venerdì 15 giugno 2012

Chi ha messo nei guai la Spagna?


Mark Schieritz, economista e giornalista, su Die Zeit commenta il fallimento del salvataggio spagnolo: il governo tedesco ha commesso l'ennesimo errore. Ma questa volta costerà caro.
Il downgrade della Spagna è l'effetto di una politica di salvataggio sbagliata. La responsabilità di questo errore è prima di tutto del governo tedesco.

In questa crisi sono state prese molte decisioni sbagliate, ma nessuna di queste è stata così sbagliata come il pacchetto di salvataggio per la Spagna - e raramente era accaduto prima che la responsabilità fosse così chiaramente del governo federale.

La Germania - con gli applausi dell'opposizione - ha evitato che il fondo di salvataggio si facesse carico di risanare direttamente le banche. Al contrario, sono stati concessi crediti allo stato, in modo che possa intervenire autonomamente sulle banche nazionali. L'argomento a sostegno è che altrimenti non sarebbe stato possibile imporre alla Spagna delle condizioni rigorose per il salvataggio. 

Accade anche con i prestiti: fanno aumentare i debiti, e quindi è logico che l'agenzia di Rating Moody's declassi il debito spagnolo. L'operazione di salvataggio potrebbe di fatto far perdere alla Spagna ogni accesso al mercato dei capitali - e quindi i titoli del debito pubblico spagnolo perderebbero ulteriormente valore. Ma poiché le banche spagnole sono in possesso di molti titoli di stato spagnoli, nei loro bilanci si apriranno dei nuovi buchi. 

Detto diversamente: il credito di emergenza degli europei metterà nei guai lo stato spagnolo e le banche spagnole. Operazione riuscita, ma il paziente è morto. Se si intende continuare con i salvataggi in questo modo, l'Euro presto diventerà solo storia.

La Spagna presto avrà bisogno di molto denaro.

Senza dubbio non esistono soluzioni facili. Il fondo di salvataggio per ora non è equipaggiato per il salvataggio degli istituti di credito: in cambio delle sue iniezioni di denaro dovrebbe ricevere delle azioni bancarie e dovrebbe sovraintendere alla gestione e alla ristruttrazione degli istituti di credito.

Dovrà essere ridisegnato per essere all'altezza dei compiti affidati. Il governo federale sull'argomento non si è immischiato troppo perché temeva un dibattito interno sugli strumenti di salvataggio. Invece, un problema di ingegneria finanziaria (Come possiamo risanare le banche in maniera efficiente?) è stato reinterpretato in uno morale (Vogliono prendere i nostri soldi ma dobbiamo impedirlo).

Risultato: la Spagna a breve avrà bisogno di piu' soldi e ai tedeschi costerà molto

giovedì 14 giugno 2012

La cancelliera è pronta ad andare lontano?


Die Zeit commenta il discorso della cancelliera al Bundestag: è finalmente pronta a collaborare con gli altri paesi per la soluzione della crisi? Karsten Polke-Majewski da Zeit.de
La metà del mondo accusa Merkel di condurre la moneta unica verso il baratro. La sua risposta è un'offerta: se il sud Europa risparmia, la Germania rinuncia alla sovranità.

La cancelliera non ci libererà dalla crisi con la velocità di un fulmine. La sua risposta a tutte le richieste di trovare in fretta una soluzione alla crisi è tiepida: la forza della Germania non è infinita e non può essere sopravvalutata. Crescita e consolidamento fiscale devono andare mano nella mano. L'Europa deve rivedere le scelte non fatte 20 anni fa: costruire una unione politica come fondamento dell'unione monetaria. Come si può fare tutto questo? Passo dopo passo.

Queste parole pronunciate durante il suo intervento prima dell'incontro del G20, il prossimo lunedi, non sono la risposta che il mondo voleva sentire. Soprattutto di fronte alle nuove minacciose notizie in arrivo da Spagna, Italia, Cipro e poco prima delle decisive elezioni in Grecia.

La parole di Merkel hanno 2 destinatari. Il primo è l'America, e il suo messaggio è: la pressione produce contropressione. Se voi pretendete che la Germania apra i cordoni della borsa, allora io vi ricordo del vostro gigantesco disavanzo di bilancio pubblico o del fatto che gli Stati Uniti non sono stati capaci di regolamentare i mercati finanziari dopo la crisi bancaria del 2008.

Il secondo destinatario è l'Europa.  E qui le cose si fanno difficili. Perché l'Europa non vive solamente una crisi finanziaria ma anche una crisi di fiducia. Per Merkel la situazione si presenta in questo modo: in Italia le riforme sono ferme, in Francia è stata abbassata l'età pensionabile, in Grecia i politici vogliono rinegoziare il pacchetto di salvataggio. Di nuovo l'Europa non è in grado di mantenere le regole che si è data, ha detto la cancelliera. Perché la Germania dovrebbe dare piu' denaro, se non si può contare sulle promesse fatte?

Per i paesi del Sud il problema è in Germania: perchè un paese forte approfitta della debolezza degli altri e cerca di imporre la propria visione politica ed economia in tutta la zona Euro. Allo stesso tempo con la sua avidità spinge gli altri paesi verso la rovina, come accade ora con il pacchetto di salvataggio per la Spagna.

E' possibile risolvere questa contrapposizione? La chiave della soluzione potrebbe essere in quello che Merkel chiama unione politica. Sul tema a Brussel circolano molte idee: un'unione bancaria con un controllo indipendente; una unione fiscale con regole comuni per i bilanci pubblici; si discute perfino di una nuova organizzazione dei controlli democratici all'interno dell'EU. Il messaggio di Merkel all'Europa suona perciò: sono pronta ad andare lontano, e a rinunciare alla sovranità. Solo se, anche gli altri lavorano per un sistema affidabile e non agiscono a breve termine seguendo solo gli egoismi nazionali.

Münchau: con l'uscita dell'Italia dall'Euro, inizierebbe la nostra crisi

Wolfgang Münchau su Der Spiegel ci ricorda ancora una volta quanto la Germania avrebbe da perdere dalla fine dell'Euro. La Germania è davvero ricattabile e i paesi del sud Europa ne sono consapevoli?
Dopo le banche spagnole, anche l'Italia dovrà chiedere la protezione del fondo salva stati? Gli aiuti disponibili non saranno abbastanza - l'Eurozona rischia il crollo. Ma come avverrà il crollo?

Abbiamo avuto diversi avvertimenti, come recentemente quello di Christine Lagarde o di George Soros: l'Euro rischia di disintegrarsi entro tre mesi. Io condivido la previsione. Al centro del problema non c'è la Grecia, ma Spagna e Italia.  Il punto è che i meccanismi attuali di salvataggio in caso di escalation della crisi non sarebbero sufficienti.

Dall'inizio: dopo una breve fase di euforia, i mercati hanno espresso una forte perplessità nei confronti del piano di salvataggio proposto per la Spagna. Con le 2 inizioni di liquidità di dicembre e febbraio, la BCE ha aiutato le banche spagnole ad acquistare titoli di stato spagnoli. Con il salvataggio approvato nel fine settimana, si è invece dato allo stato spagnolo del denaro per salvare le banche. Nei mercati finanziari, questa doppio salvataggio, viene paragaonato a 2 ubriachi in un bar che si appoggiano l'uno all'altro per restare in piedi.

I tassi a 10 anni sui titoli spagnoli sono al momento intorno al 6.8 % - e questo nel mezzo di una recessione e con una disoccupazione di quasi il 30%. E' solo una questione di tempo: la Spagna dovrà chiedere la protezione del fondo salva stati. Secondo le stime di JP Morgan la Spagna dal 2012 al 2014 dovrà finanziare 350 miliardi di Euro di debito pubblico. Con i 100 miliardi che saranno concessi alle banche, l'intero meccanismo di finanziamento del  fondo di salvataggio sarebbe esaurito. Rimarrebbe forse spazio per Cipro, ma nulla per gli altri.

Il problema non è la grandezza del fondo ESM, ma la sua struttura. Gli stati che rimangono fuori dall'ombrello, garantiscono per tutti quelli che sono sotto la protezione del fondo. Se la Spagna chiede aiuto al fondo, succedono 2 cose allo stesso tempo. Le garanzie totali offerte crescono. E sono sempre meno i paesi a garantire per questi prestiti. 

L'Italia non era preparata all'Euro.

La Spagna può ancora trovare un po' di spazio sotto la copertura del fondo, ma per l'Italia non c'è alcuna soluzione. Con i tassi di interesse oltre il 6%, un debito pubblico del 120% del PIL, ed una mancanza di crescita strutturale, l'Italia non potrà restare nell'Euro. L'Italia ha bisogno degli Eurobonds - probabilmente anche di un taglio del debito e di una strategia per il miglioramento della competitività. 

La nomina di Mario Monti come capo di governo l'anno scorso era stata accolta con una certa euforia dai mercati, ma il bilancio è deludente. Ha puntato sulle riforme sbagliate, e gli è mancata una base di potere politico. I sondaggi sulla sua popolarità sono crollati, e all'interno della coalizione che lo sostiene gli manca spesso l'appoggio. Alcuni parlano addirittura della necessità di elezioni anticipate.

Ma il problema dell'Italia non è il suo primo ministro. Il paese non era preparato all'Euro. Con l'ingresso nella moneta unica ha perso progressivamente la sua competitività. Anche negli anni buoni l'economia cresce di appena l'1%. E ora il paese è in una profonda recessione e ha un governo debole con poco tempo disponibile. 

L'Italia non è molto lontana dal punto in cui, senza l'aiuto esterno, non potrà rifinanziarsi sui mercati. Ma l'Italia è troppo grande per il fondo di salvataggio: secondo JP Morgan da qui al 2014 dovrà rifinanziare sui mercati 640 miliardi di Euro. Italia e Spagna insieme arrivano a 1  trilione di Euro. Si dovrebbe raddoppiare le disponibilità del fondo per poter coprire i fabbisogni di entrambi i paesi. E l'onere  complessivo dovrebbe essere sostenuto da Germania e Francia insieme. Sarebbe un suicidio economico e politico.

La combinazione di unione bancaria, fiscale e politica potrebbe risolvere il problema. E non sarebbe merito del nobile principio dell'unione politica, ma del concreto alleggerimento del debito che in questa situazione avrebbe un effetto positivo. Risolvere la crisi con un comunicato stampa sarà tuttavia difficile. Se al vertice di fine mese ci si mette d'accordo su un piano di unione politica da realizzare in 10 anni, l'effetto non sfiorerà nemmeno i mercati, e l'Italia resterà nella solita trappola del debito.

Allora in Italia, a causa dei tassi di interesse troppo alti, la pressione politica per un'uscita dall'Euro potrebbe crescere. In una tale situazione, mi aspetto che l'Italia non onori il suo debito estero. A differenza della Spagna, l'Italia sarebbe in grado di fare un'operazione di questo tipo. Nonostante il livello elevato del vecchio debito, il paese ha infatti un deficit  relativamente basso, che rende il paese abbastanza indipendente dal mondo esterno.

Un'uscita dell'Italia farebbe molto male alla zona Euro.

Con un'uscita dall'Euro e un taglio del debito, la crisi interna italiana sarebbe bruscamente interrotta. La nostra invece sarebbe appena iniziata. La grande maggioranza delle banche europee sarebbe a un passo dal collasso. I debiti tedeschi crescerebbero molto rapidamente, perchè si dovrebbe ricapitalizzare il settore bancario e si dovrebbero coprire le centinaia di miliardi di Euro di perdite legate al sistema Target -2. E chi pensa che fra i paesi europei non ci sarebbero profonde divergenze, allora non riesce a capire quello che sta succedendo in una crisi così profonda.

Un'uscita italiana danneggerebbe probabilmente molto piu' noi che l'Italia stessa - e questo sicuramente indebolisce la posizione tedesca nel negoziato. Non riesco proprio ad immaginare chi in Germania, a parte alcuni funzionari pubblici o degli economisti in pensione, possa avere interesse al collasso della moneta unica.

Quando l'ex capo economista della BCE Otmar Issing sulla Frankfurter Allgemeine Zeitung argomenta contro l'unione fiscale e l'unione bancaria, nasconde le conseguenze che ci sarebbero se si seguisse il suo ragionamento. Poiché è un uomo intelligente, suppongo che prenda in considerazione tacitamente il collasso della moneta unica. Si occupa solo dei principi. La domanda che dovremo porci è se questi principi valgono una nuova crisi economica mondiale. Vogliamo ripetere gli errori che le precedenti generazioni hanno fatto seguendo fermamente i loro principi?

Comunque vada, sono gli ultimi mesi di questa fase della crisi. Potrebbe arrivare l'unione politica con una condivisione dei debiti: allora il conflitto si sposterebbe alla politica interna. Oppure l'Euro si disintegra. E allora avremo una categoria di crisi completamente nuova.
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mercoledì 13 giugno 2012

Il paese con gli stipendi piu' alti del mondo

Der Spiegel ci illustra la nuova frontiera della flessibilità tedesca: insegnanti di scuola materna con contratti interinali. Inutile dire che l'obiettivo è risparmiare

1000 Euro lordi al mese - secondo il partito "Die Linke" sarebbe questo lo stipendio di molti insegnanti in Sassonia. Le donne ricevono circa il 50% in meno di quanto previsto dai contratti collettivi. Secondo il "Saarbrücker Zeitung" c'è stato un forte aumento di lavoratori interinali (Leiharbeit) fra gli insegnanti delle scuole materne.

Il settore del lavoro in affitto da diversi anni in Germania è in pieno boom. Secondo un rapporto del "Saarbrücker Zeitung" sarebbe in forte crescita fra anche fra gli operatori sociali e gli insegnanti di scuola materna la quota di lavoratori temporanei. Il loro numero dal 2009 al 2011 sarebbe cresciuto di un terzo. Il giornale cita i dati forniti dalla Bundesagentur für Arbeit (agenzia per il lavoro).

Lavoratori temporanei come educatori? Molte città e paesi in questo modo non solo cercano di tappare i buchi negli organici, ma soprattutto risparmiano sui costi. La vice presidente dei Verdi Ekin Deligöz ha dichiarato al giornale che molti comuni temono il diritto ad un posto garantito negli asili nido: provvedimento che sarà in vigore dal prossimo agosto. Con i lavoratori temporanei gli enti pubblici hanno maggiore flessibilità. "Questo spiega solo in parte il ricorso al lavoro temporaneo", ci dice Deligoz.

1000 Euro lordi per gli insegnanti specializzati

Ci sono evidentemente degli abusi negli stipendi. La portavoce di "Die Linke", Sabine Zimmermann, ha descritto casi in cui insegnanti qualificati della scuola materna ricevono 1000 Euro lordi al mese. Lo stipendio mensile lordo per gli insegnanti, secondo i contratti collettivi,  è attualmente intorno ai 2160 € netti.

"In considerazione della loro qualificazione  e della responsabilità, gli educatori non vengono pagati adeguatamente per le loro prestazioni", ha dichiarato Zimmermann. Con il lavoro in affitto il problema si è aggravato ulteriormente. 

Anche il recente piano del Ministro per il Lavoro Ursula von der Leyen è improbabile che contribuisca a migliorare la retribuzione degli insegnanti. Nel piano del ministero si propone la riqualificazione dei disoccupati -  ad esempio le migliaia di lavoratrici Schlecker, che nel corso del fallimento della catena di drogherie hanno perso il loro lavoro. I sindacati hanno attaccato il piano della Von der Leyen definendolo come "vergognoso"; nel piano, infatti, il lavoro di insegnante è definito facile da imparare ed eseguibile da chiunque. 

martedì 12 giugno 2012

Quanto resta nel fondo salva stati?


Zeit.de, calcola gli importi ancora disponibili nel fondo di salvataggio europeo EFSF: la somma rimasta è decisamente insufficiente ed espone l'Italia.
Il pacchetto di aiuti messo a disposizione dai paesi UE e dal FMI nel 2010, all'inizio della crisi, raggiungeva i 750 miliardi di Euro. Nel frattempo una grossa parte di questa somma è stata utilizzata.

Dopo l'Irlanda, il Portogallo e la Grecia adesso anche la Spagna ricorre gli aiuti del fondo europeo di salvataggio. Con questo denaro dovranno essere supportate le banche spagnole in difficoltà. Ma quanto denaro rimarrebbe ancora disponibile, nel caso in cui la Spagna avesse bisogno di ulteriori aiuti - oppure, come ipotizzato dal ministro delle finanzae austriaco Maria Fekter - anche l'Italia chiedesse il sostegno del fondo?

Il fondo di salvataggio EFSF introdotto nel 2010 prende denaro a prestito dal mercato dei capitali e fornisce credito ai paesi Euro indebitati. Per i crediti garantiscono i paesi Euro. Il credito disponibile ammonta a 440 miliardi di Euro. Il Fondo Monetario Internazionale (FMI) ha messo a disposizione 250 miliardi di Euro, ulteriori 60 miliardi di Euro di credito sono concessi dall'Unione Europea attraverso la commissione UE. Se sommiamo tutto, il fondo disponeva all'inizio di 750 miliardi di Euro.

Da allora diversi paesi hanno fatto richiesta e ricevuto aiuti finanziari. L'Irlanda nel novembre 2010 ha ricevuto 62.7 miliardi di Euro da EU, FMI, e EFSF, il Portogallo nell'aprile del 2011 ha richiesto crediti per 78 miliardi di Euro. Il secondo pacchetto di aiuti per la Grecia, accordato nel marzo 2012, comprendeva in totale 172.7 miliardi di Euro. Il primo pacchetto di salvataggio per la Grecia era stato concesso prima dell'introduzione del fondo salva stati nell'aprile 2010.

I fondi già concessi riducono considereveolmente il volume di credito del fondo di salvataggio europeo. Dei 750 miliardi di Euro iniziali, 313.4 sono stati pagati oppure già promessi. Sul piatto rimanevano 436.6 miliardi di Euro - prima della richiesta arrivata dalla Spagna. Nel fine settimana i paesi Euro hanno assicurato alla Spagna altri 100 miliardi di Euro. Il volume disponibile resta a questo punto di 336.6 miliardi di Euro.

Questo significa: dei crediti disponibili all'inizio, circa il 55% è stato già utilizzato. Gli aiuti per la Spagna - a differenza di Irlanda, Portogallo e Grecia - saranno forniti solo dall'Europa. Il FMI probabilmente non vi prenderà parte. Nel solo EFSF dei 440 miliardi iniziali rimangono solamente 151.6 miliardi di Euro. "Se la Spagna e l'Italia dovessero avere problemi piu' seri, le somme disponibili non potranno in alcun modo bastare" ha dichiarato l'economista Peter Bofinger. La Spagna è la quarta economia dell'Eurozona, l'Italia la terza.

lunedì 11 giugno 2012

Quanto costerebbe alla Germania uscire dall'Euro

Die Welt si diverte a fare un'ipotesi sui costi per la Germania in caso di uscita dalla moneta unica: ci sarebbero perdite gigantesche e l'economia sarebbe al collasso. I tedeschi sono davvero ricattabili?

Un tedesco su due vorrebbe tornare al D-mark. "Welt-Online" ha simulato un'uscita della Germania dall'Euro e ha fatto i conti. Le consequenze per lo stato, i cittadini e le imprese sarebbero spaventose.

Lo scenario di un'uscita.

Supponiamo che la Repubblica Federale lasci da sola il 1 luglio 2012 l'Eurozona. Dopo un tale passo dovremmo preoccuparci di come riavere il nostro denaro indietro; problema che peraltro è già diventato attuale.

Daniel Gros, direttore del  Centre for European Policy Studies (CEPS) di Brussel, stima che lo stato, il governo, le banche e le imprese del nostro paese abbiano crediti verso l'estero per circa 2.000 miliardi di Euro; pari all'80% del prodotto interno lordo annuo della Repubblica Federale.

Facili da quantificare sono invece i crediti della Bundesbank verso le banche centrali degli altri paesi europei. Poiché i flussi di denaro all'interno del mercato dei capitali si stanno prosciugando, indirettamente, attraverso la banca centrale, nei bilanci della Bundesbank si sono accumulate somme gigantesche: i cosiddetti crediti Target II.

Alla fine di maggio erano 699 miliardi, pari a piu' di 2 bilanci federali. E ogni mese si aggiungono fra i 50 e i 100 miliardi. Di fatto l'export tedesco viene pagato con credito tedesco.

Se la Germania decidesse di lasciare la moneta unica, almeno una parte di questo denaro andrebbe perduta, se non tutto. "Se la Germania uscisse, violerebbe i trattati sull'unione monetaria e non potrebbe in alcun modo far valere i suoi crediti nei confronti dell'Eurosistema", ci dice Hans Werner Sinn, presidente dell'IFO Institut.

Buco profondo nel bilancio della Bundesbank

Anche se Sinn è stato il primo economista a portare l'attenzione sui pericolosi crediti Target, ci mette in guardia dai pericoli di un'uscita della Germania: "Io credo valga la pena mantenere l'Euro, e la Germania dovrebbe mettere del denaro sul tavolo per tenere in vita la moneta unica".

Nel migliore dei casi i crediti Target sono da considerare come riserve valutarie. Sono crediti della Bundesbank verso la BCE - ma non sono protetti dalle perdite: se l'Euro dovesse svalutarsi consistentemente nei confronti del nuovo D-Mark, la Bundesbank dovrebbe considerare perduti una parte di questi crediti. Si avrebbe allora un gigantesco buco nei bilanci della Bundesbank.

Il governo non incasserebbe alcun dividendo dalla Bundesbank, dovrebbe invece registrare una perdita. Holger Schmieding, capo economista di Berenberg Bank, vede in questo caso una via di uscita: le riserve auree, che nei libri della Bundesbank sono inserite ad un valore piu' basso di quello di mercato, potrebbero essere rivalutate. Come un tempo voleva fare il Ministro delle Finanza Theo Waigel.

Verso una bancarotta dello stato

Se la Bundesbank si mettesse di traverso e non volesse aggiornare il valore delle sue riserve auree, il governo federale dovrebbe ricapitalizzare la Bundesbank a sue spese. Vale a dire, debito pubblico aggiuntivo. Schmieding stima perciò che con un'uscita della Germania dall'Euro, il debito pubblico crescerebbe rapidamente.

"Il rapporto debito/PIL raggiungerebbe rapidamente il 110 o il 120 % del PIL", ci dice Schmieding. "Se dovesse esserci una via verso la bancarotta dello stato tedesco, allora sarebbe questa".

Con un'uscita dalla moneta unica anche il bilancio pubblico sarebbe fortemente influenzato, visto che il PIL diminuirebbe rapidamente. L'insicurezza si trasferirebbe ai beni di investimento in maniera piu' che proporzionale - come dopo la crisi Lehman, quando l'economia tedesca si è contratta piu' di quanto non abbia fatto quella francese.

Fine del miracolo dell'export

In aggiunta l'export soffrirebbe molto, perché il nuovo marco si apprezzerebbe con forza. "Saremmo colpiti da uno Tsunami di rivalutazione", ci dice Michael Burda, professore alla Berliner Humboldt-Universität. Egli infatti calcola una rivalutazione fra il 20 e il 30% - la fine del miracolo dell'export tedesco.

"I profitti dell'export crollerebbero, e metà dell'economia legata alle esportazioni si troverebbe sull'orlo del baratro", continua Burda. Le conseguenze sarebbero un nuovo equilibrio in Europa: meno export, meno crescita, meno occupati - e salari piu' bassi. "Se gli affari degli esportatori crollassero, anche i salari sarebbero messi sotto pressione" La tredicesima mensilità sarebbe sicuramente la prima ad essere eliminata.

Ma questi non sono tutti i costi che un'uscita si porterebbe dietro. Perchè bisogna calcolare anche i patrimoni e i crediti dello stato, dei cittadini e delle imprese.

Che cosa lo stato perderebbe

A livello federale il calcolo non è troppo difficile. Grecia, Irlanda e Portogallo hanno ricevuto circa 330 miliardi di aiuti dai paesi europei. 28 % di queste somme è garantito dalla Germania.

In caso di uscita della Germania, questi crediti avrebbero un rischio cambio, visto che sono denominati in Euro. Ma c'è anche un rischio emittente: perchè è possibile che questi paesi possano trovarsi in difficoltà finanziarie e non essere in grado di ripagare i loro debiti. La Grecia è già sull'orlo del precipizio.

Anche queste perdite sarebbero poca cosa in confronto a quello che potrebbe succedere nel mondo delle imprese. Un semplice esempio ci mostra il possibile kaos: se la Grecia dovesse uscire dalla moneta unica, ad esempio, un tour operator tedesco dovrebbe ricalcolare il valore di un hotel in Grecia nel suo bilancio: l'investimento a causa della svalutazione avrebbe perso una grossa parte del suo valore. Questo avrebbe un effetto diretto sul proprio capitale. 

L'effetto sarebbe ancora peggiore se la Germania decidesse di uscire: in questo caso tutti gli immobili, gli impianti industriali e le merci nel resto dell'Euro-zona dovrebbero subire una nuova valutazione. Il governo federale dovrebbe creare un fondo di compensazione enorme, mediante il quale le banche, le assicurazioni e  i bilanci delle imprese dovrebbero essere stabilizzati - come accaduto una volta nella conversione da Ost-Mark in D-Mark, ma sarebbe N volte piu' grande.

Quello che l'economia e le banche perderebbero.

Questi sarebbero tuttavia gli effetti immediati. Eventuali effetti ulteriori, come nel caso del fallimento Lehman, sono difficili da prevedere. E' sicuro: sarebbero necessari miliardi per le svalutazioni nei bilanci delle banche, perchè l'effetto sarebbe a valanga, e colpirebbe l'intera economia.

La Germania sarebbe in grande difficoltà. Le riserve d'oro da sole non sarebbero sufficienti. La Bundesbank dovrebbe intervenire e rifornire l'economia con quantità gigantesche di liquidità e denaro contante.

Altrimenti, profetizza l'economista Burda, le banche crollerebbero sotto l'effetto di questa crisi: "L'uscita della Germania dall'Euro porterebbe alla statalizzazione delle stesse banche tedesche...nessuna banca sopravviverebbe con le proprie forze". Sembra quasi rassegnato quando dice: "Siamo ostaggi della situazione. E i paesi del sud lo sanno".

Che cosa perderebbero i cittadini

Ancora non abbiamo parlato dei risparmi dei cittadini. Circa 4.7 trilioni di Euro di patrimonio. Ciò a fronte di 1.55 trilioni di debiti. La posizione netta è di 3.2 trilioni di Euro, che si trovano sui conti, sui libretti di deposito o investiti in assicurazioni sulla vita. Anche questi patrimoni sarebbero a rischio se la Germania dovesse lasciare l'Euro.

Il denaro sui conti correnti sarebbe il problema minore. Il governo potrebbe definire un nuovo tasso di cambio fra l'Euro e la nuova valuta. Dovrebbe poi fissare un giorno in cui tutto il denaro sui conti e nei depositi dovrà essere convertito nella nuova moneta.

In caso diverso, tutto il risparmio d'Europa arriverebbe in Germania. I risparmiatori proverebbero a convertire i loro risparmi nella nuova moneta visto che questa dovrebbe rivalutarsi rispetto al resto d'Europa.

Gli economisti ritengono quindi che se un giorno il governo dovesse prendere una tale decisione, quel giorno dovrebbe corrispondere con la data di conversione. Il cambiamento tecnico è fattibile, ma sarebbe probabilmente collegato con il fatto che la maggior parte del denaro contante che non si trova sui conti, potrebbe perdere ogni valore.

Un grosso punto interrogativo ci sarebbe anche per uno degli strumenti di risparmo piu' amato dai tedeschi: le assicurazioni sulla vita. Con circa 1.4 trilioni di Euro, quasi un terzo dei risparmi giace presso le imprese di assicurazione.

Per queste un'uscita dall'Euro sarebbe una trappola: gli assicuratori fino al 1999 potevano investire quasi esclusivamente in Germania; da allora hanno utilizzato in grande stile la possibilità di comprare obbligazioni in tutta Europa.

Le cifre sul denaro dei propri clienti investito dalle assicurazioni nei paesi dell'Euro-zona non sono pubbliche. Si sa solo che nell'autunno 2010 avevano prestato circa il 9% del loro patrimonio in Portogallo, Italia, Irlanda, Grecia e Spagna.

Che cosa rimarrebbe di questi crediti in caso di ritorno al D-Mark, non lo può prevedere nessuno. Ci potrebbero essere delle perdite come nel caso della Grecia. E ci sarebbe sicuramente un rischio cambio. Le assicurazioni avrebbero dei crediti in Euro, ma dovrebbero corrispondere premi in D-Mark. Potrebbero quindi generarsi dei grossi buchi di bilancio.

Sicuramente per le assicurazioni in Germania valgono dei requisiti molto rigidi. Ma che valore potrebbero ancora avere, se ci fossero delle grosse perdite o se avessimo una forte rivalutazione del D-Mark?

Gli esperti valutano particolarmente critica la situazione delle assicurazioni sulla vita: "Con forme di investimento non smobilizzabili che hanno investito in obbligazioni europee, si rischiano delle perdite molto concrete", ci dice l'economista di Deutsche-Bank Mayer.

Qual'è la soluzione?

Nonostante Mayer chieda al governo di compiere una riflessione sulla permanenza nell'Euro, il fatto è che l'economista di Deutsche Bank vede un'altra via di uscita.  La Grecia potrebbe introdurre accanto all'Euro una valuta parallela, il "Greuro".  Anche in Germania, accanto all'Euro, sarebbe possibile introdurre una nuova moneta stabile come mezzo di pagamento.

Meyer ipotizza qualcosa di simile al "Goldmark" - una valuta garantita dall'oro e che dà alle imprese e ai consumatori la possibilità di investire il loro danaro e di utilizzarlo come mezzo di pagamento.

Quello che sulla carta sembra facile, avrebbe però il potenziale per una esplosione violenta. Chi pagherebbe in Euro e chi in Goldmark? In quale valuta i dipendenti pubblici e i pensionati riceverebbero il loro denaro? L'insicurezza sarebbe enorme, la pressione al ribasso sull'Euro di uguale misura. Molti di questi problemi non sorgerebbero comunque in una notte.

Un incubo lo avremmo in ogni caso. Tuttavia Mayer non esclude questa soluzione: "Prima che l'Euro affondi nel vortice della creazione di moneta illimitata, sarebbe importante  creare una seconda barca stabile. Questa imbarcazione potrebbe essere il Goldmark. "Non è bellissimo, ma è sempre meglio che affondare".

Il presidente Bundesbank Weidmann non vuole saperne nulla, confessa però, che la situazione deve cambiare radicalmente, per evitare delle pericolose turbolenze. La chiarezza è necessaria: "intendiamo andare verso una unione fiscale oppure continuiamo a fare affidamento su politiche di bilancio nazionali?".

Ma la responsabilità comune dovrebbe essere tuttavia ben limitata. Continuare come abbiamo fatto fino ad ora, Weidmann lo esclude: "In questa condizione, l'unione monetaria non può funzionare a lungo".

domenica 10 giugno 2012

Fino a quando non perderemo la pazienza

Su Der Spiegel,  Jan Fleischhauer ci ricorda che dopo 60 anni di pace, fra la destra tedesca e la Francia non è ancora sbocciato il vero amore. 
L'Euro nella prospettiva francese mirava a indebolire l'egemonia economica tedesca. Con Francois Hollande i francesi riprendono il loro vecchio progetto con nuovo vigore.

Il governo francese ha appena deciso di abbassare a 60 anni l'età di pensionamento dei propri cittadini. Nessun francese dovrà lavorare per tanti anni solo perchè le finanze del paese lo impongono. In nessun modo cosi' a lungo come il povero parente tedesco, che per volere del suo governo dovrà faticare fino ai 67 anni.

Beata Francia, si può dire, dove le dure leggi dell'economia sotto il sole eterno del socialismo perdono il loro aspetto spaventoso. Anche la "Grande Nation" mette al mondo troppi pochi bambini per poter garantire il benessere dei propri cittadini fino all'età avanzata.  Altrove questo è un grave problema demografico che richiede a tutti piu' impegno e lavoro. In quel paese diventa solo una piccolo problema che può essere eliminato con un tratto di penna. Se solo il possente braccio del presidente lo vuole.

Bene, ma non sarà così facile anche per l'appena eletto nuovo Re Sole repubblicano, Francois Hollande, e per suoi colleghi. Comprendono abbastanza di economia per capire che i problemi non potranno essere risolti semplicemente posticipandoli. Ma per fortuna ci sono ancora i tedeschi, sulla cui volontà di lavorare sodo all'Eliseo si fa molto affidamento. Così si chiude il cerchio.

Nell'Euro-crisi siamo arrivati al punto in cui ognuno sta cercando di salvarsi scaricando i costi sugli altri. Quando Hollande propone che sia la collettività europea a salvare le banche spagnole, senza poi avere il diritto di immischiarsi negli affari di questi istituti, non pensa tanto al benessere della nazione spagnola, ma piuttosto al suo interesse. Se si ammette che si possano ricevere aiuti in cambio di un controllo dall'estero, i diversi paesi di fatto avranno in mano una polizza assicurativa contro i capricci dei cicli economici. Le prossime banche che potranno rifornirsi con denaro fresco da Brussels (e presumibilmente lo faranno), sono a Parigi.

Il saggio Franz Müntefering (SPD) ha già avvertito il suo partito: non cantate troppo forte la canzone di Hollande. Nel frattempo il leader SPD Sigmar Gabriel aveva definito il presidente francese  un amico. La vecchia volpe sa quando davanti a sé ha qualcuno che sta lavorando solo per i propri interessi. In realtà, la maggior parte delle proposte del nuovo capo di stato sono a carico degli altri, nonostante tutti i giuramenti di  solidarietà europea. Qualcuno dovrà garantire per programmi sociali che il governo francese propone. Perché non dovrebbe farlo la nazione che secondo la grande maggioranza è la piu' operosa e affidabile?

I finanziatori esteri, di cui Hollande ha bisogno per la sua politica generosa, la pensano in maniera diversa dagli elettori locali. Si chiedono se riusciranno mai a rivedere il loro denaro, e domandano premi di rischio adeguati. Una strada per avere credito fresco a buon mercato conduce verso i risparmi dei tedeschi. Per questo il governo francese si batte con tenacia per gli Euro-bonds e l'unione bancaria.

L'altra strada sarebbe, far lavorare un po' di piu' i francesi: ma il presidente non vuole chiederlo ai suoi cittadini.

La paura dell'egemonia tedesca

L'ansia per un'egemonia tedesca sull'Europa è da sempre una ossessione della politica estera francese - e l'Euro un mezzo per poterla prevenire. Mitterand ha notoriamente dato il suo assenso alla riunificazione tedesca solo dopo aver avuto la disponibilità di Kohl a mettere in comune la moneta.

Vista in questo modo, con la messa in comune del debito europeo, arriva a compimento un progetto che secondo la prospettiva francese era da sempre diretto a contrastare la Germania piu' che a unificare il continente. Sarkozy pensava di poter servire al meglio il vecchio obiettivo, cercando una collaborazione stretta con la cancelliera. Hollande torna al vecchio principio di indebolire i tedeschi, cercando di minarne la forza economica.

Il prossimo passo nella crisi sarà la minaccia diretta. La Spagna, con il suo rifiuto di entrare sotto la copertura del fondo di salvataggio, è a un passo da far saltare l'intero sistema. Ipotizzano apertamente che i tedeschi abbandoneranno le loro posizioni e salveranno le loro banche. Senza pretendere alcuna garanzia che le cose volgeranno al meglio in maniera duratura.

Il prezzo per l'uscita dall'Euro

I prossimi che proveranno la fermezza dei paesi europei donatori sono i greci. Sono vicino al ministro degli esteri di quel paese assolato, grande amico nostro. Se ho capito bene l'uomo è  convinto di poter negoziare dopo le elezioni  il prezzo che gli altri paesi danno all'uscita della Grecia. Loro stessi hanno poco da perdere, i vicini, prima di tutto i tedeschi, hanno invece ancora molto. Su questa discrepanza sarà calcolato il prezzo.

E' sempre stata un'aspettativa tedesca pensare che in un'Europa unita gli interessi nazionali sarebbero rimasti in secondo piano e alla fine avrebbero perso ogni importanza: in questa speranza si riconosce l'eredità di una politica romantica. Solo gli ingenui in politica possono credere che a Madrid, Roma o Parigi si pensi veramente agli interessi europei, quando si parla di piu' Europa.

Come potete vedere, questa forma di fanatismo resiste in maniera molto caparbia nel nostro paese - perfino nei vertici della SPD.