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sabato 4 dicembre 2021

Heiner Flassbeck - La transizione energetica tedesca non è credibile e i Verdi lo sanno bene

Nel mese di novembre, con poco vento e poco sole, le fonti di energia rinnovabile in Germania hanno garantito un livello minimo di copertura dei fabbisogni. Il grande economista tedesco Heiner Flassbeck ci spiega perché la transizione energetica di cui tanto parlano i Verdi, nella realtà dei fatti non è credibile e sta solo creando problemi alle famiglie tedesche vessate da bollette sempre piu' care. Ne scrive Heiner Flassbeck su relevante-oekonomik.com



La Ampelkoalition è arrivata e ovviamente vorrebbe dare nuovo slancio alla transizione energetica attualmente in fase di stallo. L'eolico e il solare dovranno essere potenziati in maniera massiccia. E questo è senza dubbio un buon momento per passare in rassegna i primi vent'anni della transizione energetica tedesca e porsi due domande centrali. In primo luogo, perché nessun paese al mondo ha seguito la Germania su questa strada, sebbene l'intenzione e il desiderio di tutti i governi sin dall'inizio del millennio fosse proprio quello di avere la Germania come modello? Il futuro cancelliere Scholz ritiene che la Germania debba solo mostrare come si fa, poi molti la seguiranno e la Germania potrà vendere la sua tecnologia in tutto il mondo. In secondo luogo, però, sarebbe molto più importante farsi un'altra domanda: che senso ha espandere un sistema in cui nessun incremento di capacità può garantire che il sistema non collassi da un momento all'altro senza alcun preavviso a causa delle condizioni metereologiche?



Ancora una volta, il mese di novembre è stato particolarmente significativo, perché novembre alle nostre latitudini spesso è caratterizzato da poco vento e da poco sole, fatto conosciuto nei circoli degli esperti come "Dunkelflaute". Il cosiddetto Agorameter interattivo di Agora-Energiewende lo mostra in tutta la sua chiarezza (Figura 1). Il 16 novembre a mezzogiorno, dei circa 70 gigawatt di cui la Germania ha permanentemente bisogno, il sole e il vento ne hanno forniti solo una parte trascurabile. La parte grigia relativa alle fonti di energia convenzionale è stata enorme e solo con ulteriori importazioni di elettricità (la curva rossa si trova sopra la zona grigia) è stato possibile soddisfare la domanda tedesca. E tutto accade venti anni dopo che in Germania è iniziata la transizione energetica. Come si fa a dire a un paese in via di sviluppo che deve cambiare, quando in Germania non siamo stati in grado di raggiungere una vera svolta neanche dopo cosi' tanto tempo?

Figura 1

Questo è il motivo, diranno i lobbisti del solare-eolico, per spingere ancora di piu' l'espansione delle rinnovabili. Ma qual è il punto? Diamo uno sguardo al futuro con una simulazione. Agora-Energiewende calcola quale sarà nei prossimi vent'anni il contributo del vento e del solare secondo i diversi possibili livelli di sviluppo delle rinnovabili, ma con condizioni meteorologiche comparabili a quelle attuali. Per quanto riguarda l'espansione dell'approvvigionamento elettrico tedesco, i risultati sono più che sorprendenti - direi spaventosi.

Se inserite nell'agorametro "Futuro" perchè volete immaginare un (coraggioso nuovo) mondo in cui l'approvvigionamento elettrico tedesco arriva in media (un anno, credo) all'80 per cento da fonti rinnovabili, otterrete in pochi secondi un grafico che mostra l'approvvigionamento elettrico negli stessi giorni del 2040 con le stesse condizioni meteo di oggi. Chi pensa che le aree blu e gialle in quella data saranno particolarmente grandi, tuttavia resterà deluso. Se non c'è vento e il sole non splende in cielo, anche la capacità massima non servirà a nulla (Figura 2).


Al contrario: poiché la Germania avrà bisogno di molta più energia elettrica nel 2040 di quanta ne abbia bisogno oggi, cioè circa 100 gigawatt, la lacuna in termini di approvvigionamento elettrico il 16 novembre 2040 sarà molto più grande di oggi. Alla Germania mancheranno a mezzogiorno di quella data circa 80 gigawatt di elettricità. 80 gigawatt equivalgono alla produzione garantita da 40 grandi centrali nucleari, se esistessero. Ma oggi possiamo dire con certezza che non esisteranno nemmeno nel 2040.


80 gigawatt non potranno essere importati da nessun paese, soprattutto se gli altri paesi seguiranno "l'esempio" tedesco ed espanderanno anch'essi le rinnovabili. Ci sono spesso periodi con poca luce nello stesso momento in tutta l'Europa settentrionale, il che significa che le lacune nell'approvvigionamento potrebbero essere enormi un po' ovunque. Non esiste nemmeno un impianto di stoccaggio che possa garantire 80 gigawatt per diverse ore. Tutte e sette le centrali idroelettriche della Baviera hanno una capacità totale di circa 550 megawatt, che è poco più di mezzo gigawatt. Si dovrebbe probabilmente pompare metà del Mediterraneo sulle Alpi per generare una simile quantità di energia.




È incredibile che questi fatti e queste previsioni non vengano discussi in maniera più approfondita. L'industria automobilistica tedesca, ad esempio, già ora (obbedendo in anticipo, per così dire) sta pubblicizzando solo auto elettriche. Ragazzi giovani e belli che attraversano il quartiere in auto, raggianti di gioia ricaricano le loro auto alle innumerevoli stazioni di ricarica. Ma nessuno che si chiede da dove arrivi l'elettricità. E quando un fornitore di energia per una volta parla chiaro, la sua voce sparisce rapidamente nell'ampio flusso di applausi per la svolta energetica. L'amministratore di Eon, Leonhard Birnbaum, qualche giorno fa ha lanciato l'allarme. Ha dichiarato infatti: "Anche se nel nostro paese venisse installato il triplo dell'energia eolica, in una settimana come questa non so come avremmo fatto senza carbone, senza energia nucleare e senza gas naturale. Se il carbone e l'energia nucleare venissero completamente eliminati dalla rete, ci sarebbe un vuoto gigantesco da riempire. Da colmare con una fonte che produce energia in modo affidabile. Non abbiamo solo bisogno di abbastanza elettricità in media in un anno, ne abbiamo bisogno ogni singolo giorno". Mi sembra non ci sia nulla da aggiungere.

Ma la politica ancora una volta è guidata più dai sentimenti che dal calcolo razionale. Credono forse sia impossible far accettare la verità al loro stesso elettorato? Ciò che è indiscutibile oggi, lo era anche cinque anni fa. Il governo dell'epoca presumibilmente sapeva anche questo e quindi scelse di rallentare in maniera complice il ritmo della svolta energetica. Il nuovo governo, ancora una volta con i Verdi, vuole forse tornare indietro con la stessa ingenuità di venti anni fa e portare avanti l'espansione delle rinnovabili senza un serio dibattito politico sulla propria esperienza con la transizione energetica?

Credo che andrà esattamente allo stesso modo, perché la gente teme una riflessione complessiva più di quanto il diavolo tema l'acqua santa: se si vuole sostituire il carbone, il gas e il petrolio, è necessaria una fonte di energia che sia in grado di garantire una fornitura di energia stabile e affidabile senza emissioni di CO2 (garantire il carico di base, come lo chiamano i tecnici). E questo è possibile, allo stato attuale della tecnologia, nei paesi dell'emisfero nord, solo con la tecnologia nucleare, vale a dire proprio quello che molti paesi hanno riconosciuto e stanno sviluppando.

Probabilmente sarebbe possibile ottenere molto di più dal vento e dal sole se al Nord Africa fosse data la possibilità di garantire l'approvvigionamento energetico dell'Europa. Ma questo ovviamente non è desiderabile dal punto di vista politico, perché i paesi europei non vogliono tornare ad essere di nuovo dipendenti. Restiamo comunque dipendenti. Come ho mostrato qui e qui recentemente, ci possono essere solo soluzioni globali. Quelli che, come la Ampelkoalition, pensano che la Germania debba solo fare da apripista e gli altri seguiranno, fondamentalmente hanno torto. Se non andiamo tutti nella stessa direzione, non servirà a nulla se qualcuno devia credendo di aver trovato una soluzione nazionale. Se poi si scopre che questa soluzione nazionale non è sostenibile, non ha salvato il mondo, ma ha reso un enorme disservizio ad esso e a se stesso.

È giunto il momento di seppellire l'illusione che si riflette al meglio nella citazione popolare di Franz Alt secondo il quale "il sole non manda mai una fattura". Da un lato, ci sono gli utenti dell'energia elettrica che sin dalla svolta energetica sono costretti a pagare dei prezzi record e purtroppo non possono in alcun modo sottoscriverla, e del resto non è affatto un sollievo perché il sole a volte non ci manda nulla, anche se avremmo bisogno della sua energia in maniera assolutamente continua.

sabato 6 giugno 2020

Cosa c'è dietro la svolta europeista del governo tedesco?

A questa domanda prova a rispondere Sven Giegold, economista, eurodeputato e responsabile economia per i Verdi tedeschi, intervistato da Eric Bonse, giornalista freelance. Nell'intervista Giegold ci spiega cosa ci sarebbe dietro la recente svolta europeista del governo tedesco e perché i Verdi stanno cercando di intestarsi la paternità politica del nuovo corso di Merkel. Da Lost in Europe



Prima il "Bazooka", e ora "lo slancio": nella politica finanziaria tedesca sono stati infranti quasi tutti i tabù. Ma anche a livello europeo Berlino si è mossa nella giusta direzione, sostiene il responsabile in materia di politica economica e finanziaria dei Verdi Sven Giegold. Un'intervista.

Bonse: la Commissione UE intende finanziare a debito un programma di ricostruzione da 750 miliardi di euro. Anche la Cancelliera Angela Merkel si è espressa in favore di un debito dell'UE - anche se fino ad ora era sempre stata fortemente contraria. Cosa ne pensa di questa inversione?

Giegold: si tratta di una inversione a 180 gradi della politica europea della Germania. Per inciso, è un'eco tardiva delle elezioni europee dello scorso anno. Gli elettori allora avevano votato per avere più Europa. E ora tutta una serie di falsi tabù tedeschi sull'Europa di fatto stanno cadendo. È difficile credere che anche Wolfgang Schäuble e Friedrich Merz nel frattempo siano diventati favorevoli ad un programma europeo finanziato a debito! E' stato un successo per noi europeisti.

Bonse: a quali tabù si riferisce?

Giegold: mi riferisco alla tassazione europea, che potrebbe anche essere sotto forma di una tassa digitale europea, ai sussidi a fondo perduto invece dei prestiti e alla responsabilità condivisa. I cristiano-democratici e soprattutto la CSU fino ad ora non avevano mai voluto una tassa europea - e ora improvvisamente su questo tema c'è una grande apertura. Anche la Germania non aveva mai voluto trasferimenti - ma ora ci saranno 500 miliardi di euro di sovvenzioni a fondo perduto. E anche per quanto riguarda il debito, a Berlino fino a poco tempo fa si continuava a ripetere: non faremo mai i coronabond e in nessun caso! Ma ora stanno arrivando delle obbligazioni comuni in tempi di coronavirus. E questo rafforza l'Europa!

Bonse: ma il debito dovrebbe restare un'eccezione assoluta, Merkel parla di una misura speciale una tantum.

Giegold: tutti i budget sono unici. L'importante è che ora in Germania abbiamo una narrazione completamente diversa. La coesione europea ha bisogno di una politica fiscale e di investimenti comuni e solidali in Europa. Solo la FDP e AfD non hanno ancora sentito il colpo...

Bonse: come si spiega questa svolta?

Giegold: non sappiamo quali siano stati i veri motivi. Ma credo che la sentenza della Corte costituzionale tedesca sugli acquisti di titoli di stato da parte della Banca centrale europea abbia svolto un ruolo importante. Penso che questa sentenza sia discutibile e pericolosa per il diritto europeo - ma che in Germania ha scatenato un dibattito sul fatto che non possiamo lasciare alla BCE il compito di risolvere tutte le crisi. Il signor Voßkuhle forse merita un mazzo di fiori, dopo tutto quello che ha fatto...

Bonse: che ruolo ha avuto il presidente francese Macron? Per anni, del resto, ha cercato di convincere Merkel ad adottare una politica europea diversa, ci è riuscito?

Giegold: è stato un grave errore da parte di Merkel quello di non aver dato risposte alle iniziative di Macron per così tanto tempo. Alla fine Macron ha cambiato strada e ha coinvolto altri paesi - non solo sui coronabond, ma anche sulla politica climatica. Così facendo ha messo Merkel sotto pressione. Ma probabilmente anche l'Italia ha fatto molta impressione. Il fatto che durante la crisi causata dal coronavirus il sostegno all'Ue in Italia sia crollato, a Berlino ha fatto scattare l'allarme. E poi, naturalmente, la GroKo legge anche i sondaggi d'opinione. E allora è chiaro a tutti che la maggior parte dei tedeschi non sono così avari come si potrebbe pensare. I più capiscono che l'aiuto è necessario.

Bonse: ma gli aiuti hanno anche un rovescio della medaglia: l'UE dovrà rimborsare i debiti fino al 2058, il bilancio dell'UE per gli anni a venire sarà congelato, i sussidi saranno legati alle condizioni della politica economica...

Giegold: il rimborso del debito è ripartito su 38 anni. E' così lungo che il rimborso non avrà alcun ruolo macroeconomico. Il fatto che il quadro finanziario dell'UE non venga aumentato è una concessione fatta ai "Quattro paesi frugali". Ma i 750 miliardi di euro per la ricostruzione significano in realtà un bilancio dell'UE più alto. Potrebbero esserci anche dei sacrifici sbagliati. Ad esempio, il programma di scambio Erasmus potrebbe non essere ampliato. Il Parlamento su questo tema dovrà battersi.

Bonse:  e le condizionalità? La Commissione UE vuole farle rispettare con l'aiuto del "semestre europeo", ma si tratta di un intervento massiccio sui poteri in materia di bilancio dei parlamenti nazionali, senza il controllo democratico!

Giegold: giusto, ecco perché ora si tratta di parlamentarizzare il semestre europeo. Sarebbe un bene se il semestre europeo non restasse solo un esercizio burocratico senza alcun effetto vincolante, come è stato finora. Molte raccomandazioni di Bruxelles finora hanno avuto un'impronta troppo liberista. Le raccomandazioni pertanto ora dovranno essere adottate dal Parlamento. Altrimenti si corre il rischio che le priorità d'investimento vengano fissate senza l'approvazione del Parlamento.

Bonse: cosa ne sarà dell'"European Green Deal"? In molti nei Verdi, ma anche fra i socialdemocratici e la Linke criticano il fatto che nella bozza di Bruxelles sia stato annacquato.

Giegold: il pericolo è reale, poiché solo il 25 % del prossimo bilancio dell'UE sarà esplicitamente destinato alla lotta contro il cambiamento climatico. La protezione del clima deve essere il materiale da utilizzare per la ricostruzione economica. Merkel e von der Leyen, se vogliono l'approvazione del Parlamento europeo, devono fare di più per il clima. Si tratta non solo dell'importo delle sovvenzioni, ma anche della qualità della spesa. Non siamo ancora arrivati al punto.

Bonse:  e i "Quattro parsimoniosi" e gli altri stati dell'UE? Devono ancora dare il via libera e potrebbero di nuovo annacquare il fondo per la ricostruzione e il Green new Deal.

Giegold: il cancelliere austriaco Kurz sta già dando i primi segnali in favore di un compromesso. Almeno io lo interpreto cosi' quando parla di una unione del debito - perché nessuno l'ha prevista! Ma anche se Kurz dovesse mettersi di traverso: alla fine l'Austria e i "quattro frugali" non arrivano nemmeno al 10% della popolazione. I grandi Stati dell'Unione Europea, Germania, Francia, Spagna e Italia appoggiano la proposta. Il fatto che sia stato raggiunto un accordo nonostante la rinazionalizzazione avvenuta nella crisi causata da Coronavirus è un grande passo in avanti.


domenica 1 settembre 2013

La Germania non ha una soluzione

Dopo le speranze di W. Münchau, una riflessione interessante arriva da Lost in Europe: la SPD non accetterà mai di allearsi con la Linke, di fatto le elezioni tedesche non potranno offrire una soluzione ai problemi europei. Da Lost in Europe
Rot-Rot-Grün sarebbe la migliore soluzione per l'Europa. A questa sorprendente conclusione arriva W. Münchau dopo aver analizzato i programmi elettorali dei partiti tedeschi. Ma che cosa propongono esattamente i partiti su questo tema? Una panoramica.

CDU: Il partito della Cancelliera propone un convinto "continuiamo cosi'". No agli Eurobond, no alla Transferunion e nessun ulteriore trasferimento di competenze a Bruxelles. Ma anche nessuna soluzione per la crisi economica - e non una parola sui problemi di democrazia. I cristiano-democratici intendono posticipare questo tema alle elezioni europee.

SPD: I compagni, sulla carta - diversamente dalla realtà - hanno una loro sfumatura. Propongono iniziative per la crescita e una unione sociale europea. Vorrebbero colpire duramente le banche e avviare un fondo comune per la redenzione del debito. La commissione UE dovrebbe essere trasformata in un governo europeo eletto.

Grüne: I Verdi oppongono all'"Europa dei governi" una UE democratica. Per fare cio', al Parlamento europeo dovrebbe essere conferito il potere legislativo e la possibilità di votare le leggi. Ai cittadini europei dovrebbe invece essere dato un maggiore spazio di iniziativa, e si dovrebbe avviare una nuova convenzione europea. Sul tema Euro i Verdi restano alquanto vaghi: criticano le politiche di austerità e chiedono un "New Deal Verde".

FDP: I liberali cercano di distinguersi a spese degli altri - e se la prendono con il programma elettorale della CDU. Il loro "programma civile", tuttavia, contiene poco di concreto. Da un lato i liberali sono contro gli Eurobond e gli aiuti della BCE agli stati in crisi, dall'altro vorrebbero fondare uno "stato federale europeo". Ma solo nel lungo periodo...

Linke: E' il solo parito a prendere le distanze dal trattato di Lisbona e dal suo impianto neoliberale. Al suo posto dovrebbe naschere un'Europa fondata sulla democrazia. In concreto i compagni chiedono una tassa sulle banche, una tassa sui ricchi e una patrimoniale. Oltre a cio' dovrebbero essere introdotti degli standard sociali minimi.

Pirati: piu' democrazia, anche nel fondo ESM: cosi' si puo' riassumere l'Europrogramma dei Pirati. Hanno perfino un capitolo per "l'Agenda Digitale", chiedono una banda larga per tutti e la promozione dei beni collettivi

Se si confrontano questi programmi con cio' che viene attualmente discusso a Bruxelles, si percepisce quanto la coalizione attualmente al governo ne sia lontana. Soprattutto la FDP è molto distante dalle posizioni dei liberali europei (da leggere "I liberali amano gli Eurobond").

Al contrario, la Linke e i Verdi vanno ampiamente oltre ciò che attualmente l'UE puo' e vuole fare. Una coalizione rosso-rosso-verde ben presto andrebbe a scontrarsi con la realtà di Bruxelles.

Ma la SPD rifiuta una tale coalizione. Che alla fine significa: la Germania al momento non ha alcuna soluzione per i problemi dell'UE e dell'Euro.

Non c'è da stupirsi, l'attuale coalizione nero-gialla è una parte del problema. E' stata lei a portare l'Europa nelle condizioni in cui si trova attualmente...




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mercoledì 3 aprile 2013

E' la fine del mini-job?


A dieci anni di distanza dall'introduzione dell'Agenda 2010 e dopo averla votata, i Verdi fanno marcia indietro, almeno sui mini-job: sono stati un errore, è una forma di sfruttamento legalizzato. Da Süddeutsche Zeitung

Nel settore dei lavori a basso salario non è previsto l'obbligo della contribuzione sociale. Sono ormai numerose le aziende che impiegando solo minijobber fanno affari d'oro. Ma questa forma di impiego spesso non garantisce una pensione dignitosa. I Verdi vogliono cambiare le regole.

La Bundesagentur für Arbeit ufficialmente considera i Mini-job una buona idea. "Sfruttatate la possibilità di fare esperienza di lavoro e acquisite nuove conoscenze e competenze", scrivono sul loro sito web. "Potrete stringere nuovi contatti, ottenere nuove referenze e avere un nuovo punto di vista". E ancora: "Un mini-job puo' essere il punto di  partenza per un lavoro regolare".

In realtà non funziona proprio cosi'.

Anche i Verdi all'epoca votarono per l'introduzione dei mini-job, lo fece anche Katrin Göring-Eckard, la candidata del partito alla Cancelleria. I mini-job nelle intenzioni del legislatore dovevano essere l'arma perfetta contro la disoccupazione e il lavoro nero. Ma spesso non hanno soddisfatto queste aspettative. O forse peggio: l'effetto è stato esattamente quello opposto.

Ma ora i Verdi  nel medio termine vorrebbero abolire i mini-job. La loro attrattività risiede nel fatto che per il datore di lavoro non è previsto il pagamento dei contributi sociali. Pagano solo un piccolo contributo forfettario. Da gennaio 2013 in teoria per il datore di lavoro ci sarebbe l'obbligo di versare i contributi sociali. I minijobber di loro iniziativa possono tuttavia chiedere di essere esonerati da questo obbligo. E secondo le prime stime lo stanno facendo quasi tutti. Uno stipendio mensile di 450 € massimi non lascia molti margini.

Ormai da mesi quasi ogni settimana escono studi che dimostrano una cosa: i mini-job sono inflazionati. Oltre 7 milioni di individui - soprattutto donne - dipendono da questa forma di lavoro a basso salario. Per oltre 5 milioni sono la fonte principale di reddito. La maggior parte di loro non versa i contributi per la pensione statale. Semplicemente perché lo stipendio non basta. La conseguenza: crescerà la povertà in vecchiaia.

I Verdi propongono pertanto di riorganizzare il cosiddetto settore dei lavori a basso salario. Una parte di questo progetto è l'abolizione dei mini-job. Per i lavori senza assicurazione sociale obbligatoria lo stipendio massimo non dovrà superare i 100 € al mese. Lo ha annunciato Göring-Eckardt alla Rheinische Post.

I mini-job dovranno diventare poco attrattivi

La Göring-Eckardt conferma ancora una volta quello che i Verdi vogliono inserire nel programma per le elezioni federali: l'obbligo di versare i contributi assicurativi a partire dai 100 € al mese.

I mini-job non dovrannoo essere aboliti dall'oggi al domani. Al vertice nella lista delle priorità dei Verdi resta l'introduzione di un salario nazionale minimo definito dalla legge. Poi la limitazione del numero di minijobber impiegati in ogni singola azienda, e quindi la definizione di un numero massimo di ore di lavoro sul totale. In un momento successivo si dovrà stabilire che a partire dai 100 € mensili è necessario contribuire alla sicurezza sociale. Il limite oggi è a 450 €. I mini-job dovranno quindi "esssere sostituiti da forme contrattuali socialmente sostenibili", si dice nel programma.

Sono numerose le aziende che oggi impiegano quasi esclusivamente minijobber. Secondo i Verdi un abuso a spese dei contributi pensionistici dei lavoratori. I minijobber dovranno essere quindi trattati secondo il normale diritto del lavoro. Tutti passaggi che renderanno i mini-job sempre meno attrattivi.

Non è ancora chiaro se gli obblighi di contribuzione sociale dovranno essere introdotti immediatamente. Il loro ammontare è di circa il 20% del salario lordo, mentre le imposte sul reddito sono progressive e aumentano con il reddito.

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