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giovedì 22 settembre 2016

La Bundesbank difende Draghi

Nell'ultimo bollettino mensile Bundesbank analizza gli effetti redistribuivi della politica monetaria della BCE. Secondo la banca centrale tedesca i tassi a zero non sono necessariamente un favore ai ricchi, ci sarebbero effetti positivi anche per i redditi piu' bassi. Un riassunto da bundesbank.de, per l'analisi completa qui
L'obiettivo della politica monetaria dell'Eurosistema è una moneta stabile. La redistribuzione dei redditi e dei patrimoni all'interno della società è un compito della politica. Nonostante questa chiara divisione dei compiti, le banche centrali dell'Eurosistema sono state accusate di favorire la disuguaglianza nella redistribuzione della ricchezza all'interno della società. "Nel dibattito pubblico i programmi di acquisto delle banche centrali sono considerati responsabili dell'aumento di valore di alcune voci dell'attivo, come gli immobili e le azioni, che nelle dinamiche di redistribuzione sono associate ai patrimoni di grandi dimensioni", si dice nel rapporto mensile. Questa conclusione secondo gli economisti di Bundesbank è avventata.

I critici escludono la possibilità di una riduzione della disuguaglianza

In primo luogo per i critici le misure dell'Eurosistema avrebbero effetti esclusivamente sull'aumento del valore dei patrimoni, ma non ad esempio sulla congiuntura e sul mercato del lavoro. Se le misure di politica monetaria migliorano le condizioni del mercato del lavoro, diminuisce il rischio di restare disoccupato. I lavoratori poco qualificati, e le famiglie piu' povere ne possono approfittare, dato che i membri di queste categorie di solito rischiano di perdere il lavoro non appena la situazione economica peggiora. Il miglioramento delle condizioni del mercato del lavoro potrebbe potenzialmente ridurre le disuguaglianze distributive. 

Gli effetti redistribuivi nel tempo possono cambiare

Molti studi non considerano che gli effetti della politica monetaria agiscono attraverso differenti canali e in tempi diversi. Il prezzo delle azioni, la cui crescita va di solito a vantaggio delle famiglie piu' ricche, reagisce in maniera indiretta alle misure di politica monetaria. Anche gli effetti della politica monetaria sull'occupazione sono d'altra parte visibili solo dopo un certo periodo di tempo. Ed è possibile che ad approfittarne siano le famiglie piu' povere. Secondo gli autori, gli effetti redistribuivi delle misure straordinarie di politica monetaria possono modificarsi nel corso del tempo. "Misure che in un primo momento possono avere effetti redistribuivi verso l'alto, potrebbero in una fase successiva avere un effetto opposto", scrivono gli esperti Bundesbank. Inoltre, i critici non possono sapere, come si sarebbe sviluppata la situazione se le misure di politica monetaria non fossero state adottate.

L'effetto complessivo sulla distribuzione della ricchezza non è chiaro

Sulla base delle ricerche attuali gli economisti della Bundesbank hanno studiato gli effetti redistribuivi delle misure straordinarie di politica economica dell'Eurosistema. Le misure straordinarie di politica monetaria, nel breve termine, potrebbero aver fatto aumentare la diseguaglianza attraverso un aumento del valore dei patrimoni, secondo gli esperti Bundesbank. L'effetto di medio e lungo termine per il momento non è chiaro, poiché questo dipende in modo significativo dai processi generali di aggiustamento dell'economia in risposta alle politiche monetarie.

Nella distribuzione dei redditi le misure straordinarie di politica monetaria potrebbero aver portato ad una riduzione delle disuguaglianze. Studi empirici recenti negli Stati Uniti e nel Regno Unito mostrano che un taglio dei tassi di interesse può' ridurre le disparità di reddito. Per raggiungere questo obiettivo è stato fondamentale il calo dei tassi e la conseguente riduzione della disoccupazione. "Una riduzione delle disparità di reddito a seguito delle misure straordinarie di politica monetaria sembra probabile, purché le misure straordinarie almeno negli elementi essenziali non abbiano sulla redistribuzione gli stessi effetti delle politiche tradizionali", concludono gli economisti di Bundesbank.

martedì 12 novembre 2013

Sinn: il boom immobiliare tedesco durerà a lungo

Questa volta Hans Werner Sinn dalle colonne della conservatrice WirtschaftsWoche ci spiega che il boom immobiliare tedesco durerà ancora a lungo: almeno fino a quando i sud-europei avranno il controllo della BCE. H.W. Sinn da WirtschaftsWoche
I prezzi degli immobili in Germania negli ultimi anni sono cresciuti. Non possiamo tuttavia parlare di una bolla speculativa. Se facciamo un confronto internazionale, il mercato immobiliare tedesco non puo' essere considerato sopravvalutato. E fino a quando la BCE manterrà la sua politica dei bassi tassi di interesse, gli immobili resteranno un buon investimento.

Nel maggio e nel giugno 2010, al culmine della crisi Euro, in una delle mie colonne su WirtschaftsWoche, avevo già previsto un boom nel settore delle costruzioni: gli investitori tedeschi infatti non avevano piu' fiducia nei mercati esteri. Nessuno allora mi aveva creduto. Ci sono voluti mesi affinché considerazioni simili provenienti da altre fonti fossero prese sul serio.

Ora è evidente: il boom è arrivato. Dalla metà del 2010 fino alla metà del 2013 i prezzi sono saliti del 9%. L'occupazione nel settore delle costruzioni è cresciuta dell'1.5%, gli investimenti sono cresciuti del 4.2%. Gli ordinativi per la costruzione di nuove abitazioni sono cresciuti del 36%. Il numero di abitazioni completate nel 2012 è stato del 25% superiore rispetto al 2010. I prezzi per l'acquisto di case nuove sono cresciuti, soprattutto nelle grandi città. A Berlino in questi 3 anni sono cresciuti di quasi il 40%, ad Amburgo, a seconda del tipo di abitazione dal 17 al 40%, a Stoccarda di circa il 25%, a Monaco fra il 20 e il 35% e a Colonia fra il 14 e il 17%.

La Bundesbank mette in guardia

La Bundesbank ha recentemente messo in guardia da un surriscaldamento del mercato. L'aumento dei prezzi, soprattutto nelle aree urbane, "è difficile da giustificare", scrive nel suo rapporto mensile di ottobre e mette in guardia da possibili "e tangibili perdite patrimoniali", sebbene nel giudizio complessivo non rilevi alcuna sopravvalutazione.

Il boom è già finito? E' stata solo una fiammata temporanea? Io non credo. Diversi indicatori suggeriscono che il boom sta proseguendo. Uno dei piu' importanti è l'indice degli ordini ricevuti dagli architetti, che l'istituto IFO raccoglie e pubblica su base trimestrale. Sono tornati al livello del 1994/1995. All'epoca il boom che aveva seguito la riunificazione iniziava a raffreddarsi, anche se restava ancora forte. Negli ultimi 18 anni gli architetti non avevano mai avuto cosi' tanti ordini come adesso.

Non credo percio' ad una imminente fine del boom edilizio: le bolle immobiliari prima di scoppiare si gonfiano per circa 15 anni. L'ultimo boom immobiliare tedesco è durato dai primi anni '80 fino alla metà del decennio successivo. L'ultimo boom immobiliare americano è durato dalla fine degli anni '90 fino al 2007. Il boom immobiliare spagnolo si è protratto dalla metà degli anni novanta fino alla crisi Lehman del 2008. In ogni caso, non tutti i boom immobiliari si trasformano in una bolla che esplode. Spesso i prezzi raggiungono un determinato livello e li' rimangono per un po'. E anche se alla fine i prezzi iniziano a scendere, i primi 10 anni di crescita e di formazione della bolla sono alquanto piacevoli.

Inoltre, la crescita del prezzo degli immobili in Germania negli ultimi anni è stata sensibilmente piu' bassa rispetto a quanto accaduto nella maggior parte dei paesi oggi in crisi. Dal 1997 fino al 2000, il boom immobiliare causato dall'introduzione dell'Euro ha fatto aumentare i prezzi degli immobili francesi del 19%, in Spagna del 24% e in Irlanda addirittura dell'82%.

Negli anni precedenti, fra il 2000 e il 2007, i prezzi degli immobili tedeschi - anche se con differenze - hanno continuato a scendere, mentre in molti altri paesi europei stavano addirittura esplodendo. La necessità di una loro risalita è percio' ben fondata. I prezzi tedeschi nel confronto internazionale non sono particolarmente alti. Cosi' ad esempio i prezzi delle abitazioni in una metropoli come Francoforte sono piu' bassi rispetto a Barcellona, e naturalmente nessuna città tedesca regge il confronto con Parigi o Londra.

Questi sono i punti di riferimento che ogni investitore immobiliare dovrebbe tenere bene in considerazione. Le probabilità di fare un affare oggi non sono cosi' alte come potevano essere due anni fa. Tuttavia ci sono oggetti immobiliari che se scelti con intelligenza, in zone che attraggono nuovi abitanti, hanno buone opportunità di rivalutazione nel  futuro prossimo.

Nessuna inversione di tendenza

Naturalmente dobbiamo prendere sul serio l'avvertimento della Bundesbank. Ma si tratta piuttosto di un tentativo psicologico di frenare il mercato in anticipo. Che merita rispetto. Non bisogna pero' interpretare il segnale della Bundesbank come un consiglio di investimento all'interno di una economia di mercato. Mi aspetto una inversione di tendenza quando la BCE cambierà la sua politica dei bassi tassi. L'aumento dei costi di finanziamento potrebbe fermare il boom immobiliare. Ma fino a quando l'Euro esisterà, non potrà accadere, perché i costruttori hanno dei potenti alleati fra i rappresentanti della banca centrale espressi dai paesi super-indebitati del sud. Questi governatori siedono nel board BCE e faranno in modo che la stampa di denaro prosegua a pieni giri. A tal proposito non bisogna avere alcun timore per il valore dei propri immobili, almeno fino a quando i paesi del sud resteranno nella moneta unica.

lunedì 11 novembre 2013

Hans Werner Sinn: i tassi bassi sono un esproprio del risparmiatore tedesco

Hans Werner Sinn torna a parlare dei saldi Target e dei bassi tassi di interesse: la BCE con la sua politica sta espropriando i risparmiatori tedeschi, ormai la sua condotta è in contrasto con la costituzione tedesca. Da FAZ.net
E' la Germania a trarre i maggiori vantaggi dai crediti Target? Il mio collega Marcel Fratzscher del Deutsches Institut für Wirtschaftsforschung (DIW) ne è convinto. La sua affermazione mi ha spinto ancora una volta a prendere una posizione sulla questione Target - due anni e mezzo dopo aver scritto il mio primo contributo sulla FAZ, dando il via ad un dibattito non solo scientifico.

Prima di tutto, mi fa piacere che sia finita la fase in cui i politici tedeschi potevano ignorare la questione dei crediti Target liquidandoli come "saldi irrilevanti". E' ormai pacifico che i saldi Target rappresentano un rifinanziamento supplementare che la BCE ha fornito ai paesi in crisi, dopo aver abbassato il rating necessario per l'accettazione delle garanzie. Si tratta quindi di prestiti a carattere pubblico utilizzati per pagare i disavanzi delle partite correnti, rimborsare i debiti esteri, acquistare titoli, immobili e aziende in altri paesi. Cio' che in passato veniva finanziato dal credito privato, è stato sostituito dai prestiti della BCE.

Le banche dei paesi creditori hanno depositato il denaro in eccesso presso le banche centrali, in cambio di un tasso di interesse, e in questo modo hanno dato il via al ciclo. Le banche centrali  prestatrici accumulano un credito nei confronti dell'Euro-sistema, mentre le banche centrali dei paesi che hanno preso a prestito denaro aggiuntivo accumulano un debito per un importo corrispondente. L'80% della base monetaria dell'Eurosistema è stata creata dalle operazioni di mercato aperto delle banche centrali dei sei paesi in crisi (Grecia, Italia, Portogallo, Spagna, Irlanda, Cipro), sebbene questi paesi rappresentino solo un terzo della forza economica della zona Euro. Della stessa dimensione è la quota di reddito da interessi che l'Eurosistema ha generato nei paesi in crisi e poi redistribuito ai ministeri delle finanze dei vari paesi membri, secondo le dimensioni del paese. In Germania tutti gli interessi trasferiti dalla Bundesbank al ministero delle finanze arrivano dall'estero.

La macchina per stampare denaro è stata data in prestito

Una metafora delle operazioni di pagamento elettroniche che si nascondono dietro i saldi Target potrebbe essere la seguente: il sud-Europa si stampa il denaro di cui ha bisogno per poter comprare beni nel nord-Europa e per onorare i vecchi debiti. E' un po' come se il nord avesse prestato al sud una macchina per stampare denaro.

L'aver prestato la macchina stampa-denaro comporta pero' notevoli rischi. Se l'Euro dovesse disintegrarsi, i saldi Target svanirebbero nell'aria, mentre i titoli di debito, i beni patrimoniali e i beni di consumo, acquistati all'estero con il denaro trasferito, resterebbero naturalmente all'estero. 

Ma che cosa si è finanziato con questi crediti speciali usciti dalla macchina stampa-denaro? Secondo Marcel Fratzscher, i crediti Target tedeschi, che oggi ammontano a 570 miliardi di Euro, sarebbero nati soprattutto in seguito al rientro in patria di circa 400 miliardi di Euro dal mercato dei capitali privato, sostituiti dal credito delle banche centrali ai paesi in crisi. Egli parla di "auito per la fuga", poiché senza questo denaro i paesi in crisi non avrebbero potuto finanziare il rientro dei capitali.

Diverse interpretazioni dei fatti

L'interpretazione dell'aiuto alla fuga, che il mio collega Timo Wollmershäuser ed io abbiamo già sottolineato nelle nostre pubblicazioni scientifiche sul tema Target, descrive tuttavia effetti che nello sviluppo della crisi sono emersi solamente in alcuni paesi in crisi. Non chiarisce pero' la crescita dei saldi Target tedeschi, e se anche la spiegasse, non sarebbe stato compito della BCE difendere le banche tedesche da eventuali perdite. Tali misure di politica fiscale sono di competenza del Ministero delle Finanze e non del consiglio BCE.

Il DIW riferisce che circa 400 miliardi di Euro sono rientrati dai paesi in crisi verso la Germania. Sono cifre simili a quelle dell'Istituto IFO, che il DIW molto gentilmente cita. Si tratta tuttavia di un importo lordo, come indicato anche da Fratzscher. Se guardiamo alla cifra netta, gli investitori privati, secondo i dati, avrebbero fatto rientrare in Germania dai paesi in crisi molto meno (secondo i calcoli incompleti del DIW circa 200 miliardi di Euro netti), poiché gli investitori privati dei paesi in crisi hanno fatto l'operazione opposta ritirando i loro capitali dalla Germania. Se le operazioni opposte si fossero saldate a vicenda, le banche dei paesi in crisi non avrebbero avuto bisogno di stampare del denaro aggiuntivo e non avremmo avuto i saldi Target.

Ma il saldo rimanente, anche dopo questo calcolo, non è comunque dovuto ai capitali rientrati dai paesi in crisi e in seguito usciti di nuovo verso altre aree del mondo. Facendo la somma dei 5 anni di crisi, 2008-2012, nonostante il rientro temporaneo, secondo la bilancia dei pagamenti della Bundesbank, la Germania ha esportato 170 miliardi netti di capitale privato, vale a dire crediti erogati verso l'estero, oppure denaro trasferito per l'acquisto di beni di investimento all'estero. Nel complesso, i flussi di capitale privato emersi durante la crisi, di per sé non avrebbero condotto ad una crescita, ma ad una riduzione dei saldi Target.

Dietro la crescita dei saldi Target tedeschi, non c'è il rimborso dei prestiti tedeschi da parte degli stranieri, come ipotizzato da Fratzscher, piuttosto l'export netto di beni pagato con il denaro fresco di stampa proveniente dai paesi importatori. L'avanzo delle partite correnti tedesche fra il 2008 e il 2012, pari a 798 miliardi di Euro, è stato finanziato per tre quarti dai saldi Target (585 miliardi di Euro), mentre gli altri 183 miliardi sono rappresentati da un flusso di capitali privati oppure di natura pubblica. Si tratta di un deflusso di capitali privati pari a 170 miliardi di Euro e un piccolo credito pubblico concesso sotto forma del primo pacchetto di salvataggio greco. E' stata la Bundesbank a fare la parte del leone nel finanziare gli avanzi delle partite correnti tedesche. I crediti concessi alle altre banche centrali dell'Eurosistema, riflessi nelle eccedenze delle partite correnti, invece di essere investiti sui mercati esteri, sono tornati presso le stesse banche. Le banche tedesche hanno rimborsato i prestiti per il rifinanziamento ricevuti dalla Bundesbank, ed hanno riversato il denaro nei depositi a termine.

Che i crediti Target tedeschi siano emersi grazie agli avanzi commerciali non significa necessariamente che i debiti Target dei paesi in crisi possano essere spiegati interamente dai loro disavanzi di conto corrente. Dietro la crescita dei crediti Target tedeschi c'è una struttura molto piu' complessa, a cui hanno partecipato diversi paesi. Mentre il nesso fra debiti Target e partite correnti è molto forte in Grecia e Portogallo, per Italia, Spagna e soprattutto Irlanda in primo piano c'è la fuga dei capitali, che non necessariamente sono rientrati in Germania. Cosi la pressa per stampare denaro prestata a questi paesi, ad esempio, ha aiutato gli investitori britannici, che erano stati in grado di fornire credito americano per l'acquisto di auto tedesche.  In questo caso i debiti Target nei paesi in crisi e i crediti Target della Bundesbank sono cresciuti senza che ci fosse un rientro dei capitali verso la Germania. La Bundesbank in questo caso con i suoi crediti puo' aver aiutato la fuga dei capitali, ma senza aiutare gli investitori tedeschi, piuttosto quelli di paesi terzi.

Ora come in passato i paesi del sud sono ancora troppo cari e molto lontani dall'essere di nuovo competitivi

Considerare i saldi Target come un aiuto per la fuga dei capitali è solo una delle possibili interpretazioni. Ai tempi della crisi Lehman poteva avere un senso, visto che i credi Target hanno aiutato a superare la crisi di liquidità della zona Euro. Poi le cose pero' sono andate in maniera diversa. Quando l'economia mondiale nell'inverno 2009/2010 era in crescita e il mercato interbancario era di nuovo in piedi, la maggior parte dei paesi in crisi poteva accedere al mercato dei capitali, ma ad un tasso maggiore rispetto a quanto erano abituati a fare: il mercato prezzava un rischio insolvenza e chiedeva un corrispondente premio al rischio. In questa situazione il board BCE ha deciso di azionare la pressa per stampare denaro abbassando i requisiti di sicurezza necessari per il rifinanziamento e dando la possibilità alle banche centrali dei paesi in crisi di erogare credito ad un tasso inferiore rispetto a quello fissato dai mercati. La BCE ha offerto alle banche dei paesi in crisi una combinazione di crediti di diversa durata (prima fino ad un anno, poi fino a 3 anni), diversi tassi (1%, poi solo lo 0.5%) e garanzie diverse (ad esempio l'accettazione di titoli ABS non commerciabili oppure titoli di stato con lo status di Junk). Le banche dei paesi ancora in salute non hanno potuto tenere testa a queste condizioni per l'erogazione del credito. Messa in questo modo, le presse per stampare denaro del sud-Europa hanno davvero messo in fuga gli investitori internazionali. Mario Draghi, per la sua offensiva contro la concorrenza privata, ha addirittura scelto il nome „Dicke Bertha“, un cannone usato nella prima guerra mondiale.

La sostituzione del capitale privato internazionale attraverso il credito pubblico ha accelerato la frammentazione del mercato dei capitali europei, invece di mitigarla come sostiene Fratzscher. Se ci fossero stati incentivi per ridurre i saldi Target del sud, ad esempio richiedendo tassi piu' alti, come proposto dall'ex presidente Bundesbank Helmut Schlesinger, oppure esigendo un pagamento in oro, come previsto dal sistema dei cambi fissi di Bretton Woods, allora nel sud-Europa avremmo avuto certamente dei tassi piu' alti e sul mercato interbancario il capitale privato sarebbe tornato a fluire verso il sud. Tassi piu' alti avrebbero costretto i paesi del sud ad un risparmio maggiore e contribuito all'implementazione degli aggiustamenti strutturali nel mercato del lavoro e nell'organizzazione statale, necessari per la riduzione dei disavanzi esteri. Un tale miglioramento strutturale dei conti con l'estero non c'è stato, come recentemente indicato dal FMI. Ora come in passato, i paesi del sud restano troppo cari e molto lontani dal tornare competitivi.

Lo spiazzamento del mercato dei capitali privati avvenuto a causa della pressa stampa-denaro,  è il motivo principale per cui le banche e le assicurazioni tedesche oggi non ricevono tassi di interesse adeguati al rischio, mentre gli assicuratori sono addirittura costretti a ridiscutere i loro tassi di interesse garantiti.

La Germania è un paese prestatore

A volte si tende a sottolineare il vantaggio che l'abbassamento dei tassi ha avuto per i debitori tedeschi. La Germania non è un debitore ma uno stato creditore, ha un credito netto nei confronti del resto del mondo. Si', al momento è il piu' grande esportatore di capitali, addirittura prima della Cina. Pertanto il nostro paese è il grande perdente dall'abbassamento dei tassi, mentre i paesi in crisi, che sono debitori netti, sono i vincitori. 

La BCE si conferma un'organizzazione dedita all'acquisto dei risparmi tedeschi, che poi redistribuisce ai paesi in crisi, ai tassi che essa stessa decide. Secondo lo stesso modello potremmo mettere in piedi un'organizzazione gestita dall'UE per l'acquisto di auto tedesche e per la loro rivendita nel sud-Europa ad un prezzo ritenuto equo, e festeggiare la conseguente caduta dei prezzi come un vantaggio per il consumatore tedesco.

La politica della BCE e i crediti internazionali dei fondi di salvataggio hanno fatto scendere la remunerazione sui capitali presi a prestito dai paesi in crisi, nonostante i tassi sui mercati siano piu' alti e l'indebitamento estero dei paesi sia aumentato drasticamente. Il beneficio in termini di risparmio sugli interessi, per questi paesi, dal 2008 fino al 2012, se paragonato con un mantenimento dei tassi invariati rispetto al 2007, ammonta a 205 miliardi. Al contrario, la Germania, secondo lo stesso calcolo avrebbe avuto uno svantaggio di 203 miliardi di Euro. Non è sbagliato, in questo caso, parlare di un esproprio del risparmiatore tedesco e di una concorrenza a basso tasso di interesse fatta con la pressa per stampare il denaro.

Dal maggio 2010 la Germania nel board BCE è costantemente in minoranza.

Non è nemmeno sbagliato parlare di una pianificazione centralizzata degli investimenti. Dopo che gli investitori privati hanno ritirato i capitali dal sud-Europa, hanno tentato di riorganizzare il loro portafoglio. Tra le altre cose si sono riorientati verso gli immobili e dopo molti anni di stagnazione hanno dato vita al boom edilizio tedesco degli ultimi 3 anni. Questo spostamento degli investimenti sembra dare fastidio all'UE e alla BCE. Per questa ragione è stato organizzato un flusso di capitali pubblici (BCE e fondi di salvataggio) che ha sostituito i flussi di capitale privato. Prosegue in questo modo l'errata allocazione del risparmio europeo, che ha dato alla zona Euro il tasso di crescita piu' basso fra tutte le principali regioni del mondo. Altro capitale continuerà ad essere bruciato.

I crediti usciti dalla stampante di denaro, misurati dai saldi Target, sono la parte piu' importante del piano di salvataggio dell'Euro approntato dalla BCE. Hanno permesso il finanziamento degli stati e dell'economia privata mediante il sistema bancario. Si puo' discutere a lungo se questi crediti economicamente abbiano un senso oppure no. E' certo pero che il difficile equilibrio fra opportunità e rischi, in particolare la valutazione della distribuzione degli effetti fra i diversi paesi europei, non è stata decisa dai parlamenti, ma dal board BCE, un organo tecnocratico, in cui la Germania non ha un peso maggiore rispetto a Malta o Cipro e in cui dal maggio 2010 è costantemente in minoranza.

Le decisioni del board sono in palese contrasto con l'articolo 125 dei trattati UE in quanto hanno fornito un enorme volume di prestiti e di garanzie pubbliche a favore delle banche e degli stati del sud-Europa, che ora sono diventati un pericolo per la stessa BCE. Le perdite potrebbero superare il capitale proprio della BCE, pari a 500 miliardi di Euro. Anche se una banca centrale tecnicamente puo' continuare a lavorare con un capitale proprio negativo, perché il suo vero capitale ammonta al valore degli interessi derivanti dai prestiti di denaro che essa stessa ha creato, la perdita di una parte di questo capitale sarebbe un segnale disastroso per il mercato dei capitali.

Poiché i saldi Target sembrano essere in discesa, per molti il segnale di allarme è già scomparso

Sommando l'acquisto di titoli di stato fatto dalle banche centrali con i crediti Target approvati dal consiglio BCE ed erogati a favore dei 6 paesi in crisi (Grecia, Irlanda, Portogallo, Spagna, Italia e Cipro) la somma dei crediti concessi dalla BCE è pari a 747 miliardi di Euro. Vale a dire il doppio dei fondi di salvataggio concessi dai parlamenti nazionali, pari a 385 miliardi di Euro.

Da un punto di vista economico i crediti della BCE sono sullo stesso piano dei fondi di salvataggio europei, che sono arrivati dopo e di fatto sono solo un mezzo per alleggerire l'esposizione della BCE. In considerazione di quanto la BCE aveva già fatto, ai parlamenti non è rimasto altro che votare un'architettura di salvataggio nella forma dell'ESM; in caso contrario saremmo arrivati ad un collasso dell'Eurosistema. Anche il forte desiderio di una ricapitalizzazione delle banche con i mezzi dell'ESM, espresso recentemente dal presidente BCE Mario Draghi con una lettera alla Commissione UE, chiarisce quanta paura abbia la BCE di dover subire delle perdite sui prestiti fatti.

Poiché i saldi Target in passato sono stati piu' alti degli attuali 681 miliardi, per molti osservatori il segnale di allarme si è già spento. Ancora forse non gli è chiaro che i crediti concessi dalla comunità internazionale attraverso i fondi di salvataggio hanno rimborsato e sostituito in maniera integrale e diretta i saldi Target. E' un processo automatico che emerge dalla natura del sistema Target. Senza i prestiti concessi dal fondo salva-stati e nelle stesse condizioni, i debiti Target dei paesi in crisi oggi sarebbero pari a 1066 miliardi di Euro, invece dei 681 miliardi.

I parlamenti europei nell'allestimento di un'architettura per il salvataggio sono probabilmente rimasti senza scelte alternative: le condizioni erano già state definite dal board BCE anni fa. Considerando le attuali circostanze, per me è necessario domandarsi se la politica fiscale a carattere regionale che la BCE a porte chiuse ha deciso di attuare, e per la quale nel sistema americano delle banche centrali non esistono paralleli, sia ancora compatibile con le regole della democrazia parlamentare definite dalla Costituzione tedesca.

giovedì 3 ottobre 2013

Il programma del nuovo governo secondo Sinn

Hans Werner Sinn su Handelsblatt.de propone un programma per il nuovo governo federale: basta con l'OMT, una nuova Maastricht, e la riforma del diritto di voto nel board BCE. Da Cesifo-group.de
Il compito principale della prossima legislatura sarà la soluzione della crisi Euro e la stabilizzazione di una moneta unica europea finalmente capace di funzionare. La BCE dovrà necessariamente interrompere la sua politica fiscale regionale, travestita da politica monetaria.

I politici attuali non saranno piu' in carica quando al conto della crisi demografica e dei crescenti costi pensionistici si aggiungeranno i rischi sulle garanzie creditizie offerte ai paesi in crisi. A rischio sarà la coesione dell'intera UE. Il nuovo governo federale dovrebbe mettere questo tema in cima alla propria agenda. Se troverà la forza e il coraggio per farlo, è un'altra questione.

Primo: la rinegoziazione del trattato di Maastricht per fermare la stampa di denaro nei paesi in crisi. Non è accettabile che la BCE senza il controllo dei parlamenti nazionali abbia fornito i due terzi degli aiuti internazionali ai paesi in crisi (782 dei 1106 miliardi di Euro), e che i parlamenti nazionali si trovino nella condizione di dover salvare la BCE dal rischio di subire una perdita su questi crediti, approvando un pacchetto di salvataggio dietro l'altro.

I parlamenti dovranno liberarsi dal ruolo di assistente del board BCE. Sarà necessario limitare istituzionalmente i crediti regionali di natura fiscale e chiedere di rimborsare quelli già concessi. Il modello di riforma da adottare è offerto dal sistema della Federal Reserve americana. Se non sarà scelto questo percorso, all'interno del board BCE sarà necessario  ponderare il diritto di voto sulla base delle garanzie offerte dai diversi paesi e quindi modificarne le regole.

Secondo: la revoca del programma OMT. Non è accettabile che la BCE offra ai possessori dei titoli di stato dei paesi in crisi un'assicurazione gratuita e prometta di farsi carico delle perdite derivanti da questi titoli a spese del contribuente dei paesi ancora in salute. Questa politica porta ad una errata allocazione dei flussi di capitale in Europa e finirà per costringere gli stati a garantire con gli Euro-bond i debiti dell'Eurozona. Dopo che la BCE avrà acquistato i titoli di stato, sarà infatti necessario introdurre gli Euro-bond per proteggere la BCE stessa dalle perdite su questi titoli.

Il nuovo governo, sperando nell'appoggio della Corte Costituzionale, dovrà evitare che il Bundestag si trovi nuovamente in una situazione senza alternative. Una situazione causata dalle scelte del board BCE, e in cui la messa in comune dei debiti pubblici resta la sola strada percorribile. Come mostra la storia dei primi anni degli Stati Uniti d'America, questa strada porta ad un forte aumento della conflittualità.

Terzo: l'unione monetaria aperta. La crisi Euro tonerà ad infiammarsi fino a quando i paesi del sud non avranno risolto i loro problemi di competitività. Le uniche soluzioni disponibili restano una svalutazione attraverso l'uscita dall'Euro, oppure la svalutazione interna. Poiché la seconda è realizzabile solo in misura limitata, affinché i paesi colpiti non si trovino in una situazione di disoccupazione di massa che li porterebbe al collasso, si dovrebbe permettere un'uscita ordinata con una svalutazione e il possible rientro nell'unione monetaria, previa attuazione di un programma di riforme.

Quarto: una unione bancaria senza una garanzia comune. L'Europa ha bisogno di una unione bancaria con un controllo centrale delle banche, ma senza una responsabilità comune dei contribuenti per i debiti delle banche. Solo i creditori delle banche dispongono del patrimonio necessario per la ricapitalizzazione delle banche, e solo se saranno loro stessi a subire le conseguenze dei loro investimenti sbagliati, in futuro si asterranno dal prendere troppi rischi.

Nelle prossime negoziazioni il governo dovrà imporre delle norme rigorose per la ricapitalizzazione delle banche con mezzi comuni, anche se in questo modo le perdite potrebbero diventare visibili nei bilanci della BCE. La Germania dovrà finalmente prendere una posizione, invece di mostrare una tacita approvazione verso la BCE ogni volta che la Bundesbank lancia un avvertimento.

martedì 1 ottobre 2013

Il boom dell'export di capitali tedeschi

La Bundesbank pubblica il riepilogo della posizione netta sull'estero della Germania a fine 2012: i capitali tedeschi alla ricerca di rendimenti piu' elevati hanno ripreso a fluire verso l'estero (+ 228 miliardi nel 2012), la prossima crisi finanziaria si avvicina. Da Bundesbank.de
Prosegue anche nel 2012 la crescita della posizione netta sull'estero della Germania. La posizione netta sull'estero rappresenta la differenza fra i crediti e i debiti verso l'estero di un paese e ci dà informazioni sulla quantità e la struttura delle attività finanziare che i residenti in Germania hanno verso l'estero, e sulle attività finanziarie detenute dagli stranieri in Germania.

Nel 2012 i crediti verso l'estero sono cresciuti del 6.5% raggiungendo i 7.036 miliardi di €, i debiti verso l'estero sono cresciuti piu' lentamente, del 3.5 %, raggiungendo i 5.928 miliardi di €. Un ruolo determinante è stato svolto dalla variazione dei crediti verso l'estero delle imprese e dei privati. Il trend generale è proseguito nonostante la riduzione degli impegni esteri da parte degli istituti finanziari, determinata dalla necessità di rafforzare i coefficienti patrimoniali. Poiché gli attivi esteri sono aumentati piu' rapidamente rispetto ai passivi, la posizione netta sull'estero della Germania nel 2012 è aumentata di 228 miliardi di Euro, salendo a 1.107 miliardi di € (41% del PIL),  dopo aver subito una leggera flessione nell'anno precedente.

La posizione netta sull'estero degli istituti finanziari (esclusa la Bundesbank) si è ridotta ulteriormente: alla fine del 2012 era positiva per 114 miliardi di €. I crediti verso l'estero sono diminuiti piu' rapidamente (- 4.1 %) rispetto ai debiti verso l'estero (-1.7%). Le banche sono state particolarmente caute nella concessione del credito. Alla fine dell'anno i crediti delle banche verso i debitori esteri erano diminuiti di 71 miliardi di €, mentre i debiti erano cresciuti di 48 miliardi di €.  

Le imprese e i privati, fra i quali sono considerate anche le assicurazioni e i fondi di investimento (esclusi i fondi monetari), nel 2012 hanno ulteriormente migliorato la loro posizione netta sull'estero (di 173 miliardi di € raggiungendo i 1.233 miliardi di €). Allo stesso tempo sono aumentati anche i debiti verso l'estero (6.5%), in maniera sensibilmente inferiore rispetto ai crediti. E' interessante notare che questo settore dell'economia ricorre a tutti gli strumenti di investimento disponibili. Questa tendenza è probabilmente il risultato della ricerca di rendimenti piu' elevati da parte degli investitori privati a causa dai bassi tassi in Germania, fatto che rende gli investimenti all'estero relativamente piu' attraenti. Forte crescita nei portafogli degli investitori tedeschi anche per le obbligazioni con un emittente estero: con un aumento di 157 Miliardi di € sono la voce principale nella variazione della posizione estera dei privati e delle imprese. Fra questi ci sono gli investitori istituzioniali che in portafoglio hanno titoli emessi dal fondo EFSF per un valore di 23 miliardi di €. Sul lato delle passività, l'aumento delle quotazioni dei titoli posseduti dagli investitori esteri ne ha determinato l'aumento. L'aumento del prezzo di mercato, infatti, ha aumentato il valore delle azioni di imprese tedesche detenute da stranieri e dei certificati di investimento, rispettivamente per 74 e 9 miliardi di €.

Il debito pubblico in mano estera alla fine del 2012 era pari a 1.055 miliardi di €. Come in passato questo sviluppo è stato determinato dalla reputazione di "porto sicuro" dello stato tedesco. Il volume dei crediti verso l'estero è cresciuto di 35 miliardi di € grazie alle diverse misure di sostegno nel quadro della crisi europea. Oltre ai crediti diretti verso la Grecia, il Portogallo e l'Irlanda nell'ambito del fondo EFSF, vengono considerati anche i contributi tedeschi al fondo ESM.

La posizione netta sull'estero della Bundesbank nel 2012 è cresciuta di 146 miliardi di €, raggiungendo 815 miliardi di €. Il valore delle riserve di valuta estera è variato di poco, per la loro crescita di 4 miliardi è stata determinante l'incidenza degli effetti di cambio. Decisiva per la crescita di altri 202 miliardi, fino ad un totale di 732 miliardi di € a fine 2012, è stata la variazione dei crediti Target nei confronti della BCE all'interno del sistema TARGET2. 


domenica 29 settembre 2013

Il programa economico del nuovo governo federale

Quale dovrebbe essere il programma economico del nuovo governo federale? Risponde André Kühnlenz, redattore del Financial Times, sul suo interessantissimo blog WeitwinkelSubjektiv: basta con la moderazione salariale, basta con i giganteschi trasferimenti di capitali all'esteroDa WeitwinkelSubjektiv.com
Sviluppo nominale dei salari (arancione) e sviluppo della produttività + inflazione.
Fin dalla prima "Alleanza per il lavoro" (Bündnis für Arbeit) del 1996, i sindacati, già di per sé indeboliti, hanno iniziato ad accettare tutte le richieste fatte dai datori di lavoro. E' dal 1996, infatti, che i lavoratori rinunciano al cosiddetto margine di distribuzione garantito dalla crescita della produttività. Gli aumenti salariali si sono infatti orientati esclusivamente al recupero dell'inflazione (quando ci sono riusciti). Sebbene per molti anni i datori di lavoro abbiano goduto di condizioni favorevoli, per un lungo periodo in Germania non sono stati creati nuovi posti di lavoro. 

Solo quando i nostri risparmi (o meglio, i profitti cresciuti grazie alla moderazione salariale e alla riduzione delle tasse) - hanno causato bolle del credito in paesi come la Spagna o gli Stati Uniti, il tasso di disoccupazione ha iniziato a scendere. Stavamo vendendo i nostri beni in tutto il mondo come non era mai successo prima - 10 anni dopo la prima "Alleanza per il lavoro". Era un miglioramento del mercato del lavoro cresciuto sul debito.

Ancora oggi le cose non vanno molto diversamente. Nel frattempo, noi tedeschi (o meglio quelli che fra noi hanno un patrimonio) impieghiamo all'estero una somma annua pari al 9% del nostro PIL come investimento di breve o di lungo periodo, stiamo di nuovo inondando il mondo con il nostro denaro a buon mercato. Nei 12 mesi terminati a luglio, erano 250 miliardi di Euro. Anche la nostra magra crescita deriva quasi esclusivamente dal questo credito, la domanda interna in questo paese resta poco piu' di uno scherzo.

Export di capitali tedeschi nei 12 mesi precedenti in % del PIL, dati Bundesbank
Fatto che naturalmente ha delle conseguenze molto pericolose. Ogni eccesso di credito puo' crescere solo fino a quando viene alimentato. Stiamo consegnando il combustibile in grado di far surriscaldare qualsiasi macchina del credito. Fino a quando il carburante continua a fluire, si riescono anche a trovare macchinisti in grado di regolare il motore e di mettere un po' d'olio. Ma prima o poi ogni motore  si incepperà se resta acceso per troppo tempo, oppure se va troppo veloce.

Vogliamo solo aspettare un'altra crisi (e potrebbe essere pericoloso), oppure possiamo sperare che il prossimo governo federale agisca immediatamente? Se il nuovo governo non sarà capace di affrontare questo pericolo, dovrà essere considerato il peggiore governo di tutti i tempi. La situazione attuale è simile a quella pre-Lehman, avverte l'oracolo William White, che in passato, in qualità di capo-economista presso la Banca per i Regolamenti Internazionali, era in grado di avvertire con largo anticipo ogni sintomo di un eccesso di credito.

Potrebbe anche essere tutto abbastanza facile - senza che la SPD (o i Verdi) siano costretti a discussioni estenuanti sul programma del nuovo governo con l'Unione. Cio' di cui abbiamo bisogno è un accordo fra tutte le parti per smetterla di inondare il mondo intero con il combustibile del credito, e l'impegno ad utilizzare il risparmio per rifornire e rilanciare il motore dell'economia nazionale.

Questi dovrebbero essere gli elementi piu' importanti del nuovo accordo fra le parti:

1) I salari devono tornare ad allinearsi alla crescita della produttività piu' l'inflazione obiettivo del 2%. L'abbandono dell'economia sociale di mercato non ha portato nulla di buono - a parte una lunga serie di crisi. Anche se oggi nel mercato del lavoro non lo percepiamo, arriverà il momento, sicuramente, e ce ne accorgeremo presto!

2) All'interno di una nuova alleanza tripartita fatta da lavoratori, datori di lavoro e governo, si dovrà necessariamente arrivare ad un accordo: la Germania è disposta a fare di tutto per ridurre i suoi enormi avanzi delle partite correnti. In realtà avremmo bisogno di andare in deficit, se vogliamo che Italia e Spagna vadano in avanzo con l'estero.

3) Fino a quando gli avanzi con l'estero non saranno ridotti, saranno applicati automaticamente aumenti salariali corrispondenti al doppio degli aumenti della produttività e dell'inflazione - senza eccezione e in tutti i settori. Anche i salari minimi dovranno tornare a crescere. Nessuna paura - ci sono ancora 2 vie di uscita con le quali i datori di lavoro potranno sfuggire a questo destino e quindi mantenere la loro competitività.

4) I datori di lavoro potranno evitare l'applicazione del punto 3, solo se gli investimenti in Germania raggiungeranno il 3% del PIL. Vale a dire un terzo di quello che al momento investiamo all'estero. Si tratta di 75 o 80 miliardi di Euro, come proposto dal DIW (Deutsches Institut für Wirtschaftsforschung) con il suo patto per gli investimenti. Se necessario si potrebbe pensare ad una suddivisione fra investimenti pubblici e privati.

5) Se gli imprenditori non riuscissero ad investire questa somma nel nostro paese, oppure il governo federale non riuscisse a destinare piu' denaro alle infrastrutture, all'istruzione e alla politica energetica, allora i datori di lavoro e il governo federale avranno la possibilità di investire questa somma in un "Fondo per il futuro". Questo fondo sarà gestito congiuntamente dai manager del settore privato e pubblico. Gli interessi sui depositi saranno legati all'aumento nominale del PIL, che il governo dovrà pagare con il gettito fiscale.

6) Le risorse del fondo dovranno essere investite nel futuro della Germania, ma anche dell'Europa. Idee ce ne sono già abbastanza. In questo modo avremmo una sorta di unione di trasferimento privata, che naturalmente come ogni unione di trasferimento aiuterebbe il nostro export. Con i trasferimenti - dall'ovest all'est e poi di nuovo verso pochi portafogli nell'ovest - in Germania abbiamo già una certa esperienza.

7) Nessuno chiede ai nostri campioni dell'export di ridurre le loro vendite nel mondo. Ma dobbiamo essere onesti: se riduciamo il trasferimento di risparmio all'estero, le aziende finiranno per vendere meno in quei paesi. Ma con l'unione di trasferimento privata menzionata al punto 6, le imprese orientate all'export potranno compensare una parte delle perdite - se non tutte.

8) Non appena il surplus delle partite correnti sarà scomparso (o forse anche prima), tutti, investitori privati e stranieri, potranno investire nel "fondo per il futuro". Gli interessi continueranno a crescere anche nel lungo periodo poiché il fondo investe nel futuro del paese e quindi le opportunità di crescita e la competitività della Germania non potranno che migliorare. 

9) Se l'avanzo delle partite correnti dovesse superare di nuovo il 3% - entrerà in vigore il punto 3 e tutto ricomincia da capo.

Sarebbe sicuramente un piano molto bello che potrebbe garantire un futuro alla Germania. E sarebbe anche urgente, se i paesi della zona Euro vogliono mantenere le loro partite correnti in equilibrio. Per fare cio' abbiamo ovviamente bisogno di una pressione molto piu' forte nei confronti dei sindcati, dei datori di lavoro e del nuovo governo. SPD e Verdi dovrebbero mostrare un po' di coraggio - che in campagna elettorale non hanno fatto vedere. Se dovesse mancarci la volontà di metterlo in atto, allora le prospettive sarebbero cupe, sia per il nostro paese che per l'Europa. Oppure sarebbe ancora meglio se Frau Merkel finalmente scoprisse la sua vera vocazione - sapete di cosa parlo - e poco prima dell'impatto riuscisse a cambiare rotta: Frau Merkel - la donna dell'est che in un colpo solo salva l'economia sociale di mercato e l'Europa. Speriamo solo non si svegli troppo tardi.

E non venite a parlarmi della libertà, dell'autonomia contrattuale, e dell'economia di mercato! Questo è  il punto, l'economia sociale di mercato prima o poi dovrà essere salvata! 

lunedì 16 settembre 2013

Chi sarà la prossima vittima? (dell'afflusso di capitali dalla Germania)

Fra i tanti effetti dell'austerità europea targata Merkel, ci sarebbe anche la tempesta monetaria che ha recentemente colpito i paesi emergenti. Un commento dall'interessantissimo blog WeitwinkelSubjektiv.de
Movimento delle valute nei confronti del dollaro negli ultimi 4 mesi
E' stato già sottolineato in un recente commento da Daniel Gros: i risparmiatori americani non possono essere considerati responsabili per l'enorme flusso di denaro su scala globale degli ultimi anni. La banca centrale americana puo' creare tutto il denaro che vuole, per poi trasferirlo alle banche americane. Ma alla fine gli americani - l'intera economia americana, dal 2009 ad oggi, anno dopo anno, ha visto aumentare i suoi disavanzi delle partite correnti con l'estero.

Misurati dal deficit delle partite correnti, tra il 2009 e il 2013, sono stati 2.240 miliardi. Il prossimo anno il FMI prevede altri 500 miliardi in piu'. La fonte dell'alluvione globale di denaro deve essere cercata da qualche altra parte, secondo Daniel Gros. Non puo' che essere in Europa. Già ora Italia e Spagna stanno collezionando, mese dopo mese, degli avanzi delle partite correnti - dopo aver visto crollare la domanda interna e quindi le importazioni.

Quest'anno nella zona Euro ci saranno 300 miliardi di dollari di avanzo corrente, anticipa il FMI. L'Europa ha superato la Cina, con i suoi 240 miliardi di dollari. E nei 15 maggiori paesi esportatori di petrolio messi assieme, gli avanzi correnti scenderanno di 100 miliardi di Euro, raggiungendo  i 600 miliardi di Euro.

La Germania continua a collezionare avanzi con l'estero, come se negli investimenti esteri non avessimo mai perso un centesimo. Ovviamente continuiamo ad investire i proventi fuori dal nostro paese: nei 12 mesi fino a luglio 2013, secondo la bilancia dei capitali della Bundesbank, sono stati 250 miliardi di Euro - il 70% in piu' rispetto ai 12 mesi precedenti. Vale a dire il 9% del nostro PIL, oppure 50 volte il costo del nuovo aereoporto di Berlino.

Anche se i tedeschi, gli italiani o gli spagnoli avessero investito i loro risparmi nei titoli di stato degli Stati Uniti, alla fine i responsabili per l'alluvione di denaro nei paesi emergenti siamo noi europei - anche se l'ultimo dollaro atterrato in Brasile, India o Indonesia fosse stato investito da un fondo pensione americano. Con la nostra austerità e la nostra compressione salariale abbiamo scatenato la guerra valutaria, che il Brasile nel 2010 aveva già denunciato.

E cosi' in ultima istanza i responsabili della fuga di capitali che sta facendo affondare le valute dei paesi emergenti siamo noi. Anche se la responsabilità sembrerebbe della banca centrale americana e della sua decisione di ridurre gli acquisti di titoli. "Se non altro, i leader dei paesi emergenti dovrebbero lamentarsi per l'austerità europea, non per il quantitative easing americano", scrive Daniel Gros. E ancora:

"Poiché i capitali stanno fuggendo dai mercati emergenti, questi paesi presto saranno costretti ad adottare le loro misure di austerità e ad ottenere degli avanzi correnti, un po' come sta facendo oggi la periferia Euro. Ma poi chi potrà e vorrà andare in disavanzo con l'estero? 

Due delle 3 principali economie del mondo vengono in mente: Cina, data la forza del suo bilancio, e l'Eurozona, dato lo status di valuta riserva assunta dall'Euro. Ma entrambe sembrano impegnate nell'ottenere degli avanzi con l'estero (i due piu' grandi al mondo). Quindi, a meno che gli Stati Uniti non riprendano il loro ruolo di consumatore di ultima istanza, l'ultimo attacco di nervosismo dei mercati finanziari globali indebolirà nuovamente l'economia globale. E ogni ripresa globale promette di essere sbilanciata - sempre che si materializzi"

Anche altri paesi sono stati colpiti dalla nostra cascata di denaro: l'Europa dell'est, durante la recente crisi valutaria dei paesi emergenti è rimasta sorprendentemente stabile - alcune valute si sono addirittura apprezzate rispetto al dollaro. Anche i paesi in avanzo con l'estero come la Corea dovrebbero essere vigili. La Svizzera invece, stabilendo un limite minimo,  ha costruito un muro di fuoco nei confronti dell'Euro - gli interventi della banca centrale svizzera hanno l'effetto di un aspirapolvere, e la tempesta dei capitali si sposta verso la BCE oppure i paesi Euro.

Movimento nei confronti del dollaro negli ultimi 4 mesi
Che cosa succede invece con la Gran Bretagna o la Francia, l'ultimo paese nella zona Euro a ricevere un significativo afflusso di capitali (=partite correnti in deficit)? In questi paesi si sta creando la prossima bolla esplosiva? Data la valanga di risparmi presenti in Germania, alla fine dovremmo essere felici di avere un programma come l'OMT della BCE: per quando scoppierà la bolla letale. 

Se i paesi esportatori di petrolio fossero intelligenti, avvierebbero un programma di investimenti, in modo da ridurre la loro dipendenza dall'export di petrolio. Un po' come proposto dal DIW (Deutsches Institut für Wirtschaft) per la Germania. Se almeno una volta in Germania riuscissimo a svegliarci!

lunedì 27 maggio 2013

Prosegue la guerra fra BCE e Bundesbank


Prosegue lo scontro fra BCE e Bundesbank, questa volta  davanti alla Corte Costituzionale di Karlsruhe. I giudici costituzionali tedeschi ancora una volta dovranno decidere sul futuro europeo. DA FAZ.de
La guerra per la stabilizzazione dell'Euro passa alla battaglia successiva: il luogo sarà l'udienza davanti alla Corte Costituzionale tedesca dell'11 giugno. Jens Weidmann parlerà per conto della Bundesbank, dall'altra parte dovrebbe esserci Jörg Asmussen, membro tedesco del Board BCE.

L'udienza davati alla Corte Costituzionale di Karlsruhe dell'11 giugno, nel quadro del processo di stabilizzazione dell'Euro, è stata riconosciuta sia dalla BCE che dalla Bundesbank come una tappa di fondamentale importanza. Il presidente BCE Mario Draghi non sarà presente, anche se ha ammesso la rilevanza della decisione. La BCE non ha ancora fatto sapere chi ci sarà a parlare per suo conto quando i giudici vorranno sapere qualche particolare in piu' sul fondo di stabilizzazione ESM, sul programma di acquisti della BCE, sui prestiti di emergenza, e sui giganteschi saldi Target. Secondo le prime indiscrezioni dovrebbe essere il membro lussemburghese del board Yves Mersch a spiegare la posizione della BCE. Da giovedi' tuttavia si mormora che a rappresentare la BCE a Karlsruhe ci sarà il membro tedesco Jörg Asmussen. La posizione critica della Bundesbank sarà invece difesa dal presidente Jens Weidmann.

Nel frattempo Draghi, a quanto si dice, ha tenuto conversazioni informali con alcuni ex giudici della Corte Costituzionale per conoscere le peculiarità del piu' alto tribunale tedesco e il ruolo dei suoi attori principali. Per la BCE l'udienza è di grande importanza, poiché la successiva sentenza potrebbe limitarne il campo di azione. Si andrà al centro della questione: Weidmann spiegherà perché considera il programma di acquisto titoli (OMT) un superamento del mandato BCE. Nella relazione di dicembre la Bundesbank scriveva che l'indipendenza della BCE sarebbe stata danneggiata e i rischi sarebbero aumentati nel caso in cui all'interno del programma si fossero acquistate obbligazioni di scarsa qualità. Nel frattempo, si è aggiunta un'operazione di scambio fra la BCE e il governo irlandese. Da allora lo stato irlandese finanzia una parte del suo debito, pari al 20% del PIL irlandese, tramite la BCE al tasso ufficiale di sconto. Non solo alla Bundesbank, ma anche ad altre banche centrali dell'Eurozona, questa decisione è apparsa come una delle operazioni di salvataggio piu' discutibili.

La Bundesbank considera non sostenibili i requisiti previsti dalla BCE per la concessione di credito ai possibili beneficiari dell'OMT. Una volta che gli acquisti saranno iniziati, sarà difficile fermare il programma. Inoltre, sempre la Bundesbank mette in discussione le ragioni di fondo dell'intervento: non è compito della banca centrale garantire la coesione dell'unione monetaria. Questo argomento in particolare è stato utilizzato in piu' occasioni dalla BCE. Nei giorni scorsi, si sono fatte molte allusioni al fatto che dentro la Bundesbank ci sarebbero numerosi  euroscettici.

Karlsruhe non si occuperà direttamente delle questioni relative al diritto europeo.

Il parere della BCE, scritto dal giurista tedesco Frank Schorkopf, è invece teso a dimostrare la legalità dell'acquisto dei titoli di stato. Egli argomenta che la BCE, accanto al suo obiettivo primario di mantenimento della stabilità dei prezzi, dovrebbe perseguirne altri, come ad esempio la garanzia della stabilità finaziaria. Le dichiarazioni circa l'irreversibilità dell'Euro, con le quali si giustifica il programma OMT, non sarebbero affatto una scelta arbitraria. L'irreversibilità dell'Euro non sarà garantita a spese della stabilità dei prezzi. "L'irreversibilità è piuttosto un importante requisito per il raggiungimento della stabilità dei prezzi", si dice nel documento BCE.

Che cosa ci si puo' aspettare allora da Karlsruhe? Si chiedono i banchieri centrali. Poiché la corte suprema non si occupa direttamente delle questioni di diritto europeo, è probabile che su molti punti si dichiari non competente. Probabilmente non ci sarà alcuna dichiarazione del tipo: il programma di acquisto OMT della BCE infrange il diritto europeo. Anche la constatazione di una violazione del diritto europeo viene considerata improbabile. Allo stesso tempo, i giudici, come nel precedente ricorso costituzionale, eviteranno di inoltrare il procedimento alla Corte Europea - dove probabilmente ci sarebbe un atteggiamento favorevole nei confronti delle politiche di salvataggio. Sono ipotizzabili invece esortazioni al Bundestag e al governo, affinché la politica monetaria in futuro sia monitorata, e per una verifica del superamento dei trasferimenti di sovranità già effettuati.

Ma anche se non si arrivasse a tali esortazioni, i critici delle politiche di salvataggio, dal procedimento di Karlsruhe, si apettano un effetto di smorzamento. Anche lo stesso parere della BCE conterrebbe informazioni importanti sui limiti della politica monetaria, sempre secondo i critici. La dichiarazione  BCE indicherebbe infatti il limite oltre il quale l'intervento della BCE debba essere considerato un finanziamento allo stato da parte della banca centrale. Ad esempio, subito dopo una nuova emissione non potranno essere acquistati titoli, per non eludere il divieto di acquisto sul mercato primario. Inoltre, sarà reso esplicito il volume dei titoli di stato con una scadenza da uno a tre anni - il programma è limitato a questa durata. In Spagna, Irlanda, Portogallo e Italia la somma di queste obbligazioni raggiunge i 524 miliardi di Euro. Ma la BCE non perseguirà questo obiettivo di acquisto. Sarà piuttosto interessata a mantenere i mercati liquidi, evitando di acquistare l'intero stock dei titoli in circolazione.

giovedì 9 maggio 2013

Hans Werner Sinn: serve un'unione monetaria aperta

In una recente intervista a Die Welt, il grande economista tedesco torna a rilanciare l'unione monetaria aperta: i membri in difficoltà dovrebbero poter uscire, svalutare, fare le riforme e tornare nella moneta unica con il supporto della comunità internazionale


Secondo Hans-Werner Sinn la maggior parte delle decisioni politiche prese durante l'eurocrisi era sbagliata. Ed è certo di una cosa: la Grecia sarebbe già fuori pericolo - se nella primavera del 2010 avesse dichiarato l'insolvenza.

Gli economisti pensano in maniera sistemica, purista. La politica deve trovare compromessi in una realtà contraddittoria. Gli economisti riescono ancora a capire i politici senza concludere che il politico pensa solo alla sua rielezione?

Che un politico pensi a farsi rieleggere non è fondamentalmente sbagliato. Il problema è che le frequenti elezioni in Germania premiamo il populismo di breve periodo e trasformano la politica in una manovra tattica. L'effetto è rafforzato ulteriormente dai sondaggi settimanali. Sarebbe una buona idea dare ai genitori il diritto di voto anche per i propri figli, affinché le decisioni di lungo periodo nelle urne possano avere un peso maggiore. Allo stesso tempo su questioni specifiche mi piacerebbe vedere dei referendum popolari come in Svizzera. I personality-show privi di contenuto messi in scena durante le campagne elettorali sono controproduttivi.

Siamo ancora nel pieno dell'eurocrisi. Che cosa ha l'euro di diverso da un'altra moneta? Anche lei pensa che potremmo dire addio all'euro?

Naturalmente la Germania puo' sopravvivere anche senza l'euro. Gli scenari horror ipotizzati in caso di uscita sono esagerati. In particolare non è vero che l'industria dell'export collasserebbe. Un po' di rivalutazione farebbe bene alla Germania, perché il vantaggio di una riduzione dei prezzi dell'import sarebbe piu' importante rispetto agli svantaggi legati ad un peggioramento del prezzo delle esportazioni. La Bundesbank poi potrebbe evitare un forte apprezzamento del nuovo Marco acquistando titoli esteri con la propria moneta, come sta facendo la banca centrale svizzera. Questi titoli prenderebbero il posto degli attuali saldi Target, crediti che di fatto non hanno alcun valore. Da un punto di vista tecnico ci sarebbero solo vantaggi. Tuttavia per ragioni politiche la Germania deve restare nell'euro: l'euro resta un progetto centrale per l'integrazione europea. Inoltre, ritengo indispensabile tutelare i crediti verso l'estero delle nostre banche e assicurazioni e non da ultimo, non dobbiamo rinunciare ai crediti Target della Bundesbank. Se un paese non è piu' in grado di sostenere l'euro perché ha perso competitività, sarebbe meglio lasciarlo uscire. La Germania dovrebbe smetterla di mantenere nell'euro tali paesi alimentandoli con prestiti pubblici sempre maggiori  che di fatto non saranno mai rimborsati.

Come sarà l'Europa fra 5 anni? 

I sassi che ci verranno tirati addosso saranno sempre piu' grandi, se continueremo con questa politica. E' stato un grande errore violare il trattato di Maastricht e tenere la Grecia nell'euro con prestiti, pari al 160 % del PIL, che non saranno mai rimborsati.  Questa politica ha aiutato le nostre banche e quelle francesi, e forse qualche ricco in Grecia, ma per le persone comuni ha significato disoccupazione di massa e disperazione. La Grecia avrebbe già da tempo superato la fase piu' difficile se nella primavera del 2010 avesse dichiarato l'insolvenza e fosse uscita dalla moneta unica. Si sarebbe liberata di buona parte del suo debito e con una Drachma svalutata avrebbe raggiunto una nuova competitività. La disoccupazione giovanile non sarebbe stata certo al 60% come oggi. Quello a cui assistiamo in Grecia è una tragedia per la gente del luogo, e la colpa per questa politica sbagliata ricade sui tedeschi, sebbene siano loro i principali contributori. Con questa politica ci stiamo impoverendo e allo stesso tempo ci attaccano usando le svastiche. Se la situazione nei paesi piu' grandi dovesse peggiorare, non potremmo mantenere la stessa politica usata in Grecia, perché le risorse non sarebbero sufficienti.

La Germania sembra il paese meno amato in Europa: troppo grande per restare nascosto, ma troppo debole per la leadership. Che cosa ne pensa un'economista?

Questo tema mi fa pensare continuamente. Sono al momento a Washington. La crisi europea qui è onnipresente. La Germania dovrebbe assumersi le proprie responsabilità e cercare soluzioni realmente sostenibili per la zona Euro. Soluzioni che possono risiedere solo in un sistema monetario piu' flessibile, a metà strada tra un sistema dei cambi fissi e una moneta nazionale come il dollaro. Mi immagino una unione monetaria aperta, da cui si possa uscire temporaneamente, se non si è in grado di far fronte alle difficoltà, e per fare cio' si possa contare sugli aiuti della comunità internazionale. Sono per un piano Marshall per la Grecia, ma solo dopo la sua uscita. E' una soluzione migliore e piu' conveniente rispetto all'erogazione di denaro fatta tramite le istituzioni comuni come la BCE, nelle quali non siamo sufficientemente rappresentati ma di cui siamo i principali finanziatori, e delle cui scelte siamo considerati  i principali responsabili.

Se lei confronta la Germania del 1989 e quella di oggi, quale è stato il cambiamento piu' importante?

La solidità finanziaria del nostro paese è andata perduta. I debiti pubblici nascosti e i rischi sono cresciuti massicciamente a causa di una Euro-politica sbagliata. Si avvicina inoltre il punto in cui i nostri babyboomer, che oggi sono verso la fine dei quaranta, vorranno andare in pensione senza pero' poter contare sul sostegno della generazione che li segue, a causa della loro bassa occupazione. Devo riconoscere che la politica ha cercato di contrastare questa tendenza introducendo un limite all'indebitamento in costituzione, e che in altri paesi la situazione è decisamente peggiore. Tuttavia vedo troppa contabilità creativa nei bilanci dello stato tedesco e nell'unione monetaria. In questo modo il peso che dovranno sopportare i nostri figli è solamente nascosto.

Ci stiamo muovendo verso la piena occupazione, in Europa la nostra flessibilità e il nostro mercato del lavoro causano ammirazione e invidia. Nel nostro paese invece lo slancio politico si sta riducendo. Secondo lei questo atteggiamento negli ultimi anni è cresciuto?

La Germania si trova a circa 3 milioni di posti di lavoro dalla piena occupazione. La disoccupazione oggi è 6 volte piu' grande rispetto ai tempi in cui io studiavo. A questo proposito mi permetta di esprimere qualche dubbio sulle sue affermazioni. E sicuramente vero che il mercato del lavoro va meglio rispetto a quasi tutti gli altri paesi europei. Abbiamo lavoro, ma a causa delle politiche europee mettiamo a rischio una parte sempre maggiore del nostro patrimonio, senza nemmeno rendercene conto. La crisi Euro è un'esperienza di vita molto amara nei paesi del sud-Europa, che pero' si ripercuote su di noi. Non dobbiamo trasformare la società tedesca, ma la casa europea.

L'economista Sinn è un normale cittadino. Quale sarebbe il suo piu' grande desiderio?

Dovrebbe arrivare una fata, far sparire nell'aria l'intero Euro-disastro, far sparire la croce uncinata che nella mente di molti europei viene agitata contro di noi. Allora potrei tornare a dormire sonni tranquilli.