Hans Werner Sinn, ormai in pensione, torna ad attaccare la BCE a guida italiana: il QE è solo un programma per ridurre l'indebitamento del sud Europa a spese dei tedeschi. Da hanswernersinn.de
In risposta al referendum italiano il consiglio direttivo della BCE ha approvato un'estensione del suo programma di acquisti (QE) mediante il quale la politica di rientro dal debito dei paesi del sud verrà fatta passare come una presunta politica monetaria. Il programma QE era iniziato nel marzo 2015 e sarebbe dovuto durare fino al marzo 2017. Il piano prevedeva l'acquisto sul mercato da parte delle banche centrali di obbligazioni in Euro per un valore di 1.74 trilioni di Euro, di cui circa 1.4 trilioni di Euro per l'acquisto di obbligazioni emesse dagli stati stessi.
Sebbene il QE apparentemente sembrerebbe essere applicato in maniera simmetrica, visto che ogni banca centrale acquista i propri titoli di stato in base alle dimensioni della propria economia, i suoi effetti non sono simmetrici. I titoli di stato dei paesi del sud Europa vengono in larga parte ricomprati da venditori esteri, i quali li avevano in precedenza acquistati finanziando l'indebitamento degli stati. Di fatto vengono riportati nel paese di emissione.
Cosi ad esempio la Banca de España mentre aspira titoli di stato spagnoli da tutto il mondo sta riducendo il debito dello stato spagnolo nei confronti dei suoi creditori privati. Per fare questo deve chiedere alle altre banche dell'Eurosistema, soprattutto alla Bundesbank, ma anche alla banca centrale olandese, di farsi accreditare nuovi Euro per poterli consegnare ai venditori dei titoli di stato spagnoli. Quando i venditori non sono nell'area Euro, chiede in alternativa aiuto anche alla BCE.
Si tratta spesso di operazioni triangolari, dove il denaro ottenuto dalla vendita dei titoli di stato viene trasferito dai venditori verso l'Olanda o la Germania, in modo da poterlo mettere in sicurezza. Una parte significativa del denaro trasferito viene poi utilizzato per l'acquisto di aziende o azioni, fatto chiaramente percepibile osservando i dati sugli investimenti diretti. La Bundesbank e la banca centrale olandese non solo devono accreditare i trasferimenti diretti dalla Spagna, ma anche quei trasferimenti dai paesi terzi causati indirettamente dal QE.
I crediti concessi dalla Bundesbank o dalla banca centrale olandese vengono registrati come crediti nei confronti del sistema Target. Alla fine di ottobre il loro valore ammontava a circa 808 miliardi di Euro, dei quali 708 miliardi erano la quota di Bundesbank. Ieri si è poi saputo che i crediti Target della Bundesbank nel solo mese di novembre sono cresciuti di ulteriori 46 miliardi di Euro. Con una somma pari a 754 miliardi di Euro hanno raggiunto il livello piu' alto di sempre. Il picco precedente era stato raggiunto al culmine della crisi nell'estate del 2012 con un valore pari a 751 miliardi di Euro.
I crediti Target della Bundesbank rappresentano ormai quasi la metà (49%) delle attività nette sull'estero tedesche. Al contrario, i debiti Target dei paesi sud-europei, Grecia, Italia, Portogallo e Spagna (GIPS) alla fine di ottobre avevano raggiunto 811 miliardi di Euro. Per i paesi GIPS queste transazioni sono un affare: possono scambiare titoli con una scadenza, un rendimento da pagare e in mano a investitori privati potenzialmente problematici con un debito puramente contabile, senza interessi, senza scadenza e nei confronti della loro banca centrale - istituzioni che secondo il Trattato di Maastricht avrebbero dovuto avere una responsabilità limitata e senza alcun obbligo di intervenire con pagamenti aggiuntivi.
Se il sistema dovesse saltare e questi paesi dovessero uscire dall'Euro, le banche centrali nazionali sarebbero fallite, in quanto i loro saldi Target sono denominati in Euro e i loro crediti nei confronti dei rispettivi stati e delle banche nazionali sarebbero convertiti nella nuova moneta svalutata. I crediti Target si dissolverebbero nell'aria, la Bundesbank e la banca centrale olandese potrebbero solo sperare che le altre banche centrali rimanenti intendano partecipare alle perdite. In un modo o nell'altro, i tedeschi e gli olandesi che hanno venduto i loro asset, e che ora si ritrovano in tasca un bel po' di soldi, scoprirebbero di avere in mano dei meri pezzi di carta, non coperti, nei confronti delle loro banche centrali.
Nessuno sembra pero' auspicarsi il crollo del sistema. Per i prossimi negoziati sull'unione fiscale europea, previsti nel 2018, con annesso un sistema per il trasferimento dal Nord al Sud, non sarà certo un male per il governo tedesco essere al corrente dei possibili pericoli nel caso in cui decida di non firmare gli accordi.