mercoledì 16 ottobre 2013

Il sogno del salario minimo e la Grosse Koalition

Le consultazioni per formare un nuovo governo vanno avanti senza successo, la Grosse Koalition è ancora lontana. Al centro delle trattative fra SPD e CDU resta il salario minimo: sarà la volta buona? Bert Rürup, economista ed ex membro della commissione dei saggi, su Die Zeit.
Finalmente c'è la possibilità di mettere mano ai difetti congeniti dell'Agenda 2010: ovvero, come la politica potrebbe finalmente trovare un accordo sul salario minimo.

Il risultato delle elezioni federali ha dato alla politica tedesca un'opportunità storica. Otto anni dopo il grande sconvolgimento nel mercato del lavoro, probabilmente al Bundestag c'è una maggioranza per rimuovere il difetto di nascita delle riforme: la mancanza di un salario minimo fissato dalla legge. Negli ultimi 8 anni la sua assenza ha screditato l'intero impianto dell'Agenda 2010 e ha fatto sì che il nucleo delle riforme - l'Arbeitslosengeld II - abbia funzionato peggio di quanto avrebbe dovuto.

L'Arbeitslosengeld II (ALG II) - diversamente da quanto ritiene l'opinione pubblica - è un "salario combinato" (Kombilohnmodell). Vale a dire: se i lavoratori non riescono a vivere del loro salario, non è corretto definirli "Aufstocker". Di fatto lo stato non sta pagando un sostegno al reddito, ma contribuisce al salario del lavoratore. A voler essere precisi, il contributo puo' essere considerato anche una rinuncia: nel momento in cui lo stato calcola il contributo dovuto al lavoratore, non sta prendendo in considerazione il salario definito dal mercato del lavoro.

L'OCSE già da tempo ha sottolineato che un "salario combinato" senza un salario minimo ha una debolezza cruciale: i datori di lavoro, praticando dei bassi salari, avranno sempre maggiori incentivi ad appropriarsi di una parte del sostegno al reddito originariamente pensato per il lavoratore. Un salario minimo fissato dalla legge, sostengono gli esperti OCSE, invece, lo impedirebbe. Ed hanno perfettamente ragione.

Affiancare un salario minimo all'Arbeitslosengeld II tedesco sarebbe utile anche per un altro motivo: chi riceve ALG II e guadagna piu' di 100 € al mese aggiuntivi, subisce una detrazione sui trasferimenti sociali. Un destinatario di ALG II percio' non ha nessun incentivo a chiedere un salario piu' alto, oppure a cercarsi un lavoro meglio retribuito. Un salario minimo ridurrebbe questo effetto.

Gli oppositori del salario minimo sostengono invece che in questo modo si finirà per distruggere posti di lavoro. Ma la letteratura scientifica non chiarisce in maniera univoca l'effetto che l'introduzione di un salario minimo ha sull'andamento dell'occupazione. Pertanto la politica dovrebbe basarsi su di una legge ferrea dell'economia: ogni occupato deve guadagnarsi il costo del suo lavoro attraverso la propria produttività. In caso contrario sarebbe licenziato oppure non assunto. Sarà quindi decisivo il livello del salario minimo.

L'obiettivo centrale della politica tedesca dovrebbe pertanto essere quello di migliorare il reddito del maggior numero possibile di lavoratori - senza metterne in pericolo il posto di lavoro. Un salario minimo un po' piu' alto puo' ridurre i divari salariali. Ma se poi alla fine ci saranno piu' individui senza un lavoro, crescerà di fatto la diseguaglianza.

Le negoziazioni in corso fra SPD e CDU offrono la possibilità di un buon compromesso. La SPD vuole un salario minimo di 8.5 € l'ora per tutta la Germania, da adeguare periodicamente secondo le raccomandazioni di un comitato di esperti. L'Unione invece si affida a dei salari minimi specifici per ogni settore, che dovranno essere fissati dalle parti sociali per ogni differente settore e per ogni regione.

Entrambe le posizioni hanno delle debolezze. Contro la proposta dell'Unione gioca il fatto che la Germania verrebbe ricoperta da un complesso mosaico di salari minimi regionali e di categoria. L'impatto di un tale provvedimento sulle contrattazioni salariali sarebbe incalcolabile. Lo svantaggio della proposta SPD sarebbe invece: con un salario di 8.5 € l'ora per tutta la Germania, uno strumento di per sé corretto, perderebbe credibilità soprattutto nei nuovi Länder. Con un salario minimo di questo livello ci sarebbero molti licenziamenti.

Un compromesso sensato e che puo' salvare la faccia ad entrambe le parti potrebbe essere quello di iniziare con un salario minimo di 7.5 € l'ora nella Germania dell'ovest, e di 7 € al massimo nella Germania dell'est. Il presidente dell' Institut für Arbeitsmarkt-und Berufsforschung, Joachim Möller, ipotizza che un salario minimo di questo livello possa migliorare la situazione di almeno 1.5 milioni di lavoratori - senza che sia necessario arrivare a dei licenziamenti.

Se il salario minimo dovrà essere ridotto oppure aumentato - secondo l'esempio britannico - potrebbe poi essere una apposita commissione a deciderlo. Gli inglesi con la loro "Low Pay Commission", composta da esperti, datori di lavoro e rappresentanti sindacali, hanno avuto una buona esperienza. Una tale commissione indipendente potrebbe anche assicurare che la definizione del salario minimo resti depoliticizzata. Anche il rischio che la politica possa aumentare il salario minimo solo per ragioni di tattica elettorale, in questo modo verrebbe meno.

E' auspicabile che l'Unione e la SPD possano utilizzare la finestra appena aperta, e finalmente decidano di completare l'Agenda 2010.

martedì 15 ottobre 2013

Il nuovo masochismo nazionale tedesco secondo Hans Olaf Henkel

Hans Olaf Henkel, ex presidente degli industriali tedeschi e fra i promotori del Manifesto di solidarietà europea, nella sua consueta rubrica "Henkel Trocken" attacca l'unione bancaria e il nuovo masochismo tedesco. Da Handelsblatt.de
Con l'unione bancaria gli euro-salvatori stanno minando le fondamenta della democrazia in Europa, scrive il nostro columnist Hans-Olaf Henkel. Soprattutto i tedeschi si stanno esercitando nel "nuovo masochismo nazionale" e con un certo compiacimento hanno ormai superato la linea rossa.

Sulla televisione pubblica la "crisi dell'Euro" ottiene dei titoli abbastanza innocui, come ad esempio "crisi del debito sovrano" oppure "crisi finanziaria". Cosi' i giornalisti si sono adattati alle regole linguistiche del governo e fanno in modo che nessuno inizi gridando "al ladro, al ladro", e finisca prendendo di mira "l'Euro". Chiaro, come altri paesi non-Euro, l'Eurozona soffre per l'accumulo decennale di debito pubblico, e per le conseguenze di lungo periodo della crisi iniziata cinque anni fa.

Ma le banche non dovranno essere stabilizzate e risanate soltanto in Europa. Ovunque, non importa se in Svezia, Svizzera, Stati Uniti o in Giappone, resta un compito delle istituzioni democraticamente elette decidere se e come il contribuente deve partecipare al salvataggio delle proprie banche.

Con l'unione bancaria gli euro-salvatori non stanno solamente socializzando il debito bancario, ma stanno minando le fondamenta della democrazia.

La prima parte dell'unione bancaria sembrerebbe andare incontro al naturale desiderio dei tedeschi di tenere la situazione sotto controllo. Tuttavia il nome "controllo bancario europeo" nasconde ai nostri occhi cio' che realmente i paesi del sud, con la Francia in testa, vorrebbero ottenere: la messa in comune dei debiti bancari all'interno dell'unione bancaria. Non c'è da meravigliarsi, le banche del sud sono molto piu' indebitate rispetto a quelle del nord. Il professor Roland Vaubel dell'Università di Mannheim ha recentemente chiarito cio' che gli euro-salvatori realmente si immaginano: prendere con l'ESM "le stesse decisioni prese dai ministri delle finanze".

Lo si puo' dire con una certa soddisfazione: proprio il meccanismo europeo di stabilità (ESM), approvato dal Bundestag con la promessa solenne di sostenere finanziariamente solo ed esclusivamente gli stati, e al cui finanziamento la Germania contribuisce con il 27%, adesso potrà rifinanziare in maniera diretta le banche spagnole e francesi, senza il coinvolgimento del governo federale o del Bundestag. Anche i politici tedeschi e il rappresentante tedesco presso la BCE Asmussen si sono pronunciati a favore.

Un amico francese dell'autore di queste righe riconduce il fenomeno ad un nuovo "masochismo nazionale tedesco" che l'Euro avrebbe causato nella politica, nei media e nell'economia tedesca. La nuova "linea rossa" tracciata sulla sabbia durante la campagna elettorale, ad esempio come difesa dal fondo bancario europeo per la tutela dei depositi, non solo sarà superata, ma travolta. Allora a garantire per le banche disastrate del sud non saranno chiamati solamente i contribuenti tedeschi, ma anche i risparmiatori.

Dal momento che quasi tutti gli argomenti economici e politici per l'adesione all'Euro sono venuti meno, i politici tedeschi - e non solo - fanno sempre piu' spesso ricorso all'argomento della pace in Europa. Ma non dovrebbero dimenticare che per la pace non dobbiamo ringraziare l'Euro, ma la democrazia. Su questo continente non è mai accaduto che una democrazia abbia aggredito un'altra democrazia. Ma sono proprio i nostri "euro-salvatori masochisti nazionali" a danneggiare la nostra democrazia. Sebbene l'Euro continui ad essere una minaccia, preferiscono farlo vagare libero senza gridare "fermate il ladro!". Come ha scritto recentemente Carlos Gebauer sul giornale „Eigentümlich Frei", preferiscono gridare: "teniamoci il ladro!"

lunedì 14 ottobre 2013

I documenti confidenziali del FMI sul caso greco

Che il salvataggio greco sia stato fatto su misura dei creditori esteri di Atene, lo sapevamo già. Adesso arrivano i verbali segreti delle sedute del FMI a confermalo. Dal wsj.de
La Grecia nel 2010 doveva essere salvata con un pacchetto di aiuti miliardario? I documenti confidenziali di cui è in possesso il Wall Street Journal mostrano che il FMI al proprio interno era profondamente diviso. Nonostante cio', si decise di concedere ugualmente gli aiuti.

I documenti confidenziali sono in palese contrasto con le dichiarazioni ufficiali del FMI e non mancheranno di riaccendere la discussione sul possibile taglio del debito greco. La Germania ed altri altri stati europei infatti continuano a rifiutare una ristrutturazione del debito greco nel tentativo di nascondere agli occhi dei propri elettori la reale situazione. Ma visto che il FMI in futuro non intenderà concedere nuovi aiuti alla Grecia se il debito non dovesse scendere, molto probabilmente si dovrà arrivare ad una decisione in questa direzione. 

Un terzo dei membri del FMI aveva dei dubbi

Data l'estrema incertezza che caratterizzava l'intero piano di salvataggio, sin dall'inizio il FMI si è pronunciato a favore di un taglio del debito.  Il primo piano di aiuti è stato approvato il 9 maggio 2010, e gli atti relativi alla decisione - catalogati come segreti o altamente confidenziali - ci offrono una visione degli avvenimenti interni al FMI.

Quasi un terzo di tutti i membri del consiglio direttivo, che insieme rappresentano oltre 40 paesi non europei, secondo gli atti, avevano dei forti dubbi sull'intero piano di salvataggio greco. Erano in molti a ritenere che il programma di salvataggio stava spostando sui greci l'intero onere dell'aggiustamento, mentre dai creditori europei non si pretendeva alcuna rinuncia. Molti membri del FMI sostenevano infatti che il salvataggio non avrebbe avuto successo se i creditori esteri della Grecia non avessero rinunciato ad una parte dei crediti.

"Sul tavolo della discussione dovrebbe esserci la possibilità di una ristrutturazione del debito", affermava Pablo Andrés Pereira durante la difficile riunione del 2010, all'epoca direttore esecutivo e rappresentantante argentino. Il fondo, secondo Pereira, "corre il rischio di ritardare o addirittura peggiorare l'inevitabile default greco".

I rappresentanti di Brasile, Russia, Canada e Austrialia, sempre secondo gli atti, nella stessa seduta hanno parlato degli immensi rischi cui il programma di salvataggio andava incontro. Il rappresentante brasiliano al FMI, sempre secondo gli atti, definiva il piano "inappropriato e decisamente non sostenibile" o piu' semplicemente un "salvataggio dei creditori privati dello stato greco, soprattutto degli istituti di credito europei".

I rappresentanti europei ed americani, che nel consiglio direttivo hanno oltre la metà dei diritti di voto, sono comunque riusciti ad ottenere un numero sufficiente di voti per approvare il programma di salvataggio.

Il programma di aiuti finanziari prevedeva infatti come condizione una forte riduzione del debito ed un aumento delle tasse. La ristrutturazione del debito - sotto forma di rinuncia dei creditori, riduzione dei tassi oppure un allungamento della durata - non era prevista. E cio' ha salvato i detentori di titoli greci (principalmente banche europee) dalle perdite in cui sarebbero incorsi con una ristrutturazione.

Gli interessi europei sono piu' importanti di quelli greci

Alcuni dei membri del FMI all'epoca contrari al programma di salvataggio, continuano a sostenere che sono stati tutelati gli interessi dei paesi creditori, ma non quelli greci. Dal 2009 l'economia greca si è ridotta di un quinto e il tasso di disoccupazione del paese è salito a quasi il 28 %. La situazione attuale spinge il FMI a chiedere ai paesi europei una rinuncia ai crediti, almeno stando alle recenti dichiarazioni degli attuali rappresentanti del FMI.

"Il piano di aiuti non è stato un programma di salvataggio per la Grecia, piuttosto dell' Eurozona", dice uno dei rappresentanti del FMI presenti alla riunione del 2010.

I documenti riservati mostrano che diversi membri nel consiglio direttivo del FMI sin dall'inizio guardavano con molto scetticismo alle previsioni economiche: le consideravano "eccessivamente ottimiste" oppure "troppo positive".

Per molti versi, la storia del piu' grande pacchetto di salvataggio approvato dal FMI, dovrà essere interamente riscritta.

L'allora direttore del FMI Dominque Strauss-Kahn nel maggio 2010 dichiarava ai giornalisti che il fondo "non aveva alcun dubbio sulle possibilità di successo del piano". Ma dietro le quinte una parte importante del direttorio nutriva dei forti dubbi sull'efficacia del piano o addirittura era arrabbiata, almeno da quanto si legge fra i verbali delle riunioni.

Rabbia e frustrazione nel direttorio FMI

Gli aggiustamenti finanziari richiesti alla Grecia sono uno "sforzo immane a cui l'economia non riuscirà a far fronte", ha dichiarato l'ex direttore del FMI, l'indiano Arvind Virmani, durante la seduta in cui è stato approvato il primo pacchetto di salvataggio. Il numero uno del fondo si era infatti già chiesto se le dimensioni del risparmio che il FMI si aspettava dalla Grecia non avrebbero piuttosto fatto fallire il programma e portato il paese al default.

Tutti i tentativi di raggiungere l'ex capo del FMI Strauss-Kahn per avere un commento sul tema purtroppo sono andati a vuoto. Nel frattempo il FMI ha riconosciuto alcuni errori. In un rapporto pubblicato nel mese di giugno, il Fondo ha finalmente ammesso che alcune proiezioni finanziarie erano troppo rosee.

I funzionari del FMI tuttavia hanno sempre sottolineato le loro buone intenzioni: quando nel 2010 il piano di salvataggio è stato approvato, il FMI nelle proprie considerazioni interne non riteneva necessaria una ristrutturazione del debito

"Nel maggio 2010 sapevamo che la Grecia avrebbe avuto bisogno di un fondo di salvataggio ma non che sarebbe stata necessaria una ristrutturazione del debito", ha detto il direttore del FMI Christine Lagarde in un'intervista rilasciata in giugno. "Non sapevamo che la situazione economica generale sarebbe peggiorata cosi' rapidamente come poi ha fatto", sempre Lagarde.

Nei primi mesi del 2011, quando orami era chiara la non sostenibilità del debito, il FMI ha preteso una ristrutturazione, conferma un portavoce del FMI.

Già nel 2010 si parlava di un taglio del debito

I documenti confidenziali del FMI mostrano che sin dall'inizio si parlava apertamente della necessità di ristrutturare il debito greco. Nella seduta del maggio 2010 i rappresentanti del Medio oriente, dell'Asia e dell'America Latina hanno chiesto piu' volte perché questa opzione non fosse stata presa in considerazione.

I rappresentanti europei invece sono rimasti "molto sorpresi" quando la Svizzera "con molta enfasi", all'interno del consiglio direttivo FMI si è schierata a fianco dei critici, sempre secondo i verbali delle sedute. "Perché una ristrutturazione del debito e il coinvolgimento del settore privato non sono stati contemplati dal piano di salvataggio?", chiedeva il rappresentante svizzero René Weber.

Oggi il FMI sostiene che nel 2010 una ristrutturazione non sarebbe stata praticabile. Il rischio che i problemi finanziari greci potessero diffondersi anche verso altri paesi era troppo grande.

Una larga parte dei titoli di stato greci allora era in possesso delle banche tedesche e francesi. Per questa ragione la ristrutturazione non era una possibilità contemplata dai capi di stato europei. E gli USA temevano per i loro investimenti miliardari nel capitale delle banche europee.

L'attuale presidente del FMI Lagarde, all'epoca ancora Ministro delle finanze in Francia, era impegnata a limitare con ogni mezzo le perdite per le banche del suo paese. Le banche francesi avevano infatti una grande esposizione verso la Grecia.

Nel 2013 nel direttorio del FMI arriva la svolta 

In una relazione del giugno 2013 il FMI ha ammesso "carenze significative" nel programma di salvataggio greco, sebbene il fondo avesse già indicato la strada da seguire. "Sin dall'inizio sarebbe stata preferibile una ristrutturazione del debito, sebbene per i partner europei fosse inaccettabile", si dice nel rapporto.

Il FMI constata che sin dall'inizio l'operazione di salvataggio ha permesso ai creditori privati di ridurre l'esposizione, scaricandone i costi "sul contribuente e sul settore pubblico".

Diversi rappresentanti del FMI già 3 anni fa avevano messo in guarda. "Si puo' dire che l'operazione piu' che un programma di salvataggio per la Grecia, sia  una forma di salvataggio dei creditori privati, soprattutto degli istituti finanziari europei", affermava il rappresentante brasiliano Paulo Nogueira Batista durante una seduta del 2010.

Gli scettici avevano ragione. La Grecia non è riuscita a raggiungere gli obiettivi finanziari concordati e nel 2012 ha avuto bisogno di un ulteriore piano di salvataggio. Nel piu' grande piano di salvataggio mai intrapreso dal FMI, i creditori privati hanno dovuto farsi carico di una parte delle perdite

Con il collasso dell'economia greca il debito del paese è esploso. E la situazione potrebbe spingere i governi dell'Eurozona a mettere in campo un terzo pacchetto di salvataggio. Ma questa volta dovranno necessariamente rinunciare ad una parte dei crediti verso la Grecia.

giovedì 10 ottobre 2013

Apprendisti tedeschi e cetrioli spagnoli

Che la presunta mancanza di forza lavoro qualificata fosse piu' che altro propaganda, lo sospettavamo, adesso c'è una prova in piu', ed arriva dalla Turingia. Da thueringer-allgemeine.de
Nessuna conoscenza di tedesco a 2000 km da casa: 128 giovani spagnoli di età fra i 18 e i 35 anni piantati in asso ad Erfurt.

Nel loro paese gli era stata promessa una formazione professionale, un posto di lavoro e un buon alloggio, ci racconta Luciano Mera Palermo. Il trentenne arriva da Madrid e parla a nome del gruppo di giovani spagnoli che si sentono ingannati e traditi. Gli avevano parlato di camere doppie con bagno, riscaldamento e internet. Ora invece dormono in 10 in una stanza.

Dopo il loro arrivo ad Erfurt solo sette giovani spagnoli hanno iniziato un corso di tedesco, ma poco dopo sono stati esclusi per le fatture non saldate, dice Mera Palermo. La maggior parte aspetta ancora la formazione professionale e i posti di lavoro promessi. Nel frattempo, solo grazie all'intervento dell'Ambasciata spagnola in Germania i giovani hanno sottoscritto i primi accordi per i tirocinii.

In Spagna la società Sphinx Consulting SL di Madrid ha fatto una grande pubblicità ai lavori in Turingia: raccontavano che proprio in quel periodo in Turingia si stavano cercando degli apprendisti nella ristorazione. Tramite un programma di finanziamento del governo federale tedesco sarebbe stato possibile avere anche un sostegno per i costi di viaggio e di trasloco. In verità molti di loro hanno dovuto pagare di tasca propria anche i 150 € per un mese di corso di tedesco in Spagna. Anche l'aereo per Francoforte e il biglietto del treno fino ad Erfurt li hanno pagati di tasca propria, racconta Mera Palermo. Ora invece stanno pagando per l'alloggio e non hanno alcuna speranza di rivedere indietro i soldi.

Nel frattempo l'ambasciata si è attivata e ha spiegato ai giovani che avrebbero dovuto presentare i formulari per le domande di sovvenzione in Spagna, prima di partire.

Queste iniziative private non sarebbero una prassi aziendale affidabile, dichiara il ministro dell'economia della Turingia Matthias Machnig (SPD). In tali progetti sarebbe consigliabile entrare in contatto con i responsabili locali e chiarire le condizioni generali prima di partire.

Quasi un lavoratore su quattro ha un "basso salario"

Una recente analisi dell'Institut Arbeit und Qualifikation ci ricorda ancora una volta le dimensioni del cosiddetto settore a "basso salario": quasi un occupato su quattro ne fa parte e la sola via di uscita resta il salario minimo fissato per legge. Dalla Hans-Böckler-Stiftung
Percentuale di occupati che riceve un "basso salario"
Anche se il mercato del lavoro negli ultimi mesi ha avuto uno sviluppo positivo, quasi un occupato su quattro continua a lavorare per un "basso salario". Lo mostra un'analisi del panel socio-economico realizzata da Thorsten Kalina e Claudia Weinkopf dell'Institut Arbeit und Qualifikation (IAQ). Nel 2011, secondo gli ultimi dati disponibili, 8.1 milioni di lavoratori guadagnavano meno dei due terzi del salario orario mediano, cioè meno di 9.14 € lordi l'ora, vale a dire il 23.9% degli occupati. Rispetto al 2010 la quota è leggermente diminuita - dello 0.7%. Dal 1995 il numero dei lavoratori coinvolti è invece cresciuto di 2.6 milioni.

La paga oraria media degli occupati nel settore a "basso salario" è ancora inferiore: nel 2011 la media era di 6.46 € lordi l'ora nella Germania dell'ovest e 6.21 € nell'est. In tutta la Germania circa 1.8 milioni di occupati si sono dovuti accontentare di un salario orario inferiore ai 5 € lordi l'ora, 2.9 milioni guadagnavano meno di 6 € lordi e 4.4 milioni meno di 7 € lordi. A ricevere una bassa paga molto spesso sono i minijobber: nel 2011 oltre la metà di loro lavorava per meno di 7 €  lordi l'ora, un terzo per meno di 5 € lordi. Con l'introduzione di un salario minimo per legge di almeno 8,5 € lordi l'ora, circa un quinto della forza lavoro complessiva vedrebbe salire la propria busta paga. Secondo i ricercatori dello IAQ sarebbero quasi 7 milioni i lavoratori ad avere diritto ad un aumento salariale. 


Percentuale fra tutti gli occupati che nel 2011 lavorava per un salario orario lordo inferiore alla soglia indicata

Oltre ai minijobber, fra gli occupati a rischio di ricevere un basso salario ci sono i lavoratori senza formazione professionale, nel 2011 4 su 10 guadagnavano meno di 9.14 € lordi l'ora, Anche i giovani, i lavoratori a tempo determinato e gli stranieri sono sovrarappresentati in questo gruppo.

Il 71.2% dei minijobber nel 2011 riceveva un "basso salario"

Aumentano rispetto a 10 anni fa i lavoratori qualificati che ricevono un "basso salario": il rischio è cresciuto del 16.8 % dal 2001 al 2011. Nel complesso il 69.8% di tutti i lavoratori a "basso salario" ha completato una formazione professionale, l'8.7 % perfino uno studio di livello universitario.

Tra i lavoratori full time la crescita fra il 2001 e il 2011 è stata del 13.9 %. Fra le donne la quota è leggermente scesa - dal 29.9 al 29.6 %. Tuttavia in ogni forma lavorativa e ad ogni livello di qualificazione le donne rispetto agli uomini hanno maggiori probabilità di ricevere una bassa paga oraria: anche dopo aver concluso una formazione professionale il rischio resta doppio.

Le conseguenze per Kalina e Weinkopf sono molto chiare: i salari minimi settoriali non sono evidentemente sufficienti a bloccare il fenomeno dei "bassi salari" in Germania. "Con l'introduzione di un salario minimo per legge, ci sarebbe una soglia minima non superabile e valida per tutti gli occupati", scrivono i ricercatori dello IAQ. Inoltre, l'altissima percentuale di bassi salari fra i minijobbber metterebbe alla prova lo status speciale di questa forma di occupazione: "per limitare in maniera efficace le dimensioni del settore a basso salario, un contributo ulteriore potrebbe essere infatti dato dall'abolizione dei minijob".


martedì 8 ottobre 2013

Bolkestein: i paesi tripla-A introducano una valuta parallela

L'ex commissario europeo Frits Bolkestein, intervistato qualche giorno fa da "Die Freie Welt", propone il superamento dell'Euro con l'introduzione di una valuta parallela nei pesi tripla-A: cosi' non possiamo continuare, il mercato comune non sarebbe a rischio. Da freiewelt.net
FreieWelt.net: Come Commissario UE, quali sono stati i suoi progetti piu' importanti?

Bolkestein: come già accennato ho avuto 3 compiti principali: il mercato interno, le tasse e l'unione doganale. L'unione doganale non mi ha creato problemi, qualche pensiero' in piu' invece me l'ha dato la fiscalità europea, e in questo ambito non ho potuto raggiungere gli stessi obiettivi. Recentemente sono tornate in voga proposte con cui mi ero già confrontato all'epoca. Ad esempio alcuni vorrebbero introdurre una "base imponibile comune" per tutte le imprese europee. Io credo sia una buona idea. Ma se penso alla situazione attuale, trovo ridicola l'idea di avere una imposta comune sul reddito. Non ci arriveremo mai. Si è parlato anche di una tassa comune sul valore aggiunto, ma anche in questo caso l'unificazione non ha fatto grandi progressi. Chi chiede di introdurre un sistema fiscale europeo unico, sta semplicemente "abbaiando alla luna".

FreieWelt.net: perché?

Bolkestein: perché gli stati membri non si troverebbero mai d'accordo. I britannici e gli irlandesi non lo approverebbero. I francesi invece lo vogliono. I francesi vorrebbero un sistema fiscale unitario perché devono mantenere un elevato livello di tassazione nel loro paese. Io invece sono per la concorrenza fiscale perché vorrei vedere una tassazione piu' bassa. I francesi non vogliono alcuna concorrenza fiscale fra gli stati. Non l'hanno mai voluta, e le cause vanno fatte risalire fino a Rousseau. Vogliono solo che il governo ripartisca i progetti, gli affari, i ruoli etc. fra i membri dell'establishment economico. A loro non piace la concorrenza. Sarkozy una volta ha domandato: "che cosa c'è di tanto sbagliato nel protezionismo?" E' una questione di comprensione: non capiscono che senza la concorrenza la loro industria e la loro economia sono destinate al declino. La disoccupazione è cosi' alta anche per questo motivo. Il mercato del lavoro francese è completamente paralizzato dalle regole.

Ad ogni modo lei mi ha chiesto che cosa sono riuscito ad ottenere. Beh, nel campo dei servizi finanziari ho fatto molto, il mio predecessore Mario Monti ha iniziato il lavoro ed io l'ho proseguito. E' stato un buon lavoro, secondo me. Non ho mai avuto niente a che fare con l'unione monetaria. Bisogna fare una grande distinzione fra l'unione monetaria e l'unione europea. Se lo zio d'America dice, "il fallimento dell'unione monetaria, corrisponde al fallimento dell'Europa", io credo sia una stupidaggine. Non dobbiamo farci intimidire. L'unione europea esisteva prima dell'unione monetaria, e continuerà ad esistere anche dopo l'unione monetaria.

FreieWelt.net: la fine dell'unione monetaria corrisponderebbe con la fine del mercato unico? E' cio' che temono molti economisti tedeschi...

Bolkestein: non capisco perché. Non capisco. Il mercato interno è un vantaggio per tutti noi. Percio' non vedo perché dovrebbe scomparire se l'Euro dovesse dissolversi - cosa che non accadrà. Io non sono per un'uscita dell'Olanda dall'Euro, piuttosto sostengo l'introduzione delle valute parallele. Io dico: continuiamo con l'Euro, ma nei paesi con tripla-A lasciamo che venga reintrodotta una valuta parallela. Non vedo perché non dovrebbe essere possibile.

FreieWelt.net: secondo lei quali sono gli spazi politici per introdurre una moneta parallela?

Bolkestein: posso solo ipotizzare che in Germania molto dipenderà dal successo o dall'insuccesso di Alternative für Deutschland. Ma in queste condizioni non possiamo comunque andare avanti. L'assunto di base dell'unione monetaria è sbagliato. L'assunto di base dice: „One-size-fits-all“. Ora pero' sappiamo che la stessa taglia non va bene per tutti. Ci sono due culture economiche in Europa: c'è la cultura del nord-Europa (Germania, Olanda, Finlandia e Austria) e c'è la cultura dell'Europa mediterranea, di cui la Francia fa parte. La cultura del nord crede alla solidità, la cultura mediterranea alla solidarietà. Solidarietà significa: il denaro degli altri. Per questo io dico: l'Euro puo' sopravvivere, ma per i paesi tripla-A c'è bisogno di una valuta parallela.

FreieWelt.net: in Germania ci sono economisti di primo piano che rifiutano tali proposte. Temono che nel caso di un fallimento del sistema attuale ci sarebbero perdite enormi...

Bolkestein: non possiamo proseguire all'infinito con un sistema fondato su di un falso presupposto. Non possiamo avere all'infinito un sistema fondato sul principio del „one-size-fits-all“. Prima o poi si dovrà arrivare ad uno stop.

FreieWelt.net: nella crisi Euro sono emerse forti differenze fra Francia e Germania, e i due paesi si sono accusati reciprocamente. Non le pare che il motore dell'integrazione franco-tedesco sia sempre piu' in difficoltà?

Bolkestein: se parliamo di unione monetaria, certamente si'. Ma c'è una differenza fra l'unione monetaria e l'unione europea, come ho già detto. Dobbiamo continuare il nostro lavoro per l'integrazione europea, che prima di tutto significa libero scambio. E dovremmo riformare l'unione monetaria, con l'introduzione di una moneta parallela.

FreieWelt.net: lei crede che la proposta di introdurre una valuta parallela avrebbe anche l'approvazione dei francesi, degli italiani etc?

Bolkestein: a loro non piacerebbe. E non solo perché non hanno la loro tripla-A. I francesi stanno facendo una politica economica disastrosa. E' davvero pessima. Come faccio io a spiegare agli olandesi, che vanno in pensione a 67 anni, che la Francia, dopo aver abbassato l'età pensionabile da 62 a 60 anni, dovrà essere aiutata? Si metterebbero a ridere di me.

La nuova offensiva tedesca in politica estera

Con un discorso forse destinato ad entrare della storia, il presidente tedesco Joachim Gauck la scorsa settimana ha chiesto ai tedeschi un rinnovato impegno in politica estera: non possiamo deludere le aspettative, il nostro paese deve essere protagonista nel mondo. Da German Foreign Policy
Berlino avvia una nuova offensiva per il consolidamento della sua egemonia all'interno dell'UE e per rafforzare il suo ruolo geopolitico. "In Germania e all'estero si fanno sempre piu' forti le voci  che chiedono al nostro paese di avere un ruolo di primo piano nel mondo", ha detto il presidente Joachim Gauck la scorsa settimana in un discorso tenuto in occasione dell'anniversario della riunificazione tedesca. La Repubblica Federale non è un'isola e in futuro non potrà sottovalutare il suo ruolo internazionale: restiamo la "quarta economia del mondo". Come fonte di ispirazione il presidente della repubblica, fra gli altri, ha fatto riferimento al ministro degli esteri polacco, che già a fine 2011 aveva chiesto una leadership tedesca piu' forte, e ad un importante pubblicista americano che recentemente, subito dopo le elezioni federali, ha chiesto a Berlino di assumere un forte ruolo di guida all'interno dell'UE. L'uscita di Gauck è stata preparata con molta attenzione dall'establishment al vertice della politica estera tedesca. Mentre parti importanti delle elite di altri paesi sono pronte ad accettare con benevolenza una nuova egemonia tedesca, la maggioranza della popolazione dei paesi del sud-Europa è molto critica nei confronti della condotta di Berlino. Le lotte di potere intra-europee continuano: il primo ministro lussemburghese Jean-Claude Juncker, già qualche mese fa, ha messo in guardia facendo un parallelo con gli anni immediatamente precedenti alla prima guerra mondiale.

La chiamata delle voci

Il presidente della repubblica Gauck, nel suo recente discorso in occasione della festa della riunificazione (3 ottobre), ha ribadito la necessità di una nuova politica estera tedesca. Con il ricorso al suo consueto armamentario retorico Gauck ha affermato che fino ad ora la Germania  sullo scenario internazionale sarebbe rimasta troppo poco coinvolta, nonostante i 6000 soldati sparsi per il mondo in oltre 10 stati e il brutale programma di risparmi imposto all'Eurozona. "Ma ora alcuni paesi nostri vicini" si augurano "un ruolo di guida per la Germania"; stanno crescendo "all'interno e all'esterno del nostro paese le voci che chiedono alla Germania una maggiore partecipazione nella politica internazionale". Il nostro paese è "fortemente popolato, al centro del continente e resta saldamente la quarta economia mondiale"; dobbiamo impedire che "la Germania sminuisca il proprio ruolo". Dovremmo pensare al "nostro paese, come a una nazione che ha il coraggio di dire si' a se stessa". La Germania non è un'isola, in futuro dovrà partecipare piu' attivamente alla soluzione dei conflitti globali, anche militarmente.[1]

La Cancelliera d'Europa

Il discorso di Gauck è stato preparato con cura nell'establishment al vertice della politica estera berlinese. L'egemonia tedesca all'interno dell'UE, da oltre 2 anni, viene discussa alla luce del sole sia nelle pubblicazioni specialistiche che nei commenti dei principali media. All'inizio del 2011 uno dei giornalisti piu' vicini al governo federale ha ridefinito Angela Merkel la "Cancelliera d'Europa".[2] Nel giugno 2013 il capo del dipartimento per la pianificazione del ministero degli esteri tedesco, Thomas Bagger, presso il Think-Tank di Washington "Center for European Policy Analysis", è intervenuto per parlare della leadership tedesca in Europa. Bagger ha dichiarato: "a Berlino si è consapevoli delle voci che chiedono un ruolo di leadership della Repubblica Federale in Europa, ma a causa della nostra storia carica di violenza, sul tema dell'egemonia tedesca resta una certa sensibilità". Il giornalista britannico Timothy Garton Ash racconta che dietro le quinte i vertici dello stato tedesco si sarebbero messi d'accordo: "Dobbiamo far finta di trattare con la Francia sullo stesso piano". [3] Nel confronto fra i due paesi, la supremazia economica tedesca sarebbe ineguagliabile.

Le elite sono divise

Una parte delle elite europee approva la nuova egemonia tedesca in Europa - e contribuisce alla sua implementazione. Il ruolo di ispiratore di questa politica l'ha avuto Radosław Sikorski, il ministro degli esteri polacco. Sikorski nel novembre 2011 in un discorso presso la Deutsche Gesellschaft für Auswärtige Politik (DGAP) ha detto: "oggi temo molto di piu' l'inattività tedesca, che non il suo ruolo di guida".[4] Da allora la chiamata ad una "leadership tedesca" nell'UE ha riscontrato una certa accettazione. In agosto Timothy Garton Ash, su di una importante rivista americana, è tornato ad interrogarsi sulla "nuova questione tedesca". Riferendosi ad incontri personali con la Cancelliera ed altri membri del governo, Ash ha scritto che la "Germania non ha cercato un ruolo di leadership in Europa", ma questa condizione è divenuta nei fatti realizzabile grazie alla grande forza economica. Dopo le elezioni presidenziali la Repubblica Federale dovrà affrontare con piu' decisione le problematiche interne all'UE. [5] Il presidente Gauck nel suo intervento del 3 ottobre ha fatto riferimento alle parole di Ash e Sikorski: a coloro che "chiedono un maggiore impegno della Germania nella politica internazionale", appartengono anche "un ministro polacco e dei professori di Oxford e di Princeton". Ash è professore ad Oxford.

Oltre l'80% è contrario

In forte contrasto con l'accettazione dell'egemonia tedesca di una parte delle elite europee, è invece l'opinione della grande maggioranza dei cittadini nei paesi colpiti dai diktat di risparmio tedeschi. Secondo un sondaggio fatto a giugno, circa l'82% dei cittadini italiani e l'88% di quelli spagnoli ritiene che l'influenza tedesca nell'UE sia troppo forte. In Francia, dove la popolazione è sempre piu' colpita dalle misure di austerità dettate da Berlino, questa opinione è condivisa dal 56 % dei cittadini.[6] 

La battaglia sulla politica estera dell'UE

Le lotte di potere in Europa proseguiranno. Una influente rivista francese recentemente ha ipotizzato che la Germania cercherà di utilizzare la sua crescente forza economica per ottenere la supremazia anche nella politica estera europea. E' evidente, sin dalla disputa sulla "Unione mediterranea" del 2008 [8], che i tedeschi non appoggiano piu' la politica estera francese, ma che intenderanno metterla sempre piu' in discussione, minando la posizione della Francia nelle sue tradizionali aree di influenza, si scriveva poco prima delle elezioni politiche tedesche. E cio' per Parigi potrebbe essere una minaccia. A questo bisogna aggiungere che la Germania considera l'intera Eurozona, in termini di politica estera, "come una sua zona di influenza", come del resto fa da sempre in campo economico, indebolendo ulteriormente la posizione della Francia. [9] Le battaglie per l'egemonia nella politica estera e militare dell'EU sono state condotte e vengono condotte in Libia, Mali e Siria; in ogni occasione ci sono state forti divergenze fra francesi e tedeschi. [10] Il presidente Gauck la scorsa settimana ha rafforzato la rivendicazione di una leadership tedesca proprio in questa direzione: "uno dei miei predecessori, Richard von Weizsäcker, aveva incoraggiato la Germania a contribuire con piu' convinzione alla politica estera e di sicurezza europea" [11]

Come 100 anni prima

Gli addetti ai lavori mettono in guardia dal sottovalutare il potenziale di escalation di queste lotte di potere. Già in marzo il primo ministro lussemburghese Jean Claude Juncker ha dichiarato pubblicamente di vedere dei forti parallelismi con il periodo precedente la prima guerra mondiale: "mi colpisce la somiglianza fra le condizioni europee del 2013 e quelle di 100 anni prima". Quanto rapidamente le tensioni attuali possano avere un'escalation, lo hanno mostrato le proteste contro i diktat di risparmio tedeschi in Grecia e in Italia: "improvvisamente sono riemersi risentimenti che si pensava fossero definitivamente scomparsi". Juncker ha avvertito con una franchezza insolita: "chi pensa che l'eterna questione della guerra e della pace in Europa non si ponga piu', potrebbe sbagliarsi. I demoni non sono scomparsi, stanno solo dormendo" [12]

[1] "Die Freiheit in der Freiheit gestalten"; www.bundespraesident.de
[3] Timothy Garton Ash: The New German Question; www.nybooks.com 15.08.2013
[4] "Deutsche Macht fürchte ich heute weniger als deutsche Untätigkeit"; dgap.org 28.11.2011
[5] Timothy Garton Ash: The New German Question; www.nybooks.com 15.08.2013
[6] Adults in Five Largest European Countries Have Mixed Feelings on Their Countries' Influence in the European Union; www.harrisinteractive.com 27.06.2013
[9] Le nouveau défi allemand de la diplomatie; www.lexpress.fr 21.09.2013
[11] "Die Freiheit in der Freiheit gestalten"; www.bundespraesident.de
[12] Euro-Krise: Juncker spricht von Kriegsgefahr in Europa; www.spiegel.de 10.03.2013