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lunedì 10 dicembre 2018

Lafontaine: l'elezione di AKK è il proseguimento del merkelismo con un altro volto

Oskar Lafontaine si rallegra per la mancata elezione di Friedrich Merz alla presidenza della CDU e avverte: l'elezione di Annegret Kramp-Karrenbauer rappresenta il proseguimento del merkelismo, con un altro volto. Oskar Lafontaine dal suo profilo FB.



È positivo che il lobbista degli squali finanziari, Friedrich Merz, non sia stato eletto. La sua "Agenda per le persone laboriose" non era un programma per i molti che lavorano nel settore a basso salario, nelle costruzioni, nei macelli, nella raccolta degli asparagi, nella pulizia degli esercizi commerciali, o nella consegna dei pacchi, da Amazon, ecc. Chi, come Merz, è contrario ad un salario minimo decente, sostiene Hartz IV e consiglia alle persone povere di fare previdenza sociale investendo in azioni, non conosce le preoccupazioni e le difficoltà di queste persone realmente laboriose.

Annegret Kramp-Karrenbauer rappresenta la continuazione della politica di Angela Merkel. La politica di Merkel viene considerata dal mainstream giornalistico come la "socialdemocratizzazione della CDU". E' evidente: i commentatori sono vittime della loro stessa propaganda, altrimenti non scriverebbero tali assurdità. In effetti, a parte la Linke, tutti i partiti negli ultimi anni sono diventati neoliberisti. La CDU ha perso la sua corrente sociale e la SPD per questa ragione sta morendo.



Fare politica socialdemocratica un tempo significava: costruire, non smantellare lo stato sociale


Mentre Schröder si inchinava davanti alle associazioni dei datori di lavoro e imponeva il "più grande smantellamento dello stato sociale del dopo guerra" (FAZ), la CDU di Merkel rafforzava ulteriormente le sue "leggi di riforma".

Fare politica socialdemocratica un tempo significava: buon vicinato in Europa

Il nazionalismo dell'export ampiamente presente in tutti i partiti, unito al Sacro Graal dello Zero Nero, divide l'Europa e ci porta ad una situazione in cui dopo la Brexit ora viene minacciata anche l'uscita dell'Italia dall'Unione Europea.

La politica socialdemocratica si basava sulla pace e il disarmo.

Il suo punto forte è stata la Ostpolitik di Willy Brandt. Merkel ha invece permesso che le truppe tedesche tornassero a ridosso del confine russo. Lei è il fedele vassallo dell'imperialismo americano, che circonda la Russia e la Cina, è uscito dal trattato ABM, vuole sospendere unilateralmente il trattato INF e con le guerre commerciali, le operazioni segrete delle sue forze speciali e le guerre a suon di bombe destabilizza tutto il mondo.

Il neoliberismo praticato da Merkel - "democrazia conforme al mercato" - distrugge la coesione della società, porta al rafforzamento di AFD e alla fine mina le basi della democrazia.



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mercoledì 5 dicembre 2018

Egemonia à l'allemande

Secondo un'analisi della prestigiosa Deutsche Gesellschaft für Auswärtige Politik (DGAP) le responsabilità tedesche nella attuale crisi francese sarebbero molto chiare. Sono infatti le élite politiche ed economiche della Repubblica Federale che da anni tramite i volenterosi burocrati di Bruxelles fanno pressione per implementare anche in Francia un programma di riforme ispirato da Berlino. Ma il giovane Macron è in grande difficoltà, non solo sul fronte interno, ma anche sulla riforma della governance europea, dove ha disperatamente bisogno di portare a casa un risultato concreto in vista delle europee del prossimo anno. I tedeschi nel frattempo preferiscono temporeggiare. Ne parla il sempre ben informato German Foreign Policy.




Solleciti da Berlino

Che le misure di riforma che il presidente francese Emmanuel Macron ha iniziato ad attuare sin dal suo insediamento, il 14 maggio 2017, e che ancora oggi continua a portare avanti, corrispondano in larga parte a quelle stesse riforme richieste dalla Germania, lo sottolineava già la scorsa primavera in un breve documento di analisi la Deutsche Gesellschaft für Auswärtige Politik (DGAP). Macron nel settembre 2017 ha "approvato una riforma del mercato del lavoro che tra le altre cose riduce la tutela e rafforza gli accordi contrattuali aziendali e di settore" scriveva la DGAP. [1] Inoltre, "i contributi dei datori di lavoro sono stati ridotti ed è stato aumentato il contributo sociale generale (CSG)"; fatto che "fra i pensionati ha causato un certo malcontento". In seguito poi è stata affrontata "la riforma della società ferroviaria pubblica SNCF". Se fosse per Macron 'nessun elemento dello stato sociale francese dovrebbe restare intatto' si legge nell'analisi, sempre secondo il documento, il corso di "riforme interne" di Macron in Germania sarebbe particolarmente apprezzato dai liberali e dai conservatori: alla fine è stata proprio "la Germania a sollecitare l’attuazione delle riforme strutturali raccomandate dalla Commissione europea".



Elementi inseparabili

Il DGAP sottolinea che Macron ha iniziato il suo duro corso di riforme "à l'allemande" nella speranza che Berlino gli possa andare incontro sui temi della politica europea. Non da ultimo le sue misure erano finalizzate a presentare la Francia come un "partner affidabile" - "soprattutto in Germania" - "un paese che mantiene i suoi impegni e che quindi ha la legittima pretesa di aspirare alla leadership nell'UE", sostiene l'analisi della DGAP. [2] Tuttavia, come indicato dallo stesso piano di Macron, la riforma della governance "dell'UE dovrebbe contribuire al successo delle riforme interne". Perché il popolo francese "sarà disposto ad accettare ulteriori riforme solo se si convincerà che queste sono un bene per il futuro della Francia ..." - e che l'UE, che è ben nota per la sua insistenza su queste riforme, "non solo sostiene la liberalizzazione e l'indebolimento dello stato sociale ma è anche a favore della difesa e del miglioramento delle condizioni di vita". A tale riguardo, "le riforme interne e quelle della governance europea", che Macron persegue contemporaneamente, "dovranno essere considerate elementi inseparabili in cui il successo dell'una influenzerà anche l'altra". Che ora nonostante l'elevato "ritmo politico [...] delle riforme interne", nella politica europea non si muova nulla, "per il presidente francese ... si tratta di un problema serio".

Eurozona senza governo

Berlino intanto a livello europeo continua la sua politica di blocco nei confronti di Parigi, soprattutto in due ambiti di fondamentale importanza per Macron. Uno è la riforma della zona euro. Macron mira in linea di principio a standardizzare quanto piu' possibile un'area valutaria estremamente eterogenea, attraverso un determinato livello di redistribuzione. Ciò darebbe alle economie nazionali più deboli, specialmente quelle del sud dell'Eurozona, la possibilità di sperare in una ripresa. A beneficiarne sarebbero tuttavia anche i paesi del nord: una ripresa nel sud potrebbe aiutare a condurre la moneta unica in maniera duratura fuori dalla crisi. Macron spinge quindi per l'introduzione di un bilancio unitario, un ministro delle finanze dell'eurozonza e di altre misure analoghe, che in realtà Parigi chiede da sempre. Già nell'ottobre 2008 infatti il presidente Nicolas Sarkozy aveva chiesto di formare all'interno dell'Eurogruppo un "governo economico" per l’eurozona [3]. Il suo successore François Hollande aveva poi ripreso la stessa proposta nel luglio 2015. [4] Entrambi non vi sono riusciti a causa dell'opposizione di Berlino. Lo stesso ora vale per Macron. Il governo tedesco subito dopo il suo insediamento all'Eliseo lo aveva inizialmente tenuto in attesa con il pretesto della campagna elettorale federale; poi in seguito durante la lunga fase di formazione del governo la scusa era stata quella di uno spazio politico insufficiente per una riforma della zona euro. In questo modo Berlino è riuscita ad annacquare cosi' tanto i piani di Parigi che di fatto non è rimasto quasi nulla [6].



PESCO Versus IEI

Se la fiducia della popolazione francese nei confronti della riforma della zona euro, e quindi della possibilità di partecipare alla ridistribuzione delle risorse a favore del Sud, è venuta meno, allo stesso modo Berlino ha negato a Parigi anche un successo parziale su altri aspetti che Macron avrebbe potuto utilizzare per migliorare un po' la sua immagine tra i francesi. Si tratta della militarizzazione dell'UE. Vi è accordo tra i governi di entrambi i paesi sul fatto che l'UE dovrà avere una forza armata comune. Vi sono, tuttavia, controversie sull'ancoraggio istituzionale da dare alle truppe e sul calendario per la loro istituzione. Parigi ha fretta: per le missioni future, in particolare nella sua sfera di influenza africana, ha bisogno di ricevere il più rapidamente possibile sostegno e di non essere frenata da quei paesi che - come i paesi dell'Europa orientale - nel continente africano non hanno alcun interesse strategico. Macron pertanto sostiene con forza l'Iniziativa di Intervento Europeo (IEI), che dal punto di vista formale potrebbe operare in maniera del tutto indipendente e già ora sarebbe in grado di elaborare dei piani per eventuali missioni [7]. Berlino, invece, chiede con forza un ancoraggio "dell'esercito degli europei" all'interno della UE e un sistematico ricongiungimento delle truppe alle basi militari per avere a disposizione a lungo andare una forza militare per quanto possibile grande e potente. Lo strumento scelto è la PESCO. [8] Sebbene la Repubblica Federale partecipi all'IEI, iniziativa fondata da Parigi, Berlino in questo ambito agisce principalmente da freno e continua a negare a Macron quel successo in termini di immagine di cui tanto avrebbe bisogno.

Scaricato

Già ad aprile, la DGAP avvertiva che Berlino deve tener conto "del grande rischio a cui Macron sta andando incontro con il suo processo di cambiamento": "Le riforme impopolari devono essere legittimate ... tramite un rapido successo "; se questo venisse a mancare, Macron sarebbe in pericolo. [9] Non a caso il 10 maggio di quest'anno il presidente francese ha ricevuto il prestigioso premio Carlo Magno ad Aachen. Tuttavia il breve momento di splendore politico ottenuto con la cerimonia di premiazione non può essere considerato un ragionevole sostituto di un duraturo successo politico. La scorsa settimana la DGAP ha nuovamente avvertito: Macron ha disperatamente bisogno che "il successo nell'UE sia credibile per poter andare avanti con le sue riforme in Francia"; da ciò dipende - non da ultimo in considerazione delle prossime elezioni del Parlamento europeo - anche "la sua autorità come fonte di ispirazione e leader del campo pro-europeo" all’interno dell'Unione [10]. Berlino tuttavia non è disponibile a fare qualsiasi concessione. Per il suo profitto immediato, la potenza egemone dell'UE è pronta a mettere a repentaglio anche il benessere del suo alleato più stretto.





[1], [2] Claire Demesmay, Julie Hamann: Der gebremste Präsident. DGAPstandpunkt Nr. 11, April 2018.
[3] Berlin: Sarkozy könnte die EU spalten. faz.net 24.10.2018.
[4] Albrecht Meier: Unions-Fraktionsvize Friedrich erteilt Hollandes Vorschlag Abfuhr. tagesspiegel.de 20.07.2015.
[5] S. dazu Zuverlässig ausgebremst.
[6] S. dazu Das Eurozonen-Budget.
[7] S. dazu Die Koalition der Kriegswilligen und Die Koalition der Kriegswilligen (II).
[8] S. dazu Der Start der Militärunion und "Eine echte europäische Armee".
[9] Claire Demesmay, Julie Hamann: Der gebremste Präsident. DGAPstandpunkt Nr. 11, April 2018.
[10] Claire Demesmay: Macrons Kampfruf für den Progressivismus. Frankreich vor der Europawahl. DGAPstandpunkt Nr. 23, November 2018.

mercoledì 5 settembre 2018

Chemnitz e le fake news di governo

Lo ha detto oggi il presidente della Sassonia davanti al parlamento regionale di Dresda, e lo aveva detto anche la Procura generale della Sassonia: a Chemnitz non c'è stata nessuna caccia allo straniero. Si tratta evidentemente di una fake news filo-governativa che invece ha fatto il giro del mondo dopo che il governo di Berlino ha iniziato a pomparla come "arma di distrazione di massa" basandosi peraltro su alcuni secondi di un video poco significativo. Un comportamento miope che finirà per portare ulteriore consenso ad AfD. Ne parla un ottimo Alexander Wendt su Publico


È una  frase semplice e chiara quella pronunciata da Wolfgang Klein, portavoce del Procuratore generale della Sassonia: "secondo il materiale a nostra disposizione, a Chemnitz non c'è stata nessuna caccia all'uomo". Cosi' ha risposto il funzionario della procura a una domanda di Publico. Con questa dichiarazione ha contraddetto in un colpo solo le affermazioni della cancelliera Angela Merkel e del suo portavoce Steffen Seibert, i quali hanno entrambi affermato, basandosi su dei non meglio specificati video, che a Chemnitz avrebbero avuto luogo diverse "cacce all'uomo" -  anche piu' di una quindi.

Il Procuratore generale della Sassonia sta perseguendo tutti i reati relativi alla violazione del diritto di riunione e manifestazione verificatisi a Chemnitz domenica scorsa e lunedì: saluti nazisti, lancio di petardi e bottiglie, possibili assalti. Le autorità stanno gestendo una dozzina di denunce per i saluti nazisti fatti in pubblico. È anche acclarato che domenica 26 agosto, in una manifestazione spontanea di circa 800 persone avvenuta dopo l'uccisione di un giovane abitante di Chemnitz da parte di due richiedenti asilo, in giro per la città c'erano circa 50 persone potenzialmente violente appartenenti alla scena degli Hooligan di estrema destra. Diversi passanti sono stati insultati e minacciati da questo gruppo. Ma nelle strade di Chemnitz, secondo gli elementi a disposizione delle autorità, non c'è stata una caccia all'uomo, né esistono fino ad oggi foto o video che possano supportare questa accusa.

Klein ribadisce ciò che la polizia di Chemnitz aveva già confermato, così come aveva fatto anche il redattore capo della "Freie Presse" di Chemnitz Torsten Kleditzsch, i cui collaboratori domenica avevano assistito agli eventi in prima persona, mentre in giro per la città non c'erano troupe di emittenti nazionali.

Come è stato possibile allora che anche i media nazionali abbiano potuto parlare di una caccia all'uomo a Chemnitz? Se cerchi la fonte, ti imbatti solo in un breve video, filmato e pubblicato in rete dal gruppo "Antifa Zeckenbiss". Su di esso si vede un gruppo di uomini; uno corre minaccioso verso un passante, grida qualcosa come "Kanake", la persona minacciata fugge. Si sente una donna dire la frase: "lepre, tu resti qui." Il mini-video è arrivato fino all'ARD, il Morgenpost ha messo perfino un frame del video sulla sua prima pagina. Il frammento mostra indubbiamente un tentativo di aggressione - ma nessuna caccia all'uomo. 

Cosi' il resoconto delle "cacce all'uomo" di Chemnitz ha preso il volo quando il portavoce del governo federale Steffen Seibert il 27 agosto è intervenuto davanti alla stampa e ha detto:

"Ciò a cui abbiamo assistito ieri a Chemnitz e che in parte è stato ripreso nei video (...), non puo' trovare alcun posto nel nostro stato di diritto. Tali scontri, le cacce a persone di diversa apparenza e altra origine, (...) non possono essere accettate. "

Il "Tagesschau" ha colto l'occasione come un'opportunità per riportare i fatti con il titolo: "Il governo federale denuncia la caccia all'uomo". Come prova durante la trasmissione è stato utilizzato un'altra volta solo il video clip di "Antifa Zeckenbiss".

Ma non solo Seibert, anche Angela Merkel è comparsa davanti alla stampa e ha dichiarato:

"Abbiamo filmati che dimostrano che ci sono stati scontri e cacce all'uomo (...)"

Nessuno almeno fino a quel momento ha mai visto tali registrazioni video. Ma la dichiarazione non solo del portavoce Seibert, ma del capo del governo stesso, usando il "noi" - cioè il governo - il quale disporrebbe del materiale video appropriato, doveva fungere da alta conferma ufficiale.

Solo che il governo non ha pubblicato i video minacciosi della caccia ed evidentemente non li ha messi a disposizione nemmeno dell'autorità inquirente.

(...)

Questo è solo l'inizio della vicenda: il fatto che il capo del governo stesso confermi una fake-news in modo da dare grande slancio e visibilità ad un resoconto falso e isterico e poi ignori le domande dei media sul tema sarebbe un modo di fare senza precedenti.

Il caso verrà certamente trattato anche al Bundestag.



Puntate precedenti sul caso Chemnitz:

Chemnitz ovvero la rivergination della stampa e della politica tedesca









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Paul Collier: perché è giusto, etico e ragionevole aiutarli a casa loro

Bellissima intervista della Neue Zürcher Zeitung al grande economista britannico Paul Collier che sul tema immigrazione non le manda a dire: Merkel ha sbagliato tutto ed è un politico irresponsabile mentre chi vuole continuare ad attrarre in Europa i migranti piu' giovani ed istruiti è un criminale. Dalla NZZ un'ottima riflessione di un grande economista sul tema delle politiche migratorie 


NZZ: Da decenni si occupa di politiche migratorie. Perché l'argomento è diventato un tema così dibattuto e come si puo' andare avanti dal punto di vista politico?

Collier: Le attuali politiche migratorie e sui rifugiati sono un disastro. È un sistema che non funziona. In realtà non meriterebbe nemmeno di essere chiamato "sistema". Come si è arrivati a questo punto? Con decisioni politiche di breve periodo incredibili e irresponsabili prese da figure chiave in Europa - in particolare Angela Merkel, che nel 2011 prima ha  ignorato il problema dei rifugiati, per poi svegliarsi all'improvviso nel panico nel 2015.

In maniera irresponsabile e unilaterale ha quindi deciso di aprire le porte - credendo che sarebbero arrivate solo 10.000 persone -  sei mesi dopo poi con la stessa unilateralità ha dovuto chiudere quelle stesse frontiere negoziando un affare incredibilmente costoso con Erdogan - un uomo davvero gentile. Poi ha cercato di costringere gli altri paesi europei ad accettare i rifugiati che aveva fatto entrare unilateralmente. Si tratta senza dubbio di una incredibile irresponsabilità, e quindi, ovviamente, anche la politica europea è fuori controllo.

NZZ: Quali sono le principali cause delle migrazioni?

Collier: Innanzitutto dobbiamo fare una chiara distinzione tra immigrati e rifugiati. I rifugiati sono solo un sottogruppo delle persone che lasciano la loro patria. Coloro che non emigrano volontariamente ma vengono espulsi, per definizione sono persone sfollate o rifugiati. Non vogliono emigrare e quindi non sono immigrati. Questo è il primo punto. Gli sfollati trovano per lo piu' un posto dove vivere all'interno del proprio paese d'origine, che vengono appunto definiti sfollati interni: in tutto il mondo sono circa 65 milioni. Circa un terzo degli sfollati lascia il proprio paese di origine attraverso il confine più vicino e, legalmente parlando, diventa rifugiato. La maggior parte di loro trova rifugio immediatamente dietro il confine del proprio paese, nelle immediate vicinanze dell'area del conflitto. Questo è il vero problema dei rifugiati: provvedere ai rifugiati in questi luoghi di fuga regionali.

NZZ: Proprio come la maggior parte dei rifugiati siriani che si trova in Libano. 

Collier: Sono in Libano, in Turchia e in Giordania. L'agenzia per i rifugiati delle Nazioni Unite, l'UNHCR, fondata all'inizio degli anni '50, è nata in un contesto completamente diverso. A quel tempo, la soluzione adottata era quella delle tendopoli con i pasti e gli alloggi gratis, che nei successivi quaranta anni ha rappresentato una soluzione ragionevole. Per la situazione dei rifugiati attuale, tuttavia non ha piu' senso. L'intero sistema dell'UNHCR nel mondo è ignorato dal novanta per cento dei rifugiati perché non è più' all'altezza di ciò' che loro desiderano. Vogliono riavere la loro indipendenza. Provi a immaginare: deve fuggire dal suo paese d'origine. Vuole essere indipendente e ripristinare la sua comunità e il modo più semplice per farlo è andare in una città. Ed è quello che fa la maggior parte dei rifugiati: cerca un lavoro in una città.

I rifugiati siriani che arrivavano in Giordania, in un certo senso, erano in paradiso: la stessa religione, la stessa lingua. La grande differenza è che in Giordania il reddito pro capite è sei volte più alto che in Siria. Se un siriano potesse quindi trovare un lavoro in Giordania, starebbe decisamente bene. Avrebbe trovato il paradiso in terra. Per il governo giordano, tuttavia, si tratterebbe di un problema molto serio perché non potrebbe permettere ad altre persone - i siriani - di mettersi a fare concorrenza al ribasso con i giordani sul mercato del lavoro. Alex Betts ed io abbiamo allora proposto al governo una strategia ponendo la seguente domanda: "Se sia i giordani che i rifugiati potessero trarne beneficio, permettereste ai rifugiati di lavorare?" L'idea era che l'Europa fornisse lavoro - sia per i rifugiati che per la popolazione giordana.

NZZ: La sua idea di fondo era quella di creare incentivi per tutte le parti?

Collier: Sì, certo. Sarebbe stato da folli alzare il dito e dire: "Dovete dargli dei posti di lavoro!". Possiamo usare la globalizzazione per creare posti di lavoro laddove ci sono rifugiati. L'Europa - e in particolare la Germania - era ben attrezzata per farlo. Con tutte le aziende che già operano nella regione, la Germania era predestinata per farlo. Le aziende tedesche nel corso degli anni hanno creato centinaia di migliaia di posti di lavoro in Turchia. E questo non è costato alcun posto di lavoro in Germania.

Al contrario: in Germania c'è stato un aumento della produttività perché i lavori meno qualificati, i posti di lavoro meno produttivi, sono stati trasferiti in Turchia. Questa è la globalizzazione nella sua forma migliore. Ma la risposta dell'UNHCR alla nostra proposta è stata: "non siamo un centro per l'impiego. Non diamo lavoro ai rifugiati. Forniamo loro cibo e tende gratis". Questo è il problema. Le persone non vogliono essere nutrite gratuitamente per dieci anni e restare nelle tende. Vogliono lavorare.

NZZ: Lei distingue tra persone sfollate, rifugiati e persone che diventano migranti per altre cause?

Collier: Potrei raddoppiare le mie entrate se mi trasferissi in Norvegia. Con un tale trasferimento la stragrande maggioranza della popolazione mondiale aumenterebbe il proprio reddito di oltre il doppio. Ma non ha il diritto di farlo. Nel complesso è molto triste quando le persone vengono definite in base all'aspirazione di lasciare il proprio paese. L'Europa rischia in maniera involontaria di fare esattamente questo con l'Africa.

Lavoro per il novanta per cento del mio tempo con i governi africani, il cui incubo peggiore è che i giovani si innamorino della narrativa secondo la quale la loro unica speranza risiede nell'emigrazione. Attualmente sto lavorando con il governo del Ghana - un ottimo governo; il presidente, il vicepresidente e il ministro delle finanze sono degli ottimi politici, sicuramente migliori dei loro omologhi nella maggior parte dei paesi europei. Il PIL del Ghana è aumentato del 9% l'anno scorso. Il governo sta facendo un buon lavoro. Ma quest'anno tuttavia non potrà creare opportunità economiche che siano migliori rispetto alla possibilità di trovare un lavoro in Europa - mai e poi mai. Ma ciò non significa che abbiamo il diritto di attirare in Europa i migliori giovani ghanesi. Servono in Ghana.

Alcuni ritengono erroneamente che attirare i giovani dotati usando le parole "benvenuti in Europa" sia una grande azione moralmente nobile. In questo modo vengono allontanati dai loro veri doveri e dalle opportunità in Africa, così che finiscano a vivere frustrati nelle strade di Roma, che corrisponde molto piu' alla realtà dei fatti. L'Africa deve creare milioni di posti di lavoro. Invece, continuiamo a sedurre migliaia di africani e africane spingendoli a salire su una barca. Questo è estremamente irresponsabile e immorale, perché quando le persone arrivano per la prima volta dall'Africa in Europa, capiscono immediatamente la verità, ma sono intrappolati: perché il ritorno li renderebbe ridicoli davanti ai loro amici e parenti.

Cosi continuiamo a celebrarci come se fossimo persone buone, ma siamo profondamente non etici. Ciò di cui l'Africa ha bisogno è un rafforzamento della produzione, non un diritto al consumo. L'Africa non ha bisogno della nostra elemosina, ma delle nostre imprese. Durante i nostri sforzi per spingere le aziende ad andare in Giordania per dare lavoro ai rifugiati, abbiamo parlato con molte aziende. Sa qual'era per loro l'ostacolo piu' grande?

NZZ: Quale?

Collier: Le aziende temevano che se fossero andati in Giordania le organizzazioni non governative europee le avrebbero accusate di gestire fabbriche in cui i rifugiati vengono sfruttati. Le stesse ONG che sostengono di essere i grandi difensori dei rifugiati in realtà erano il vero problema .

NZZ: Ovviamente puoi fare entrambe le cose: puoi anche creare lavori decenti.

Collier: Certo, ma onestamente, se arrivi dalla Siria, dove persino prima della guerra guadagnavi in media 2.000 dollari all'anno, e ora in Giordania potresti guadagnare un reddito medio di 13.000 dollari, probabilmente ogni lavoro ti sembrerebbe fantastico. E naturalmente nei parchi industriali volevamo portare delle imprese decenti che rispettassero la legislazione giordana e creassero dei buoni posti di lavoro per i siriani. Gli standard di lavoro e tutto il resto non sarebbero stati un problema. Si tratta di una preoccupazione totalmente ingiustificata.

Quello che invece è accaduto è che solo il 5% dei siriani si è spostato in Germania, ma erano ben selezionati. Chi è andato in Germania? Giovani uomini benestanti, così che ora il 40% di tutti i laureati siriani si trova in Germania. Si tratta di un fatto cosi' irresponsabile che dovrebbe essere condannato pubblicamente.

NZZ: Come spiega il fatto che la questione dei rifugiati è diventata un tema così polarizzante in Europa?

Collier: Perché sull'argomento non si è riflettuto abbastanza. All'opera ci sono stati leader politici che non hanno rispettato il loro mandato di pensare a lungo termine, che appunto nel lungo periodo sarebbe la politica migliore. Invece, si ha l'impressione che abbiano reagito agli eventi di settimana in settimana o peggio di giorno in giorno. Con delle decisioni di breve respiro dovute ad eventi immediati si finisce per affondare sempre più nel caos. Nel complesso dovremmo chiederci: "Quale sarebbe una politica sostenibile?" Credo che potremmo raggiungere molto rapidamente un ampio consenso su come dovrebbe essere una tale politica sostenibile - un consenso che sia la sinistra sia la destra potrebbero dare.

Una politica sostenibile sarà caratterizzata da tre elementi: uno di questi è che sarà etica. Sarà quindi all'altezza dei nostri obblighi etici nei confronti dei rifugiati e nei confronti delle persone che nei paesi poveri hanno un disperato bisogno di avere una speranza. Hanno bisogno di una possibilità.

NZZ: In cosa consistono esattamente questi compiti?

Collier: Uno dei doveri nei confronti dei rifugiati è mostrare solidarietà. Quando nel 2011 è iniziata la prima grande ondata di profughi dalla Siria, l'Europa ha avuto una responsabilità, così come la Giordania, la Turchia e il Libano. Dobbiamo mostrare solidarietà e unirci alle misure di solidarietà secondo il principio del vantaggio comparato. "I giordani fanno ciò che sanno fare meglio: mantenere aperti i confini, offrire un luogo di rifugio sicuro e consentire alle persone di lavorare. Facciamo anche noi ciò che sappiamo fare meglio: portiamo ai rifugiati i posti di lavoro che ridanno loro l'indipendenza e mettiamo a disposizione il denaro che rende l'affare redditizio per la Giordania". Ma non abbiamo fatto nulla di cio'. Il deficit di bilancio della Giordania è esploso perché il paese è  ha dovuto far fronte a questi rifugiati senza aiuto esterno.

NZZ: Se dovesse consigliare un politico europeo in vista delle elezioni europee del prossimo anno, quale mix di politiche suggerirebbe?

Collier: Ci troviamo in un dibattito polarizzante perché le persone discutono dei temi sbagliati. Potremmo ottenere un ampio consenso se non ci concentrassimo solamente su ciò che dobbiamo fare domani, ma se ci occupassimo di come far funzionare un sistema sostenibile nel lungo periodo. Il punto di partenza è che tutto ciò che facciamo deve essere etico. Ciò significa che deve rispettare i nostri obblighi nei confronti dei rifugiati. E lo sarà se riusciremo a portare ai rifugiati dei posti di lavoro e se riusciremo a fornire un enorme sostegno ai governi dei paesi di prima accoglienza, in modo che i confini di questi paesi rimangano aperti. Questa è la chiave. Se le società dei paesi di destinazione non trarranno alcun vantaggio dalla situazione, non terranno piu' le loro frontiere aperte, e avremo quindi la temuta nave a pressione degli sfollati che non possono lasciare il loro paese.

Un altro nostro dovere etico è quello di portare opportunità nei paesi in cui si sta diffondendo la pericolosa narrativa secondo la quale non puoi fare altro che fuggire via. Tutta la mia vita lavorativa di oltre quarant'anni è stata dedicata all'idea che le società povere debbano poterci raggiungere. Non saranno in grado di raggiungerci se le loro persone più brillanti lasceranno il paese.

Al momento ho uno studente che è un medico del Sudan. Non gli insegno la medicina ma le politiche pubbliche, perché vorrebbe tornare in Sudan per lavorare nell'ufficio del Primo Ministro. I suoi amici - altri medici sudanesi nel Regno Unito - pensano che sia pazzo. Ci sono più medici sudanesi che lavorano a Londra che in tutto il Sudan. È uno scandalo etico il fatto che il Regno Unito recluti medici sudanesi per il suo sistema sanitario invece di formare dei medici nel proprio paese. La Gran Bretagna ha tre delle migliori dieci università del mondo. L'Africa non ne ha nemmeno una. L'idea che dipendiamo da medici che hanno studiato in Africa è assurda. L'Africa ha bisogno di medici formati nel Regno Unito. È vergognoso che una tale politica venga perseguita in Europa.

E poi dobbiamo seguire una politica che incontri un'ampia approvazione democratica, per la quale la maggioranza delle persone dice: "Sì, va bene". Se si cercasse di applicare una politica che la maggioranza delle persone in questa società ritiene irresponsabile, la democrazia verrebbe messa in questione. Ed è esattamente ciò che sta accadendo. I governi di tutta Europa hanno perso la fiducia dei loro cittadini - e in misura notevole. Questo è un disastro, perché i governi hanno bisogno della fiducia per poter lavorare, non solo nell'ambito dell'immigrazione, ma in tutti i settori.

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domenica 1 luglio 2018

Da Meseberg verso l'unione di trasferimento

Sulla FAZ 4 economisti tedeschi di spicco, Thomas Mayer, Dirk Meyer, Gunther Schnabl e Roland Vaubel, consigliano di tenere gli occhi ben aperti sul progetto franco-tedesco di riforma dell'eurozona. Per i 4 economisti il documento di fatto aprirebbe la strada alla temutissima unione di trasferimento. Dalla Frankfurter Allgemeine Zeitung


Il presidente francese Macron e la cancelliera Merkel durante la riunione al castello di Meseberg del 19 giugno 2018 hanno trovato un accordo sulle misure "per un ulteriore rafforzamento dell'area dell'euro e per la trasformazione in una vera unione economica". Le misure proposte vanno nella direzione di una ulteriore espansione dell'unione bancaria e monetaria europea e di una loro trasformazione in una unione fondata sulla responsabilità comune, come temuto dai 154 professori di economia nel loro appello pubblicato sulla FAZ.

Il documento prevede una trasformazione del meccanismo europeo di stabilità (ESM) in un Fondo Monetario Europeo (FME) sottoposto alla legislazione dell'UE. A tal proposito si afferma nella dichiarazione:

"Come primo passo abbiamo bisogno di cambiare il trattato intergovernativo ESM per migliorare l'efficacia degli strumenti di prevenzione e per rafforzare il suo ruolo nella valutazione e nel monitoraggio dei programmi futuri. In una seconda fase potremo garantire l'integrazione dell'ESM all'interno della legislazione dell'UE, mantenendo al contempo i suoi elementi di controllo centralizzati".

Se l'ESM dovesse essere recepito nel diritto UE, il ruolo dei parlamenti nazionali nella concessione degli aiuti per gli aggiustamenti strutturali verrebbe notevolmente indebolito. Poichè nel nuovo FME i singoli paesi nel caso di decisioni urgenti potrebbero perdere il diritto di veto, i paesi creditori potrebbero essere messi in minoranza. Cosi' ad esempio il Bundestag tedesco perderebbe il suo diritto di controllo. Inoltre, se il FME dovesse passare sotto il diritto europeo, finirebbe sotto l'influenza di paesi non appartenenti all'area dell'euro.

Ristrutturazione del debito degli stati membri

"Al fine di migliorare l'attuale quadro di sostenibilità del debito e aumentarne l'efficacia, dovremmo iniziare a lavorare sulla possibilità di introdurre clausole di ristrutturazione del debito con un solo livello di aggregazione".

La proposta sembra andare nella direzione di quanto da noi auspicato, vale a dire un nuovo quadro normativo per l'insolvenza degli stati. Cio' aprirebbe la possibilità di ristrutturare il debito degli stati insolventi. Tramite "l'aggregazione ad un livello" dei voti dei creditori (piuttosto che una maggioranza a due livelli per tutte le serie di obbligazioni e poi per le singole obbligazioni) si ridurrebbe la possibilità dei singoli investitori di bloccare la ristrutturazione del debito. L'esecuzione della ristrutturazione in questo modo sarebbe piu' facile. E questa è una buona cosa.

"L'ESM avrà un ruolo maggiore nella progettazione e nel monitoraggio dei programmi in stretta cooperazione con la Commissione e in collaborazione con la Banca centrale europea (BCE) e sulla base di un compromesso da negoziare fra la Commissione e l'ESM. Dovrà essere in grado di valutare la situazione macroeconomica negli Stati membri e quindi contribuire a prevenire le crisi. Ciò dovrà essere fatto nel pieno rispetto dei trattati e senza riflettere il ruolo della Commissione"

L'integrazione dell'ESM con la politica monetaria europea contraddice con il mandato della BCE, vale a dire quello di definire la politica monetaria per l'area dell'euro nel suo complesso. Inoltre, l'ESM non avrà alcun interesse a sospendere i programmi in caso di non conformità delle condizioni, in quanto la concessione dei prestiti genera dei flussi di reddito.

"Ogni volta che uno Stato membro richiede l'assistenza finanziaria dell'ESM, potrà richiedere anche l'assistenza finanziaria del FMI".

Assistenza finanziaria del FMI solo quando il debito è sostenibile

Il sostegno finanziario da parte dell'FMI prevede che il debito del destinatario sia sostenibile. Al fine di garantire un'analisi politicamente neutrale, la richiesta di assistenza finanziaria al FMI non dovrebbe essere facoltativa, ma obbligatoria. 

"Come ulteriore sviluppo della linea di credito preventiva dell'ESM (PCCL,) il sostegno finanziario potrebbe essere invocato nel caso di problemi di liquidità, se vi è appunto il rischio che i membri del MES perdano l'accesso ai mercati, sebbene non vi sia la necessità di un programma completo".

In questo modo per un paese dovrebbe essere piu' facile ottenere la liquidità prevista da un "PCCL", senza dover quindi soddisfare tutte le condizioni necessarie per un programma completo. Inoltre un PCCL potrebbe aprire la porta del sostegno al paese attraverso il programma OMT della BCE. Tramite la cooperazione fra FME e BCE ciascun paese potrebbe ricevere un supporto illimitato di liquidità.

Il Bundestag perderebbe il controllo su oltre 60 miliardi di euro

Se il meccanismo europeo di stabilità (ESM) sarà utilizzato come una riassicurazione per il risanamento delle banche (Backstop) e avrà il diritto di prestare i 60 miliardi di euro previsti dall'ESM e tale importo dovrà essere rimborsato entro tre anni attraverso una tassa bancaria, sorgerebbero allora tre problemi seri:

1. L'ESM e quindi il Bundestag perderebbero il controllo su oltre 60 miliardi di fondi ESM.

2 Dato che la "tassa sulle banche" è tutt'altro che adeguata al rischio, le banche tedesche e i risparmiatori tedeschi dovranno sostenere gran parte dei costi di ristrutturazione delle banche greche, italiane e degli altri paesi

3. Poiché il Backstop dovrebbe entrare in vigore dal 2021, le banche in difficoltà e le loro autorità di regolamentazione avranno un incentivo a posticipare fino a quel momento la comunicazione e la ripulitura dei bilanci dai loro crediti inesigibili e la valutazione del rischio dei titoli di stato in loro possesso. Cio' a scapito della crescita economica e della stabilità finanziaria. 

Senza il backstop, la pressione per rafforzare i bilanci bancari e liquidare le banche insolventi sarebbe maggiore.

I negoziati potrebbero iniziare a giugno

"Il lavoro su una tabella di marcia per l'avvio delle trattative politiche sull'EDIS dovrebbe iniziare dopo il consiglio europeo di giugno".

Se il sistema di garanzia sui depositi bancari dovesse essere messo in comune come pianificato, ad essere socializzati sarebbero anche i costi degli errori che le banche e i governi hanno commesso in passato. 

"Siamo determinati a compiere progressi decisivi verso l'unione del mercato dei capitali in merito a tutti gli argomenti concordati dai nostri ministri delle finanze".

L'Unione del mercato dei capitali dovrebbe infatti essere completata, anche perché i movimenti internazionali dei capitali compensano gli shock asimmetrici.

"Proponiamo di istituire a partire dal 2021, nel quadro dell'Unione europea, un bilancio per la zona euro al fine di aumentare la competitività, la convergenza e la stabilizzazione nella zona euro."

Un bilancio comune porterà ad ulteriori trasferimenti verso quei paesi della zona euro che in passato non hanno adottato le necessarie misure di riforma. Sarebbe sbagliato premiare la cattiva condotta. Attraverso il sistema di pagamento interbancario Target2 la Germania si è già fatta carico di oltre 900 miliardi di euro di passività della BCE, che non hanno interessi e senza una scadenza. Ci sono già dei fondi disponibili sottoforma del cosiddetto fondo per gli investimenti di Juncker (EFSI, 500 Miliardi di euro) oppure il Fondo Europeo di coesione. Dovrebbero essere gli stati nazionali a garantire per la stabilizzazione della congiuntura nazionale.

"Esamineremo il tema di un fondo europeo per la stabilizzazione della disoccupazione in caso di gravi crisi economiche, senza che questo si trasformi in una unione di trasferimento".

La disoccupazione ha principalmente cause interne la cui responsabilità di solito è dei paesi membri. I prestiti UE non fanno altro che ritardare l'adeguamento necessario. Inoltre, un fondo comune per le indennità di disoccupazione costituisce un passo ulteriore verso la messa in comune delle prestazioni sociali.

giovedì 19 aprile 2018

Il Jumbo-Rat, ovvero la nuova supercazzola *

Il Jumbo-rat è la risposta di Merkel per contenere l'attivismo del giovane presidente francese. E' stato illustrato martedi' a Berlino, ne parlano tutti i giornali, ma sembra una proposta fatta apposta per distogliere l'attenzione dal fatto che al Bundestag l'unione di trasferimento resta politicamente insostenibile. La filosofia che lo ispira probabilmente è la stessa degli ultimi 10 anni: riforme in cambio di aiuti finanziari e investimenti. Quali sono le riforme da fare per avere accesso agli aiuti finanziari saranno ovviamente i tedeschi a deciderlo. Ne parla Handelsblatt


La coincidenza temporale ha un carattere politico simbolico: nello stesso giorno in cui il presidente francese a Strasburgo tiene un importante discorso politico sull'Europa, il gruppo parlamentare dell'Unione a Berlino prepara un documento volto a rallentare molti dei progetti per l'approfondimento dell'unione monetaria. Emmanuel Macron ha chiesto di agire con urgenza, il partito della Cancelliera Angela Merkel al contrario mette in guardia dal prendere decisioni avventate.

Gli avvenimenti mostrano quanto la posizione di Merkel sia al centro del campo di battaglia: la Cancelliera subisce la pressione dei partner europei affinché dia finalmente una risposta alle richieste di Macron. Entro la fine dell'estate vorrebbe raggiungere un accordo con il francese su alcune proposte comuni. Tuttavia Merkel deve fare attenzione a non sovraccaricare il suo gruppo parlamentare. Che si tratti del completamento dell'unione bancaria, dell'istituzione di un fondo monetario europeo o di un bilancio della zona euro - tutto deve essere approvato dal Bundestag. E l'Unione su molti aspetti è alquanto critica.

La Cancelliera vorrebbe mettere al centro del dibattito altri temi: allontanarsi dai tanto impopolari trasferimenti e spostare l'attenzione verso il miglioramento della competitività europea. Già da alcune settimane il suo staff lavora ad una proposta per ridisegnare l'architettura di Bruxelles. Il progetto prevede il rafforzamento del ruolo dei ministri dell'economia. L'Eurogruppo, in cui si incontrano i ministri delle finanze, dovrebbe essere allargato anche ai ministri dell'economia. Un tale "Jumbo-rat" non dovrebbe riunirsi necessariamente ogni mese, ma diverse volte all'anno.

L'obiettivo è chiaro: secondo Merkel non si tratterebbe solo di creare nuovi fondi da cui attingere denaro, come ad esempio il budget per l'eurozona richiesto da Macron, ma di rafforzare l'economia. La Cancelliera ritiene infatti che l'aumento della competitività sia un compito chiave per l'Europa. Inoltre sarà necessario fare di piu' affinché l'economia dei paesi euro non si sviluppi in maniera divergente, almeno cosi' si dice. E qui gli incontri fra i ministri delle finanze e dell'economia dovrebbero fornire impulsi.

La Cancelliera ha annunciato il suo piano martedì durante la riunione del gruppo parlamentare dell'Unione - anche per dare in quella seda una risposta al discorso di Macron a Strasburgo. "La questione della convergenza è importante, tanto quanto quella della competitività", ha detto la Cancelliera, secondo quanto riportato dai presenti. Oltre ai ministri delle finanze anche quelli dell'economia dovranno scambiarsi opinioni, e ha detto: "insieme ai ministri delle finanze dovremmo istituire un Jumbo-Rat per favorire una maggiore convergenza e aumentare la competitività".

Nel gruppo parlamentare dell'Unione la presa di posizione è stata ben accolta. Ma cosa dirà Macron? Giovedi' quando Macron arriverà a Berlino, Merkel gli parlerà del suo piano. E' probabile che il presidente francese non abbia nulla in contrario. Dopotutto in Francia il ministro delle finanze e quello dell'economia sono la stessa persona. Ma difficilmente Macron potrà accontentarsi.

In realtà il presidente francese aveva piani di tutt'altra portata. Ma anche egli avrà notato che i tempi in Europa sono cambiati. I nazionalisti sono in crescita. In Polonia, Ungheria, Gran Bretagna, Olanda, Austria e presto in Italia sono o saranno al governo oppure fanno già parte della coalizione di governo. E in Germania l'Unione resta sotto la pressione di AfD e di una sempre piu' euroscettica FDP.

In questo contesto intorno al pro-europeo Macron si sta creando il vuoto - e questo martedi' al Parlamento europeo gli è stato anche fatto notare. I suoi sogni di integrazione volavano alti, ma ormai appartengono al passato. Macron è atterrato sul terreno della realtà dell'UE nell'anno 2018. Un progetto ambizioso come quello dell'esercito europeo, di cui aveva parlato nel suo primo discorso europeo dell'autunno scorso, non è stato nemmeno menzionato.

(...) "Troveremo entro giugno insieme alla Francia una soluzione comune", ha affermato Merkel martedi'. Anche il partner di coalizione SPD sta facendo pressione - sebbene lo stesso ministro delle finanze Olaf Scholz (SPD) sui piani di riforma dell'UE finora abbia avuto una posizione molto attendista o addirittura scettica. Il leader del gruppo parlamentare della SPD Andrea Nahles ha invece esortato l'Unione almeno a rispettare l'accordo di coalizione il cui titolo è proprio: "Una ripartenza per l'Europa". Lei è rimasta "sorpresa dal fatto che siano state tracciate molte linee rosse da parte dei nostri partner di coalizione, che io tuttavia non posso accettare", ha detto Nahles.

Il Jumbo-rat proposto da Merkel potrebbe oltrepassare la linea rossa tracciata dalla SPD, o comunque al ministero delle finanze il piano viene visto in maniera alquanto scettica. Dopo otto anni i socialdemocratici sono riusciti ad ottenere il ministero che gli permette di avere una maggiore influenza sulla politica europea. Non hanno nessuna voglia di vedersi nuovamente accanto proprio Peter Altmaier (CDU), il ministro dell'economia fidatissimo  di Merkel.

Un accordo per una riforma europea richiederà pertanto a tutte le parti la capacità di scendere a compromessi. E questo è chiaro a tutti (...).

* Il termine supercàzzola (storpiatura dell'originale supercàzzora[1]) è un neologismo (entrato nell'uso comune dal cinema) che indica un nonsense, una frase priva di senso logico composta da un insieme casuale di parole reali e inesistenti, esposta in modo ingannevolmente forbito e sicuro a interlocutori che, pur non capendo, alla fine la accettano come corretta[2]. Il termine è utilizzato per indicare chi parla senza dire nulla (Fonte Wikipedia)

domenica 15 aprile 2018

Perché la CDU vuole bloccare l'unione di trasferimento

Il gruppo parlamentare della CDU al Bundestag manda un messaggio chiaro al governo: non c'è una maggioranza per le riforme europee proposte da Macron, l'unione di trasferimento resta politicamente insostenibile e al Bundestag non passerà. Merkel è avvisata. Le riforme proposte dal presidente francese sempre piu' destinate al fallimento. Ne parla la Süddeutsche Zeitung 


Il giorno dopo la riunione del governo federale a Meseberg il gruppo parlamentare della CDU al Bundestag giovedì' scorso ha voluto lanciare un messaggio urgente. La "situazione politica interna non è cosi' semplice" e non consente di trovare rapidamente un accordo sulle riforme europee, ha detto il vice-presidente del gruppo parlamentare CDU Ralph Brinkhaus. "Non credo che entro il vertice di fine giugno ci saranno progressi sostanziali", ha detto il politico della CDU. Il maggiore gruppo parlamentare non ritiene sia necessario avere fretta. "Se è vero che dei passi sostanziali in avanti possono essere fatti solo con una nuova Commissione UE, allora sarà cosi'".

Brinkhaus ha voluto chiarire che l'Unione non è disposta a mettere a rischio la maggioranza di governo per portare avanti le riforme europee. Le elezioni europee si terranno a maggio del prossimo anno e la nuova Commissione assumerà i pieni poteri presumibilmente entro la fine del 2019. A quel punto il presidente francese Emmanuel Macron avrà dietro di sé la metà del suo mandato e i suoi piani di riforma sarebbero ormai considerati un fallimento.

Fondo monetario europeo? Bilancio per la zona euro? La Bulgaria nell'euro? Meglio di no

La Cancelliera Merkel durante la sua visita inaugurale di metà marzo a Parigi aveva promesso di voler affrontare congiuntamente i piani di riforma europea e aveva parlato di una data obiettivo: "Dobbiamo necessariamente ottenere dei risultati entro giugno". Alla fine di giugno si terrà a Bruxelles il vertice dei capi di stato e di governo dell'UE, entro quella data la Große Koalition avrebbe voluto trovare un accordo sulle proposte di Macron per la riforma dell'UE, compresa la politica per l'eurozona e le politiche di asilo.

Poiché non si può' sapere esattamente se Merkel con il suo "ottenere dei risultati" in realtà intendeva anche un "progresso sostanziale" sul tema delle riforme, non è possibile dire se il vice-capogruppo abbia voluto lanciare un messaggio urgente. Che dovrebbe essere piu' o meno questo: anche se Merkel volesse realmente dei progressi sostanziali, non riuscirà ad imporsi contro il Bundestag. E li', secondo Brinkhaus, i deputati dell'Unione difficilmente accetteranno dei piani di riforma europei che potrebbero essere interpretati come una forma di trasferimento da parte della Germania a favore degli altri stati. Tali decisioni metterebbero le ali ai partiti euroscettici come AfD, la Linke e "sempre più la FDP". Pertanto difficilmente l'Unione potrà accettare un fondo monetario europeo o un bilancio proprio per la zona euro. Oppure l'ingresso della Bulgaria nell'euro. Già durante il voto sul terzo programma di aiuti alla Grecia nel 2015 c'erano stati piu' di 60 voti contrari provenienti dall'Unione. "Non possiamo piu' permettercelo" ha detto Brinkhaus. "La maggioranza semplicemente non ci sarebbe piu".

Brinkhaus ha anche detto che il suo gruppo parlamentare nei prossimi giorni avrebbe trovato un punto di' incontro anche con la SPD e ipotizza che "sia possibile raggiungere una posizione comune in modo da restare uniti". LA SPD, sotto l'allora ex segretario Martin Schulz, durante i negoziati per la coalizione aveva insistito nel voler perseguire una politica europea offensiva. Dopo l'uscita di scena di Schulz tuttavia non c'è piu' nessuno a mettere pressione. Alla Cancelleria il personale responsabile per le politiche europee è lo stesso di sempre. Al Ministero delle Finanze c'è Olaf Scholz, un socialdemocratico. Che l'Europa per lui sia al primo posto ancora non sembra essere cosi' chiaro.

L'Unione sta anche cercando di non concedere a Scholz un margine di manovra troppo ampio sulla politica europea. "L'Europa deve spostarsi dal Ministero delle Finanze", ha detto Brinkhaus. "E' un errore" aver ridotto l'Europa ad una mera questione di soldi. E' necessario rafforzare la lotta comune contro il terrorismo e la protezione delle frontiere esterne. Non e' privo di ironia il fatto che il gruppo parlamentare della CDU, proprio ora che non esprime piu' il Ministro delle Finanze, chieda con insistenza di ridurre l'influenza del Ministero delle Finanze sulla politica europea.

Brinkhaus ha voluto anche rassicurare che l'Unione non deve essere considerata come un freno in materia di politiche europee, piuttosto "come un elemento critico". E' voluta intervenire in una fase iniziale per impedire che ai vertici UE vengano prese decisioni su cui poi in seguito sarà costretta solo a dire si'. "Vogliamo essere coinvolti in anticipo". E anche questo a sua volta suona come un messaggio urgente per Merkel.

martedì 13 marzo 2018

Merkel ha già scaricato Macron?

Ne parlano Lost in Europe e l'ultimo numero di Der Spiegel, di solito ben informato: Merkel e Altmaier avrebbero già scaricato il presidente francese con il suo piano di riforma dell'eurozona. Resterebbe in campo il documento di Schäuble. Da Lost in Europe.


"La questione è disdetta": in maniera alquanto lapidaria Berlino si congeda dalle iniziative franco-tedesche per la riforma dell'eurozona. A causa dei negoziati di coalizione pare che sia semplicemente mancato il tempo, riporta Der Spiegel.

Originariamente la Cancelliera Merkel e il capo di stato francese avrebbero dovuto presentare un piano comune in marzo. Non se ne farà nulla - ma in questo caso rinviato probabilmente significa anche cancellato!

Perché la mancanza di tempo è solo un pretesto. Il braccio destro di Merkel, Altmaier, negli ultimi mesi ha trovato tutto il tempo di cui aveva bisogno per bloccare le richieste dei francesi all'interno dell'eurogruppo. 

Il ministro delle finanze della zona euro e il bilancio euro sono stati rimossi dall'ordine del giorno, il completamento dell'unione bancaria (concretamente: un'assicurazione comune sui depositi) è stato rinviato al giorno di poi nell'anno di mai.

Allo stesso tempo Merkel e Altmaier continuano a spingere il controverso Fiscal Compact e la ristrutturazione del fondo ESM dominato dai tedeschi. In breve, lavorano sistematicamente contro i piani di Macron.

Non c'è da stupirsi che ora non si riesca a trovare un accordo. Dopo tutto il ritardo offre al nuovo ministro delle finanze O. Scholz (SPD) la possibilità di tentare un nuovo inizio.

Ma dovrà prima di tutto rimuovere quegli ostacoli che Merkel e Altmaier segretamente hanno costruito dietro le spalle della SPD. Vorrà farlo e riuscirà ad imporsi?

Ho dei dubbi, molto forti. Invece sembra proprio che stia per mettere fine alla "Partenza dell'europa" (di cui parlavano prima di tutto i socialdemocratici), prima ancora che sia iniziata...