Der Spiegel sull'ascesa e il declino di una banca che voleva conquistare il mondo e che invece rischia di affondare per le cause legali e per i troppi rischi. Da spiegel.de
I peccati del passato hanno raggiunto Deutsche Bank, ora la banca deve preoccuparsi per il suo futuro. Come un rispettato istituto di credito si è trasformato prima in una centrale del gioco d'azzardo e poi in un cumulo di macerie.
Era il 1989, l'anno che ha cambiato non solo il destino della Germania, ma anche quello di Deutsche Bank. Al vertice della prestigiosa banca c'era Alfred Herrhausen. Un manager brillante e carismatico che si immischiava volentieri nelle grandi discussioni politiche e sociali del tempo. Lo stesso Kohl si faceva consigliare dal manager.
Herrhausen ha per Deutsche Bank una grande visione: deve diventare internazionale e scrollarsi di dosso la reputazione di banca burocratica e polverosa. Fra i tradizionalisti della banca incontra pero' poco entusiasmo. Nelle torri di Francoforte si mormora.
Herrhausen non è uno sciocco. Insieme ai consulenti d'impresa di McKinsey e a Roland Berger ha sviluppato un nuovo concetto di business per l'ingresso nell'investment banking. Con i libretti di risparmio e le tradizionali attività di prestito non si guadagnano abbastanza soldi. D'ora in poi la banca dovrà entrare nel business delle grandi acquisizioni e nel trading sui mercati azionari mondiali. "Quello che noi ammiriamo e che non possediamo è la cultura degli affari anglosassone", diceva Herrhausen. Il 27 novembre 1989 Deutsche Bank annuncia l'acquisizione della banca britannica Morgan Grenfell per 2.7 miliardi di Marchi. Tre giorni più' tardi Herrhausen muore in seguito ad un attentato della RAF mentre stava andando ad una riunione del board.
Con l'acquisizione di Morgan Grenfell inizia per Deutsche Bank un conflitto culturale che sarebbe durato per decenni. Fra i banchieri conservatori di Francoforte, gli affaristi anglosassoni non sono molto popolari. Molti non capiscono nemmeno la loro lingua. E con i nuovi arrivati, arriva anche il primo scandalo. Un giovane manager ha giocato d'azzardo. La banca deve risarcire i clienti.
I successori di Herrhausen, Hilmar Kopper e Rolf Breuer, portano avanti il nuovo corso. Nel 1995 Kopper porta a Deutsche Bank una stella: Edson Mitchell arriva dalla banca americana Merrill Lynch - e porta con sé un'intera squadra di 50 trader. Fra loro un giovane indiano, Anshu Jain, che già allora era considerato un giovane talento. Mitchell assume la direzione del reparto commerciale di Deutsche Bank nel vecchio edificio di Morgan-Grenfell a Londra. Come si diceva allora, guadagna piu' soldi lui di tutto il consiglio di amministrazione.
Kopper e Breuer vogliono di più' pero': vogliono andare a New York - nel cuore del nuovo capitalismo finanziario. Nel 1999 raggiungono l'obiettivo. Deutsche Bank acquista per 17 miliardi di marchi la banca di investimento statunitense Bankers Trust. Un prezzo alto per una banca che nel giro di Wall Street è conosciuta come una "centro per il gioco d'azzardo".
Per Deutsche Bank inizia una nuova era. La metà dei quasi 100.000 dipendenti ora lavora all'estero. Il 4 di giugno la banca festeggia l'acquisizione davanti alle torri della sede di Francoforte con lo sloglan "Let's go global". "Pirotecnici americani hanno lanciato verso il cielo razzi di coriandoli, la birra americana Miller è finita alla svelta", raccontava Der Spiegel - e cita un investment banker, soddisfatto per il nuovo equilibrio di potere nel board: "ora siamo in maggioranza".
Deutsche Bank è ora la più' grande del mondo. Il suo bilancio ha raggiunto quasi 900 miliardi di Euro.
Nel 2000, l'anno dopo l'acquisizione, registra un utile di quasi 5 miliardi di Euro. Circa la metà arriva dall'investment banking, divisione guidata da uno svizzero emergente: Josef Ackermann.
Nel 1998 ha fatto un patto con Edson Mitchell, il leader dei banchieri di investimento, e si è cosi' assicurato il sostegno della principale divisione del gruppo. O almeno cosi' scrive il giornalista Georg Meck nel suo libro "The Deutsche: Investment banker an der Macht". Meck cita Ackermann: "ho dato agli investment banker la sensazione di essere a casa in Deutsche Bank".
Nel 2002 Ackermann diventa CEO - con l'aiuto degli investment banker. Porta avanti l'espansione della banca e nel 2007 Ackerman batte tutti i record. Nel 2007 è all'apice: durante la conferenza stampa annuale presenta orgoglioso un utile di oltre sei miliardi di Euro. Oltre il 70% arriva dall'investment banking, di cui nel frattempo Anshu Jain è diventato il capo.
Jain è considerato un genio. Soprattutto nelle vendite e nel trading è difficile battere Deutsche Bank. Nessun'altra banca al mondo tratta ogni giorno cosi' tante obbligazioni e valuta. Ma anche nella negoziazione dei titoli ipotecari statunitensi, Deutsche Bank brilla. Da lontano si sentono già i primi tuoni della tempesta in arrivo, la più' grande crisi finanziaria di tutti i tempi. Ma a quanto pare il CEO Ackermann non ha sentito nulla. "Per l'economia globale e per il settore finanziario ho delle buone sensazioni", diceva allora.
Puo' anche essere che i buoni presentimenti arrivassero dal suo portafoglio. Con l'investment banking anglosassone si è diffusa anche la cultura dei bonus. Gli stipendi sono cresciuti rapidamente. Nel 2006 Ackermann incassa piu' di 13 milioni di Euro. Per fare un confronto: nel 1988 l'intero board composto da 12 consiglieri riceveva 14.8 milioni - e allora erano ancora D-Mark.
Nel maggio 2007 il prezzo delle azioni della banca tedesca raggiunge il massimo di 102 € . Da li' inizia la discesa.
Negli Stati Uniti crolla il mercato immobiliare. In estate in Germania le prime banche iniziano a tremare. La piccola banca di Duesseldorf IKB deve essere salvata dal collasso. Aveva acquistato in massa titoli ipotecari americani - tra gli altri anche da Deutsche Bank. Tuttavia Ackermann vuole passare come un gestore della crisi. Durante una riunione del settore finanziario a Francoforte il presidente delle Sparkassen Heinrich Haasis è alquanto irritato. Si chiede perché a consigliare sulle misure antincendio sia stato messo "chi fino ad ora ha raccolto la legna da ardere guadagnandoci un bel po' di soldi".
Anche Deutsche Bank viene tuttavia colpita dalla crisi. Ma apparentemente è uno dei pochi istituti ad attraversare la tempesta senza danni particolari. Mentre molte banche sono state salvate dalla rovina, Ackermann si permetteva di affermare: "mi vergognerei se per la crisi dovessimo aver bisogno di denaro pubblico", dichiarava a Der Spiegel. Già nel 2009 la banca tedesca raggiungeva quasi 5 miliardi di Euro di utile.
La fattura piu' grande pero' arriva con un po' di ritardo. Dopo aver superato il picco della crisi finanziaria, parte il contrattacco della politica e delle autorità di regolamentazione. Gli errori del passato devono essere espiati. E almeno qualche miliardo speso per salvare le banche deve tornare indietro.
Seguono azioni legali, processi e commissioni di inchiesta per elaborare la crisi. E presto si scopre che Deutsche Bank era ovunque gli affari non fossero puliti. Che si tratti di manipolazione dei tassi di interesse, del corso delle valute o della negoziazione di titoli ipoetacari - Deutsche Bank deve pagare. E che cosa ha imparato?
Nella primavera 2012 Josef Ackermann dopo 10 anni alla guida della banca si ritira. Per la sua successione c'è una rissa. Ackermann avrebbe volentieri come suo successore l'ex presidente di Bundesbank Axel Weber - un uomo che in maniera credibile avrebbe potuto fare pulizia e annunciare un nuovo corso.
Ma Ackermann perde la lotta di potere interna. Invece di Weber sale al vertice Anshu Jain - il geniale giocatore d'azzardo che ha guidato l'investment banking per molti anni e nelle cui aree di responsabilità sono nati quasi tutti gli scandali.
La banca ha cercato di far passare questa scelta come una mossa brillante. Secondo il motto: solo chi ha smontato la macchina può' essere capace di rimontarla correttamente. Per non compromettere l'immagine pubblica con troppa sfacciataggine, Jain si mette accanto Jürgen Fitschen, un rispettabile banchiere appartenente alla vecchia scuola, molto apprezzato dai clienti, che in seguito parlerà spesso di un cambiamento culturale nella banca. Jain al contrario parlerà principalmente di continuare a giocare con i piu' grandi player del mondo. Come se la crisi finanziaria non ci fosse mai stata.
Il piano non funziona. Affiorano sempre più' scandali, sempre più' vicini a Jain. La banca deve accantonare solo fra il 2012 e il 2015 più' di 12.7 miliardi di Euro per contenziosi legali. I profitti sono divorati dalle sanzioni. La sola cosa a restare alta sono gli stipendi.
Nell'assemblea del 2015 gli azionisti piu' potenti prendono le distanze da Jain. Poche settimane piu' tardi Jain si dimette. Il fossato fra la sede centrale di Francoforte e le banche di investimento a Londra e New York è profondo come mai fino ad ora.
Il successore di Jain è Joh Cryan, un britannico, roccioso, che finalmente dovrebbe fare pulizia. E la sta facendo. Secondo alcuni anche un po' troppo. Cryan si è lamentato per le condizioni della banca, per il sistema IT scadente e per i bonus alti. Ha fatto svalutare rami di azienda che in bilancio avevano un valore troppo alto - fra questi Bankers Trust. Il risultato è stato una perdita di 6.8 miliardi di Euro - la più' alta nei 145 anni di storia di Deutsche Bank.
Cryan sta lottando. Ha ereditato un mucchio di rovine - e fino ad ora non ha presentato un piano convincente per poterle trasformare in una banca.
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