulle esportazioni.

Nel globo terracqueo vi è però un altro Paese che ha promulgato a più non posso questo modello economico, sui cui media il titolo “Campioni del mondo dell'export” viene venerato come il vitello d'oro. Trump è stato il primo presidente americano dopo la Seconda Guerra Mondiale ad aver osato mettere in discussione il paradigma economico tedesco, ritenuto “asociale2” nei confronti del resto del mondo; tale modello consiste, in poche parole, nel contenere i salari nel tentativo di aumentare la produttività, affinché i beni possano essere esportati più facilmente all'estero. Questo però comporta inevitabilmente anche “un'esportazione di disoccupazione”: in questo modo la Germania sta promuovendo la disgregazione dell'Unione Europea (in particolare dell'Eurozona) e si ritrova ormai sul banco degli imputati a causa del suo surplus, che, da un lato, sta compromettendo il benessere degli altri Paesi e, dall'altro, produce un tipo di crescita che richiede inevitabilmente l'esclusione dei dipendenti salariati dai profitti generati, altrimenti il modello di crescita economica andrebbe in tilt.


Con Trump gli accordi internazionali liberistici come il TTIP vengono meritoriamente messi in soffitta.


L'arrivo di Trump rende però anche visibile ciò che finora era rimasto nascosto. Le élite tedesche non sono semplicemente un vassallo degli Stati Uniti, bensì un motore fondamentale di quel consesso che vorrebbe far attecchire in ogni angolo del pianeta la forma attuale di Neoliberalismo. Lo si può notare dal modo in cui salutano la conseguente militarizzazione e la frattura della società. Tale consenso annovera personaggi provenienti dall'intero spettro politico e mediatico: in ogni partito e in tantissimi mezzi di informazione ci sono singoli elementi che perseguono un certo tipo di politica, e nel complesso tutti i partiti e la totalità del sistema mediatico condividono l'agenda neoliberale.

Grazie a Trump è inoltre visibile quanto le élite tedesche abbiano subordinato il pensiero politico in favore delle Relazioni Pubbliche e del Marketing. Da tempo, ormai, non c'è più traccia – e questo ormai lo percepiscono e lo sanno in molti – di una ricerca di alternative e di un compromesso per il bilanciamento degli interessi di tutti i gruppi sociali in gioco; al contrario si procede con la propaganda più convincente possibile di una presunta mancanza di alternative a scapito della maggioranza delle persone. Tutto ciò non è più accettabile.

Gli sconvolgimenti scatenati dalle elezioni americane mostrano anche che in Germania non c'è un'alternativa di sinistra ad un Donald Trump. La sinistra, in seguito alla pressione derivante dalla caduta dell'Unione Sovietica negli anni '90, ha smesso di sollevare la questione della ridistribuzione dei profitti, per rincorrere quella della partecipazione e dell'inclusione. In termini cromatici, bandiere arcobaleno al posto di bandiera rossa. Questo è stato un errore madornale, ormai difficilmente lo si può negare. Gli Antifa sventolano bandiere in una dimostrazione anti Trump davanti all'Ambasciata di Berlino e reclamano pace e il rispetto dei diritti umani. L'imbarazzo, la goffaggine e l'inconsapevolezza che quelle immagini esprimono a livello psicologico fanno male. La sinistra in Germania assomiglia a un piccolo conglomerato conforme al sistema. Grazie a Trump si verificherà un maggior numero di rivendicazioni degne della vera sinistra rispetto a quanto è stato fatto sotto Obama o quanto si sarebbe fatto con la Clinton.

La Germania, i suoi partiti e le sue corporazioni svolgono un ruolo centrale in seno al progetto neoliberale di riorganizzazione del mondo. In quest'ottica la reazione al voto americano diventa facile da interpretare. Si capisce come mai la notizia che il presidente venturo voglia cercare di conciliarsi con la Russia scateni quest'ondata di panico. Per un istante il telone è stato stracciato: pace e accordi con la Russia? Per il ministro della Difesa tedesco, per i politici di ogni partito, per gli articolisti, per gli Antifa, per i gruppi di sinistra, per tutti loro ciò rappresenta un pensiero raccapricciante. Molto meglio lasciare in piedi l'attuale aggressione strutturale.

L'immagine della Russia malvagia, che allunga la sua mano in direzione della pacifica Europa, è stata amplificata. Attribuirle un ruolo così nefasto e minaccioso significa essere spiccatamente disinformati circa gli sviluppi verificatisi nella Federazione Russa; la Russia sta sviluppando assieme ad altri Stati un'imponente rete di progetti all'impronta della collaborazione reciproca: i BRICS, le nuove vie della seta, l'unione doganale e il gruppo di Shanghai dovrebbero essere usati come semplici rimandi a concetti o realtà ben note. E quindi, invece di perseguire questo progetto tutt'altro che irrilevante, alla Russia salterebbe ora in testa l'idea di invadere militarmente la Lituania... non poteva esserci argomento più ridicolo. Il guaio è che questo è il livello della discussione politica in Germania.

In fondo i Tedeschi dovrebbero applaudire un Presidente americano che non ha intenzione di ridurre in cenere nucleare l'Europa; la Clinton sarebbe stata pronta a ciò. Dovrebbero acclamare chi osteggia apertamente il TTIP; la Clinton non avrebbe invece mollato la presa. Dovrebbero schierarsi dalla parte di chi vuole evitare la guerra; la Clinton invece – come ha fatto anche Obama – avrebbe calpestato ogni diritto internazionale pur di attenersi ad un'idea di America che sovrasta gli altri popoli e le altre nazioni.

Ma il fatto che ciò non accada, simbolo di un'evidente ignoranza politica del popolo tedesco, è assai preoccupante.

L'ultima regina di Francia Maria Antonietta aveva origini tedesche. D'altronde lo stesso valeva per la zarina russa Caterina la Grande; il suo nome incarna il fiorire della cultura e del sentimento nazionale russo. La recente tornata elettorale ha dimostrato che la Germania deve decidersi: in questo momento essa si trova avvinghiata all'agenda neoliberale, ponendosi pertanto in modo molto esplicito contro ogni progetto che miri alla pacificazione. Ma la posizione della Germania è sempre più isolata. Dobbiamo veramente attenerci al copione? Di nuovo “Deutschland über alles”? Così non può funzionare.

1 Si tratta ovviamente di una traduzione libera in quanto l'articolo originale riporta: “Se non hanno il pane perché non mangiano torte?”



2 A mio giudizio il termine tedesco asozial ha una valenza connotativa difficilmente traducibile in italiano (cfr. il suo impiego, nell'Umgangssprache, per descrivere gli atteggiamenti e i comportamenti di un particolare strato socio-culturale della società tedesca).