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domenica 15 settembre 2019

Il turismo in Siria dei rifugiati siriani in Germania

Non esistono dati ufficiali ma sembra una pratica alquanto diffusa fra i rifugiati siriani in Germania: trascorrere una lunga vacanza in Siria, il paese di origine, dal quale tuttavia erano fuggiti perché perseguitati. A Berlino ci sarebbero addirittura delle agenzie specializzate che offrono dei pacchetti all-inclusive. Sulla stampa tedesca se ne è parlato molto, ma le autorità tedesche probabilmente preferiscono chiudere un occhio sul turismo truffaldino degli asilantiNe scrive Manfred Schwarz su Tichys Einblick


I cosiddetti "rifugiati" arrivati in Europa occidentale oltrepassando i confini, spesso si recano illegalmente in vacanza proprio in quei paesi in cui presumibilmente sono dei perseguitati. Casi di questo genere sono stati riportati soprattutto in Germania, Svizzera e Norvegia. Spesso questi "rifugiati" si recano nei loro paesi di origine per visitare conoscenti, amici o parenti e i viaggi possono durare anche oltre 30 giorni.

L'80 % dei "richiedenti asilo" ha "smarrito" i propri documenti

Questo "turismo dell'asilo" truffaldino, che mostra tutta l'assurdità della legge sull'asilo, è facilitato anche dal fatto che oggi, almeno l'80% dei "richiedenti asilo", quando entra in Germania,  ha con sé gli smartphone piu' moderni o all'avanguardia, ma afferma di non avere documenti - sapendo perfettamente che le autorità locali sono in grado di rilasciare rapidamente i documenti sostitutivi ai migranti. Ovviamente secondo le informazioni fornite a voce dai "rifugiati", giuste o sbagliate che siano. Nessuno può verificare l'accuratezza delle informazioni personali. Porte spalancate ad ogni possibile frode.

I media del mainstream rosso-verde fondamentalmente evitano di parlare di questi viaggi truffaldini su larga scala. Giornali come "Focus" oppure la "Stuttgarter Nachrichten" in passato sono stati l'unica eccezione. I giornali di sinistra - soprattutto "Der Spiegel" - cercano persino di minimizzare il "turismo dell'asilo" o addirittura di giustificarlo. Anche fra le fila di quasi tutti i partiti politici regna un silenzio eloquente. E gli uffici preposti si sforzano di non pubblicizzare i casi noti.

Un giornalista della "Bild" ha fatto un'inchiesta 

Si è mossa invece in maniera alquanto diversa la "Bild", che con l'aiuto di indagini coperte - in maniera esclusiva ed esemplare - in particolare di un giornalista arabo, ha scoperto un vasto sistema di frode.

Il reporter responsabile Mohammad Rabie nel suo reportage ci spiega quanto sia facile oggi nel nostro paese, per i cosiddetti "richiedenti asilo" che vogliono "temporaneamente" ritornare nei loro paesi di origine, prenotare su larga scala simili viaggi truffa nelle agenzie di viaggio specializzate. Il giornalista della "BILD" Rabie, anch'egli un rifugiato arrivato dalla Siria, nel corso delle sue ricerche ha parlato con i connazionali, ma anche con gli agenti di viaggio specializzati in viaggi illegali verso i paesi di origine.

Apparentemente ci sono molti modi per ottenere, ad esempio, la possibilità di entrare in Siria. Quando c'è denaro a sufficienza, basta viaggiare attraverso il Libano, l'Iran o la Turchia.

E' sufficiente una telefonata alla compagnia aerea libanese "Nakhal", che sul suo sito Web indica un numero telefonico di Berlino, o all'agenzia di viaggi "Al-Outom" di Berlino-Neukölln (Sonnenallee) per dare avvio al tanto desiderato viaggio verso il paese d'origine, apparentemente (ma non realmente) pericoloso.

La Travel Agency araba scrive: servizio "All Inclusive"

Il giornalista della "Bild" con radici siriane nelle sue telefonate a "Nakhal" e "Al-Outom" dice chiaramente che "intende viaggiare nella sua terra natale, anche se ai sensi della legge sull'asilo non gli sarebbe premesso". La risposta di un dipendente dell'agenzia di viaggi: "Nessun problema. Ha solo bisogno di un passaporto siriano oppure deve richiedere un "biglietto per il trasferimento" presso l'ambasciata siriana. Al resto pensiamo noi".

Costo? Circa 800 euro da mettere sul tavolo. Per le tangenti (sembrano essere destinate principalmente alle guardie di frontiera al confine tra Siria e Libano), volo, viaggio in autobus e documenti. Esiste quindi un "servizio all-inclusive".

Mohammad Rabie afferma che molti dei "rifugiati" che si sono recati in patria in realtà non erano mai stati perseguitati politicamente. Inoltre, egli ipotizza che tra i passeggeri vi siano anche molti sostenitori del governo siriano di Assad. Di fatto il governo da cui presumibilmente erano fuggiti.

Solo una "piccola pausa dalla Germania"

Sui social media molti siriani riferiscono dei loro viaggi a casa. Il blogger Aras Bacho (20 anni, già condannato per molestie sessuali dalla giustizia tedesca) ha scritto a luglio su Twitter: "Due settimane fa, sei siriani che conosco sono partiti in vacanza per la Siria per visitare i loro familiari e prendere una pausa, soprattutto dalla Germania. Ti manca la patria, e poi i siriani ormai lo fanno quotidianamente!"

Mohammad Rabie per conto della "Bild" ha parlato con i rifugiati che sotto lo status di "richiedenti asilo" hanno viaggiato in Siria, paese che avevano lasciato perché presumibilmente lì erano dei perseguitati:

▶ Gina (38 anni, nome modificato) vive in Baviera. È arrivata in Germania nel 2015. Da allora la "rifugiata" è rientrata a casa due volte. "Sono rimasta due mesi, sono andata in vacanza", dice. Alla domanda sul perché sia ​​tornata in un paese da cui è fuggita, Gina ha risposto: "Ho visitato i miei tre figli. Lo farei di nuovo, anche se dovessi perdere il permesso di soggiorno".

Anche Maya dal 2015 vive in Germania. Presumibilmente ha visitato suo padre malato a Damasco. "Sono volata in Turchia, ho attraversato il confine presso la città siriana di Qamishli. Non ho informato le autorità tedesche perché temevo che il mio diritto di asilo venisse ritirato".

Con i documenti di asilo delle autorità tedesche senza problemi verso la Germania

Ma come fanno i rifugiati a rientrare in Germania? Si chiederà qualche coraggioso cittadino tedesco rispettoso della legge - che si occupa quotidianamente del suo lavoro e che paga regolarmente le tasse - quando sente queste storie. Anche il reporter arabo del più grande tabloid europeo ha fatto delle ricerche. La prassi abituale è quella di tornare, con i documenti di identità siriani, nel paese di transito da cui provengono .

Da lì si rientra in Germania con i documenti d'asilo tedeschi. "Se i documenti sono stati timbrati in Siria, ad esempio, puoi rientrare in Danimarca e dichiarare alla frontiera di aver perso il passaporto".

L'Ufficio federale per la migrazione e i rifugiati (BamF) da molto tempo è a conoscenza di questi viaggi speciali nel paese di origine. Ma il BamF non conosce cifre precise. La regola ufficiale è: se un tale viaggio in patria viene scoperto, si rischia - anche se quasi sempre solo teoricamente - una revoca dello status di richiedente asilo.

Anche il ministro Seehofer si è pronunciato, ma che valore hanno le sue parole?

Anche il ministro degli Interni Horst Seehofer si è espresso in maniera chiara sulla "Bild am Sonntag" dopo che sabato scorso la "Bild" ha parlato del turismo dei richiedenti asilo. Le parole del ministro devono essere lette con attenzione: "Chiunque si rechi regolarmente in Siria come rifugiato, non può seriamente pretendere di essere considerato un perseguitato in Siria". Solo chi si reca "regolarmente" in vacanza in Medio Oriente?

Il "ministro per la sicurezza" riduce drasticamente la possibilità di applicare i suoi annunci quando dice al "BamS" che è necessario "monitorare attentamente gli sviluppi in Siria". Seehofer: "Se la situazione lo consentirà, effettueremo dei rimpatri." Ah. Ma quando "la situazione" consentirà realmente di organizzare i rimpatri?

Il ministro si riferisce solo ai truffatori "siriani"? Che dire allora dei "rifugiati" dall'Eritrea, ad esempio, che sono anche loro noti per trascorrere le loro vacanze "a casa"? Gli esperti della "politica sui rifugiati" sanno che molto probabilmente la dichiarazione di Seehofer non vale nemmeno la carta su cui è stata stampata. La pratica quotidiana dei tribunali tedeschi smaschera le menzogne ​​del politico bavarese.

Chiunque abbia familiarità con le autorità competenti sa che le "procedure di disconoscimento" dello status di richiedente asilo richiedono una enorme quantità di tempo e grandi sforzi perché solo in questo modo possono essere a prova di tribunale. Anche nei pochi casi eccezionali in cui tale procedura è stata portata a termine con successo, i "vacanzieri in patria" colpiti dalle misure di solito ricorrono in tribunale. Ne risultano infinite cause legali che lo Stato deve pagare sotto forma di assistenza legale.

Anche se il BamF nei tribunali amministrativi dovesse effettivamente vincere, il rimpatrio sarebbe ugualmente molto improbabile. Per il "rifugiato", ad esempio, è sufficiente affermare di non avere i documenti o di soffrire di un disturbo d'ansia (ad esempio incubi notturni). La persona "in cerca di protezione", che ovviamente è un imbroglione, resta quindi nel paese. E così può regolarmente continuare a godere dei benefici sociali che rendono la Repubblica Federale apparentemente così attraente fra gli immigrati di tutto il mondo.

Chi controlla i "rifugiati" destinatari di Hartz IV?

I "rifugiati" che in Germania hanno ottenuto un "permesso di soggiorno" (di qualsiasi tipo - ce ne sono diversi) percepiscono da subito Hartz IV (appartamento o casa, spese di soggiorno, mobili, abbigliamento di base, assistenza medica gratuita, ecc.). Se i destinatari di Hartz IV legalmente considerati "rifugiati" vogliono viaggiare all'estero, devono informare il Jobcenter responsabile. Il viaggio potrebbe durare ufficialmente non più di tre settimane. Ma chi li controlla?

Nessuno negli uffici tedeschi vorrà ammettere che un qualsiasi dipendente o funzionario sia disposto o sia in grado di controllare dove si rechino realmente questi "rifugiati". La legislazione vigente non consente il viaggio nel paese di origine. Ma fra il personale delle autorità tedesche preposte, a chi potrebbe mai veramente importare?

Gli impiegati e i responsabili lo sanno molto bene: anche i vertici della politica generalmente non sono molto interessati al fatto che le leggi in questo ambito siano davvero rispettate o addirittura applicate. Perché ciò potrebbe generare una cattiva immagine e causare titoli spiacevoli sui giornali. E questo a sua volta potrebbe turbare il buon Michel (tedesco medio), il quale crede ancora che la "politica sui rifugiati" in Germania sia fatta rispettando il diritto.


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mercoledì 1 maggio 2019

Berlino isolata dopo la fine del matrimonio franco-tedesco

"Il discorso del presidente Macron del 25 aprile, non solo segna la fine del rapporto speciale fra Francia e Germania. Ma le conseguenze di questa rottura dell'asse europeo vanno ampiamente al di là dell'UE", scrive Uwe Schramm, un importante diplomatico tedesco, su Tichys Einblick. Mentre i pennivendoli di casa nostra ci spiegano che l'Italia in Europa sarebbe isolata ed esclusa dai tavoli che contano, scopriamo che da Parigi arrivano dei segnali molto chiari: il matrimonio franco-tedesco non è finito, ma si avvicina alla fase della separazione in casa. Commento molto interessante di Uwe Schramm su Tichys Einblick.


Alcune cose semplicemente accadono all'improvviso, anche se ad un certo punto te le saresti potute aspettare. E' successo con il discorso del presidente francese Emmanuel Macron di giovedì scorso. L'argomento più importante doveva essere la politica interna francese dopo le proteste dei Gilets Jaunes. Ma poi Macron, con una chiarezza senza precedenti, si è spostato sui crescenti conflitti fra Parigi e Berlino. Ha menzionato gli esempi nella politica energetica e climatica, le differenze in materia di politica commerciale con gli Stati Uniti e nei negoziati sulla Brexit. Avrebbe potuto elencarne di più: come le divergenze in materia di politica finanziaria e sociale nell'UE, nella difesa comune e nell'esportazione di armi. A ciò si aggiungono le delicate questioni interne in materia di politica migratoria dell'UE e la difesa delle frontiere esterne dell'UE.

Anche solo come provocazione, Macron nel suo discorso di Parigi, avrebbe potuto aggiungere altri elementi ancora piu' recenti. Come la richiesta fatta dal nuovo leader della CDU Kramp-Karrenbauer di chiudere la seconda sede del Parlamento europeo a Strasburgo, oppure la polemica inutilmente scatenata dalla parte tedesca sul seggio francese al Consiglio di Sicurezza, che a Berlino, per ovvie ragioni, si pensa debba diventare un seggio comune dell'UE. Dal punto di vista francese, c'è come l'impressione che a Berlino si voglia sminuire il ruolo di Parigi. A Parigi ovviamente la cosa non è stata presa molto bene. Non era andata diversamente in passato, come ad esempio è accaduto con le reazioni evasive arrivate da Berlino in seguito alle ripetute proposte di riforma europea lanciate da Macron.

Macron nel suo discorso ha evitato una escalation delle parole. Ha parlato di "un confronto fruttuoso" e della volontà di scendere a compromessi. Il suo discorso tuttavia conteneva un  messaggio chiaro: basta con il divertimento. Il tempo delle avances di Parigi in materia di politica europea è finito. D'ora in poi ognuno farà ciò che ritiene giusto e ciò che riesce a far rispettare. Non c'è più una corsia preferenziale franco-tedesca. D'ora in poi nell'UE ci sarà una libera scelta del partner con cui mettersi in viaggio.

Fra le righe ciò significa anche che Berlino ha perso il suo partner più importante nell'UE. Non è ancora opposizione aperta, ma si tratterà sempre di piu' di prendere decisioni sulla base degli interessi in ogni singola situazione, caso per caso. E questo accade proprio nel momento peggiore in cui la Gran Bretagna dice addio all'Unione europea, un paese che in materia di politica economica e finanziaria si era mosso quasi sempre insieme a Berlino. Londra mancherà quando si tratterà di decidere sull'appetito finanziario dei paesi del sud. Anche su altri temi, Berlino avrà il vento in faccia, all'interno dell'UE. A est, resta il gruppo di Visegrad con la Polonia, l'Ungheria e gli altri, i quali cercheranno di contrastare i diktat reali o presunti provenienti da Bruxelles o Berlino, mentre da Vienna, se sarà necessario, per questioni di pura utilità, si sceglierà un ruolo da suggeritore. Nel sud la Spagna resta vicina a Berlino, ma al momento ha altre preoccupazioni. Su dei paesi come Italia e Grecia bisogna farsi delle preoccupazioni. Berlino nell'UE nel complesso non è isolata. Ma non ha piu' amici. O piu' precisamente: ci sono dei partner con una diversa vicinanza e rilevanza e con motivazioni, obiettivi e interessi non corrispondenti.

Il discorso del presidente Macron del 25.04.2019, non solo segna la fine dello speciale rapporto franco-tedesco. Ma le conseguenze di questa rottura nell'asse europeo vanno ampiamente al di là dell'UE.

C'è una spiegazione a questa situazione. La geometria della politica estera tedesca può essere descritta con tre cerchi. Tre cerchi che corrispondono agli ambiti più importanti per la sicurezza del paese, e non solo per gli interessi economici. Si potrebbe anche parlare di tre dimensioni della politica estera: l'Europa, l'Atlantico e l'Oriente. Il problema ora è che dopo la correzione di rotta di Macron, nessuno di questi tre cerchi può ancora essere considerato intatto.

La dimensione europea ha il suo centro nell'UE, integrata da vari strumenti formali come il Consiglio d'Europa e un gran numero di meccanismi e istituzioni informali. Ma il centro di questo nucleo era costituito dal tandem franco-tedesco. Se questo asse soffre una perdita di qualità, come sta accadendo ora, ci saranno delle conseguenze per l'intero cerchio europeo della nostra geometria di politica estera. Il cuore continua a battere, ma sta soffrendo.

La seconda dimensione della nostra geometria di politica estera sono le relazioni transatlantiche; prima di tutto con gli Stati Uniti, che per la nostra sicurezza ancora oggi restano essenziali come lo sono sempre stati. Sfortunatamente la nostra politica e la stampa di casa nostra non hanno ancora capito che il presidente Donald Trump è tutt'altro che un imbarazzante incidente di percorso della politica americana. Berlino senza dubbio resta una voce importante nel bilancio della politica estera degli Stati Uniti. In queste circostanze, tuttavia, essere scivolati quasi in fondo alla classifica delle simpatie americane deve essere considerato un notevole svarione. Ciò puo' essere spiegato non solo con gli egoismi rabbiosi della politica americana, ma anche dal comportamento di Berlino e da altre questioni sostanziali come il non rispetto degli impegni tedeschi nel settore della difesa, o dal bigottismo di carattere guglielmino della stampa tedesca, e da certe dichiarazioni pubbliche, anche a livello politico. È così mentre il presidente Macron e sua moglie invitano la coppia Trump per un'elegante cena nel ristorante della Torre Eiffel, alla parte tedesca spesso, in materia di decenza civile, manca l'essenziale. Ciò trova vendetta nel fatto che la dimensione emotiva continua ad influenzare gli aspetti piu' fattuali. Inoltre, ciò non sembra essere d'aiuto anche nell'interpretazione delle dichiarazioni del Presidente degli Stati Uniti sugli impegni dell'Alleanza NATO. 

Nel terzo cerchio della nostra architettura di politica estera, quello della politica orientale, senza peraltro averne molta colpa, ci troviamo di fronte alle macerie della politica di distensione, nella sua formulazione finale, contenuta negli Accordi di Helsinki del 1975, i quali poi dal 1989 avevano reso possibile il processo di riunificazione tedesco. Per molti di noi si tratta di un addio difficile, che non viene accettato ovunque. Il ricordo di Willy Brandt è indimenticabile. Persino l'attuale presidente federale Steinmeier nei suoi anni da Ministro degli Esteri ha cercato di salvare ciò che sembrava possibile, e forse ha  tentato di tornare ai buoni propositi iniziali. Ma era come voler guidare alla massima velocità sull'autostrada orientandosi solo con lo specchietto retrovisore. Il suo successore Heiko Maas invece sembra essere in procinto di  tornare a separare un'altra volta i desideri dalla realtà.

Tornando a Emmanuel Macron e al suo discorso del 25.04.2019: non porterà al divorzio definitivo della coppia franco-tedesca, ma piuttosto ad una vita da separati in casa.

Con questa decisione del presidente francese, Berlino si trova ora in una situazione in cui nessuno dei tre ambiti della geometria della politica estera tedesca resta completamente intatto. La rottura dell'asse franco-tedesco ha colpito la dimensione europea sia nella sua qualità, che nella sua efficacia. Anche il rapporto con Washington sta soffrendo, ma non si può dire quale delle 2 parti abbia la responsabilità maggiore. Sarebbe molto bello, tuttavia, se sul lato tedesco, almeno per un po' si riuscisse a spegnere gli altoparlanti. La terza, vale a dire la dimensione della politica orientale, a causa della condotta russa in Crimea e in Ucraina orientale e di altri spiacevoli inconvenienti, non ha più alcuna valenza pacificatrice, come era accaduto sotto Brandt, Schmidt e Kohl, ma si è trasformata invece in un fattore di rischio, purtroppo con una tendenza crescente.

Se si confronta la situazione attuale con quella della politica estera sotto il cancelliere Helmuth Kohl, quando tutte e tre le dimensioni erano stabili, allora la Repubblica federale  odierna è messa molto peggio. Non c'è ragione per drammatizzare. Ma ci stiamo dirigendo verso una situazione di politica estera che in caso di shock interni o esterni imprevisti  potrebbe diventare problematica.


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