sabato 3 marzo 2012

Ritorno alle origini

Der Spiegel e buona parte della stampa tedesca si trastullano con concetti vaghi come l'unione di stabilità (Stabilitätsunion) oppure con un ipotetico ritorno alle origini dell'unione monetaria. L'effetto: nascondere a se stessi e agli elettori che l'unione di trasferimento resta politicamente inaccettabile. Eppure Kohl l'aveva già detto venti anni fa...

I miliardi freschi per la Grecia sono già pronti, mentre la politica prosegue nella sua pericolosa strategia. L'Europa ha bisogno di un radicale cambiamento di prospettiva: via dai mercanteggiamenti sui salvataggi, torniamo indietro alle autonomie nazionali nella politica finanziaria e al rispetto dei trattati.

Sono passati 20 anni da quando l'allora cancelliere Helmut Kohl pronunciò al Bundestag una frase molto significativa: "la storia recente ci insegna che la pretesa di avere un'unione economica e monetaria senza una duratura unione politica è inverosimile".

Questa non era l'affermazione di un politico, che voleva motivare la sua non adesione alla moneta unica. Kohl è uno dei fondatori dell'Euro, e la citazione è in un discorso che avrebbe dovuto mostrare ai tedeschi la strada verso una moneta unica comune. 

Oggi lo sappiamo: l'unione politica con un governo centrale dell'Europa è un'illusione. Per il prossimo futuro, non avremo gli Stati Uniti d'Europa paragonabili a quelli americani. Nemmeno un'unione fiscale, di cui si parla molto di questi tempi. "Non vedo nessuna disponibilità da parte dei governi, a cedere la sovranità in materia fiscale" ha dichiarato poco tempo fa il presidente della Bundesbank Jens Weidmann.

Questo realismo fa bene in un periodo in cui gli scudi europei di salvataggio vengono sempre di piu' ampliati; nel quale i politici mettono in piedi un gigantesco pacchetto di salvataggio contro la bancarotta della Grecia; nel quale con delle garanzie di dimensioni inimmaginabili si mette in gioco il nostro stesso futuro. 

L'Europa deve subire un cambiamento di rotta radicale.

L'Euro è un esperimento nel quale 17 paesi con molte similitudini ma anche molte differenze -economiche, politiche, storiche, di stile di vita - si sono dati una moneta unica. Contrariamente alle aspettative di molti, queste differenze nel corso degli anni non si sono ridotte. Purtroppo non ci possiamo aspettare che questo avvenga in un futuro vicino.

Al contrario, la globalizzazione che nel vecchio continente dovrebbe contribuire all'avvicinamento dei popoli, suscita ovunque paure e spinge verso un ritorno ad una dimensione regionale ed un ambiente piu' ristretto. Che in un ambiente del genere i popoli europei siano pronti, ad esempio a spostare la politica fiscale dai parlamenti nazionali alla commissione di Brussel, appare abbastanza improbabile, e per questo anche l'unione fiscale resterà una chimera.

Se questo dato è vero, e vogliamo dare un futuro alla moneta unica, la via che i politici europei hanno preso per il superamento della crisi è sbagliata. Attualmente l'Europa dell'Euro sembrerebbe pronta a spostare poteri dagli stati nazionali verso le istituzioni di Brussel.
I debiti accumulati dagli stati nazionali vengono sempre più condivisi con i pacchetti di aiuto internazionali e il principio della responsabilità è abolito. I contribuenti degli stati donatori sono sempre più arrabbiati. Al contrario, agli stati indebitati vengono imposti dei programmi massicci di risparmio con tagli allo stato sociale e brutali riduzioni salariali. Questo provoca grande risentimento nei paesi che ricevono il denaro.

Con questa strategia i politici europei distruggono l'Europa e il suo tentativo storico di riavvicinamento e appacificazione, come sempre con le migliori intenzioni. L'Europa ha bisogno di un cambiamento di rotta radicale. Lontano dallo snervante e costoso mercanteggiamento sui salvataggi; indietro verso le radici del trattato di Maastricht, verso le autonomie nazionali nella politica finanziaria e indietro verso il rispetto dei trattati.
Gli stati indebitati devono proseguire sotto la loro regia l'uscita dal debito.

I governanti e le banche centrali negli anni passati non hanno rispettato i trattati europei. Alcuni esempi senza precedenti: dal superamento dei limiti di deficit, alla violazione dell'articolo 125 dee trattato EU, nel quale è espressamente indicato, che uno stato membro non può essere considerato responsabile per i debiti di un altro.

La BCE viola da quasi 2 anni in maniera alquanto avventurosa il divieto di finanziamento dei debiti pubblici. Acquista titoli del debito pubblico, apparentemente con obiettivi di politica monetaria, in verità con obiettivi indiretti di finanziamento degli stati. E in dicembre e febbraio ha messo a disposizione delle banche europee 500 miliardi di crediti molto economici, che con quel denaro acquisteranno anche titoli di stato. Questo programma ha ottenuto che i paesi in crisi del sud potranno pagare meno interessi per il loro debito.

Ritorno alle origini signfica: primo, le rigide norme sul deficit degli stati devono essere rispettate e i trasgressori dovranno essere puniti. Secondo: che la BCE interrompa l'acquisto del debito pubblico degli stati. E ultimo, ma  più importante, che la politica restituisca agli stati nazionali la responsabilità sui deficit di bilancio e delle partite correnti. Gli stati nazionali avranno quindi il compito di proseguire l'uscita dal debito sotto la loro stessa regia. Vi è abbondanza di esperienza, soprtattutto nel club di Parigi, di come paesi in crisi siano usciti da una situazione di indebitamento.

L'obiezione che questo porterebbe ad un collasso bancario non c'è più. Questo argomento è stato sapientemente utilizzato dalla lobby bancaria, per difendere dalle perdite, ovviamente a spese del contribuente, le loro banche e i loro fondi. Se le banche a causa di questi crediti cattivi dovessero trovarsi ancora in difficoltà, sarebbe molto più conveniente se il loro salvataggio avvenisse da parte dei governi nazionali, piuttosto che investire grandi somme attraverso i piani europei di salvataggio.

L'Europa non può contare sul programma di unione politica di Kohl

Ritorno alle origini significa anche ritorno alle forze del mercato. Le banche e le assicurazioni (che lavorano con il nostro denaro) hanno dolorasamente compreso, quanto è stato sbagliato prestare denaro agli stati senza una corretta valutazione del rischio. In futuro avranno quindi una pressione sugli interessi e sui prezzi tale da condurre ad una corretta gestione finanziaria; per questo non avranno più bisogno del bastone dei cattivi tedeschi.

Questa strategia non esclude la solidarietà europea. Ma questa dovrà essere delimitata. Una solidarietà che non coinvolga enormi somme per il salvataggio degli stati, ma limitata nel tempo e ai casi di emergenza.

"Chi è certo che la Grecia poi mantenga quello che oggi abbiamo concordato?", si è chiesto retoricamente il ministro delle finanze Wolgang Schäuble in un impeto di realismo prima dell'accordo sul nuovo pacchetto di salvataggio. E chi può garantire, che la Francia con il nuovo probabile presidente socialista Francois Holland rispetti le decisioni sui limiti all'indebitamento? Questa è la realtà. Le decisioni sul rispetto o meno dei trattati vengono prese alla fine dagli elettori nei singoli paesi. Di conseguenza, devono essere responsabili per gli effetti delle loro decisioni. Non ci sarà nessuna "Unione di Stabilità fiscale e politica" (fiskalpolitische Stabilitätsunion) di cui parla Angela Merkel. Ogni paese deve autonomamente conseguire le condizioni economiche e politiche che permettano una permanenza nell'unione politica. Chi non lo può fare o non lo vuole fare, deve abbandonare l'unione monetaria. La decisione sarà a sua discrezione.

L'Europa ha bisogno di una moneta comune. Il ritorno alle monete nazionali porterebbe a conseguenze paurose e getterebbe il continente nelle turbolenze della competizione globale.  Si deve accettare le realtà del qui ed ora.

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