Visualizzazione post con etichetta Tichys Einblick. Mostra tutti i post
Visualizzazione post con etichetta Tichys Einblick. Mostra tutti i post

giovedì 9 luglio 2020

I crediti Target della Bundesbank a un passo dal trilione di euro

I crediti Target della Bundesbank e i debiti Target di Banca d'Italia continuano a crescere senza sosta e se è vero, come molti sostengono, che i saldi Target dell'eurosistema possono essere considerati il termometro in grado di misurare la febbre dell'eurozona, allora è anche probabile che la moneta unica non goda di ottima salute. Ne scrive Tichys Einblick


A giugno, il cosiddetto saldo Target-2 della Bundesbank ha raggiunto i 995 miliardi di euro - una crescita molto forte nel giro di pochi mesi. Il 30 giugno 2020 il saldo si è attestato esattamente a 995.082.753.544 euro.

Ancora a marzo il conto di compensazione all'interno dell'eurosistema denominato Target 2 registrava per la Germania un saldo a credito di 935 miliardi di euro. I saldi Target (Trans-European Automated Real-time Gross Settlement Express Transfer System) sono un sistema per il regolamento delle operazioni di pagamento tra le banche centrali dell'Eurosistema. Se, ad esempio, un cliente in Italia acquista un macchinario da un produttore tedesco, il denaro per il pagamento passa dalla Bundesbank tedesca alla banca del produttore del macchinario; in cambio, la Bundesbank crea un credito nei confronti della banca centrale italiana, che sarà poi liquidato quando il cliente pagherà. Quando si esporta dall'Italia alla Germania, avviene lo stesso processo, ma con il segno opposto. Quando il sistema Target fu istituito, sistema peraltro non menzionato nel Trattato di Maastricht, la maggior parte degli economisti non si aspettava dei saldi cosi' elevati, ma si supponeva che ci sarebbe stato un riequilibrio costante attraverso dei flussi di pagamento reciproci. In realtà, invece, la Bundesbank ha accumulato molto rapidamente un saldo sotto forma di crediti nei confronti delle altre banche centrali. La Bundesbank di fatto ha concesso alle altre banche centrali dell'eurozona una linea di credito senza interessi e senza limiti di scoperto.

"Il sistema Target è un accordo tra le banche centrali e per la sua istituzione non sono mai stati sottoscritti dei trattati internazionali nei quali siano stati coinvolti anche i parlamenti nazionali", critica l'economista Hans-Werner Sinn, che da anni chiede un limite ai saldi Target 2 e una corrispondente collateralizzazione.



A giugno non è cresciuto solo il saldo Target 2 della Bundesbank, sfiorando il trilione di euro. Anche il passivo della banca centrale italiana ha raggiunto i 537 miliardi di euro. La banca centrale italiana, nell'ambito del sistema Target 2, ormai è il principale debitore della Bundesbank .

Nel 2019 il saldo Target-2 tedesco era addirittura sceso in modo significativo fino a toccare gli 837 miliardi di euro nell'ottobre di quell'anno. Il motivo non era stato un miglioramento dei flussi di capitale verso l'Italia, ma un afflusso di denaro dalle banche commerciali tedesche verso l'Italia - anche se la causa di fondo non era quella di un'ambiente attraente per gli investimenti internazionali. Il motivo era stato piuttosto il cosiddetto tiering della Banca centrale europea: la BCE non imponeva interessi negativi su tutte le eccedenze di liquidità delle banche commerciali, ma consentiva una franchigia fino ad una certa somma. Poiché le grandi banche tedesche avevano esaurito la loro franchigia a causa delle elevate eccedenze, e molte banche italiane invece non si trovavano nella stessa situazione, gli istituti di credito tedeschi avevano depositato denaro in Italia per evitare di pagare degli interessi negativi. Questo flusso di denaro ha portato ad una riduzione puramente aritmetica dei crediti tedeschi.

Ancora più degno di nota è il forte aumento del saldo Target della Bundesbank nel 2020, che nell'arco di soli sei mesi è salito di diverse centinaia di miliardi di euro. Evidentemente questo andamento riflette anche il calo di produzione e la riduzione della forza dell'export di molte aziende italiane durante la crisi causata dal Coronavirus.

Sinn, ma anche altri economisti come Marcel Fratzscher del DIW, sottolineano che i rischi finanziari per la Germania aumentano al crescere degli importi dei saldi Target della Bundesbank: se l'Italia dovesse uscire dall'euro, i crediti Target andrebbero quasi certamente perduti.


lunedì 1 giugno 2020

Elsevier Weekblad : "Nemmeno 5 centesimi in più' per l'Europa del sud"

"Sarebbe un'assurdità prendere i soldi degli operosi e produttivi europei del nord per darli agli europei del sud, meno laboriosi e già in prepensionamento" scrive nel suo commento il settimanale olandese Elsevier Weekblad. Basta questa frase per capire che l'unione di trasferimento in Europa sarà una fonte inesauribile di risentimenti, odio e accuse reciproche. Su Tichys Einblick dal tedesco l'articolo dell'olandese Jelte Wiersma.




Olandesi, aiutateci voi. Cosi' ad esempio ha reagito la Frankfurter Allgemeine Zeitung quando Angela Merkel ed Emmanuel Macron il 18 maggio hanno proposto un fondo europeo da 500 miliardi di euro per la ricostruzione. L'Olanda dovrebbe pagare circa 30 miliardi di euro. Il fondo dovrebbe essere un dono incondizionato ai paesi economicamente piu' colpiti dalle restrizioni anti-coronavirus. Si tratta principalmente dei paesi dell'Europa del sud. La proposta della cancelliera tedesca e del presidente francese implica un trasferimento di denaro dal nord al sud-Europa. La Germania così attraverserà il Rubicone. Per la prima volta, infatti, Merkel mostra l'intenzione di trasferire del denaro verso l'Europa del sud

È un fatto alquanto perverso. Perché i dati mostrano che i paesi dell'Europa meridionale non sono affatto poveri e hanno denaro a sufficienza oppure hanno un accesso sufficiente al credito. Potrebbero anche facilmente migliorare la produttività delle loro economie con delle riforme, come del resto hanno già fatto i paesi del nord.

I tedeschi sono meno ricchi dei francesi e degli italiani

Prima di tutto bisogna sgomberare la strada da una serie di favole. I principali paesi dell'Europa meridionale, Francia e Italia, non sono poveri. La banca svizzera Credit Suisse ogni anno calcola il valore dei patrimoni privati in questi paesi. L'analisi dimostra che se il capitale complessivo in Francia viene sommato e diviso per il numero dei residenti adulti, il francese possiede in media 276.121 euro. Per l'italiano, la ricchezza media è di 234.139 euro. Per gli olandesi è di 279.077 euro, per i tedeschi 216.654 euro. I tedeschi in media sono più poveri dei francesi e degli italiani, mentre gli olandesi sono un po 'più ricchi. Anche il debito del Nord Europa non è inferiore rispetto a quello del Sud Europa.

L'attenzione è sempre sul debito pubblico. Tutti conoscono le regole del patto di stabilità e crescita dell'eurozona secondo le quali i paesi possono avere un debito nazionale al massimo del 60%.

Ma poche persone conoscono i suggerimenti della Commissione europea, che per le famiglie indica un debito massimo del 133% del PIL. E nell'Europa del nord il debito privato delle famiglie è molto più elevato. Se si sommano i debiti pubblici e privati ​​dei 27 paesi dell'UE (dati Eurostat 2018), si ottiene un quadro più preciso di quali siano i paesi realmente indebitati.

Gli olandesi hanno dei mega-debiti, i francesi e gli italiani no

La Francia ha un debito pubblico pari al 100 % del PIL, il debito privato ammonta al 148 % del reddito nazionale. Sommati fanno il 248 %. L'Italia ha un debito nazionale del 137 % e un debito privato del 107 %: un totale del 244 %. La Germania ha un debito pubblico del 62,6 %, il debito privato delle famiglie é del 102 %: un totale del 164,6 %. E poi ci sono i Paesi Bassi. Qui il debito pubblico è del 59,4 %, ma il debito privato è del 241,6 %. Fra debito pubblico e privato, nel complesso l'Olanda ha un debito del 301 %.

Mentre la Germania è meno indebitata rispetto ai due principali paesi dell'Europa meridionale, i Paesi Bassi hanno più debito. La Danimarca e la Svezia hanno un debito leggermente inferiore rispetto all'Olanda, ma entrambi i paesi con circa il 250% del PIL sono piu' in alto rispetto a Francia e Italia.

La differenza è dovuta principalmente all'elevato debito contratto per l'acquisto di immobili. In altre parole, la maggior parte delle case in Francia e in Italia (oltre il 70%) sono immobili senza o con un piccolo mutuo. Nel nord, il debito ipotecario è alle stelle, mentre l'accesso alla proprietà immobiliare è più basso. Solo il 56,2 % delle case nei Paesi Bassi appartiene a chi vi risiede, in Germania è il 54 %.


Teoricamente Francia e Italia potrebbero ridurre enormemente il loro debito pubblico. Se i proprietari di casa in questi paesi sottoscrivessero dei mutui (più alti) per le loro case e una parte dei pagamenti fosse versato allo stato, il debito pubblico potrebbe essere facilmente ridotto a un livello simile a quello del Nord Europa.

Perché non c'è Eataly nei Paesi Bassi?

Un'altra favola. Secondo i capi di governo dell'Europa del sud, i paesi dell'Europa settentrionale si avvantaggiano in maniera eccessiva del mercato interno europeo.

I paesi del Nord Europa vorrebbero solo esportare (a sud), ma senza importare da sud. I paesi del Nord Europa trufferebbero anche mantenendo gli stipendi troppo bassi, dando quindi ai consumatori del Nord Europa un potere d'acquisto insufficiente per importare prodotti dall'Europa meridionale, costringendo così le aziende dell'Europa del sud a uscire dal mercato. In effetti, l'avanzo commerciale del Nord-Europa è aumentato in maniera significativa dall'inizio del secolo. I Paesi Bassi hanno un avanzo commerciale del 10% del PIL, Germania e Svezia sono a circa il 6 %, l'Italia ha il 2 %, la Francia al -2 %.

Ma è colpa dell'Europa del nord? Non è una decisione politica, alla fine dipende da ciò che i consumatori fanno e da ciò che non vogliono acquistare. E l'Italia esporta più di quanto non importi e quindi ogni anno ha piu' soldi a disposizione, la Francia invece ha solo un piccolo deficit di bilancia commerciale. In entrambi i paesi ci sono grandi aziende che fabbricano prodotti richiesti in tutto il mondo, come ad esempio l'abbigliamento di lusso, le scarpe, i profumi, il cibo e i mobili. Non c'è nulla che impedisca a Francia e Italia di pubblicizzare i loro prodotti con il messaggio: aiutaci Nord-Europa, compra i nostri prodotti anziché quelli cinesi. Ma non lo si vede scritto da nessuna parte. Un'occasione mancata. E perché non c'è ancora Eataly in Olanda, la bellissima catena di negozi/ristoranti con prodotti di alto livello dall'Italia?

Francia e Italia volevano l'euro, ma ora se ne lamentano

L'avanzo commerciale del nord in parte è dovute all'euro, una valuta che è stata introdotta su richiesta della Francia per annullare la forza del D-Mark. E l'Italia ha voluto unirvisi contro il volere dei Paesi Bassi. Sia in Francia che in Italia l'introduzione della moneta unica era stata celebrata come una vittoria sul nord, in particolare sulla Germania. Ma l'euro in realtà è troppo debole per il Nord Europa e rende artificialmente economici i servizi e i prodotti di alta qualità prodotti dal Nord. Per questa ragione c'è stato un boom dell'export, non solo all'interno dell'UE. Un terzo delle esportazioni olandesi, infatti, va verso i paesi extra UE, anche il 40% dell'export tedesco va verso paesi extra UE.


L'euro in realtà è troppo forte per i paesi dell'Europa meridionale e rende i loro servizi e prodotti troppo costosi rispetto alla loro qualità. Ma è esattamente quello che chiedeva la stessa Europa del sud quando chiedeva di poter entrare nell'euro. E gli stipendi nell'Europa del nord, contrariamente alle accuse del sud, sono più alti di quelli del sud. In Germania e nei Paesi Bassi, un'azienda spende circa 36 euro l'ora per ogni dipendente, in Danimarca addirittura 44 euro, riferisce Eurostat. In Italia sono solo 28 euro.

Il Nord Europa è già super solidale con il sud

Fra tutte le accuse, la piu' bizzarra è quella del presidente francese Emmanuel Macron e del primo ministro italiano Giuseppe Conte. Secondo loro, infatti, il Nord Europa non mostrerebbe un livello sufficiente di solidarietà. E' una grande assurdità. La Germania è sempre stata un contributore netto dell'Unione europea e anche di quello che c'era prima. Di fatto i Paesi Bassi sono il maggiore contributore netto pro-capite al bilancio dell'UE. Ciò è alquanto strano perché il Lussemburgo, ad esempio, che dà un contributo minore al bilancio dell'UE, invece è più ricco. Oltre a ciò, nell'eurozona ci sono già ora degli enormi trasferimenti dai risparmiatori ai debitori. La Banca centrale europea (BCE), dominata dagli europei del sud, tiene i tassi di interesse bassi e mantiene l'offerta di moneta ad un livello senza precedenti. E questa politica danneggia i risparmiatori e favorisce i debitori.

Ad esempio, in Germania e nei Paesi Bassi, la maggior parte dei lavoratori ha versato dei soldi in una pensione privata. Queste pensioni perdono continuamente di valore. In Germania, la previdenza sociale privata rischia di fallire; nei Paesi Bassi le pensioni non sono indicizzate e possono anche essere ridotte. I risparmi (pensionistici) dell'Europa del nord sono stati bruciati. Ne beneficiano i debitori, come del resto le persone che devono rimborsare un mutuo (anche nei Paesi Bassi) e i paesi con un debito pubblico elevato, specialmente nell'Europa meridionale. La BCE ha anche acquistato una quantità enorme di debito pubblico - fino al 30 % del debito pubblico dei paesi dell'eurozona. I paesi creditori come la Germania (con una quota del 26% nella BCE) e i Paesi Bassi (5,6%) contribuiscono e garantiscono per l'alto livello di indebitamento nell'Europa meridionale. Questa è super solidarietà.

L'olandese lavora nove anni in più dell'italiano

Nella direzione opposta, invece, questa solidarietà è carente. Il sud sta sistematicamente violando gli accordi sul patto di stabilità e crescita dell'UE. Francia e Italia non ne hanno piu' parlato sin dall'introduzione dell'euro nel 1999. Da allora, infatti, il debito pubblico italiano è aumentato passando dal 113 al 137 % del PIL. Al contrario, sarebbe dovuto scendere al 60%. Quando è stato introdotto l'euro, la Francia aveva un debito pubblico di circa il 60%, ma già prima del coronavirus aveva un debito del 100%. La Commissione europea, in quanto custode delle regole, avrebbe dovuto imporre delle multe, ma non lo ha mai fatto sotto la pressione di Francia e Italia. Il debito pubblico di Germania, Paesi Bassi e Paesi scandinavi è sempre stato di circa il 60% o inferiore, tranne un breve periodo nel punto più basso della crisi bancaria e creditizia.


Francia e Italia non hanno mai rispettato le regole dell'euro

Francia e Italia hanno sfruttato i bassi tassi di interesse di cui godono grazie all'euro per spendere piu' soldi. Per fare cosa? Un punto importante di questa storia sono le pensioni. L'olandese lavora in media 41 anni, lo svedese 42,9 anni, i tedeschi 39,1 anni, i danesi 40 anni, secondo i dati Eurostat. In Francia sono 35,4 anni, in Italia 32. Anche gli spagnoli, i belgi, i greci e i portoghesi lavorano tra i 33 e i 38 anni. Gli europei del Nord e le aziende per cui lavorano pagano contributi pensionistici e imposte sul reddito per un periodo piu' lungo e godono di meno anni di pensionamento.

Anche i tassi di occupazione sono molto più alti nel Nord-Europa. In Danimarca e nei Paesi Bassi, quasi l'80% delle persone in età compresa tra i 15 e i 65 anni lavora per piu' di dodici ore alla settimana. Sono in testa alla classifica. Seguono Svezia e Austria. La Germania è a poco più del 70 %, la Francia al 65 %, l'Italia al 58 %. In breve, gli europei del Nord lavorano più frequentemente e molto piu' a lungo.


Gli olandesi, tuttavia, lavorano relativamente poco: 28 ore a settimana. Ma ciò in parte è dovuto anche al fatto che ci sono così tante persone  impiegate e il 55,1% di esse lavora part-time. Se si guarda solo al lavoro a tempo pieno, gli olandesi lavorano in media 39 ore a settimana, mentre i francesi con un lavoro a tempo pieno hanno l'orario di lavoro più breve di tutta Europa: 35 ore. E la produttività del lavoro degli olandesi e dei tedeschi, nelle ore in cui lavorano, è di un quarto piu' alta rispetto a Italia e Spagna. Sarebbe un'assurdità prendere i soldi degli operosi e produttivi europei del nord per darli agli europei del sud, meno operosi e già in prepensionamento.

La fedeltà dei contribuenti, inoltre, è migliore nel nord che nel sud. Secondo il Fondo monetario internazionale, infatti, in Italia un quarto dell'economia è sommersa. In Francia è il 14%, quasi il 20% in Spagna, il 9 % in Austria e il 13 % nei Paesi Bassi. Gli europei del sud difficilmente possono aspettarsi che gli europei del nord colmino i buchi nei loro bilanci nazionali causati da questi comportamenti.

La somma del debito pubblico e privato nei Paesi Bassi è superiore rispetto a quella di Francia e Italia

Sono solo i paesi dell'Europa meridionale che possono risolvere i loro problemi. Aumentare l'età pensionabile, rendere il mercato del lavoro più flessibile, semplificare la creazione di un'impresa, introdurre una fiscalità più trasparente, imporre delle tasse, ecc. Non ci sono costi, serve solo forza di volontà e determinazione. Ma nell'Europa meridionale manca proprio questo. I cittadini e i politici preferiscono continuare a insultare il Nord Europa se questo si rifiuta di mettergli i soldi in tasca.

La proposta di Merkel e Macron per ora è solo un pettegolezzo. Che diranno se spariamo 500 miliardi di euro? La somma è solo un colpo in aria. E questo perché è orientata all'offerta e non alla domanda. I 500 miliardi saranno una soluzione a quale problema? Grazie alle garanzie dell'Europa del nord, i paesi del sud, infatti, già ora possono ottenere dei prestiti a basso costo dalla BCE oppure sul mercato dei capitali. E in caso contrario, potrebbero cercare di incassare più tasse dai propri cittadini piu' facoltosi.

I quattro paesi "ragionevoli" sono generosi

Il Consiglio europeo dei capi di governo si riunirà a Bruxelles giovedì 18 e venerdì 19 giugno. Se prima di questo incontro non sarà convocato un vertice, questo sarà il primo confronto collettivo tra i 27 capi di Stato e di governo dell'UE dopo la presentazione del piano Merkel/Macron. Il Primo Ministro Mark Rutte (VVD) e i suoi colleghi di Svezia, Austria e Danimarca, Kjell Stefan Löfven, Sebastian Kurz e Mette Frederiksen devono porre fine a questa assurdità.

Questi quattro paesi "ragionevoli", sicuramente non "avari", hanno già detto "no" al piano. Hanno presentato una controproposta: prestiti per un massimo di due anni, condizionati da riforme incisive. Ancora non è stato indicato un importo. I paesi che desiderano ottenere dei prestiti dovranno presentare le proprie proposte in merito agli importi e alle modalità di spesa del denaro. E' un approccio orientato alla domanda e quindi logico. Date le circostanze è molto generoso, forse anche troppo generoso.

martedì 26 maggio 2020

Perché i tedeschi temono l'unione di trasferimento

Dopo l'accordo tra Francia e Germania sul recovery fund la stampa conservatrice prende di mira la Cancelliera tedesca accusandola di aver aperto la strada alla temutissima unione di trasferimento con il sud-Europa e di non aver tenuto conto dei veri interessi tedeschi. Se Merkel sul Recovery fund fa sul serio allora è anche probabile che non abbia nessuna intenzione di ricandidarsi, perché dalla stampa popolare e conservatrice le arrivano attacchi molto duri. Per una volta, forse, il governo tedesco ha preferito i libri di storia ai sondaggi sugli ultimi trend elettorali. Quattro riflessioni sull'accordo franco-tedesco dalla FAZ, da Tichys Einblick, da WirtschaftsWoche, e da Focus.


-->

Anche sulla Frankfurter Allgemeine Zeitung, quotidiano con una linea spesso filo-merkeliana, il condirettore Berthold Kohler esprime dei forti dubbi sulla sostenibilità politica dell'unione di trasferimento:

(...) Perché anche quelli che vorrebbero svuotare gli stati nazionali dall'oggi al domani privando di ogni potere i loro organi fino anche alle corti supreme, in realtà stanno solo danneggiando l'ideale europeo. Si può anche andare in estasi per il fatto che il piano Merkel-Macron ha posto la "prima pietra di una nuova Europa" - ma i popoli europei vivono ancora molto volentieri nelle loro splendide e antiche costruzioni, gli stati nazionali. Che poi sono anche la patria della democrazia. Lì, il popolo sovrano ha ancora un'influenza maggiore e più diretta sulle decisioni politiche rispetto a quanto accade a Bruxelles. Anche il sentimento di appartenenza a un destino comune, per il quale sacrificarsi quando le circostanze lo rendono necessario, resta molto piu' forte negli stati nazionali.

Il più grande difetto del processo di unificazione

Non esiste ancora a livello europeo un simile sentimento di unità. E questa è la piu' grande mancanza del processo di integrazione. I tedeschi non sono certo felici di dover pagare sin dai tempi della riunificazione il "Soli" (imposta di solidarietà con l'est), ma continuano comunque a pagarlo con diligenza. Se un politico tedesco chiedesse un simile contributo di solidarietà per la Spagna o l'Italia sperimenterebbe un perfetto "shitstorm", anche se a dire il vero molti tedeschi preferirebbero vivere in Toscana piuttosto che in Sachsen-Anhalt.

L'identità europea tuttavia non può in alcun modo competere con il senso di comunità che esiste negli stati nazionali, che non è emerso solo ai tempi del nazionalismo, ma è nato come una forma di netta demarcazione dagli altri popoli. In un mondo di risorse limitate, pertanto, ogni atto di aiuto finanziario che comporta una rinuncia da parte del donatore, deve avere una giustificazione persino maggiore, ad esempio, della perequazione finanziaria fra le regioni tedesche. 

Perché anche in un paese ben disposto nei confronti dell'integrazione, come lo è la Germania, se i cittadini avessero la sensazione di essere relegati in eterno nel ruolo dell'ufficiale pagatore, l'umore potrebbe cambiare alla svelta. Sarebbe sciocco pensare che in nome dei vantaggi economici e politici offerti dall'integrazione europea, i tedeschi non possano fare altro che dichiararsi "solidali" a suon di miliardi di euro. Anche se il valore della pace e della prosperità garantiti da un'Europa senza confini potesse essere trasformato in numeri, la solidarietà non è il risultato di un conto fra profitti e perdite, ma una questione di atteggiamento e di sentimenti. E in Italia, Francia, Spagna e in altri paesi europei non dovrebbero dimentichare che i sentimenti, specialmente quando si infiamma l'indignazione nei confronti dei presunti teutonici non solidali, li hanno anche i tedeschi.


-->


Su WirtschaftsWoche invece Malte Fischer spera, come molti milioni di tedeschi, che i paesi frugalisti, guidati da Austria e Olanda, alla fine riescano ad imporsi sul duo franco-tedesco:


(...) Con il fondo per la ricostruzione, Macron si è ulteriormente avvicinato al suo obiettivo di trasformare l'UE, grazie a una propaganda sulla solidarietà molto efficace in termini di presa sull'opione pubblica, spingendola nella direzione sempre voluta e ricercata dalla Francia: da una comunità di Stati auto-responsabili a un'unione di trasferimento che sviluppa un potere statale determinato dalle ambizioni di potere dei francesi e finanziato dalla Germania in quanto principale fonte dei trasferimenti. L'emissione di obbligazioni proprie, tramite le quali l'UE per la prima volta può prendere denaro in prestito come se fosse uno stato, è anche un passo verso quella statalità sovranazionale che le élite europee hanno sempre sognato.

I contribuenti tedeschi dovranno pagare a caro prezzo il fatto che Merkel ha deciso di dare il via libera ad una trasformazione dell'UE in una unione di trasferimento. L'argomento secondo il quale i trasferimenti dalla Germania verso "Italia e Co." servirebbero a garantire dal punto di vista economico degli importanti mercati di esportazione e sarebbero quindi nell'interesse della Germania non ci deve ingannare. Se l'argomento fosse vero, allora la Germania dovrebbe trasferire risorse anche verso gli Stati Uniti e la Cina. Decisamente folle. In ogni caso, l'argomento dal punto di vista economico è simile al tentativo di un proprietario di un chiosco di panini di aumentare le vendite regalando ai suoi clienti delle banconote in modo che questi poi possano acquistare le sue salsicce.

Una simile economia vudù negli ambienti politici di Berlino potrebbe anche abbagliare qualcuno. I contribuenti tedeschi tuttavia non devono farsi ingannare. Gli resta solo la speranza dell'opposizione di Vienna o dell'Aia. Lì non sono certo entusiasti per l'iniziativa di Macron e Merkel. Il primo ministro austriaco Sebastian Kurz, infatti, dopo aver consultato il suo collega olandese ha immediatamente annunciato l'opposizione al piano di Macron. Insieme a Danimarca e Svezia, entrambi i paesi insistono affinché il denaro proveniente dal fondo per la ricostruzione venga concesso solo sotto forma di prestiti. Entrambi i paesi pertanto a breve presenteranno una proposta alternativa.

Gli epigoni di Machiavelli dell'Europa del sud non hanno ancora raggiunto il loro obiettivo. Soprattutto dal momento in cui l'istituzione di un fondo per la ricostruzione dovrà essere deciso all'unanimità da tutti i 27 paesi dell'UE. Per i contribuenti tedeschi, quindi, incrociamo le dita sperando che Austria e Paesi Bassi restino a rappresentare gli interessi dei contributori netti, per i quali apparentemente a Berlino non ci sono sostenitori.


-->


Anche su Tichys Einblick, il grande intellettuale e pubblicista tedesco Klaus-Rüdiger Mai ci va giu' duro e attacca Merkel accusandola di aver ignorato i veri interessi tedeschi:

(...) In parole povere, questo significa che i paesi del nord, in particolare la Germania, finanzieranno Spagna, Italia e Francia, e questo perché una situazione di grave difficolta finanziaria sarebbe un disastro per le banche francesi, fortemente investite in Italia. A questo punto va ricordato che la ricchezza media dei cittadini della "ricca" Germania, secondo un'analisi di WELT, è inferiore alla ricchezza media dei cittadini di Italia e Francia, ma saranno i cittadini della "ricca" Germania a dover pagare per la  voglia di spendere soldi di Merkel.


Ma se sai che Macron proviene dal settore finanziario francese, allora sai anche quali interessi sta rappresentando. Sarà però il contribuente tedesco a dover sborsare soldi per coprire la crisi del settore finanziario francese nei decenni a venire. La Cancelliera tedesca ha accettato questo piano - e nient'altro - in un vertice con il presidente francese.

Mai fino ad ora nella storia della Repubblica Federale un Cancelliere aveva ignorato in questo modo gli interessi tedeschi, aveva mostrato così poca empatia per la vita dei cittadini, per la prosperità della nazione e per la felicità e il futuro dei nostri figli, come invece sta facendo ora Angela Merkel. Mai prima d'ora nella storia tedesca un Cancelliere aveva rinunciato alla sovranità della Germania  indebitandosi tanto da pesare gravemente sul paese e sui suoi cittadini per generazioni, portandoci solo alla rovina economica e all'impoverimento. Il sogno di Macron dei campioni europei, che saranno i campioni francesi, spezzerà la spina dorsale delle piccole e medie imprese tedesche. Le quali però saranno chiamate a finanziare questo sogno.

Al momento, i cittadini tedeschi possono solo sperare in una resistenza a oltranza da parte dei capi di governo di Finlandia, Paesi Bassi e Austria. Ma forse anche questa speranza è solo un'illusione, perché potrebbe anche essere che questi stati rinuncino alle loro riserve se la Cancelliera dichiarasse che la Germania si assumerà la responsabilità e la quota del rimborso per i tre stati. Certo, è un'idea assurda, ma negli ultimi anni l'assurdità non è forse diventata realtà e la realtà non é diventata un'assurdità?



Non poteva mancare ovviamente Focus, che con un commento di Hugo Müller-Vogg si schiera decisamente contro ogni forma di unione di trasferimento a danno degli operosi e diligenti contribuenti tedeschi:


(...) L'Italia, d'altra parte, ha lasciato trascorrere gli ultimi anni molto positivi senza aver fatto nulla per risanare le sue finanze publiche disastrate. Allo stesso tempo, la ricchezza privata in Italia ha raggiunto nuovi massimi. Secondo i calcoli del Credit Suisse, la ricchezza privata italiana è 5,5 volte il PIL. In Germania, invece la ricchezza privata è solo 3,8 volte il PIL. Ciò ha anche a che fare con il fatto che nessun governo italiano cerca seriamente di riscuotere le tasse con la stessa meticolosità con la quale lo fanno le autorità fiscali tedesche.

E il risultato è grottesco: i tedeschi sono più poveri degli italiani - in base alla loro ricchezza pro capite - mentre lo stato tedesco finanziariamente  è molto più forte di quello italiano. Di conseguenza i "poveri" contribuenti tedeschi dovrebbero sostenere il "povero" stato italiano. Mentre i ricchi italiani preferiscono investire le proprie attività finanziarie al di fuori dei loro confini.

Merkel e Macron posano la "pietra angolare per una nuova Europa"

Emanuel Macron e Angela Merkel ritengono che il fondo per la ricostruzione rappresenti "la pietra angolare per una nuova Europa". La loro nuova Europa sarà come la precedente, e dovrà fare affidamento sulla solidarietà intergovernativa. La solidarietà tuttavia non dovrebbe essere vista come un affare unilaterale, cioè come l'impegno dei paesi economicamente più forti in favore di quelli più deboli. La solidarietà, se correttamente interpretata, riguarda anche gli sforzi di coloro che si aspettano di ricevere l'aiuto. Altrimenti tra coloro che devono aiutare cresce l'insoddisfazione, che potrebbe anche trasformarsi rapidamente in risentimento.

L'UE sosterrà i paesi in difficoltà, indipendentemente dal nome che lo strumento di finanziamento porta. Se negli altri paesi non dovesse cambiare nulla, accadrà che il contribuente tedesco cofinanzierà indirettamente delle prestazioni sociali che la Germania stessa non si può permettere. La Spagna ad esempio vuole introdurre un reddito di base incondizionato che invece noi non abbiamo. L'Italia si fa sfuggire miliardi di euro di gettito fiscale e lascia l'età pensionabile a 65 anni (donne: 60), mentre le autorità fiscali tedesche intervengono senza pietà e i tedeschi si stanno muovendo verso la pensione a 67 anni.

La Francia a sua volta garantisce ai lavoratori dipendenti il ​​secondo salario minimo più alto dell'UE con 10,14 euro l'ora, che molte aziende possono pagare solo grazie a dei sussidi statali. I lavoratori a basso reddito tedeschi, invece, devono accontentarsi di 9,35 euro lordi l'ora. Macron  inoltre vorrebbe ottenere l'approvazione della sua riforma delle pensioni, di cui c'è urgente bisogno, garantendo una pensione minima di 1.000 euro al mese. La nostra pensione di base minima non può tenere il passo.

I cittadini dei paesi donatori hanno il diritto di avere la solidarietà dei destinatari degli aiuti

Su una cosa non c'è dubbio: il mercato comune non va a svantaggio della Germania. In cambio, però la Repubblica federale finora è stato l'ufficiale pagatore d'Europa. I contribuenti tedeschi hanno ampiamente accettato questo "scambio". Alla luce  degli sconvolgimenti economici causati dal coronavirus, degli imminenti fallimenti e dei modelli di business in pericolo, potrebbe però venire meno la volontà di mostrare solidarietà con gli altri paesi, soprattutto se ai beneficiari dovesse mancare il "contegno di chi riceve solidarietà".

L'Europa non può funzionare senza solidarietà. Ma anche i cittadini dei paesi donatori hanno il diritto di avere la solidarietà dei destinatari.


domenica 5 aprile 2020

Perchè l'unione di trasferimento è già realtà e perché il governo tedesco non può spiegarlo agli elettori

"In un momento come quello attuale in cui così tante persone temono non solo per la loro salute e per quella dei loro genitori, ma anche per il loro lavoro e per la loro sopravvivenza economica, non sarebbe certo una buona idea quella di annunciare ufficialmente ai tedeschi che parole così belle come "Europa" e "Solidarietà” significano anche che alla fine probabilmente dovranno pagare per i danni fatti dagli altri" scrive Ferdinand Knauss su Tichys Einblick. E questo sembrerebbe il problema principale del governo tedesco: salvare la faccia davanti agli elettori, senza aprire un autostrada elettorale ai partiti che si trovano a destra dell'Unione, vale a dire FDP e AfD. Ne scrive Tichys Einblick, rivista online vicina appunto ad AfD e alla FDP.


Nessuno in realtà può essere seriamente sorpreso dall'immagine che l'UE sta dando di sé in questa crisi. Quando il bisogno si fa grande, quando potrebbe trattarsi di una questione di vita o di morte, le decisioni devono essere prese rapidamente e quindi le competenze dovrebbero essere chiare e inequivocabili. Non puoi fare summit di continuo. (...)

Ma l'UE, a differenza dei sogni di alcuni esaltati, non è una repubblica e probabilmente non lo sarà mai, e quindi non ci sarà mai un leader che ti dice cosa fare in una situazione di difficoltà. In questa crisi così reale, pertanto, non bisogna pensare male della Commissione europea o della confederazione degli Stati. In realtà non è così scandaloso che in questa crisi, come è accaduto in tutte quelle del recente passato, nella crisi finanziaria e dell'euro, nonché nella cosiddetta crisi dei rifugiati e anche nel caso delle guerre in Siria e in Libia, l'Unione Europea  in definitiva sia rimasta dietro la nebbia delle frasi su di un presunto terreno condiviso fra i vari paesi, restando tuttavia incapace di agire fino a quando gli Stati membri non hanno poi trovato un accordo. È scandaloso, no, ma alquanto  preoccupante o addirittura spaventoso il fatto che i circoli ai vertici della politica e gli opinion leader che dettano i temi sui quali discutere apparentemente si aspettino questa unità da una confederazione di stati con 27 o 26 stati membri. Ma forse stanno solo fingendo.

Queste aspettative e queste affermazioni sono alquanto presuntuose. E se nella classe politica e fra i leader d'opinione europei esiste ancora un po' di capacità di apprendimento, allora la lezione che ci arriva da questa grande crisi dovrebbe essere proprio questa. "Conosci te stesso!", l'iscrizione che si trova sull'oracolo di Delfi, vale a dire uno dei fondamenti spirituali della civiltà occidentale. Gli europei, in particolare quelli che a Bruxelles e nelle capitali hanno delle responsabilità politiche e giornalistiche, dovrebbero riconoscere ciò che la loro Unione può essere, e cosa invece non può essere. Coloro che arrivano troppo tardi a fare questa riflessione saranno puniti dalla vita.

I più grandi maestri dell'auto-illusione e dell'inganno nei confronti del loro popolo tuttavia risiedono a Berlino. Nella videoconferenza del Consiglio europeo (perché non ci avevano pensato anche prima del Corona-virus? Si potevano risparmiare molti soldi dei contribuenti e tonnellate di Co2), il governo tedesco si è messo di traverso sulla strada che porta ai cosiddetti corona-bonds. Certo, sarebbe solo un altro nome per gli eurobonds di cui si era già discusso a lungo durante la crisi greca e che anche allora erano stati respinti da Merkel. E certo, questo significherebbe l'ingresso in una unione fondata sulla garanzia comune sui debiti.

Ma questa unione fondata sulla responsabilità condivisa (Haftungsunion) è già ampiamente presente nella realtà dei fatti. E avviene per la via traversa della BCE, che acquista titoli di stato sul mercato secondario e di fatto indirettamente sta praticando il finanziamento pubblico. Ora nella crisi causata dal Coronavirus, la BCE ha già provveduto ad eliminare autonomamente gli ultimi ostacoli. Può acquistare i titoli di stato di alcuni paesi membri senza dover limitare le quote. E tutti gli altri stati, o in definitiva i loro cittadini, ne saranno garanti attraverso il bilancio della BCE. Al contrario, non c'è stata alcuna protesta da parte di Berlino. E anche i criteri di stabilità dell'Unione monetaria non vengono piu' applicati. Se ciò accadrà per un periodo di tempo limitato o meno, in definitiva è irrilevante. In ogni caso, nessuno avrebbe potuto far rispettare quei criteri a causa della mancanza di sanzioni.

Ma se il governo federale rifiuta la messa in comune dei debiti da realizzare attraverso i cosiddetti corona-bonds, non si tratta che di uno scontro fittizio. Evidentemente, sta ancora fingendo di difendere la non garanzia dei tedeschi. Ma non può sparare altro che fumogeni. A causa dell'unione monetaria, di fatto ci troviamo già sulla stessa barca insieme a  tutti i paesi membri. Non esiste nei fatti un'opzione di uscita, anche perché l'intera classe politica si è incatenata all'euro in una sorta di lealtà dei Nibelunghi.

Se la cancelliera e l'intera classe politica fossero onesti con se stessi e con i loro cittadini, verso i quali hanno una responsabilità, avrebbero fatto in modo che vi fossero dei rapporti chiari e quindi avrebbero accettato i corona-bonds. Con questo accordo, la Germania a Bruxelles avrebbe  almeno potuto portare a casa qualche concessione. Se fosse onesta Merkel sarebbe dovuta andare in televisione davanti ai suoi cittadini e dire: “Volevamo questa UE e l'euro - e voi eravate d'accordo, o almeno lo avete permesso. Non abbiamo mai affrontato il compito scomodo di considerare l'UE come il forum per una lotta in difesa dei vostri interessi materiali, come invece hanno fatto gli altri. Adesso è troppo tardi per farlo. Ora è già qui, l'unione di trasferimento, e voi in un modo o nell'altro dovrete pagare".

Ma invece alla gente si preferisce continuare a raccontare la fiaba della non garanzia. Nella speranza che la maggior parte di loro non capisca che prima Mario Draghi e ora Christine Lagarde, con modalità alquanto misteriose, li hanno messi a garantire. Soprattutto in un momento come quello attuale in cui così tante persone temono non solo per la loro salute e per quella dei loro genitori, ma anche per il loro lavoro e per la loro esistenza economica, non sarebbe certo una buona idea quella di annunciare ufficialmente ai tedeschi che parole così belle come "Europa" e "Solidarietà” significano anche che alla fine dovranno pagare per i danni fatti dagli altri.

Se i veli dovessero essere sollevati e gli effetti sulla prosperità in Germania diventassero evidenti, è probabile che la delusione dei tedeschi sarebbe decisamente maggiore. È improbabile che il loro entusiasmo per l'Europa possa durare piu' a lungo della crisi causata dal coronavirus.


-->

lunedì 23 settembre 2019

La favola dell'integrazione dei rifugiati nel mercato del lavoro tedesco

Secondo gli ultimi dati ministeriali, l'integrazione nel mercato del lavoro tedesco dei rifugiati arrivati a partire dal 2015 sarebbe un successo inatteso. Ad un'analisi piu' attenta dei numeri, tuttavia, si può dire che appena il 20% dei rifugiati in età lavorativa arrivati a partire dall'autunno 2015 risulta occupato.  Ne scrive Roland Springer su Tichys Einblick


Nella disputa tra i rappresentanti del fronte degli ottimisti e dei pessimisti in merito all'integrabilità dei richiedenti asilo provenienti dalle regioni di guerra e dalle ragioni povere del Medio Oriente e dell'Africa, ancora una volta i media mainstream hanno preferito dare spazio agli ottimisti, in particolare alla Commissaria del governo federale per l'integrazione, Annette Wiedmann-Mauz. Ad esempio, la Stuttgarter Zeitung (StZ) del 10 settembre riporta che questa collaboratrice della Cancelliera, sulla base degli ultimi dati della Bundesanstalt für Arbeit (BA) relativi all’occupazione fra i richiedenti asilo, ritiene che negli ultimi quattro anni la loro integrazione nel mercato del lavoro “sia andata decisamente meglio di quanto avevano previsto gli esperti”. Ad incoraggiarla, tra le altre cose, c’è l’esperto di mercato del lavoro dell’Institut für Arbeitsmarkt- und Berufsforschung (IAB) Herbert Brücker. Il Tagesschau del 9 settembre, infatti, fa riferimento ad una sua citazione quando scrive: "in autunno, è probabile che circa il 40% dei rifugiati in età lavorativa abbia un impiego".

Questa affermazione fa riferimento alle 399.000 persone provenienti dagli otto principali paesi di origine dei rifugiati, che a giugno 2019 alla BA erano registrate come occupate e coperte da assicurazione sociale (324.000 sozialversicherungspflichtig) oppure con un impiego marginale (75.000 geringfügig beschäftigt o minijobber).  Secondo la BA, ciò corrisponderebbe a un tasso di occupazione di circa il 40% per i dipendenti soggetti ad assicurazione sociale, percentuale che viene ottenuta calcolando il rapporto tra gli occupati e tutte le persone tra i 15 ei 65 anni provenienti da questi otto paesi. Per tutti gli stranieri (senza cittadinanza tedesca), attualmente il tasso corrispondente è di circa il 52%, per i cittadini tedeschi del 69 %.

Tra le circa 400.000 persone provenienti dagli otto paesi che alla BA sono state registrate come assicurate o come minijobber, non vengono calcolati solo i "rifugiati" arrivati a partire dal 2015, ma anche quelli che erano arrivati in Germania già (molto) tempo prima del 2015 o come richiedenti asilo o come migranti regolari, oppure studenti.  Fra queste persone ci sono inoltre anche coloro che sono arrivati in Germania da questi 8 paesi a partire dal 2015, ma grazie ad un altro titolo di soggiorno. Fra i circa 400.000 occupati citati da Widmann-Mauz e altri come una prova del successo non ci sono solo i richiedenti asilo arrivati in Germania dal 2015.

Le statistiche della BA infatti non mostrano le proporzioni dei vari gruppi di immigrati sul numero totale dei dipendenti degli otto paesi, a cui tuttavia gli esperti per le informazioni statistiche della BA a richiesta specifica rispondono. Nel giugno 2015, all'Agenzia federale del lavoro risultava un totale di 77.000 persone già registrate e soggette a contributi sociali (sozialversicherungspflichtig), e provenienti da questi paesi. A voler essere corretti, se l’obiettivo è quello di capire quale sia stato il successo dell’integrazione nel mercato del lavoro a partire dall'apertura delle frontiere del 2015, questi 77.000 dovrebbero essere detratti dalle 324.000 persone con assicurazione sociale dell'agosto 2019. Invece di 324.000, sarebbero quindi solo 250.000 le persone che dal 2015 sono arrivate dagli otto principali paesi di origine e che hanno un’occupazione coperta da contributi sociali, dei quali un'ampia maggioranza sicuramente arrivata come richiedente asilo e solo una piccola minoranza come migrante economico.

Il tasso di occupazione del 40%, che secondo Brücker nel frattempo sarebbe stato raggiunto, è corretto se rapportato a tutte le persone occupabili provenienti dagli otto principali paesi di origine degli attuali richiedenti asilo, che vivono in Germania da anni o addirittura da decenni, ma non è corretto se riferito ai "rifugiati" arrivati in Germania da questi paesi a partire dal 2015. Quale sia questo dato, in realtà non è mostrato dalle statistiche della BA, ma può essere calcolato in maniera approssimativa usando altre statistiche. A fine 2018 secondo l'Ufficio federale di statistica in Germania c’erano circa 1,8 milioni di richiedenti asilo. È probabile che siano entrati quasi tutti a partire dal 2015. I dati sulle fasce di età mostrano che circa il 70% dei richiedenti asilo è in età lavorativa. Abbiamo quindi a che fare con circa 1,3 milioni di richiedenti asilo occupabili, arrivati in Germania a partire dal 2015. Il loro tasso di occupazione attuale, sulla base dei 250.000 occupati soggetti ad assicurazione sociale, dovrebbe essere quindi non del 40, ma piuttosto del 20 %. Se fosse effettivamente al 40 %, considerando i circa 1,8 milioni richiedenti asilo indicati dall'Ufficio federale di statistica, allora la persone in età lavoratoriva dovrebbero essere solo 625.000.

In altre parole: su base realistica, solo il 20 % dei richiedenti asilo arrivati dal 2015 è occupato con un’assicurazione sociale. Sempre meglio di nulla, ma tutt'altro che una conferma del successo delle politiche e delle idee della lobby dell'asilo presente nella politica, negli affari, nelle organizzazioni dei datori di lavoro, nei sindacati, nelle chiese, nell’associazionismo, nelle NGO, nei media, e grazie ai quali il costante abuso dell'articolo 16 della Legge fondamentale è servito a favorire l’immigrazione economica. A ciò si aggiunge il fatto che il tasso di occupazione viene calcolato come il rapporto fra occupati e forza lavoro. Non aumenta solo quando aumenta il numero degli occupati, ma anche quando diminuisce il numero dei lavoratori. Un aumento del tasso di occupazione fra i richiedenti asilo non deriva solo ed esclusivamente dalla crescente integrazione nel mercato del lavoro, ma può anche essere il risultato di un declino dell'immigrazione dei richiedenti asilo occupabili.

Entrambi i fenomeni in Germania sono riscontrabili a partire dal 2015. Il numero degli immigrati provenienti dagli otto principali paesi di origine e registrati come lavoratori con assicurazione sociale è aumentato passando dai 77.000 di giugno 2015 ai 324.000 di giugno 2019, la maggior parte dei quali sono richiedenti asilo. Nello stesso periodo, il numero di richieste di asilo presentate all'Ufficio federale per la migrazione e i rifugiati (BAMF) è sceso passando dalle 745.000 del 2016 alle 185.000 del 2018. Se l'arrivo dei richiedenti asilo si fosse fermato o se il numero si fosse ridotto a causa del rientro nei loro paesi d'origine, il tasso di occupazione dei richiedenti asilo rimasti nel paese sarebbe comunque cresciuto, anche nel caso di una lenta integrazione nel mercato del lavoro. In teoria potrebbe anche avvicinarsi a quello registrato fra tutti gli stranieri (52 %), che ovviamente, è piu' basso rispetto a quello registrato fra i cittadini tedeschi (69 %). 

Certo, siamo ancora lontani da una situazione del genere. Sebbene il declino delle domande di asilo registrato a partire dal 2016 sia considerevole, il numero di richieste continua ad essere significativamente superiore rispetto a quello registrato negli anni fra il 2000 e il 2012. Allo stesso tempo, il rimpatrio dei richiedenti asilo (la cui domanda è stata respinta) è più lento che mai. L'arrivo di circa 200.000 richiedenti asilo all'anno, previsto dal contratto di coalizione, rende difficile o addirittura impedisce un aumento significativo del tasso di occupazione, e allo stesso tempo garantisce un costante aumento dei destinatari di Hartz IV. Il numero dei percettori di un sussidio fra i richiedenti asilo è più che raddoppiato, passando dai circa 290.000 del giugno 2016 ai circa 600.000 di agosto 2019. Tra i richiedenti asilo arrivati dal 2015 ci sono attualmente più di mezzo milione di destinatari di Hartz IV, a fronte di circa 250.000 occupati con un'assicurazione sociale.

Chi vuole considerare questo dato come una prova convincente di una integrazione riuscita nel mercato del lavoro, probabilmente pensa più alla giustificazione di una decisione sbagliata presa nel 2015 dalla Cancelleria che non ai richiedenti asilo attirati nel paese con false promesse o la soluzione di problemi del mercato del lavoro.

In materia di asilo e integrazione la poesia e la realtà spesso vengono fra loro confuse, non solo dai sostenitori dichiarati di una società etnicamente e culturalmente omogenea, ma anche dagli aperti sostenitori di una società etnicamente e culturalmente sempre più eterogenea.


-->

sabato 21 settembre 2019

Il nuovo pacchetto per il clima, fra gilet gialli e "Khmer verdi"

Con il nuovo pacchetto per il clima varato ieri dal governo tedesco arriva anche un'ondata di aumenti sui carburanti, sull'elettricità e sui trasporti che si ripercuoterà sui lavoratori e sui contribuenti. Il governo rosso-nero di Berlino per cercare di recuperare terreno elettorale rende omaggio all'ambientalismo ideologico e al gretinismo ma complica la vita ai lavoratori e ai "gilet gialli", vale a dire a tutti coloro che ogni giorno si devono confrontare con la durezza del vivere. Ne scrive l'ottima penna di Roland Tichy su Tichys Einblick


Chi non ha nulla da dire, deve parlare molto, sperando che il suono delle parole riesca a colmare il vuoto.

E questo vale soprattutto per i negoziati sul pacchetto climatico. 16 ore di trattative hanno partorito un mostro: un mostro che si mangia il portafoglio dei consumatori e distrugge posti di lavoro. Ma allo stesso tempo è anche un topolino: per il clima non fa nulla.

È piuttosto un capolavoro: dopo tanto sforzo vengono mancati quegli obiettivi che il governo si era auto-imposto con la grande ambizione di salvare il clima.

Questo è il pacchetto: prima si sovvenzionano i nuovi riscaldamenti a nafta, per poi bandirli dal 2030. Prima incentivare e poi vietare: questa è l'idea brillante per la  contemporanea distruzione di energia e denaro. L'unica domanda è: come potrà riscaldarsi, ad esempio, chi ha una casa sulle montagne e lontana da un gasdotto - mentre anche tutti gli altri carburanti sono vietati. Il riscaldamento globale arriverà davvero così alla svelta da rendere il riscaldamento superfluo?

Il diesel diventerà più caro; e in questo modo sarà punita un'alternativa alla benzina per il risparmio di CO2. Come possono stare insieme le  cose? E poiché tutto in qualche modo dovrà stare assieme, saranno aumentate le detrazioni per i pendolari. Sotto forma di sgravio fiscale, a partire dal 2020 le detrazioni per i pendolari verranno aumentate di cinque centesimi per km percorso. Di conseguenza sarà possibile detrarre dalle imposte per ogni km di distanza 35 centesimi anziché 30, ma solo a partire dal 21 ° chilometro. Un pendolare che fa 25 km al giorno avrà un risparmio fiscale di circa 20 euro all'anno! Ma di cosa stiamo parlando? Di una riduzione del traffico, di proteggere il clima o di un bidone?

Premio per i pendolari?

Il leader dei Verdi Robert Habeck ha criticato immediatamente l'aumento del rimborso forfettario per i pendolari. "Questa è davvero una sciocchezza, perché viene premiato chi percorre lunghe distanze", ha detto Habeck. In questo modo egli mostra tutta la sua incomprensione verso coloro che in Francia, ad esempio, indossano i gilet gialli:

in fondo i pendolari si divertono così tanto a spostarsi per lavoro, che accettano volentieri di fare dei lunghi tragitti per recarsi sul posto di lavoro. I pendolari trascorrono la vita in treni perennemente in ritardo e sovraffollati, nelle metropolitane o negli ingorghi. Da oggi sapranno dal signor Habeck, che per il loro pendolarismo vengono "premiati". Chi l'avrebbe mai pensato? C'è anche una ricompensa per fare quello che ti piace. Il lavoro svolto in pessime condizioni viene reinterpretato come se fosse un piacere, proprio da chi la mattina non si è mai alzato per andare  in fabbrica e vive con i soldi del contribuente.

E si va avanti in questo modo - un passo avanti e poi uno molto costoso indietro, e alla fine è tutto sempre piu' caro. Oltre ad una quota fissa per le auto elettriche, secondo il progetto di legge, verrà ulteriormente ridotta la tassa sulle auto aziendali elettriche in modo da dare una spinta alla domanda ancora molto debole. La costruzione di un milione di punti di ricarica pubblici entro il 2030 dovrebbe aiutare le persone a non aver paura di non poter ricaricare le batterie.

Gli incentivi per l'acquisto di veicoli elettrici, inoltre, dovrebbero essere incrementati, in particolare per i veicoli più piccoli, quelli che costano fino a 30.000 euro. Diciamo quindi addio alla sovranità dei consumatori, lo stato sa cosa è piu' conveniente, conta solo l'eco-bilancio delle auto elettriche. Per le auto più economiche, unicamente a batteria, lo stato dal 2021 al 2022 dovrebbe versare 2.000 euro e in seguito 4.000 euro, a ciò si aggiunge lo sconto del produttore di 2.000 euro. Sconto del produttore? Il prezzo viene prima aumentato dal produttore, e poi ridotto con uno sconto.

Il prezzo pianificato dalla Grosse Koalition per l'aumento della benzina, del diesel, dell'olio combustibile e del gas naturale dovrebbe iniziare nel 2021 con un costo fisso per i diritti di inquinamento di 10 euro per tonnellata di anidride carbonica (CO2). Entro il 2025, il prezzo dovrebbe salire gradualmente fino a 35 euro. Ciò si rifletterà alla stazione di servizio con 9-15 centesimi di aumento per ogni litro - denaro che mancherà al consumatore e in qualche modo dovrà essere ridistribuito. 

Il fascino dei grandi numeri

Si dovranno costruire un milione di punti di ricarica per le auto elettriche. È il fascino dei grandi numeri, che in qualche modo suona molto bene - deve succedere e probabilmente succederà quello che il sindaco di Tubinga, Boris Palmer, teme già da tempo: le strade e le piazze delle città verranno sventrare per posare i cavi di alimentazione, perché altrimenti, quando viene attaccato il nuovo cavo per la ricarica rapida dell'ultimo modello di Porsche, si potrebbe oscurare l'intero quartiere. Lo sventramento delle città aiuterà il clima? Bisognerebbe investire in azioni di società di costruzioni e di produttori di rame, perché avranno molto da fare e molto da sotterrare. Questo è ciò che il leader della CSU Markus Söder definisce un "salto tecnologico": cavi elettrici nel terreno per trasportare energia prodotta con il carbone. 

Volare diventerà sempre più costoso e sarà ridotta l'iva sui biglietti del treno: la ferrovia è davvero l'alternativa per chi ha bisogno di viaggiare per lavoro da Berlino a Bruxelles o per la famiglia che vuole trascorrere le vacanze a Maiorca o in Grecia? Parlano della svolta nel trasporto ma gestiscono una ferrovia di stato dove solo il 70 % dei treni arriva puntuale - senza contare i ritardi causati dai treni persi per aver mancato una coincidenza o dai treni che non partono nemmeno: i collegamenti cancellati sono il segno distintivo di un'azienda che ha fallito in tutti i suoi obiettivi, ma che resta molto costosa. Il treno è il simbolo della grande coalizione: il blocco nelle stazioni.

E così si danno una pacca sulla spalla per il loro teatrino delle marionette. Söder vede una grande interesse internazionale per il pacchetto di misure; dopo tutto, il paese in cui i collegamenti Internet funzionano peggio che in Albania ora si è messo in testa di salvare il clima globale.

"Dimensione globale"

Nonostante ciò si danno una pacca sulla spalla e si stringono le mani a vicenda, mentre mettono le mani nella tasca sinistra dei cittadini per poi rimettere qualche centesimo in quella destra, perché è chiaro: la maggior parte dei 50 miliardi resterà attaccata alle loro dita golose. 

Le regole di efficacia ed efficienza si applicano anche alla protezione del clima. (...)

Ma è proprio su questo concetto di efficienza che fallisce il pacchetto: si rende omaggio all'isolamento degli edifici, che di fatto consuma il doppio dell'energia di quella che dovrebbe risparmiare.

Spegnendo le centrali nucleari si sono aumentate le emissioni di CO2 di 18 punti percentuali  - ciò ha un senso? Con le centrali nucleari, anche la piu' piccola delle misure attuali sarebbe stata semplicemente inutile. Puoi correggere una decisione sbagliata, ma solo se non sei la GroKo. E si va avanti allo stesso modo

Una somma tra i 40 e gli 80 miliardi viene investita nella fine della lignite - tra i 2 e i 4 milioni di euro pro-capite per ognuno dei 20.000 posti di lavoro. Per fare ciò saranno le centrali a carbone ad alimentare l'elettricità; sono più costose e solo leggermente più pulite, calcolando anche il percorso di consegna complessivo.

E così continua: qui un sussidio e là una tassa, c'è prima un divieto e poi  un bonus. Il tutto si aggiunge a un volume di ridistribuzione di circa 50 miliardi, l'unica domanda è la seguente: con quale obiettivo? Possono davvero esserci così tanti piccoli interventi insignificanti per raggiungere una somma del genere?

Lo spettacolo sonnolento della GroKo viene mostrato come se fosse una prova delle loro capacità, ma è solo la prova che non serve, se non per fare cassa. E' sempre possibile incassare. Aumentare le tasse va sempre bene.

E mentre cercano di scrollarsi di dosso la sonnolenza, diventa sempre piu' chiaro che la disoccupazione nei prossimi mesi aumenterà rapidamente.

L'ex ministro dell'ambiente danese ed eco-attivista, Ida Auken, ha dichiarato in questi giorni che per le società europee il pericolo non arriva solo dai gilet gialli che protestano, come accade in Francia, contro la distruzione dei loro mezzi di sussistenza. Ci sono anche i "gilet verdi", e sono ancora più pericolosi, e sono quelli che in Germania vengono chiamati "Khmer Verdi".

Questi gilet verdi, con la loro protesta frutto di esaltazione, minacciano di distruggere le basi economiche della nostra società. Per paura dei gilet verdi, la GroKo ha messo insieme un pacchetto di misure che fa arrabbiare i gilet di ogni colore: per i gilet verdi i palliativi messi in campo dal governo non saranno mai abbastanza. I gilet gialli si renderanno conto che per questo pagano le tasse e che per questo rischiano la disoccupazione.


-->