lunedì 3 ottobre 2016

La nuova Weltpolitik tedesca

Sono passati tre anni dallo storico discorso in cui il Presidente Gauck annunciava un nuovo impegno politico e militare su scala globale. German Foreign Policy, osservatorio sulla politica estera tedesca, descrive gli sviluppi della nuova Weltpolitik di Berlino. Da german-foreign-policy.com

Tre anni dopo aver annunciato per la prima volta la nuova Weltpolitik tedesca, il Presidente della Repubblica Gauck puo' guardare con soddisfazione ad una prima tappa del percorso conclusa con successo. Il 3 ottobre del 2013 Gauck dichiarava in un discorso che la Germania in futuro si sarebbe dovuta impegnare attivamente in politica estera - anche militarmente. La campagna iniziata con il discorso del Presidente è stata in seguito portata avanti con molta cura; l'obiettivo sistematico è stato quello di coinvolgere una parte delle élite tedesche, ma anche professori universitari e giornalisti dei media principali. Recentemente con la pubblicazione del Libro Bianco della Bundeswehr ha trovato un riconoscimento ufficiale. Nel documento Berlino dichiara apertamente il suo impegno per una leadership globale. Allo stesso tempo il governo di Berlino porta avanti con decisione sia il potenziamento dell'esercito nazionale, sia la militarizzazione dell'UE. Le operazioni militari tedesche si intensificano in una cintura di paesi in guerra  intorno all'Europa, fra questi il Mali, la Libia, la Siria e l'Irak.

Nuovo potere

Il discorso del Presidente Gauck del 3 ottobre 2013 era stato preparato con molta attenzione. Un ruolo importante l'hanno avuto le fondazioni finanziate dalla Cancelleria tedesca, come la Stiftung Wissenschaft und Politik (SWP) oppure il German Marshall Fund of the United States (GMFUS) con la pubblicazione di un  documento strategico  ("Nuovo potere, nuove responsabilità"), realizzato fra il novembre 2012 e il settembre 2013. La Germania "dispone oggi di più' potere e influenza di ogni altra Germania democratica precedente", è scritto nel documento. Il nuovo potere tedesco "dà al paese nuove possibilità di influenza": ci sono "le condizioni per una ridefinizione delle relazioni internazionali" [1]. Nella nuova Weltpolitik la Germania "dovrà in futuro esprimere sempre più' spesso una leadership determinata", chiariscono gli autori; per farlo "potrà utilizzare tutti gli strumenti della politica estera, dalla diplomazia, alla politica culturale e dello sviluppo, fino all'utilizzo della forza militare".

Comunicare in maniera efficace

Il contenuto del documento, realizzato dai funzionari di vertice del Ministero degli Esteri, definisce i punti fondamentali condivisi nell'establishment di Berlino in tema di politica estera. In pratica incorpora i segmenti più' influenti delle élite tedesche. Fra i circa 50 autori che per oltre un anno hanno partecipato alla definizione del documento, c'erano funzionari dei ministeri, parlamentari del Bundestag, rappresentanti delle fondazioni vicine ai partiti, professori e giornalisti. I redattori del documento, che condividono quindi i punti centrali del documento, insegnano oggi alla Libera Università di Berlino o all'Università di Treviri, scrivono per la Frankfurter Allgemeine Zeitung come per il settimanale Die Zeit. [2] Il motivo per cui alcuni professori o giornalisti si sono lasciati coinvolgere nelle discussioni sulla politica estera, lo si capisce leggendo il documento "Nuovo potere, nuove responsabilità". Una nuova politica mondiale ha bisogno nel paese di una "riflessione", che "non si occupi solo di creatività politica", ma "sia anche in grado di sviluppare opzioni politiche in maniera rapida e in forma operativa", si dice nel documento. Inoltre, la politica estera in Germania "deve essere in grado di comunicare efficacemente i propri obiettivi". [3]

I compiti del Presidente della Repubblica

Il Presidente Gauck ha avuto un ruolo importante nella comunicazione della politica estera del governo. Già l'8 maggio 2012, dopo appena 2 mesi dalla sua elezione, Jan Techau, un ex dipendente del servizio stampa del ministero della difesa tedesco, sulla Suddeutsche Zeitung si chiedeva se il nuovo Presidente "non potesse diventare un nuovo Weizsäcker". Techau si riferiva infatti al famoso discorso dell'8 maggio 1985 dell'allora presidente della Repubblica Richard von Weizsäcker, in cui egli definì' lo stesso giorno del 1945, l'anniversario della fine della guerra, come un giorno di "liberazione per la Germania". Grazie a questa presa di posizione è stato piu' facile per il paese liberarsi del peso del passato, sempre secondo Techau. Una simile liberazione è ora necessaria per la politica estera, che ancora soffre forti limitazioni a causa delle note vicende storiche, soprattutto per quanto riguarda l'impiego della forza militare. "Chi se non il pacificatore e uomo di Dio Gauck", potrebbe "aiutare i tedeschi a superare le proprie paure e diffidenze" necessarie per guidare con determinazione la politica estera e militare della NATO e dell'UE, si chiedeva Techau. [4] Un Presidente della Repubblica "difficilmente puo' influenzare la politica estera", ma "può' contribuire a creare le condizioni interne per la realizzazione di una buona politica estera".

Operare a livello globale, anche militarmente

Di Fatto Gauck con il suo discorso del 3 ottobre 2013 ha dato il via libera ad una campagna per una nuova Weltpolitik. Sia in patria che all'estero sono cresciute "le voci" che alla "Germania chiedono un maggiore impegno nella politica internazionale", affermava Gauck nel suo discorso; la Repubblica Federale, "popolosa, al centro del continente e quarta potenza economica del mondo, non è un'isola", in futuro dovrà partecipare piu' che mai "alla soluzione" dei conflitti globali - anche militarmente. [5] Gli specialisti vi hanno riconosciuto le posizioni di Thomas Kleine-Brockhoff, l'ex "Senior Director for Strategy" del German Marshall Fund of the United States (GMFUS), il quale fino all'agosto del 2013 ha partecipato alla redazione del paper sulla strategia, ed è stato capo della sezione di lavoro sulla strategia nell'ufficio del Presidente. Anche nei discorsi successivi Gauck ha confermato la necessità di una nuova Weltpolitik offensiva, come nel discorso tenuto nel 2014 alla Conferenza sulla sicurezza di Monaco [6]. Con le sue prese di posizione successive, ha continuato ad appoggiare le richieste provenienti dall'establishment politico per una nuova politica mondiale tedesca. [7] I rappresentanti delle organizzazioni cristiane, nella primavera del 2014, hanno accusato Gauck di voler "ammorbidire le resistenze popolari" contro un intervento militare [8]. 

La fase di attuazione

Tre anni dopo il suo discorso Gauck puo' voltarsi e guardare ai successi ottenuti. Le elite tedesche, soprattutto l'establishment mediatico, appoggiano con convinzione la nuova Weltpolitik di Berlino. Nel nuovo libro bianco della Bundeswehr questa nuova fase politica è stata anche ufficialmente messa nero su bianco. Nel documento si afferma chiaramente "che il paese è pronto per plasmare attivamente il nuovo ordine mondiale" e "assumere la leadership nella politica internazionale"[9]. Per la prima volta cresce il numero di militari a disposizione della Bundeswehr, e il governo federale mette a disposizione somme ingenti per il potenziamento dell'esercito. Le missioni della Bundeswehr in Mali, Siria, Irak e nel Mediterraneo sono state prolungate, la missione in Libia è ancora in discussione. Pochi giorni fà l'esercito ha anche annunciato di aver concluso la sua prima offensiva informatica. Allo stesso tempo Berlino spinge risolutamente per la militarizzazione dell'UE. [10] I preparativi per i nuovi impegni militari vanno avanti, sebbene i risultati delle precedenti missioni militari siano discutibili [11]. La fase in cui la nuova Weltpolitik tedesca è stata sistematicamente spiegata e promossa volge al termine, ora inizia la fase di piena attuazione.

[1] Neue Macht - Neue Verantwortung. Elemente einer deutschen Außen- und Sicherheitspolitik für eine Welt im Umbruch. Ein Papier der Stiftung Wissenschaft und Politik (SWP) und des German Marshall Fund of the United States (GMF). Berlin, Oktober 2013. S. dazu Die Neuvermessung der deutschen Weltpolitik.
[2] An den Diskussionen zur Erstellung des Papiers beteiligt waren unter anderem Nikolas Busse (Frankfurter Allgemeine Zeitung) und Jochen Bittner (Die Zeit).
[3] Neue Macht - Neue Verantwortung. Elemente einer deutschen Außen- und Sicherheitspolitik für eine Welt im Umbruch. Ein Papier der Stiftung Wissenschaft und Politik (SWP) und des German Marshall Fund of the United States (GMF). Berlin, Oktober 2013. S. dazu Die Neuvermessung der deutschen Weltpolitik.
[4] Jan Techau: Wie Gauck ein zweiter Weizsäcker werden könnte. Süddeutsche Zeitung 08.05.2012.
[5] "Die Freiheit in der Freiheit gestalten". www.bundespraesident.de 03.10.2013. S. dazu Schlafende Dämonen.
[6] S. dazu Der Weltordnungsrahmen.
[7] S. dazu Das Bündnis der Freien und Friedfertigen.
[8] Kirchenvertreter üben Kritik an Bundespräsident Gauck. www.derwesten.de 16.06.2014. S. dazu Die Weltpolitik-Kampagne der Eliten.
[9] Weißbuch zur Sicherheitspolitik und zur Zukunft der Bundeswehr. Berlin, Juni 2016. S. dazu Deutschlands globaler Horizont (I).
[10] S. dazu Strategische Autonomie.
[11] S. dazu Deutschlands Kriegsbilanz (I), Deutschlands Kriegsbilanz (II) und Deutschlands Kriegsbilanz (III).
[12] S. dazu Zivile Kriegsvorbereitung.

domenica 2 ottobre 2016

E' un attacco al sistema bancario tedesco

Secondo Max Otte, professore di economia e grande esperto di finanza, intervistato da Deutschlandfunk.de, i rischi in bilancio c'entrano poco, Deutsche Bank è vittima di un attacco internazionale, gli Stati Uniti vorrebbero liberarsi dell'ultima grande banca tedesca. Da Deutschlandfunk.de
Il prezzo delle azioni di Deutsche Bank per la prima volta nella storia della banca è sceso sotto i 10 Euro. Il professore di economia e grande esperto di finanza Max Otte, intervistato da Deutschlandfunk, ci dice che i problemi della banca sono il risultato di pressioni internazionali, soprattutto dall'America. Gli Stati Uniti stanno esercitando il loro potere di ricatto.

DLF: Herr Otte, secondo lei stiamo vivendo un attacco al sistema bancario tedesco?

Otte: esatto. Voglio dire, è andato avanti per anni. Entrambe le banche, Deutsche Bank e Commerzbank, se facciamo un confronto internazionale non sono messe cosi' male. Ma se si aumenta costantemente la pressione, allora anche queste banche iniziano a vacillare. Soprattutto se si impongono nuove regole all'intero settore bancario europeo. Si tratta prima di tutto di regole americane o anglosassoni, che arrivano dal mercato dei capitali. L'Europa continentale era piu' orientata al sistema bancario, quindi al credito, e se costringete un intero settore a giocare a Rugby invece che a calcio, ciò' non può' accadere senza problemi.

DLF: chi è responsabile per questa situazione?

Otte: è una situazione complessa. Alcuni mesi fà abbiamo saputo che Soros stava speculando contro Deutsche Bank. Alcuni problemi sono naturalmente "fatti in casa". Hanno voluto copiare l'investment banking anglosassone. E' iniziato tutto nell'86-87, quando è stata acquistata Morgan Grenfell, e anche in seguito hanno voluto giocare alla grande nel business dei derivati. Deutsche Bank, diciamolo, ha fatto un bel po' di errori. Ma naturalmente su questa banca c'è stata una forte pressione internazionale. Non posso fare a meno di pensare che l'America voglia liberarsi dell'ultima grande banca tedesca, e anche in questo caso intende occupare una posizione chiave nella nostra economia. Proprio come è accaduto alle banche svizzere che qualche anno fà sono state attaccate e ora devono riferire al Tesoro degli Stati Uniti, anche su Deutsche Bank è stata esercitata questa pressione. E' una situazione complessa causata da problemi interni e da pressioni esterne, guidate da interessi precisi.

DLF: Deutsche Bank è una banca scomoda per gli Stati Uniti?

Otte: una Deutsche Bank forte significa potere, e chi controlla la finanza - e Wall Street è molto potente - ha spazi di movimento relativamente ampi. E se ci riflette: gli oligopoli della tecnologia negli Stati Uniti hanno un forte potere di controllo, soprattutto sui nostri flussi di informazione. Se controlli la finanza, allora controlli dei punti importanti di smistamento. E Deutsche Bank è il solo player di dimensioni internazionali rimasto in Germania.

DLF: Deutsche Bank è sotto attacco da mesi, chi ha bisogno di agire contro la banca?

Otte: la banca si sarà fatta un'idea. Ma molte di queste voci, o quando si specula su di esse, o quando vengono rilanciate dai media, e se i prossimi provvedimenti ricattatori saranno applicati - 16 miliardi di dollari di multa, minacciati dal Tesoro, sono del tutto inadeguati. Si puo' negoziare. Ma se il Tesoro degli Stati Uniti confermerà che ci sono 16 miliardi di multa da pagare, allora la cifra sarà reale. E allora ci sarà un forte potere di ricatto, perché alle banche che non partecipano al gioco verrà chiuso l'accesso allo spazio economico americano, oppure qualche membro del board sarà arrestato, come è accaduto in Svizzera. Si tratta, dal mio punto di vista, di un gioco molto duro e ingiusto, e mi chiedo come il governo federale tedesco possa essere cosi' passivo, e non difendere le nostre imprese, come in questo caso, ma anche nel caso VW e in altri casi.

DLF: cosa dovrebbe fare il governo federale per aiutare Deutsche bank?

Otte: una dichiarazione di fiducia è la prima cosa da fare, e poi anche partecipare ai negoziati con il Ministero della Giustizia americano - si tratta comune di un ente governativo di un altro paese - e contro una banca con sede in Europa, farebbe capire che il gioco è veramente cambiato, e a seconda delle circostanze dovrebbe esserci il supporto anche dell'UE.

DLF: anche Commerzbank sta soffrendo, è in corso una ristrutturazione, e ci sono oltre 7000 posti di lavoro da tagliare. Dobbiamo quindi dedurre che il modello della grande banca tedesca, che fa tutto, retail banking, investment banking e cosi' via, è un modello superato, che non ha futuro?

Otte: è un modello vecchio. Ha funzionato molto bene con le Sparkasse e le Volksbank. Avevamo il sistema bancario piu' sicuro e piu' progredito al mondo. Questo sistema non è piu' richiesto, o almeno a livello internazionale non lo è piu'. E nel caso di Commerzbank abbiamo un problema leggermente diverso. Non è una crisi di fiducia. Nel caso di Deutsche Bank c'è un bilancio molto grande e se la fiducia viene meno, si puo' arrivare ad una profezia che si autoavvera. Commerzbank deve addattarsi al nuovo mondo. In Germania abbiamo ancora relativamente molte filiali bancarie, che per il cliente è anche un fatto positivo, ed è poi è anche il senso del sistema bancario. Ma se guardate ad altri sistemi, ad esempio Spagna o Gran Bretagna, li' il sistema delle filiali è estremamente ridotto, e il servizio è anche peggiore. Il sistema bancario sta andando in quella direzione e Commerzbank deve fare lo stesso e informatizzarsi, se vuole sopravvivere in questa situazione di iper-competitività.

DLF: anche Deutsche Bank dovrà fare lo stesso?

Otte: Deutsche Bank ha già sviluppato una strategia alcuni mesi fà. Intende dismettere oppure ridurre alcune aree di business. Vuole sbarazzarsi del business con i piccoli clienti, e concentrarsi sui clienti piu' ricchi, e sulla clientela privata. C'è una strategia ed è coerente. Se l'implementazione riuscirà lo vedremo.

DLF: che cosa accadrà a Deutsche Bank?

Otte: spero davvero che Deutsche Bank riesca a superare la crisi. Sono molto fiducioso. Ma il bilancio di una grande banca nessuno riesce a capirlo al 100%. E' sempre una questione di fiducia. Ci sono grandi posizioni sui derivati, come anche nelle altre grandi banche. Deutsche Bank ha una buona dotazione di capitale, ha dei punti di forza. Mi auguro vivamente che possa lentamente uscire da questa situazione difficile. Ma non posso naturalmente garantirlo.

DLF: quali sono i rischi per il risparmiatore e per il contribuente, se guardiamo nel complesso al sistema bancario tedesco nei prossimi cinque anni?

Otte: nei prossimi cinque anni i problemi principali saranno in Italia, il paese con il quarto piu' grande mercato dei titoli di stato al mondo, dove le banche hanno grandi quantità di crediti in sofferenza, anche la Spagna avrà dei problemi. La situazione in Germania è migliore. Se guardiamo all'Eurozona, mi aspetto che nei prossimi cinque anni ci sarà qualche crollo bancario, e ci sarà bisogno di qualche salvataggio. Non posso immaginare che la situazione attuale possa trascinarsi per piu' di cinque anni.

sabato 1 ottobre 2016

L'insostenibilità politica dell'unione di trasferimento

Hans Michelbach, capogruppo CSU-CDU in Commissione Finanze, intervistato da Deutschlandfunk in occasione del discorso di Draghi al Bundestag, ci ricorda ancora una volta quanto l'unione di trasferimento resti politicamente insostenibile. Da deutschlandfunk.de

Secondo Hans Michelbach, capogruppo dell'Unione (CDU-CSU) in Commissione Finanze al Bundestag, la controversa politica monetaria del presidente BCE Mario Draghi ha fallito. L'espansione della liquidità tramite l'acquisto di titoli di stato ci sta portando alla messa in comune del debito.

DF:  Herr Michelbach, prima della visita di ieri lei aveva detto che Draghi con il suo programma di acquisti sta procedendo ad una messa in comune del debito e sta trasformando la BCE in una Bad-bank. E' riuscito  ieri Draghi a convincerla del contrario?

Michelbach: è stato in definitiva positivo il fatto che abbia affrontato le sue responsabilità e le critiche. Naturalmente il lato negativo è che mette in conto una ulteriore estensione delle garanzie, in ultima analisi questa espansione di liquidità da 2.000 miliardi di acquisti dovrà finire in qualche modo. E alla domanda, come finirà tutto questo, non ha saputo rispondere. Abbiamo quindi chiesto se alla fine ci saranno gli Eurobonds e un fondo di garanzia comune per i depositi a livello europeo, e cosi' via. Non ci ha dato alcuna risposta. E ciò significa che è chiaro che ci sarà una ulteriore espansione delle garanzie comuni, già oggi infatti la BCE garantisce per il 20% degli acquisti di titoli pubblici e il 100% delle obbligazioni societarie. In ultima analisi anche la Germania garantisce per questi titoli e stiamo andando verso una ulteriore messa in comune del debito. Purtroppo non ha voluto o saputo chiarire i dubbi su questo punto.

DLF: cioè, lei non ha l'impressione che dopo questa visita Draghi abbia intenzione di cambiare qualcosa nel suo approccio o nella sua politica?

Michelbach: no, non ha fatto nessuna proposta per uscire da questa difficile situazione dei tassi a zero, è sempre sfuggito con ammonimenti. Si aspetta che gli stati non guardino solo alla politica della BCE, ma che implementino autonomamente una solida politica finanziaria e riforme strutturali. Ma abbiamo dovuto fargli notare che con questo diluvio di liquidità e la politica dei tassi a zero, lo stato, nei paesi in crisi, non ha nessun incentivo a risparmiare, a consolidare le finanze pubbliche e a mettere in atto una politica finanziaria orientata alla stabilità, poiché in definitiva non ne paga il costo.

DLF: Herr Michelbach, mi scusi se la interrompo, Mario Draghi è davvero il giusto destinatario per questa critica? Come capo della BCE, se nell'area Euro non c'è crescita, non può' fare altro che tenere i tassi a zero, creare liquidità.

Michelbach: con questa espansione monetaria vorrebbe ottenere crescita economica. Dovremmo allora chiedergli quali sono stati i successi della sua politica e quali le conseguenze. E i risultati sono molto modesti. C'è stata crescita economica, ha detto, nei paesi in crisi la disoccupazione è passata dal 15 al 13%. Questo è ovviamente molto poco. Non sono certo i risultati di cui abbiamo bisogno, per poter creare nuova fiducia nell'Eurozona. Si tratta anche di convincere le persone.

DLF: che cosa farebbe al suo posto?

Michelbach: la quadratura del cerchio è chiara, ma deve essere anche chiaro che questa espansione della liquidità deve avere una fine ed è anche necessario far sapere ai cittadini, onestamente e apertamente, che alla fine non ci sarà una messa in comune del debito, che in Germania naturalmente sarebbe chiaramente bocciata. I tedeschi non vogliono gli Eurobonds, non vogliono una garanzia europea per i depositi nei paesi in crisi, non vogliono esserne i garanti. Io credo sia necessario restaurare la fiducia fra i cittadini, e dire chiaramente che vogliamo terminare la stagione dei bassi tassi di interesse, e gli stati che non sono d'accordo e le banche che non sono in condizione di farlo, devono assumersene anche le conseguenze.

DLF: che cosa significa oggi? Alzare nuovamente i tassi e in questo modo soffocare la crescita in molti paesi?

Michelbach: naturalmente non con uno shock. Ma è necessario rimuovere l'incentivo del denaro a buon mercato, solo facendo cosi' si avrà la pressione necessaria per fare le riforme sia per lo stato, sia per le banche.

DLF: possiamo quindi dire che lei oggi consiglierebbe a Draghi di aumentare gradualmente i tassi poiché la sua politica dei tassi di interesse a zero è stata fallimentare?

Michelbach: la ripresa economica da lui pronosticata non c'è stata, poiché le riforme non sono state attuate, di fatto non c'è nessun incentivo ad applicare una politica virtuosa.

DLF: vale a dire, la politica applicata fino ad ora è stata un fallimento?

Michelbach: la sua politica è fallita. Non ho difficoltà ad ammettere che si tratta di un compito difficile. Ma dobbiamo guardare alla realtà e soprattutto non possiamo andare avanti cosi', i cittadini non hanno più' alcuna fiducia in questa politica. 

venerdì 30 settembre 2016

La politica monetaria ingenua della BCE

David Folkerts-Landau, capo-economista di Deutsche Bank, in occasione del discorso al Bundestag di Draghi, su Die Welt attacca la politica monetaria ingenua della BCE: i tassi a zero stanno distruggendo l'economia europea. Da Welt.de

L'ultima apparizione di Draghi davanti al Bundestag era stata 3 mesi dopo il suo famoso discorso del "whatever it takes". Dal 2012 l'area dell'Euro non ha registrato alcuna crescita economica, ha avuto il peggior sviluppo nel mercato del lavoro tra i paesi industrializzati con una disoccupazione a doppia cifra e oltre il 20% di disoccupazione giovanile, ha raggiunto un livello di indebitamento non sostenibile e livelli di inflazione ampiamente inferiori a quelli definiti dalla BCE. Senza la forte congiuntura tedesca la situazione sarebbe ancora peggiore. Oggi i politici si chiedono legittimamente che cosa è andato storto. 

La crisi esistenziale dell'unione monetaria è evidente nell'erosione del centro politico. Brexit mostra che questo può' portare ad una spaccatura. L'insoddisfazione è radicata nella disoccupazione e nei redditi stagnanti - come accadeva durante la crisi degli anni '30.

Pertanto ci si dovrebbe chiedere fino a che punto la politica monetaria aggressiva, non convenzionale e mai testata della BCE - fino ai tassi negativi - contribuisca ad un aumento dei problemi in Europa.

Non era mai accaduto che una regione fosse cosi' dipendente dalle decisioni dogmatiche di tecnocrati non eletti democraticamente. Vogliamo davvero rischiare il fallimento del principale progetto economico e politico della storia? Le generazioni future non ci perdonerebbero la nostra fiducia ingenua nella politica monetaria. 

Nessun incentivo al cambiamento

Non sono solo i deboli dati economici a far nutrire dubbi sull'efficacia e l'orientamento della politica monetaria - ma soprattutto il fatto che i problemi europei non sono di natura ciclica ma strutturale.

I paesi della periferia non sono in grado di generare una crescita sufficiente per la riduzione del debito e della disoccupazione. Cio' è dovuto alla mancanza di riforme nel mercato del lavoro, come nel sistema giuridico, sociale e fiscale. E i governi non hanno agito poiché la politica monetaria estremamente espansiva della BCE, e in particolare la sua promessa di fare "whaever it takes", hanno reso il non agire l'opzione migliore nel breve periodo.

Per mettere a rischio la loro rielezione con le riforme, i politici hanno bisogno di buone ragioni. Soprattutto nella periferia, dove manca un ampio consenso. Fino al 2012 i tassi di interesse in alcuni paesi erano cresciuti enormemente, c'era il rischio concreto di non poter rifinanziare il debito pubblico. L'insolvenza avrebbe portato ad un programma di salvataggio della Troika, con riforme difficili e tagli alla spesa impopolari.

Gli incentivi a fare le riforme tuttavia sono stati annullati dalla promessa della BCE di aiutare i paesi in difficoltà con il programma Outright Monetary Transactions (OMT) - vale a dire un intervento come acquirente di ultima istanza.

Una generosa sovvenzione per le periferie

Allora la giustificazione ad-hoc era che la divergenza fra i premi per il rischio dei diversi paesi era il segno di una inefficace trasmissione della politica monetaria e non un rischio relativo al paese specifico. 

L'OMT è rimasto nel cassetto fino ad oggi, ma nel quadro del suo programma di QE, insieme alle banche centrali nazionali, la BCE ha iniziato 3 anni più' tardi ad acquistare titoli di stato e obbligazioni societarie in quantità inimmaginabili. Se questo programma -  come ampiamente previsto - sarà esteso fino alla fine del 2017, la BCE potrebbe arrivare ad avere in bilancio circa un quinto di tutto il debito pubblico della zona Euro.

L'annuncio del programma OMT è stato un generoso sussidio nei confronti della periferia. Lo spread medio per i titoli di stato è sceso di quasi 5 punti percentuali. Ad esempio i costi per il pagamento degli interessi in Italia sono scesi di un terzo, sebbene l'indebitamento in rapporto al PIL sia cresciuto. Questo enorme alleggerimento pero' non è stato sfruttato, esattamente come era accaduto al calo dei tassi di interesse dopo l'adesione alla zona Euro. 

Le riforme sono state implementate seriamente solo fino al 2012, mentre i tassi di interesse stavano salendo e il rifinanziamento si faceva difficile. In quegli anni sono state applicate la metà delle iniziative di riforma suggerite dall'OCSE. Lo scorso anno la percentuale è stata inferiore al 20%.

I meccanismi disciplinari sono fuori uso

Dal 2012 i programmi come l'OMT e il QE impediscono all'Europa di vedere la realtà. Con una crescita zero e un deficit del 2.5 % l'indebitamento italiano di oltre il 100% del PIL non è sostenibile. 

Roma paga per i titoli decennali solo un punto percentuale in più' rispetto a Berlino. Gli spread si ampliano - come nel caso del Portogallo - solo quando i mercati temono che un downgrade delle agenzie di rating possa bloccare il QE.

Nonostante le sue buone intenzioni, la BCE ha messo fuori uso i meccanismi disciplinari di aumento degli interessi sul debito, ed è perciò' responsabile per la non implementazione delle urgenti riforme strutturali necessarie. Solo riforme orientate alla crescita potranno impedire una lenta disintegrazione dell'UE causata della stagnazione economica. 

mercoledì 28 settembre 2016

Rischi tedeschi

Ascesa e declino di una banca tedesca che voleva conquistare il mondo e che ora invece deve chiedere aiuto al governo. Da Die Zeit, 

Ha giocato d'azzardo e ha perso: Deutsche Bank voleva conquistare Londra e Wall Street, ora si parla invece di aiuti pubblici.

Deutsche Bank ha raggiunto il punto più' basso. Le azioni dell'istituto di Francoforte, che un tempo voleva dominare i mercati finanziari internazionali, all'inizio della settimana sono scese di oltre il 6% fino a 10.29 € per azione. Da quando il dipartimento di Giustizia americano ha minacciato la banca con una multa da 14 miliardi di dollari per la vendita dei mutui ipotecari, i mercati si chiedono se la banca, dato il ridotto margine di capitale, sia veramente in grado di far fronte a questa cifra. Circolano voci di una richiesta di aiuto al governo tedesco. Sono state categoricamente smentite dal governo e dalla banca.

Sono passati esattamente 20 anni dall'ingresso della banca nel settore dell'investment banking su scala globale, da quando con i suoi ambiziosi piani di espansione voleva conquistare Londra e Wall Street. Deutsche Bank a New York voleva diventare grande almeno come le banche di investimento americane in Europa - era l'obiettivo aziendale nel 1996. Le agenzie di rating già allora erano stupite. Moody's sottolineava che Deutsche Bank con l'ingresso nell'investment banking sarebbe sicuramente diventata meno dipendente dai ricavi sul mercato interno. Allo stesso tempo pero', con l'investment banking internazionale sarebbe aumentata la volatilità degli utili, i rischi di mercato e i rischi di bilancio da coprire con capitale proprio.

Stava piu' o meno accadendo a tutte le grandi banche europee: nel mercato interno cresceva la concorrenza e c'erano sempre piu' banche straniere nel corporate e retail banking domestico. A Londra e Wall Street la banca era attratta dai grandi guadagni degli affari di borsa su scala globale, dal trading sui titoli e sulle divise, dalla ristrutturazione delle aziende nell'era della globalizzazione. Deutsche Bank accompagnava le aziende tedesche nella loro espansione internazionale.

Gli azionisti erano felici, gli avvertimenti erano ignorati

L'espansione nell'investment banking, per 10 anni, fino alla crisi finanziaria del 2007, ha portato lauti guadagni. Ritorni a due cifre sul capitale proprio non erano rari, a volte anche oltre il 20%. Gli azionisti applaudivano.

Gli avvertimenti delle banche tedesche tradizionali cadevano nel vuoto. Deutsche Bank dipendeva dagli alti guadagni realizzati a Londra e Wall Street. E i guadagni sembravano dare ragione alla sua politica di espansione.

L'espansione aveva funzionato, ma solo perché gli esorbitanti guadagni provenienti dalla forte crescita dell'investment banking nascondevano i rischi del business, la scarsa copertura del rischio, i costi in rapida crescita e le conseguenze di pratiche commerciali alquanto discutibili. Il modello di business in sé non veniva messo in discussione, sebbene l'istituto di credito fosse pericolosamente dipendente dall'Investment banking. Deutsche Bank non poteva in realtà appoggiarsi al grande mercato americano, ma solo ad un meno remunerativo mercato interno - a causa dell'influenza delle Sparkasse e delle Landesbank pubbliche. Non aveva nessuna gestione patrimoniale lucrativa come colonna portante, come invece accade alle grandi banche svizzere. Non aveva il controllo del mercato asiatico, come la concorrenza britannica di HSBC e Standard Chartered. E non era Goldman Sachs. Goldman Sachs era pagata per la competenza e l'esperienza nella consulenza dei suoi dipendenti (e a volte anche per la loro mancanza di scrupoli). Deutsche Bank era invece pagata per l'utilizzo rischioso dei suoi bilanci. Cosi' nel 2007 è riuscita a raggiungere il suo obiettivo: era fra le 3 piu' potenti banche di investimento del mondo.

Un cambiamento tardivo

Poi è arrivata la crisi finanziaria ed è diventato chiaro che la rapida crescita economica finanziata a debito non si sarebbe ripetuta per decenni. Non è passato un anno senza l'introduzione di un requisito di capitale più' alto, di una più' rigida gestione dei rischi negli attivi o di normative più' severe in tema di liquidità. L'investment banking è diventato piu' costoso, l'uso rischioso del bilancio insostenibile.

Deutsche Bank inizialmente non ha reagito. Proprio come Bob Diamond, il capo di Barclays, Anshu Jain, l'allora capo dell'investement banking e successivamente amministratore di Deutsche Bank, si aspettava che le altre banche indebolite dalla crisi finanziaria si sarebbero ritirate dal business dell'investment banking globale, che la concorrenza si sarebbe fatta più' sottile, e che i ricavi dal trading in un periodo di incertezza e volatilità sarebbero stati maggiori. Ma Jain aveva sottovalutato quanto la regolamentazione avesse reso più' costoso il business, che il bilancio delle banche universali non poteva piu' sostenere i rischi dell'investment banking e che la politica di tassi a zero delle banche centrali avrebbe eroso i margini sul mercato interno.

Da allora per Deutsche Bank le cose vanno sempre peggio, il modello di business non funziona piu'. Nei primi nove mesi del 2016 è scesa in ottava posizione dietro a J.P. Morgan, Goldman Sachs, Bank of America Merrill Lynch, Morgan Stanley, Citigroup, Barclays e Credit Suisse. In tutte e 3 le aree dell'investment banking, obbligazioni, azioni e finanziamenti in pool, secondo le indicazioni della società di ricerca Dealogic, la banca ha perso quote di mercato, e non solo sui mercati globali, ma anche nei mercati domestici europei.

La banca di Francoforte ora ha iniziato a risparmiare. Il cost-income ratio, pari al 115.3%, è ancora molto superiore rispetto a quello della concorrenza globale. Fa in maniera solo marginale quello che altri istituti fanno da molto tempo, e cerca di ridurre l'investment banking. La banca non riesce né a raggiungere guadagni sufficienti, che potrebbe trattenere per generare capitale, né ci sono compratori a cui poter cedere in maniera sufficientemente rapida dei business, per poter liberare capitale: la cessione di una partecipazione del 20% nella banca cinese Hua Xia Bank potrebbe portare alla banca 4 miliardi di dollari entro l'anno. La vendita di Postbank, che assorbe il 10,5 % del capitale di rischio, e che contribuisce tuttavia all'11% degli utili, è sempre piu' difficile.

La minaccia di una multa da 14 miliardi di dollari da parte del Dipartimento di Giustizia americano è il momento in cui la discussione sul modello di business della banca si infiamma - questa volta con conseguenze esistenziali. L'istituto ha accantonato circa 6.2  miliardi di Euro per coprire eventuali sanzioni legali. Fino al 2017 si aggiungeranno 3.3 miliardi di dollari. Poiché una larga parte di questi 9.4 miliardi di Euro dovranno essere utilizzati per altri pagamenti diversi dal contenzioso con il Ministero della Giustizia americano, restano solo 4 miliardi di dollari per il pagamento agli americani.

Alla ricerca di capitale

Anche se gli americani dovessero ridurre la loro attuale richiesta di 14 miliardi di dollari, per ogni miliardo superiore ai 4 miliardi coperti, le cose si fanno difficili, calcola Kian Abouhossein, analista bancario di JP Morgan. Deutsche Bank non avrebbe piu' alcun spazio per pagare sanzioni superiori. Dovrebbe trovare denaro per altre riserve oppure raccogliere capitali. Alla fine della prima metà dell'anno il coefficiente di adeguatezza patrimoniale era del 10.8%, entro la fine del 2018 dovrà pero' raggiungere il 12.5%.

Altrettanto importante è la domanda se la prossima primavera Deutsche Bank avrà liquidità sufficiente per pagare le cedole sulle obbligazioni, che in caso di necessità possono essere trasformate in capitale (AT1). Sembra tecnico ma è importante: le cedole possono essere pagate solo se le riserve sono sufficientemente alte. Qualora non accadesse, gli investitori sul mercato obbligazionario scomparirebbero, e salirebbe il costo per rifinanziarsi sul mercato obbligazionario.

La situazione è difficile. La politica americana probabilmente non vuole avere la reputazione di aver contribuito al collasso del sistema bancario europeo. Il Ministero di Giustizia potrebbe tendere una mano in questo modo: una parte della multa viene pagata dalla banca immediatamente. Un'altra parte viene ripagata nel corso degli anni ai clienti a cui sono stati rifilati i mutui ipotecari. Le autorità di vigilanza potrebbero anche riflettere se in caso di necessità non sia possibile utilizzare gli spazi di manovra offerti dalle norme vigenti. Cio' aiuterebbe Deutsche Bank ad evitare un aumento di capitale precipitoso, che in considerazione dell'attuale prezzo delle azioni sarebbe molto caro e finirebbe per scoraggiare tutti gli azionisti.

John Cryan, da oltre un anno co-amministratore di Deutsche Bank è sulla strada giusta, sta cambiando la cultura e riducendo i rischi. Dal 2007 Deutsche Bank ha aumentato il capitale da 37 a 62 miliardi di Euro, ha triplicato le riserve da 65 a 223 miliardi di Euro, ha ridotto le sue posizioni a rischio da 88 a 29 miliardi di Euro. In secondo luogo, per poter tornare alla crescita, si dovrà procedere ad una digitalizzazione della rete al dettaglio nazionale e del business con i clienti piu' piccoli.

Fino ad ora tuttavia non sembra essere cambiato molto, il management della banca sotto il presidente Paul Achleitner non ha indicato nessuna vera alternativa rispetto al modello di business attuale. E' necessario un cambiamento, affinché gli investitori tornino ad avere coraggio.

lunedì 26 settembre 2016

Le radici del successo di AfD nei Laender dell'est

Il governo federale è preoccupato per la violenza xenofoba nell'est del paese. Su Deutschlandfunk, Dirk Birgel, giornalista delle "Dresdner Neuste Nachrichten" prova a spiegare le radici dell'odio verso gli stranieri.

Il governo federale nel suo documento annuale sull'unità tedesca scrive che la pace sociale nell'est del paese è in pericolo. E' difficile non essere d'accordo, scrive Dirk Birgel. Nell'est del paese, le aggressioni agli stranieri e ai politici fanno ormai parte delle buone maniere.

Il Cancelliere Helmut Kohl, ai tempi della riunificazione, fece 2 promesse fondamentali ai tedeschi dell'est: la prima, paesaggi in fiore; la seconda, a nessuno le cose andranno peggio, ma a molti meglio. Da allora sono passati 26 anni, e chi oggi guarda alla Germania riunificata, deve ammettere: Kohl ha mantenuto in linea di massima le sue promesse. Finanziati dai tedeschi dell'est e dell'ovest e affiancati dall'Europa, nella Germania dell'est sono affluiti miliardi di Euro: sono state risanate le strade e le abitazioni, sono sorte centrali elettriche moderne, ospizi per gli anziani dignitosi e ospedali di alto livello. Nella Sassonia si è sviluppata l'industria automobilistica, nella zona di Dresda è nato un centro di ricerca di livello internazionale. I dati sull'occupazione sono buoni come non lo erano mai stati dalla riunificazione. Un bilancio di cui i tedeschi possono essere orgogliosi, senza se e senza ma

E infatti lo sono, almeno la maggior parte. Ma c'è anche un altro lato della medaglia, che spesso prende la forma di attacchi xenofobi verso gli stranieri. Rostock-Lichtenhagen e Hoyerswerda si sono verificati nei primi anni '90. Heidenau, Freital, e recentemente Bautzen hanno fatto una pubblicità molto negativa. Si ha l'impressione che le aggressioni contro gli stranieri e i politici, nell'est del paese, facciano parte delle buone maniere. Il Governo Federale nella sua relazione annuale sull'unità tedesca presentata questa settimana parla di "simboli di una xenofobia sedimentata". Ne constata uno sviluppo particolarmente preoccupante, che potrebbe mettere in pericolo la pace sociale nella Germania orientale.

Non tutto l'Est è xenofobo

E' difficile non essere d'accordo. Ma è necessario andare per ordine. Non tutto l'Est è xenofobo, al massimo una piccola parte. Il sindaco di Bautzner Alexander Ahrens lo ha già detto: ha fatto una campagna elettorale per una città tollerante e aperta al mondo ed è stato eletto dalla maggioranza dei cittadini di Bautzen. La città sulla Sprea non è certo il covo marrone di cui tutti parlano. 

Il fatto è che nell'est troppe poche persone alzano la voce quando ci sono aggressioni contro gli stranieri. Manca la reazione delle persone per bene. Nell'Ovest le reazioni sono diverse. E non c'è quindi da meravigliarsi se Pegida dopo poco tempo è scomparso da tutte le strade - tranne a Dresda, dove ogni lunedì fra le 2000 e le 3000 persone scendono in strada per protestare. Che tutto ciò' non vada a vantaggio dei nuovi Laender è chiaro, ed è probabile che abbia addirittura degli effetti economici estremamente negativi. Per questo il Presidente del Sachsen-Anhalt Reiner Haseloff si è affrettato a dichiarare che con le generalizzazioni non si risolve nulla, anzi si aiuta il lato destro della politica. Ma anche Haseloff sa bene che i suoi corregionali fra Rügen e l'Erzgebirge hanno consegnato ad AfD un risultato elettorale che nell'ovest può' solo sognare.

Molte persone stanno peggio rispetto ai tempi della DDR

Cosa sta accadendo allora nel cuore delle persone, al di là dei numeri e dei risultati? Bisogna ammettere che non tutti i paesaggi sono fioriti come era stato promesso e per molte persone, che sia la realtà oppure solo una sensazione, le cose vanno peggio che ai tempi della DDR. Per chi è disoccupato da anni, per chi aspetta una pensione che non basta nemmeno per sopravvivere, oppure per chi guadagna cosi' poco che non puo' permettersi alcun extra, non è molto importante chi va al potere. Per alcuni anche la democrazia e la libertà sono relativamente importanti. Chi ascolta i Pegida, spesso percepisce una nostalgia per i bei vecchi tempi andati della DDR. Nessuno pensa alla Stasi o al muro, in molti invece pensano ad un lavoro sicuro, all'uguaglianza relativa, alla protezione totale dalla criminalità, all'idillio domestico non disturbato dalle influenze esterne.

"Quando è iniziata la vosta xenofobia?", domanda un fumettista ad un uomo dietro il recinto del giardino. "Quando sono arrivati gli Wessi", è la risposta.

L'unità tedesca ha portato a molti quello che Helmut Kohl aveva promesso 26 anni fà. Ma molte aspettative sono state amaramente disattese. E l'odio che ne è nato, nelle famiglie viene spesso tramandato alla generazione successiva. Con i profughi finalmente molti hanno trovato un capro espiatorio su cui sfogare le loro frustrazioni. La calma relativa dopo Hoyerswerda e Rostock era fallace. Una generazione dopo l'unità tedesca si deve tristemente ammettere che molti non sono riusciti a fare il loro ingresso nel nuovo ordine sociale. Siamo ancora molto lontani da avere condizioni paritarie - sia economiche che emotive.

domenica 25 settembre 2016

Il tramonto di Merkel

Eric Bonse, dal blog Lost in Europe, analizza il tramonto della Cancelliera: debolezze interne ed europee si sommano, è iniziata la fine di una lunga stagione politica. Da Lost in Europe, un blog indipendente da Bruxelles.

Dove sta andando l'Europa? Dopo la Brexit non è accaduto nulla, la riforma dell'Euro è stata rinviata, il vertice di Bratislava è stato un flop. Una sola cosa è chiara: la Germania non è più' il paese guida. Ormai sa solo frenare.

Un anno fà l'Europa tedesca era sulla bocca di tutti. La Cancelliera Merkel imponeva alla Grecia le richieste del ministro Schäuble e si rifiutava di applicare il trattato di Dublino.

Tutta Europa, con stupore e incredulità, osservava la gestione della crisi dei profughi da parte di Merkel. Oggi tutta la stessa Europa è sgomenta e soffre per le conseguenze delle sue decisioni unilaterali.

Non solo la rapida ascesa di AfD segna il declino del suo potere. Nella politica europea la Brexit è stata molto piu' importante - perché la politica europea di Merkel si appoggiava prima di tutto su Londra.

Dopo il NO di Downing Street la Cancelliera sta solo cercando di difendere lo Status Quo e di mantenere il controllo sugli stati del sud. Ma non sta piu' guidando, non puo' piu' guidare.

Il vertice di Bratislava lo ha dimostrato chiaramente. Sebbene in precedenza avesse fatto il giro di mezza Europa, da Merkel non è arrivata alcuna strategia, nessun piano, nessun obiettivo. E' lei che si sta intralciando la strada da sola.

Renzi si è "fatto beffa" del giro in barca, che oltre alle belle parole sulla sicurezza non ha portato molto altro. Non è emerso nemmeno un nuovo trio; e' rimasto solo Hollande a dare man forte a Merkel.

Ci dobbiamo pertanto preoccupare? In teoria no, perché in ogni caso non dovrebbe essere la Germania a guidare, soprattutto non da sola. L'iniziativa dovrebbe essere presa dalla Commissione UE a Bruxelles.

Ma qui arriva il problema successivo. Da Juncker e dal suo team non arriva più' nulla, nessuno ormai prende sul serio la Commissione. Bruxelles è diventata irrilevante - e non da ultimo, proprio perché era Berlino a volerlo.

Che si trattasse della Grecia, della crisi dei profughi o dell'accordo con la Turchia, Merkel ha fatto tutto sempre da sola, tenendo la Commissione ai margini della discussione. Il cui compito era solo quello di legittimare il risultato.

Ma ora la legittimazione sta svanendo contemporaneamente sia a Berlino che a Bruxelles. Il trucco di Merkel, quello di far passare la sua agenda come un'agenda europea ricadrà su entrambi: sulla Germania e sull'UE.

Lo si potrebbe chiamare circolo vizioso.