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lunedì 1 aprile 2019

L'esercito più forte in Europa occidentale

Secondo Henrik Paulitz della Akademie Bergstraße nel giro di pochi anni la Bundeswehr tedesca è destinata a diventare la forza convenzionale piu' forte in Europa, esclusi probabilmente i russi. Date le dimensioni dell'economia tedesca, infatti, anche se il governo confermasse una spesa per la difesa pari solo all'1.5% del PIL, si tratterebbe comunque di una somma considerevole, vicina ai 60 miliari di euro e probabilmente superiore rispetto a quella degli altri paesi europei nella Nato. Ne scrive Henrik Paulitz in un'analisi molto interessante su Akademie Bergstraße



La Bundeswehr è destinata a diventare il più forte esercito europeo 


Il dibattito attuale continua a ruotare intorno alla presunta catastrofe in termini di capacità operativa della Bundeswehr e al fatto che l'esercito avrebbe a disposizione meno denaro rispetto a quanto necessario e a quanto la Germania aveva promesso alla NATO. Questa narrazione tuttavia tace il fatto che la Bundeswehr probabilmente entro pochi anni sarà di gran lunga l'esercito più forte in Europa occidentale. 

A causa delle "aspettative internazionali" nei confronti della Germania da anni ormai il governo tedesco viene messo sotto pressione affinché rimetta in discussione il suo tradizionale corso politico di "moderazione militare" e porti invece avanti un nuovo corso militarista. [1]


Questa forte pressione già molti anni fa aveva portato a sottoscrivere un impegno nei confronti della NATO per un aumento della "spesa militare" da realizzarsi entro il 2024. Secondo tale accordo la spesa per la difesa dovrebbe essere basata su un benchmark del 2% del PIL, di cui almeno il 20 % in armamenti e in "nuove grandi attrezzature, inclusa la ricerca e lo sviluppo correlato". 

Il 2% non è legalmente vincolante e spesso viene considerato come non realistico. Il ministro della Difesa Ursula von der Leyen nel maggio 2018 tuttavia ha annunciato che il governo tedesco avrebbe aumentato la spesa militare tedesca passando dall'1,2% all'1,5% del PIL entro il 2025. Alla luce delle dimensioni dell'economia tedesca, si tratterebbe di una spesa enorme - stando ai dati di oggi - fino a quasi 60 miliardi di euro. [2]

Il più grande esercito in Europa 

Nell'agosto 2017 l'ex candidato alla Cancelleria Martin Schulz facendo riferimento al controverso obiettivo del 2% dichiarò: "Faremmo della Bundeswehr il più grande esercito d'Europa". [3]

La forza convenzionale più forte in Europa 

L'ex Ministro della Difesa Volker Rühe nel febbraio 2019 ha invece dichiarato in un intervista: "Se intendiamo prendere sul serio la futura divisione dei compiti in Europa, allora la Bundeswehr non dovrà restare solo sulla carta la forza convenzionale più forte in Europa, ma anche nella realtà" 

Inoltre, Rühe ha notato che - contrariamente a quanto viene regolarmente riportato da molti media - la capacità operativa dei carri armati, degli elicotteri da combattimento e dei sottomarini della Bundeswehr non è in discussione. Alla domanda se la Bundeswehr sia ancora una forza combattente, ha risposto: 

"Sì. La struttura si focalizza sulle unità destinate ad entrare in azione. In linea di principio siamo sulla strada giusta. Ci sono molti piu‘ soldi ". [4]

Di gran lunga la più forte potenza europea nella NATO 

Queste non sono solo delle vaghe pretese, ma è già una realtà. Second il prof. Gunther Hellmann dell'università di Francoforte (specializzato in politica estera tedesca ed europea), la Bundeswehr entro sei o otto anni sarà l’esercito più potente d’Europa - esclusa la Russia. 

In un contributo del 13 febbraio 2019 realizzato insieme al Prof. Daniel Jacobi, Hellmann scriveva che il dilemma strategico della Germania si sta acuendo: "prendere il comando, senza tuttavia apparire egemonica". 

La richiesta di attuazione dell'accordo del Galles, cioè aumentare entro il 2024 la spesa per la difesa portandola il più vicino possibile al due per cento del PIL, “in definitiva deve essere intesa come una chiamata indiretta alla leadership, perché così facendo la Germania militarmente si trasformerebbe nella piu’ forte potenza NATO in Europa. Anche se restasse solo all'1,5 % del PIL, come riportato questa settimana a Bruxelles, fondamentalmente non cambierebbe nulla". 

A ciò si aggiunge che la Repubblica federale "come paese quadro, in futuro disporrà dell'intero spettro militare, mentre i partner più piccoli saranno costretti a specializzarsi". [5]

Militarizzazione della Germania 

Il pubblico senza dubbio si sta abituando all'idea astratta che vi siano delle aspettative o degli "obblighi" da adempiere (cioè una pressione dall’esterno da non sottovalutare). 

Le allusioni a un presunto "ruolo di leadership tedesco" non devono tuttavia essere interpretate dall'opinione pubblica come un percorso verso la militarizzazione. In particolare, l’opinione pubblica non deve rendersi conto che la Bundeswehr, in considerazione della spesa attuale per gli armamenti, presto diventerà il più forte esercito in Europa occidentale. 

La Cancelliera Angela Merkel durante il congresso della Bundeswehr tenutosi a maggio a Berlino ha ammonito i membri del Bundestag: "Si è sviluppata una discussione sulla quale tutti noi insieme - mi rivolgo a tutti i parlamentari – dobbiamo stare un po' attenti e fare in modo che il passaggio al 2% del PIL non venga interpretato come una militarizzazione della Germania"[6]

Questi elementi devono essere inseriti nel quadro di una Germania che diventa una potenza geo-politica in grado di garantire l'ordine in Europa, Africa e Medio Oriente. [7]

Leadership: attesa e richiesta 

Sullo sfondo di questi eventi è necessaria e urgente una discussione pubblica. 


Questo anche nel quadro di quanto sottolineato dall’esperto di politica estera e della sicurezza Rolf Mützenich, secondo il quale in futuro la Germania condividerà il destino di altri grandi stati e "sarà oggetto di critica sia per la sua leadership che per la sua riluttanza. Perché non solo all'interno dell'UE, ma anche a livello internazionale, dalla Germania sarà sempre più spesso preteso e/o richiesto un ruolo da leader". [8]

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1 Robin Niblett (Royal Institute of International Affairs/Chatham House): Internationale Erwartungen an Deutschland. Vortrag bei der Auftaktveranstaltung des Weißbuchprozesses 2016. Berlin. 17.02.2015.
2 Reuters: Von der Leyen will Wehretat auf 1,5 Prozent des BIP steigern. 14. Mai 2018.
3 FR: Phrasenprüfer. "Wir würden aus der Bundeswehr die größte Armee Europas machen". 26.08.2017.
4 Der Tagesspiegel: Ex-Verteidigungsminister Volker Rühe. „Guttenberg hat die Bundeswehr zerstört“. 10.02.2019.
5 Gunther Hellmann, Daniel Jacobi: Auswege aus Deutschlands wachsenden strategischen Dilemmata. GoetheUniversität Frankfurt am Main. 13. Februar 2019.
6 Angela Merkel: Rede von Bundeskanzlerin Merkel bei der Bundeswehrtagung am 14. Mai 2018 in Berlin.
7 Henrik Paulitz: Kriegsmacht Deutschland? Informationen und Handlungsempfehlungen zu brandgefährlichen ‚Internationalen Erwartungen an Deutschland‘. Akademie Bergstraße. 2018.
8 Rolf Mützenich: Deutschland: Vom Trittbrettfahrer zur Führungsmacht wider Willen? Zeitschrift für Außenund Sicherheitspolitik ZfAS, Sonderheft 6, 2015, S. 275-287.


domenica 9 dicembre 2018

Le guerre future dell'UE

Nei Think Tank di Berlino e fra i consulenti del governo tedesco si lavora a pieno ritmo per delineare i contorni del futuro esercito europeo e soprattutto delle future guerre europee. Un recente studio della prestigiosa Deutsche Gesellschaft für Auswärtige Politik (DGAP) ipotizza diversi scenari di intervento UE e giunge ad una conclusione che sicuramente non dispiacerà ai fabbricanti di armi: gli stati UE non sono preparati per le future guerre europee, si dovrà spendere di piu' per gli eserciti. Ne parla il sempre ben informato German Foreign Policy


L'esercito degli europei

L'attuale studio sullo stato della militarizzazione dell'UE, realizzato dalla Deutsche Gesellschaft für Auswärtige Politik (DGAP) insieme al London International Institute for Strategic Studies (IISS) rileva innanzitutto che nell'ultimo anno l'Unione Europea in ambito militare ha fatto dei rapidi progressi. L'integrazione delle forze armate degli Stati membri nell'ambito del progetto PESCO è già iniziata. [1] Anche l'integrazione della pianificazione del riarmo nell'ambito dell'UE viene già affrontata nel quadro della Coordinated Annual Review on Defence (CARD). Il Fondo europeo per gli armamenti già ora eroga denaro per lo sviluppo congiunto degli armamenti fra gli Stati membri. La Commissione Europea ha anche dichiarato che l'Autonomia Strategica dell'UE è un obiettivo comune da portare avanti su vari livelli, non da ultimo quello militare. [2] Il dibattito sul futuro "esercito degli europei", inoltre, è in pieno svolgimento e recentemente, verso la fine di novembre, durante l'ultima Conferenza sulla sicurezza di Berlino ha fatto un ulteriore passo in avanti [3]. La decisione della Francia di creare una iniziativa di intervento europea (Initiative européenne d'intervention) promuove ulteriori misure pratiche finalizzate alla costruzione di una forza d'intervento europea [4].

Varianti di impiego

In questo quadro lo studio della DGAP-IISS analizza fino a che punto l'UE potrebbe essere in grado di realizzare e guidare concretamente le operazioni militari sulla base delle decisioni prese. Si tratterebbe di cinque tipi operazioni: "peace-enforcing", realizzabili in un raggio geografico di 4.000 chilometri intorno all'Europa;  missioni di "prevenzione dei conflitti" (fino a 6.000 chilometri dall'Europa); "missioni di stabilizzazione" (fino a 8.000 chilometri dall'Europa), "operazioni di soccorso e di evacuazione" (10.000 chilometri dall'Europa) e "azioni di aiuto umanitario" (fino a 15.000 chilometri dall'Europa) [5] Lo studio DGAP-IISS nei suoi scenari già considera l'imminente uscita della Gran Bretagna dall'UE: analizza eventuali operazioni congiunte fra l'UE a 27 e il Regno Unito, ma si chiede anche se l'UE a 27 sarebbe in grado di svolgere le proprie azioni militari in autonomia. In particolare, gli autori dello studio si sono chiesti se l'UE, con le sue risorse militari, sarebbe in grado di effettuare più operazioni contemporaneamente. Bruxelles lo considera infatti politicamente necessario.

Guerre nel Caucaso meridionale

Gli autori basano il loro studio su alcuni scenari operativi concreti che forniscono informazioni sul tipo di operazioni militari che gli strateghi dell'UE nei prossimi anni considerano fattibili. Un esempio fra questi è lo scenario che descrive una missione di "peace-enforcing" nel Caucaso meridionale. Una forza UE viene inviata nel Caucaso meridionale (EUFOR-SC) e schierata fra Armenia e Azerbaigian; entrambi i paesi, nello scenario individuato, da diversi mesi combattono una guerra feroce in cui alla fine intervengono anche i terroristi jihadisti. L'UE viene incaricata di far rispettare un cessate il fuoco precario. In un primo momento i due Battlegroup dell'UE, che a rotazione vengono tenuti sempre pronti, dovrebbero intervenire entro un breve lasso di tempo per evitare che i combattimenti si riaccendano. Successivamente, l'attuale EUFOR-SC, una forza di circa 60.000 soldati, arriverebbe nell'area operativa. La EUFOR-SC dispone di componenti terrestri, aeree, marittime e di forze speciali; tra le altre cose, dovrebbero essere inviati circa 150 aerei da combattimento con il compito di svolgere fino a 250 missioni aeree al giorno. Secondo lo studio della IISS-DGAP, nella situazione attuale, in particolare nell'ambito delle forze di terra e delle forze aeree, la EUFOR SC mostrerebbe una capacità presumibilmente insufficiente, sempre a condizione che il Regno Unito continui a operare congiuntamente con l'UE a 27. Se il Regno Unito non dovesse piu' partecipare, nella marina vi sarebbero delle forti lacune.

Neutralizzare i jihadisti 

Gli ulteriori scenari delineati nello studio della DGAP-IISS comprendono anche la lotta contro i jihadisti. La EUFOR HOA (Forza UE per il Corno d'Africa) si troverebbe a dover intervenire in Somalia dove i jihadisti hanno portato sotto il loro controllo gran parte del paese, e dove le forze governative e le unità dell'Unione africana sono state spinte verso la capitale Mogadiscio e il nord del Kenya. La forza EUFOR HOA ha ricevuto il compito di neutralizzare i jihadisti - 3.000 combattenti dell'IS nel nord del paese, 4.000 miliziani di Al Qaeda nel sud, 7.500 jihadisti Al Shabaab intorno a Mogadiscio, tutti molto mobili, molto motivati ​​e, tra l'altro in possesso di missili portatili anti-aerei. Sono di nuovo due gruppi tattici dell'UE a dover intervenire in maniera rapida prima che la  EUFOR HOA scenda in campo con i suoi battaglioni di terra, con le forze navali, aeree e con le forze speciali. In un altro scenario si ipotizza invece una guerra contro i pirati nel Mar Rosso e nell'Oceano Indiano, sotto la guida di EUFOR IO (forza UE per l'Oceano Indiano) su mandato del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite. Contemporaneamente EUFOR IO deve tenere sotto controllo gli attacchi provenienti dagli Houthi dello Yemen. Ciò rende necessario implementare una efficace difesa missilistica, mentre le operazioni sarebbero svolte principalmente dalla marina e dalle forze speciali. In entrambi gli scenari gli autori dello studio evidenziano ancora una volta delle forti mancanze in termini di armamenti, deficit che resterebbe immutato anche se l'UE a 27 combattesse a fianco del Regno Unito, e che riguarderebbe peraltro tutte e tre le forze. Se il Regno Unito non dovesse partecipare, l'elenco delle carenze aumenterebbe in maniera significativa.

Diversi interventi in parallelo

Secondo gli autori la dotazione militare dell'UE è inadeguata, soprattutto se dovessero rendersi necessarie più operazioni contemporaneamente. Lo studio della DGAP-IISS si concentra su due possibili varianti. La prima prevede parallelamente una cosiddetta missione di rafforzamento della pace e una "missione di salvataggio ed evacuazione". La seconda presuppone che diverse operazioni minori vengano eseguite contemporaneamente: due per la "prevenzione dei conflitti", due missioni di stabilizzazione, una per il "salvataggio e  l'evacuazione" e una per gli "aiuti umanitari". Sulla prima variante gli autori ipotizzano che anche se la Gran Bretagna partecipasse a entrambe le missioni, nel tentativo di svolgere il proprio compito l'UE a 27 "si troverebbe in grande difficoltà". Se la Gran Bretagna dovesse restare fuori, allora sarebbe "molto difficile" eseguire le operazioni militari in maniera soddisfacente. La seconda variante, secondo gli autori, sarebbe chiaramente "fuori dalla portata degli Stati membri dell'UE". Il divario tra le capacità militari dell'UE e le esigenze militari è troppo ampio e implica che queste ultime vengano soddisfatte solo per circa un terzo. L'UE avrà bisogno del sostegno dei paesi terzi. Anche se ciò dovesse essere possibile, in questo modo non si potrà ottenere alcuna "autonomia strategica".

Piani di riarmo? "Inadeguati"

Gli autori dello studio ritengono che, anche nel caso in cui gli attuali piani di riarmo venissero attuati, l'UE anche nel 2030 non sarebbe in grado di disporre della capacità necessaria per la prima variante di schieramenti simultanei, almeno per quanto riguarda le forze aeree e navali. Nella seconda opzione, anche operando congiuntamente con la Gran Bretagna, non sarebbe comunque in grado di resistere. Lo studio quindi può anche essere inteso come un invito ad aumentare la spesa tedesca ed europea per gli armamenti.
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[1] S. dazu Der Start der Militärunion.
[2] S. dazu Strategische Autonomie.
[3] S. dazu Die Armee der Europäer
[4] S. dazu Die Koalition der Kriegswilligen (II)
[5] Zitate hier und im Folgenden: Douglas Barrie, Ben Barry, Henry Boyd, Marie-Louise Chagnaud, Nick Childs, Bastian Giegerich, Christian Mölling, Torben Schütz: Protecting Europe: meeting the EU's military level of ambition in the context of Brexit. London/Berlin, November 2018.


Criticità nell'impostazione dell'esercito EU (anonimo)

Questo blog rilancia un commento di altissimo livello lasciato pochi giorni fa da anonimo sul tema dell'esercito UE, che senza dubbio alza la media del blog. Quello dell'esercito europeo è infatti un tema fondamentale che al pari della moneta unica è destinato a spaccare ancora di più l'UE e a peggiorare i rapporti con America e Russia. Un ringraziamento ad anonimo per la riflessione.


Rilevo numerose criticità nell'impostazione dell'esercito EU così come auspicato dall'articolo:

1) Stanti passate esperienze di decisioni politiche spacciate per tecniche e sottratte al processo democratico, il vagheggiato "comitato di politici esperti di sicurezza, espressione dei parlamenti nazionali, che in tempi rapidi dovranno essere in grado di preparare e prendere decisioni" suona abbastanza sinistro. Non si dovrebbe dimenticare che, a parte le dichiarazioni di rito di difesa della democrazia, l'EU è un organismo che presenta evidenti deficit di democrazia. Demandare ad organismi tecnici le decisioni politiche è, oltre che altamente antidemocratico, anche pericoloso infatti nessuna nazione al mondo ha MAI lasciato la più politica delle decisioni (se, a chi, e quando, fare la guerra) in mano ad un organismo tecnico. 

2) La questione della gestione dell'arsenale nucleare, da me evidenziata in un altro intervento sul medesimo tema, risulta ancora totalmente indefinita. Non si tratta di una questione di poco conto. Dal momento che l'arsenale nucleare europeo sarebbe costituito dall'arsenale nucleare francese (essendo la Gran Bretagna fuori dall'UE), è molto difficile pensare che i francesi cedano il controllo del loro arsenale (che si sono pagati), senza chiedere sostanziose compensazioni in termini di peso decisionale e/o diritto speciale di veto sulle decisioni riguardanti l'impiego dell'esercito EU. Sarebbe interessante sentire il punto di vista francese sull'argomento.

3) Non si affronta minimamente la spinosa questione di se e come l'esercito EU possa venir usato per questioni interne all'EU tipo "law enforcing", "stabilizzazione", "pace keeping", sedazione rivolte. 

4) L'articolo rispecchia il tipico approccio germanico: parla diffusamente degli interessi della Germania senza confrontarsi con gli interessi degli altri paesi dell'unione. L'unico punto in cui si citano gli interessi non germanici è quello in cui si dice che "i singoli stati membri in futuro potranno essere costretti a sostenere una politica estera apertamente contraria ai loro interessi". Il che suona assai sinistro, specialmente per l'Italia. 

5) la proposta di abolire l'obbligo dell'unanimità va vista alla luce del fatto che la rappresentanza politica in EU è lo specchio dei rapporti di forza economici. Per capire come questo c'entri con la questione dell'unanimità, bisogna ricordare che quando si parla di Germania in realtà si sta parlando non solo della Germania in senso stretto, ma di tutto quel blocco economico che prima dell'euro si chiamava "area del marco tedesco" e che comprende Germania, Austria, Belgio, Olanda e Lussemburgo. Non è difficile capire che convergenti interessi economici siano motore di convergenti interessi politici, se pur con eccezioni anche notevoli (vedasi la posizione austriaca sull'immigrazione rispetto alla posizione tedesca). 

Essendo che i rapporti di forza economici sono già oggi molto sbilanciati a favore della Germania "largamente intesa", un passaggio dall'unanimità alla maggioranza determinerebbe un ulteriore rafforzamento dell'egemonia tedesca.

6) L'articolo non affronta la questione di chi dovrebbe mantenere finanziariamente l'esercito EU. Stanti i punti precedenti, perché un paese che rischia di vedersi costretto "a sostenere una politica estera apertamente contraria ai propri interessi" dovrebbe contribuire a mantenere lo strumento della propria stessa costrizione?


7) Non si chiarisce cosa si intende esattamente con "esercito europeo" e quale dovrebbe essere almeno a grandi linee la sua composizione. Una forza armata moderna è genericamente composta da 3 armi: esercito propriamente detto, una forza aerea ed una marina. E' evidente che paesi diversi hanno esigenze strategiche diverse. Ad esempio l'Austria, non avendo accesso al mare, non ha una neanche marina da guerra e non è interessata ad averla. All'opposto l'Italia, essendo una penisola, ha interesse ad avere una marina da guerra decisamente preponderante rispetto alla componente terrestre. Si pone quindi il problema di come evolverà nel tempo la composizione stessa dell'esercito europeo. 



Il rischio è di ritrovarsi, nel tempo, con uno strumento militare la cui stessa composizione di materiali sia tagliata a misura di una ristretta cerchia di paesi e poco o nulla impiegabile per gli altri. 

Per dare concretezza a quanto esposto si paragonino i numeri della marina tedesca con quelli della marina italiana: si vede chiaramente come l'impostazione della marina tedesca sia prettamente difensiva (avendo la Germania scarso accesso al mare). La marina italiana è invece molto più capace di interdizione d'area e proiezione di forza, come è ovvio per un paese protratto nel mediterraneo, aggredibile via mare e che storicamente ha prosperato con i commerci marittimi con la conseguente esigenza di difenderli.

Marina TEDESCA / ITALIANA
portaeromobili 0 / 2
incrociatori lanciamissili 0 / 4
fregate 10 / 12
corvette 5 / 1
pattugliatori d'altura 0 / 10
cacciamine 19 / 10
assalto anfibio 0 / 3
sottomarini 4 / 8

8) La visione data dall'articolo è totalmente autocentrica, come se la costituzione di una forza armata di rilevanza globale fosse una questione solamente interna all'UE, e non prende minimamente in considerazione la reazione del resto del mondo. Questa visione è per lo meno miope. Ci sono almeno 2 attori di rilevanza globale che verrebbero impattati dalla creazione di una forza armata europea, e sono USA e Cina. Già oggi vi sono notevoli segni di attrito USA-Germania e una indipendenza militare europea (leggasi: tedesca) che rendesse la politica estera tedesca meno dipendente da quella USA, sarebbe un ulteriore elemento di scontro.

Un altro elemento di sicuro scontro USA-UE introdotto dalle costituende forze armate europee, sarebbe il dominio del Mediterraneo. L'unione delle marine di Italia, Francia, Spagna e Germania costituirebbe una forza navale capace di una opposizione *credibile* alla VI flotta USA che è responsabile del controllo del mar Mediterraneo. Per comprendere come questo sia un terreno -anzi mare- di scontro, bisogna considerare che il Canale di Suez è un ganglio assolutamente vitale dei commerci mondiali: non è un caso infatti che la marina USA tenga la VI flotta di stanza nel mediterraneo e la V flotta nel Mar Arabico, cioè ai due lati della trafficatissima rotta commerciale che passa dal canale.

Sempre per la stessa ragione, la Cina avrebbe molto da temere da una marina europea capace -potenzialmente- di bloccare il canale, essendo questo la principale arteria di entrata delle merci cinesi in europa.

La posizione dell'Italia in un tale frangente sarebbe doppiamente delicata: a Napoli vi è la base della VI flotta e ciò rende l'Italia particolarmente importante per la politica USA nel mediterraneo. Al tempo stesso l'Italia è importante per una ipotetica marina europea essendo la seconda marina UE appena dopo quella francese.

Concludendo, se gli annunci sul costituendo esercito europeo non fossero solo propaganda elettorale in vista delle venture elezioni europee, possiamo stare certi che questo sarà un tema di scontro -anche molto duro- con gli USA.



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mercoledì 5 dicembre 2018

Egemonia à l'allemande

Secondo un'analisi della prestigiosa Deutsche Gesellschaft für Auswärtige Politik (DGAP) le responsabilità tedesche nella attuale crisi francese sarebbero molto chiare. Sono infatti le élite politiche ed economiche della Repubblica Federale che da anni tramite i volenterosi burocrati di Bruxelles fanno pressione per implementare anche in Francia un programma di riforme ispirato da Berlino. Ma il giovane Macron è in grande difficoltà, non solo sul fronte interno, ma anche sulla riforma della governance europea, dove ha disperatamente bisogno di portare a casa un risultato concreto in vista delle europee del prossimo anno. I tedeschi nel frattempo preferiscono temporeggiare. Ne parla il sempre ben informato German Foreign Policy.




Solleciti da Berlino

Che le misure di riforma che il presidente francese Emmanuel Macron ha iniziato ad attuare sin dal suo insediamento, il 14 maggio 2017, e che ancora oggi continua a portare avanti, corrispondano in larga parte a quelle stesse riforme richieste dalla Germania, lo sottolineava già la scorsa primavera in un breve documento di analisi la Deutsche Gesellschaft für Auswärtige Politik (DGAP). Macron nel settembre 2017 ha "approvato una riforma del mercato del lavoro che tra le altre cose riduce la tutela e rafforza gli accordi contrattuali aziendali e di settore" scriveva la DGAP. [1] Inoltre, "i contributi dei datori di lavoro sono stati ridotti ed è stato aumentato il contributo sociale generale (CSG)"; fatto che "fra i pensionati ha causato un certo malcontento". In seguito poi è stata affrontata "la riforma della società ferroviaria pubblica SNCF". Se fosse per Macron 'nessun elemento dello stato sociale francese dovrebbe restare intatto' si legge nell'analisi, sempre secondo il documento, il corso di "riforme interne" di Macron in Germania sarebbe particolarmente apprezzato dai liberali e dai conservatori: alla fine è stata proprio "la Germania a sollecitare l’attuazione delle riforme strutturali raccomandate dalla Commissione europea".



Elementi inseparabili

Il DGAP sottolinea che Macron ha iniziato il suo duro corso di riforme "à l'allemande" nella speranza che Berlino gli possa andare incontro sui temi della politica europea. Non da ultimo le sue misure erano finalizzate a presentare la Francia come un "partner affidabile" - "soprattutto in Germania" - "un paese che mantiene i suoi impegni e che quindi ha la legittima pretesa di aspirare alla leadership nell'UE", sostiene l'analisi della DGAP. [2] Tuttavia, come indicato dallo stesso piano di Macron, la riforma della governance "dell'UE dovrebbe contribuire al successo delle riforme interne". Perché il popolo francese "sarà disposto ad accettare ulteriori riforme solo se si convincerà che queste sono un bene per il futuro della Francia ..." - e che l'UE, che è ben nota per la sua insistenza su queste riforme, "non solo sostiene la liberalizzazione e l'indebolimento dello stato sociale ma è anche a favore della difesa e del miglioramento delle condizioni di vita". A tale riguardo, "le riforme interne e quelle della governance europea", che Macron persegue contemporaneamente, "dovranno essere considerate elementi inseparabili in cui il successo dell'una influenzerà anche l'altra". Che ora nonostante l'elevato "ritmo politico [...] delle riforme interne", nella politica europea non si muova nulla, "per il presidente francese ... si tratta di un problema serio".

Eurozona senza governo

Berlino intanto a livello europeo continua la sua politica di blocco nei confronti di Parigi, soprattutto in due ambiti di fondamentale importanza per Macron. Uno è la riforma della zona euro. Macron mira in linea di principio a standardizzare quanto piu' possibile un'area valutaria estremamente eterogenea, attraverso un determinato livello di redistribuzione. Ciò darebbe alle economie nazionali più deboli, specialmente quelle del sud dell'Eurozona, la possibilità di sperare in una ripresa. A beneficiarne sarebbero tuttavia anche i paesi del nord: una ripresa nel sud potrebbe aiutare a condurre la moneta unica in maniera duratura fuori dalla crisi. Macron spinge quindi per l'introduzione di un bilancio unitario, un ministro delle finanze dell'eurozonza e di altre misure analoghe, che in realtà Parigi chiede da sempre. Già nell'ottobre 2008 infatti il presidente Nicolas Sarkozy aveva chiesto di formare all'interno dell'Eurogruppo un "governo economico" per l’eurozona [3]. Il suo successore François Hollande aveva poi ripreso la stessa proposta nel luglio 2015. [4] Entrambi non vi sono riusciti a causa dell'opposizione di Berlino. Lo stesso ora vale per Macron. Il governo tedesco subito dopo il suo insediamento all'Eliseo lo aveva inizialmente tenuto in attesa con il pretesto della campagna elettorale federale; poi in seguito durante la lunga fase di formazione del governo la scusa era stata quella di uno spazio politico insufficiente per una riforma della zona euro. In questo modo Berlino è riuscita ad annacquare cosi' tanto i piani di Parigi che di fatto non è rimasto quasi nulla [6].



PESCO Versus IEI

Se la fiducia della popolazione francese nei confronti della riforma della zona euro, e quindi della possibilità di partecipare alla ridistribuzione delle risorse a favore del Sud, è venuta meno, allo stesso modo Berlino ha negato a Parigi anche un successo parziale su altri aspetti che Macron avrebbe potuto utilizzare per migliorare un po' la sua immagine tra i francesi. Si tratta della militarizzazione dell'UE. Vi è accordo tra i governi di entrambi i paesi sul fatto che l'UE dovrà avere una forza armata comune. Vi sono, tuttavia, controversie sull'ancoraggio istituzionale da dare alle truppe e sul calendario per la loro istituzione. Parigi ha fretta: per le missioni future, in particolare nella sua sfera di influenza africana, ha bisogno di ricevere il più rapidamente possibile sostegno e di non essere frenata da quei paesi che - come i paesi dell'Europa orientale - nel continente africano non hanno alcun interesse strategico. Macron pertanto sostiene con forza l'Iniziativa di Intervento Europeo (IEI), che dal punto di vista formale potrebbe operare in maniera del tutto indipendente e già ora sarebbe in grado di elaborare dei piani per eventuali missioni [7]. Berlino, invece, chiede con forza un ancoraggio "dell'esercito degli europei" all'interno della UE e un sistematico ricongiungimento delle truppe alle basi militari per avere a disposizione a lungo andare una forza militare per quanto possibile grande e potente. Lo strumento scelto è la PESCO. [8] Sebbene la Repubblica Federale partecipi all'IEI, iniziativa fondata da Parigi, Berlino in questo ambito agisce principalmente da freno e continua a negare a Macron quel successo in termini di immagine di cui tanto avrebbe bisogno.

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Già ad aprile, la DGAP avvertiva che Berlino deve tener conto "del grande rischio a cui Macron sta andando incontro con il suo processo di cambiamento": "Le riforme impopolari devono essere legittimate ... tramite un rapido successo "; se questo venisse a mancare, Macron sarebbe in pericolo. [9] Non a caso il 10 maggio di quest'anno il presidente francese ha ricevuto il prestigioso premio Carlo Magno ad Aachen. Tuttavia il breve momento di splendore politico ottenuto con la cerimonia di premiazione non può essere considerato un ragionevole sostituto di un duraturo successo politico. La scorsa settimana la DGAP ha nuovamente avvertito: Macron ha disperatamente bisogno che "il successo nell'UE sia credibile per poter andare avanti con le sue riforme in Francia"; da ciò dipende - non da ultimo in considerazione delle prossime elezioni del Parlamento europeo - anche "la sua autorità come fonte di ispirazione e leader del campo pro-europeo" all’interno dell'Unione [10]. Berlino tuttavia non è disponibile a fare qualsiasi concessione. Per il suo profitto immediato, la potenza egemone dell'UE è pronta a mettere a repentaglio anche il benessere del suo alleato più stretto.





[1], [2] Claire Demesmay, Julie Hamann: Der gebremste Präsident. DGAPstandpunkt Nr. 11, April 2018.
[3] Berlin: Sarkozy könnte die EU spalten. faz.net 24.10.2018.
[4] Albrecht Meier: Unions-Fraktionsvize Friedrich erteilt Hollandes Vorschlag Abfuhr. tagesspiegel.de 20.07.2015.
[5] S. dazu Zuverlässig ausgebremst.
[6] S. dazu Das Eurozonen-Budget.
[7] S. dazu Die Koalition der Kriegswilligen und Die Koalition der Kriegswilligen (II).
[8] S. dazu Der Start der Militärunion und "Eine echte europäische Armee".
[9] Claire Demesmay, Julie Hamann: Der gebremste Präsident. DGAPstandpunkt Nr. 11, April 2018.
[10] Claire Demesmay: Macrons Kampfruf für den Progressivismus. Frankreich vor der Europawahl. DGAPstandpunkt Nr. 23, November 2018.

domenica 2 dicembre 2018

"L'esercito europeo non è questione del se, ma solo del come"

Prosegue lo sforzo delle élite politiche e militari di Berlino per la costituzione di un esercito europeo dietro il quale poter nascondere le ambizioni della potenza europea dominante. La nuova forza europea dovrà essere controllata direttamente da Bruxelles, non richiederà l'unanimità dei paesi membri e soprattutto avrà bisogno di una nuova narrativa militarista europea. Ne parla il sempre ben informato German Foreign Policy


Unione militare in divenire

Il ministro della difesa tedesco Ursula Von der Leyen ieri (mercoledì 28-11) in occasione della chiusura della Conferenza sulla sicurezza di Berlino ha promesso nuovi passi verso la costruzione di un "esercito degli europei". Come spiegato dalla Von der Leyen, "l'autonomia strategica" dell'UE, da raggiungere con le proprie forze armate, "non è una piu' una questione del se, ma solo del come": "l'Unione europea della difesa è un processo in divenire"[1]. Nel prossimo futuro, tuttavia, sul tema bisognerà affrontare delle questioni alquanto delicate. Così ad esempio per le future missioni dell'UE sarà necessario creare una "propria capacità di leadership", oltre a quelle della NATO. Inoltre, le strutture decisionali dovranno essere semplificate. Le riserve a disposizione del parlamento tedesco non dovranno essere completamente messe da parte, ma ridisegnate: a Bruxelles dovrà si dovrà creare un "comitato di politici esperti di sicurezza, espressione dei parlamenti nazionali", che in tempi rapidi dovranno essere in grado di preparare e prendere decisioni - relativamente alla guerra o alla pace. Inoltre nella politica estera dell'Unione Europea sarà necessario abolire l'obbligo dell'unanimità: "in materia di politica estera dovrà essere possibile prendere decisioni europee supportate da un'ampia maggioranza". In questo modo i singoli stati membri in futuro potranno essere costretti a sostenere una politica estera apertamente contraria ai loro interessi.


Autonomia strategica

Lo sviluppo futuro "dell'esercito degli europei" è già stato delineato all'interno del dibattito dell'establishment della politica estera tedesca. Per ottenere una maggiore "autonomia strategica", "l'Europa dovrà occuparsi della sicurezza strategica molto più di quanto non abbia fatto fino ad ora, forse addirittura in maniera completa" chiedeva ad esempio a gennaio Jan Techau, capo del programma europeo del German Marshall Fund of the United States. [2] Cio' dovrebbe riguardare non solo le armi convenzionali, ma anche "l'organizzazione della deterrenza nucleare in Europa". [3] A sua volta dovrà essere "accompagnato da una maggiore attività e competenza in termini di intelligence da parte dell'UE". Con lo "spostamento degli atti offensivi verso il settore delle tecnologie dell'informazione, della guerra ibrida, dei media e nella formazione delle opinioni" sarà quindi necessario "estendere la garanzia della sicurezza europea ad aree in cui attualmente l'Europa non viene considerata una delle principali potenze al mondo" commenta Techau. In questi ambiti "gli europei in futuro, e in primo luogo la Germania, dovranno offrire qualcosa che vada ampiamente oltre ciò che l'America ha fatto finora." La "portata del compito", impone che in futuro "nelle università tedesche venga insegnata la strategia...e che vi sia un corso di formazione obbligatorio sulla strategia per tutti i funzionari pubblici di livello superiore al B6". Non da ultimo, in futuro ci dovrà essere "un comitato di sicurezza federale a mettere insieme i diversi settori dell'azione ministeriale sulle questioni chiave" in modo da "offrire alla Cancelleria di Berlino una consulenza strategica approfondita".

Il boom dei budget militare occidentali

Gli esperti della Conferenza sulla sicurezza di Berlino hanno anche espresso preoccupazioni in merito alla possibilità che il "vantaggio in materia di difesa" dell'Occidente nei confronti della Russia e della Cina possa "erodersi" [4]. Entrambi i paesi "si sono rafforzati" in termini di armamenti, secondo Jürgen Beyerer, presidente del gruppo Fraunhofer per la difesa e la sicurezza presso il Fraunhofer IOSB (istituto di ricerca). Le precondizioni sarebbero state create dall'aumento delle spese militari. In realtà Cina e Russia per i loro eserciti spendono molto meno rispetto a quanto non facciano le potenze occidentali. Questo è dimostrato dai dati dell'International Institute for Strategic Studies. Secondo questi dati il budget militare statunitense nel 2017 ammontava a 602,8 miliardi di dollari, quello della Cina era di solo 150,5 miliardi e la Russia spendeva solo 61,2 miliardi di dollari - un decimo del bilancio militare statunitense. La Russia spenderebbe per la difesa meno dell'Arabia Saudita, che destina all'esercito 76,7 miliardi di dollari. Da soli, i quattro paesi dell'UE con i più grandi budget militari, solo nel 2017 per le loro forze armate hanno speso 163,9 miliardi di dollari, più della Cina e quasi tre volte la Russia. La Germania sta aumentando in maniera massiccia il suo budget militare, ampliandolo dai 34 miliardi di euro del 2015 ai 38,9 miliardi quest'anno, mentre il prossimo anno destinerà alla Bundeswehr 43,2 miliardi di euro. Inoltre Berlino per il futuro ha già messo a bilancio altri miliardi di euro a favore dei costosi progetti di riarmo. Il nuovo "profilo di capacità" della Bundeswehr mostra, infatti, che il budget tedesco per la difesa è destinato a salire fino a circa 60 miliardi di euro entro il 2023 [6]. La Germania in questo modo spenderà per le sue forze armate piu' di quanto non faccia la Russia oggi. (...)

Una "narrativa europea"

Infine, ma non meno importante, gli esperti stanno riflettendo sul modo in cui si potranno comunicare alla popolazione le future guerre europee. Ad esempio, Géza Andreas von Geyr, capo del Dipartimento di politica del ministero federale della difesa, durante la tavola rotonda alla Conferenza sulla sicurezza di Berlino ha affermato: "abbiamo bisogno di una comune narrativa europea" con la quale "il concetto di una Unione europea della difesa possa essere trasferito in maniera approfondita alla società civile dei cittadini europei". Bisognerà tenere in considerazione il fatto che potremmo trovarci di fronte ad un "uso anche massiccio dell'esercito degli europei" [10]. In questo caso, la "narrativa" dovrebbe contribuire, se possibile, anche a contrastare ogni potenziale opposizione alle future guerre dell'UE.

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[1] Rede der Verteidigungsministerin zur Eröffnung der Berlin Security Conference. bmvg.de 27.11.2018
[2] Jan Techau: Strategiefähigkeit und Weltschmerz. Die deutsche Außenpolitik bis 2030. deutschland-und-die-welt-2030.de.
[3] S. dazu Die deutsche Bombe und Die nukleare Frage.
[4] Adrian Bednarski: Erosion des westlichen Verteidigungsvorsprungs? behoerden-spiegel.de 28.11.2018.
[5] Warum die Welt wieder mehr Geld für Militär ausgibt. orange.handelsblatt.com 19.02.2018.
[6] S. dazu Die Kosten der Weltpolitik (II).
[7] Katarina Heidrich: "Partner sein über den Ozean hinaus". behoerden-spiegel.de 28.11.2018.
[8] Adrian Bednarski: Verteidigung zwischen 5G und KI. behoerden-spiegel.de 27.11.2018.
[9] Ayad Al-Ani, Jörg Stenzel: Verteidigungsplattformen als Streitkräfte der Zukunft. deutschland-und-die-welt-2030.de.
[10] Übergreifende politische Kultur notwendig. bmvg.de 27.11.2018.


venerdì 16 novembre 2018

Il sogno tedesco di un esercito europeo

Quando si tratta di mettere in comune i debiti con i sud-europei, dalla Germania arriva puntuale il solito "coro di Nein". Quando invece si parla di dotare l'UE di un vero esercito europeo arriva un bel "coro di Ja" e tanto entusiasmo. Tutto questo entusiasmo per il presunto esercito europeo probabilmente è solo il dito dietro il quale la politica tedesca vorrebbe nascondere le proprie ambizioni: affiancare alla grande potenza esportatrice un esercito in grado di difendere gli interessi tedeschi su scala globale per trasformare il gigante economico in un gigante politico. Ne parla un ottimo German Foreign Policy.


Forza militare come nuova spina dorsale dell'UE

La creazione di una forza militare comune europea da molto tempo è uno degli obiettivi della politica europea di Berlino. "Nell'UE ... dobbiamo andare verso un esercito comune europeo", sosteneva ad esempio già nel marzo 2007 la Cancelliera Angela Merkel in un'intervista alla Bild Zeitung. [1] In maniera identica si esprimeva anche la SPD. Si tratta "di far partire un processo di sviluppo, il cui sbocco sarà un esercito europeo", era scritto in un documento del gruppo di lavoro sulla difesa della frazione parlamentare della SPD: "gli eserciti nazionali saranno ... sempre più una reliquia del secolo scorso" [2].  I vertici politici tedeschi hanno continuato ad avanzare questa richiesta con regolarità. A volte il concetto viene collegato con un altro messaggio: le truppe europee congiunte potrebbero aiutare a saldare l'UE in maniera ancora piu' forte. Il "progetto europeo per una politica di sicurezza e di difesa comune" sarà "il motore per una ulteriore integrazione europea", aveva dichiarato l'allora ministro degli esteri tedesco Guido Westerwelle nel febbraio 2010. [3] Qualche tempo dopo su di un influente quotidiano tedesco ritenuto di orientamento liberale (sueddeutsche.de) si poteva leggere: "un esercito permanente per l'unione di tutti gli Stati sarebbe qualcosa di simile a una nuova spina dorsale per tutta l'Europa" [4] Il concetto era stato ribadito anche nel dicembre 2017 dal Ministero della Difesa tedesco in occasione dell'avvio del processo per la creazione delle strutture militari comuni ("PESCO"): "con la comunità di difesa dell'UE, il processo di integrazione dell'UE sta vivendo un nuovo impulso" [5].

"Ridurre le riserve parlamentari"

Nei giorni scorsi il presidente francese Emmanuel Macron ha rilanciato la richiesta di creare un esercito europeo. L'occasione è stata il lancio da parte di Parigi della sua Iniziativa di Intervento Europeo (Initiative européenne d'intervention, IEI). [6] A tal proposito Macron ha ribadito che è giunto il momento di costituire "un vero esercito europeo": "l'Europa" dovrà essere in grado di potersi "difendere senza dipendere interamente dagli Stati Uniti". Anche i vertici politici tedeschi hanno espresso il loro sostegno. Proprio nel fine settimana il leader della Spd Andrea Nahles si è espressa a favore di un "esercito europeo": "dobbiamo farla finita con i piccoli stati". Katarina Barley, il ministro della Giustizia e candidato SPD alle elezioni europee ha detto che le forze militari congiunte sarebbero una "vera assicurazione sulla vita per l'Europa". [7] Il presidente della Commissione affari esteri del Bundestag, Norbert Röttgen (CDU), si è unito al coro dichiarando: "senza capacità militari congiunte", ha detto, "la politica estera europea comune non potrà essere presa sul serio" [8]. Il Segretario Generale della CDU Annegret Kramp-Karrenbauer a sua volta ha collegato la richiesta con la proposta di limitare il potere legislativo del Bundestag in materia di operazioni militari. "Credo che un esercito europeo abbia senso", ha detto Kramp-Karrenbauer, candidata alla segreteria della CDU  come successore di Angela Merkel: "lungo il percorso che ci porta a questo obiettivo, dovremo ridurre le prerogative a disposizione del Bundestag in materia di schieramento all'estero delle truppe della Bundeswehr"[9].

"Essere in condizione di agire"

Dopo richieste cosi' serrate da parte dei politici di spicco come non era mai accaduto prima - lunedì anche il Ministro della Difesa Ursula von der Leyen si è espressa ancora una volta a favore di un "esercito europeo" [10] - è arrivato il turno della cancelliera tedesca Angela Merkel davanti al Parlamento europeo. "Dobbiamo lavorare alla visione di avere un giorno un vero esercito europeo", ha detto Merkel martedì. Sicuramente un "esercito europeo non sarebbe un esercito contro la NATO": "Nessuno vuole mettere in discussione i legami tradizionali". Ma "l'Europa" non può più fare affidamento incondizionato sugli "altri" - vale a dire gli Stati Uniti. "L'Europa" dovrà quindi essere in grado di agire. [11]

PESCO Versus IEI

Mentre si fanno sempre più forti le richieste per creare una forza europea, aumenta anche la pressione per presentare dei risultati e proseguono senza sosta le lotte di potere fra francesi e tedeschi su alcuni degli elementi chiave del progetto. Come ha ribadito lunedi il Ministro della Difesa von der Leyen, il governo di Berlino continua a puntare sulla possibilità di unire le forze armate europee agendo dal basso; questo dovrebbe avvenire nel quadro della PESCO e sotto l'ombrello del Framework Nations Concept della NATO, all'interno del quale la Bundeswehr ha già intensificato la sua cooperazione con le truppe dei Paesi Bassi, della Repubblica Ceca e della Romania, oppure con un paese non-UE ma solo NATO come la Norvegia. La Francia invece con la IEI punta su operazioni congiunte e rapide e su di una fusione delle forze armate che dovrebbe avvenire nella pratica militare (german-foreign-policy.com[12]). Nel suo progetto tuttavia la Francia riceve solo il sostegno del Belgio. Il ministro della Difesa belga Steven Vandeput ha infatti firmato insieme al suo omologo francese Florence Parly un accordo che prevede una stretta collaborazione tra le forze di terra di entrambi i paesi. Come conseguenza il Belgio non solo si è impegnato ad acquistare 382 veicoli corazzati Griffon e 60 carri da ricognizione Jaguar - esattamente i modelli utilizzati dall'esercito francese - ma avvierà una collaborazione congiunta anche nel campo della formazione e nel comando delle truppe e in numerosi altri aspetti con le forze di terra francesi. I militari parlano di una cooperazione senza precedenti tra i due paesi [13]. Come conseguenza, nella lotta di potere tra Berlino e Parigi, si rafforza il polo francese.

"Comprate armi europee!"

I disaccordi proseguono anche nel campo della cooperazione per l'acquisto delle armi. Il presidente Macron, che insieme alla cancelliera Merkel spinge verso una concentrazione dell'industria europea della difesa, domenica si è lamentato: "quello che non voglio vedere sono paesi europei che aumentano il loro budget per la difesa, per poi comprare armi dagli Stati Uniti o da altri paesi." [14] Si riferiva probabilmente al fatto che il Belgio nel mese di ottobre ha deciso di non acquistare gli Eurofighter o gli aerei da combattimento Rafale, ma gli F-35 americani - come hanno fatto la Gran Bretagna, l'Olanda e l'Italia. La ragione risiede anche nel fatto che i produttori europei non sono in grado di produrre caccia da combattimento di ultima generazione come gli F-35. Senza dubbio Berlino e Parigi hanno deciso di produrre insieme un jet da combattimento e di concepirlo come un sistema da combattimento (Future Combat Air System, FCAS), tuttavia, il progetto è attualmente bloccato da discussioni inerenti non solo la leadership industriale, ma anche la distribuzione degli ordini e non da ultimo le licenze per l'esportazione [15]. Il disaccordo sulle esportazioni di armi colpisce anche il carro armato franco-tedesco sviluppato dalla neo-costituita KNDS, allenza strategica fra la tedesca Krauss-Maffei Wegmann e la francese Nextei. La joint venture tuttava necessita già di chiarimenti: "lo sviluppo a lungo termine e le vendite del Gruppo KNDS dipenderanno anche dall'atteggiamento del governo tedesco e francese in merito alle esportazioni di tecnologia per la difesa", si legge in una recente relazione sulla gestione della holding Kasseler-Wegmann [16]. Se dovesse costituirsi una forza comune europea con una base industriale e militare nell'UE, ci troveremo allora di fronte a delle dure lotte di potere tra Francia e Germania per aggiudicarsi gli ordini nel settore della difesa.



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[1] "Die europäische Einigung ist auch heute noch eine Frage von Krieg und Frieden". Bild 23.03.2007. S. auch Eine Frage von Krieg und Frieden in Europa.
[2] Daniel Friedrich Sturm: Merkel will "gemeinsame europäische Armee". welt.de 23.03.2007.
[3] S. dazu Der Krieg, Europas Rückgrat.
[4] Zeit für eine europäische Armee. sueddeutsche.de 13.07.2010.
[5] Einstieg in die Verteidigungsunion. bmvg.de 08.12.2017. S. dazu Der Start der Militärunion.
[6] S. dazu Die Koalition der Kriegswilligen (II).
[7] Nahles will eine europäische Armee und den Abschied von Hartz IV. handelsblatt.com 10.11.2018.
[8], [9] Donata Riedel: Macron will eine europäische Verteidigung - Der Bundesregierung geht das zu weit. handelsblatt.com 12.11.2018.
[10] Von der Leyen plädiert für eine "Armee der Europäer". sueddeutsche.de 12.11.2018.
[11] Merkel fordert "echte europäische Armee" - Buhrufe und Applaus. welt.de 13.11.2018.
[12] S. dazu Die Koalition der Kriegswilligen (II).
[13] Nicholas Fiorenza: Belgium signs motorised capability co-operation agreement with France during first European Intervention Initiative ministerial. janes.com 12.11.2018.
[14] Merkel fordert "echte europäische Armee" - Buhrufe und Applaus. welt.de 13.11.2018.
[15] Thomas Hanke, Donata Riedel: Future dims for Franco-German combat air system as companies squabble. global.handelsblatt.com 07.11.2018.
[16] Gerhard Hegmann: Auf dem Weg zum europäischen Superpanzer. welt.de 06.11.2018.