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sabato 15 giugno 2019

Heiner Flassbeck - Il paziente italiano in terapia intensiva?

"L'output gap e il prodotto potenziale...e mi dispiace, sono solo una stupidaggine, una specie di economia da scuola materna che non migliora anche se si fa accompagnare da un grande frastuono e se si dà un rivestimento scientifico con degli enormi calcoli matematici", scrive il grande economista tedesco Heiner Flassbeck in riferimento allo scontro in corso fra governo italiano e commissione europea. Per Flassbeck i dogmi europei dell'output-gap e del prodotto potenziale sono pura ciarlataneria al servizio di un preciso obiettivo politico. Ne scrive Heiner Flassbeck su Makroskop.


L'Italia è il nemico preferito della Germania. È mera gelosia, sono solo pregiudizi oppure è semplicemente la stupidità che impedisce un'analisi ragionata della politica italiana e dei suoi problemi di integrazione in Europa?

Non vi è alcun dubbio che i media tedeschi e la politica tedesca su nessun'altro tema si siano sbagliati collettivamente cosi' tanto come è accaduto con il caso dell'Italia. Ogni volta che si riaccende la discussione sul nostro vicino del sud si alza una marea di pregiudizi che minaccia di travolgere chiunque provi ad usare la propria testa. Sì, è esattamente come avevo già sottolineato qualche mese fà in una serie di articoli (qui la prima parte) e non è esagerato dire che nei confronti  dell'Italia sembra non esservi alcuna remora, mentre contro il "nemico storico" francese nessuno osa mostrare così apertamente i propri risentimenti nazionalisti.

La situazione italiana non è molto cambiata rispetto a quella descritta la scorsa estate in dettaglio (qui). Ma la netta vittoria alle elezioni europee della Lega (dai media tedeschi regolarmente etichettata come "populista" o "nazionalista") e le rinnovate richieste di un allentamento delle regole del Patto di stabilità e crescita, in Germania hanno scatenato una nuova ondata di prese di posizione alquanto assurde o stupide (come qui e qui).

La Commissione ha completamente fallito

Ma come è possibile incolpare dei giornalisti impreparati se la Commissione europea, con le sue centinaia di "esperti", non è in grado di comprendere alcune semplici relazioni economiche? Nella sua ultima relazione sull'Italia, la Commissione dimostra ancora una volta in maniera impressionante di non aver davvero capito nulla di ciò di cui ormai si discute da anni e che invece contrasta apertamente con la sua semplice visione del mondo.

Sembra che, soprattutto nel caso dell'Italia, le forze appena un po' più razionali presenti all'interno della Commissione vengano completamente marginalizzate. Vi è un tentativo violento per impedire alla Lega (e ai "populisti") di assestare un colpo liberatorio (nel senso di una modifica fondamentale al Patto di stabilità e crescita) che potrebbe servire da modello anche per gli altri paesi. Poiché le cose stanno così, non si può certo escludere che "i paesi nordici interessati", come ad esempio la Germania e i Paesi Bassi, abbiano posto la Commissione sotto una forte pressione in modo da non farla retrocedere di un millimetro sull'argomento.

Nella sua relazione, la Commissione scrive infatti:

“Italy’s potential growth is estimated to have increased in 2018, to 0.5% (up from 0.2% in 2017), but to slow down again to 0.3% in 2019 before picking up to 0.5% in 2020. Overall, it remains very low. As a result, Italy’s negative output gap is estimated by the Commission to have closed in 2018, to -0.1% of potential GDP, from -0.5% in 2017, but to widen again to -0.3% in 2019 due to the starker deceleration in actual GDP growth, before closing again in 2020. Despite progress achieved in some reform areas (e.g. labour market and public administration, fight against tax evasion, banks‘ balance sheet repair), the legacy of the crisis and persistent structural weaknesses keep weighing on Italy’s growth potential. …Italy’s real GDP has hardly recovered to the pre-crisis level, while real GDP in the rest of the euro area is now 21% higher than in 2004. More in detail, Italy’s average annual growth rate was 0.1% over 2004-2018, compared with 1.5% in the euro area excluding Italy.”

Questo è veramente troppo anche per gli standard delle grandiose sciocchezze del mainstream economico. La Commissione calcola una "crescita potenziale" che varia di anno in anno e si adatta alla situazione economica. Nel 2019, tuttavia, vi sarà una battuta d'arresto puramente ciclica per tutta l'Europa, che interesserà quasi tutti i paesi e che in nessun paese potrà incidere sul tasso potenziale di crescita.

Non vi è alcun prodotto potenziale e nessun gap di output

Ma il concetto di un "gap di output" (un gap di produzione) sarebbe un'idea inutile anche se si riferisse a un periodo di tempo più lungo. Il concetto di output-gap implica infatti che esista un tasso di crescita potenziale determinato dalle condizioni strutturali di un'economia. La capacità risultante sarà utilizzata in maniera piu' o meno forte su "base ciclica". L'output-gap dovrebbe valutare se un'economia può ancora essere stimolata con delle misure economiche (ovvero la politica della domanda) senza tensioni reali (come il surriscaldamento dei prezzi), che potrebbero innescare l'inflazione.

Il concetto di conseguenza implica che un'economia non possa essere stimolata ad investire di più e quindi a crescere di piu' con delle misure economiche. Tutto cio, e mi dispiace, è solo una stupidaggine, una specie di economia da scuola materna che non migliora anche se accompagnata da un grande frastuono e se si dà un rivestimento scientifico con degli enormi calcoli matematici. Non vi è separazione tra andamento dell'economia e crescita. È vero esattamente il contrario, solo chi ha una congiuntura positiva potrà registrare un miglioramento della crescita e dello sviluppo economico. Una radicale ripresa dell'attività dell'economia nel suo complesso, che può essere raggiunta solo attraverso una buona congiuntura economica, accresce le opportunità di crescita e allo stesso tempo l'utilizzo della capacità dell'economia.

Dopotutto questa parte della critica è evidente anche nella discussione anglosassone (come riporta il Financial Times). È assolutamente ridicolo che la Commissione europea per Germania e Italia calcoli un output-gap quasi identico, sebbene la disoccupazione in Italia sia molto più alta. Questo, a sua volta, è assurdo anche sotto le condizioni ordinarie dettate dal mainstream, perché è necessario considerare che un possibile rischio di inflazione è legato al livello di disoccupazione. E ciò rende impossibile lo stesso rischio di inflazione per Germania e Italia, soprattutto se si crede nel mercato del lavoro neoclassico.

L'Italia nella trappola tedesca

L'Italia - come abbiamo più volte dimostrato - a causa della politica tedesca di dumping salariale all'interno dell'eurozona è stata spinta verso il  basso e di conseguenza ha perso quote di mercato. Questi effetti negativi sullo sviluppo economico non sono stati compensati dall'andamento interno, in quanto le condizioni dettate dall'Unione monetaria europea hanno imposto alla politica del paese una massiccia pressione sui salari con l'obiettivo di non perdere altro terreno nei confronti della Germania. Ciò non ha nulla a che fare con la "struttura" nel suo senso abituale, e le cui conseguenze nel breve periodo possono essere compensate solo attraverso una politica fiscale espansiva.

Se scegliamo di argomentare sulla base dei saldi finanziari possiamo risparmiarci tutti questi discutibili esercizi con i gap di produzione e il potenziale di crescita. In Italia, come evidenziato dai suoi saldi finanziari (figura 1), non vi è alcuna possibilità di stimolare l'economia dal punto di vista del mercato. Se anche in presenza di tassi di interesse estremamente bassi, le imprese continuano a risparmiare così tanto come stanno facendo in Italia, tutti gli argomenti tradizionali contro un maggior debito pubblico, usati e presupposti dalla Commissione, diventano obsoleti. In altre parole, gli argomenti lungo le tradizionali linee del Trattato di Maastricht o del Patto di stabilità e crescita sono fin dall'inizio inutili, poiché le condizioni necessarie per la validità di tali argomentiazioni semplicemente non sono date.



L'Italia semplicemente non può ampliare il suo surplus di conto corrente, perché in una unione monetaria ciò è possibile solo con dei tagli salariali nei confronti della Germania. Ma ciò significherebbe solo che - come è già accaduto in Grecia -  la domanda interna crollerebbe ulteriormente causando dei danni di gran lunga maggiori rispetto a quello che si potrebbe ottenere con i guadagni nel commercio estero. La sola possibilità di conseguenza è fare in modo che con un aumento del debito pubblico la domanda non continui a scendere a causa del risparmio delle famiglie e delle imprese. Lo Stato deve sopperire alle oscillazioni della domanda in ogni periodo, indipendentemente dal livello del proprio debito corrente. Le "misure strutturali" non cambiano questa logica, nella misura in cui non sono in grado di modificare radicalmente il comportamento delle imprese. Le misure strutturali non sono nemmeno finalizzate a ciò, motivo per cui non c'è nemmeno bisogno di parlarne.

Gli economisti hanno fallito

Sfortunatamente bisogna affermare che la maggior parte degli economisti italiani formati e cresciuti dal pensiero mainstream stanno fallendo nel tentativo di valutare e comprendere la situazione del loro paese. Un'analisi macroeconomica coerente è presente solo in alcuni piccoli circoli, per questo la politica, ogni volta che lancia una proposta nella giusta direzione, viene pesantemente criticata, anche nel proprio paese. E questo ancora una volta apre porte e portoni a coloro che non apprezzano la direzione politica complessiva del paese e che fin dall'inizio non hanno mai inteso muovere una critica all'Europa o a un paese vicino.

Dato che anche per la Francia si può fare una diagnosi simile, l'Europa è ormai paralizzata e incapace di liberarsi da questa miseria che continua a crescere. La figura 2 mostra che le aziende in Francia hanno una situazione meno problematica, ma il paese ha un deficit di conto corrente che costringe lo stato a intervenire.


Coloro che ricorrono a questo tipo di analisi non possono mai commettere l'errore di trattare un paese come se fosse un'economia perfettamente chiusa e limitare le terapie solo alle misure nazionali. Anche le aziende, che nell'analisi del mainstream tradizionale semplicemente non compaiono perché si ritiene si siano comportate nel senso tradizionale (come debitore e investitore) e quindi correttamente, non possono più essere trascurate. Chiunque - come ad esempio la Commissione o i politici responsabili dei "paesi interessati" - fa finta che tutto ciò non esista, è il vero becchino dell'Europa.

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venerdì 16 novembre 2018

Thomas Fricke su Der Spiegel: l'Italia vittima dei dogmi economici tedeschi

Un ottimo Thomas Fricke su Der Spiegel, non senza ironia, mette a nudo i dogmi economici di Bruxelles e Berlino e prova a spiegare ai tedeschi perché certe ricette economiche che a nord delle Alpi godono della massima considerazione, alla prova dei fatti potrebbero rivelarsi pura ciarlataneria. Bisogna dare atto a Thomas Fricke di essere uno fra i pochi che sulla cosiddetta "stampa di qualità" tedesca riesce a farsi pubblicare qualcosa di vagamente favorevole nei confronti dell'operato del governo italiano. Un brillante Thomas Fricke Da Der Spiegel


Si parla sempre piu' spesso di questa intelligenza artificiale che dovrebbe renderci la vita più facile e farci diventare tutti disoccupati. Perché i robot sanno fare tutto meglio. Sebbene di solito si finisca per menzionare un'assurdità come le auto a guida autonoma. O Alexa, che, zack, accende la luce.

Su questo tema ci sarebbe un campo di attività dell'intelligenza umana tradizionale nel quale le macchine potrebbero avere davvero un ruolo: capire perché in realtà un paese ha un successo economico superiore rispetto a un altro paese. E in poche parole andare dritto al punto: cosa dovrebbe fare l'italiano? Anche se fare ricorso al termine intelligenza per descrivere ciò che gli economisti tradizionali sono stati in grado di proporre fino ad ora puo' essere considerata una scelta decisamente amichevole e generosa.

Detto seriamente: se cosi' tanti italiani hanno votato per i populisti arrabbiati che non ne vogliono sapere di rispettare le vecchie raccomandazioni, cio' non ha molto a che fare con il fatto che l'italiano di per sé é un po' strano. Per anni l'Italia ha fatto esattamente ciò che le veniva chiesto di fare dalla dottrina economica standard dispensata via Bruxelles, oppure cio' che Wolfgang Schäuble pretendeva.

Solo che tutto ciò non ha portato grandi risultati - cosa che anche l'italiano ad un certo punto ha notato. E in secondo luogo perché quello che ora Bruxelles e Berlino chiedono agli italiani di fare, per salvare il paese e come alternativa ai piani del governo populista di destra-sinistra, è ancora meno convincente. Quindi: dovete fare ancora riforme. Secondo la vecchia dottrina ortodossa. Una sorta di teologia economica.

Secondo questa dottrina originale un paese deve sempre e comunque semplificare le regole, ridurre la burocrazia, rendere piu' facile il taglio dei costi per le aziende, alzare l'età pensionabile invece di abbassarla, rallentare l'indebitamento e fare più pressione sulla popolazione affinché anche i lavori mal pagati vengano accettati. Perché in questo modo l'economia diventa più dinamica e ciò crea lavoro e persone piu' felici.

Se ciò fosse vero l'economia italiana dovrebbe essere almeno tendenzialmente più dinamica rispetto al 2011, e l'italiano sicuramente più felice.

L'inflazione da anni in Italia è piu' bassa che in Germania

Da allora nel paese l'età pensionabile è stata gradualmente aumentata, è stato introdotto un freno all'indebitamento, introdotte leggi contro la corruzione, è stata allentata la protezione contro il licenziamento, sono aumentati i costi in caso di malattia, le poste e altri servizi sono stati (parzialmente) privatizzati, è cresciuta la pressione sui disoccupati, ridotta la burocrazia, promossi accordi salariali flessibili nelle aziende, semplificate le pratiche negli appalti pubblici, promosso il miglioramento della morale fiscale e accelerati i procedimenti giudiziari. Per fare solo alcuni esempi.

In quel periodo ad esempio gli italiani sono stati vicini ai primi della classe nella speciale classifica dello zelo riformatore ideata dal think tank del Lisbon Council. Secondo i criteri economici ortodossi, da allora l'Italia dovrebbe essere osannata come un esempio con:

- un avanzo commerciale con l'estero di circa 50 miliardi di euro;

- un surplus nel bilancio pubblico prima degli interessi pari a  circa il due per cento del PIL;

- un'inflazione che per anni è stata inferiore rispetto a quella della Germania.

L'americano a questo punto per l'invidia dovrebbe sprofondare nella tristezza piu' profonda.

Solo che tutto questo non ha fatto crescere l'economia più rapidamente - e non ha reso gli italiani così felici da rieleggere prontamente quei politici che hanno fatto tutte queste belle riforme. Cosa che Gerd Schröder avrebbe potuto dirgli con largo anticipo.

Dal 2011 i governi italiani nel complesso non hanno riformato meno di quanto abbiano fatto i tedeschi ai tempi dell'Agenda 2010 - e il loro governo è stato punito elettoralmente tanto quanto i rosso-verdi. Solo che nel frattempo in Germania c'è stata una crescita economica piu' forte e un aumento significativo dell'occupazione. Il che, a ben vedere, era dovuto solo in parte alle riforme dell'Agenda e molto piu' al fatto che mezzo mondo all'epoca stava facendo festa e aveva bisogno di macchinari o automobili. E la Germania ha beneficiato della crisi dell'euro. Ha avuto fortuna

Negli ultimi anni dopo la crisi finanziaria nessuno ha piu' fatto una vera festa, motivo per cui l'economia italiana non è uscita dalla crisi come all'epoca invece aveva fatto quella tedesca.

Non esiste una ricetta che funziona in tutti i paesi

Anche questo rende ancora piu' assurdo pretendere che una dottrina di salvezza economica funzioni allo stesso modo sempre e ovunque - sempre che funzioni. Ci sono di fatto paesi alquanto dinamici come i nordici, dove le persone pagano molte tasse e lo stato è molto presente. Situazione che in realtà non è prevista dai testi ortodossi. Altri paesi, almeno a prima vista, potrebbero andare d'accordo con i libri di testo. Come Singapore. Ma a cosa serve confrontarsi con uno staterello così speciale?

Se dal punto di vista politico-finanziario c'è una lezione che possiamo trarre dagli anni della crisi, è che se l'economia va bene il debito pubblico nel lungo periodo tende a scendere. Fatto che ci riporta alla questione di fondo: in che modo una simile economia può diventare più dinamica senza che le persone corrano a dare il voto ai populisti? Se vengono fatte molte riforme senza che le cose inizino ad andare un po' meglio, almeno dopo un periodo iniziale difficile, la gente alla fine voterà per i partiti di protesta. E quindi non servirà a molto chiedere più riforme se queste non sono servite a nulla. Almeno non abbastanza da convincere gli elettori.

A cosa serve avere l'industria più competitiva, se poi la società viene dilaniata dagli effetti collaterali dovuti alle divergenze sempre piu' drastiche dei redditi? E alla fine arriveranno i populisti a cui le regole non interessano troppo. Vedi Roma.

Certo, ci sono quello e quell'altro indizio che suggeriscono che la tale riforma tende a funzionare meglio di un'altra. Ma la saggezza dell'economia non va molto oltre. Quello che funziona in un dato paese e in un dato momento in un particolare ambiente economico, non  funzionerà necessariamente allo stesso modo nel prossimo paese. E il successo dipende anche da quanto le riforme e i tagli possano essere sostenibili democraticamente.

Serve anche a poco il fatto che gli esperti del Fondo Monetario Internazionale abbiano raccomandato al governo di Roma misure che generano una maggiore crescita economica - se queste poi sono collegate alla solita sentenza sacrale degli economisti secondo i quali questa o quella riforma produrrà una crescita "di lungo termine". Con un po' di fortuna. Forse.

Poca conoscenza, grande risolutezza

La risolutezza con cui specialmente da Bruxelles o da Berlino dall'Italia si pretende questo o quel comportamento è sorprendentemente contraddetta dal fatto che pochi economisti sanno cosa realmente fa bene alla crescita economica e (quindi) cosa fa scendere il debito pubblico.

Fatto che potrebbe portare a una conclusione fondamentale: un esercizio così delicato dovrebbe essere lasciato ai governi i quali dovranno poi rispondere ai loro elettori di quello che hanno fatto.

Almeno fino a quando i nostri amici nella ricerca economica non saranno in grado di sviluppare il primo economista equipaggiato con una intelligenza artificiale sufficiente tale da dirci cosa dovrebbe fare esattamente un governo per aumentare la crescita economica in un paese. Sarebbe utile davvero.




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domenica 11 novembre 2018

Intervista a Clemens Fuest sulla situazione italiana: "come creditori siamo ricattabili"

Clemens Fuest, il presidente del prestigioso Istituto Ifo di Monaco di Baviera, intervistato da T-Online ci spiega quanto il rischio di implosione della moneta unica sia reale e ci ricorda un concetto di base, apparentemente molto chiaro anche ai tedeschi: i creditori sono sempre ricattabili. Da T-Online


T-Online: Herr Fuest, i partiti di governo nel nostro paese attualmente sono molto presi da questioni personali. Un altro tema con conseguenze enormi per la Germania sta invece passando in secondo piano: la crisi economica in Italia. Il nuovo governo di Roma vuole fare piu' deficit. La Commissione europea ha respinto il bilancio. E ora?

Clemens Fuest: un paese senza una propria moneta non può permettersi un debito pubblico superiore al 130% del PIL. Il vero problema in Italia non è l'eccesso di indebitamento, ma la stagnazione economica. L'Italia non cresce, la produttività del lavoro ristagna dagli anni '90. L'economia italiana è stata duramente colpita dalla globalizzazione e non è riuscita ad adattarvisi. Le ragioni risiedono in un sistema educativo mal funzionante, in un sistema giudiziario poco efficace e in una regolamentazione del mercato del lavoro paralizzante.

T-Online: Quindi l'Italia ha bisogno di riforme Hartz sul modello tedesco?

Clemens Fuest: bisogna essere molto attenti con il messaggio: fate come i tedeschi! L'Italia è un paese con condizioni diverse. Nel mercato del lavoro, a differenza della Germania prima delle riforme Hartz, il problema non è che i benefici per i disoccupati sono troppo generosi. Si tratta piuttosto del fatto che chi ha un impiego ha delle forti tutele e che i giovani hanno scarse possibilità di essere integrati nel mercato del lavoro.

T-Online: ciò si riflette anche sul mercato dei capitali, dove il nervosismo si sta diffondendo e i rendimenti dei titoli di stato italiani stanno crescendo. Un problema per il mercato finanziario dell'UE?

Clemens Fuest: i rendimenti crescenti dimostrano che il mercato finanziario funziona e che i rischi vengono prezzati. Se in Italia arriva una crisi finanziaria, i creditori avranno un problema. Lo stato italiano e le banche sono fortemente indebitate con i propri cittadini. Per quanto riguarda i paesi esteri, le banche tedesche sono molto meno coinvolte in Italia rispetto ad esempio a quelle francesi. Un terzo della cosiddetta esposizione verso l'estero dell'Italia, circa 300 miliardi di euro, è nei confronti della Francia. Ma difficilmente questo ci aiuterebbe in caso di emergenza, perché se la Germania ha prestato poco all'Italia, è invece molto esposta nei confronti della Francia. Il problema ci colpirebbe comunque.

T-Online: quanto è concreto il rischio di una bancarotta pubblica in Italia?

Clemens Fuest: nel breve periodo il rischio maggiore risiede in un'ondata di panico sul mercato dei capitali che potrebbe portare rapidamente alla bancarotta di stato. Sarebbe una situazione in cui gli investitori avrebbero dei dubbi sul fatto che l'Italia possa rifinanziare i propri debiti. Per questo i titoli di stato in scadenza non verrebbero riacquistati e il paese diverrebbe insolvente. Nel lungo periodo il rapporto debito/PIL dovrebbe scendere, altrimenti l'Italia nella prossima recessione economica si troverebbe in gravi difficoltà.

T-Online: se il gioco si fa duro, si aspetta che l'UE usi lo scudo salva stati e aiuti l'Italia a suon di miliardi?

Clemens Fuest: l'Italia è dieci volte più grande della Grecia. Stiamo parlando di molti soldi. Ma non penso che i fondi per il salvataggio siano insufficienti, come spesso si sostiene. Se l'Italia chiedesse un programma di aiuti al Meccanismo europeo di stabilità (ESM), la BCE potrebbe acquistare obbligazioni governative italiane e mantenere l'Italia liquida. La vera domanda è: possono ancora esserci programmi ESM?

T-Online: si riferisce alla questione delle competenze nazionali?

Clemens Fuest: sì. Non è chiaro se il Bundestag possa ancora approvare i programmi di salvataggio dell'ESM. Secondo la sentenza della Corte costituzionale tedesca, il programma OMT (acquisto illimitato di titoli di stato da parte della Banca centrale europea) costituisce un superamento delle competenze della BCE, mentre la Corte di giustizia europea afferma il contrario. Ciò solleva la questione su quale Corte il Bundestag dovrebbe seguire. Ancora più importante, in Italia c'è un governo che non vuole attenersi ai regolamenti dell'UE. In questa situazione i fondi di salvataggio europei non sono disponibili. Gli aiuti sarebbero disponibili solo se collegati a dei requisiti di ristrutturazione.

T-Online: qual'è influenza reale della Commissione europea nel tiro alla fune politico con il governo italiano?

Clemens Fuest: l'importanza del tiro alla fune politico fra Bruxelles e Roma è sovrastimata. E' il governo italiano che prende le decisioni in materia di bilancio, per questo è stato eletto. L'UE non sarà in grado di impedirlo. Le regole europee aiutano i governi che vogliono rispettare i criteri europei e implementarli contro le resistenze del proprio paese. L'idea che Bruxelles possa imporre le regole europee contro la volontà di un governo nazionale è un'illusione. Non funziona cosi'. Non possiamo costruire l'Eurozona su queste basi.

T-Online: e allora su quali?

Clemens Fuest: la chiave di tutto sta nella disciplina di mercato. Da un lato è corretto dire che gli elettori italiani hanno democraticamente deciso di indebitarsi. Ma ciò significa anche dire che non possono trasferire i costi ai contribuenti degli altri Stati dell'euro.

T-Online: sembra ragionevole, ma anche un po troppo semplice. Di nuovo piu' concretamente: quale margine di manovra ha a disposizione l'UE per impedire alla crisi italiana di infettare il resto d'Europa?

Clemens Fuest: in sostanza, l'Unione europea deve fare due cose: in primo luogo tenere aperto un canale di dialogo. Abbiamo un interesse fondamentale affinché in Italia non vi sia una bancarotta dello stato. In secondo luogo l'UE deve prepararsi per una crisi. Ciò significa che bisognerebbe ridurre l'esposizione al rischio Italia e quindi essere meno ricattabili.

T-Online: quindi ritirare il denaro dall'Italia, denaro che lì è effettivamente necessario e farlo in maniera urgente.

Clemens Fuest: non è compito degli altri stati della zona euro mantenere liquido uno stato italiano che intende abbandonare le regole del gioco concordate con gli altri paesi. Il problema è che come creditore sei ricattabile. Le banche nel resto dell'eurozona dovrebbero ridurre i loro crediti finanziari verso lo stato italiano e le sue banche o meglio coprirli con il patrimonio netto. Altrimenti, in caso di crisi, saremo costretti a salvare un'altra volta le nostre banche con i soldi dei contribuenti.

T-Online: guardiamo avanti: cosa succede se il governo italiano non si ferma, ma si attiene al suo corso e continua a fare debito per ampliare lo stato sociale?

Clemens Fuest: lo scenario più probabile è che il paese al prossimo rallentamento economico finisca in una crisi finanziaria: una bancarotta statale in Italia porterebbe a una crisi dei mercati finanziari sulla cui portata si può solo speculare. Se il sistema bancario italiano dovesse essere di fronte ad un crollo, l'Italia potrebbe introdurre volontariamente una nuova valuta. C'è anche la variante della valuta parallela, i cosiddetti mini-Bot. Tutto ciò, tuttavia, porterebbe a degli scontri molto forti all'interno della zona euro.

T-Online: quindi un fondo europeo di garanzia sui depositi bancari potrebbe essere una soluzione, come alcuni stanno chiedendo?

Clemens Fuest: nella situazione attuale sarebbe un grave errore. L'Italia in questo modo potrebbe  vendere più titoli di stato alle proprie banche. Se dovessero fallire, le perdite verrebbero trasferite alla comunità dell'Eurozona. La pressione dei mercati finanziari sull'Italia si ridurrebbe, e verrebbe incentivato il superamento dei limiti all'indebitamento concordati con gli altri stati. Se vogliamo che l'eurozona nel lungo periodo funzioni, abbiamo bisogno di un'assicurazione comune sui depositi. Tuttavia, il prerequisito obbligatorio per fare ciò è che le banche abbandonino completamente o almeno in gran parte il finanziamento dei loro rispettivi stati di appartenenza. Altrimenti è meglio lasciar stare.

T-Online: detto in maniera piu' semplice: da anni l'Italia scivola da una situazione di precarietà politica ed economica all'altra. Il Paese è riformabile?

Clemens Fuest: credo di sì. Possiamo guardare alla situazione italiana anche in modo diverso. Immaginate che la Germania abbia attraversato un periodo stagnazione di 20 anni. Come sarebbe il nostro paese dal punto di vista politico? Il fatto che la società italiana sia rimasta stabile per così tanto tempo merita rispetto. Ciò che manca sono delle riforme convinte; forse arriveranno quando sarà chiaro che la politica attuale sta solo esacerbando i problemi.

T-Online: diamo un'occhiata alla Germania. In che modo la crisi italiana ci influenzerà?

Clemens Fuest: la Germania ha un interesse urgente affinché in Italia possa arrivare quanto prima una ripresa economica. Il governo tedesco dovrebbe rivolgersi al governo di Roma e cercare di convincerlo a fare politiche europee che dal punto di vista finanziario possano ridurre il peso sugli altri paesi membri. Invece da Berlino arriva solo un silenzio minaccioso.

T-Online: cosa potrebbero fare insieme Germania e Italia per stabilizzare la situazione?

Clemens Fuest: la Germania e l'Italia potrebbero sviluppare una politica estera e di sicurezza europea e cooperare più strettamente nella politica  migratoria e dello sviluppo. Acquisti militari congiunti, la messa in comune di ambasciate e consolati, aiuti allo sviluppo europei invece che nazionali e frammentati, tutto ciò ridurrebbe il peso sul bilancio dello Stato. Si ha l'impressione che la Germania sia troppo impegnata con se stessa e troppo poco con l'Europa.

T-Online: perché è così?

Clemens Fuest: nella Große Koalition si tengono sotto controllo a vicenda. Fanno allo stesso tempo lavoro di governo e di opposizione.

T-Online: il governo federale non sta quindi lavorando efficacemente?

Clemens Fuest: bisogna essere prudenti con simili giudizi. Ma la lotta per il potere a Berlino è una realtà. Gli argomenti europei passano in cavalleria. Sono importanti almeno quanto la questione abitativa o la migrazione. Il pericolo che l'UE e l'euro cadano in pezzi è molto reale.
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