lunedì 21 gennaio 2013

Cercasi salvatore per il denaro degli oligarchi


Cipro è il prossimo, e i GIPSI diventano GIPSIZ (Zypern, in attesa della Slovenia). Le banche dell'isola dopo aver fatto affari con il denaro degli oligarchi russi, ora dovranno essere salvate dal contribuente europeo. Da Handelsblatt
Russi facoltosi hanno nascosto nelle banche di Cipro circa 20 miliardi di Euro - ora le banche in difficoltà devono essere ricapitalizzate con il denaro dei contribuenti europei.

Menu' russi nei ristoranti, istruzioni di sicurezza sugli ascensori in russo, assistenti alle vendite che parlano russo nelle gioiellerie e nelle pelliccerie: non c'è da sorprendersi se gli abitanti della città portuale Limassol l'hanno rinominata "Limassolgrad".

Ma anche nelle banche di Cipro si parla russo, perché qui i russi sono clienti importanti e sempre benvenuti. Secondo le informazioni della Banca centrale cipriota i cittadini non EU dispongono presso le banche dell'isola di depositi per circa 20.8 miliardi di Euro. La maggior parte di questi sono riconducibili ai russi. Il flusso di denaro verso Cipro è iniziato dopo la fine dell'Unione Sovietica. Nel frattempo il numero di società off-shore registrate sull'isola è cresciuto fino ad oltre 40.000. Dietro di queste molto spesso si nascondono facoltosi russi, ci spiega un addetto ai lavori. Che non tutto il denaro russo sui conti ciprioti sia stato guadagnato onestamente e tassato secondo le leggi, e' una presunzione naturale, in un paese dove la corruzione è dilagante.

Poche settimane fa è stato reso pubblico un rapporto interno del Bundesnachrichtendiensts BND (servizi informativi tedeschi), dove si parla addirittura di circa 20 miliardi di Euro di  patrimoni russi depositati sui conti di Cipro - una grossa parte sarebbe denaro sporco degli oligarchi, da ripulire sull'Isola. 

Nelle statistiche sulle relazioni economiche con la Russia, Cipro è molto in alto. Le società russe investono a Cipro, e da qui il denaro torna a fluire di nuovo verso l'est. Cosi' il mini stato è in prima posizione per gli investimenti in Russia. Solo nella prima metà del 2012 sono stati oltre 54 miliardi di Euro. Il diritto societario britannico, in vigore a Cipro, rende abbastanza facile per gli uomini d'affari fondare società e nasconderne la struttura. 

Chi ha denaro a sufficienza puo' anche stabilirsi sull'isola. Per avere un passaporto o un visto della categoria F, corrispondente a un permesso di soggiorno permanente, è necessario investire a Cipro almeno 10 milioni di Euro, avere un'azienda che fattura oltre 10 milioni di Euro oppure investire per cinque anni almeno 15 milioni di Euro. Molti milionari, per i quali la Russia non offre sufficienti certezze giuridiche oppure a causa  dell'incertezza politica, utilizzano volentieri questa possibilità: secondo BND, sono almeno 80 gli oligarchi ad averne già approfittato. Altre stime sul numero di russi nel paese o sui cittadini di origine russa parlano di un numero ancora maggiore.

Ma ora i miliardi russi stanno diventando un problema per Cipro. Il settore bancario dell'isola, che nei tempi migliori contava per circa i due terzi dell'economia e il cui totale delle attività era pari a 9 volte il PIL, è a un passo dal tracollo. Con il taglio del debito pubblico nella vicina Grecia le banche cipriote hanno subito pesanti perdite. Altri miliardi di perdite sono arrivati con la svalutazione dei crediti verso il settore privato greco, verso cui le banche cipriote avevano concesso un quarto dei loro prestiti. Ora le due banche principali dell'isola devono essere ricapitalizzate con circa 10 miliardi di Euro. Per Cipro sarà impossibile reperire con le proprie forze una tale somma, pari al 60% del PIL. Il denaro dovrà arrivare dal fondo di salvataggio europeo.

Che il contribuente europeo con gli aiuti finaziari, in ultima analisi, debba salvare anche il denaro sporco dei russi, non è il solo problema. L'isola, che dal 2004 fa parte dell'EU e che nel 2008 è entrata a far parte dell'Eurozona, è considerata un paradiso fiscale. La bassa tassazione sulle società, pari a solo il 10 %, per molti politici europei è un pugno nell'occhio come del resto il molto esteso e ben protetto segreto bancario. E' vero che Cipro in seguito all'ingresso nella EU ha introdotto una serie di leggi contro la corruzione e il riciclaggio di denaro. I critici tuttavia sostengono che di fatto è cambiato molto poco.

Anche il presidente ciprota Dimitris Christofias si mostra poco disponibile verso le riforme. La EU pretende che Cipro privatizzi le imprese di stato, per ridurre il debito, come contropartita per i salvataggi. Ma l'ex comunista Christofias, che in epoca sovietica si è formato a Mosca, rifiuta con decisione la proposta. La EU deciderà percio' sul pagamento degli aiuti a Cipro solo dopo le elezioni presidenziali del 17 febbraio. Christofias non si presentarà, e il probabile successore sarà il conservatore Nikos Anastasiadis. Ma il tempo a disposizione di Cipro è poco, il denaro si sta per esaurire: secondo il ministro delle finanze Vassos Shiarly a fine marzo le casse saranno vuote.

Una recente richiesta di aiuto a Mosca non ha portato il successo sperato. Già nel 2011 la Russia aveva concesso a Cipro un credito di 2.5 miliardi di Euro. La scorsa estate Mosca ha ricevuto una richiesta di aiuto da Nicosia, questa volta per 5 miliardi di euro. Il pagamento avrebbe dovuto migliorare anche la posizione di Cipro nei negoziati sui pacchetti di salvataggio da Bruessel. Nel recente incontro EU-Russia di dicembre, il presidente Wladimir Putin non ha escluso ulteriori aiuti. Ha tuttavia chiarito che è compito dei partner europei decidere sulle regole per il finanziamento a Cipro.

domenica 20 gennaio 2013

Lafontaine: SPD e Verdi corresponsabili per i suicidi nel sud Europa


Le cronache parlamentari ci raccontano che fra i partiti della sinistra tedesca si alza il livello dello scontro sugli Eurosalvataggi. Sullo sfondo la campagna elettorale per la Bassa Sassonia. Da Der Tagesspiegel 
La Linke accusa la SPD e i Verdi di essere corresponsabili per i sucidi nel Sud Europa - l'accusa innervosisce anche alcuni compagni di partito.

Stava andando abbastanza bene con la nuova strategia di  leadership della Linke: SPD e Verdi hanno fatto numerose proposte per una cooperazione politica nel governo federale. E anche se entrambe le parti non erano andate molto lontano, i presidenti Katja Kipping (Linke) e Bernd Riexinger (Linke) avevano tenuto sempre aperte le porte del dialogo. Da giovedi' sembra pero' che questa strategia sia stata spazzata via. Il capo economista della Linke, Michael Schlecht, nel dibattito al Bundestag sulla relazione economica annuale, ha accusato SPD e Verdi: con le vostre politiche di salvataggio state spingendo i sud Europei verso la morte.

"La politica tedesca sta tracciando un vasto solco di sangue nel sud Europa".

"E' uno scandalo", ha detto Schlecht, e sullo stesso tema ha lanciato un'altra dura critica l'ex leader del partito Oskar Lafontaine durante un'intervista alla ARD.  Lunedi al "Morgenmagazin" ha dichiarato che SPD e Verdi si sono allontanati dal concetto di giustizia sociale e hanno esteso l'Agenda 2010 a tutta l'Europa. Si sono resi "corresponsabili" per "i suicidi nel sud Europa. Questo per noi è un tema importante, che mi rende davvero molto triste".

Ad un primo sguardo queste accuse non sono coerenti con cio' che Lafontaine solo domenica scorsa aveva detto davanti ai membri del partito. In occasione dell'avvio dell'anno politico della Linke aveva assicurato di sostenere con forza il corso di Kipping e Riexinger: "SPD e Verdi non possono governare da soli, farebbero solo stupidaggini".E la compagna di Lafontaine, Sahra Wagenknecht, dovrebbe avere un ruolo centrale in Niedersachsen, avviare trattative di coalizione dopo una vittoria dei rosso-verdi o addirittura accettare un ministero?

Nella Linke non tutti sono rimasti sorpresi dalle esternazioni di Lafontaine e Schlechts. "Non tutti gli inasprimenti verbali rafforzano l'argomento", ha dichiarato il politico Stefan Liebich (Linke) al Tagesspiel. Secondo il vice presidente del partito Jan van Aken, Lafontaine "ha chiaramente definito la sua posizione, come io non sarei stato capace di fare". Su Schlecht non ha invece voluto dire niente. Riexinger (Linke) ha constatato: "dichiarazioni molto dure sono a volte necessarie per portare l'attenzione sui problemi. Ma una discussione politica molto forte e una riflessione su un'opzione politica a sinistra non sono in contraddizione". Anche il presidente del gruppo parlamentare Gregor Gysi non ha voluto attaccare pubblicamente i suoi compagni di partito. Con il suo discorso di 11 minuti al Bundestag ha già detto tutto il necessario sul tema, ha spiegato un portavoce. Un altro membro di spicco del partito ha definito il  tema "un reale problema strategico", il fatto che tra SPD e Linke "ci sia una notevole sovrapposizione dell'elettorato potenziale ".

Gli aggrediti sono invece indignati. "Campagna elettorale a basso costo", replicano i Verdi. Il parlamentare dei Verdi Volker Beck ha twittato: la polemica della Linke è "incredibile" e "antidemocratica". Il segratrario generale SPD Andrea Nahles ha parlato di uno "stato di disperazione e odio". "Per Lafontaine in campagna elettorale ogni mezzo sembra legittimo". Posizione confermata anche dal leader SPD Sigmar Gabriel. In un'intervista alla ARD ha escluso ogni coalizione rosso-rosso nel governo federale. La Linke è "un partito diviso al proprio interno", con cui "non sarà possibile guidare insieme la piu' grande economia d'Europa".

sabato 19 gennaio 2013

L'amicizia incrinata


Il Trattato dell'Eliseo compie 50 anni e German Foreign Policy, osservatorio sulla politica estera tedesca, fa un'analisi sullo stato delle relazioni fra Francia e Germania: la finzione di due potenze di pari livello dovrà prima o poi finire, la moneta unica ha reso evidente l'egemonia tedesca.
Poco prima delle celebrazioni per il cinquantesimo anniversario del Trattato dell'Eliseo gli esperti di politica estera di Berlino fanno un bilancio sullo stato delle relazioni franco-tedesche. Il rapporto fra Parigi e Berlino è caratterizzato da grandi tensioni, riportano numerose analisi. E non è solo per i vantaggi che la Germania sta traendo dalla crisi Euro, ma anche perché le posizioni politiche tedesche hanno largamente prevalso - a spese della Francia. Il presidente François Hollande ha cercato di resistere, ma fino ad ora non ha avuto grande successo. Parigi dovrà applicare i diktat di risparmio sul modello Hartz IV; se questi avranno successo o meno non è ancora chiaro, per l'opposizione dei sindacati francesi - diversamente da quanto è accaduto in Germania. A Berlino si guarda con scetticismo all'alleanza militare franco-britannica, chiaramente percepita come una minaccia per l'egemonia tedesca.  Nel complesso gli esperti consigliano di abbandonare la finzione di due potenze di eguale forza alla guida dell'EU e di accettare la situazione attuale: l'egemonia tedesca.

Nella crisi

Poco prima delle celebrazioni per il cinquantesimo anniversario del Trattato dell'Eliseo, gli esperti di politica estera di Berlino fanno il punto sulla situazione delle relazioni franco-tedesche. Queste sarebbero in crisi, scrive chiaramente lo "Zeitschrift Internationale Politik": "Le cose non vanno bene tra Germania e Francia". Parigi è indebolita, Berlino sta guadagnando potere; l'egemonia tedesca porta a continue tensioni.

Lo squilibrio

Come ci ricorda un'esperta della Deutschen Gesellschaft für Internationale Politik (DGAP) "la preoccupazione" per gli "squilibri" fra Berlino e Parigi non è affatto nuova: sono presenti in "maniera piu' o meno latente dalla caduta del muro". Nel 1990 l'annessione della DDR, contro cui ancora nel 1989 il presidente francese François Mitterrand si era espresso, aveva notevolmente accresciuto il potenziale di forza di Bonn. Che cio' avrebbe avuto effetto sulla posizione della Germania in Europa, era abbastanza prevedibile. Parigi da allora "ha perso influenza politica e militare in Europa", fatto che ha "causato irritazione e frustrazione": nella capitale francese ci si è  regolarmente lamentati "per il nuovo tono del vicino tedesco, molto piu' sicuro di sé". Nel 2000 la Francia si è opposta alla richiesta tedesca di "concedere a Berlino un diritto di voto con maggiore peso all'interno del consiglio europeo": proposta motivata "con ragioni demografiche". Il governo francese aveva  allora respinto la proposta ipotizzando che cio' "avrebbe condotto ad un indebolimento della Francia nei confronti del vicino". E tuttavia non è stato sufficiente per impedire un'ascesa della Germania.

Deficit Record

Gli osservatori sono d'accordo: è stata la debolezza francese a garantire a Berlino il dominio nell'Unione Europea. Mentre la Germania ha avuto dei vantaggi dalla crisi, la Francia ne è stata colpita duramente. I dati piu' recenti mostrano che il paese alla fine del 2012 è entrato in recessione. La disoccupazione ha superato il 10% - il valore piu' alto degli ultimi 15 anni. 2 agenzie internazionali hanno abbassato il rating sul debito francese. La crescente distanza nei confronti della Germania è mostrata dai deficit commerciali: mentre le esportazioni tedesche verso la Francia sono cresciute fino a 101.6 miliardi di euro (2011), l'export francese verso la Germania nello stesso anno ha raggiunto un valore di soli 66.4 miliardi di Euro. Il deficit commerciale, che alla fine si ripercuote in maniera negativa sul bilancio pubblico francese, ha raggiunto in questo modo la cifra record di 35 miliardi di Euro. E questo "significa che entrambi i paesi non sono piu' sullo stesso livello", secondo gli osservatori. La Germania "non ha solo rafforzato la propria posizione economica", ma nel corso della crisi ha trasformato la forza economica in forza politica e "accresciuto il suo ruolo di leadership nella politica europea". "Il primo elemento" è diventato "la precondizione fondamentale per il secondo".

Vecchi demoni

"Questa doppia divergenza, in una parte della classe politica e fra gli intellettuali francesi ha risvegliato vecchi fantasmi e la paura di un vicino di casa egemonico" si dice ancora. Dopo il fallimento del suo predecessore Nicolas Sarkozy, nel maggio 2012 anche il presidente François Hollande ha rilanciato il tentativo "di riportare in equilibrio il rapporto nelle relazioni bilaterali" - attraverso le alleanze con Italia e Spagna contro i diktat di risparmio tedeschi. Anche lui tuttavia non ha avuto un grande successo. "In un periodo in cui l'economia è piu' che mai un fattore di potere", e l'arretramento economico riduce "l'influenza politica del paese", la Francia dovrà necessariamente recuperare posizioni da un punto di vista economico, secondo Claire Demesmay, esperta di politica estera del DGAP. E questo sarà possibile solo "con riforme profonde e difficili", visto che la Germania durante la crisi è riuscita ad imporre a livello europeo le sue politiche di austerità.

Incerta volontà di riforme

Dalla fine del 2011 a Parigi le misure di austerità del governo rosso-verde di Schröder e Fischer sono diventate l'esempio da seguire. Mentre la loro applicazione in Germania è avvenuta con relativa semplicità, in Francia l'attuazione sembra piu' problematica: "sarà decisivo il comportamento dei sindacati", secondo Demesmay e secondo la stampa economica tedesca. Il governo potrà sicuramente "contare sulla volontà di collaborazione del sindacato CFDT, mentre sulle organizzazioni concorrenti CGT e Force Ouvriere ci sono ancora molti dubbi". Si dovrà inevitabilmente fare i conti con dimostrazioni di massa.

Diversi livelli di potere

Nel frattempo Parigi cerca di preservare almeno nella politica militare la sua posizione di influenza - attraverso un'alleanza con Londra. Come si dice negli ambienti della politica internazionale, la Repubblica Federale e la Francia "fin dall'inizio del processo di integrazione(...) dispongono di un proprio potere ma su due diversi livelli": la Repubblica Federale "ha un'economia fortemente orientata all'export, la Francia, una politica estera ambiziosa". Il presidente Sarkozy "ha guidato il ritorno della Francia verso un'integrazione militare nella NATO" negoziando gli accordi con Washington e Londra, ma non con Berlino. E alla fine ha avviato una cooperazione militare e politica con la Gran Bretagna. Gli accordi del 2010 vanno chiaramente "oltre la cooperazione franco-tedesca". Di fatto a Berlino l'alleanza franco-britannica viene osservata con crescente scetticismo: è stata la base per la guerra in Libia e ha plasmato gli attuali accordi per l'intervento militare in Mali.  

Nessun equilibrio

In considerazione delle difficoltà economiche della Francia, secondo l'esperta DGAP Demesmay, "ci si deve aspettare una duratura posizione di debolezza della Francia". Sarebbe quindi sensato "abbandonare il paradigma dell'equilibrio", e rinunciare alla pretesa di vedere Parigi e Berlino recitare il ruolo delle 2 potenze europee con eguali poteri. Diventa ora decisivo portare avanti insieme il processo di integrazione europeo. E per fare questo non c'è bisogno di sapere, scrive sempre l'esperta di Berlino in considerazione dell'egemonia tedesca, "chi fra i due porta i pantaloni".

mercoledì 16 gennaio 2013

La svolta Target


I temuti saldi Target della Bundesbank iniziano a scendere e la tendenza sembra invertirsi, qualcuno ipotizza già una svolta Target. Quelli di Banca d'Italia a dicembre  2012 tornano invece a crescere. Da Faz.net
La fuga di capitali dal sud Europa si è apparentemente fermata. I saldi Target, cresciuti con la crisi Euro, tornano a scendere nuovamente. Commerzbank ipotizza una svolta Target.

I crediti Bundesbank all'interno del sistema di pagamento Target nel mese di dicembre sono scesi a 656 miliardi di Euro, dai 715 miliardi del mese precedente. I crediti della Bundesbank verso le banche centrali dei paesi Euro in crisi sono di quasi 100 miliardi inferiori rispetto al picco raggiunto durante l'estate 2012.

Il "saldo Target" negli ultimi 2 anni è salito con forza in quanto le partite correnti dei paesi in crisi e soprattutto la fuga di capitali da questi stessi paesi non potevano essere finanziati dal capitale privato. Poiché i prestiti di emergenza dei paesi europei e del FMI non erano sufficienti, per far fronte alla fuoriuscita di fondi, il carico del finanziamento si è trasferito sul sistema Target e quindi sulle banche centrali dei paesi ancora finanziariamente solidi. Questo processo, secondo le speranze di molti osservatori, potrebbe essere in via di inversione.

Il capitale torna a fluire verso i paesi in crisi

"Per me si tratta di una nuova tendenza", spiega Jörg Krämer, capo economista di Commerzbank. I debiti verso il sistema Target di Italia e Spagna già in ottobre e novembre sono chiaramente scesi: per la banca spagnola da 400 a 366 miliardi di Euro, per la banca italiana da 281 a 247 miliardi di Euro. 

Ancora piu' importante è che il flusso di capitali privati in uscita dai paesi in crisi, dal terzo trimestre dello scroso anno sembra essersi prosciugato. In alcuni periodi i deflussi di capitale da Portogallo, Italia, Irlanda, Grecia e Spagna in 12 mesi avevano raggiunto il 20 % del rispettivo PIL. Queste uscite sono state finanziate con i prestiti forniti dai partner europei o con i crediti Target. Dopo l'estate, per la prima volta da inizio 2011, sono tornati gli afflussi di capitali privati, argomenta Kramer. 
Nel dicembre 2012 il saldo Target negativo di Banca d'Italia è cresciuto di 8,147 miliardi di € rispetto a novembre, passando a 255,102 miliardi di €.

La paura di una fine dell'Unione monetaria sembra essere diminuita

I segni di tali flussi di rientro sono stati segnalati anche dalla BCE. Il presidente Draghi, tra le altre cose, ha menzionato anche i depositi in crescita presso le banche italiane.

Il presidente della banca centrale in estate, per prevenire il rischio di una rottura della moneta unica, aveva annunciato l'acquisto illimitato  di titoli da parte della BCE a favore dei paesi Euro finanziariamente deboli. "Considero questa politica sbagliata, perchè imposta degli incentivi sbagliati", dice l'economista Kramer, che pero' deve ammettere: "tuttavia ha funzionato".

martedì 15 gennaio 2013

Pozioni magiche teutoniche e rischi francesi

La conservatrice FAZ.net, lascia spazio a Dierk Hirschel, economista vicino ai sindacati: Parigi ci pensi bene prima di bere la pozione magica tedesca fatta di compressione salariale e liberalizzazione del mercato del lavoro. Da Faz.net
Prima Angela Merkel ha inveito contro i sud Europei. Adesso  vuol far dimagrire anche il vicino francese. Ma prima che François e Marie bevano la pozione magica teutonica, dovrebbero conoscerne i rischi e gli effetti collaterali.

Nella casa europa, i vicini stanno litigando. All'inizio è stata Angela Merkel a sgridare i sud Europei. Meno vacanze, piu' lavoro - e l'economia tornerà a funzionare, tuonava da Berlino. Ora invece si rivolge al vicino francese. Il Ministro delle finanze Wolfgang Schäuble vuole mostrare a Parigi come si fanno le giuste riforme politiche. L'Europa dovrà guarire con la pozione tedesca.

Sembra vero, alla fine la Germania è l'ultimo paese ancora sano nell'Euro-lazzaretto. Un'economia che cresce, un miracolo dell'occupazione, molti campioni dell'export e un bilancio pubblico senza debiti parlano da soli. In Francia al contrario l'economia è ferma, la disoccupazione sale, il commercio estero è in rosso e i debiti crescono.

Per questa ragione l'ex cancelliere Gerhard Schröder ha consigliato al Presidente francese di prendere esempio da lui e di non rispettare le promesse elettorali. Quindi basta con la tassa sui ricchi e la pensione a 60 anni, al suo posto un'Agenda 2010 gallica. L'economia tornerà a crescere con meno tasse e contributi, meno dipendenti pubblici e licenziamenti piu' facili.

Ma attenzione, prima che François e Marie bevano dalla pozione magica teutonica, dovrebbero conoscerne i rischi e gli effetti collaterali. Contrariamente alla versione ufficiale, l'Agenda 2010 e Hartz IV non hanno dato vita a nessun Jobwunder. Il presunto boom occupazionale non è andato oltre una normale ripresa economica. L'occupazione è cresciuta - in considerazione della diversa durata del boom - non piu' di quanto accadesse prima delle riforme. I continui annunci sui presunti nuovi record di impiego distorcono la realtà. Quando le imprese convertono impieghi a tempo pieno in lavori part-time o Minijobs, gli statistici di Nürnberg (Bundesagentur fuer Arebit) sembrano essere felici. Di fatto il lavoro disponibile viene suddiviso in nuove occupazioni precarie. Da Rostock a Muenchen si lavora perfino meno di quanto non accadesse 20 anni fa.

Solo in America c'è una percentuale maggiore di bassi salari

Inoltre, non dovremmo dimenticare che durante la crisi oltre un milione di posti di lavoro è stato salvato grazie alla riduzione degli orari di lavoro. In breve: "le riforme" hanno a che fare con la crescita occupazionale attuale, come il tasso di natalità con il numero delle cicogne. Un ordine cronologico - la crescita segue le riforme - non è una causalità.

La pozione magica ha pero' generato sul mercato del lavoro una situazione anomala. Un occupato su cinque oggi lavora per meno di 9 € all'ora lordi. Solo in America c'è una percentuale maggiore di bassi salari. L'occupazione precaria e la fuga dalla copertura dei contratti collettivi fanno in modo che gli accordi di IG Metall, Ver.di e degli altri sindacati siano validi solamente per 3 occupati su 5. I lavoratori tedeschi sono stati obbligati ad una dieta forzata. La Germania ha avuto la peggiore dinamica salariale in Europa.

Crescita dipendente dall'export a spese dei vicini

La debolezza dei salari ha frenato il mercato interno e rilanciato l'economia legata all'export. La vendita al dettaglio e l'artigianato soffrono per una mancanza di potere di acquisto. L'industria dell'export al contrario, oltre ad un'alta qualità, ha potuto offrire ai suoi clienti esteri anche dei prezzi attrattivi. La Germania è stato il solo paese europeo in cui l'estero ha contribuito alla crescita piu' di quanto abbia fatto la domanda interna. Senza successo pero'. Prima della crisi finanziaria l'economia e l'occupazione sono cresciute piu' lentamente che nel resto d'Europa.

Inoltre, la nostra crescita dipendente dall'export è stata fatta a spese dei nostri vicini. Sono riusciti a vendere sempre meno prodotti sul prosciugato mercato interno tedesco. E questo non è stato abbastanza: la concorrenza di prezzo delle imprese tedesche ha messo all'angolo i competitor del sud Europa. Nel commercio fra Francia e Germania cio' ha coinvolto i beni strumentali francesi, i prodotti finiti e i prodotti chimici. Cosi' sono nati gli squilibri nei flussi commerciali e dei capitali. Mentre la bilancia delle partite correnti tedesca stava crescendo, i paesi in crisi rischiavano di annegare nel mare dei debiti.

L'Euro non sarebbe in pericolo

La Grande Nation al contrario, dall'introduzione dell'Euro si è comportata in maniera esemplare. I salari sono cresciuti allo stesso passo della produttività e dell'inflazione, grazie ad una maggiore copertura della contrattazione collettiva e a minimi salariali stabiliti dalla legge. Stipendi reali in crescita stimolano l'economia interna. E questo ha dato i suoi frutti. Prima della crisi sui mercati finanziari l'economia francese cresceva piu' rapidamente del vicino tedesco. Mentre a sinistra del Reno la disoccupazione era in discesa, saliva sulla sponda destra. Inoltre la Francia non stava crescendo a spese dei suoi vicini. Se tutti i paesi avessero preso esempio dai francesi, l'euro ora non sarebbe in pericolo di vita.

L'economia francese si trova in difficoltà, e la causa non è nella lentezza delle riforme, piuttosto nella politica tedesca non solidale del "Beggar my Neighbour“  e nei diktat di risparmio di Merkel.  Peugeot, Renault & Co sono in difficoltà per il collasso dei mercati del sud Europa. La bomba a orologeria nel cuore dell'Europa non è la Francia, piuttosto la Germania. Una "politica di riforme" orientata all'export di tipo tedesco aggraverebbe solamente la crisi.

Un'alternativa di politica economica nazionale non è possibile

I francesi dovrebbero quindi stare alla larga dalla malsana pozione tedesca. Ma questo funzionerebbe? Sui mercati finanziari senza regole e in un'Europa governata dai mercati un'alternativa fatta di una politica economica nazionale non è piu' possibile. Chi si allontana dal consenso di Bruessel è minacciato da una fuga delle aziende e dagli interessi punitivi dei mercati finanziari. La situazione potrà cambiare solamente quando la politica deciderà di togliere potere ai mercati. Per questo la Francia ha bisogno di alleati. 

domenica 13 gennaio 2013

Steinbrück sulla crisi Euro


Peer Steinbrück, candidato SPD alla cancelleria, al minimo nei sondaggi, torna ad incalzare Merkel e la CDU sul tema dei salvataggi Euro e della solidarietà continentale, il solo tema su cui puo' sperare di scalfire l'immagine di leader affidabile e vincente che la cancelliera è riuscita a costruire. Da SPD.de e Welt.de
Il punto di vista sulla crisi Euro del candidato SPD alla Cancelleria: la crisi di debito è diventata molto costosa e ha distrutto la fiducia. Steinbrück avverte: la coesione sociale in Europa potrebbe venire meno. Particolarmente pericolosa è la disoccupazione giovanile nei paesi in crisi Spagna, Grecia, Italia o Portogallo.

Il 30 gennaio 2010 "Die Welt" aveva commentato: "Condannati all'aiuto". E con cio' si riferiva alla comunità degli stati europei, non da ultimo al governo federale, in riferimento alla Grecia.

Da allora sono passati oltre 1000 giorni, quasi 3 anni. Sono stati anni turbolenti per l'Europa e la moneta unica. Abbiamo assistito a decine di vertici europei, diverse sedute notturne e visto i risultati raggiunti con i salvataggi. La "crisi Euro" ci ha tenuto costantemente compagnia. La speranza di inizio 2013, che il peggio possa essere già alle spalle, è tuttavia prematura.

Il proseguimento della crisi internazionale e finanziaria in Europa, durante la quale per diversi paesi membri è stato difficile avere accesso al mercato dei capitali a condizioni sostenibili, ha diverse cause.

In primo luogo, in alcuni paesi l'eccessivo indebitamento ha fatto dubitare gli investitori sul merito di credito degli stati. Anche se questo nuovo debito è in gran parte conseguenza della stabilizzazione bancaria e dei programmi congiunturali seguiti alla crisi finanziaria ed economica.

In secondo luogo, l'Unione monetaria fino al 2009 con gli strumenti di cui disponeva non è stata in condizione di riconoscere e correggere gli sviluppi economici sbagliati -  le divergenze di competitività in Europa. Se l'Unione monetaria prima che la crisi iniziasse, avesse avuto a disposizione degli indicatori, gli squilibri fra gli stati Euro sarebbero stati riconosciuti come un problema in una fase ancora precoce.

Banche in difficoltà anche per il 2013.

La terza e a lungo sottovalutata causa della crisi sono le banche in difficoltà e  un settore bancario europeo non ancora consolidato. Le banche sistemiche europee sono riuscite senza eccezioni a farsi salvare dagli stati. In questo modo hanno aperto dei canali di infezione verso il bilancio pubblico, fatto che ha alimentato ogni volta la spirale della crisi.

Le 2 cause della crisi sopra menzionate anche nel 2013 resteranno sull'agenda dei problemi da risolvere. E ci danno la dimensione sociale e politica di questa crisi, che ha costi molto maggiori rispetto ai salvataggi. Costa fiducia, la munizione piu' importante della politica, perchè i cittadini non credono piu' che i costi della crisi saranno suddivisi equamente.

E questa crisi costerà anche ai tedeschi del denaro. Il governo federale ha considerato questo punto un tabu', offuscato e nascosto per troppo tempo. Dalla dichiarazione "Nemmeno un centesimo per la Grecia" di inizio 2010, i costi potenziali per la Germania in caso di insolvenza della Grecia hanno raggiunto i 79 miliardi di Euro.

Nel caso peggiore saranno 1.2 trilioni di Euro

I rischi complessivi assunti con le politiche di salvataggio sono ancora piu' grandi: 211 miliardi di Euro per l'EFSF, 190 miliardi di Euro per l'ESM e 750 miliardi di crediti Target della Bundesbank. A questi si aggiungono i 57 miliardi di Euro come quota della Bundesbank nella BCE e gli acquisti di titoli già effettuati da parte della BCE. Insieme sono circa 1.2 trilioni di Euro. Questo è quanto accadrebbe nel caso peggiore. Senza dubbio la Germania già da tempo si trova in una Unione di Garanzie (Haftungsunion).

Il governo dovrà prima o poi finirla di fare la danza del velo su questa verità. Presto arriveranno nuovi oneri a gravare sul bilancio federale: da un nuovo taglio del debito in Grecia e dalla ricapitalizzazione delle banche tramite il fondo ESM garantito dal denaro dei contribuenti.

La strategia del comprare tempo con molto denaro non ha funzionato. E sebbene la Germania sia ancora un'isola di felicità, la situazione economica in Europa è peggiorata, non certo migliorata. Le prospettive di crescita per il 2013 sono tutt'altro che rosee, e questo riguarda anche la Germania. Le cause sono evidenti: aver concentrato l'intera gestione della crisi sul consolidamento dei bilanci pubblici, ha portato ad una somministrazione eccessiva della medicina delle riforme.

Poca concretezza

Certo, l'inasprimento del Patto di Stabilità e Crescita e il suo completamento con il Fiskalpakt sono stati passi giusti e importanti. Gli squilibri nelle politiche di gestione della crisi nascono dai timidi tentativi, accanto agli sforzi per migliorare il contesto macroeconomico in Europa, fatti per gestire le conseguenze sociali del consolidamento.

Si è fatto troppo poco per migliorare la coordinazione delle politiche economiche fra i paesi membri dell'Unione monetaria. C'è stata una lunga serie di decisioni e accordi, piu' patti per la crescita, una strategia EU 2020 e un patto Euro-Plus: ma di cio' molto poco viene concretamente portato avanti, per non parlare della coordinazione necessaria affinché gli impulsi economici per aumentare l'occupazione possano avere effetto. Si distruggono le speranze, mentre da un'altra parte le regole per la riduzione del debito si applicano con durezza. 

Quello che all'Europa manca, anche dopo il vertice del Consiglio Europeo in dicembre, è un coordinamento coerente e vincolante delle politiche economiche, fiscali e sociali con un chiaro obiettivo di crescita e benessere. Cio' che è stato raggiunto è troppo poco, e con notevoli costi per la società. 

I giovani perdono la speranza

La situazione dei paesi in crisi Spagna, Grecia, Italia o Portogallo non è migliorata, al contrario da 3 anni continua a peggiorare. Nel frattempo in tutta Europa abbiamo a che fare con una generazione considerata perduta e che al momento non crede piu' nell'Europa.

Molti giovani Greci, Spagnoli, Portoghesi o Italiani sono altamente qualificati. Ma hanno perso la speranza in un futuro migliore e la fiducia nelle istituzioni democratiche dei loro paesi. L'Europa ai loro occhi non è una prospettiva, piuttosto la causa dei problemi. 

Cio' è fatale, e i numeri sono scioccanti. La disoccupazione giovanile nell'area Euro è del 23 %. Sono oltre 8 milioni di giovani disoccupati. Prima dell'inizio della crisi nel 2007 in nessun paese si superava il 25%.

Oggi in 7 paesi è superiore al 25%, in 4 paesi superiore al 30% e in 2 paesi sopra il 50% - in Grecia e Spagna. Secondo uno studio di Ernst&Young nel 2013 ci saranno in Europa oltre 20 milioni di disoccupati, 4 milioni in piu' del 2010. Cosa possono significare questi numeri per la sostanza democratica dell'Europa, e per la sua capacità di attrazione è facile da calcolare.

Sarà sempre piu chiaro - e questo è il punto centrale del dilemma - che concentrarsi solamente sugli aridi dati dei bilanci pubblici non farà terminare la crisi. Lo squilibrio nella gestione della crisi deve essere superato, perchè i danni per la democrazia e la pace sociale  in Europa sono già immensi. 

Svanisce la coesione sociale

Nel corso del necessario processo di riduzione dei debiti abbiamo a che fare con un calo della coesione sociale, che raggiunge le fondamenta stesse del progetto europeo. La politica si trova in una crisi di legittimazione quando duri tagli e cure obbligate peggiorano le condizioni di vita di milioni di individui. Mentre le banche, allo stesso tempo, stanno beneficiando di una garanzia implicita dello stato a spese del contribuente.

Soprattutto in Grecia la situazione diventa sempre piu drammatica: l'economia greca è in recessione dal 2009 e anche per l'anno in corso le previsioni sono pessimistiche e indicano una recessione del 6.5%.

Il cappio al collo dell'economia greca è sempre piu' stretto e non sembra esserci alcuna via di uscita. E tutto questo nonostante la popolazione stia già soffrendo enormemente: se i risparmi fatti in Grecia fossero stati applicati nelle stesse proporzioni in Germania, avremmo avuto tagli per oltre 150 miliardi di Euro, piu' di un terzo del bilancio federale.

L'arroganza tedesca nei confronti della popolazione greca non è opportuna. Anche perchè il governo federale tedesco negli ultimi 3 anni ha fatto 100 miliardi di nuovo debito.

Depressione causata da un'austerità unilaterale

Le politiche di austerità hanno spinto la Grecia in una depressione sociale. E questo è pericoloso. Il tasso di suicidio in Grecia negli ultimi 3 anni è raddoppiato. Le donne incinte vagano da un ospedale all'altro alla ricerca di qualcuno che senza assicurazione sociale, che non possono piu' permettersi, possa aiutarle a far nascere i loro figli.

Chi va in ospedale deve portarsi la biancheria da casa e da poco i dottori garantiscono le cure solo in cambio di denaro contante. Mancano apparecchiature mediche come in un paese in via di sviluppo, e la commissione EU mette in guardia sulle condizioni igieniche degli ospedali e dal pericolo di infezioni. 

Queste storie chiariscono che una intera società si trova in un trauma collettivo e che il collante sociale sta scomparendo. Le forze di destra radicale nei sondaggi sono al 12%, la terza forza politica. La Grecia è il primo paese che i profughi raggiungono dall'Africa o dal medio oriente.

Amnesty International ipotizza che nelle strade di Atene si trovino fino a 100.000 profughi immigrati irregolari. Le condizioni di accoglienza nei centri per i profughi in Grecia sono miserabili, tanto che dal 2011 il governo federale tedesco non spedisce piu' indietro i rifugiati. La rete di sicurezza sociale in Grecia è crollata e non esiste piu' una comunità solidale.

In equilibrio e insieme

Politicamente non si deve  mai essere ciechi verso la coesione sociale - non solo in Germania ma anche in Europa. La politica economica è anche una politica sociale, e pertanto la gestione della crisi deve tenere in considerazione l'insieme: un modello europeo di benessere, buon vicinato e la qualità di una civilizzazione che nel mondo è irraggiungibile. Niente di meno di cio'.

Il superamento della crisi e dei suoi enormi costi, in Europa come in Germania, potrà avere successo solo con l'unione delle forze, una strategia coerente e la convinzione che tutto questo sforzo valga la pena. Per far tornare l'Europa in equilibrio è necessario che tutti lavorino insieme. I nostri vicini europei si augurano una Germania forte.

Ma sono in molti ad avere qualcosa contro una Germania forte che con il suo peso economico e con il suo influsso politico guida verso decisioni con cui gli altri paesi piu' deboli non possono convivere. C'è bisogno piuttosto di una Germania che usi la sua forza economica e la sua responsabilità europea per avere un continente solidale. E questo in ultima istanza è nell'interesse nazionale, poiché alla nostra economia trainata dall'export e ai suoi posti di lavoro potrà andare bene solo fino a quando i nostri vicini saranno in buone condizioni.

E' la dimensione sociale della crisi che nella politica tedesca è stata sottovalutata. Chi non sa dove vuole andare con l'Europa e la sua società, chi non ha un'idea di un un'Europa sociale e pacifica non puo' fare un racconto della sua politica. Non la puo' spiegare e percio si concentra solo sulle nude cifre. E questo per l'Europa è troppo poco. 

Peer Steinbrück

giovedì 10 gennaio 2013

Bofinger: in Germania servono aumenti salariali del 5 %


Peter Bofinger, nemico del rigorismo merkeliano, membro del Consiglio dei saggi economici, lancia la sua proposta: aumenti salariali del 5% per salvare l'Eurozona. Prosegue il dibattito sui rinnovi contrattuali in Germania. Da Der Spiegel
"La Germania deve diventare piu' costosa": l'economista Peter Bofinger chiede forti aumenti per i salari, per le pensioni e per i sussidi Hartz IV. L'aumento significativo dovrebbe aiutare a disinnescare la crisi Euro. 

L'economista Peter Bofinger considera indispensabili forti aumenti salariali in Germania. "Dovrebbero essere del 5% in tutti i settori", ha dichiarato a "Der Spiegel" il professore di Wurzburg riferendosi alle trattative in corso. L'abbondante richiesta di Bofinger contiene anche un 2% aggiuntivo per il salvataggio dell'Euro.

Di fatto, considerando solamente l'aumento della produttività e l'inflazione, si arriverebbe ad un 3% di aumento salariale. "Ma nelle trattative contrattuali non possiamo continuare a comportarci come se vivessimo su di un isola". Gli stati dell'Europa del sud, che dall'introduzione dell'Euro hanno avuto un forte aumento retributivo, non potranno tuttavia evitare le riforme e le politiche di risparmio. Inevitabilmente anche in questi paesi i salari dovranno essere ridotti. Con un forte aumento dei salari, la Germania potrebbe assorbire una parte del necessario processo di aggiustamento nell'Eurozona.

Il motivo della richiesta: con una tale misura la Germania rinuncerebbe ad una parte della sua competitività, mentre paesi come Italia, Francia e Spagna potrebbero recuperarla. Visto che in questi paesi gli alti salari restano un serio problema per la competitività internazionale delle imprese. La differenza di competitività fra i paesi Euro è considerata la causa scatenante della crisi attuale.

Affinché il progetto di Bofinger "La germania deve diventare piu' costosa" possa funzionare, il membro del comitato dei saggi ha proposto un 5% di aumento da applicare a tutti i lavoratori. Dovrebbero aumentare nella stessa misura anche le pensioni e i sussidi Hartz IV.

In considerazione delle probabili proteste contro la sua proposta, Bofinger ha dichiarato: "Abbiamo solo la scelta fra 2 dolorose alternative: un'inflazione da noi temporaneamente un po' piu' alta della media europea, oppure una deflazione nel Sud Europa".

Nelle ultime settimane si è acceso il dibattito sugli aumenti salariali in Germania. Il presidente del Deutschen Instituts für Wirtschaftsforschung (DIW), Gert Wagner, si è pronunciato a favore "di aumenti in media del 4% o anche di piu'". Wolfgang Franz, al contrario, presidente del Comitato dei saggi economici, si è pronunciato a favore di aumenti piu' bassi, intorno al 2%.