mercoledì 15 maggio 2013

Salari da fame alla Daimler?


Un'inchiesta giornalistica della ARD accusa Daimler: dopo aver abusato del lavoro interinale per ridurre il costo del lavoro, adesso è il turno dei contratti d'opera. Con un salario inferiore ai 1.000 € netti mensili, i lavoratori alla catena di montaggio possono tirare avanti solo chiedendo un sussidio Hartz IV. Di fatto la spesa sociale dello stato serve a finanziare la produzione di auto di lusso. Da Handelsblatt.de
Un reportage della ARD accusa il gruppo Daimler di impiegare tramite un contratto d'opera manodopera a basso costo. Lavorano sulla stessa linea di montaggio accanto ai dipendenti Daimler - ma guadagnano meno della metà. L'azienda evita di rispondere alle domande.

Untertürkheim è il cuore del gruppo Daimler. Il presidente del gruppo Dieter Zetsche qualche anno fa ha riportato qui la sede centrale del gruppo, e qui si producono i pezzi di ricambio per l'ammiraglia del gruppo: la Classe S. Il nuovo modello sarà presentato mercoledi ad Amburgo in grande stile - in un hangar di Airbus. Si esibirà la cantante Alicia Keys e numerosi cuochi rinomati cercheranno di soddisfare ospiti illustri dal mondo della politica, dell'economia e dei media.

In pieno clima di festeggiamento la ARD lunedi ha mandato in onda in prima serata un reportage che getta un'ombra sulla stella della Mercedes. Il giornalista della SWR Jürgen Rose per l'occasione si è lasciato crescere la barba, si è messo un paio di occhiali ed è andato a lavorare alla catena di montaggio da Daimler. L'accusa del filmato: attraverso i subappaltatori Daimler impiega lavoratori con un salario cosi' basso da rendere necessario un sussidio Hartz IV (aufstocken) per poter tirare avanti. Di fatto Daimler finanzia la produzione delle sue auto di lusso con il denaro dei contribuenti.

Rose racconta in prima persona e lo fa con molte riprese nascoste direttamente dalla fabbrica Daimler: come è stato assunto da un'agenzia interinale, affittato ad una società di logistica, per ritrovarsi il giorno dopo "da Daimler" alla catena di montaggio. Il suo compito: sollevare dal nastro trasportatore pezzi di motore da 12.5 kg, imballarli  e prepararli per la spedizione in Cina. E per fare questo viene pagato 8.19 € lordi l'ora dall'agenzia di lavoro interinale.

"Lavorare per Daimler" - questa frase da sempre equivale ad avere un buon posto di lavoro. Ed i dipendenti Daimler, ancora oggi, per un lavoro senza troppe pretese alla catena di montaggio hanno un salario orario estremamente buono di 17.98 € lordi l'ora, a cui si aggiungono le indennità per i turni. Jürgen invece per lo stesso lavoro riceve 8.19 € l'ora lordi.

La retribuzione oraria viene ripetutamente definita "stipendio da fame" - addirittura nel titolo della trasmissione ("Hungerlohn am Fließband“). Il filmato lancia una chiara accusa: sebbene la società di logistica a cui è stato affittato lavori per Daimler con un contratto d'opera, il giornalista sotto copertura lavora accanto ai dipendenti Daimler. E in realtà non dovrebbe essere subordinato alle istruzioni date dai dipendenti Daimler e nemmeno eseguire lo stesso lavoro, cosa che invece avviene regolarmente.

Nel suo ruolo fittizio di padre di famiglia con 4 figli ha diritto a prestazioni sociali per un valore di 1550 € al mese - molto piu' del netto di 991 € che riceve per le 35 ore settimanali.

E questo è veramente discutibile: il contribuente tedesco ogni anno deve pagare 8.7 miliardi di Euro affinché persone come „Jürgen“, che guadagnano con un lavoro a tempo pieno 991 € netti al mese (1.220 € lordi), debbano ricevere 1.550 € di sussidio da parte dello stato. Soprattutto se le imprese annunciano nuovi bilanci con profitti record.

Quanto mostrato dal filmato è illegale, commenta l'esperto di mercato del lavoro Stefan Sell. Il presidente del consiglio di fabbrica Erich Klemm dice: "Se le cose stanno come mostrato dal filmato, non va affatto bene, e l'azienda dovrebbe intervenire immediatamente". I portavoce Daimler e i manager non hanno voluto commentare davanti alle telecamere. E' stato tuttavia citato un commento dell'azienda arrivato via email: sarebbero già in vigore linee guida molto chiare per i fornitori e per gli appaltatori, finalizzate ad escludere comportamenti illegali.

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martedì 14 maggio 2013

Dov'è finito il Jobwunder?


Il Jobwunder mostra il suo lato oscuro: cresce il numero degli occupati con un lavoro regolare che che per tirare avanti devono chiedere un sussidio allo stato. E' l'ennesima socializzazione dei costi? E' arrivato il momento di introdurre un salario minimo per legge? Da Süddeutsche Zeitung 
I dati riaccendono il dibattito sul salario minimo: sempre piu' persone in Germania hanno un lavoro a tempo pieno o part time coperto da un'assicurazione sociale, ma nonostante cio' hanno bisogno di un aiuto pubblico. La nuova statistica presentata della "Süddeutsche Zeitung" mostra chiaramente: ad essere colpiti sono soprattutto i single.

Sono sempre di piu' le persone che in Germania pur avendo un lavoro a tempo pieno o part-time guadagnano troppo poco per poter vivere con questo reddito. Il numero dei lavoratori coperti da un assicurazione sociale, con un salario lordo superiore agli 800 € lordi al mese, e che per tirare avanti hanno bisogno di un sussidio statale (Hartz IV), negli ultimi anni è cresciuto costantemetne. I dati emergono da una nuova statistica della Bundesagentur für Arbeit (BA).

I dati potrebbero riaccendere l'attuale dibattito sul salario minimo: secondo i dati della BA nel 2012 in media ci sono state 323.000 famiglie con un cosiddetto Hartz-IV-Aufstocker (chi riceve un'integrazione dallo stato), con un reddito lordo superiore agli 800 € lordi e con un impiego per il quale è previsto l'obbligo di assicurazione sociale. Nel 2009 erano circa 20.000 in meno.

L'aumento è evidente fra i single: il loro numero fra i percettori Hartz IV con un lavoro a tempo pieno o parziale è salito del 38 % e ha raggiunto 75.600. I lavoratori che devono integrare il loro stipendio lavorano soprattutto nel commercio, nella gastronomia, nei servizi sanitari e sociali oppure come interinali. In totale nel 2012 gli occupati percettori di un sussidio Hartz-IV erano cira 1.3 milioni, all'incirca lo stesso numero del 2009. La metà di questi ha solamente un mini-job.

Per Annette Kramme, portavoce della SPD per le politiche del lavoro, i dati mostrano che è necesssario introdurre un salario minimo stabilito dalla legge. Kramme prevede che il numero degli  "aufstocker" con un lavoro a tempo pieno crescerà ulteriormente a causa "di un ricorso eccessivo ai contratti d'opera". La SPD e i sindacati chiedono l'introduzione di un salario minimo di 8,5 € l'ora valido per tutti. Unione e FDP vorrebbero invece introdurre un limite verso il basso in base alla regione e al settore.

Anche Stefan Sell, professore ed esperto di mercato del lavoro presso l'università di Coblenza, valuta in maniera negativa i dati sugli "aufstocker". I datori di lavoro grazie all'aiuto dello stato "possono, a spese del contribuente, socializzare una parte dei loro costi salariali - e in questo modo ottenere un vantaggio nei confronti delle aziende che vogliono comportarsi secondo la legge". Il Ministro federale per il lavoro Ursula von der Leyen (CDU) recentemente ha dichiarato che il reddito di un lavoro a tempo pieno dovrebbe essere sufficiente "per poter vivere dignitosamente". "Retribuzioni di 3, 5 o 6 Euro l'ora" non dovranno piu' esistere.

La Bundesagentur tuttavia non considera negativamente gli aufstocker: è sempre meglio avere un lavoro che essere completamente dipendente dagli aiuti dello stato. Inoltre,potrebbe essere la porta d'ingresso per un impiego con uno stipendio dignitoso, dichiara una portavoce di BA. L'aumento del numero di Aufstocker fra i single potrebbe avere anche a che fare con l'aumento degli affitti e con un aumento delle prestazioni Hartz-IV. "Maggiori sono i costi per l'alloggio e le prestazioni Hartz IV, tanto piu' alto sarà il numero di persone che avranno accesso ai nostri sussidi, ma che in precedenza erano in grado di far fronte autonomamente al loro sostentamento".

domenica 12 maggio 2013

Alternative für Deutschland vuole un Euro Nord


Il leader di "Alternative für Deutschland" Bernd Lucke chiarisce la sua posizione sull'Euro: non vogliamo un ritorno al D-Mark, ma l'uscita degli eurodeboli dalla moneta unica. Da Neue Zürcher Zeitung


In Germania il dibattito sull'uscita dall'Euro si infiamma. Il leader della nuova formazione "Alternative für Deutschland" in un'intervista chiarisce perché non vuole  che la Germania esca immeditamente dall'Euro.

Herr Lucke, "Alternative für Deutschland" propone la fine dell'unione monetaria. Questo significa che è la Germania a dover uscire quanto prima dall'Euro, oppure dovrebbero essere i paesi in crisi del sud Europa a farlo?

La nostra proposta prevede che siano i paesi del sud Europa ad uscire dall'Euro e che l'Euro venga mantenuto solo nei paesi del centro. Tale separazione dovrebbe avvenire gradualmente nel corso dei prossmi anni.

Quindi secondo lei la Germania non dovrebbe decidere in maniera unilaterale di tornare al D-Mark?

No, esattamente il contrario. Noi diciamo chiaramente che non vogliamo un'immediata uscita unilaterale della Germania dalla zona Euro, e soprattutto in assenza di un fondamento giuridico.


Non pensa che l'uscita dall'Euro dei paesi del sud potrebbe avere conseguenze imprevedibili, ad esempio una gravissima crisi economica?

Ho sempre messo in guardia dai pericoli di una uscita improvvisa. Potrebbero esserci infatti conseguenze economiche difficilmente controllabili. Per i paesi candidati all'uscita, la cosa migliore sarebbe introdurre nel periodo di transizione delle valute parallele in modo da avere accanto all'Euro una moneta nazionale come mezzo di pagamento a corso legale. Ci sarebbero una serie di vantaggi, fra i quali il fatto che i debiti Target dei paesi del sud sarebbero preservati, in quanto il paese resterebbe all'interno dell'Eurosistema.

Anche la posizione ufficiale del partito è quella di non volere un'uscita immediata dall'Euro?

Come partito non abbiamo ancora una posizione ufficiale sul modo concreto in cui gli stati dovranno uscire dall'Euro. Non crediamo possa essere deciso da una mozione del partito. Lo si dovrà decidere insieme ai partner europei e in considerazione dei nostri interessi. Vogliamo solo far notare che esiste la possibilità di uscire dalla moneta unica. In quanto leader di partito e professore di economia preferisco parlare del sistema delle monete parallele e introduco il tema nella discussione pubblica. Il nostro governo continua a sostenere che il mantenimento di tutti i paesi nella zona Euro non ha alternative. Per questa ragione noi vogliamo mostrare che le alternative ci sono. Non si tratta di imporre un'alternativa concreta, piuttosto far presente all'opionione pubblica tedesca che il governo sta reprimendo un dibattito che invece è necessario ed urgente.

Lei propone l'introduzione delle monete parallele. Perchè la considera una opzione realizzabile?

La strada delle valute parallele ha alcuni vantaggi. In primo luogo è possibile segnalare alla popolazione che l'Euro resta un mezzo di pagamento, evitando un assalto alle banche. E' importante, perchè altrimenti c'è il rischio che l'intero sistema bancario crolli e ogni ragionevole tentativo di riforma sia affossato prima della sua entrata in vigore. Si puo' inoltre dire ai cittadini: i conti correnti e i depositi bancari sono sicuri, non vi è alcun motivo di panico. Il secondo vantaggio è di natura politica: non vogliamo umiliare i greci dando loro la sensazione di essere stati cacciati dall'Euro. Durante la fase intermedia sono ancora parte della zona Euro, e allo stesso tempo possono approfittare dei vantaggi di una moneta nazionale. La valuta nazionale potrà guadagnare accettazione prima che l'Euro sia completamente abbandonato. Resta tuttavia possibile che un paese grazie alle svalutazione e agli sforzi riformatori  possa migliorare la propria competitività ad un livello tale che un'uscita completa dall'Euro diventi evitabile. Questo scenario lo considerano improbabile, ma come prospettiva politica è sicuramente importante.

I critici dicono che un sistema con due valute non potrebbe funzionare

L'unione monetaria non ha funzionato con una sola valuta. Dobbiamo tuttavia riflettere sulle misure necessarie per gestire il passaggio. Considero le valute parallele un sistema fattibile. L'Euro resterebbe la sola valuta per i pagamenti in contante, in modo da avere un solo portafogli con un'unica moneta. Allo stesso tempo per le operazioni non in contanti si potrà pagare solo con una valuta di combinazione. Le conversioni fra le due valute saranno fatte automaticamente dai computer delle banche. Il consumatore non dovrebbe incontrare alcuna difficoltà.

Ci sono precedenti storici?

No, la nostra proposta è nuova. Evita le debolezze degli altri sistemi di valute parallele. Nella nostra proposta non è possibile che una valuta rubi il posto all'altra. L'Euro resterebbe per i pagamenti in contante, per le operazioni non in contante, la sola possibilità sarebbe la valuta di combinazione.

Quali sarebbero i tempi per la trasformazione della zona Euro e l'introduzione delle valute parallele?

Non è una questione di partito ma un tema che riguarda la politica nella zona Euro. L'introduzione delle valute parallele richiede una modifica dei trattati, poiché questi prevedono che l'Euro sia il solo mezzo di pagamento legale nell'Eurozona. I trattati dovranno percio' essere modificati in questa direzione: per i diversi stati sarà possibile introdurre anche altri mezzi di pagamento legali. Una tale modifica dei trattati richiede circa un anno, nel frattempo potrebbero partire i preparativi per introdurre in questi paesi le valute parallele. Sarebbero poi necessari dai 3 ai 4 anni per una graduale uscita dall'Euro.

Secondo l'esperienza le modifiche ai trattati EU sono molto difficili. Non pensa sia un ostacolo insormontabile?

No. La Germania grazie alla sua forza finanziaria ha la possibilità di avere una forte influenza in Europa. Deve solo rifiutare un ulteriore finanziamento del fondo di salvataggio europeo, fino a quando non saranno apportate le modifiche ai trattati europei. La Germania puo' facilmente imporre questa posizione.

Come valuta il dibattito in Germania? La discussione sull'uscita dall'Euro è diventata piu' aperta, le vostre proposte vengono recepite?

Se ne discute molto, c'è un'ampia copertura mediatica, riceviamo anche un forte incoraggiamento. Nei sondaggi elettorali ci viene riconosciuto un potenziale tra il 25 e il 37%. Una parte considerevole della popolazione tedesca simpatizza con le nostre posizioni. Le nostre proposte per ora sono state respinte dagli altri responsabili politci, sebbene ci siano dei concreti  segnali di erosione. Ad esempio, l'ex leader SPD e ora politico della Linke Oskar Lafontaine si è improvvisamente espresso a favore della reintroduzione delle monete nazionali, dopo aver difeso l'Euro fino a poco tempo fa. Posso immaginare che ci saranno dei cambiamenti programmatici simili anche nei partiti tradizionali, se alle elezioni riusciremo a raggiungere un buon risultato.

AfD nell'opinione pubblica viene percepito come un partito che vuole tornare al D-Mark. E' un'immagine vera?

No, è sbagliata la sequenza. Quello che vogliamo, prima di tutto, è che i paesi del sud Europa escano dalla moneta unica. Dopo di che potremo anche parlare di come il resto dell'Eurozona potrà essere progettato. Un paese come la Francia puo' e vuole restare in una unione monetaria con la Germania? Se si', la Germania dovrà garantire per i debiti francesi e per quelli belgi? Se la garanzia sul debito pubblico degli altri paesi è espressamente proibita, la Francia dovrà decidere se intende affrontare la pressione per la competitività che l'Euro impone. Se si', allora io saro' d'accordo. Se i paesi partner, invece, vogliono mettere in comune i debiti, allora ci impegneremo affinché la Germania possa tornare al D-Mark.


sabato 11 maggio 2013

Sinn: l'Italia non deve uscire dall'Euro


Hans Werner Sinn, dalle pagine della FAZ risponde alle accuse di Soros: la Germania non accetterà mai gli Eurobond, meglio la fine dell'Euro che la messa in comune del debito. E rilancia, l'Italia deve restare nella moneta unica. Da FAZ.net
La Germania non puo' accettare gli Eurobond. Di fatto Soros sta chiedendo la fine dell'Euro. Anche se la Germania uscisse, i paesi del sud continuerebbero ad avere un serio problema di competitività.

Il grande investitore George Soros mette la pistola alla tempia della Germania. Dovrebbe accettare gli Eurobond, oppure lasciare l'Euro. Solo in questo modo la moneta unica potrebbe funzionare. I paesi latini dovrebbero organizzare una resistenza contro la Germania.

La Germania non puo' accettare gli Eurobond. L'esclusione di ogni forma di socializzazione del debito era la condizione fondamentale per l'abbandono del D-mark durante i negoziati per il trattato di Maastricht (Artikel 125 AEUV). La Corte Costituzionale ha inoltre indicato che i tedeschi sull'argomento dovrebbero esprimersi con un referendum popolare. Il Bundestag non ha il diritto di prendere una decisione del genere, in quanto sarebbero modificate le fondamenta costituzionali della Repubblica Federale. Con il referendum poi non si avrebbe una una maggioranza di favorevoli, a meno che la messa in comune del debito non sia collegata alla fondazione di un nuovo stato federale europeo, che la Francia intende evitare con tutte le sue energie. Angela Merkel, che molto probabilmente a settempre sarà rieletta, ha dichiarato che gli Eurobond non ci saranno fino a quando lei sarà in vita. George Soros dovrebbe essere a conoscenza di tutto cio'. Quando chiede alla Germania di scegliere fra gli Eurobond e l'uscita dall'Euro, di fatto sta chiedendo la fine della moneta unica.

Anche se la Germania uscisse, i paesi del sud Europa continuerebbero ad avere un problema di competitività nei confronti degli altri paesi del nord restanti, e non sarebbero comunque risparmiati dal processo di svalutazione interno. La maggior parte dei paesi dell'Eurozona è ancora competitivo. Solo in alcuni paesi i salari e i prezzi sono andati troppo oltre l'equilibrio, e un riallineamento attraverso un contenimento dell'inflazione e una moderata riduzione dei salari non è piu possibile.

Ad un'uscita della Germania seguirebbe la divisione della zona Euro

Soros minimizza il problema della competitività e si concentra sulla soluzione della crisi finanziaria, che individua negli Eurobond. La stabilizzazione dei mercati finanziari attraverso gli Eurobond e le altre garanzie pubbliche per gli investitori non risolverebbero il problema della competitività, anzi, avrebbero l'effetto opposto. I paesi colpiti dalla crisi potrebbero rinunciare alla necessaria riduzione dei prezzi e dei salari, mentre il valore esterno dell'Euro salirebbe, con un aggravio dei problemi di competitività.

E' estremamente probabile che l'uscita della Germania causerebbe un'uscita degli altri paesi del vecchio blocco del D-Mark (Olanda, Austria, Finlandia e forse il Belgio). Quando la Francia nel 1993 propose che fosse la Germania ad uscire dallo SME, il precursore dell'Euro, Belgio e Olanda dissero immediatamente che anche loro intendevano uscire. La Francia ritiro' la sua proposta. Da cio' si puo' ipotizzare che un'uscita tedesca causerebbe una separazione fra Euro nord ed Euro sud. L'unico dubbio sarebbe a quale dei due Euro la Francia intenderebbe unirsi.

Tuttavia il suggerimento di Soros potrebbe essere interessante se un gruppo di paesi all'interno dell'unione monetaria volesse unirsi per l'emissione di propri Eurobond. Ogni paese dovrebbe sentirsi libero di formare una zona Euro a due velocità, se in questo vedesse dei vantaggi. Che ci possa essere un miglioramento del rating dei titoli, in caso di emissioni obbligazionarie comuni dei paesi latini, nutro dei dubbi. Senza la partecipazione tedesca sarebbero un fallimento.

Senza considerare le garanzie illimitate offerte dalla BCE per i titoli di stato del sud-Europa nell'ambito del programma OMT, garanzie offerte a spese dei contribuenti dei paesi europei ancora in salute. Se l'Euro dovesse disintegrarsi e i GIPSIC dichiarassero l'insolvenza, la Germania rischierebbe di peredere 545 miliardi di Euro. Quasi la metà di questa somma sarebbero pagamenti fatti dalla Bundesbank per conto dei paesi GIPSIC, misurati dai crediti Target. Fra tutti i paesi che partecipano ai salvataggi Euro, la Germania si accolla la quota di gran lunga maggiore, contribuendo a mitigare l'austerità richiesta dai mercati ai paesi del sud-Europa, molto di piu' di quanto non faccia ogni altro paese donatore.

Soros inoltre sottovaluta il rischio che una socializzazione dei debiti proterebbe con sé.  Alexander Hamilton, il primo ministro delle finanze americano, nel 1791 socializzò i debiti degli stati americani, per rafforzare "con il cemento" la nuova confederazione. Tuttavia la socializzazione del debito incentivo' i singoli stati ad indebitarsi sempre di piu' ed emerse una bolla del credito, scoppiata nel 1837 e che fino al 1842 porto' la maggior parte degli stati alla bancarottoa. Seguirono solamente discordia e conflitti.

L'Euro è un fondamentale progetto di integrazione europea

La crisi Euro è nata perché gli investitori hanno sottovalutato i rischi di una esposizione in sud-Europa e per questa ragione hanno indirizzato verso quei paesi troppo capitale, fatto che ha portato ad una bolla creditizia che ne ha distrutto la competitività. Gli Eurobond non farebbero che istituzionalizzare questa sottovalutazione del rischio impedendo ai mercati di correggere i loro errori. Seguirebbe un allentamento dei vincoli di bilancio  e un gigantesco azzardo morale, e la conseguente distruzione del modello europeo.

Soros dice anche che dopo l'introduzione degli Eurobond, i paesi che non riescono a portare a termine le riforme verrebbero a trovarsi in una situazione di povertà e dipendenza costante, come il mezzogiorno italiano. Sarebbe proprio cosi'. Grazie al denaro a buon mercato avremmo un buon numero di paesi di questo tipo. Si svilupperebbe una sorta di Mezzogiorno o Germania dell'est con un'elevata disoccupazione cronica, un livello di sviluppo economico molto limitato ma uno standard di vita accettabile, sia pure parzialmente finanziato dagli altri paesi.

Soros afferma che la Germania dopo un'uscita si troverebbe a soffrire per un apprezzamento della sua valuta. Non è vero. Da un lato la Germania ha un Euro sottovalutato e in termini di effetto "Terms of Trade" avrebbe solo vantaggi. Il vantaggio di poter importare a prezzi piu' economici sarebbe decisamente piu' importante rispetto al peggioramento dei prezzi dell'export. Inoltre la Bundesbank potrebbe evitare un apprezzamento eccessivo facendo come la banca centrale svizzera, e cioè comprando titoli esteri con la propria valuta. La Germania si troverebbe in una situazione migliore rispetto a quella attuale perchè invece di avere dei crediti Target di dubbia esigibilità, potrebbe accumulare titoli buoni e ben remunerati. Ma sottolineo ancora una volta: la Germania non deve uscire dall'Euro perché questo resta un progetto fondamentale di integrazione europea, che dopo la soluzione della crisi potrebbe avere degli effetti potenzialmente benefici per il commercio intra-europeo.

L'Italia non deve abbandonare l'Euro

Soros sostiene che l'uscita dei paesi del sud non farebbe altro che peggiorare i loro problemi di debito estero. E' vero il contrario. Naturalmente un'uscita con la conseguente svalutazione farebbe aumentare i debiti in relazione al PIL, di fatto una svalutazione reale ottenuta tramite una deflazione all'interno della zona Euro avrebbe esattamente lo stesso effetto. Se non si vuole inflazionare la zona Euro, i paesi del sud potranno recuperare competitività solo con l'uscita dall'Euro seguita da una svalutazione, oppure tramite una svalutazione interna fatta con una riduzione dei prezzi e dei salari, e questa è di nuovo la sola via per migliorare strutturalmente le partite correnti e rimborsare in maniera ordinata il debito. Messa in questo modo, un temporaneo aumento dei debiti in relazione al PIL non è evitabile, se un paese intende ripagare i debiti e riportarli ad un livello sostenibile.

A mio parere, per dare un contributo al miglioramento della competitività dei paesi del sud, dovremmo accettare un livello di inflazione piu' elevato nel nord dell'Eurozona. Se invece intendiamo spingere il risparmio del nord verso il sud attraverso gli Eurobond, dove di fatto i risparmi non vogliono andare, avremmo esattamente l'effetto opposto. Di fatto bloccheremmo il boom edilizio tedesco che grazie ad una riduzione della disoccupazione sta portando ad aumenti salariali piu' sostenuti, e quindi ad un'inflazione potenzialmente piu' alta in Germania.

Soros menziona l'Italia. Non vedo perchè l'Italia dovrebbe abbandonare l'Euro e perché si troverebbe in una situazione migliore se decidesse di uscire. L'Italia ha un  livello di debito estero molto basso e una economia che nel nord del paese resta molto competitiva. Secondo uno studio di Goldman Sachs, rispetto alla media europea, avrebbe bisogno di una svalutazione interna di un 10% massimo. Si puo' fare. Se fosse vero che la Germania, a causa di una uscita dall'Euro, entrerebbe in crisi, allora anche l'Italia verrebbe a trovarsi in una situazione simile, visto che Germania e Italia sono fortemente collegate da catene di fornitura. I due paesi sono piu' complementari che sostitutivi. 

Gli argomenti di Soros non convincono

Soros fa notare che il Giappone ha cercato di risolvere i suoi problemi tramite una politica di austerità secondo il modello tedesco, e mette in guardia dal cercare di ripetere l'esperimento giapponese. Ma  dal crollo del sistema bancario nel 1987 il Giappone non ha mai praticato nessuna politica di austerità. La Banca del Giappone da allora ha sempre tenuto i tassi di interesse vicini allo zero. Il debito pubblico in relazione al PIL è cresciuto dal 99% del 1996 al 237 % del 2012, poiché si è ricorsi ad una eccessiva spesa a deficit di tipo Keynesiano. A parte questo, la mancanza di effetti di una politica di austerità in un paese con un cambio flessibile non puo' essere trasferita ad un paese all'interno di una unione monetaria. Mentre il cambio flessibile compenserebbe ogni tentativo di rafforzare la competitività attraverso una deflazione, una deflazione all'interno di una unione monetaria puo' funzionare meravigliosamente, come l'esempio irlandese ha mostrato. L'economia irlandese dal 2006 ad oggi ha ridotto il suo livello dei prezzi in relazione al resto dell'Eurozona del 15%, e in questo modo è riuscita a salvarsi.

Gli argomenti di Soros non sono convincenti. Se c'è qualcuno che deve lasciare l'Euro, sono i paesi che non riescono a far fronte alla moneta unica. Non avrebbe senso dividere l'asse franco-tedesco e rinunciare  all'Euro, per rendere questi paesi nuovamente competitivi.






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venerdì 10 maggio 2013

Am deutschen Wesen soll die Welt genesen


Uno studio della Fondazione Bertelsmann prova a quantificare i vantaggi economici che la Germania ottiene da una permanenza nella moneta unica. Nel frattempo, un vecchio detto prussiano, ripreso dai nazisti, torna di moda nella Germania di Merkel. Da german-foreign-policy.com
Un recente studio della Fondazione Bertelsmann conferma i benefici finanziari che la Germania ricava dall'Euro. Secondo l'analisi, la Repubblica Federale grazie alla moneta unica nei prossimi 12 anni potrà attendersi maggiori guadagni per 1.2 bilioni di Euro, a cui invece con il D-Mark avrebbe dovuto rinunciare. Nel complesso la Germania puo' sperare di avere un PIL di 170 miliardi di Euro superiore rispetto a quanto non sarebbe stato possibile senza la moneta unica. Allo stesso tempo per l'ennesima volta i critici ripetono: la moneta unica concepita e progettata secondo i bisogni tedeschi garantisce alla Germania vantaggi non trasferibili strutturalmente agli altri paesi della zona Euro. Secondo quanto scritto dall'economista Mark Blyth sulla prestigiosa rivista americana "Foreign Affairs", è improbabile che tutti i paesi EU possano imitare il lucrativo modello di export tedesco - non ci sarebbero abbastanza compratori. Dure critiche sono state espresse recentemente anche dal giornalista francese Luc Rosenzweig. Con la nascita del governo rosso-verde nel 1998 la Repubblica Federale ha iniziato ad imporre i suoi interessi internazionali - fino agli attuali diktat di risparmio, scrive Rosenzweig, e paragona il comportamento di Berlino con la politica di potenza del Kaiser tedesco.

100 miliardi di Euro all'anno

Come confermato da un recente studio della fondazione Bertelsmann, la Germania ricava dalla  moneta unica grandi benefici. Secondo l'analisi, mantenendo la moneta unica, la Repubblica Federale puo' aspettarsi da qui al 2025 una crescita del PIL fino a un valore di 2.8 bilioni di Euro. In caso di un immediato ritorno al D-Mark, la Fondazione Bertelsmann ipotizza invece gravi contraccolpi economici. Se si sommano in maniera sistematica le differenze fra lo scenario D-M e quello Euro, nel caso di un ritorno al D-Mark il risultato finale prevede, in termini di PIL, "una perdita complessiva pari a 1.2 bilioni di Euro". Fra il 2013 e il 2025 il PIL annuo aggiuntivo derivante dal mantenimento della moneta unica sarebbe di quasi 100 miliardi di Euro.

D-Mark: "conseguenze incalcolabili"

L'analisi condotta dalla Fondazione ipotizza vantaggi finanziari anche nel caso in cui dovesse essere necessario un taglio del debito pari al 60% in Grecia, Portogallo, Spagna e Italia. In questo caso ci si dovrebbe aspettare un rallentamento delle dinamiche economiche; tuttavia sarebbe alquanto contenuto [2]. Va inoltre tenuto presente che il ritorno al D-Mark causerebbe un aumento della disoccupazione. La Fondazione Bertelsmann sottolinea inoltre che lo studio fa un confronto puramente aritmetico fra i due scenari, senza prendere in considerazione le altre conseguenze. Il ritorno al D-Mark, sempre secondo la Fondazione, oltre alle perdite finanziarie per la Repubblica Federale, causerebbe una dissoluzione della zona Euro e una difficile crisi economica mondiale, "le cui conseguenze sarebbero incalcolabili"[3]. Anche se questa visione dei fatti nell'establishment tedesco oggi viene messa in discussione (ad esempio "Alternative fuer Deutschland" [4]) - ci conferma tuttavia quali vantaggi si attendono le élite tedesche dal mantenimento della moneta unica.

Le esportazioni hanno bisogno di compratori

Allo stesso tempo i critici sottolineano che con la struttura attuale della moneta unica, i vantaggi tedeschi non sono automaticamente trasferibili a tutti i paesi della zona Euro. Cosi' scrive l'economista Mark Blyth nell'ultimo numero della prestigiosa rivista americana Foreign Policy: il successo tedesco è basato su di un mix di bassi consumi interni e abbondanti esportazioni. La crescita in Germania è quindi legata ai bassi costi di produzione e ad una valuta stabile. L'unione monetaria di fatto è stata modellata sulle necessità tedesche: una forte politica di competitività e una "banca centrale estremamente indipendente e concentrata sull'inflazione". Non tutti gli stati possono pertanto seguire il modello tedesco - anche solo per una questione di principio: l'offensiva tedesca dell'export funziona solamente quando gli altri stati acquistano piu' di quanto non riescano ad esportare all'estero [5]". "Dovranno tutti ottenere un avanzo commerciale con l'estero?", Blyth cita un commento ironico della stampa economica: "E se si', con chi? Con gli abitanti di altri pianeti?".

La banca centrale in manette

La scorsa settimana anche il giornalista francese Luc Rosenzweig si è espresso in maniera simile. Già negli anni '90 i governi di Bonn si erano preoccupati affinché "l'unione monetaria (...)nascesse nel dogma della stabilità monetaria e fosse governata da regole draconiane", che "impedissero alla BCE di svolgere un ruolo simile a quello svolto dalle banche centrali delle principali potenze economiche", scrive Rosenzweig. Pertanto la BCE non puo', all'occorrenza, "realizzare un trasferimento dai paesi piu' ricchi a quelli piu' poveri", come sarebbe necessario all'interno di zone valutarie con grandi differenze interne [6]. Nell'attuale Euro-crisi "è quindi possibile assistere ai danni che questa chimera economica ha causato".

Controllare e punire

Rosenzweig sottolinea che la vera rottura che ha portato all'egemonia tedesca nella EU è arrivata con il governo Schröder/Fischer del 1998. Il cancelliere SPD insieme al ministro degli esteri dei Verdi non avrebbe solo rotto il tabu' "del non interventismo militare", piuttosto ha aiutato l'industria tedesca ad imporsi nella competizione internazionale grazie ad una politica di austerità ("Hartz IV"). "Gli interessi economici e geopolitici di Berlino" sotto Schröder "sono stati difesi e promossi in maniera molto efficace", scrive Rosenzweig. Gli stati dell'Europa dell'est "sono diventati economicamente dipendenti dalla Germania, la Russia di Putin ha avviato una partnership energetica all'interno della quale le istituzioni dell'Unione Europea difendono gli interessi tedeschi"[7]. La stessa riflessione era già stata fatta lo scorso anno dall'ex commissario EU António Vitorino (german-foreign-policy.com [8]). La cancelliera Merkel ha  poi proseguito con la difesa degli interessi tedeschi durante la crisi Euro attraverso l'imposizione dei diktat di risparmio, continua Rosenzweig. Anche un poco probabile avvicendamento al governo in autunno "non cambierebbe la nuova Germania, che vuole punire e controllare gli altri europei".

Medicina mortale

"Nei tempi in cui la Germania voleva ancora mostrare ai suoi partner un volto buono", il detto "risalente all'epoca di Bismark, 'Am deutschen Wesen soll die Welt genesen' era considerato  offensivo, scrive Rosenzweig. E avverte: "oggi il modo di dire è tornato in auge". E non ci si preoccupa affatto "se ai malati d'europa", con i diktat di risparmio tedeschi, non si finisca "per somministrare una medicina mortale".[9]


[1] Thieß Petersen: Wirtschaftliche Vorteile der Euro-Mitgliedschaft für Deutschland. Policy Brief 2013/01 der Bertelsmann-Stiftung
[2] Bertelsmann-Stiftung: Deutschland profitiert vom Euro; www.bertelsmann-stiftung.de 29.04.2013
[3] Thieß Petersen: Wirtschaftliche Vorteile der Euro-Mitgliedschaft für Deutschland. Policy Brief 2013/01 der Bertelsmann-Stiftung
[4] s. dazu Brüche im Establishment
[5] Mark Blyth: The Austerity Delusion. Why a Bad Idea Won Over the West, Foreign Affairs May/June 2013
[6], [7] Luc Rosenzweig: Das Deutschland unserer Träume; Frankfurter Allgemeine Zeitung 30.04.2013
[8] s. dazu Praeceptor Europae
[9] Luc Rosenzweig: Das Deutschland unserer Träume; Frankfurter Allgemeine Zeitung 30.04.2013





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giovedì 9 maggio 2013

Hans Werner Sinn: serve un'unione monetaria aperta

In una recente intervista a Die Welt, il grande economista tedesco torna a rilanciare l'unione monetaria aperta: i membri in difficoltà dovrebbero poter uscire, svalutare, fare le riforme e tornare nella moneta unica con il supporto della comunità internazionale


Secondo Hans-Werner Sinn la maggior parte delle decisioni politiche prese durante l'eurocrisi era sbagliata. Ed è certo di una cosa: la Grecia sarebbe già fuori pericolo - se nella primavera del 2010 avesse dichiarato l'insolvenza.

Gli economisti pensano in maniera sistemica, purista. La politica deve trovare compromessi in una realtà contraddittoria. Gli economisti riescono ancora a capire i politici senza concludere che il politico pensa solo alla sua rielezione?

Che un politico pensi a farsi rieleggere non è fondamentalmente sbagliato. Il problema è che le frequenti elezioni in Germania premiamo il populismo di breve periodo e trasformano la politica in una manovra tattica. L'effetto è rafforzato ulteriormente dai sondaggi settimanali. Sarebbe una buona idea dare ai genitori il diritto di voto anche per i propri figli, affinché le decisioni di lungo periodo nelle urne possano avere un peso maggiore. Allo stesso tempo su questioni specifiche mi piacerebbe vedere dei referendum popolari come in Svizzera. I personality-show privi di contenuto messi in scena durante le campagne elettorali sono controproduttivi.

Siamo ancora nel pieno dell'eurocrisi. Che cosa ha l'euro di diverso da un'altra moneta? Anche lei pensa che potremmo dire addio all'euro?

Naturalmente la Germania puo' sopravvivere anche senza l'euro. Gli scenari horror ipotizzati in caso di uscita sono esagerati. In particolare non è vero che l'industria dell'export collasserebbe. Un po' di rivalutazione farebbe bene alla Germania, perché il vantaggio di una riduzione dei prezzi dell'import sarebbe piu' importante rispetto agli svantaggi legati ad un peggioramento del prezzo delle esportazioni. La Bundesbank poi potrebbe evitare un forte apprezzamento del nuovo Marco acquistando titoli esteri con la propria moneta, come sta facendo la banca centrale svizzera. Questi titoli prenderebbero il posto degli attuali saldi Target, crediti che di fatto non hanno alcun valore. Da un punto di vista tecnico ci sarebbero solo vantaggi. Tuttavia per ragioni politiche la Germania deve restare nell'euro: l'euro resta un progetto centrale per l'integrazione europea. Inoltre, ritengo indispensabile tutelare i crediti verso l'estero delle nostre banche e assicurazioni e non da ultimo, non dobbiamo rinunciare ai crediti Target della Bundesbank. Se un paese non è piu' in grado di sostenere l'euro perché ha perso competitività, sarebbe meglio lasciarlo uscire. La Germania dovrebbe smetterla di mantenere nell'euro tali paesi alimentandoli con prestiti pubblici sempre maggiori  che di fatto non saranno mai rimborsati.

Come sarà l'Europa fra 5 anni? 

I sassi che ci verranno tirati addosso saranno sempre piu' grandi, se continueremo con questa politica. E' stato un grande errore violare il trattato di Maastricht e tenere la Grecia nell'euro con prestiti, pari al 160 % del PIL, che non saranno mai rimborsati.  Questa politica ha aiutato le nostre banche e quelle francesi, e forse qualche ricco in Grecia, ma per le persone comuni ha significato disoccupazione di massa e disperazione. La Grecia avrebbe già da tempo superato la fase piu' difficile se nella primavera del 2010 avesse dichiarato l'insolvenza e fosse uscita dalla moneta unica. Si sarebbe liberata di buona parte del suo debito e con una Drachma svalutata avrebbe raggiunto una nuova competitività. La disoccupazione giovanile non sarebbe stata certo al 60% come oggi. Quello a cui assistiamo in Grecia è una tragedia per la gente del luogo, e la colpa per questa politica sbagliata ricade sui tedeschi, sebbene siano loro i principali contributori. Con questa politica ci stiamo impoverendo e allo stesso tempo ci attaccano usando le svastiche. Se la situazione nei paesi piu' grandi dovesse peggiorare, non potremmo mantenere la stessa politica usata in Grecia, perché le risorse non sarebbero sufficienti.

La Germania sembra il paese meno amato in Europa: troppo grande per restare nascosto, ma troppo debole per la leadership. Che cosa ne pensa un'economista?

Questo tema mi fa pensare continuamente. Sono al momento a Washington. La crisi europea qui è onnipresente. La Germania dovrebbe assumersi le proprie responsabilità e cercare soluzioni realmente sostenibili per la zona Euro. Soluzioni che possono risiedere solo in un sistema monetario piu' flessibile, a metà strada tra un sistema dei cambi fissi e una moneta nazionale come il dollaro. Mi immagino una unione monetaria aperta, da cui si possa uscire temporaneamente, se non si è in grado di far fronte alle difficoltà, e per fare cio' si possa contare sugli aiuti della comunità internazionale. Sono per un piano Marshall per la Grecia, ma solo dopo la sua uscita. E' una soluzione migliore e piu' conveniente rispetto all'erogazione di denaro fatta tramite le istituzioni comuni come la BCE, nelle quali non siamo sufficientemente rappresentati ma di cui siamo i principali finanziatori, e delle cui scelte siamo considerati  i principali responsabili.

Se lei confronta la Germania del 1989 e quella di oggi, quale è stato il cambiamento piu' importante?

La solidità finanziaria del nostro paese è andata perduta. I debiti pubblici nascosti e i rischi sono cresciuti massicciamente a causa di una Euro-politica sbagliata. Si avvicina inoltre il punto in cui i nostri babyboomer, che oggi sono verso la fine dei quaranta, vorranno andare in pensione senza pero' poter contare sul sostegno della generazione che li segue, a causa della loro bassa occupazione. Devo riconoscere che la politica ha cercato di contrastare questa tendenza introducendo un limite all'indebitamento in costituzione, e che in altri paesi la situazione è decisamente peggiore. Tuttavia vedo troppa contabilità creativa nei bilanci dello stato tedesco e nell'unione monetaria. In questo modo il peso che dovranno sopportare i nostri figli è solamente nascosto.

Ci stiamo muovendo verso la piena occupazione, in Europa la nostra flessibilità e il nostro mercato del lavoro causano ammirazione e invidia. Nel nostro paese invece lo slancio politico si sta riducendo. Secondo lei questo atteggiamento negli ultimi anni è cresciuto?

La Germania si trova a circa 3 milioni di posti di lavoro dalla piena occupazione. La disoccupazione oggi è 6 volte piu' grande rispetto ai tempi in cui io studiavo. A questo proposito mi permetta di esprimere qualche dubbio sulle sue affermazioni. E sicuramente vero che il mercato del lavoro va meglio rispetto a quasi tutti gli altri paesi europei. Abbiamo lavoro, ma a causa delle politiche europee mettiamo a rischio una parte sempre maggiore del nostro patrimonio, senza nemmeno rendercene conto. La crisi Euro è un'esperienza di vita molto amara nei paesi del sud-Europa, che pero' si ripercuote su di noi. Non dobbiamo trasformare la società tedesca, ma la casa europea.

L'economista Sinn è un normale cittadino. Quale sarebbe il suo piu' grande desiderio?

Dovrebbe arrivare una fata, far sparire nell'aria l'intero Euro-disastro, far sparire la croce uncinata che nella mente di molti europei viene agitata contro di noi. Allora potrei tornare a dormire sonni tranquilli.






lunedì 6 maggio 2013

Il volenteroso carnefice della Troika


Yannis Stournaras, ministro delle finanze greco, intervistato da FAZ prova a giocare il ruolo dello studente diligente che ha fatto tutti i compiti a casa. Verso la fine dell'intervista getta pero' la maschera: la Grecia è in ginocchio c'è bisogno di una unione di trasferimento. Da FAZ.net
Con il risanamento del bilancio siamo arrivati ad un punto di svolta, ci dice il ministro delle finanze greco Yannis Stournaras. E chiede: i paesi che hanno avuto vantaggi dalla crisi dovranno condividere con gli altri i guadagni.

Professor Stournaras, com'è la situazione in Grecia?

Recentemente il gruppo di lavoro per la Grecia ha approvato un ulteriore credito da 2.8 miliardi di Euro. Ci aspettiamo inoltre che la Grecia alla prossima riunione dell'Eurogruppo del 13 maggio ottenga una ulteriore tranche da 6 miliardi di Euro. Tutto è andato bene, domenica scorsa abbiamo ricevuto l'approvazione del Parlamento per un ulteriore pacchetto di riforme. In questo momento sono abbastanza soddisfatto.

Secondo quanto mostrato in televisione, anche durante l'ultima votazione ci sono state nuove proteste. Vi lasciate impressionare?

Al contrario, la situazione nel frattempo è diventata molto piu' calma. Dal mio ufficio si vede la piazza Syntagma e il Parlamento. E non ho visto nessun dimostrante. Anche prima dell'ultimo dibattito davanti al parlamento c'erano 500 dimostranti. Sia in Parlamento che nelle piazze la situazione era tranquilla come mai fino ad ora. Le persone stanno mostrando una grande pazienza e apprezzano quello che facciamo.

La situazione è ancora esplosiva?

Non siamo affatto vicini ad una esplosione. Ma naturalmente la situazione sociale è ancora molto difficile. I salari e le pensioni sono stati pesantemente ridotti, e le tasse sono notevolmente salite.

E che cosa avete raggiunto fino ad ora?

Abbiamo realizzato piu' di due terzi del nostro obiettivo di correzione del budget e allo stesso tempo rimosso gli svantaggi competitivi dovuti ad un costo del lavoro per unità di prodotto troppo elevato. Abbiamo dei risultati molto buoni da mostrare.

Ci sono già i primi segnali del fatto che la situazione in Grecia sta migliorando?

Il peggio è alle spalle. Anche se ci attende un percorso ancora molto lungo. Tuttavia negli ultimi 6 o 7 mesi c'è stata una svolta importante. Il consolidamento di bilancio è su di un percorso corretto. Ho chiesto agli specialisti e a tutti gli statistici di cercare i primi segni di una inversione di tendenza nella situazione economica.

Qual'é stato il risultato?

Dalla banca centrale greca, ad esempio, ci hanno detto che la produzione industriale si è stabilizzata. Non sta piu' diminuendo, siamo arrivati al punto piu' basso.

La Grecia ha bisogno di una miccia per innescare la ripresa economica?

Io credo il turismo potrebbe essere la miccia che entro la fine dell'anno farà ripartire l'economia. Se la stagione turistica si sviluppa secondo le informazioni che stiamo ricevendo dalle diverse capitali europee, allora presto nell'economia reale potremmo avere una vera svolta.

Quali requisiti dovranno essere soddisfatti affinché l'economia greca possa vivere un cambiamento positivo?

Le banche dopo le ricapitalizzazioni dovranno tornare a sostenere l'economia reale. I depositi presso le banche sono tornati nuovamente a crescere, solo con una piccola interruzione dovuta alla crisi di Cipro. 

Quali sono le condizioni politiche per il proseguimento del risanamento greco nella vostra coalizione tripartito?

Nella coalizione abbiamo un buon clima politico. I partner semplificano il mio lavoro da ministro evitando di farmi richieste irrazionali.

A che punto siete arrivati con il risanamento del bilancio?

Nonostante tutte le cassandre, riusciremo a raggiungere gli obiettivi. Ci è stato chiesto di ottenere un avanzo primario nel 2014, ma potremmo raggiungerlo addirittura a fine 2013. Pare che il consolidamento fiscale proceda meglio di quanto non ci sia stato chiesto.

Recentemente tutti gli sguardi erano rivolti ai dati pubblicati da Eurostat sul bilancio 2012; con il 10 % di deficit/PIL siete andati peggio del previsto. Avete raggiunto i vostri obiettivi?

C'è stato un malinteso. Nel deficit è stato calcolato il denaro legato alle perdite bancarie. Ma la valutazione avviene sul saldo primario. E nel 2012 è stato di uno 0.2 % inferiore rispetto a quanto ci era stato richiesto. L'obiettivo era l'1.5% del PIL, abbiamo raggiunto l'1.3%.

Quali sono le sfide che vi attendono?

Davanti a noi c'è la privatizzazione di due grandi aziende, l'azienda nazionale per il gioco d'azzardo e la società nazionale del gas Depa. Poi ci sarà la ricapitalizzazione delle banche. L'istituto piu' grande, la National Bank of Greece, si sta sforzando di raccogliere presso sottoscrittori privati, secondo le regole, il 10% del capitale necessario, vale a dire circa 800 milioni. La priorità piu' importante è ovviamente mantenere l'economia e le finanze pubbliche in carreggiata.

Lo stato greco non ha solo un problema di debiti, ma anche molte fatture da pagare ai suoi fornitori.

Abbiamo appena iniziato a pagare le forniture. Stiamo procedendo secondo il piano ed abbiamo già pagato 3.7 miliardi di Euro degli 8.7 miliardi in totale. Se entro la fine dell'anno riuscissimo a pagare l'intero importo, ci sarebbe un effetto crescita di un punto percentuale di PIL.

La Grecia quando tornerà a vivere finanziariamente con i propri mezzi?

Il vero test sarà superato quando torneremo sui mercati finanziari. Per fare questo abbiamo bisogno di raggiunere gli obiettivi di risanamento, eseguire il programma di privatizzazioni e tornare alla crescita economica. Allora non avremo piu' bisogno di essere sostenuti dai nostri partner. Il requisito è la stabilità finanziaria. La coalizione dovrà ancora lavorare i prossimi 3 anni su questi obiettivi ed essere consapevole che il nostro lavoro sarà valutato solo alla fine del periodo. In questo credo e spero. E fino ad ora sta funzionando.

Nella coalizione non c'è stata una guerra sul licenziamento dei 15.000 dipendenti pubblici imposto dalla Troika?

Nessuna guerra, solo discussione. L'obiettivo, la riduzione di 150.000 unità fra i dipendenti pubblici entro il 2015, sarà raggiunto con la normale fluttuazione. Ogni 5 lavoratori che vanno in pensione, solo uno sarà sostituito. Noi e la Troika vogliamo pero' ottenere ancora di piu': le persone che non raggiungono i requisiti per il servizio pubblico se ne dovranno andare, vale a dire 15.000 unità. Ma al loro posto abbiamo intenzione di inserire un numero uguale di giovani, con l'obiettivo di migliorare il livello del servizio pubblico. Un ulteriore passo in avanti riusciremo a farlo quando l'età per gli avanzamenti di carriera sarà ridotta. Nella fascia di età fra i 35 e i 45 anni abbiamo molte persone capaci, e se potessimo portarle in posizioni di vertice, vedremmo nel giro di poco tempo un servizio pubblico completamente nuovo.

Ma i greci temono che anche le nuove assunzioni saranno fatte con metodi clientelari. 

Abbiamo già un processo di selezione indipendente eseguito secondo criteri meritocratici, senza l'influenza del governo.

Quando lei ha accettato la sua posizione al ministero delle finanze, non si è lamentato della situazione che ha trovato?

Quando il presidente del consiglio me lo ha chiesto non ho potuto dire di no, il mio paese si trova in una situazione simile ad una guerra. Ho dovuto servire il mio paese e rinunciare ad una posizione ben pagata nel settore privato ed al mio ruolo di professore all'università. Sono consapevole che il compito è molto difficile ma sono deciso nel raggiungere l'obiettivo. Nessun compito è impossibile, se uno ha capacità di resistenza e persegue la giusta politica.

Negli altri paesi gira la tesi secondo cui l'intera crisi greca era evitabile se solo all'inizio Angela Merkel avesso staccato un assegno sufficientemente grande. Che cosa ne pensa?

Si tratta di storia virtuale. Non potremo mai saperlo. Certo è: l'Europa non aveva alcun meccanismo di salvataggio. Il caso greco è stato quindi un esperimento. Alla fine l'Europa ha avuto la forza e la volontà di creare un meccanismo di salvataggio. Ora abbiamo imparato la nostra lezione. Abbiamo decisamente bisogno di una unione bancaria, di un maggior coordinamento delle nostre politiche economiche, di crescita e di una discussione aperta sulle politiche di sviluppo.

Di cosa vorrebbe discutere?

Il mio amico e collega Wolfgang Schäuble su questo punto non è affatto d'accordo con me, ma dobbiamo ricordarci che già Keynes, durante le trattative per il sistema di Bretton Woods nel 1944 ebbe modo di affermare che un sistema di cambi fissi in caso di deflazione o politiche di risparmio applicate contemporaneamente in tutti i paesi avrebbe causato una recessione. Il sistema dei cambi fissi si trova quindi in pericolo. Dobbiamo trovare un modo affinché i paesi che dalla crisi hanno avuto dei vantaggi, possano condividere i loro guadagni con gli altri paesi.

Secondo lei chi è stato ad avere vantaggi dalla crisi?

La Germania e gli altri paesi tripla A sono i vincitori. Perchè in questi paesi i tassi di interesse sono crollati, non solo per gli stati, ma anche per le imprese.

Lei ha dei problemi personali con la Germania?

Non vedo alcun problema. Io credo in strategie politiche reciproche e sono convinto che per ogni problema esiste una soluzione e un compromesso.

Secondo lei la causa della crisi attuale risiede in una mancanza di competitività di alcuni paesi europei sui mercati internazionali oppure è l'austerità?

Entrambe le cause sono molto importanti. Prendiamo la Grecia ad esempio. Dopo l'ingresso nella moneta unica il paese ha fatto degli errori tragici. Ha gonfiato il settore pubblico, influenzando negativamente il deficit di bilancio e la competitività. La Grecia non ha liberalizzato i mercati e le professioni e ha perso competitività di prezzo sui mercati mondiali. Nelle finanze statali la Grecia ha creato una bolla. Dal 2009 in avanti sono state fatte manovre molto dure, con tagli alle pensioni e ai salari, minore spesa pubblica e un deficit piu' basso. Sebbene in questo modo la competitività sia stata ripristinata, ci troviamo in una profonda recessione, perché le misure di aggiustamento hanno avuto un effetto pro-ciclico. Non c'è un meccanismo che possa portare la Grecia fuori dalla recessione; nonostante una forte riduzione del costo del lavoro per unità di prodotto, il tasso di disoccupazione è al 27% e quella giovanile al 56 %. Il ripristino della competitività di prezzo non ha aiutato il mercato del lavoro.

La Grecia ha quindi un modello di business per la sua economia?

La Grecia ha sempre avuto un modello di business, valido nel settore nel turismo, ed ha numerose imprese attive in settori produttivi che riescono ad esportare. Il nostro paese aveva solo una bolla nelle finanze pubbliche, ma non nell'economia reale. Non abbiamo avuto nessuna bolla immobiliare oppure un eccesso di erogazione di prestiti. Adesso dobbiamo realizzare degli incentivi affinché gli investimenti vadano verso le imprese che possono esportare servizi o beni, oppure produrre beni che sostituiscano le importazioni. Dobbiamo liberalizzare le professioni e i mercati. E' molto doloroso, perché durante il processo di transizione aumenta la disoccupazione, e non abbiamo risorse per la previdenza sociale. Ma i greci hanno pazienza. Ci sono proteste solo dal settore pubblico. Le previsioni secondo cui Atene sarebbe stata messa a ferro e fuoco durante le proteste non si sono avverate. I cittadini si sono calmati, perché vedono la luce alla fine del tunnel.

E per quanto riguarda la prospettiva di un'uscita della Grecia dall'Euro?

Tutti gli analisti che si aspettavano un abbandono dell'unione monetaria da parte della Grecia, dovranno pentirsi della loro previsione. Hanno spinto le persone ad investire su di una dissoluzione dell'Euro. Ma in questo modo hanno perso denaro, ed è un bene che sia andata cosi'. Se gli speculatori perdono il loro denaro, il sistema si stabilizza.

Qual'è la sua visione per la Grecia?

Non intendiamo solo ridurre il debito pubblico e raggiungere il pareggio di bilancio entro il 2020. Vogliamo essere competitivi, esportare e non solo consumare. Non c'è nessun'altro paese che ha pagato un prezzo cosi' alto in termini di riduzioni salariali, tagli alle pensioni e disoccupazione. Adesso siamo vicini al nostro obiettivo e non vogliamo fallire.




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