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martedì 25 settembre 2018

Peter Bofinger: quei quattro saggi non sono molto saggi

L'UE perde pezzi, la Große Koalition va verso l'implosione, ma il consiglio dei cosiddetti esperti economici, i famosi saggi consiglieri di Merkel dal loro bunker di Berlino continuano a sfornare regole sull'austerità e sul deficit come se non ci fosse un domani. Peter Bofinger, membro del consiglio dei saggi, prende le distanze dai suoi colleghi e critica l'ultima proposta firmata da quattro dei cinque esperti volta ad esportare a livello europeo il famoso Schuldenbremse tedesco, vale a dire un pareggio di bilancio, un temibile "Schwarze Null" da applicare in maniera rigida secondo dei criteri meccanici. Un ottimo Peter Bofinger da Makronom.de


Sul portale VoxEU la settimana scorsa sono state pubblicate due proposte per la riforma dell'Eurozona: una di queste preparata dei miei quattro colleghi del Consiglio tedesco degli esperti economici, e un'altra da un gruppo di economisti francesi che fanno parte del Conseil d'analyse economique francese. La proposta di Lars Feld, Christoph Schmidt, Isabel Schnabel e Volker Wieland è modellata sul "freno all'indebitamento" tedesco (Schuldenbremse) e cambierebbe radicalmente le regole fiscali dell'Eurozona. Un'alternativa interessante la forniscono invece Zsolt Darvas, Philippe Martin e Xavier Ragot il cui modello si basa su di una regola di spesa derivata da un obiettivo di indebitamento pubblico di medio termine.

Entrambe le proposte contengono una regola di spesa, ma differiscono fra loro in maniera fondamentale. Come ancoraggio per la regola sulla spesa, Feld e colleghi preferiscono un criterio di spesa bilanciato meccanicamente. Questo concetto deriva dal Fiscal Compact europeo e impone agli Stati di perseguire un equilibrio di bilancio prossimo al pareggio. Per contro, la proposta francese declina elegantemente la regola del pareggio di bilancio, ancorando la regola di spesa a un obiettivo di indebitamento a medio termine per il quale esiste un margine di discrezionalità. Questa flessibilità può anche essere criticata, ma si può senza dubbio argomentare che è meglio fare affidamento su una propria valutazione piuttosto che su una regola meccanica priva di una ragionevole base teorica.

Nessuna evidenza di un "deficit bias"

Le regole del patto di stabilità e crescita (SWP) sono indubbiamente molto complesse e opache. Tuttavia ciò non significa necessariamente che le regole fiscali della zona euro "non fossero sufficientemente efficaci per limitare il deficit bias dei governi" e che siano state applicate in maniera troppo debole, come ritengono invece i miei colleghi del Consiglio degli esperti economici.

Un confronto internazionale dei saldi strutturali di bilancio mostra che nell'eurozona non vi è stata alcuna "distorsione del disavanzo" (Feld et al.) - al contrario: per molti anni, i disavanzi strutturali nell'eurozona sono stati chiaramente inferiori rispetto a quelli delle altre economie avanzate.


Cio' è stato particolarmente vero dopo la grande recessione. Rispetto al Giappone, al Regno Unito, agli Stati Uniti e all'OCSE nel suo complesso, nell'eurozona la risposta fiscale è stata estremamente debole, fatto che potrebbe essere considerato come una spiegazione decisiva per gli sviluppi macroeconomici estremamente sfavorevoli nell'area euro in quegli anni.

Dal 2014 il saldo strutturale dell'area euro è rimasto più o meno costante, e ciò riflette il fatto che il processo di consolidamento si è fermato. Si può criticare questa situazione in quanto ad esempio, i disavanzi di Francia e Spagna sono stati vicini o addirittura superiori al limite del 3% del Trattato di Maastricht. Ma guardando al passato si può dire che la combinazione fra la politica monetaria espansiva della Banca centrale europea e una politica di bilancio più rilassata ha portato a una ripresa economica piu' sostenuta nell'eurozona. In altre parole: la flessibilità offerta dal patto di stabilità e crescita, soprattutto a partire dal 2014, non è stata uno svantaggio, ma un vantaggio.

Non è affatto ovvio quindi che il principale problema delle regole fiscali dell'eurozona sarebbe "il ben noto deficit bias", come scrivono Feld e gli altri. Piuttosto gli sviluppi dopo la grande recessione hanno mostrato che il problema principale è la mancanza di coordinamento fiscale che durante una recessione molto lunga ha portato a politiche fiscali non sufficientemente espansive nei 19 stati membri. La questione è stata ulteriormente elaborata nel 2015 anche nella cosiddetta relazione dei 5 presidenti e ha portato alla creazione dell'European Fiscal Board, il quale ha il compito di consigliare la Commissione europea al fine di comprendere se la politica fiscale è appropriata sia a livello nazionale che per l'area dell'euro nel suo complesso.

Differenze e somiglianze con il patto di stabilità e crescita

Le norme sulla spesa e la riforma delle regole esistenti proposte da Feld et altri differiscono dalle altre recenti proposte di riforma in quanto intendono mantenere la regola del pareggio di bilancio contenuta nel Fiskalpakt. A tale riguardo, il meccanismo sottostante alla loro proposta non differisce dallo status quo all'interno del quadro fiscale dell'Eurozona che sin dalle riforme del Six Pack del 2011 include un benchmark di spesa pubblica. Questa regola di spesa è concepita per  un percorso di spesa che consenta di raggiungere nel medio termine l'obiettivo di un bilancio strutturalmente in pareggio. Così dice il corrispondente regolamento UE:

"per gli Stati membri che non hanno ancora raggiunto il loro obiettivo di bilancio di medio termine, la crescita della spesa annua sarà inferiore rispetto al tasso di riferimento a medio termine della crescita potenziale del PIL, a meno che il superamento di questa soglia non sia compensato da misure discrezionali di pari importo sul lato delle entrate; il divario tra il tasso di crescita della spesa pubblica e il tasso di riferimento di medio termine della crescita potenziale del PIL è fissato a un livello che garantirà un aggiustamento adeguato verso l'obiettivo di bilancio di medio termine;"

Rispetto al patto di stabilità e crescita, la regola sulla spesa pubblica non rappresenta quindi la principale innovazione della proposta tedesca - l'innovazione consiste nell'introduzione di una sorta di "memoria" all'interno del PSC. Fino ad ora gli stati membri non erano tenuti a compensare i precedenti disavanzi con delle eccedenze corrispondenti: a dover soddisfare i requisiti del patto ci sono solo il disavanzo corrente e le previsioni sul suo corso futuro. La seconda grande innovazione è l'eliminazione delle deroghe per gli scostamenti dagli obiettivi di medio termine (o dai percorsi di aggiustamento per il loro raggiungimento) nel caso di riforme strutturali che comprendano anche investimenti pubblici.

La proposta dei miei colleghi pertanto non è esclusivamente volta a rendere le norme esistenti "più semplici" e "più trasparenti". Con l'introduzione della funzione di memoria il PSC si trasformerebbe in un sistema più o meno identico allo Schuldenbremse tedesco - il che avrebbe conseguenze di vasta portata. Come mostrano le simulazioni di Feld et al. sarebbe la Francia in particolare a dover compensare attraverso pesanti tagli alla spesa il non raggiungimento a partire dal 2013 del parametro di riferimento dello 0,5% nel disavanzo strutturale. La necessità di compensare le deviazioni del passato porterebbe non solo ad una politica pro-ciclica, ma diventerebbe anche un onere molto pesante per un nuovo governo costretto a pagare per gli errori dei suoi predecessori.

Le differenze tra la proposta tedesca e quella francese

A prima vista, si potrebbe pensare che la proposta tedesca sia molto simile a quella del Conseil d'analyse economique, pubblicata nello stesso periodo. In effetti, entrambi i concetti implicano una regola di spesa. Ad un esame più attento, tuttavia, ci sono differenze fondamentali.

In sostanza, gli economisti francesi propongono un modello basato su decisioni politiche discrezionali, mentre i tedeschi propongono un approccio ampiamente basato su delle regole meccaniche. Questa differenza è dovuta al fatto che la proposta francese si astiene completamente dalla definizione di una norma per individuare il disavanzo strutturale. Il loro concetto non ha quindi un ancoraggio quantitativo implicito nell'impegno a raggiungere il pareggio di bilancio.

L'àncora delle regole francesi è invece l'obiettivo di ridurre il rapporto debito / PIL. Gli autori sottolineano esplicitamente che questo obiettivo, ancora una volta non dovrebbe essere determinato da una formula, ma dalle decisioni dei governi. Il percorso per lo sviluppo della spesa è quindi derivato dall'obiettivo di debito e deve essere determinato dalle autorità fiscali nazionali. Se le spese si discostano dal loro percorso obiettivo, dovrebbero essere registrate in un conto di aggiustamento. E se questo conto dovesse superare un valore di riferimento, sarà allora rilevata una violazione delle norme sul debito. Per una tale condotta non è tuttavia prevista una successiva compensazione da effettuarsi con una riduzione della spesa.

"Golden rule" Vs."Schwarze Null"

Per l'ulteriore sviluppo delle regole fiscali europee ci sono quindi due concetti completamente diversi. La proposta tedesca è caratterizzata dalla semplice idea che una politica fiscale ottimale è caratterizzata da un bilancio in pareggio. Da questo ideale, noto come "Schwarze Null", emerge il percorso della spesa pubblica. La proposta francese presuppone invece che gli obiettivi a medio termine della politica fiscale debbano essere determinati in un complesso processo decisionale, e non con delle semplici formule. Tutto sommato, la proposta francese è più vicina allo status quo rispetto a quella tedesca.

Le regole semplici possono avere i loro benefici, ma devono essere ben motivate - e tuttavia non è il caso dello Schuldenbremse tedesco che Feld et al. ora vorrebbero espandere all'intera Eurozona. Nella teoria della politica fiscale tradizionale la "regola d'oro" si trova solo come punto di riferimento per il livello ottimale di debito pubblico da raggiungere. Essa afferma che un aumento del debito pubblico può essere tollerato solo nella misura in cui coincide con almeno un aumento altrettanto consistente della ricchezza netta dello stato. Di conseguenza, finanziare gli investimenti pubblici ricorrendo all'indebitamento avrebbe senso. In effetti, il Consiglio tedesco degli esperti economici diversi anni fa ha pubblicato uno studio sulle regole di bilancio in cui ha espressamente dato il benvenuto alla "regola d'oro" sostenendo "che introdurre un divieto generale di indebitamento(...) [sarebbe] economicamente insensato, come vietare ai cittadini o alle imprese private di prendere denaro a prestito".

Si può criticare la discrezionalità prevista dalla proposta francese. Ma questa offre almeno la possibilità che gli obiettivi di indebitamento consentiti possano essere determinati in un ampio dialogo tra scienza economica e politica, tra economisti nazionali e stranieri, sulla base della teoria economica e delle prove scientifiche disponibili. Soprattutto la proposta potrebbe almeno fornire un margine minimo per gli investimenti finanziati a debito. In questo caso, le probabilità di realizzare una buona politica fiscale negli Stati dell'eurozona saranno sempre maggiori rispetto alla possibilità di mettere tale politica nelle mani di una semplice regola meccanica.

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domenica 6 novembre 2016

La Germania è una vittima?

Marcel Fratzscher, economista e presidente del DIW (Deutsche Institut für Wirtschaftsforschung ) su Die Zeit attacca la recente relazione del Consiglio dei Saggi Economici: la Germania non puo' essere considerata una vittima delle politiche altrui, ma il principale responsabile della situazione europea. Da Die Zeit


Secondo il Consiglio dei Saggi Economici (Sachverständigenrat), i veri responsabili dei grandi avanzi commerciali tedeschi sarebbero la BCE e gli altri membri dell'UE. Dovrebbe essere invece la Germania ad investire di piu'.

Il Consiglio dei Saggi Economici nella sua relazione annuale del 2016 scrive che è arrivato il momento di fare le riforme - soprattutto per gli altri, i sudeuropei, la BCE, l'UE; sempre secondo i Saggi sarebbe necessaria una limitazione della libertà di movimento delle persone in Europa. Il Consiglio dei Saggi è un importante organo consultivo della politica economica tedesca. La sua relazione annuale, tuttavia, rappresenta la Germania come una vittima di errori commessi da altri, senza perlaltro ammettere le responsabilità tedesche sulla questione europea e senza mettere al centro della discussione le riforme di cui la Germania ha attualmente bisogno.

Secondo il Sachverständigenrat, la responsabilità per gli enormi avanzi commerciali tedeschi di oltre 270 miliardi di Euro all'anno, quasi il 9% del PIL tedesco, sono da imputare alla debolezza dell'Euro e al basso costo delle materie prime. In verità i nostri avanzi commerciali c'entrano poco con entrambi: gli avanzi con l'estero erano già enormi quando il petrolio costava il doppio e l'Euro era a 1.60 sul dollaro. Invece di dare la colpa a fattori esterni, la relazione avrebbe dovuto affrontare il basso livello di investimenti privati e pubblici in Germania. Visto che sarebbe nell'interesse della Germania stessa investire una parte importante delle sue risorse in Germania. 

La crisi è tutt'altro che finita

Il Sachverständigenrat critica la politica monetaria della BCE definendola "non piu' adeguata". L'Europa si trova ancora in una profonda crisi: il PIL dell'Eurozona oggi è ancora inferiore rispetto al 2008, la stabilità dei prezzi non è garantita, la disoccupazione supera il 10%, la disoccupazione giovanile in Spagna e in Grecia supera il 40%, la sopravvivenza di molte piccole imprese familiari nell'Europa del Sud è a rischio, in gioco c'è il futuro di un'intera generazione. E il Sachverständigenrat chiede alla BCE di tirare le briglia della politica monetaria? Veramente? Il problema dell'Europa non è che la BCE sta facendo troppo, piuttosto che la politica in tutta Europa, Germania compresa, fa troppo poco per far uscire l'Europa dalla crisi e alleggerire il ruolo della BCE.

Questa critica alla BCE si scontra con due obiezioni di fondo. Da un lato la politica monetaria della BCE non è solo per la Germania, ma per tutta l'Eurozona. Ed è nel migliore interesse dei tedeschi e della loro economia che l'Europa esca finalmente dalla crisi. La seconda obiezione risiede nell'affermazione secondo cui una politica monetaria espansiva non sarebbe piu' adatta per la Germania, in quanto l'economia sarebbe ormai vicina al suo limite strutturale ed una politica monetaria espansiva potrebbe portare il paese verso un aumento dei prezzi. E invece proprio un aumento dei prezzi sarebbe auspicabile perché permetterebbe alla BCE di assolvere con successo al suo mandato e quindi di uscire in anticipo dalla politica monetaria espansiva.

Nessun miracolo lavorativo senza libera circolazione

Il Sachverständigenrat consiglia anche di limitare la libertà di circolazione nell'UE, ed auspica una "integrazione ritardata dei migranti nei sistemi sociali". In questo modo il Consiglio non riconosce che il miracolo occupazionale degli ultimi anni, la crescita sostenuta dell'economia e la buona situazione dei bilanci pubblici, senza la massiccia immigrazione, soprattutto dall'UE, con un saldo netto di circa 400.000 persone all'anno dal 2012, non sarebbero stati possibili. Con il declino demografico l'economia tedesca in futuro dovrà sempre di piu' fare affidamento sull'immigrazione europea. Per questo, rappresentare l'immigrazione europea come un problema, che invece non è, equivale a giocare col fuoco.

Le riforme di politica economica nel nostro paese sono urgenti - per rafforzare gli investimenti nell'istruzione, nelle infrastruttura e nell'innovazione, per riformare le finanze pubbliche, rendere le pensioni sostenibili, garantire maggiori opportunità, promuovere le parti opportunità e migliorare l'integrazione dei profughi. Peccato che il Sachverständigenrat preferisca rappresentare la Germania come una vittima e non come un attore in grado di assumersi le proprie responsabilità - nell'interesse della Germania stessa e dell'Europa.