venerdì 3 agosto 2012

Non possiamo chiedere alla Germania di rinunciare alla sua competitività

Sarà per timidezza, pavidità o complessi di inferiorità, ma durante questa crisi i leader europei ce l'hanno ripetuto piu' volte: sono i sud Europei a dover recuperare competitività. Un recente studio americano, rilanciato da Die Welt, ci dice che è in corso un riequilibrio fra i paesi in crisi. Studio davvero credibile

Un istituto di ricerca americano certifica che Spagna, Irlanda e perfino la Grecia hanno recuperato competitività. Grazie a questo processo la produttività in Europa potrebbe tornare in equilibrio.

La crisi mostra i suoi effetti - ma questa volta positivi. Fino ad ora agli stati indebitati si è rimproverato: i vostri sforzi di riforma non hanno avuto nessun effetto visibile. Ma non è piu' vero.

Paesi come Irlanda o Spagna dall'inizio della crisi sono diventati sensibilmente piu' competitivi. E ciò ha principalmente una ragione: "Il costo del lavoro per unità di prodotto (Lohnstückkosten) è chiaramente diminuito", chiariscono Bert Colijin e Bert Van Ark nel loro studio, realizzato per l'istituto di ricerca americano "The Conference Board".

Il costo del lavoro per unità di prodotto (CLUP) viene considerato l'indicatore piu' importante per la competitività di un paese. Si tratta essenzialmente dei costi per il personale, relativi alla produzione di una merce. Nei paesi altamente sviluppati, nonostante l'alto costo del lavoro, il Clup resta alquanto basso: i lavoratori grazie ad una buona formazione e a macchinari ed attrezzature moderne producono in maniera efficiente.


Un segnale incoraggiante

"Il risultato di questo studio è un segnale incoraggiante per il futuro dei paesi in crisi", chiarisce l'autore dello studio Van Ark. Poichè Clup troppo elevati sono considerati il motivo principale della crisi. Soprattutto nel sud Europa, i salari nei primi anni del decennio sono cresciuti eccessivamente. In Spagna dal 1999 al 2010 sono cresciuti di oltre il 30%. A confronto: la media EU è stata del 21%, in Germania appena del 5%.

Ma ora questo trend sembra essersi invertito. Anche Nazioni come il Portogallo o la Grecia hanno migliorato la loro competitività. Il costo del lavoro in questi paesi è cresciuto fino al 2009. Ma sempre in questi paesi negli ultimi anni il costo del lavoro è sceso in maniera continuativa. Le grandi differenze nella competitività sono una delle principali cause della divisione economica dell'Europa, che ha condotto fino alla crisi del debito. "La frattura fra nord e sud Europa ha reso la crisi piu' acuta ed è la ragione principale, per cui la crisi ancora persiste", chiarisce l'economista Van Ark.

Il fatto che questa forbice tenda a ridursi, è determinato anche dalle grandi economie come Germania e Francia. Qui il costo del lavoro negli ultimi 3 anni è chiaramente cresciuto - nel nostro paese di quasi il 9%. Il conseguente peggioramento relativo della competitività ha dunque una ragione.

La Grecia deve restare nell'Euro

La nostra economia si è ripresa molto piu' rapidamente dalla crisi finanziaria di quanto non abbiano fatto le altre. Per questa ragione non abbiamo avuto grandi riduzioni salariali.  Agli occhi degli autori dello studio, la Germania assume in questo processo un ruolo particolarmente importante. Con gli accordi salariali appena siglati e quelli ancora da firmare non si ribilancia solo la produttività. I salari in crescita dei "ricchi" tedeschi sono un importante fattore di domanda interna per l'intera Europa.

Gli economisti di "The Conference Board" si pronunciano chiaramente contro un'uscita della Grecia dall'Euro. "Nel breve periodo, la competitività crescerebbe nettamente grazie ad una svalutazione della moneta. Ma già dopo uno o due anni il costo del lavoro sarebbe di nuovo allo stesso livello, come prima dell'uscita", chiarisce l'esperto Van Ark. Dicendo questo, contraddice molti colleghi che sostengono da sempre: un'uscita di Atene renderebbe i prodotti greci molto piu' economici - fatto che a sua volta renderebbe le imprese locali molto piu' forti. 

La tesi di Van Ark è sostenuta dal fatto che il costo del lavoro per unità di prodotto in Grecia negli ultimi 2 anni, anche con l'Euro, è chiaramente sceso. Non a causa di stipendi in diminuzione, ma bensì grazie ad una maggiore produttività. La pressione per le riforme da parte di EU, FMI e BCE sembra per una volta avere effetti chiari - finalmente positivi.

giovedì 2 agosto 2012

In fondo a noi va ancora bene...


Bild.de ricorda ai tedeschi che nonostante la crisi europea, mentre tutto affonda, la Germania sta guadagnando dalle sfortune altrui. Schadenfreude? 
Ogni giorno aumentano i miliardi con i quali la Germania cerca di risolvere la crisi Euro. Se il fondo ESM sarà approvato, la Germania sarà responsabile per circa 340 miliardi di Euro.

Ma non paghiamo solamente: in particolare i consumatori e lo stato, attraverso i bassi tassi di interesse ricevono un importante aiuto.

Bild.de ci spiega chi in Germania sta guadagnando dall'Euro-crisi.

Il Ministero delle Finanze

Wolfgang Schäuble mentre emette debito, sta addirittura guadagnando del denaro. Il rendimento per i bond federali a 2 anni è arrivato a - 0.021%. Chi presta il denaro, paga addirittura un prezzo! Per i Bund a 10 anni Schäuble deve ora pagare solo l'1.25% di interessi. A confronto: l'Italia deve pagare per lo stesso periodo il 5,96%. 

Folker Hellmeyer, capo analista di Bremer Landesbank, ha calcolato: la Germania negli ultimi 30 mesi ha risparmiato oltre 60 miliardi di Euro per il rifinanziamento del debito. Insieme a maggiori entrate ed una spesa sociale piu' bassa il risparmio è fra i 70 e i 100 miliardi di Euro.

Proprietari di case

I tassi per i prestiti ipotecari da settembre 2008 si sono dimezzati dal 5.24% al 2.62%. Chi 4 anni fa ha preso a prestito 100.000 Euro, oggi potrebbe per lo stesso costo prendere a prestito 155.000 Euro.

Credito

Chi chiede ora un prestito a rate (ad es. 10.000 €), paga in media il 6.56 % di interessi. Nel settembre 2008 erano ancora l'8.29%. Risparmio per interessi: 361 €

I tassi per i fidi bancari sono scesi all'1.54%, fino al 10.92% di media. Chi ha una scoperto di conto di 2000 €, risparmia 31 € all'anno. (FMH - consulenza finanziaria).

Banche

Le banche possono rifinanziarsi presso la BCE allo 0.75% di interesse (nel settembre 2008 era il 4.25%). Su 100 milioni di Euro sono circa 290 000 Euro di risparmio per interessi ogni mese.

Esportatori

Il corso debole dell'Euro rende attrattivi i prodotti tedeschi all'estero. I clienti che pagano in dollari, a causa del corso debole dell'Euro, oggi pagano per le macchine e la tecnologia tedesca meno di due anni fa.

mercoledì 1 agosto 2012

Raus!


Continua la campagna della stampa popolare per l'uscita di Atene dall'Euro. Questa volta su Focus.de, Uli Dönch ci ricorda che solo attraverso il risparmio i greci potranno restare nel paradiso della moneta unica. 
Non possono risparmiare - e non vogliono nemmeno farlo. Al contrario danno la colpa sempre agli altri: prima gli USA, oggi la Germania e domani forse gli eschimesi.

I dati sono pessimi. Incredibilmente cattivi. E questo, nonostante noi e il resto degli europei li abbiamo sostenuti con almeno 380 miliardi di Euro. Non è servito a nulla. Al contrario: lo stato sprecone continua a crescere, la burocrazia continua a imperversare - solo il debole settore privato si contrae.

Ma che cosa fanno i greci? Si lamentano. Pretendono riforme piu' morbide, piu' tempo e aiuti generosi. Come se gli oltre 33.000 Euro a testa non fossero ancora abbastanza. 

Non ci fa arrabbiare la routine ormai secolare di una intera nazione. Ma l'arroganza spesso irritata, insieme ad una sfacciata mancanza di responsabilità.  Ma c'è una cosa che i greci sanno fare molto bene, ed è incolpare gli altri della loro miseria. 

Un greco smaschera i greci

Chi dovrebbe saperlo meglio di un locale: il combattivo commentatore di atene Takis Michais sa smascherare la pigrizia dei suoi connazionali come nessun'altro. Già nel 2009 aveva pronosticato: non passerà molto tempo prima che i media greci inizino a dare la colpa al resto del mondo per le proprie miserie. I "mercati", la "Germania"  in generale, oppure "Angela Merkel" in particolare - "mettete la croce sul corrispondente". E' andata proprio così.

La FAZ cita l'autore Takis con le parole: "prima gli americani erano tutti colpevoli, ora sono i tedeschi, domani forse gli eschimesi." In questo atteggiamento presuntuoso i politici, i giornalisiti e la popolazione sono tutti uniti.

Quanto Takis abbia ragione, lo mostra il commento sulla „Süddeutschen Zeitung“ di due greci molto influenti: l'ex presidente Kostas Simitis e il professore Jiannis Stornaras. Per entrambi è chiaro  - che meraviglia - che la Grecia non ha nessuna colpa nella Eurocrisi.

Debito sì, risparmio no

Ancora piu' notevole di questa tesi sono tuttavia gli argomenti di entrambi i 2 grandi pensatori greci.

- Il paese negli anni '90 si è enormemente sforzato per raggiungere i criteri della moneta unica. Il rapporto deficit/pil nel 1999 ha raggiunto il 2.5%. Come? E' stato un vero successo economico - oppure il risultato di statistiche falsificate massicciamente? Qui gli autori tacciono...

- Al contrario, si rammaricano in maniera eloquente "che l'allora governo in carica, nel 2006 abbia perso il controllo sulle entrate e la spesa pubblica". Ben detto. Non ci dicono nulla di come tutti i governi greci negli ultimi decenni abbiano gonfiato gli apparati statali, per poter regalare ad elettori ed amici un lavoro lucrativo...

- Secondo gli autori non è stata la Grecia a causare lo sfascio greco. Piuttosto il "fallimento di Lehman Brothers", "l'aumento dei rischi finanziari", e "l'aumento dei tassi di interesse...hanno innescato la crisi del debito".

- Come era da attendersi, Simitis e Stournaras a questo punto smascherano i veri colpevoli: gli altri europei. "La titubanza della zona Euro ad agire...ha portato la Grecia fuori dai mercati".

Arriva a questo punto la parte migliore del pamphlet: la Grecia e gli altri stati indebitati non hanno fatto nulla di sbagliato. "Per poter coprire questi deficit, i paesi della periferia sono stati costretti a prendere sempre piu' denaro in prestito." Veramente? Esiste una parola magica? Inizia con la "S" - come Simitis e Stournaras - e finisce con "PAREN" (sparen=risparmiare).

Chi in maniera duratura spende piu' di quanto incassa, avrà prima o poi un problema. Ma il problema può essere eliminato proprio con il risparmio. Questo concetto però in tutta la Grecia sembra essere una parola straniera. Fino a quando questo atteggiamento non cambia, il paese non potrà essere aiutato. Purtroppo. Questo sembrano averlo notato gradualmente anche i politici tedeschi. Merkel, Schäuble & Co. in questi giorni hanno giurato che avrebbero fatto "tutto il possibile per il mantenimento dell'Euro". Non hanno però detto, che tutti i paesi potranno mantenere la moneta unica...

Brüderle studia da leghista


La FDP affonda nei sondaggi, la popolarità di Roesler e Westerwelle è ai minimi e per entrare al Bundestag i liberali dovranno spararle sempre piu' grosse. Tutto sulla pelle dell'Europa, a spese degli eurodeboli. Brüderle ci ricorda quei politici padani che a Pontida hanno parole affilate, ma poi a Roma votano di tutto in nome della realpolitik.  Un'intervista su Die Welt
Il leader della FDP al Bundestag Rainer Brüderle si oppone ad una licenza bancaria per l'ESM e avvisa Francia ed Italia: "I paesi donatori del nord non sono disponibili in maniera illimitata".

Welt: Herr Brüderle, in Europa ci sono voci che intendono dotare il futuro fondo di salvataggio ESM con mezzi illimitati attraverso una licenza bancaria. Che cosa ne pensa?

Brüderle: Una licenza bancaria per il fondo di salvataggio ESM è una macchina per l'inflazione e un'arma per la distruzione della ricchezza. Questo non è né nell'interesse tedesco, né nell'interesse europeo. Con l'ESM la Germania ha già raggiunto i limiti di ciò che è costituzionalmente possibile,  politicamente sostenibile ed economicamente ragionevole. I piani per una capacità illimitata di indebitamento dell'ESM devono immediatamente essere riposti in un cassetto.

Madrid, Roma e Parigi non devono esagerare. Con il ricorso alla stampa di denaro non si risolvono i problemi. La Germania ha già espresso molta solidarietà verso il sud Europa. I donatori del nord Europa non possono assumersi responsabilità illimitate, nel loro interesse ma anche nell'interesse dell'Europa non parteciperanno ad una politica inflazionistica suicida.

Welt: Lei è convinto che il ministro delle finanze Schäuble intenda evitare con tutte le sue forze la concessione di una licenza bancaria?

Brüderle: Il Ministero delle finanze si è espresso chiaramente. Per buone ragioni una licenza bancaria per l'ESM non è né prevista né necessaria. Non ci sono neanche trattative, piuttosto solo delle dichiarazioni pubbliche da parte degli interessati. Ma nessuno deve essere intimorito.

L'ESM non ha ancora iniziato il suo lavoro. Non è ragionevole, prima del suo inizio lanciare speculazioni su come dovrebbe essere cambiato. In questo modo si distrugge la fiducia in una politica di bilancio e finanziaria ordinata in Europa, che proprio ora stiamo cercando di costruire.

Welt: Una licenza bancaria per l'ESM, rappresenta per la FDP una linea rossa che non può essere superata - anche se la coalizione dovesse rischiare la rottura?

Brüderle: La coalizione è unita nel negare una licenza bancaria per l'ESM. Una messa in comune dei debiti fatta di nascosto - e una licenza bancaria non sarebbe niente di diverso - la rifiutiamo. Non importa, se sotto forma di licenza bancaria, Euro-bonds, o fondo per il rimborso del debito.

Siamo solidali e aiutiamo i nostri partner europei. Abbiamo messo in piedi il Fiskalpakt, l'ESM e l'EFSF. Ma per noi resta valido il principio "Nessun aiuto per nulla". Ci aspettiamo l'attuazione delle riforme concordate nei paesi che saranno sostenuti, ma non un dibattito sui nuovi strumenti.

Welt: Anche se l'ESM non riceve nessuna licenza bancaria, i rischi assunti dalla BCE potrebbero crescere. Presto la banca centrale potrebbe nuovamente acquistare titoli del debito pubblico. Si sente sollevato dagli aiuti di Francoforte oppure preoccupato?

Brüderle: Ci troviamo in una situazione molto particolare, per questo è importante seguire i propri principi. A Francoforte ha sede anche la Bundesbank. La BCE negozia in maniera indipendente. Il suo compito centrale è garantire la stabilità dell'Euro, sono certo che per fare questo prenderà tutti i provvedimenti necessari.

Capisco anche Draghi, quando rassicura: la BCE nell'ambito del suo mandato è pronta a fare tutto il possibile per difendere l'Euro. Il compito della BCE non è finanziare a lungo termine gli stati. In questo ambito noi tedeschi abbiamo una speciale sensibilità per la stabilità della moneta e sosteniamo anche l'indipendenza della banca centrale.

Welt: La cancelliera dichiara che intende fare di tutto per stabilizzare l'Euro. Questo va daccordo con la sua precedente affermazione "rifiuto gli Euro bond fino a quando vivrò"?

Brüderle: L'Euro non potrà sopravvivere come unione dell'inflazione e della messa in comune del debito. Gli Euro-bonds non sono una soluzione, servono solo a ritardare le riforme. Il problema di alcuni paesi in Europa è la scarsa competitività e una politica di bilancio non sostenibile. La soluzione può arrivare solo con politiche di risparmio e di riforma e non attraverso Euro-Bonds, che servono solo a nascondere i problemi.

Welt: Condivide le parole di Schäuble secondo cui "dibattiti emozionali, su un'uscita della Grecia dalla zona Euro non portano a nulla"?

Brüderle: La decisione se la Grecia debba rimanere nella zona Euro oppure no, deve essere presa ad Atene. Per noi liberali è chiaro, la Grecia alla fine dovrà mantenere le sue promesse. 

Il destinatario della solidarietà ha il dovere, di fare il possibile, per eliminare le cause della sua miseria. Se i greci non intendono farlo, devono assumersi le conseguenze. Grazie al fondo EFSF e al fondo ESM l'Europa è meglio attrezzata per una probabile uscita della Grecia dall'Euro di quanto non fosse due anni fa. Ma i fondi di salvataggio non sono lì, per finanziare la mancanza di riforme nei paesi in crisi.

martedì 31 luglio 2012

2.8 trilioni e il cerino in mano


Lentamente gli scricchiolii arrivano anche al di sopra delle Alpi e ci si comincia a chiedere a chi resterà in mano il famoso cerino dei crediti verso l'estero. La somma è gigantesca, 2.8 trilioni, e anche i tedeschi cominciano a temere per il crollo del ramo. Da FAZ.net

I salvataggi Euro sono sempre piu' costosi. Ma anche la forza della Germania non è illimitata. I primi segnali sono già visibili.

La scorsa settimana è iniziata con un terremoto, innescato da Moody's. Lunedi gli analisti hanno messo in dubbio se  la Germania - che fino ad ora godeva di piena fiducia - può ancora mantenere il rating "AAA". Mercoledi successivo un altro schock: l'indicatore piu' importante sulla congiuntura economica, l'indice IFO, è sceso in maniera significativa per la terza volta di seguito. E le aziende del DAX fino ad ora nemmeno sfiorate dalla crisi? Alla fine della scorsa settimana imprese come Siemens e MAN hanno presentato i dati con un certo imbarazzo. I bilanci mostrano che le Euro-eruzioni anche per loro non sono prive di conseguenze.

Rischi per le garanzie eccessive

Tutto insieme dà un quadro chiaro: anche il pilastro piu' forte nella euro costruzione prima o poi si incrina. Gli impegni per i salvataggi si rivelano sempre piu' una minaccia reale. E allo stesso tempo ci si pone la domanda: per quanto tempo ancora la Germania potrà sostenere il peso dell'Euro? E quando tutto crollerà?

Con tutte le incertezze degli scenari di crisi, solamente uno è sicuro: in caso estremo la Germania è responsabile, con una somma che fa sembrare il bilancio federale molto gracile. In caso di collasso Euro la Germania dovrebbe sborsare 771 miliardi di Euro, secondo i calcoli dell'Istituto Ifo di Monaco. A confronto: il ministero delle finanze ha solo 306 miliardi da ripartire.

La Grecia è un'arena secondaria

E' un calcolo che fa trasalire - ed è un importo che cresce costantemente. Ad esempio in Grecia, se Atene non potrà pagare i propri debiti, il costo per ogni tedesco sarebbe di almeno 1000 €, secondo il calcolo fatto dal ricercatore IFO Kai Carstensen. "Sarebbero necessari circa 89 miliardi di Euro, nel caso in cui la Grecia andasse in bancarotta, pur rimanendo nella zona Euro", ci dice Carstensen. Se la Grecia uscisse dalla moneta unica, alla Germania costerebbe 7 miliardi di Euro in meno. La parte principale del conto sono i miliardi con i quali la Germania garantisce per il fondo EFSF, e i debiti degli ellenici verso la BCE, per i quali anche i tedeschi sono responsabili.

Un errore viene commesso da chi considera questa somma come isolata - e la ritiene pertanto gestibile. Il semplice calcolo secondo cui il rapporto debito/pil tedesco crescerebbe solamente del 3.5 %, non va bene. Questa soluzione, ora che il governo può prendere a prestito a tasso vicino allo zero, sembrerebbe molto attraente: il fallimento greco costerebbe al governo tedesco solo un miliardo di Euro all'anno, basterebbe eliminare le prestazioni assistenziali come il Betreuungsgeld, e si potrebbe avere facilmente la somma a disposizione.

Ma la Grecia è diventata il luogo secondario della crisi. Il piu' grande pericolo per le immense somme con cui la Germania si è impegnata arriva dalla Spagna. Le pessime notizie che giungono dalle regioni fanno presagire che tutto il paese avrà bisogno della copertura del fondo di salvataggio. Ma potrebbe andare anche peggio: la settimana scorsa ha suscitato molto interesse un'analisi condotta da 17 economisti riconosciuti a livello internazionale. Hanno messo in guardia da un collasso dell'Euro, a cui l'Europa come anche la Germania sembrano andare incontro. I costi? Incalcolabili.

Crediti per oltre 2.8 trilioni di Euro

"Importanti fondi sovrani si stanno ritirando dall'Europa, la fiducia fra le banche sta diminuendo", ci dice Lars Feld, membro del Comitato di saggi per la valutazione dello sviluppo economico (Sachverständigenrats zur Begutachtung der gesamtwirtschaftlichen Entwicklung).  A meno di una inversione di tendenza immediata della politica, prima la Spagna e poi anche l'Italia dovranno essere salvate. "E sarà molto difficile da contrastare", dice Feld. Come prova ci mostra i dati. Da soli i due grandi paesi del sud Europa fino alla fine del 2013 dovranno reperire 750 miliardi di euro di denaro fresco. "Questo è troppo per il fondo EFSF e ESM", calcola Feld. Il limite di credito di entrambi i fondi è di circa 640 miliardi di Euro.

Se dovesse andare come il ricercatore di Freiburg teme possa andare, il conto dell'Euro per la Germania sarebbe davvero salato. In Germania, le imprese, le banche, i privati e lo stato hanno crediti per 2.8 trilioni di Euro verso i debitori della zona Euro, secondo i calcoli del consiglio dei saggi. Una somma piu' grande di quanto in un anno i tedeschi riescano a produrre. Feld :"Se l'euro dovesse dissolversi, una porzione non trascurabile di questi crediti andrebbe perduta".

Che cosa può fare la BCE

Quanto sarebbero grandi queste perdite, nessun ricercatore lo può dire. Dopo un crash dell'Euro i tassi di cambio dovrebbero essere definiti nuovamente, per molti paesi del sud questo renderebbe il rimborso del debito impossibile. Sugli accordi per il rimborso che si faranno con gli altri paesi, dipenderà molto dalle capacità negoziali della politica. Le conseguenze sarebbero drastiche, il ricercatore Feld ne è certo: "La situazione sarebbe peggiore di quella del dopo Lehman". Nel 2009 il PIL è caduto del 5.1 %. Se arrivasse il crash, le aziende di medie dimensioni vedrebbero a rischio il pagamento delle fatture e sarebbero insolventi. Le banche, che non hanno ancora recuperato dall'ultima crisi, si troverebbero in difficoltà. E sarebbe anche la fine dei tassi bassi da sogno e della forte crescita.

Quanto tempo resta alla Germania per evitare questa esplosione? "Può anche essere che si riesca a superare l'estate in una situazione di normalità, e a destreggiarsi per il mese di settembre", ci dice Feld. Ma la situazione potrebbe peggiorare anche molto rapidamente. "Fino alle prossime elezioni federali del settembre 2013 non potrà durare", teme Feld. Che la BCE contro il proprio mandato possa iniziare a finanziare in maniera duratura gli stati, Feld non la considera una buona idea. "La BCE non ha nessuna possibilità di imporre delle condizioni per il suo aiuto".

Solo allarmismo?

Il governo federale si rifugia in una politica di appeasement. Non ne vuol sapere degli allarmi dei ricercatori, si tratta di "uno dei tanti pareri degli esperti". I dati provenienti dai mercati sembrano confermare le valutazioni fatte fino ad ora. I tassi sul debito pubblico tedesco non hanno reagito agli avvertimenti di Moody's, il governo continua a credere fermamente, nonostante il cupo clima finanziario, alla previsione di crescita dello 0.7 %.

Se considerare gli avvertimenti come allarmismo, possa essere una strategia per il lungo periodo è abbastanza discutibile. " La crisi ora tocca anche l'economia reale", ci dice il capo economista della Commerzbank, Joerg Kramer. La previsione di crescita dell'1.3% per il prossimo anno sembra essere in discussione. Il motivo: il portafoglio ordini delle aziende è lontano dall'essere pieno come si sperava. Siemens nel secondo semestre, anche a causa della crisi Euro, ha dovuto registrare un arretramento degli ordini del 23%.

Christian Dreger, macroeconomista del DIW (Deutschen Institut für Wirtschaftsforschung), vede nell'industria dell'export il pericolo di una disoccupazione crescente. Diversamente da quanto accaduto nella relativamente breve crisi finanziaria, in futuro le imprese non saranno in condizione di ammortizzare una fase di crisi con il Kurzarbeit (riduzione dell'orario lavorativo). "Il periodi di recupero questa volta sarà molto lungo" avverte, "forse 10 anni".

domenica 29 luglio 2012

Meno di 8.5 € l'ora


TAZ.de ci ricorda le disuguaglianze salariali in Germania. I dati sono quelli appena pubblicati dallo Statistisches Bundesamt.

L'11% degli occupati guadagnano meno di 8.5 € l'ora. Ad essere colpite sono soprattutto le donne. Nella Germania dell'est la percentuale di lavoratori a basso salario è il doppio dell'ovest.

Circa l'11% di tutti gli occupati in Germania nel 2010 hanno guadagnato meno di 8.5 € all'ora. Nella maggior parte dei casi (46%) si tratta dei cosiddetti Minijobber o lavori a 400 €, secondo i dati forniti dallo Statistisches Bundesamt giovedì scorso. Un terzo (33%) erano occupati a tempo pieno, il 21% part time. Circa il 60% dei lavoratori a basso salario sono donne.

I dati arrivano dal rilevamento sulla struttura delle retribuzioni nelle imprese dell'industria manifatturiera e dei servizi con piu' di 10 dipendenti per l'anno 2010.

Nella Germania dell'Est oltre un quinto (22%) lavorava con un salario orario inferiore agli 8.5 €, sebbene la maggior parte siano occupati a tempo pieno. Nell'ovest il 10% dei lavoratori resta sotto questa soglia. Il gruppo piu' grande sono i Minijobber, principalmente donne e occupati senza formazione professionale.

La maggior parte degli occupati con un salario orario sotto gli 8.5 € lavorano nel settore manifatturiero (14%) e nel lavoro temporaneo (10%), oppure nella pulizia e nella cura (12%), nel commercio al dettaglio (10%) o nel settore alberghiero (9%).

sabato 28 luglio 2012

Indipendente o fuori controllo?

Anche la Süddeutsche Zeitung, quotidiano progressista di Monaco, lontano da Merkel e dalla CDU, attacca la decisione BCE: manca la legittimazione democratica. Un commento di Nico Fried, su Süddeutsche Zeitung.


La BCE si impegna a sostenere l'Euro. I mercati si aspettano che inizi a comprare titoli al piu' presto. Ma questa decisione non è legittimata democraticamente.


Guardi qui, Herr Draghi. Da due anni ormai la politica tedesca soffre sotto la crisi Euro. Il Bundestag ha deciso un primo pacchetto di salvataggio per la Grecia, un secondo salvataggio greco, un fondo EFSF, un allargamento dell'EFSF, un Fiskalpakt, un fondo di salvataggio permanente, e poi miliardi di aiuti per le banche spagnole. Tutto rapidamente, e ciò alimenta il dubbio: i deputati sanno esattamente quello che stanno facendo?  Anche la Corte costituzionale sta esaminando se i provvedimenti approvati sono compatibili con la Costituzione. La democrazia parlamentare ha raggiunto i suoi limiti.

In questa situazione entra in scena il presidente della BCE Mario Draghi. A Londra dichiara che la BCE farà, all'interno del proprio mandato, tutto il possibile per salvare l'Euro. I mercati festeggiano, e il sollievo è ben visibile nei corsi obbligazionari in crescita. Un "Draghi ex Machina" con poche parole lascia evaporare molte preoccupazioni. E la sua affermazione non dovrebbe essere una bella notizia per i tedeschi e per la politica tedesca. Niente affatto!

Situazioni speciali hanno bisogno di misure speciali. La BCE ha già acquistato oltre 200 miliardi di debito pubblico, per ridurre i rendimenti sui titoli dei paesi in difficoltà  -  e per sollevare la politica da questo compito. Le misure di salvataggio, che altrimenti sarebbero state necessarie, non potevano essere messe in piedi in tempi brevi e sarebbero state politicamente inaccettabili. Indirettamente la BCE contribuisce al finanziamento dei paesi in crisi, operazione proibita dai trattati. E' come un tacito accordo fra banca centrale e politica: voi agite in una zona grigia, e noi in questo modo guadagniamo tempo e non diciamo nulla.

Il Parlamento non è stato consultato

La BCE ha il compito di difendere il valore del denaro. Ed è indipendente. Queste erano anche le condizioni elementari, per le quali i tedeschi hanno accettato di rinunciare al D-Mark. Il trauma dell'inflazione in questo paese è molto profondo. Ma che cosa succede se Draghi interpreta i limiti del mandato BCE in maniera diversa? E dove risiede esattamente il confine fra indipendente e fuori controllo? 

La Germania garantisce per le banche spagnole, in caso estremo, con 30 miliardi di euro - soprattutto con la legittimazione democratica del Bundestag, che pochi giorni fa ha preso questa decisione non certo in maniera leggera. Per i titoli di stato in mano alla BCE, la Germania garantisce coerentemente con la sua quota: circa 40 miliardi di Euro. Per questo nessun membro del Parlamento ha dato il suo consenso. 

Il Parlamento non è stato interrogato. Per quanto auspicabile possa essere una soluzione della crisi - un salvataggio attraverso la BCE non solo è difficile da calcolare nei suoi costi. Sarebbe di fatto anche un salvataggio al di là dei diritti democratici di partecipazione, per i quali il parlamento nel nome del contribuente, negli ultimi 2 anni ha combattuto. Il primato della politica dovrebbe essere difeso contro ogni banca, anche contro la banca centrale.