Le elezioni in Austria e il referendum in Italia hanno avuto un esito diverso, ma le conseguenze di entrambi i voti saranno molto serie. E' da sciocchi non capire che la costruzione europea senza misure drastiche e immediate potrebbe crollare.
Quando la terra trema, si possono sentire gli effetti anche a migliaia di chilometri. Le scosse di assestamento sono solitamente meno intense. Quando a tremare è la politica, avviene spesso il contrario: gli effetti immediati sono piccoli, ma le scosse di assestamento hanno effetti devastanti.
Ieri ci sono stati due terremoti politici. Il primo, a nord delle Alpi, è stato un piccolo terremoto, e poi più' a sud un terremoto la cui intensità non può' essere ancora misurata sulla scala Richter. In Austria ha preso il 48 % dei voti il rappresentante di un partito che considera il sud-Europa una unica regione in bancarotta il cui solo obiettivo sarebbe quello di sfilare denaro dalle tasche del ricco e produttivo nord. Molti "buoni europei" oggi si rallegrano del fatto che il rappresentante di questo partito non abbia raggiunto il 51% e vedono le prime luci alla fine del tunnel populista. Non vogliono ammettere pero' che la luce potrebbe essere un treno che viaggia nella direzione opposta.
In Italia, il primo ministro che poteva essere considerato come l'ultima speranza europea, ha perso in maniera clamorosa un voto referendario. Sebbene non fosse mai stato eletto, Renzi era la personificazione dell'auspicio "tutto andrà bene" con cui la politica del nord cercava di imbalsamarsi per non percepire il puzzo di marcio che invece si stava diffondendo. Renzi ha cercato di opporsi all'egemonia tedesca, ma è rimasto nell'ambito del simbolico. Si è dato da fare sul percorso delle "riforme strutturali", probabilmente senza capire che erano un errore, anche senza il voto negativo degli elettori.
Il nord ora si augura una "tecnocratizzazione" dell'Italia guidata da uomini che ovviamente possano capire meglio di un governo eletto cosa c'è da fare per evitare il collasso della casa europea. Ma che tipo di professionisti vorremmo avere? Esperti in materia di "riforme strutturali" che riportano il paese alla crescita anche contro la logica macroeconomica? Si sta pensando forse ad esperti come il Ministro delle Finanze Padoan, che da ex rappresentante del FMI e capo economista dell'OCSE sa esattamente cosa si deve fare per riformare un paese sul lato dell'offerta? C'è bisogno di un'agenda radicalmente neo-liberale alla François Fillon per rendere il paese nuovamente competitivo?
Quello che non si riesce a capire né in Italia né in Francia (e lo dico consapevolmente dopo le esperienze dolorose delle settimane passate) è il fatto che la Germania, dall'inizio dell'unione monetaria, con la sua politica ha bloccato questa possibilità. La sola possibilità di riformare con successo un paese sul lato dell'offerta consiste nel migliorarne la competitività e quindi nel mercantilismo e nelle politiche di beggar-my-neighbour. Ma è esattamente quello che la Germania da molto tempo con il suo mercantilismo ha reso impossibile. Perché il vantaggio assoluto che la Germania ha surrettiziamente conquistato con il suo dumping salariale è cosi' grande che nessun paese (ad eccezione dell'Irlanda, un paese decisamente atipico) puo' migliorare la sua posizione competitiva senza dover passare dall'inferno dei massicci tagli salariali, della recessione e della disoccupazione. Chi prova a farlo dal centro dello spettro politico, alle elezioni successive viene immediatamente ed irrevocabilmente punito dalle forze nazionaliste a destra.
La Germania, con la sua insistenza sulle regole del patto di stabilità e crescita, per ragioni puramente ideologiche, blocca ogni tentativo di uscita dalla crisi sul lato della domanda.
La via di uscita dalla crisi europea porta direttamente al nazionalismo. Per questo non è esagerato dire che la Germania è direttamente responsabile del nazionalismo nel sud-Europa. Del nazionalismo del nord è responsabile solo indirettamente: soprattutto per aver mentito ai tedeschi raccontando che il sud pigro dipende dai trasferimenti del nord, aprendo quindi la strada ai partiti di destra.
Ora si deve guardare a come i politici e i media tedeschi, in considerazione di questi fatti, gestiranno la questione europea e le responsabilità tedesche. In questo modo potremo capire qual'è il livello di confusione in Europa. Unire i punti che permettono alla politica di fare qualche passo nella giusta direzione è un compito molto difficile. Il terremoto italiano e l'ascesa del nazionalismo austriaco con un po' piu' di lungimiranza potevano essere evitati. Ma la lungimiranza e la comprensione non sono cio' che ci si puo' aspettare dal sistema politico, mediatico ed accademico in Germania ed in Europa.
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