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venerdì 8 gennaio 2021

Quo vadis Deutschland? (parte seconda)

Se lo chiede il giornalista e scrittore tedesco Gert Ewen Ungar in un commento pubblicato nei giorni scorsi su RT Deutsch. Per Ungar il dibattito interno sul pericolo rappresentato dai populisti di AfD in realtà servirebbe piu' che altro a nascondere lo spostamento a destra di tutta la politica estera ed europea della Repubblica Federale. Una riflessione molto interessante e preoccupata del grande intellettuale tedesco Gert Ewen Ungar su RT Deutsch. (seconda parte)



E' sbagliato quindi scagliarsi solo contro AfD, i Reichsbuerger e i complottisti. AfD non può fare nulla contro questa palese deriva verso destra; non ha nessuna voce in capitolo nella politica governativa. Sono invece i partiti consolidati a praticare da anni e in maniera coerente questa politica imperiale di destra e ad applicarla nelle più diverse costellazioni. La CDU, la SPD, i Verdi e la FDP incarnano la svolta a destra dalla quale Margaret Thatcher ci aveva messi in guardia circa trent'anni fa. Anche l'obiezione secondo la quale, la maggior parte delle sanzioni sarebbero imposte dall'UE, ignora il fatto che la Germania è palesemente la forza trainante dietro questo regime sanzionatorio europeo. 

Se si sposta lo sguardo sull'Europa e l'UE, le cose non si fanno più piacevoli, solo gli strumenti politici e di potenza applicati sono diversi. 



L'euro, originariamente pensato dopo la riunificazione per prevenire la rinascita della grande Germania grazie al suo D-Mark, è diventato, al più tardi con la crisi finanziaria del 2009, uno strumento in mani tedesche per una politica di potenza intraeuropea. L'euro è disfunzionale. Sembra una moneta unica, ma in realtà i paesi riuniti nell'euro devono finanziarsi sui mercati a dei tassi d'interesse diversi. Gli Stati nazionali hanno rinunciato alla loro sovranità monetaria e si sono sottoposti a un complesso insieme di regole, molte delle quali ampiamente discutibili. La Germania ha dominato la scrittura delle norme e dei trattati. Ogni tentativo di successiva correzione di alcuni regolamenti arbitrari fallisce regolarmente a causa della resistenza tedesca. In linea di principio, la Cancelliera Merkel ha chiarito che non ci saranno bond comuni emessi insieme alla Germania - come invece sarebbe consuetudine e ragionevole all'interno di un'area valutaria. La Germania insiste sull'austerità e obbliga gli Stati membri dell'eurozona ad applicare il pareggio di bilancio, una politica dal punto di vista economico alquanto discutibile. Il paradosso tedesco nell'euro: nella moneta comune ognuno fa per sé. Nessuno sa come tutto questo potrà funzionare nel lungo periodo, ma questa disfunzionalità apre lo spazio per una politica di potenza che la Germania sta usando per estendere il suo dominio all'interno dell'UE.

Il rifiuto da parte della Germania di emettere obbligazioni congiunte è pertanto comprensibile; dopo tutto, i diversi tassi d'interesse e la conseguente pressione sul debito dei paesi europei sono lo strumento per continuare ad esercitare il potere tedesco nell'eurozona - ma ad un prezzo elevato. L'Unione Europea con il regime tedesco al suo interno non sarà mai un'unione pacifica, perché la competizione politica sta spingendo gli Stati nazionali ad una competizione fra Stati - una corsa verso il basso. La competizione viene combattuta, tra l'altro, tramite i salari e l'abbassamento degli standard sociali. I lavoratori tedeschi hanno rinunciato per molto tempo a degli aumenti salariali adeguati per favorire le esportazioni tedesche. Queste esportazioni a loro volta generano disoccupazione negli altri paesi dell'eurozona. Il modello tedesco fondato sulle esportazioni spinge verso distorsioni insanabili. Allo stesso tempo, le infrastrutture interne continuano a deteriorarsi, si stanno operando tagli all'istruzione e nel settore sociale, mentre la disuguaglianza economica aumenta rapidamente. Le fratture all'interno della società sono sempre piu' visibili. L'eurozona nel complesso è rimasta indietro rispetto al resto del mondo in termini di sviluppo, mentre il risentimento tra i paesi riuniti sotto la moneta unica si fa sempre piu' forte. Continuerà ad aumentare, perché si trovano fra loro in competizione per ottenere dei bassi tassi d'interesse, pagare bassi salari e godere del favore mistico dei mercati. 



Le regole tedesche per l'euro implicano una guerra economica permanente all'interno dell'eurozona. E questi piu' o meno sono i costi che la Germania è disposta a pagare per mantenere la sua posizione di potere, o meglio a far pagare ai cittadini dell'UE. 

Nel suo discorso inaugurale in occasione dell'avvio della presidenza tedesca del Consiglio europeo, Merkel ha chiarito che, a suo avviso, e senza alcun dubbio dovrà continuare ad esserci una concorrenza fra le nazioni. Eccolo, il momento tedesco. La Germania non si considera un partner solidale, ma un concorrente all'interno di una competizione tra nazioni che deve essere vinta. Nel suo discorso la Cancelliera ha riassunto la lotta tedesca per il potere. Questo concetto della Cancelliera è tanto folle quanto pericoloso, perché da un lato gli Stati nazionali fondamentalmente non sono imprese, e dall'altro l'idea della concorrenza fra nazioni porta inevitabilmente alla guerra economica o a condizioni simili e danneggia tutti. L'unione monetaria stessa ne è un esempio negativo: elevata disoccupazione giovanile, alto tasso di disoccupazione, sottoinvestimenti in infrastrutture, impoverimento diffuso - soprattutto nei paesi della periferia. La superiorità tedesca costringe le altre nazioni ad una competizione che non possono vincere. Ogni forma di equità viene meno.

Uno degli strumenti per ottenere questo risultato è il meccanismo europeo di stabilità (MES), alla cui guida siede un estremista di mercato, il tedesco Klaus Regling. Costruita secondo il diritto privato, questa potentissima organizzazione dell'UE è al di fuori di ogni controllo democratico. Nasce per finanziare gli Stati dell'UE in difficoltà. Ma se questo sostegno venisse concesso, i parlamenti nazionali sarebbero di fatto privati di ogni potere e l'ideologia dell'austerità tedesca verrebbe attuata con tutta la sua forza e in tutta la sua idiozia. Il fondo gode di scarsa popolarità e per paesi come Spagna e Italia somiglia piu' ad una minaccia, che ad una risposta solidale alla crisi, come invece viene descritto entusiasticamente dai media tedeschi, i quali tuttavia ignorano i fatti. 



Non si può certo negare che le élite tedesche sia nel mondo degli affari, che nella politica, ancora una volta si stiano dando da fare per dominare l'Europa. Allo stesso tempo sta diventando chiaro che l'attività tedesca in Europa e nel mondo non sta facendo nulla di buono, e non contribuisce a migliorare il mondo. Al contrario, è aggressiva, suscita e alimenta conflitti, crea e approfondisce le disuguaglianze - il tutto con l'obiettivo di espandere la posizione tedesca e la sua politica di potenza. Margaret Thatcher aveva ragione. Anche se è stata profondamente neoliberista e molto dura quando si trattava dei diritti dei lavoratori e di questioni redistributive, aveva visto in maniera chiara il problema della costante ricerca di potere da parte della Germania. La Germania pratica un neoliberismo di per sé paradossale. In realtà l'obiettivo dell'ideologia neoliberale dovrebbe essere quello di arginare lo Stato. La Germania invece utilizza strumenti neoliberisti per espandere l'egemonia tedesca. Oltre al radicalismo di mercato, i tedeschi cercano di ottenere una egemonia fondata sulla politica di potenza. La Thatcher lo aveva capito. 

Ciò che la Lady di ferro tuttavia non aveva previsto, è il modo in cui questo collegamento della politica con l'economia e la continua ricerca dell'egemonia vengano supportati dai media tedeschi. In effetti, essi oscurano la visione dell'attività tedesca nel mondo e ne legittimano l'aggressività e, in ultima analisi, le aggressioni. La deriva verso destra della politica estera ed europea della Germania, che minaccia gli altri paesi nella loro sovranità, in molti media tedeschi non viene nemmeno menzionata . 

Al contrario, viene tracciato il quadro di una minaccia interna proveniente da destra, che invece ignora completamente la minaccia reale rappresentata dalla politica ufficiale del governo tedesco in carica. Negli ultimi anni la Germania si è trasformata in un paese che, secondo tutti gli standard esistenti, può essere considerato di destra e imperialista, e che ancora una volta rappresenta una minaccia per la pace e la stabilità. 

La Germania deve essere fermata - questa è un'altra delle richieste fatte all'epoca della Thatcher, oggi più che mai attuale. La Germania ancora una volta cerca la supremazia in Europa. Non si concepisce come un partner cooperativo e rispettoso, ma come un leader autoritario e disciplinatore. 

La Germania sta ripetendo i suoi errori storici. 

Il risultato di questa ripetizione, tuttavia, difficilmente cambierà. L'azione tedesca sta distruggendo l'Europa, perché alla Germania manca la saggezza politica necessaria per dare una forma a tale compito. Spingere il radicalismo di mercato a tutti i livelli contro ogni ragione e contro ogni lezione della storia, è una forma di totalitarismo. C'è da sperare che le altre nazioni europee rinsaviscano e formino un'ampia alleanza in grado di frenare la battaglia tedesca per raggiungere il potere. La Germania ha bisogno di un correttivo dall'esterno. La Germania da sola non sarà mai un membro solidale della comunità internazionale, perché non è in grado di imparare alcuna lezione dalla propria storia. Anche Margaret Thatcher lo aveva capito.


Quo vadis Deutschland?

Se lo chiede il giornalista e scrittore tedesco Gert Ewen Ungar in un commento molto duro pubblicato nei giorni scorsi su RT Deutsch. Per Ungar il dibattito interno sul pericolo rappresentato dai populisti di AfD in realtà servirebbe piu' che altro a nascondere lo spostamento a destra di tutta la politica estera ed europea della Repubblica Federale. Una riflessione molto interessante e preoccupata del grande intellettuale tedesco Gert Ewen Ungar su RT Deutsch. (prima parte)


"We beat the Germans twice, and now they’re back." Abbiamo battuto i tedeschi per due volte e ora sono tornati, aveva detto l'allora primo ministro britannico Margaret Thatcher in occasione della riunificazione tedesca. Non era per niente contenta della fortuna tedesca - credeva che una Germania rinvigorita avrebbe continuato la sua tradizione imperialista e sarebbe tornata ad imporre la sua supremazia in Europa. 

La citazione ha trent'anni, come la riunificazione. Con il senno di poi però dobbiamo sforzarci di capire se la Thatcher avesse davvero ragione. 

Questa riprova è importante, anche perché le preoccupazioni per un ritorno della destra, in Germania oggi sembrano occupare un posto centrale all'interno del discorso politico tedesco. Lo schema sinistra-destra, di conseguenza, domina gran parte del dibattito. Chi si considera "di sinistra" guarda ad AfD, ai complottisti e ai Reichsbürger, e  attribuisce loro ogni sorta di connotazione di destra. Tuttavia ciò non rende giustizia allo spostamento a destra che l'intera Repubblica Federale sta subendo, perché lo sguardo ai soli sviluppi di politica interna è decisamente limitato. I termini "sinistra" e "destra", inoltre, nel dibattito tedesco hanno semplicemente sostituito un'altra coppia di termini: buono Vs. cattivo. Sinistra e destra sono diventate categorie morali. In questo processo sono state completamente svuotate del loro contenuto politico e socio-economico. "La mascherina è di sinistra" titolava recentemente Der Freitag, ad esempio. Leggendo l'articolo, diventa immediatamente chiaro il totale cambiamento di senso della terminologia. Dopo quarant'anni di neoliberismo e di cambio di significato alle parole da parte dei grandi Think tank, la gente ovviamente non sa più cosa significhi essere di destra o di sinistra, conservatore o progressista. Le persone di conseguenza ignorano la deriva a destra dell'intero paese. Questa tendenza è molto più ampia, perché anche coloro che si considerano di sinistra la promuovono e la sostengono, e anzi, ora sono arrivati a considerare le politiche di destra come efficaci o addirittura prive di alternativa. 



La frase della Thatcher era uno sguardo dall'esterno: per comprendere la sua preoccupazione è necessario guardare nella direzione opposta e osservare la politica estera tedesca ed europea. 

In materia di politica estera, nel 2020 la Germania ha nuovamente attirato su di sé l'attenzione a causa delle numerose violazioni delle norme giuridiche internazionali e delle consuetudini diplomatiche. Continua a crescere l'aggressività con cui la Germania trasgredisce queste regole. Nella sua ricerca di potenza, del resto, si sente incoraggiata anche dal vuoto di potere lasciato dal ritiro degli Stati Uniti. 

Nel 2019 c'è stato, ad esempio, il riconoscimento del leader dei golpisti in Venezuela, Guaidó, come presidente ad interim, sulla cui leadership il governo tedesco ancora oggi fa affidamento - anche se poi non si è ripresentato alle elezioni parlamentari di dicembre. Analogamente la Germania non riconosce il presidente bielorusso Lukashenko, ma sostiene invece Svetlana Tikhanovskaya, che da molto tempo ormai si trova in esilio, e che rivendica la presidenza in Bielorussia. Anche il sostegno ufficiale della Germania al colpo di stato del 2019 in Bolivia rientra in questo quadro. Tutti questi eventi ci mostrano quanto la Germania non si curi piu' di tanto dei principi del diritto internazionale, come ad esempio quello della non ingerenza negli affari interni degli altri Stati. 

Un principio fondamentale del diritto internazionale, infatti, prevede che non siano i governi a dover essere riconosciuti, ma la sovranità dei Paesi. L'attuale politica estera tedesca, invece, si concentra sui governi in carica. Tutti gli esempi citati, che ovviamente potrebbero essere anche molti di piu', indicano un modello di interventismo tedesco. Gli Stati che proteggono i loro mercati dall'invasione straniera, soprattutto occidentale, vengono presi di mira dagli attacchi aggressivi della politica estera tedesca. È evidente: tutte le preoccupazioni sui diritti umani e sulla democrazia sollevate dal governo tedesco possono essere considerate dei pretesti. L'impegno del governo tedesco in politica estera si concentra sul garantire alla Germania l'acccesso ai mercati e alle risorse. La tipica arroganza e superiorità morale dei tedeschi è solo un mezzo per legittimare l'aggressività della propria azione politica. La politica tedesca non è eticamente responsabile. Anzi, ha spesso un effetto destabilizzante e corrosivo. L'attuale politica estera tedesca non mostra alcun successo nella conciliazione, nella pacificazione o in qualsiasi altro ambito finalizzato a migliorare la situazione. Non si tratta di un fallimento, ma riguarda piuttosto l'obiettivo centrale dell'impegno tedesco in politica estera. La Germania cerca il confronto; la politica estera tedesca non è al servizio della pace.  

Dopo l'assassinio del generale iraniano Soleimani, il quale si trovava in missione di pace sul suolo iracheno, da parte di un attacco terroristico di Stato guidato dagli USA, il Parlamento iracheno ha ritirato a tutte le forze armate straniere l'autorizzazione alla loro permanenza in Iraq. Questo, naturalmente, vale anche per i soldati della Bundeswehr di stanza in Iraq. La Bundeswehr, tuttavia, è ancora attiva in Iraq. Il mandato del Bundestag per la missione in Iraq recentemente è stato persino prorogato fino al 2022. La Germania è quindi un paese occupante, e con la sua presenza viola la volontà degli iracheni e il diritto internazionale. Sui media tedeschi non si trova praticamente nulla su questo argomento. Il silenzio può essere interpretato anche con il fatto che su questo tema non è possibile volare alti, anche ricorrendo ai soliti concetti moralistici. La Bundeswehr si trova in un altro paese contro la volontà di uno Stato sovrano, e vi si mantiene con la forza.  

Il regime delle sanzioni previsto dal governo tedesco viola anche il diritto internazionale e le regole internazionali. Il governo tedesco, infatti, impone e partecipa alle sanzioni extraterritoriali nei confronti di altri paesi. Siria, Venezuela e numerosi altri Stati ne sono colpiti. L'obiettivo in Siria, ad esempio, è quello di scatenare una rivolta causata dalla fame e dalla carenza di beni e innescata dalle sanzioni, per facilitare un cambiamento di regime, dopo che gli occupanti occidentali sono usciti sconfitti dallo scontro militare sul terreno. Una pratica crudele, a cui tuttavia la Germania ricorre con regolarità. L'ultima minaccia intraeuropea fondata sulla fame e le privazioni era stata rivolta ai greci nell'ambito della crisi finanziaria e mirava anche a forzare un riallineamento di fondo nella politica greca. Wolfgang Schäuble, il ministro delle finanze tedesco dell'epoca, era pronto a tagliare fuori la Grecia dai sistemi di pagamento in euro - con tutte le conseguenze che ciò avrebbe avuto per l'approvvigionamento dei cittadini greci. Nonostante ciò, Schäuble continua ad essere celebrato dal mainstream tedesco come un europeista apparentemente fervente.

Anche la Russia è stata colpita da tale regime di sanzioni. E queste sanzioni rappresentano di fatto un atto di aggressione, unilaterale e incompatibile con il diritto internazionale. La ragione centrale delle sanzioni sono gli accordi di Minsk. Secondo il governo tedesco, infatti, la Russia non eserciterebbe una sufficiente influenza sulle Repubbliche di Donetsk e Lugansk. In questa sede dobbiamo anche notare: la Russia non è affatto parte in causa nel conflitto, semmai è un mediatore. Indipendentemente da ciò viene colpita dalle sanzioni - un atto di cinismo assoluto.  

Al contrario il governo tedesco tace sugli omicidi dei giornalisti in Ucraina, sulla censura di massa operata in quel paese e sugli attacchi ai media. Non si parla nemmeno del progressivo declino economico del paese causato dall'intervento occidentale e accelerato dall'accordo commerciale con l'UE. I parlamentari tedeschi nel migliore dei casi sono cauti nelle loro critiche alla guerra civile in corso nel Paese, e di norma sono assolutamente partigiani. 

L'elenco potrebbe continuare ancora. E qui si dovrebbe chiarire fino a che punto la politica estera tedesca si è spostata verso destra. Perché questa politica estera non è piu' sinonimo di riconoscimento delle leggi, delle regole e delle norme internazionali. Non si basa sulla solidarietà internazionale unita al rispetto delle decisioni prese dai popoli dei rispettivi Paesi. La politica estera tedesca serve ad applicare in maniera aggressiva gli interessi economici e la volontà di potenza delle élite tedesche. Si potrebbe obiettare che la Germania sta semplicemente seguendo il "modello" dettato dalla politica estera statunitense. E questo spesso è vero, ma non viene riconosciuto il fatto che, soprattutto nei confronti della Russia, la Germania resta aggressiva e conflittuale anche quando agisce in maniera sempre piu' indipendente e inoltre, non si sente vincolata dal diritto internazionale. 

Continua-->>>