Il presidente della Bundesbank Jens Weidmann intervistato dalla nostra redazione parla del pericolo di inflazione e delle azioni di aiuto per la vacillante Grecia.
RP: Lunedì i Ministri delle Finanze si riuniranno per decidere sugli aiuti alla Grecia. Gli aiuti devono essere erogati anche se il paese è economicamente al collasso?
Weidmann: La politica ha già deciso pubblicamente di continuare con gli aiuti alla Grecia. Ma il denaro dovrà essere erogato solo se la Troika confermerà che il paese nel lungo periodo potrà sostenere il suo indebitamento e applicherà le riforme concordate. E questa conferma ancora non c'è.
RP: Molti esperti non vedono nessuna luce alla fine del tunnel.
Weidmann: Bisogna decidere: è una mancanza di volontà riformatrice o sono invece le influenze esterne a rendere la situazione in Grecia peggiore di quanto atteso? E' chiaro: gli aiuti hanno un senso solo se la Grecia farà quanto richiesto. Questo è un segnale importante non solo per la Grecia, ma anche per gli altri paesi in crisi. E' necessario mantenere la pressione sulle riforme, altrimenti non si faranno progressi e l'Eurozona diventerà una Transferunion. Allora la stabilità dell'unione monetaria sarebbe davvero in pericolo.
RP: La decisione della Troika sarà indipendente, anche se i leader politici si sono già espressi in maniera cosi' chiara?
Weidmann: Questo di fatto è un problema. Come si può valutare serenamente il raggiungimento degli obiettivi, se le conseguenze di un giudizio negativo spaventano così tanto? Sono tuttavia fiducioso: la Troika giudicherà la situazione onestamente, prima di approvare i pagamenti.
RP: I greci in 3 anni hanno già vissuto diversi tagli alle pensioni, il governo tedesco dovrebbe fidarsi...
Weidmann: E' vero, nel frattempo sono state approvate misure che fino a poco tempo fa non erano nemmeno presentabili. Capisco quanto sia difficile per le persone colpite. Ma la Grecia non poteva evitare tagli profondi. E senza gli abbondanti aiuti, i tagli sarebbero stati anche molto piu' duri.
RP: Le banche private e le assicurazioni hanno già rinunciato ad una parte dei crediti verso Atene. Sarebbe giusto, se ora anche i creditori pubblici accettassero un taglio del debito?
Weidmann: Gli stati e le banche centrali dell'Eurosistema sono diventati creditori della Grecia durante la crisi - ma non prima della crisi ed in seguito ad una valutazione del rendimento, come avevano fatto invece banche e assicurazioni: il confronto in questo modo zoppica. In ogni caso: le banche centrali non possono rinunciare ai crediti verso la Grecia, questo sarebbe un trasferimento diretto e quindi un finanziamento degli stati, proibito dai trattati.
RP: E' vero che la BCE è il principale creditore della Grecia?
Weidmann: L'Eurosistema - vale a dire la BCE e le banche centrali nazionali - ha acquistato in maniera significativa titoli di stato greci, e in questo modo è diventato uno dei creditori piu' importanti. Cio' non ha risolto i problemi della Grecia. Al contrario ora abbiamo una discussione sulla partecipazione dell'Eurosistema a un taglio del debito. Tutto questo conferma le preoccupazioni che la Bundesbank ha avuto fin dall'inizio.
RP: Non sarebbe Più corretto, se fossero gli stati a rinunciare ai loro crediti?
Weidmann: Un taglio del debito da solo non risolve il problema. Che aiuto può dare un taglio del debito di Atene, se il paese fra 10 anni si troverà di nuovo al solito punto di oggi? La Grecia deve essere riformata radicalmente, per tornare ad essere piu' competitiva ed avere finanze sostenibili nel lungo periodo. Solo così un taglio del debito potrà essere di qualche aiuto.
RP: La Grecia fra 10 anni sarà ancora nell'Euro? E soprattutto fra 10 anni ci sarà ancora l'Euro?
Weidmann: L'Euro ci sarà ancora fra 10 anni, di questo sono sicuro. E' evidente che c'è la volontà politica di mantenere l'Euroarea integra. Questo avrà pero' anche delle conseguenze. Affinché l'unione monetaria resti una comunità stabile, le regole del gioco dovranno essere modificate e sui singoli paesi dovranno esserci maggiori controlli economici e finanziari. Il Fiskalpakt è un primo passo in questa direzione.
RP: Il presidente della BCE Mario Draghi è pronto a tutto pur di salvare l'Euro. Anche lei?
Weidmann: Tutti nel consiglio BCE ci battiamo per il successo di lungo periodo dell'Euro come moneta stabile. Insieme lottiamo per trovare la strada giusta: come possiamo dare il nostro contributo alla soluzione della crisi nell'ambito del nostro mandato, difendendo il valore del denaro? In seno al consiglio BCE siamo tutti d'accordo sul fatto che le nostre misure possano solo comprare tempo per i paesi in crisi. Le cause della crisi le può risolvere solamente la politica.
RP: Nel consiglio BCE lei è stato il solo a votare contro l'acquisto illimitato di obbligazioni dei paesi in crisi.
Weidmann: Vedo con crescente preoccupazione il fatto che l'Eurosistema si sia spinto sempre piu' nel campo della politica di bilancio. Ma per fare questo non siamo legittimati democraticamente. Inoltre cio' elimina la pressione sui governi, e rallenta lo zelo riformatore. Sicuramente nel nuovo piano di acquisto di titoli è stata indicata una forte condizionalità, ma la sua forza vincolante deve essere ancora dimostrata. In sostanza, la politica monetaria non deve finire nella scia della politica fiscale. L'esperienza ci insegna, che l'indipendenza della banca centrale è decisiva per mantenere il valore di una moneta stabile.
RP: Si dice che lei abbia preso in considerazione le dimissioni...
Weidmann: Non ho minacciato le dimissioni. Quando ho assunto l'incarico, sapevo che cosa mi attendeva. Che cosa avrebbero aggiunto le mie dimissioni? Un successore, che come me sostiene la cultura della stabilità Bundesbank, che ora si troverebbe nella stessa situazione e che risponderebbe alla sua domanda sulle voci di dimissioni.
RP: Si sente abbandonato dal suo ex capo, la cancelliera?
Weidmann: No, non è la mia impressione. Gli interessi e i compiti dei governi e delle banche centrali non sono sempre gli stessi. Come banchieri centrali dobbiamo avere sempre la nostra bussola e non possiamo affidarci all'aiuto della politica.
RP: La CDU e la FDP chiedono che la Germania non abbia un solo voto nel consiglio a 23 della BCE, piuttosto un peso pari alla sua partecipazione del 27%. Una proposta sensata?
Weidmann: L'idea dietro la regola, un paese un voto, è che i membri del consiglio BCE non perseguano interessi nazionali, piuttosto agiscano a livello europeo e applichino una politica monetaria priva di rischi. Quanto piu' con il progredire della crisi abbiamo indebolito il secondo punto, e distribuito rischi sui contribuenti nazionali, tanto piu' la richiesta arriva con forza dall'opinione pubblica. La risposta corretta non è quella di modificare i diritti di voto, ma di tornare ad una politica monetaria piu' coerente.
RP: Molti temono che la BCE diventi sempre piu' italiana e che la crisi alla lunga sia pagata con l'inflazione. Lei vede questo pericolo?
Weidmann: Italiano, tedesco - questo dibattito ci porta nella direzione sbagliata. E' importante che i problemi siano risolti nei singoli paesi e che l'unione monetaria nel complesso diventi un'area stabile, affinché la politica monetaria si possa di nuovo concentrare sulle sue responsabilità primarie.
RP: I cittadini possono avere paura dell'inflazione?
Weidmann: Nell'immediato non c'è alcuna preoccupazione per un'inflazione piu' alta. Molti paesi europei sono in recessione, e anche l'economia mondiale non cresce piu con forza. Cio' smorza l'aumento dei prezzi. Per la Germania, la Bundesbank si aspetta un'inflazione non superiore al 2%. Nel lungo periodo dobbiamo pero' essere estremamente vigili. Tecnicamente il consiglio BCE è nella condizione in ogni momento, di ridimensionare la politica monetaria espansiva. Ma per fare questo abbiamo bisogno anche della forza politica.