domenica 28 ottobre 2018

Flassbeck: perché il governo italiano dovrebbe approfittare delle critiche americane ai tedeschi

Riflessione impeccabile del grande Heiner Flassbeck: gli americani continuano ad attaccare gli avanzi commerciali tedeschi e la relativa sottovalutazione del cambio, in Europa tuttavia nessuno ha il coraggio di alzare la voce contro le violazioni dei trattati europei commesse dai primi della klasse. Invece di inventarsi soluzioni complesse e politicamente impraticabili, come ad esempio l'assicurazione europea contro la disoccupazione o l'unione di trasferimento, bisognerebbe andare dritto alla radice del problema: il dumping salariale e la deflazione tedesca. Da Makroskop.de un ottimo Heiner Flassbeck


Il Dipartimento del Tesoro degli Stati Uniti nel suo recente „Currency Report“ ha fornito un'analisi sorprendentemente accurata della crisi europea. Perché solo gli europei non riescono a capirlo?

Ciò che il presidente americano sapeva già nel maggio 2017 ora è stato  confermato da un rapporto americano ufficiale: „The Germans are bad, very bad“. Nel cosiddetto Currency Report che il Tesoro americano invia ogni sei mesi al Congresso, le parole di Trump non vengono esattamente ripetute, ma il messaggio di fondo resta lo stesso.

Non è la prima volta che la Germania in questo rapporto viene criticata, ma il modo in cui questa volta lo si fa dimostra che ora l'amministrazione americana capisce molto meglio cosa è accaduto nell'eurozona rispetto a quanto non facesse prima. Il fatto che i media tedeschi e la politica tedesca sull'argomento mantengano un silenzio assordante, parla da sé.

Perché solo gli americani capiscono cosa sta accadendo in Europa?

E' più che sorprendente il fatto che sia proprio l'amministrazione americana a capire esattamente ciò che è accaduto nell'area dell'euro, molto meglio di quanto non facciano i membri stessi della zona euro. Nonostante sia stata espressa una critica così aperta e chiara nei confronti della Germania, tuttavia non c'è stato un solo paese fra quelli della zona euro ad esprimersi apertamente in merito, paesi che soffrono in maniera diretta delle conseguenze della politica tedesca. Il Tesoro americano nel suo capitolo sulla Germania scrive:

"Nel lungo periodo c'è stata una significativa divergenza tra l'inflazione interna tedesca e la crescita dei salari e l'inflazione media dell'area dell'euro (piu' alta) e la crescita dei salari. Ciò ha contribuito ad un aumento generale della competitività della Germania rispetto a quella dei suoi vicini dell'area dell'euro. Tuttavia, date le ampie differenze in termini di performance economiche all'interno dell'area dell'euro, il tasso di cambio nominale dell'euro non ha seguito questo aumento della competitività tedesca....

Permettere un aumento della domanda interna rispetto a un'offerta relativamente inelastica dovrebbe contribuire a far crescere i salari, i consumi interni, i prezzi relativi nei confronti degli altri membri dell'area dell'euro e la domanda di importazioni; un livello dei prezzi relativi piu' alto aiuterebbe a far apprezzare il sottovalutato tasso di cambio reale della Germania. Ciò contribuirebbe ad un riequilibrio globale e all'interno dell'area dell'euro".

E' davvero un peccato che le amministrazioni europee non siano in grado o non siano abbastanza coraggiose da mettere al centro della discussione europea la questione tedesca proponendo un'analisi così chiara e senza trucchi. Se il presidente francese si presentasse con proposte simili, sostenendo che la politica salariale tedesca ha violato l'obiettivo d'inflazione concordato, potrebbe anche risparmiare al suo ministro delle finanze e delle politiche europee la cosiddetta assicurazione europea contro la disoccupazione.

Anche il governo italiano dovrebbe approfittare delle critiche americane. Fino ad ora ha avuto troppa paura di attaccare ufficialmente la posizione tedesca e di denunciare apertamente le violazioni delle regole dell'unione monetaria commesse dai tedeschi. Questa potrebbe essere una tattica per avere ulteriori argomenti da spendere nel corso delle "trattative" con Bruxelles, ma prima o poi qualcuno dovrà dirlo: il dumping salariale tedesco è alla base della miseria dell'euro e la Germania ha violato in maniera sistematica le norme sulla limitazione degli avanzi delle partite correnti, senza alcuna sanzione da parte della Commissione.

Da dove arrivano i tassi di cambio?

Al di là del problema dell'euro, il Tesoro americano continua a fare un errore analitico decisivo. Fra i tre criteri che stabiliscono se un paese puo' essere considerato un „currency manipulator“, c'è ancora l'intervento sul mercato dei cambi da parte della banca centrale. Poiché la BCE non interviene sul mercato dei cambi, anche questa volta la Germania è sfuggita alle maglie della rete. Ciò significa che l'amministrazione americana intende attenersi alla finzione secondo la quale non è possibile criticare un tasso di cambio che non è stato distorto da interventi della banca centrale. Pur riconoscendo che ci possono essere sopra- e sottovalutazioni anche senza interventi diretti, si rifiuta tuttavia di fare il passo logico successivo.

Ma ciò non è affatto giustificato in considerazione di una speculazione valutaria massiccia e destabilizzante. Se invece dei tassi di cambio definiti dal mercato si dovesse individuare un tasso di cambio adeguato all'economia nel suo complesso, cioè bilanciare la crescita del costo del lavoro per unità di prodotto attraverso l'apprezzamento e la svalutazione, ci sarebbero molti più casi di paesi che in maniera ingiustificata guadagnano o perdono competitività.




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sabato 27 ottobre 2018

La potenza egemone e i suoi nemici all'interno dell'UE

A turbare i sonni della Germania sono gli attacchi che sui diversi fronti europei stanno mettendo a rischio la base economica e politico-militare della potenza tedesca: l'Unione Europea. Da sud gli italiani mettono in dubbio il paradigma dell'austerità, da est i polacchi e gli ungheresi la subalternità politica alla Germania, da ovest i francesi con Mélenchon attaccano il nuovo militarismo di Berlino, mentre da nord i britannici contrastano il bullismo di Bruxelles. German Foreign Policy, di solito ben informato, analizza la situazione europea dal punto di vista di Berlino. Da German Foreign Policy


(...) L'Europa della guerra

Il conflitto con l'Italia e lo scontro sulle condizioni per l'uscita della Gran Bretagna dall'UE [4] stanno aggravando le tensioni con un numero crescente di paesi. Ad esempio in Francia, dove le proteste contro l'egemonia di Berlino all'interno dell'UE di recente sono diventate sempre più forti. In un discorso tenuto lunedì all'Assemblea nazionale, il fondatore de La France Insoumise, Jean-Luc Mélenchon, non  solo ha preso posizione contro l'austerità imposta da Berlino, accusandola di distruggere il modello sociale francese [5], ma ha anche criticato la militarizzazione dell'UE portata avanti da Berlino [6]. "In realtà si voleva costruire un'Europa della pace", ma ora scopriamo che su iniziativa della Germania, "stiamo costruendo un'Europa della guerra". Già alla fine di settembre Mélenchon in un articolo di giornale aveva protestato contro i piani tedeschi per trasformare il paese una potenza nucleare tramite una partecipazione al nucleare militare francese. Inoltre, - per l'ennesima volta - ha sottolineato l'egemonia del personale tedesco nelle posizioni decisive all'interno degli organi e delle burocrazie UE [7]. In definitiva, l'egemonia tedesca nell'UE si fonda sullo schiacciante potere economico del paese che consente al governo di Berlino di comportarsi in maniera imperiosa. [8] Mélenchon, che con il 19,6 per cento nelle elezioni presidenziali del 2017 ha mancato di poco il ballottaggio, lancia ora un appello affinché la Francia "esca da tutti i trattati europei"  in quanto in vista non vi sarebbe nessun miglioramento. [9]

Vassalli

Contemporaneamente stanno diventando sempre piu' evidenti le crescenti divergenze con gli stati del gruppo di Visegrad (Polonia, Ungheria, Repubblica Ceca, Slovacchia). Martedì durante un incontro negli uffici del Ministero degli Esteri ci sono state delle schermaglie tra il presidente della repubblica Frank-Walter Steinmeier e il suo omologo polacco Andrzej Duda. Al centro dello scontro non c'è stata solo la riforma della magistratura, con la quale Varsavia vorrebbe sottoporre i tribunali del paese, in particolare le istanze superiori, al controllo politico [10]. Alludendo ad ulteriori questioni controverse, Duda si è espresso contro un "concerto delle principali potenze" all'interno dell'Unione mediante il quale i paesi piu' popolosi dominano apertamente gli altri e ha dichiarato: "Non vogliamo essere vassalli". [11] All'obiezione del presidente tedesco, secondo il quale tutti gli Stati membri avrebbero aderito volontariamente all'Unione, Duda ha sottolineato che con la Gran Bretagna ora c'è un primo paese a lasciare l'UE. Non è un segreto che fino ad ora Bruxelles non abbia risparmiato sforzi nel cercare di trasformare l'uscita della Gran Bretagna in un deterrente per scoraggiare gli altri membri ad uscire dall'Unione [13]. Per gli Stati membri più piccoli l'uscita dall'UE è un'opzione possibile solo in linea teorica, come dimostrato dalla tattica negoziale intimidatoria dell'UE nelle trattative per la Brexit.

Mangiare o essere mangiato

Nel tentativo di consolidare l'UE, dalla quale le élite tedesche continuano a trarre grandi vantaggi economici e politici, l'establishment tedesco ha individuato un nemico e ora lo indica apertamente. I "nemici" dell'Unione "sono all'interno e vogliono distruggerla", era scritto pochi giorni fa su un quotidiano tedesco, un tempo una testata liberale, in riferimento al conflitto sul bilancio italiano. [14] Allo stato attuale ci sono "almeno tre attacchi simultanei" nei confornti dell'UE: uno dalla Gran Bretagna, in partenza, un secondo dalla Polonia e dall'Ungheria e un terzo dall'Italia. Roma potrebbe ora "causare una crisi valutaria e finanziaria", che obbligherebbe gli stati euro a scegliere se cedere al "ricatto" italiano oppure prendere in considerazione "l'uscita di uno dei paesi fondatori". La maggioranza dell'UE deve "resistere agli attacchi, se non vuole essere divorata", scrive l'autore. La lotta con la Polonia e l'Ungheria può essere tenuta "sospesa" per un po', almeno fino a quando in questi paesi "non ci sarà un cambiamento del sentimento politico". "La questione italiana" tuttavia, non lo consente a causa delle dinamiche della crisi; sarà "un banco di prova" per i rapporti con i "nemici" dell'UE. L'autore di questo articolo, con ottimi collegamenti all'interno dell'establishment della politica estera tedesca, mette in discussione il governo italiano: "non vale la pena mettere a rischio il destino di un paese per questa coalizione". E 'giunto il momento di agire: "chi vede ancora un valore in questa Unione, deve difenderlo con tutte le sue forze. L'era glaciale dell'Europa è appena iniziata".

La potenza centrale in Europa

Gli sforzi della Repubblica Federale di tenere insieme l'UE, che domina e da cui trae grandi benefici, recentemente sono stati commentati anche dallo storico britannico Perry Anderson. Anderson nel suo ultimo libro dal titolo "Egemonia" cita il  consigliere governativo berlinese Herfried Münkler il quale già nel 2015 scriveva che è responsabilità "della potenza centrale in Europa" - vale a dire la Germania - "frenare le forze centrifughe che recentemente si sono fatte sempre piu' forti all'interno dell'Unione": "Se la Germania fallisce nel ruolo di potenza centrale europea, allora sarà l'Europa a fallire" [15]. Anderson è da molto tempo che si esprime criticamente nei confronti dell'UE; già nell'estate del 2015 dopo lo scardinamento del "no" greco al referendum sull'austerità, aveva accusato l'Unione di essere costruita "sul rifiuto di qualsiasi forma di sovranità popolare", di essere "una struttura oligarchica", di imporre "un duro regime economico" che porta "privilegi per pochi e disagi per molti" [16]. Di fronte a richieste come quelle di Münkler, Berlino dovrà "in maniera responsabile modificare il ruolo e i compiti della potenza centrale europea", scrive Anderson, in Germania si parla da sempre di una "responsabilità" per "l'Europa", senza tuttavia menzionare minimamente i profitti che la Repubblica federale da anni accumula con le enormi eccedenze commerciali [17] provenienti dagli altri Stati membri dell'UE. "Anderson", si legge ancora sul suo libro "Egemonia", non risparmia sarcasmo quando parla delle auto-celebrazioni che di sé fa l'ufficiale pagatore e maestro d'Europa: "Al servizio della propria auto-glorificazione, la potenza egemone usa sempre il proprio pathos auto-compassionevole o auto-incensante".[18]

--> [1] Manovra, governo tira dritto: 'Non cambia'. ansa.it 24.10.2018.
[2] Die Märkte blicken auf Italien. wiwo.de 22.10.2018.
[3] Briten sind nicht die größten EU-Skeptiker. n-tv.de 17.10.2018.
[4] S. dazu Das Feiglingsspiel der EU.
[5] Michaela Wiegel: Schluss mit dem Basar. Frankfurter Allgemeine Zeitung 24.10.2018.
[6] S. dazu Die Koalition der Kriegswilligen und Die deutsche Bombe.
[7] S. dazu Eine nie dagewesene Machtkonzentration und Der Blitzaufstieg des Generalsekretärs.
[8] Jean-Luc Mélenchon, Bastien Lachaud: L'Allemagne vise-t-elle une hégémonie en Europe? Le Monde 23.09.2018.
[9] Michaela Wiegel: Schluss mit dem Basar. Frankfurter Allgemeine Zeitung 24.10.2018.
[10] Reinhard Lauterbach: Der nächste Exit? junge Welt 24.10.2018.
[11] "Wir wollen nicht Vasallen sein". spiegel.de 23.10.2018.
[12] Eckart Lohse: Stunde der Wahrheit. Frankfurter Allgemeine Zeitung 24.10.2018.
[13] S. dazu Brüsseler Provokationen und Die Arroganz der EU.
[14] Stefan Kornelius: Eiszeit in Europa. Süddeutsche Zeitung 19.10.2018.
[15] Herfried Münkler: Wir sind der Hegemon. faz.net 21.08.2015.
[16] Perry Anderson: The Greek Debacle. jacobinmag.com 23.07.2015.
[17] S. dazu Ein Transmissionsriemen deutscher Dominanz.
[18] Jürgen Kaube: Kommen Sie uns bitte nicht mit der Moral des Stärkeren. faz.net 14.09.2018.

Hans Werner Sinn: la Germania non deve essere ricattabile

Il prof. Hans Werner Sinn, anche se ormai è in pensione, intervistato dalle Stuttgarter Nachrichten non rinuncia a dire la sua sulla situazione italiana: la Germania non può rendersi ricattabile, se necessario gli italiani dovranno uscire dalla moneta unica. Hans Werner Sinn intervistato dalle Stuttgarter Nachrichten


SN: i timori di un ritorno della crisi dell'euro sono fondati?

Sinn: sono giustificati, perché per 10 anni gli italiani non hanno voluto fare le riforme necessarie per ripristinare la competitività perduta. Ora cercano una soluzione facendo piu' debito, nel dubbio anche una unione di trasferimento, mascherata sotto forma di una assicurazione europea contro la disoccupazione, oppure nascosta sotto forma di un'assicurazione comune sui depositi. Nel caso in cui l'UE si rifiuti, l'Italia minaccia di uscire.

SN: un'assicurazione sui depositi condivisa potrebbe ridurre il rischio di un bank-run.

Sinn: giusto. Tuttavia fornirebbe risorse illimitate anche alle banche zombie e quindi il materiale da utilizzare per fare scommesse e speculare. Si creerebbe in questo modo un enorme rischio sistemico per tutta l'Eurozona. Nel medio termine saremmo minacciati dalla ripetizione della crisi americana delle cosiddette banche "Savings and Loan", che negli anni '80 ha portato al fallimento di oltre 1.000 casse di risparmio e che è costata al governo degli Stati Uniti molti soldi. Questi istituti sotto la protezione dell'assicurazione sui depositi e con dei modelli di business dubbiosi si erano procurate denaro dai loro clienti da utilizzare per fare speculazioni. Anche le nostre Landesbank tedesche sono andate a fondo perché sono riuscite a procurarsi denaro a buon mercato grazie alla garanzia pubblica.

SN: ma lasciare andare l'Italia potrebbe uccidere l'eurozona ...

Sinn: questo lo dice lei. La verità è: siamo finiti in un vicolo cieco, dove non ci sono piu' vie d'uscita comode. L'unione di trasferimento non è una soluzione reale: porta ad una certa stabilità, ma a una stabilità che può anche essere descritta come una malattia cronica. Basta guardare al mezzogiorno italiano, che da decenni dipende dai trasferimenti del nord. Una malattia cronica come quella un'Europa che deve fronteggiare la concorrenza dei cinesi e degli americani non può permettersela.

SN:  cosa dovrebbe fare il governo federale?

Sinn: vorrei sconsigliare di continuare con la politica del denaro facile, perché ci ha portato a questa situazione intollerabile. Nel 2010, 2012, ci siamo messi le mani nelle tasche ed abbiamo promesso delle enormi garanzie per poter guadagnare del tempo e fare le riforme. Cosa è successo? Nulla di fatto, siamo sempre piu' in difficoltà e dobbiamo offrire garanzie sempre maggiori.

SN: ma supponiamo il caso che l'Italia esca - cosa succederebbe?

Sinn: Paolo Savona, l'attuale ministro per l'Europa, lo ha formulato in maniera teorica: prima di tutto introdurrebbe una sorta di moneta parallela sotto forma di titolo governativo, di piccolo taglio e che potrebbe essere utilizzata per le transazioni. Fatto ciò, durante la notte tutti i conti, i contratti di credito, i contratti di lavoro e di affitto verrebbero convertiti in lire. Il debito estero verrebbe rimborsato principalmente in lire, ai debiti contratti a partire dal 2012 tuttavia non si applicherebbe. Dovrebbero essere rimborsati in euro, cosa che sarebbe piu' difficile. L'enorme debito Target della banca centrale italiana nei confronti dell'Eurosistema e quindi indirettamente nei confronti della Bundesbank, quasi 500 miliardi di euro, non verrebbe ripagato. L'Eurosistema non ha basi giuridiche per far valere questo credito e dovrebbe quindi essere depennato, la Bundesbank dovrebbe sopportare circa il 30 per cento della perdita della somma complessiva.

SN: ma il maggior pericolo non è forse un altro, e cioé se l'Italia dovesse uscire dalla moneta unica, ci sarebbero altri paesi ad essere attaccati dai mercati e quindi ad uscire, e quindi alla fine finiremmo per avere solo un euro settentrionale, che si apprezzerebbe fortemente?

Sinn: c'è il rischio che altri paesi finiscano nella linea di fuoco - ma è anche un'opportunità nella misura in cui gli altri paesi alla fine per paura dovranno fare i loro compiti a casa. Il pericolo di un apprezzamento della valuta mi lascia relativamente freddo. Una zona euro del nord potrebbe facilmente contrastare questo apprezzamento acquistando con la propria valuta dei titoli nel resto del mondo. Ogni banca centrale può resistere ad un apprezzamento, gli svizzeri lo fanno da molti anni con grande successo.

SN: quindi non dovremmo farci impressionare dalla minaccia di un'uscita dell'Italia?

Sinn: non sono a favore di un'uscita dell'Italia, ma non possiamo renderci sempre piu' ricattabili. Per questo si dovrebbe scegliere una politica di solidità finanziaria e stabilità invece di questa politica della spesa pubblica eterna. L'Italia deve decidere da sé ciò che ha intenzione di fare. Forse potrebbe esserci un cambio di potere a Roma, perché l'attuale governo con i suoi desideri di spesa potrebbe fallire sul mercato dei capitali, e allora l'Italia ritornerebbe ad un corso politico basato sulla ragione.



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giovedì 25 ottobre 2018

Sahra Wagenknecht - Se vogliamo salvare l'Europa dobbiamo sostenere la battaglia del governo italiano

Sahra Wagenknecht, capogruppo della Linke al Bundestag, intervistata da Deutschlandfunk, esprime un sostegno convinto nei confronti della battaglia del governo italiano contro le tecnocrazie di Bruxelles: se vogliamo salvare l'Europa dobbiamo sostenere il governo italiano e difendere la sovranità dei parlamenti nazionali. Da Deutschlandfunk.de, un'ottima Sahra Wagenknecht



DLF: Frau Wagenknecht, Roma è sul banco degli imputati. È giusto secondo lei?

Wagenknecht: beh, vorrei dire che non ho molta simpatia per il signor Salvini. Ma non è questo il punto. Questo è un governo democraticamente eletto. La legge di bilancio riguarda la sovranità dei parlamenti. E se vuoi distruggere l'UE, allora devi fare esattamente quello che sta facendo Bruxelles.

Inoltre bisogna anche parlare di quanto possa essere sensato costringere a fare ulteriore austerità un paese che da dieci anni attraversa una lunga crisi economica, un paese in cui il reddito pro capite è inferiore a quello precedente l'introduzione dell'euro, ovviamente ciò contribuisce a far crollare l'economia. Ecco perché penso si tratti di una decisione priva di senso.

DLF: allora, dal suo punto di vista, stiamo assistendo ad una protesta giustificata contro la politica di austerità di Bruxelles?

Wagenknecht: bisogna dare a questa proposta di bilancio un'occhiata un po' più da vicino. Dentro ci sono cose molto ragionevoli. Ad esempio, l'Italia ha un altissimo tasso di disoccupazione, in particolare un elevato tasso di disoccupazione giovanile, in alcune zone del 30, 40 per cento, soprattutto nel sud del paese, e un'assicurazione contro la disoccupazione molto povera, peggio anche dell'Hartz IV tedesco, per fare un confronto. Se in questo ambito si apportano  determinati miglioramenti, o se si migliora la legge per il prepensionamento, che in una situazione di elevata disoccupazione potrebbe essere un sollievo per molte persone, si tratta senza dubbio di una scelta ragionevole.

Ci sono alcune agevolazioni fiscali. A beneficiarne sono anche le persone ricche. Se ne puo' certamente discutere. Ma ancora una volta: penso che semplicemente non sia la Commissione europea ad avere il potere di decidere in merito alla legge di bilancio dei diversi paesi, perché in questo modo stiamo distruggendo l'UE. Gli italiani non vogliono essere governati da Bruxelles, e non vogliono nemmeno essere governati da Berlino. Stiamo dando ad un governo, e in particolare ad un partito nazionalista, che in realtà è davvero semi-fascista, e a un certo signor Salvini, un'ottima possibilità per profilarsi politicamente. Sicuramente nel suo paese in questo modo sta ottenendo degli ottimi risultati e non finirà certo in difficoltà.

DLF: Frau Wagenknecht, lei ora parla di immischiarsi negli affari dell'Italia. Bisogna tuttavia ammettere che queste sono esattamente le procedure sottoscritte dagli stati dell'UE, e cioè presentare il loro bilancio a Bruxelles per farselo approvare. Tutto ciò affinché la politica fiscale europea rimanga nel complesso stabile e quindi anche l'euro sia stabile, senza finire in un'altra crisi monetaria. Possiamo davvero dire che in questo caso l'Italia può comunque andare avanti?

Wagenknecht: in primo luogo, ci sono dei trattati europei. C'è un criterio del deficit del tre percento. L'Italia è al di sotto di esso.

La seconda è una questione di ideologia economica, secondo la quale anche se un paese è in crisi deve comunque risparmiare per ridurre il debito. Fatto che è stato più volte confutato. Le economie non sono una cosa cosi' semplice che se si risparmia, si riduce il debito, e se si aumenta la spesa, il debito sale. Sembrerebbe anche plausibile. Ma non funziona così, perché risparmiare o spendere ha delle conseguenze per l'attività economica. L'Italia per molti anni ha cercato di ridurre significativamente la spesa pubblica. Il debito continuava a salire mentre l'economia crollava. E anche questo non è un concetto molto ragionevole.

Bisogna dire: se vuoi spingere l'Italia fuori dall'euro - ed è quello che sta accadendo - devi fare esattamente cosi'.

DLF: allora non la preoccupa il fatto che l'Italia, stato membro dell'euro, abbia un debito pubblico che supera il 130 percento del PIL?

Wagenknecht: la questione è se si tratta solo del risultato della condotta di spesa del governo, o se invece è il risultato di una crisi economica che dura da anni. E direi che si tratta decisamente della seconda opzione.

Dobbiamo ovviamente anche parlarne a livello europeo. Se ora vuoi presentarti come il sommo sacerdote del debito pubblico basso, ma non sei stato in grado nemmeno di imporre un'azione a livello europeo, ad esempio per limitare il dumping fiscale delle imprese, cosa che sarebbe anche possibile, oppure imporre alcune regole che rendano piu' difficile per le persone molto ricche eludere il fisco, allora diventa tutto molto ipocrita. Troverei sensato, se ad esempio, in Italia dove c'è una grande ricchezza privata - che è cresciuta anche durante la crisi economica, e oggi ci sono più milionari di dieci anni fa - questa venisse tassata molto più severamente. Allora naturalmente si potrebbe ridurre anche il deficit pubblico. Ma non è che l'UE abbia mai fatto delle leggi che rendano tutto ciò piu' facile, anzi al contrario: le regole dell'UE rendono tutto più difficile. Proprio la Commissione europea con il signor Juncker ormai è la personificazione del dumping fiscale, soprattutto per le grandi imprese.

DLF: il dumping fiscale, Frau Wagenknecht, è un altro argomento. Voglio tornare ancora una volta a questo immenso debito pubblico. Secondo lei non è motivo di preoccupazione se uno Stato membro dell'area dell'euro ha così tanti debiti?

Wagenknecht: lei dice che il dumping fiscale è un altro problema. Il dumping fiscale e il debito pubblico sono due questioni fra loro strettamente collegate. Se sono proprio le grandi aziende a pagare poche tasse, oppure se nei singoli paesi sono i più ricchi quelli che pagano poche tasse, allora il debito pubblico naturalmente continuerà a crescere. L'intero dibattito in corso riguarda il fatto che l'Italia possa apportare dei limitati miglioramenti all'assicurazione contro la disoccupazione e alle pensioni. Il tema della discussione è del tutto sbagliato. Su questi temi, come ho detto, il governo italiano può ottenere consenso politico, proprio perché  sono misure molto popolari nel paese, e non per nulla l'ultimo governo su questi temi ha fallito e non è stato rieletto perché la gente è stanca di vedere che le cose vanno sempre peggio, stanca di trovarsi in una situazione di emergenza sociale e di avere una disoccupazione alta. Se si fanno solo annunci, senza miglioramenti sociali, questa è un'Europa che rinuncia ad ogni credibilità.

DLF: la Commissione europea dovrebbe forse dire che in futuro intendono rinunciare alla funzione di controllo dei bilanci nazionali, e che chiunque può decidere autonomamente?

Wagenknecht: io sono per un'Europa delle democrazie sovrane e democrazia significa: le persone votano per eleggere il loro governo. Significa anche naturalmente che nessun altro paese sarà responsabile per i debiti degli altri paesi. Inoltre non penso sia giusto nemmeno se un paese pesantemente indebitato finisce nei guai e ad essere salvate con il denaro dei contribuenti sono sempre e solo le banche. Ma in Europa abbiamo una costruzione problematica, in quanto questa ci porta sempre piu' verso una sospensione della democrazia, e ad una situazione in cui le persone possono votare chi vogliono, perché tanto alla fine saranno i tecnocrati di Bruxelles o addirittura il governo di Berlino ad avere l'ultima parola e a decidere in merito alle leggi di bilancio nazionali. L'Europa in questo modo non puo' funzionare.

DLF: ma l'Italia ora vorrebbe entrambi. L'Italia vuole decidere autonomamente sul proprio bilancio, senza l'ingerenza di Bruxelles, ma allo stesso tempo vuole rimanere nell'euro e in caso di emergenza, avere anche il sostegno degli altri paesi dell'euro. Possono stare insieme le due cose?

Wagenknecht: no, le due cose non stanno insieme. Ma se continuiamo così, faremo uscire l'Italia dall'euro. Non so nemmeno se vogliano rimanerci a tutti i costi. L'euro ha portato relativamente pochi vantaggi all'Italia.

DLF: bene. Il governo di Roma, almeno, dice che vogliono assolutamente restarci. Questo è stato confermato ancora una volta dal Primo Ministro.

Wagenknecht: finché sono dentro, devono dire cosi', perché altrimenti lo spread e la speculazione sui mercati finanziari assumerebbe forme estreme. È già ora siamo in una situazione in cui questi extra-rendimenti non vengono pagati a causa delle dimensioni del debito. I titoli italiani pagano un elevato premio al rischio perché si ipotizza che l'Italia potrebbe lasciare l'euro, e naturalmente si tratta di una speculazione molto pericolosa. Tuttavia, sono la Commissione europea e la Banca centrale europea a gettare altra benzina sul fuoco. Voglio dire, per molti anni ha acquistato obbligazioni governative in una dimensione che, a mio avviso, non era affatto giustificata. Ma ora lancia un segnale di stop e, naturalmente, i rendimenti salgono.

Ancora una volta: se vogliamo che l'euro funzioni, allora deve funzionare su basi democratiche. E naturalmente, se la democrazia negli Stati membri è sospesa, il risultato in Europa sarà una crescente sensazione di frustrazione e di rifiuto, e l'affermazione del signor Salvini il quale non è certo conosciuto come un fervente sostenitore dell'Europa. Ci sono tuttavia altre opzioni, ovviamente, ma bisogna vedere se c'è la volontà di sostenerle e promuoverle. 

DLF: Sahra Wagenknecht, è il capogruppo della Linke al Bundestag. Grazie per il suo tempo questa mattina.


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martedì 23 ottobre 2018

Flassbeck: l'Italia verso la tempesta perfetta (creata appositamente per affondare il governo)

Il grande economista Heiner Flassbek su Makroskop ci spiega perché sull'Italia si sta addensando una tempesta perfetta e perché questa volta il governo tedesco preferisce tenere un basso profilo e lasciare il lavoro sporco alle istituzioni europee. Per Flassbeck in questi giorni stiamo assistendo al funerale della socialdemocrazia europea: l'ultimo socialista francese con un incarico politico importante che per qualche decimale di deficit diventa il boia di un paese che sta cercando di uscire da una lunga crisi economica. Ma se i socialisti francesi sono a un passo dall'estinzione, per Flassbeck non è un caso. Da Makroskop un ottimo Heiner Flassbeck


Il fatto che l'ultimo socialista francese con un alto incarico politico, sia il anche il boia dell'Italia, è più che tragico. Ci mostra il modo in cui alla fine i socialdemocratici cadranno in rovina: per la paura che hanno del neoliberismo.

Pierre Moscovici, che nel suo ruolo di Commissario europeo per gli affari economici e finanziari potrebbe essere l'ultimo socialista francese a ricoprire un alto incarico politico, insieme al vicepresidente della Commissione, Valdis Dombrovskis, ha scritto una lettera. Nel testo inviato al Ministro delle finanze italiano, in risposta al progetto di bilancio del governo, Moscovici scrive che rispetto ai tagli concordati, nella bozza di bilancio sarebbe presente una deviazione senza precedenti nella storia del Patto di stabilità e crescita. Entrambi danno tempo al governo italiano fino ad oggi pomeriggio per rispondere.

E' roba forte, ed è chiaro il significato: la Commissione, sotto la guida di un commissario francese, che appartiene a un partito ormai defunto chiamato Parti Socialiste, vorrebbe fare dell'Italia un esempio. E dal momento che la BCE non sta facendo nulla per frenare i  cosiddetti "mercati", dove la speculazione sui titoli di stato italiani va avanti, sopra il governo italiano si sta addensando una tempesta perfetta. Non c'è dubbio che questa tempesta abbia l'obiettivo di indebolire il governo italiano appena eletto o almeno di intimidirlo abbastanza da farlo rientrare all'interno della "disciplina" europea.

Chi ha preparato la tempesta perfetta?

Si può essere certi del fatto che la preparazione di questa tempesta sia avvenuta in maniera concertata e che il governo tedesco vi sia decisamente coinvolto. È davvero incredibile come ormai da settimane da parte del governo tedesco sul caso italiano si senta molto poco. A parte un'intervista relativamente moderata del ministro federale delle finanze, dal governo tedesco o dai partiti che lo sostengono, sull'Italia non si sono registrate praticamente altre uscite significative. Anche se i media  tedeschi "mainstream" da settimane commentano con la bava alla bocca, la politica è rimasta sorprendentemente silenziosa. Questo può solo significare che nel governo tedesco e al vertice dei partiti c'è un accordo: in considerazione dell'atmosfera anti-tedesca presente fra la popolazione italiana, questa volta il lavoro sporco sarà lasciato alle istituzioni europee, invece di farlo fare ai brutti tedeschi

Sicuramente anche la BCE è stata pienamente coinvolta, e data la sua posizione legale (divieto di finanziamento agli stati), la massiccia pressione politica e il fatto che al vertice si trova un italiano, non avrà altra scelta che fare quello che da lei ci si aspetta, cioè restare passivamente in attesa e lasciar fare i "mercati". Anche i critici della BCE dovrebbero essere consapevoli che nonostante la resistenza dei tedeschi e contro la giurisprudenza tedesca, la Corte di giustizia europea non ha classificato l'intera operazione del Quantitative Easing come un finanziamento pubblico, semplicemente perché la BCE è riuscita ad argomentare in maniera convincente che questo programma doveva essere considerato uno strumento di politica monetaria, in quanto aveva l'obiettivo di evitare la deflazione in tutta l'eurozona. Un intervento a favore di un paese, che è esattamente ciò che sarebbe necessario vista la speculazione sulle obbligazioni italiane, dati gli ostacoli giuridici, non potrebbe in alcun modo essere realizzato.

Cosa dovrebbe fare l'Italia?

È difficile prevedere il modo in cui il governo italiano reagirà. Soprattutto in considerazione delle numerose voci che anche in Italia mettono in guardia dall'avviare un percorso che si concluderebbe con un'uscita dall'Italia dall'euro e in cui il Movimento 5 Stelle in particolare, che ha scarse competenze economiche al proprio interno, potrebbe uscirne indebolito. Tuttavia, nel merito della questione, è certo che un cedimento avrebbe  degli effetti fatali per l'Europa.

Le vie d'uscita dell'Italia dalla crisi sono legalmente impossibili, bloccate da altri paesi oppure impraticabili per ragioni di cui l'Italia non è responsabile. La strada verso l'aumento dell'avanzo commerciale con l'estero, percorso sul quale in passato l'Italia ha avuto successo, nell'unione monetaria non è piu' possibile, perché da anni la Germania attraverso  il suo dumping salariale e grazie ad una posizione competitiva decisamente migliore impedisce ogni tentativo in questa direzione. Tagli salariali assoluti, non diversamente dalla Grecia, porterebbero al collasso del già debole mercato interno e farebbero aumentare immediatamente la disoccupazione.

Le possibilità offerte dalla politica monetaria sono da tempo esaurite, sia per l'Italia che per tutta l'Europa, e non ci si può certo aspettare una soluzione da parte delle aziende, o dal "mercato". Inoltre, anche in Italia, le imprese sono dei risparmiatori netti, il che significa che invece di migliorarla, contribuiscono a peggiorare la situazione complessiva della domanda. In questa situazione logicamente resta solo lo stato, vale a dire il solo che grazie a spese e deficit crescenti potrebbe provare a portare il paese fuori da una crisi che dura ormai da anni. Chiunque blocchi questo percorso, politicamente o legalmente, è un folle.

La fine della socialdemocrazia

Il fatto che la socialdemocrazia in Europa da anni non sia piu' in grado, oppure non sia disposta, ad appropriarsi di un contesto così chiaro e ad usarlo politicamente, dimostra che i loro giorni sono contati. Né i socialisti francesi né i socialdemocratici tedeschi (e molti altre "sinistre", in particolare i Verdi) si oppongono alla follia neo-liberista, perché già diversi decenni fa non sono riusciti a fondare il loro programma su una base macroeconomica ragionevole. La loro paura del Keynesianismo con i suoi "debiti" era talmente grande che hanno preferito scegliere la variante codarda dell'arruffianamento al mainstream.

Oggi che quella dei "debiti" è diventata una questione esistenziale per le nazioni e per l'Europa, la vendetta è amara. Un partito in grado di affrontare con sicurezza questo problema e tematizzare il nuovo mondo economico avrebbe sin dall'inizio un enorme vantaggio intellettuale rispetto ai suoi concorrenti. Poiché si tratta di considerazioni puramente logiche e non di una "teoria", un partito (o un movimento!) potrebbero facilmente comunicarlo anche a una popolazione scettica, e spiegare agli elettori il modo in cui il cittadino comune spesso viene ingannato dai cosiddetti benpensanti. Ma evidentemente manca il coraggio e la capacità di comprendere tre semplici passaggi logici. Chi sceglie di affondare in questo modo, evidentemente non meritava di meglio.



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domenica 21 ottobre 2018

Evasione fiskale alla tedeska

Il mito della presunta superiorità morale dei germanici era già stato messo in crisi dai numerosi scandali degli ultimi anni, fra i quali Volkswagen, Deutsche Bank, Siemens e tanti altri, ora con la gigantesca truffa sui rimborsi fiscali, i cosiddetti "Cum-cum" e "Cum-ex", lo possiamo tranquillamente sotterrare. La truffa dei volenterosi evasori di Francoforte non riguardava solo il fisco tedesco, ma è arrivata a sottrarre anche 4.5 miliardi di euro al fisco italiano, almeno secondo le ricostruzioni di un gruppo di coraggiosi giornalisti europei. Il governo tedesco sapeva tutto sin dal 2002 ma non ha mai trovato il tempo di informare i paesi amici. Dalla ARD, la tv pubblica tedesca, un'ottima inchiesta sul piu' grande scandalo fiscale di tutti i tempi.


Sono almeno 55 miliardi di euro: l'aggressione organizzata alle casse pubbliche attraverso "operazioni in ambito fiscale" è molto più grande di quanto ipotizzato. Lo confermano le ricerche di un gruppo di testate giornalistiche europee a cui ha partecipato anche ARD.

Proprio in cima, dal 32 ° piano di una torre per uffici nel distretto finanziario di Francoforte, hai una vista impressionante. All'orizzonte si vede il Taunus, e se ti avvicini alle finestre e guardi in basso, vedi le persone giù nelle strade piccole come formiche. Forse è proprio per questo che è diventata la scena del crimine nel più grande scandalo fiscale di tutti i tempi.

Un insider vuota il sacco

"Abbiamo guardato fuori dalla finestra e abbiamo pensato: siamo i più intelligenti, siamo i geni e voi siete tutti stupidi". L'uomo che lo afferma oggi non siede piu' in cima al grattacielo, ma in un arido loft di Colonia. Indossa una maschera per non essere riconosciuto in TV.

Solo dopo aver ottenuto delle rassicurazioni sul suo anonimato ha accettato di concedere un'intervista, perché il top-insider della falange degli evasori è il principale testimone del procuratore di Colonia nella più grande inchiesta fiscale mai esistita. Da solo era riuscito a impossessarsi di almeno 50 milioni di euro di quel tesoro. L'inchiesta è ancora in corso, ma presto ci saranno i primi rinvii a giudizio e l'uomo con la maschera dovrà essere un testimone dell'accusa. Una persona del genere quando inizia a cantare non si fa certo molti amici - e ora si presenta per la prima volta davanti al pubblico.

Almeno 55,2 miliardi di euro di danni

L'intervista è parte di un'inchiesta giornalistica pubblicata in tutto il mondo sotto il titolo "Cum-Ex-Files". 19 testate giornalistiche di dodici diversi paesi si sono unite sotto la direzione del centro di ricerca CORRECTIV per indagare sull'aggressione organizzata alle finanze pubbliche mediante complicate operazioni sui titoli azionari, comprese quelle note come transazioni "cum-cum" e "cum-ex". La ricerca mostra che la portata di questi affari, noti nel settore come "operazioni in ambito tributario" è di gran lunga superiore a quanto si pensasse in precedenza. Oltre alla Germania, ad essere colpiti ci sono almeno altri dieci paesi europei.

Nel settore finanziario sono noti anche come "affari fiscali": blocchi di azioni in grandi volumi, spesso per miliardi di euro, movimentati avanti e indietro, a breve o a brevissimo termine, per ottenere indebitamente un rimborso delle tasse. Nel caso di transazioni ex-cum e delle loro varianti, una volta che una tassa è stata versata, viene persino rimborsata più volte.

Il danno fiscale ammonterebbe ad almeno 55,2 miliardi di euro. Il governo federale per anni ha omeso di mettere in guardia i partner europei, anche se era da tempo a conoscenza della ruberia. In Germania, ad essere coinvolte nella ricerca sono state la ARD Panorama, "Zeit", "Zeit Online" e NDR Info.

Per i "Cum-Ex-Files" sono state valutate oltre 180.000 pagine di file riservati nonché i documenti delle commissioni parlamentari di inchiesta, i rapporti interni di banche e studi legali, i file dei clienti, i libri contabili e le e-mail. Altre interviste con addetti ai lavori e ricerche segrete nel settore finanziario dimostrano che il business è andato avanti fino ad oggi.

"Crimine organizzato in gessato"

Nell'intervista, l'insider descrive le "operazioni fiscali sulle azioni" come un "crimine organizzato in gessato". "Tutti sapevano di cosa si trattava: ottenere un ritorno utilizzando le casse fiscali". Apparentemente ha deciso di parlare per evitare la prigione. Rischia infatti molti anni in galera. Dovrà rimborsare i soldi sottratti. Gli investigatori lo considerano credibile.

Nell'intervista racconta come funzionava l'aggressione ai contribuenti europei. La Germania, la più grande economia d'Europa, era anche il più grande mercato per le "operazioni fiscali sulle azioni". Il business in Germania funzionava nel periodo in cui le grandi società azionarie distribuivano i loro dividendi. "Avevamo creato una macchina infernale, ma funzionava sempre e solo in primavera. Così siamo arrivati all'idea di creare una macchina che funzionasse tutto l'anno. E per fare ciò erano disponibili le azioni di altri paesi. Paesi come  Francia, Spagna e Italia, ma anche paesi più piccoli come Austria, Belgio, e Danimarca". Possono esserci variazioni nella regolamentazione da paese a paese. Ma ci siamo adattati ad esse. "In sostanza, a pagare il conto è stato il contribuente del paese colpito".

La ricerca nell'ambito del "cum-ex-files" conferma le dichiarazioni e mostra chiaramente che tramite le operazioni fiscali sulle azioni realizzate nei giorni in cui veniva staccato il dividendo, oltre a quello tedesco sono stati danneggiati anche il fisco di Francia, Spagna, Italia, Paesi Bassi, Danimarca, Belgio, Austria, Finlandia, Norvegia e Svizzera. Il danno di almeno 55,2 miliardi di euro lo si ottiene unendo le informazioni fornite dalle autorità fiscali e dalle analisi dei dati di mercato. Il professore di diritto tributario Christoph Spengel dell'Università di Mannheim l'anno scorso aveva già calcolato che alle autorità fiscali tedesche tra il 2001 e il 2016 erano stati sottratti almeno 31,8 miliardi di euro. Nell'ambito dei "Cum-Ex Files" si aggiungono ora altri 17 miliardi in Francia, 4,5 miliardi in Italia, 1,7 miliardi in Danimarca e 201 milioni in Belgio. Alcuni stati potrebbero richiedere una parte della somma. Per gli altri paesi interessati non ci sono dati ufficiali o altri dati di mercato affidabili.

Il ministero federale delle finanze ne era a conoscenza sin dal 2002

La Germania ha avvertito i suoi vicini europei in merito alle transazioni Cum-Ex solo nel 2015 tramite una banca dati OCSE, anche se il Ministero delle Finanze tedesco ne era a conoscenza almeno dal 2002. Il Ministero federale delle finanze, ad una richiesta, non smentisce di aver avvertito i vicini solo nel 2015, ma in generale afferma che "in passato, vari stati, anche su loro richiesta, erano stati informati delle procedure relative alle transazioni Cum-Ex".

Cum-Ex è stato classificato dal governo federale come illegale ed è oggetto di numerose indagini da parte di diversi pubblici ministeri. Il Cum-cum non è illegale di per sé, ma il governo federale presuppone un uso improprio della struttura nel caso in cui l'attività sia puramente motivata dai rimborsi fiscali. Secondo Spengel quasi tutti i modelli offerti sul mercato sono riconducibili a questa tipologia.

Quasi tutte le grandi banche sono coinvolte

Ad essere coinvolte nelle transazioni azionarie a spese del contribuente sono quasi tutte le principali banche. "Può tranquillamente sceglierne una, non ne conosco nemmeno una che non ne facesse parte", dice l'insider.

Una inchiesta in incognito mostra che il business a spese dei contribuenti europei continua ancora oggi. I giornalisti di Panorama e CORRECTIV si sono finti dei miliardari alla ricerca di opportunità di investimento e hanno contattato una banca di investimenti. Durante un incontro a Londra il trader ha mostrato una presentazione contenente le attuali offerte per "operazioni in ambito fiscale" in sette paesi europei, tra cui Francia, Italia e Spagna. Confermando che il profitto nelle transazioni azionarie offerte proviene dalle casse fiscali.

Gerhard Schick, esperto finanziario dei Verdi e promotore della commissione d'inchiesta "cum-ex" del Bundestag, in merito all'offerta ha detto: "La interpreto come un proseguimento diretto del Cum-Ex e Cum-cum. I ritorni arrivano sempre e comunque solo dai soldi delle tasse .."

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sabato 20 ottobre 2018

Thomas Fricke su Der Spiegel: fermate l'Italien-Bashing!

Un ottimo Thomas Fricke su Der Spiegel ci spiega il livello di assurdità raggiunto dalla politica e dai media mainstream tedeschi. Di fronte alla crisi economica e democratica in cui si trova una parte dell'Europa, i primi della Klasse per pochi decimali di deficit fanno partire un Italien-Bashing a reti unificate. Una decisione assurda e ingiustificabile, che nasconde una certa Schadenfreude per la situazione italiana e che rappresenta l'ennesima scelta miope che si ritorcerà contro l'establishment tedesco. Un ottimo Thomas Fricke su Der Spiegel


A volte si ha l'impressione che qualcuno da noi provi una certa gioia nel poter mostrare agli altri paesi che non sono bravi come noi tedeschi. E se il greco al momento non è disponibile, l'italiano è sempre un ottimo oggetto per poterglielo insegnare.

Questo mi sembra l'unico modo per spiegare l'entusiasmo con cui i grandi giornalisti e i rappresentanti della politica attualmente stanno sparlando di ciò che il governo populista a Roma ha proposto come prossimo bilancio pubblico. E in questo quadro è legittima ogni sobria considerazione - ma nessun panico in merito alla possibilità che l'Italia possa fallire o che ci minacci con la sua rovina.

A meno che non si voglia nutrire con altri drammi grotteschi il ​​panico degli operatori sui mercati finanziari già alquanto nervosi.

Il vero dramma non è tanto che un governo populista voglia realizzare le promesse per le quali è stato eletto democraticamente. Per quanto stupide si possa pensare che siano. Ma il fatto che di questi tempi le persone siano così disperate da votare per tali governi. Fatto che a sua volta ha poco a che fare con la presunta mancanza di una cultura italiana della stabilità, ma che ha molto più a che fare con la profonda crisi creatasi dopo decenni di globalizzazione. E notoriamente questo problema tiene molto occupati anche gli americani, gli inglesi, i francesi, gli olandesi e i bavaresi. Solo per citarne alcuni.

Ciò che sembra ancora più sbagliato è cercare di contrastarne le conseguenze con i soliti sermoni sulla stabilità e insistere nel mantenere le promesse sul deficit fatte dai precedenti governi di Roma, già deposti in maniera alquanto spettacolare. Ad ogni modo, uno strano concetto di democrazia.

L'Italia non sta violando i criteri di Maastricht

Leggere quello che in Germania in questi giorni si scrive sull'Italia toglie il fiato. Si paventa una crescita incontrollata del debito. E degli sprechi. Si parla di denaro pubblico usato per gozzovigliare. Oppure si scrive che il governo vuole distribuire mance elettorali. Certo: tipicamente italiano.

Signori, avete ancora tutte le tazzine da caffè nella vostra credenza? Giusto per fare un po' di ordine: il governo ha avuto il coraggio di preventivare solo una piccola parte di ciò che effettivamente intendeva fare. Allo stato attuale il governo italiano con i suoi piani non intende infrangere i criteri di Maastricht - con il 2,4% sul PIL il deficit pubblico rimarrebbe ancora al di sotto del tre per cento. Era stato il governo precedente a voler ambiziosamente ridurre il deficit a solo lo 0,8%. Nel confronto internazionale con un dato simile l'Italia sarebbe stato un modello - fra i paesi del G7 secondo solo ai tedeschi. Il deficit dell'America di Trump probabilmente sarà più di sette volte maggiore.

Questo fa sembrare assurdo anche il grande sospiro preoccupato: hujujuj, il deficit di bilancio statale italiano è triplicato! Attualmente lo si ripete in ogni cronaca, sia nelle foreste che sui prati, come se fosse il frutto di una matematica molto avanzata. Da quasi zero a qualcosa che ancora non è drammatico. Come esempio per lo stammtisch dell'osteria: se qualcuno ogni tanto prende mezzo bicchiere di birra e poi ne triplica la quantità, non è ancora un alcolizzato. Se passa da tre a nove bottiglie al giorno, decisamente lo è. Cosa che l'italiano non fa. E' tutto molto relativo.

Italia: una riforma dopo l'altra

E qui non è di aiuto anche continuare a strillare che gli italiani hanno così tanti (vecchi) debiti. È giusto. Solo in Giappone sono molto piu' alti - senza che nessuno tuttavia continui a strillare che il paese è sull'orlo della bancarotta. Sin dall'inizio della crisi finanziaria globale nel 2008 in Giappone non c'è stato un singolo anno in cui il paese avrebbe potuto adempiere ai criteri Maastricht.

Anche con un deficit del 2,4%, il rapporto debito/PIL in Italia nei prossimi anni non continuerà a salire, lo ammette anche il boss dell'Ifo Clemens Fuest. Non eccezionale, ok. Ma nessuna ragione per sproloquiare di una sciatteria sfrenata.

La cosa incredibile è che la scoperta tedesca della presunta sciatteria italiana è esattamente il contrario di ciò che gli italiani sperimentano da anni. Dopo l'arrivo di Mario Monti nel 2011, nei sette anni successivi c'è stata una lunga sequenza di governi riformatori.

Le pensioni sono state tagliate e i contratti di lavoro flessibilizzati. Secondo le valutazioni dell'OCSE da nessun'altra parte sono state fatte cosi' tante riforme strutturali conformi con i libri di testo ortodossi. In nessun altro grande paese da anni lo stato spende, escluso il pagamento degli interessi, meno di quanto raccoglie dai suoi cittadini. Il che significa che per i cittadini c'è sempre meno denaro (almeno per coloro che non hanno titoli di stato). Nessun altro paese dell'UE negli ultimi anni ha tagliato così tanto gli investimenti pubblici.

È qui inizia il dramma. Tutto ciò è stato fatto dai governi di Roma in nome di una dottrina della salvezza secondo la quale con l'austerità il paese sarebbe diventato più dinamico, perché prima o poi le politiche di austerità dovrebbero pagare. La conosciamo. Almeno dai tempi in cui il nostro Gerd era Cancelliere.

Solo che il nuovo dinamismo economico, nonostante tutte le promesse, è rimasto troppo debole - anche perché è stato necessario fare molti tagli, fatto che non è stato positivo per l'economia. Per questa ragione nel paese è cresciuto il divario sociale. E ad essere in fase di boom in Italia sono soprattutto i lavori precari e temporanei. Il che potrebbe spiegare perché così tanti italiani hanno perso la voglia di votare per tali governi. Anche questo per noi non è poi così strano.

Tali drammi hanno contribuito all'ascesa dei populisti

Vi sono forti prove del fatto che il calo di fiducia nei confronti della gloriosa globalizzazione, le continue ondate di austerità e i cicli di riforme abbiano contribuito all'ascesa dei populisti italiani riuniti intorno a Matteo Salvini. Come è accaduto anche altrove. Se è vero che le cose stanno così, è davvero grottesco e negligente affrontare il problema spingendo i governi a fare piu' austerità e piu' riforme contro la volontà di una buona parte della popolazione.

Non può funzionare né in Italia né altrove. Con un approccio simile i socialdemocratici tedeschi sono riusciti a passare dal 40 % dei voti a meno del 20 % per cento attuale. Come i colleghi italiani o francesi. Nessuna coincidenza.

Non è necessario essere italiani. Non è che anche a Berlino c'è un governo che da anni sta  disperatamente cercando di riparare il danno collaterale fatto con delle riforme troppo dure e le conseguenti fratture sociali, facendo delle spese aggiuntive, introducendo il salario minimo e un'età di pensionamento anticipata. E gli italiani non lo possono fare solo perché hanno dei debiti pregressi? Questo non migliorerà la situazione.

Questo vale anche per inglesi, americani, francesi e tedeschi, fra i quali un numero sempre maggiore tende a scegliere i populisti. Ovunque c'è questo vago senso di perdita di controllo. E la situazione non migliorerà certo se un governo riceve da Bruxelles (o Berlino) una raccomandazione a fare il contrario di ciò per cui è stato eletto.

Certo, un'unione monetaria dove ognuno fa quello che vuole non potrebbe funzionare. Ma un'unione monetaria non funziona anche se in essa viene praticata quella stessa dottrina di salvezza che ha contribuito a creare la grande crisi in cui viviamo - e che nel lungo periodo non ha alcuna credibilità.

L'Italia deve spendere di più

Ci sono buone ragioni per le quali il governo italiano dovrebbe spendere piu' denaro, soprattutto per ridare una speranza alle persone frustrate e ai perdenti degli ultimi anni. E per far uscire l'economia dal dilemma della mancanza di domanda interna. E tornare a investire in innovazione.

Senza crescita, il deficit pubblico, come l'esperienza insegna, non può scendere in maniera permanente. Come tutto diventi piu' facile quando l'economia torna a crescere, i tedeschi lo stanno già sperimentando da anni.

Tutto il resto non è  democraticamente sostenibile.

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