mercoledì 22 febbraio 2012

La Germania è in trappola


Un'altra lunga e appassionata intervista all'economista tedesco piu' ascoltato, Hans Werner Sinn, che alla FAZ (Frankfurter Allgemeine Zeitung) dice: la Germania è sotto ricatto e l'unione di trasferimento è  già iniziata.
Per l'economista Hans Werner Sinn il treno verso l'unione di trasferimento è già partito. “I pacchetti di salvataggio si esauriranno presto” dice in un'intervista alla FAZ. L'effetto finale sarà la condivisione della responsabilità sui 3.500 miliardi di Euro di debito del sud Europa.

FAZ: Professore Sinn, Atene riceverà presto un ulteriore pacchetto di aiuti da 130 miliardi di Euro. Lei crede che questo sarà l'ultimo pagamento?

SINN: No, questo basterà solo per un breve periodo di tempo. E' solo un ulteriore aiuto ai possessori di titoli, che in questo modo potranno liberarsi di una parte delle obbligazioni greche. Se avessimo voluto veramente essere utili ai greci, avremmo dovuto dargli questo denaro come aiuto per l'uscita dall'Euro. Non hanno nessuna possibilità di tornare competitivi nella zona Euro. Devono abbassare del 31% i loro prezzi, solo per poter raggiungere il livello turco.

FAZ: La Grecia dovrebbe abbandonare l'unione monetaria nel proprio interesse?

SINN: Sì, perché se pretendiamo che la Grecia possa tornare competitiva attraverso un piano di risparmi, il paese andrà verso il Kaos. I politici europei potranno ripetere per decine di volte che le cose andranno diversamente ma certe cose da un punto di vista economico non sono possibili.

FAZ: 31 %? Che cosa hanno raggiunto allora i greci nei 2 anni precedenti con i loro sforzi di risparmio?

SINN: Niente. Questo è il grosso problema, non solo in Grecia. Prima della crisi i prezzi nei paesi periferici e in Italia erano esplosi grazie al credito a buon mercato, portato dalla moneta unica. Il rialzo dei salari è stato finanziato con il credito, e il deficit delle partite correnti è cresciuto. Il denaro per finanziare le importazioni è stato preso a prestito all'estero. La cosa ha funzionato fino a quando la crisi americana non è arrivata in Europa. I prezzi di oggi sono ancora i prezzi del momento in cui la bolla speculativa è scoppiata. Non si tratta di prezzi di equilibrio ma di prezzi che devono scendere. Avremmo bisogno in condizioni normali di un adattamento dei tassi di cambio. Ma questo non è possibile nell'Euro. Si dovrebbe fare allora lo stesso attraverso un abbassamento dei prezzi in rapporto ai paesi piu' competitivi nell'unione monetaria.

FAZ: Da due anni sentiamo quanto difficili siano le misure di risparmio. Di fatto non c'è stata una svalutazione interna?

SINN: No, nonostante fosse necessaria una riduzione a 2 cifre, il livello dei prezzi spagnoli durante la crisi è diminuito di appena l'1% rispetto ai paesi piu' competitivi. Italia e Portogallo sono diventate addirittura ancora piu' costose durante la crisi, di quanto non fossero prima. La persistenza di prezzi sbagliati è il problema principale dell'Eurozona. Per questa ragione potrebbe arrivare alla sua rottura. Il problema dei debiti al confronto sparisce. I paesi del sud Europa non si sono avvicinati in nessun modo alla soluzione dei loro problemi. Dovrebbero prendere l'Irlanda come un esempio. L'Irlanda, negli ultimi 5 anni ha ridotto i propri prezzi del 16%, in rapporto ai partner europei.

Il paese aveva un disavanzo delle partite correnti di quasi il 4% del PIL, ora ha addirittura un avanzo. Per questo i mercati gli danno nuovamente fiducia. Affinché la Grecia possa raggiungere il successo irlandese, dovrebbe svalutare internamente di almeno il 50%, perché le partite correnti greche erano in negativo per il triplo di quelle irlandesi. In questo modo diventa troppo pesante. In Grecia non riusciranno mai a raggiungere questo obiettivo, hanno dei sindacati ancora molto forti. In Grecia manca una lobby delle esportazioni che potrebbe pretendere ed ottenere una svalutazione per tornare competitivi. Al contrario hanno solamente una lobby delle importazioni, che contrasta una svalutazione reale, perché in questo modo i suoi affari sarebbero rovinati.

FAZ: I paesi del sud Europa non si sono ancora avvicinati alla soluzione dei loro problemi. Che cosa succederebbe se venisse reintrodotta nuovamente la Drachma?

SINN: Assisteremmo ad una corsa gli sportelli. La banche sarebbero insolventi e avrebbero bisogno di sostegno. Per questo sarebbe molto meglio utilizzare i 130 miliardi per sostenere il passaggio alla Drachma.

FAZ. Di quanto tempo avrebbe bisogno il paese per tornare a camminare sulle proprie gambe?

SINN: In Argentina ci sono voluti 2 anni, prima che il paese tornasse a camminare sulle proprie gambe.

FAZ: Anche gli abitanti inizierebbero a scappare o a emigrare, oppure?

SINN: Questo è un grosso problema, ma l'emigrazione dal paese sarebbe molto piu' grande se il paese rimanesse senza trasferimenti nella zona Euro. Ci sono solo 3 possibilità: continuiamo a finanziare le partite correnti in negativo del 10% con crediti, che presto si trasformerebbero in regali. Secondo: la Grecia esce dall'Euro e svaluta. Terzo: la Grecia all'interno dell'Euro diventa molto piu' economica. Ma la terza strada porta i sindacati sulle barricate. Porterebbe a fallimenti di massa nell'economia reale, poiché i debiti delle aziende con le banche rimarrebbero immutati, mentre il valore degli investimenti e degli immobili crollerebbe ancora. Le aziende diverrebbero poi sovraindebitate.

FAZ: Quali vantaggi avrebbe per il paese il ritorno alla Drachma?

SINN: Con l'uscita e la svalutazione i debiti verso le banche sarebbero svalutati automaticamente. In questo modo i bilanci delle aziende sarebbero salvi. Questo è un grosso vantaggio. I debiti esteri rimarrebbero e crescerebbero in rapporto al PIL misurato con la nuova moneta svalutata. Ma sarebbe successo lo stesso con una svalutazione interna. Con l'uscita si può tuttavia usare la Lex Monetae e convertire i debiti esteri in Drachme. Questo è un ulteriore vantaggio.

FAZ: I debiti sono già stati ridotti con il taglio del debito...

SINN: Con l'uscita il problema si risolve in maniera molto piu' elegante. Il debito viene emesso e gestito secondo le leggi greche. La Grecia potrebbe convertire facilmente attraverso delle leggi i debiti in Drachme.

FAZ: Oltre ai debitori privati, lei ritiene che anche i debitori pubblici dovrebbero rinunciare a una parte considerevole dei loro crediti?

SINN: Alla BCE è proibito adottare i debiti degli stati. Ma cosa dovrebbe fare se la Grecia è fallita? In ogni caso la rinuncia sarebbe molto piu' piccola, se la Grecia uscisse dall'unione monetaria, perché solo un'uscita e una svalutazione potrebbero mettere il paese nelle condizioni di ottenere nuovamente degli attivi nelle partite correnti, e in questo modo di ridurre il debito estero. Anche per i creditori sarebbe molto piu' vantaggiosa un'uscita del paese dalla moneta unica. Di fatto il calcolo che viene fatto è diverso: si aspettano che il contribuente tedesco si accolli una grossa parte dei costi necessari a mantenere la Grecia nell'Euro. Questo è un calcolo molto scorretto fatto sulle spalle della popolazione greca.

FAZ: La volontà politica di uscita della Grecia è cresciuta?

SINN: La Grecia uscirebbe immediatamente, se non avesse più nessun accesso alla stampa di denaro della BCE e ai pacchetti di salvataggio dei paesi europei. L'unico motivo per cui i greci rimangono nell'Euro, è la speranza di poter trattenere per sé un po' del denaro che sta affluendo per rimborsare i creditori.

FAZ: Quanto è grande il rischio di contagio per il Portogallo e gli altri paesi?

SINN: Questo è presente. Ma viene strumentalizzato dai creditori di Wall Street, Londra e Parigi. Ci dicono: se non salvate la Grecia, il mondo rischia di crollare. In verità la sola cosa che rischia di crollare è il loro portafoglio titoli, non il mondo. Se sappiamo questo, non dobbiamo avere così tanta paura. Personalmente credo che il mercato dei capitali sappia distinguere molto bene fra i diversi paesi. Così io escludo un contagio per l'Irlanda, perché i mercati vedono, che il paese ha nuovamente una bilancia delle partite correnti attiva.

FAZ: Lei vede dei progressi in Italia e Spagna?

SINN: Onestamente no. Né per quanto riguarda i deficit né per quanto riguarda i prezzi. Per ora si parla solo di intenzioni, fino ad ora solo l'Irlanda ha agito.

FAZ. Il governo federale assicura, la garanzia tedesca per i paesi in crisi sarebbe di 211 miliardi di Euro.

SINN: Manca qualcosa da questa cifra. Primo, si tratta di 253 miliardi, perché con lettere piccole c'è scritto che possono diventare un 20% in piu'. Inoltre, l'acquisto di titoli pubblici, i crediti esorbitanti verso la BCE e il denaro messo a disposizione tramite l'UE e la BCE non sono calcolati. In questo momento garantiamo per circa 643 miliardi. A questi devono essere aggiunti gli interessi per i crediti concessi.

FAZ: Fino ad ora il salvataggio non ci è costato nulla, si sente dire spesso.

SINN: Già ora abbiamo delle perdite. E poi stiamo accettando il rischio che ha ogni prezzo espresso dal mercato. Ci si può assicurare contro il fallimento di un paese. E questo costa una certa quantità di denaro. Ma questa assicurazione la sta offrendo la Germania. Il conto è però sbagliato. Nei prezzi di mercato bisognerebbe calcolare anche il costo dell'assicurazione contro l'insolvenza. Se le cose dovessero andare male, la perdita sarebbe molto grande.

FAZ: Arriviamo dunque alla parola magica Eurobonds, obbligazioni comuni per tutta la zona Euro. Richiesti dal sud Europa per ridurre il costo del loro indebitamento.

SINN: La Germania dovrebbe considerare un aumento del tasso di interesse necessario per l'indebitamento pari al 2,3 %, se i debiti europei dovessero essere messi in comune. Se tutto l'indebitamento pubblico fosse convertito in Eurobond, questo significherebbe per il nostro paese un costo annuo aggiuntivo per interessi pari a 50 miliardi di Euro.

FAZ: Una delle opzioni è quella di continuare a sostenere la Grecia come un mezzogiorno. Molti sostengono che la Germania ha tratto un grande vantaggio dall'Euro, lei è daccordo?

SINN: La Germania cresce da 2 anni piu' velocemente della media. Questo è chiaro. Traiamo vantaggio dal fatto che i risparmi tedeschi restano in Germania e cercano un investimento sicuro nel nostro paese. Questo genera un boom degli investimenti. In questo momento questo è il principale motore di crescita, non il commercio estero. Fino alla crisi finanziaria del 2008 avevamo la nostra Euro-crisi. Questo non lo dobbiamo dimenticare. Avevamo la quota di investimenti piu' bassa di tutta la OCSE, avevamo una crescita molto bassa, due terzi dei capitali risparmiati ogni anno fuggivano all'esterno. C'era un'alta disoccupazione che ha costretto Schröder a fare delle dolorose riforme per il mercato del lavoro. Le riforme hanno avviato una fase di riduzione dei salari e posto la società di fronte ad una prova molto difficile. Non è stata certo una passeggiata.

FAZ: Allora in questo momento siamo i vincitori della crisi.

SINN: Sì, ma questa è sostanzialmente un'autocorrezione del mercato dei capitali. I mercati per alcuni anni sono stati cechi verso i rischi della periferia. Attraverso i piani di salvataggio offriamo una garanzia ai capitali tedeschi nel sud Europa, dove il capitale non vuole andare, e spostiamo la capacità di crescita della Germania verso il Sud Europa. Questa è una politica contraria agli interessi della Germania.

FAZ: Tutto questo non viene pubblicamente notato, sostenuto dai trasferimenti all'interno del sistema Target della Bundesbank. Lei ha portato alla luce i rischi connessi ai pagamenti nel cosiddetto sistema Target fra le banche centrali della zona Euro. La Bundesbank dall'inizio della crisi Euro ha accumulato 500 miliardi di Euro di crediti verso le banche centrali dei paesi Euro traballanti. Come potrebbe spiegare il problema del sistema Target ai profani?

SINN: Abbiamo degli avanzi commerciali con i paesi del Sud Europa, e questi sono pagati con denaro stampato o creato dal nulla. Negli ultimi quattro anni i nostri clienti del sud Europa hanno pagato le importazioni con del denaro semplicemente creato dal nulla. Nel sud Europa questa creazione di denaro sta correndo molto veloce e ha sostituito completamente i prestiti delle banche tedesche. Le quali hanno depositato il loro denaro presso la Bundesbank, e la nostra banca centrale ha ora un credito all'interno del sistema Target nei confronti della BCE. I crediti nei confronti del sistema Target vengono remunerati al 1% di interesse, e questo è meno del tasso di inflazione.

FAZ: Dove sono i rischi?

SINN: Non potremo mai incassare i nostri crediti. Quando saremo vecchi e vorremo avere il rimborso delle nostre polizze assicurative, la Bundesbank non potrà ripagare indietro il denaro, perché essa stessa non potrà riscuotere i propri crediti. Se l'Euro dovesse dissolversi, avremmo dei crediti verso un sistema che non esiste piu'. I crediti all'interno del sistema Target hanno reso la Germania ricattabile, perché chiunque sa, che potremmo perdere 500 miliardi se l'Euro dovesse dissolversi. Quindi dobbiamo salvarlo a tutti i costi. L'importo potrebbe crescere ancora notevolmente, perché la BCE vuole estendere la somma disponibile per il rifinanziamento attraverso questo sistema oltre i 500 miliardi. Questi prestiti vengono utilizzati quasi esclusivamente per la creazione di denaro dal nulla, (stampa di denaro) nei paesi del sud Europa. Già oggi la metà delle attività nette sull'estero tedesche si compone di crediti della Bundesbank verso il sistema della BCE. Se gli sviluppi seguissero la volontà della BCE, anche l'altra metà potrebbe essere impiegata ben presto in queesto modo.

FAZ: Il membro della Bundesbank Thiele sostiene che questi crediti siano garantiti, è vero?

SINN: Ma in che modo? In Grecia sono garantiti per due terzi con obbligazioni statali o con obbligazioni private garantite dallo stato greco. Se la Grecia dovesse fallire, questi titoli non avrebbero piu' alcun valore. Secondo le mie informazioni, la BCE ha accettato queste obbligazioni come garanzia ad un valore che è un multiplo del valore di mercato attuale di questi titoli.

FAZ: Non è questa una perdita nei libri della Bundesbank, di cui il cittadino non è a conoscenza?

SINN: Certo. Se l'Euro sopravvive ma la Grecia fallisce, ci sono delle perdite in conto capitale che dovremmo condividere fraternamente fra i paesi restanti. Se l'Eurosistema si disintegra i 500 miliardi sono completamente a rischio. Questo significa piu' di 3 volte il capitale proprio della Bundesbank. Che a quel punto sarebbe insolvente.

FAZ: Ma le banche centrali non possono fallire.

SINN: Dietro i crediti della Bundesbank verso la BCE ci sono i nostri risparmi. Che nessuno ci restituirà indietro. E quando la Bundesbank dovrà soddisfare le richieste delle banche e delle assicurazioni con del denaro appena stampato, cosa che può certamente fare, allora si creerà inflazione. I risparmi non torneranno realmente indietro. Se l'Euro si disintegra, nessuno potrà vivere in vecchiaia dei crediti verso il sistema Target, qualsiasi trucco possa essere inventato dai nostri contabili.

FAZ: Come se ne esce?

SINN: Dobbiamo almeno impedire la crescita dei saldi. Non è possibile che i paesi del sud Europa sostituiscano i normali crediti bancari con prestiti a buon mercato della banca centrale, che loro stessi all'interno del consiglio direttivo della BCE si sono autorizzati. Le banche private sarebbero pronte a dare credito ai paesi del sud Europa con un premio di rischio del 4 o 5 %, ma dalla stampante di denaro della BCE possono ottenere denaro al tasso del 1%. In questo modo la BCE non ci deruba solamente dei nostri risparmi, ma rovina il mercato interbancario del credito.

FAZ: E la BCE imposta i tassi fuori dal mercato...

SINN: E' così. L'autocorrettura dei mercati è minacciata dalle azioni di salvataggio che non prevedono nessun tasso aggiuntivo. La BCE sovvenziona il flusso di capitali verso la periferia. Nel sud gli investimenti vengono finanziati ad un tasso di interesse piu' basso, di quanto non si potrebbe ottenere nel nord.

FAZ: Come si potrebbe evitare la crescita del Target saldo nei confronti della BCE?

SINN: Come in America. Ogni anno la media dei debiti creati all'interno del sistema Target viene pareggiato attraverso la consegna di titoli di debito sicuri, ad esempio attraverso obbligazioni ipotecarie con una sicurezza molto elevata.

FAZ: Cosa resta nella BCE dell'ideale di stabilità originario della Bundesbank?

SINN: La BCE doveva essere costruita secondo l'ideale di stabilità della Bundesbank. Questo purtroppo non è accaduto. Altrimenti la Bundesbank non si sarebbe trovata in ogni decisione all'angolo e in minoranza, come ad esempio sull'acquisto di titoli del debito pubblico, o sulla qualità delle obbligazioni accettate per il rifinanziamento. Il consiglio della BCE è al 70 % nelle mani del Club Med e dei francesi. Gli altri possono dire molto poco.

FAZ: La BCE concede credito economico a tre anni, in modo che le banche possano comprare titoli del debito pubblico. Si tratta di finanziamento del debito pubblico?

SINN: Sì. La strada non è vietata, ma aggira il divieto del finanziamento diretto degli stati.

FAZ: Merkel pone ai paesi in deficit un limite all'indebitamento attraverso il nuovo patto fiscale, questo sarà di aiuto?

SINN: Ci sono due modelli per l'Europa: libero ricorso alla stampa di denaro, quindi crediti tramite il sistema Target, Eurobonds e limitazioni all'indebitamento poste dalla politica. L'Europa ha già in parte accettato questo modello. Un altro è quello americano: gli stati possono fallire e non ricevono aiuti. Per questa ragione gli interessi pagati dagli stati sul debito sono diversi. I saldi del sistema Target devono essere estinti annualmente. Il modello si basa sul controllo del mercato. Per questo i limiti politici, che peraltro esistono, non vengono mai utilizzati.

FAZ: Ma il Fiskalpakt impone più pressione?

SINN: Il tentativo di ancorare il livello di debito pubblico al trattato UE, è già fallito. Poiché il Regno Unito non ha collaborato, abbiamo un accordo fra diversi stati. Che non potrà andare contro il vecchio diritto UE. Una procedura di infrazione deve essere sempre aperta dal Consiglio europeo a maggioranza qualificata. Se questo accade, la multa deve essere dello 0,1 % del PIL. Questo è un affare unico. I paesi in crisi che attraverso gli Eurobond sperano in un risparmio per interessi di diversi punti di PIL, scrolleranno le spalle, pagheranno la multa e continueranno ad indebitarsi. I limiti politici all'indebitamento servono solo a calmare i tedeschi, in modo da far loro accettare la costruzione degli Eurobond. Abbiamo già avuto lo stesso gioco, quando ci hanno calmato con il pacchetto di stabilità e crescita. Che non è stato preso seriamente da nessuno dei paesi sovraindebitati.

FAZ: Come potrà funzionare tutto questo?

SINN: Il treno in direzione “Transferunion” è già partito. I fondi per il salvataggio a breve saranno già esauriti. Allora si inizierà a fare pressione sulla Germania per aumentare la somma, per poter difendere e rimborsare i vecchi crediti. Si continuerà a gettare sempre nuovo denaro per coprire i vecchi crediti, per potersi salvare fino alle prossime elezioni. L'effetto finale sarà la condivisione di 3,5 trilioni di debito dei paesi del sud Europa. La Germania perderà una parte cospicua delle sue attività estere – o attraverso i fallimenti degli stati, o per causa dell'inflazione, o piu' probabilmente, attraverso l'innalzamento delle tasse necessarie al finanziamento dell'unione di trasferimento.

FAZ: Qual'è la sua opinione riguardo le tattiche negoziali della cancelliera?

SINN: La Signora Merkel è sotto pressione da Wall Street, Obama, la City di Londra, Sarkozy, Barroso, e da tutti i capi di stato del sud Europa. Fanno pressione anche gli investitori della Bad Bank in Lussemburgo, fondata lo scorso anno, affinché acquistasse i titoli di stato tossici. Per questa ragione ha sviluppato la strategia di cavarsela sempre. Apre la sua borsetta, quando la pressione diventa troppo alta, ma non dà tutto quello che ha, perché sa che poi i suoi amici non sarebbero piu' interessati a lei. Prova a fare del suo meglio. Ma nonostante ciò, siamo in trappola.

martedì 21 febbraio 2012

Fermate il bonifico da 130 miliardi!


Un altro commento da Der Spiegel  contro il piano di salvataggio appena approvato. Invece del folle piano di rimborso, si dovrebbe finanziare un nuovo piano Marshall.

La Grecia è fallita. Il paese non ha bisogno di un taglio del debito del 50 o 70%, ma del 100%, se vuole tornare a vivere senza bisogno di aiuti dall'esterno. Il pacchetto di aiuti che i ministri delle finanze della zona Euro hanno appena firmato non aiuterà i greci, ma i loro creditori. 

Lo dico in anticipo: questo commento non è contro la Grecia. Non riguarda tutte le cose di cui si parla oggi nei media o nelle conversazioni tedesche: i cittadini greci che non pagano le tasse, i dipendenti pubblici fannulloni, i politici  di Atene che non rispettano le loro promesse.

Non si tratta di tutto questo, nonostante ciò il commento ha un messaggio chiaro: il pacchetto di aiuti da 130 miliardi di Euro che i ministri delle finanze oggi probabilmente firmeranno, non deve in alcun modo essere pagato. Sicuramente per anni o forse per decenni la Grecia avrà bisogno della solidarietà degli altri membri dell'UE – e la Germania non potrà negare questa solidarietà. Probabilmente il resto d'Europa nel corso dei prossimi anni invierà ad Atene ancora piu' denaro dei 130 miliardi di Euro a basso tasso di interesse, di cui si discute oggi a Brussel.

L'errore non è nelle dimensioni del pacchetto di salvataggio, ma nella sua costruzione. Non è indirizzato ai bisogni del popolo greco, ma alle regole dei mercati finanziari internazionali. Questo in pratica significa: i suggerimenti delle lobby bancarie. 

Come si potrebbe spiegare altrimenti, il fatto che circa un quarto del pacchetto non arriverà ad Atene, ma andrà direttamente ai creditori internazionali del paese? Con circa 30 miliardi di Euro, i titolari del debito pubblico greco dovrebbero essere incentivati a cambiare i vecchi titoli di Atene con dei nuovi titoli del debito. In questo modo si mantiene in vita l'illusione che la Grecia non sia ancora fallita – alla fine i creditori rinunciano volontariamente ad una parte dei loro crediti. Il mondo finanziario ha sapientemente alimentato la convinzione che un fallimento della Grecia avrebbe scatenato una catastrofica reazione a catena.

Rimangono ancora 100 miliardi di Euro. Anche questa somma non sarà orientata a ciò di cui la Grecia ha veramente bisogno, per poter tornare a vivere con le proprie forze. Ma alla sua capacità di ripagare il debito. Un concetto alquanto spaventoso: con un rapporto debito/PIL al 120%, secondo l'opinione delle tecnocrazie, il paese sarebbe in grado di sostenere il costo del debito e di rimborsarlo ai creditori. La mucca continuerebbe a dare latte, senza cadere morta a terra per la stanchezza. Il 120% sarebbe così il marchio dell'obiettivo.

Ma la mucca malata non darà piu' latte per anni.

Sembra ancora piu' surreale il dibattito degli ultimi giorni, dove si discuteva seriamente se la Grecia sarebbe riuscita a raggiungere il 120% di debito/PIL oppure sarebbe arrivata solamente al 129% del PIL – nel 2020, si intende. Prevedere con precisione e con 8 anni di anticipo il livello di debito raggiunto da un'economia:  non succede nemmeno per la Germania. In Grecia con la sua economia al collasso e la sua innaffidabilità statistica, con certe previsioni si abbandona l'economia e si entra nel campo della magia nera. 

Suona molto simile la richiesta europea: aumentare i risparmi nel bilancio greco da 3 miliardi di Euro a 3,3 miliardi. Solo allora si potrebbe giustificare il piano di salvataggio europeo. Come sarebbe bello se la soluzione del problema greco riguardasse solamente 300 milioni di Euro in piu' o in meno. Di fronte alle speranze di cui si compone il pacchetto di risparmio, i 300 milioni di Euro non sono che “peanuts”, ma di noccioline qui non vogliamo parlare. Comunque non molto di piu' di un arrotondamento.

In verità la Grecia è da molto tempo già fallita. Il paese non ha bisogno di un taglio del debito del 70% ma del 100 %, se vuole tornare a vivere economicamente con le proprie forze. La mucca malata nei prossimi anni non darà nessun latte.

 Piano Marshall invece dei deliri sul rimborso del debito.

Molti degli innumerevoli alti burocrati che si sono confrontati con la questione della Grecia, conoscono questa semplice verità. Alcuni lo ammettono a porte chiuse: i 130 miliardi non possono risolvere il problema. Si tratta solo di comprare tempo. Tempo necessario a far stabilizzare i mercati finanziari, in modo da permettere loro di sopportare il fallimento senza reazioni a catena. Senza fallimenti bancari, senza effetti domino generati dalle perdite sulle assicurazioni del credito  e senza esplosione del tasso di interesse per gli altri stati europei con problemi di debito e di bilancio.

Ma quando dovrebbe essere questo momento se non adessso? Dallo scorso autunno la BCE inonda con la liquidità le banche europee. Spagna e Italia, i 2 giganti vacillanti d'Europa, hanno nuovi capi di governo, che si sono impegnati credibilmente in un programma di risparmio. Allo stesso modo come i principali stati dell'EU con il pacchetto fiscale. E il problema con le assicurazioni sul credito non è così grave come ci racconta la lobby finanziaria. 

Se i politici europei avessero un po' di fiducia nel lavoro che hanno fatto nei 2 anni dal debutto della crisi, adesso dovrebbero chiarire quello che ognuno sa già: la Grecia è fallita. Tutti i debiti del paese saranno cancellati. 

Il paese dovrebbe ricevere nonostante questo i 130 miliardi di Euro. Ma in un'altra forma. Invece di rimborsare gli speculatori finanziari ripagandoli dei rischi che hanno assunto, il denaro dovrebbe fluire completamente nell'economia greca e finanziare la sua ricostruzione. Piano Marshall invece del folle piano per il rimborso!





lunedì 20 febbraio 2012

Salvare la Grecia all'interno dell'Euro è un'illusione.


Der Spiegel intervista Hans Werner Sinn, presidente del prestigioso Istituto IFO di Monaco che racconta: il popolo greco è stato preso in ostaggio dalle banche creditrici.



I ministri delle finanze europei sono pronti ad autorizzare il piano di salvataggio per la Grecia. Il presidente del prestigioso Istituto IFO avverte: il denaro non aiuta il paese, ma solo le banche internazionali. Con questo denaro sarebbe piu' sensato finanziare l'uscita della Grecia dall'Euro.

SPIEGEL ONLINE: I ministri delle finanze europei questo lunedì decideranno sul prossimo pacchetto di aiuti per la Grecia. Si tratta di ulteriori 130 miliardi. Questo potrà salvare la Grecia?

SINN: No, e questo lo sanno anche i politici. Dal loro punto di vista si tratta di guadagnare tempo fino alle prossime elezioni. Dal mio punto di vista stanno solo perdendo tempo.

SO: Perchè?

SINN: Perché il debito estero della Grecia continuerà a crescere anno dopo anno fino all'uscita dall'unione monetaria. Ci allontaniamo sempre di piu' dalla soluzione del problema. Il problema di fondo è che la Grecia non è competitiva. I crediti facili arrivati con l'unione monetaria hanno fatto crescere artificialmente i prezzi e i salari - e da questi alti livelli raggiunti il paese deve scendere. 

SO: Sarebbe quindi meglio se i partner europei non concedessero ulteriori finanziamenti?

SINN: Dovrebbero concedere i finanziamenti alla Grecia, ma per rendere l'uscita dalla moneta unica piu' facile. Lo stato greco con questo denaro potrebbe nazionalizzare le banche elleniche e difendere lo stato dal collasso. Con le turbolenze finanziarie generate da un'uscita, lo Stato e le banche devono continuare a funzionare. 

SO: Queste turbolenze colpirebbero duramente anche la popolazione greca.

SINN: Sì su questo non dobbiamo ingannarci. Ma le turbolenze sarebbero solo temporanee, durerebbero fra uno e 2 anni. Questo periodo lo si potrebbe superare con il denaro della comunità internazionale. La nuova Dracma si svaluterebbe e la situazione ben presto si stabilizzerebbe. Dopo un breve e intenso temporale, il sole tornerebbe a splendere. 

SO: L'uscita dall'Euro che cosa comporterebbe concretamente per il paese?

SINN: Il paese sarebbe di nuovo competitivo. I prodotti greci tornerebbero ad essere molto economici, la domanda di prodotti importati crollerebbe, mentre sarebbe favorito il consumo dei propri prodotti. I greci smetterebbero di  importare l'olio di oliva e le patate da Italia e Olanda, ma tornerebbero a comprarli dai loro contadini. Anche i turisti, per i quali il paese era diventato troppo caro, tornerebbero a visitare il paese. I capitali riprenderebbero la via del paese. I greci ricchi, che hanno depositato in Svizzera centinaia di miliardi di euro, di fronte al prezzo molto basso degli immobili e degli stipendi, investirebbero di nuovo nel loro paese. 

SO: Un'uscita dall'Euro significherebbe anche una bancarotta del paese?

SINN: No il contrario. Il fallimento imminente costringe il paese all'uscita. I greci uscirebbero immediatamente se smettessero di ricevere i finanziamenti dai partner europei. Lo stato sarebbe insolvente, anche il sistema bancario. L'intero sistema dei pagamenti sarebbe distrutto. Il kaos può essere ragionevolmente evitato se la Grecia esce dalla moneta unica e svaluta immediatamente la nuova moneta.

SO: Questo significa che dovremmo constringere la Grecia all'uscita?

SINN: Nessuno deve obbligare nessuno. Ma la Grecia non ha il diritto ad un'alimentazione duratura attraverso gli altri stati europei, e i creditori della Grecia non hanno un diritto al rimborso dei debiti con i fondi messi a disposizione dagli stati europei. Ognuno deve guadagnarsi il proprio standard di vita, e chi vuol guadagnare dal rischio, deve anche accettare le conseguenze dei rischi.

SO: Anche con un'uscita dall'Euro, la Grecia avrebbe bisogno di misure di risparmio?

SINN: Quello che viene definito risparmio, in realtà è solo una diminuzione della crescita dell'indebitamento. Gli economisti parlano di risparmio, quando i debiti vengono abbattuti. E di questo non si può certo parlare in Grecia. É però vero che la Grecia si è abituata ad un flusso di credito dall'estero a buon mercato. Per questo è diventato politicamente inaccettabile deflazionare i prezzi attraverso un taglio dei salari, in modo da rendere il paese nuovamente competitivo. 

SO: Di quanto bisognerebbe tagliare?

SINN: Le merci greche dovrebbero diventare piu' economiche del 30% per poter raggiungere i livelli della Turchia. E questo è possibile solamente con l'uscita dalla moneta unica e la svalutazione. Senza svalutazione si dovrebbero rinegoziare milioni di listini prezzi e contratti di lavoro. Questo porterebbe alla radicalizzazione dei sindacati e il paese sull'orlo di una guerra civile. Molte aziende andrebbero verso il fallimento perché i loro guadagni e il loro fatturato crollerebbero mentre i loro debiti bancari resterebbero invariati. I debiti bancari possono essere abbattuti solo attraverso una svalutazione. L'idea di poter salvare la Grecia all'interno dell'Euro è un'illusione. 

SO: E allora perché i paesi dell'Eurozona insistono in questo modo?

SINN: Non si tratta di salvare il paese. I greci sono stati presi in ostaggio dalle banche e dagli istituti finanziari di Wall Street, Londra e Parigi, in modo che il denaro possa fluire attraverso i pacchetti di salvataggio – non verso la Grecia, piuttosto verso le loro stesse tasche.

SO : Che cosa sarebbe invece del rischio contagio che un fallimento di Atene si porterebbe con sé? 

SINN: Potrebbe esserci un effetto contagio. Ma è un argomento che considero strumentalizzato dalle persone che hanno paura di perdere il loro patrimonio. Si continua a ripetere: “il mondo potrebbe cadere se voi tedeschi non pagate”. In verità gli effetti negativi sarebbero solo sul patrimonio di questi investitori. 

giovedì 16 febbraio 2012

Sono i governi a dover salvare l'Euro, non le banche centrali


Intervista a Jens Weidmann, capo della potente Bundesbank. Da Handelsblatt.de

Il numero uno della Bundesbank Jens Weidmann critica i governi Euro: vorrebbero addossare alle banche centrali i problemi per i quali sono responsabili. Il coinvolgimento della BCE nel taglio del debito greco deve essere escluso.


Handelsblatt: Signor presidente della Bundesbank, la crisi del debito, in termini medici è un politrauma: le banche hanno poco capitale, i politici sono troppo lenti nell'applicare le riforme, una Grecia iperindebitata, il bilancio gonfiato delle Banche centrali della zona Euro. Qual'è il problema che le causa il maggiore mal di testa?

I problemi sono tutti interconnessi. Questa situazione complessa ci impegna notevolmente come banca centrale. L'Eurosistema viene presentato come l'unico capace di azione, e per questo vengono assegnati alle banche centrali compiti che non sono esattamente i loro.

Dove bisogna operare con la massima urgenza affinché il paziente Euro sopravviva?

Nella sua immagine sembra che sia compito delle banche centrali risolvere i problemi. Ma questo non è il caso. Dobbiamo superare la crisi del debito. La chiave della soluzione è nella politica fiscale ed economica e da una eventuale confusione di questi ambiti di azione, le banche centrali devono difendersi.

Bisogna prima di tutto trovare una soluzione per la Grecia?

La Grecia è un fattore che genera sempre incertezza. Ma la discussione va al di là della Grecia o dei singoli paesi. Si tratta di capire se le opinioni all'interno dell'Unione monetaria sono coerenti e se possono assicurare nel lungo periodo il futuro dell'Euro. La domanda centrale è: come può l'unione monetaria sopravvivere in un sistema che condivide sempre piu' responsabilità. Qual'è il giusto equilibrio  fra responsabilità e solidarietà?

Nella definizione delle condizioni dell'Unione monetaria, avrebbe desiderato piu' rigore?

Non è una questione di piu' o meno rigore. Il punto centrale è la possibilità di mettere in sicurezza i bilanci pubblici dei singoli paesi. Per la politica monetaria diventerà così possibile  svolgere il proprio compito: occuparsi della stabilità dei prezzi.  Per questo ci sono due vie: una è la via descritta con i criteri di Maastricht. Nel rispetto e nella garanzia delle regole fiscali. La seconda strada porterebbe ad una piu' profonda integrazione fiscale, che viene definita comunemente unione fiscale. Le decisioni negli ultimi vertici hanno gettato dubbi sul fatto che sia politicamente accettabile. Non vedo al momento nessuna disponibilità ad abbondonare la sovranità in materia fiscale.

Non è forse fuorviante, quando la politica parla di unione fiscale?

Io credo che la politica dovrebbe essere chiara nel comunicare che la strada seguita fino ad ora non conduce verso una unione fiscale, ma rafforza le regole all'interno del quadro esistente. Altrimenti potrebbero diventare molto forti le richieste, basate su questa supposta unione fiscale, di estendere la condivisione dei rischi attraverso gli Euro bond. Questo sarebbe il contrario di un quadro coerente e sostenibile di unione monetaria.

Lei vede la volontà politica di Atene per poter affrontare e risolvere con la propria forza la crisi?

Quello che è stato appena deciso è stato un passo importante. Alla fine sarà decisiva l'attuazione delle riforme, e per questo non ci sarà bisogno solo della volontà politica, ma anche di una amministrazione che applica le misure e di una popolazione che le sostiene.

Sembra che lei abbia dei dubbi

E' possibile avere dei dubbi sulla base dei recenti sviluppi - e per questo dipenderà se agli annunci seguono poi le azioni. Le riforme dovrebbero permettere al paese di stare in piedi con le proprie forze. A questo progetto appartiene anche una prospettiva di crescita. Senza questo impegno gli aiuti finanziari non servono a molto. L'unico scopo è di rendere il bilancio pubblico nuovamente sostenibile e rendere l'economia nuovamente competitiva. Gli aiuti finanziari possono schiarire la strada, ma non sostituiscono nessuna riforma. 

Che possibilità vede per l'adozione delle misure del secondo pacchetto di salvataggio?

Con la decisione parlamentare di sabato notte la Grecia ha soddisfatto una delle condizioni per il secondo pacchetto di aiuti.  Quello che ancora è da fare sono alcune misure promesse nel mercato del lavoro e un impegno politico di tutti i politici verso le riforme anche dopo le prossime elezioni. Solo quando tutto questo sarà chiaro mi aspetto una decisione del Ministro delle finanze.

L'Unione monetaria potrebbe sopravvivere all'uscita della Grecia?

E' chiaro che l'uscita di un paese dalla zona Euro non è un aiuto alla risoluzione del problema. Un ritiro produrrebbe effetti di contagio difficili da valutare anche perché cambierebbe la natura dell'Unione monetaria. Dall'altro lato bisogna dire che anche le misure di salvataggio possono creare le condizioni per un contagio della crisi.

Che cosa intende concretamente?

Se da un lato si introducono dure sanzioni, ma dall'altro lato si offre la prospettiva che con ripetute violazioni si possa avere diritto ad aiuti a basso costo, si diminuisce l'effetto  vincolante dei meccanismi di sanzione.

Per quanto tempo l'Eurosistema sarà costretto a guadagnare tempo? Quando il sistema finanziario tornerà a funzionare autonomamente?

Il nostro compito non è comprare tempo. Il nostro compito è di mantenere la capacità del sistema bancario attravero la messa a disposizione di liquidità affinché il credito possa arrivare fino all'economia.

Questo riguarda anche il programma di acquisto dei titoli di stato?

La maggioranza del consiglio ha istituito il programma motivandolo con la trasmissione difettosa della politica monetaria, ma dobbiamo anche vedere, che alcune misure inconvenzionali del sistema Euro minano la pressione verso le riforme. Il programma di acquisto di titoli di stato ha esteso notevolmente il nostro mandato. Per questo dovrebbe essere terminato quanto prima.

Non sarebbe una buona idea trasferire all'EFSF i bond pubblici acquistati?

Non avrei alcun problema, a tenere sul bilancio delle posizioni di rischio fino a quando queste non portano a nessuna perdita. Il punto decisivo è che non ci è permesso di rinunciare a dei crediti nei confronti di uno stato. Questo sarebbe una forma di finanziamento degli stati. Se da parte dei governi ci fosse la volontà di acquistare i nostri debiti, non eviteremmo il confronto con i governi. Ma al momento questa disponibilità dei governi non è riscontrabile.

Nel caso in cui l'Euro sistema decida di mantenere i titoli fino alla scadenza, e nel caso in cui questi vengano rimborsati alla pari senza tagli. Sarebbe pronto a distribuire questi dividendi straordinari ai governi?

Per la distribuzione di ipotetici dividendi in futuro non vedo le condizioni. Quando si discute dell'impatto della crisi del debito sul nostro bilancio, mi preoccupano molto di più le potenziali perdite. In generale, i rischi nel nostro bilancio hanno molta più probabilità di crescere che di diminuire.

Il sistema Euro dovrebbe essere qui un po' piu' conciliante?

La discussione nasconde il fatto che alla fine anche per il bilancio della banca centrale a garantire è  il contribuente. Le banche non dovrebbero donare le attività loro affidate.

La gente ha paura che alla fine per i rischi nel bilancio della Bundesbank  sarà il contribuente a pagare. Sarà davvero così in caso di emergenza?

Nella crisi finanziaria il nostro bilancio è necessariamente piu' rischioso. L'obiettivo è quello di controllare questi rischi e possibilmente circoscriverli. Alla fine è il contribuente che sopporta i rischi - e per qeusto è necessario, che le banche centrali siano limitate nel loro mandato e che si assumano solamente rischi strettamente legati con la politica monetaria. Non dobbiamo lasciare che le nostre responsabilità abbiano una interpretazione più ampia. La redistribuzione fra gli stati dei rischi di insolvenza, è chiaramente il dominio dei parlamenti, per il quale sono stati legittimamente eletti. Le perdite che derivano dalla nostra attività saranno poi trasferite al Ministero delle finanze e diventeranno per il contribuente molto concrete.

Come avverrà questo presso la Bundesbank per l'anno passato?

La Bundesbank negli anni passati ha costituito degli accantonamenti per i rischi nello stato patrimoniale. Nella verifica del bilancio in corso si verificherà se questi accantonamenti sono stati sufficienti. 

C'erano accantonamenti per 1.6 miliardi. Sarà questa la cifra?

Naturalmente non voglio anticipare la conferenza stampa, ma è chiaro che a causa della crisi abbiamo bisogno di maggiori accantonamenti. Questo avrà effetti anche sui risultati finali della Bundesbank

La BCE ha recentemente modificato la propria politica di salvataggio. La Banca centrale compra adesso meno titoli di stato, aiuta però le banche con miliardi di credito. Non è anche questa una strada rischiosa?

Non sono sostituti l'uno dell'altro. Sicuramente anche il credito alle banche comporta dei rischi, che dobbiamo mantenere al minimo. 

I rendimenti dei titoli italiani nelle ultime settimane si sono ridotti. Questo non dipende dai circa 400 miliardi di Euro in credito a tre anni che la BCE ha dato alle banche?

Questo può aver giocato un ruolo. Ma non dobbiamo dimenticare che  le riforme, soprattutto in Italia, stanno andando avanti e che gli investitori credono negli sforzi del nuovo governo. Un effetto simile può essere riscontrato anche in Spagna. 

I finanziamenti a tre anni ad un tasso molto basso per banche non troppo stabili, come si conciliano con il mandato della BCE?

In tempi di insicurezza hanno lo scopo di aumentare la solvibilità delle banche e in questo modo di sostenere l'erogazione dei prestiti. Decisiva è la questione delle garanzie - i riceventi devono avere elevati requisiti - e le banche riceventi non devono alimentare nuovi business connessi con i rischi politici. 

Considera il tasso dei prestiti a 3 anni adeguato?

Non voglio commentare ma probabilmente avremmo potuto ottenere lo stesso obiettivo anche con un tasso diverso da quello applicato.

La Germania ha crediti verso la BCE per circa 500 miliardi di Euro, il cosiddetto TARGET-2 Saldo, perchè le banche del sud Europa prendono a prestito denaro presso la BCE e lo trasferiscono verso la Germania. Questo causerà un'alta inflazione?

L'ampia offerta di liquidità può portare a inflazione. In considerazione del rallentamento economico non vedo alcun rischio di inflazione. Ma questo può anche cambiare, perciò dobbiamo tenere gli sviluppi sotto controllo, e restringere col tempo la liquidità messa a disposizone del mercato. Mi preoccupano prima di tutto i rischi che ci assumiamo con la fornitura di liquidità al mercato: facciamo affari con banche che sono sufficientemente solide, e garantiscono una accettabile sicurezza?

Si riferisce all'ampliamento delle aste di liquidità a tre anni?

Anche Mario draghi ha ammesso che con l'accettazione di nuove garanzie i rischi sono cresciuti. La sua dichiarazione, che questi rischi sono ben gestiti, la vedo come un obbligo.

Mario draghi ha anche dichiarato che sull'allargamento delle garanzie accettate non c'era l'unanimità. Lei ha votato contro?

Abbiamo l'accordo di non pubblicare le discussioni occorse durante le riunioni. Ho già detto chiaramente che i rischi inseriti nel nostro bilancio sono una fonte di preoccupazione e ci dobbiamo sforzare di limitare il più possibile questi rischi.

Dopo le dimissioni di Axel Weber e Jürgen Stark molti ipotizzano che l'influsso della Germania nel consiglio della BCE sia fortemente ridotto. Questa impressione è vera?

Non si tratta di rappresentare gli interessi tedeschi. Il punto è in che modo adempiamo al nostro mandato di mantenere la stabilità dei prezzi.

Weber e Stark hanno abbandonato la battaglia. Lei ha maggiori capacità di resistenza?

Ho accettato questo incarico con l'intenzione di completare il mandato di 8 anni, perché in questo modo posso rappresentare i valori per i quali esiste la Bundesbank e che io mi sento di condividere. Ho una responsabilità verso la Bundesbank e verso i cittadini di questo paese.

mercoledì 15 febbraio 2012

Le belle armi per Atene


Die Zeit, voce fuori dal coro, ci racconta gli affari tra Berlino ed Atene: aerei, sottomarini, panzer e fatture insolute.


Fregate, sottomarini e carri armati: per l'esercito greco non ci sono misure di risparmio. E la Germania ne trae vantaggio.

Il nostro interlocutore  ha in testa chiara la lista dei desideri del Ministero della  Difesa greco: fino a 60 aerei da combattimento del tipo Eurofighter per circa 3.9 miliardi di Euro. Fregate francesei per circa 4 miliardi, motovedette per 400 milioni di euro. Questa sarebbe la somma prevista per la modernizzazione della flotta greca. Mancherebbero ancora le munizioni per i Panzer Leopard, e si dovrebbero sostituire 2 elicotteri di fabbricazione americana Apache. E poi bisognerebbe comprare dei sottomarini tedeschi, prezzo complessivo: 2 miliardi di Euro.

Quello che ci racconta l'uomo che esce ed entra dal Ministero della Difesa greco suona alquanto assurdo. Uno stato che è vicino al fallimento e che viene sostenuto con i miliardi dell'Unione Europea, vuole acquistare grandi quantità di armi. L'uomo che incontriamo in un caffé di Atene lo si vede spesso nelle foto vicino al ministro o ai generali dell'esercito greco, telefona spesso a queste persone, e sa come muoversi. Sa quanto sensibile sia il tema, e vorrebbe perciò non far comparire il suo nome sul giornale. Non considera l'acquisto di armi un tema da rendere pubblico. "Se la Grecia in marzo riceverà come previsto la prossima tranche di aiuti finanziari da 80 miliardi, c'è una possibilità molto concreta, di chiudere dei nuovi contratti per la fornitura di armi".

Se dovesse rimanere disponibile anche un miliardo, ci rivela il nostro interlocutore, potremmo ordinare il primo Eurofighter oppure fare un ordine vincolante per le fregate. 

Veramente incredibile: in questi giorni si decide se la Grecia deve rimanere nella moneta unica o tornare alla Dracma. Negli stessi giorni i medici trattano negli ospedali di Atene solo i casi piu' urgenti, scioperano i conducenti dei bus, mancano i libri nelle scuole e migliaia di dipendenti pubblici dimostrano contro il loro prossimo licenziamento. Il Governo approva un piano di tagli che non risparmierà nessun cittadino. 

Nelle forze armate e nell'industria della difesa ogni pacchetto di risparmio governativo è passato senza lasciare tracce. 

La Grecia dopo il Portogallo è il piu' grande acquirente di armi tedesche.

Nel 2010 il bilancio della difesa greco era di quasi 7 miliardi di Euro. Questo rappresenta circa il 3% del PIL del paese, una cifra che nella NATO raggiunge solo gli USA. E nel 2011 il ministero della difesa greco ha ridotto di 500 milioni di Euro gli acquisti di armi. Per quanto riguarda il numero dei 130.000 mila soldati per ora non cambia nulla.

Fra i partner europei della Grecia ce ne sono pochi che si pronunciano pubblicamente per un il blocco delle spese militari greche. Uno di questi è Daniel Cohn-Bendit, capo dei verdi all'Europarlamento: "Dall'esterno i paesi europei intervengono praticamente in tutti gli ambiti di azione del governo greco. Agli infermieri sarà ridotto lo stipendio, e tutto il possibile sarà privatizzato. Solo il bilancio della difesa, si sostiene, sarebbe un diritto sovrano degli stati. Questo è surreale"

Cohn-Bendit ritiene che dietro l'esitazione dell'Europa si nascondano degli interessi economici molto forti. E il maggior approfittatore della politica di armamento greca in Europa è la Germania, campione europeo del risparmio. Secondo il resoconto sull'expport di armi del 2010 appena pubblicato, la Grecia dopo il Portogallo - un altro stato vicino al fallimento - è il più grande acquirente di armi tedesche. I giornali spagnoli e tedeschi, hanno diffuso il rumor, secondo il quale Angela Merkel e Nicolas Sarkozy durante un meeting in ottobre con il presidente Papandreu, gli avrebbero ricordato di completare gli ordini di armi aperti e esortato a farne di nuovi. Negli ambienti di Papandreu questo non è stato confermato, anche il governo federale avrebbe smentito: "le notizie secondo le quali la cancelliera  Angela Merkel e il presidente francese Nicolas Sarkozy avrebbero proposto alla Grecia nuovi contratti per l'acquisto di armamenti, sono prive di fondamento" ha comunicato per e mail un portavoce del governo federale di Berlino. 

L'acquisto di armamenti ha portato all'esplosione del debito pubblico greco.

Ma chi ascolta a Berlino, Brussel e Atene ha qualche dubbio sulla descrizione del ruolo della Germania dato dal governo di Berlino. L'industria degli armamenti ha una forte influenza nella capitale - quanto, ce lo racconta Hilmar Linnenkamp. E' stato per anni vice direttore per il Dipartimento degli Affari Internazionali al Ministero della Difesa, e oggi è consigliere presso la fondazione "Wissenschaft und Politik". "L'industria degli armamenti ha tradizionalmente degli ottimi rapporti con i vertici govenativi" ci dice. 

Questo emergeva chiaramente durante le visite di stato in Grecia: i membri del governo tedesco dichiaravano i loro desideri di export, ed i greci ribadivano le loro esigenze di import. Tutti sapevano che "la Grecia stava investendo troppo nel suo esercito", ci dice Linnenkamp. Così i greci nel corso degli anni hanno ammassato enormi montagne di debiti.

Di uno di questi affari miliardari ce ne parla anche il nostro uomo, nel caffé del centro di Atene. Il governo greco già nel 1999 voleva ordinare 90 Eurofighter e perciò aveva parlato con il produttore EADS e con il ministro degli esteri di allora Joschka Fischer (Verdi). I lobbisti dell'industria delle armi di allora non riuscivano a contenere la loro gioia: "avevamo bisogno di un ministro degli esteri Fischer che parlasse con il presidente greco di allora Simitis. Un ministro dei Verdi che trattava con un presidente socialdemocratico per l'acquisto di aerei da guerra" ci dice il nostro interlocutore. Peccato che l'affare si sia fermato ad una lettera di intenti - con molto dispiacere del governo federale e del consorzio militare EADS.

Tra il 2005 e il 2007, così raccontano persone vicine al precedente governo greco, la cancelliera Merkel ha cercato di convincere ancora i greci a mantere le loro promesse. Il capo di governo di allora Kostas Karamanlis voleva però giocare con il tempo. I contenuti delle riunioni di governo sono riservati: ma in questi incontri "non sarebbe usuale per la cancelliera Merkel fare pressione per l'acquisto di Eurofighter" ci dice oggi una portavoce del governo di Berlino.

Ancora nella primavera del 2010 il Ministro degli Esteri Westerwelle (FDP) aveva ricordato al governo greco dell'acquisto promesso degli Eurofighter, poche settimane prima che il fallimento di Atene fosse reso pubblico. "Westerwelle aveva richiesto un impegno per gli Eurofighter", ci dice qualcuno che ha assistito ai colloqui molto da vicino. Il ministro degli esteri aveva di nuovo assicurato sul quotidiano greco Kathimerini : "Non facciamo pressione sul governo greco per l'acquisto. Ma se ad un certo punto una decisione per l'acquisto di aerei da combattimento dovesse essere presa, i paesi del consorzio Eurofighter, che qui attraverso la Germania sono rappresentati, dovrebbero essere presi in considerazione nella decisione. All'interno dell'Unione Europea questo sarebbe pienamente normale". Poche settimane dopo aveva richiesto Westerwelle sul giornale Börsen Zeitung più disciplina dai paesi del Sud Europa: "ci aspettiamo, prima che ci siano discussioni sugli aiuti, che la Grecia esegua pienamente i propri compiti a casa per il consolidamento di bilancio".

Come si spiega questo comportamento? Ci dice l'esperto di armamenti Linnenkamp: "è stato completamente da irresponsabili, nel pieno della crisi economica greca, proporre il tema degli Eurofighter".

Ma non riguarda solamente gli Eurofighter: l'ultimo report sull'export di armamenti ci mostra  che la Grecia nel 2010 ha importato dalla Germania esattamente 223 Panzer del tipo M109 provenienti dai depositi della Bundeswehr e perfino un sottomarino della classe 214. Valore totale degli affari: 403 milioni di Euro. Negli anni precedenti anche la Krauss-Maffei Wegmann aveva guadagnato abbondamente nel sud Europa. L'azienda di Monaco aveva consegnato 170 Panzer Leopard-2 ad Atene, per un valore di 1.7 miliardi di Euro. Quando i greci sono rimasti indietro con i pagamenti, i funzionari pubblici nel governo di Berlino hanno discusso di nuovo il tema: "la linea era quella di cercare di incassare gli arretrati verso l'industria degli armamenti" dichiara un lobbista tedesco.

Anche i sottomarini della Thyssen Krupp, gli elicotteri della Eurocopter e i missili della Diehl BGT Defence sono l'orgoglio dei militari greci. La spesa militare ha contribuito molto all'esplosione del debito pubblico greco. La Grecia non è solamente al vertice della classifica europea della percentuale di spesa in armamenti in rapporto al PIL. Secondo l'istituto di ricerca svedese sulla pace SIPRI fra il 2005 e il 2009 solo Cina, India, gli Emirati Arabi e la Corea del Sud hanno registrato piu' import di armi di quanto non abbia fatto la Cina.

Dimitris Droutsas è uno dei pochi greci che su questi numeri si esprime volentieri. Fino al 2001 è stato Ministro degli Esteri greci. "Non abbiamo speso così tanto per la difesa solo perchè questo ci faceva piacere" ci dice. I confini greci dovevano essere difesi contro i flussi migratori dal Nord Africa e dall'Asia e ogni giorno abbiamo conflitti con la Turchia. "Come ministro degli esteri ho sempre ricevuto, quasi ogni giorno, notizie sulla violazione del nostro spazio aereo da parte di aerei turchi". "Inoltre la Grecia ha guardato con preoccupazione alla crescente attività della marina turca nel mar Egeo e solo 35 anni fa abbiamo vissuto l'invasione turca di Cipro". Da allora  i greci vivevano in uno stato di paura. Che ci sia stata una corsa agli armamenti con la Turchia, anche se entrambi fanno parte della NATO, Droutsas lo considera legittimo: "Che noi vogliamo o no, la Grecia è obbligata ad avere a disposizione una larga forza militare".

E' mancata fino ad ora la pressione dall'esterno a bloccare il riarmo.

Gli uomini come Droutsas non devono temere la rabbia del proprio popolo. Il settore militare  garantisce infatti sicurezza e posti di lavoro. In un paese senza industrie significative questo vuol dire molto. Le industrie militari tedesche l'hanno capito presto e si sono legate strettamente con le industrie greche. Qualcuno che ha trattatto a lungo sull'argomento racconta: "in Grecia gli affari legati agli armamenti erano un dare e un avere. Che cosa ricevo in in cambio se compro da voi un panzer? Si trattava sempre di ricompense. Ogni politico che sottoscriveva un contratto con le aziende tedesche, sperava che una parte del denaro versato potesse tornare indietro".

Quando nel 2003 è stato siglato un contratto per l'acquisto di Panzer Leopard con l'azienda di Monaco Krauss-Maffei Wegmann (KMW), questo non ha garantito solo posti di lavoro tedeschi, ma anche centinaia di lavori per l'azienda Hellenic Defence Veichle Systems nella città portuale tedesca Volos. Questa azienda, controllata dal gruppo KMV, fu fondata proprio per ottenere la Grecia come cliente: e successivamente le è stato assegnato il montaggio di 100 Panzer. Oggi i suoi dipendenti si sono specializzati nella manutenzione dei Panzer e dei loro accessori. Gli stessi lobbisti si meravigliano che la Grecia, secondo il registro delle armi delle Nazioni Unite abbia 1614 carri armati nell'inventario. "In questa regione così impervia, con i panzer, i greci non potrebbero fare nulla" ci dice un esperto del settore. Nonostante questo sono stati acquistati.

Lo stato sociale si restringe, il bilancio della difesa si allarga.

Anche il cantiere di Kiel HDW (Howaldtswerke-Deutsche Werft) hanno fatto buoni affari con la Grecia. Affinché la vendita degli U-boot (sottomarini) del valore di 2.85 miliardi potesse concludersi, i tedeschi hanno dovuto acquistare la barcollante Hellenich-Shipyards-Werft ad Atene. Questo ha garantito 1.000 posti di lavoro ai greci.

Che in Grecia non si levassero critiche per i contratti miliardari con la Germania, non suscita meraviglia. Dietro le quinte i militari e i lobbisti erano daccordo "perchè nel settore si sapeva con esattezza quello che la Turchia stava ricevendo, e corrispondentemente si faceva pressione affinché noi greci potessimo disporre dello stesso" dichiara un politico greco. 
Anche la pressione dall'esterno ad arrestare il riarmo, ancora ad oggi non c'è stata. Le conseguenze: secondo le indicazioni della Troika (EU, FMI, BCE) il budget della difesa non sarà toccato. Secondo il programma di stabilità e crescita, già nel 2010 il budget per gli armamenti doveva essere ridotto dello 0.2 %, pari a 457 milioni di Euro. Questo sembra molto, ma nello stesso documento si propone di tagliare la spesa sociale di 1.8 miliardi di Euro. Anche nel 2011 si dovevano ricercare ulteriori tagli alla spesa per la difesa. Concretamente questo non è stato ancora fatto. 

Il Parlamento greco ha utilizzato questa libertà prontamente. Nel bilancio 2012 si prevede che lo stato sociale debba diminuire di un ulteriore 9 %, circa 2 miliardi di Euro. I contributi alla NATO dovrebbero aumentare del 50 % fino a raggiungere i 60 milioni di Euro, le spese per il Ministero della difesa dovrebbero crescere di 200 milioni di Euro e raggiungere 1.3 miliardi di Euro: una crescita del 18.2 %.

E il governo tedesco? Così ci dice un portavoce del governo di Berlino: "il governo sostiene il programma di consolidamento del primo ministro Papademos. E' accettato che il governo greco prenda misure di risparmio anche in ambito militare". Allo stesso tempo il portavoce riferisce che che ci sono dei casi di mancato pagamento in merito alla fornitura di armi. "Ci sono stati con i precedenti governi delle conversazioni su casi particolari di ritardo nei pagamenti. Il governo federale tuttavia si aspetta che tali contratti vengano onorati"

lunedì 13 febbraio 2012

Referendum sui salvataggi nell'Eurozona


Seehofer, (segretario della CSU) vuole un voto popolare sul salvataggio dell'Euro. Dal Financial Times Deutschland.




Nel pieno della lotta per il salvataggio della Grecia, il capo della CSU e governatore del Land Bayer lancia una proposta radicale:  chiedere ai cittadini tedeschi di votare sul salvataggio dell'Euro con un referendum. Ma questo non sarebbe possibile con la legge costituzionale attuale.

Il numero 1 della CSU Horst Seehofer vuole far decidere ai cittadini sulle misure di salvataggio dell'Euro. "I provvedimenti sul salvataggio dell'Euro potrebbero essere oggetto di una votazione referendaria" ha dichiarato oggi Seehofer. "La partecipazione al salvataggio degli stati indebitati con fondi e garanzie molto importanti, dovrebbe essere decisa dal popolo. Questo controllo dei cittadini sul potere lo considero molto importante".

I referendum sulle questioni fondamentali dell'Europa sono generalmente "un buon modo, per portare l'idea di Europa più vicina ai cittadini" ha detto il presidente del Land Bayer:" Questo strumento deve essere garantito dalla costituzione". Al momento la costituzione attuale prevede la possibilità di indire un referendum, quando viene richiesta una nuova suddivisione dei Bundesland o quando la costituzione deve essere modificata. 

Con questa proposta Seehofer fa proprio un malcontento molto diffuso nell'opinione pubblica: per i paesi iperindebitati come la Grecia, che in questi giorni è sull'orlo della bancarotta,  o per i fondi per il salvataggio dell'Euro come il EFSF o il ESM la Germania mette a disposizione centinaia di miliardi di Euro. E allo stesso tempo l'Eurozona è radicalmente cambiata. I cittadini non possono in alcun modo esprimere la propria opinione. 

Allo stesso tempo, secondo molti, questo tipo di decisioni popolari sarebbero molto rischiose. Un "Nein" del popolo tedesco circa gli aiuti verso i paesi in crisi potrebbe acuire le turbolenze sui mercati finanziari. Anche l'incertezza sull'esito potrebbe rendere i mercati piu' nervosi.  

Seehofer a tal proposito è convinto che anche su temi impopolari ci sarebbe la possibilità di ottenere la fiducia degli elettori:"Bisogna solo sforzarsi di essere trasparenti e motivare le proprie scelte". Il popolo è sufficientemente intelligente, per poter decidere su domande difficili. 

Per quanto riguarda la Grecia ha chiarito Seehofer, che l'aiuto ci sarà solo se la volontà di riforma non viene meno: " Se coloro che devono applicare le riforme, sperano che esista un obbligo di versamento, non arriveremo mai ad una unione di stabilità" ha dichiarato a Der Spiegel.

Sempre a Der Spiegel, Seehofer ha dichiarato di escludere un aumento delle garanzie fornite dalla Germania ai salvataggi nell'Eurozona:" i 211 miliardi di garanzie totali fornite dalla Germania  per il salvataggio dell'Euro non possono in alcun modo essere aumentati" ha dichiarato "questa è la linea rossa".

Anche il ministro delle finanze Schäuble (CDU) e il ministro degli esteri Guido Westerwelle (FDP) hanno aumentato la pressione su Atene. La Grecia non deve diventare un pozzo senza fondo, ha detto  Schäuble alla Welt am Sonntag. Il paese deve diventare nuovamente competitivo. Facendo trapelare che questo non deve accadere necessariamente all'interno dell Euro. "Questo è nelle mani dei greci" ha dichiarato Schäuble.