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lunedì 24 settembre 2018

Un paese dominato dalle élite

Bellissima intervista della Rhein Neckar Zeitung al grande sociologo tedesco Michael Hartmann il quale ci spiega perché a dominare l'economia e la politica tedesca è un gruppo molto ristretto di persone appartenenti alle élite storiche del paese e perché l'ondata populista e anti-establishment potrebbe cambiare lo stato delle cose. Dalla Rhein-Neckar-Zeitung


RNZ: prof. Hartmann, quando sentiamo parlare di "elite", pensiamo "ai migliori". E‘ una definizione corretta?

Hartmann: no. Per gli scienziati sociali le élite sono le persone che in virtù del loro ufficio o dei loro averi sono in grado di influenzare in maniera significativa gli sviluppi sociali. Il termine "significativo" non è chiaro al cento per cento. Ci sono opinioni diverse, ma in Germania si tratta al massimo di 4.000 persone.

RNZ: nelle sue considerazioni si concentra sulla politica e l'economia. Sono sempre queste le due aree piu' importanti?

Hartmann: sì. I due settori più importanti e influenti sono sempre stati l'economia e la politica. Ma anche la magistratura è molto influente. Quando la Corte costituzionale federale emette delle sentenze, la politica e l'economia non possono sottrarvisi. Anche le élite amministrative fanno parte delle quattro élite centrali.

RNZ: che la politica e l'economia siano decisive per lo sviluppo di un paese, sembra abbastanza plausibile. Tuttavia nel suo libro "Die Abgehobenen" lei lo problematizza e osserva una crescente alienazione dalla popolazione.

Hartmann: attualmente stiamo vivendo una fase - e non solo in Germania - in cui le élite si stanno allontanando sempre più dalla popolazione. Le loro condizioni di vita e il loro reclutamento sono diventati ancora più esclusivi dal punto di vista sociale, specialmente nella sfera politica. Due terzi dei membri delle élite tedesche appartengono al 4% piu' ricco della popolazione. Hanno conosciuto la ricchezza e la prosperità nelle loro famiglie di origine. I loro padri erano già in posizioni di potere. A questa eredità iniziale ora si aggiunge anche un reddito elevato, e una posizione elevata. Da questo punto di vista la differenza con la popolazione è notevole e continua a crescere.

RNZ: non è forse vero che 80 anni fa in Germania sono stati distrutti tutti i modelli precedenti, e quindi non abbiamo piu' delle elite chiaramente definite?

Hartmann: si è sempre creduto che dopo la seconda guerra mondiale per la Germania ci sia stata l'ora zero. C'è stata invece un'enorme continuità in termini di persone fra l'epoca nazista e l'inizio della Repubblica Federale, che è durata fino alla fine degli anni '60. Nell'élite economiche non ci sono stati dei cambiamenti significativi, situazione simile nel sistema giudiziario e amministrativo. L'élite politica è quella che ha subito i maggiori cambiamenti. I politici nazisti non erano piu' presentabili. Dopotutto erano conosciuti - a differenza delle élite amministrative, economiche o giudiziarie. Nel complesso, tuttavia, le élite restano incredibilmente stabili.

RNZ: da dove arriva questa stabilità?

Hartmann: chiunque sieda in una posizione di potere crede di essere l'uomo giusto al posto giusto. Perché dovrebbe cercare un tipo di uomo diverso come successore? Se guardiamo ai vertici delle 100 aziende tedesche più grandi, da decenni domina la stessa immagine: quattro persone su cinque arrivano dalla "borghesia". La politica in teoria è il polo opposto. Perché devi essere eletto e passare attraverso tutte le istanze di partito. Ma anche lì il sentiero si è fatto sempre piu' stretto: i lavoratori in passato erano rappresentati molto meglio di quanto non accada oggi, perché l'accademizzazione dei partiti si è spinta molto in avanti. Al Bundestag il 90 per cento dei deputati ha un diploma universitario, nella popolazione sono solo il 15 per cento.

RNZ: quindi le scuole d'élite, i college, i club non contano?

Hartmann: no. Non in Germania. L'istruzione svolge solo un ruolo di "filtro grossolano": raramente si arriva nelle posizioni di vertice senza un diploma universitario. Anche nei sindacati e nella Bundeswehr c'è una percentuale di laureati che va dal 50 al 60 percento . Il secondo filtro è il dottorato di ricerca. Ma non esiste una singola istituzione che aumenti esponenzialmente la possibilità di raggiungere una posizione di vertice - come accade con la scuola amministrativa francese ENA, oppure "Oxbridge", le università britanniche di Oxford e Cambridge.

RNZ: in particolare lei per cercare di capire l'alienazione delle élite dalla popolazione si è concentrato sugli anni del governo Schröder e sullla svolta neo-liberista. Perché?

Hartmann: basta solo guardare cosa è successo in Germania in termini di sviluppo dei redditi. Dalla fine degli anni novanta fino ad oggi c'è stato un cambiamento netto e duraturo: i redditi si sono allontanati fra loro in maniera significativa. E nonostante una buona congiuntura, nonostante la bassa disoccupazione, non vi è stato un effettivo riavvicinamento. Nel decennio e mezzo che termina nel 2015, il decile superiore in Germania in termini reali ha guadagna il 17% in piu' rispetto a quindci anni prima . Sempre in termini reali il decile piu' basso nello stesso periodo ha perso il 14 per cento.

RNZ: lei dà la colpa alle origini borghesi dei politici e fa riferimento, per esempio, alla figlia dell'imprenditore e presidente regionale Ursula von der Leyen. Ma quale sarebbe l'interesse della "figlia di un pastore" come Angela Merkel nel fare politica per le classi superiori?

Hartmann: è vero che c'è una certa differenza fra avere un padre pastore, insegnante o un padre grande imprenditore. Ma fondamentalmente nella generazione del padre c'era un ambiente borghese relativamente chiuso, in cui su certe questioni sociali c'era un ampio consenso. Ciò include, ad esempio, una gestione piuttosto rilassata delle questioni fiscali - anche se non tutti hanno poi evaso le tasse.

RNZ: e Angela Merkel ...

Hartmann: Angela Merkel a causa del suo passato della DDR a prima vista potrebbe essere ricondotta ad altri ambienti. Ma guardando più da vicino: nella DDR c'erano solo due gruppi professionali che sostenevano le tradizioni borghesi - i pastori e i medici. Di conseguenza il fatto di avere un legame con l'ambiente della Repubblica Federale ha svolto un ruolo importante nella loro rapida ascesa. Sarebbe stato qualcosa di completamente diverso se suo padre fosse stato un metalmeccanico in fabbrica. Nonostante i lunghi anni della DDR, l'integrazione di queste persone provenienti da questo piccolo ambiente borghese è stata sicuramente piu' facile.

RNZ: avremmo un'altra democrazia e un'altra coesione sociale se ci fossero più figli della classe lavoratrice in posizioni influenti?

Hartmann: non è un'equazione che necessariamente funziona in questo modo. Argomento parlando di probabilità. Nel 2012 abbiamo intervistato circa 1.000 persone nelle posizioni più importanti. Non tutti i figli della classe operaia percepivano la giustizia sociale in maniera diversa rispetto al figlio del miliardario. Ma statisticamente parlando, i figli della classe operaia - in tutte le aree - hanno una sensibilità molto maggiore nei confronti dell'ingiustizia sociale rispetto ai figli della classe borghese. Si potrebbe dire che più una persona è cresciuta nella ricchezza, meno percepirà la disuguaglianza sociale come un problema. In questo contesto è ragionevole presumere che la composizione dell'élite politica abbia naturalmente un'influenza sull'azione politica.

RNZ: non è ingiusto negare il fatto che i politici abbiano la capacità di agire bene anche a favore degli interessi degli altri?

Hartmann: ho un bell'esempio attuale di come la percezione influenzi le decisioni: il ministro della Sanità Jens Spahn ha presentato una proposta di legge secondo la quale la profilassi dell'AIDS deve essere coperta dalla cassa mutua. Poi realizzi che lui stesso appartiene al gruppo di persone più colpite (gay). Ha una sensibilità completamente diversa su questo problema rispetto al suo predecessore Hermann Gröhe. Così accade anche su altre questioni che sono per me piu' importanti: ingiustizia sociale, tasse, disoccupazione. Pertanto sono convinto che una rappresentanza maggiore dei due terzi più in basso della popolazione avrebbe certamente un impatto sulle decisioni politiche.

RNZ: è provato un tale effetto?

Hartmann: ci sono molti studi negli Stati Uniti che hanno monitorato questo fenomeno per lunghi periodi di tempo. Non su ogni decisione, ma nella maggior parte dei casi, i politici delle classi superiori mettono in pratica una politica a favore della classe superiore. Anche nella bozza del rapporto del governo tedesco sulla povertà veniva riconosciuto questo punto: tutti gli obiettivi politici che avevano un elevato grado di accettazione nella parte inferiore della popolazione non avrebbero avuto la minima possibilità di essere messi in pratica, e viceversa.

RNZ: non è forse sconcertante: in una democrazia non dovrebbe avere piu' successo una politica che serve alla maggioranza della popolazione?

Hartmann: le persone nella parte piu' bassa della società hanno minori opportunità di imporsi. Sono chiaramente sottorappresentate nei partiti. Non esistono equivalenti delle associazioni mediche, o delle associazioni dei proprietari di case. Al massimo potrebbero esserlo i sindacati. Ma anche loro si sono concentrati sempre di più sui loro membri core - vale a dire gli operai dell'industria metalmeccanica molto forte nelle esportazioni. E i sindacati hanno anche molti problemi nel cercare di costruire un forte rappresentanza nel settore dei servizi. Il risultato non è la ribellione, ma la rassegnazione. La politica per queste persone è un'arma spuntata: "Quelli lassù non sono comunque interessati a noi - quindi non dobbiamo votare". Più povera e meno istruita è la popolazione di un'area, maggiore sarà l'astensione dal voto. Oppure sceglieranno gli slogan populisti di destra.

RNZ: nel suo libro si riferisce a Karl-Theodor zu Guttenberg: nobile, incredibilmente ricco - e ancora molto popolare. Perché c'è tanta fascinazione per un politico del genere?

Hartmann: è lo stesso motivo per cui ci piacciono le trasmissioni televisive sulle famiglie nobili: un po 'di fuga dalla realtà. Tuttavia, anche la sua popolarità è diminuita rapidamente quando è venuto alla luce l'inganno della sua tesi di dottorato. Il glamour è bello e buono - ma poi tutti dovrebbero attenersi a certe regole.

RNZ: non siamo portati a pensare in generale che le persone che hanno avuto successo nel privato semplicemente sappiano come una società nel suo complesso puo' essere guidata al successo?

Hartmann: questo accadeva molto di piu' in passato. Margaret Thatcher e Ronald Reagan hanno ottenuto una grande accettazione quando negli anni '80 hanno messo in pratica le loro politiche neo-liberiste perché una parte non trascurabile della popolazione apprezzava molto questo tipo di decisori. Ma funziona solo fino a quando le misure vanno a beneficio della popolazione britannica. Nel lungo termine è venuta meno la fiducia nelle politiche neo-liberiste. Ora la sensazione più diffusa è un'altra: le persone di successo fanno sicuramente delle cose di successo - ma soprattutto per se stesse: quando un manager commette degli errori palesi, c'è una buonauscita enorme - il normale lavoratore invece deve pagare per ogni errore.

RNZ: lei vede come un'opportunità per la democrazia il fatto che ci sia una svolta nello spirito del tempo. Nelle ultime elezioni generali tuttavia non sembra che i partiti piu' critici ne abbiano beneficiato in modo particolare.

Hartmann: negli Stati Uniti e nel Regno Unito per quattro decenni abbiamo visto all'opera politiche neoliberiste radicali. Ci sono due generazioni che hanno consosciuto solo questa politica. Ma queste promesse sono state tradite - ed è per questo che il sentimento della maggioranza si è capovolto. In Germania abbiamo una certa insoddisfazione. Ma le persone si guardano intorno e capiscono che nel confronto europeo stiamo andando ancora abbastanza bene. Le cose sono peggiorate molto anche da noi, ma in Spagna, in Italia o nel Regno Unito va molto peggio. Pertanto ci sembra di essere ancora lontani dal momento in cui lo spirito del tempo inizierà a cambiare. Ma in questo momento, con il populismo di destra, per la prima volta abbiamo la sensazione che qualcosa nel sistema dei partiti si stia seriamente muovendo.

RNZ: chi dovrebbe guidare un simile cambiamento politico?

Hartmann: almeno nell'ovest la responsabilità in materia di giustizia sociale è chiara. E questa si trova nele mani della SPD. Se la SPD segnala "facciamo qualcosa", allora il vecchio e deluso elettore socialdemocratico tornerà immediatamente indietro. Questo lo ha dimostrato la "campagna per la candidatura di Schulz". Ma la SPD non è stata in grado di portarla avanti in maniera credibile. Se Schulz avesse proseguito con convinzione il corso iniziale, il volo in alta quota sarebbe durato molto più a lungo.

RNZ: lei guarda con una certa benevolenza al cambio di paradigma dei laburisti nel Regno Unito. La Germania e la SPD sono pronti per un Corbyn?

Hartmann: non al momento. Jeremy Corbyn sotto due diversi punti di vista nasce da condizioni che in Germania non esistono. Uno è il voto a maggioranza. Se cambi qualcosa nel Labour, puoi cambiare le cose in tutto il paese, perché non ci sono pressioni da parte della coalizione. Il secondo: Corbyn è stato sottovalutato dall'intera leadership del partito laburista. Fondamentalmente, era stato creato come un personaggio di cartone. Poi invece ha fatto molto meglio di quanto qualsiasi osservatore si sarebbe aspettato. E ora è saldamente in sella.

RNZ: nessun confronto con la SPD?

Hartmann: nella popolazione osserviamo una simile perdita di fiducia nei confronti della SPD, ma nessuna comparabile perdita di appartenenza. Il Labour sotto Blair e Brown ha perso tre quarti dei suoi tesserati. Alla fine sono rimasti in 160.000. La SPD è ancora vicina a 460.000. Nella base della SPD, tuttavia, c'è ancora una grande voglia di posizioni socio-politiche di sinistra, che viene anche esternata. Poi, invece arrivano gli alti funzionari che illustrano quanto sia stata efficace la politica precedente. Al piano di sotto resta malcontento. Ma non c'è veramente la volontà di sostituire i vertici. L'intero personale dirigente della SPD è più o meno strettamente legato alla politica di Schröder. Scholz. Nahles, Heil. Tutti dovrebbero avere una rottura radicale con il proprio passato. E questo è improbabile che accada.

RNZ: le élite, i partiti, notano anche che il clima sociale sta diventando sempre più difficile. Pensa sia prevedibile in prospettiva un miglioramento?

Hartmann: per i prossimi tre anni, fino alle prossime elezioni federali, sono alquanto scettico. Tuttavia non si puo' mai essere sicuri. Nessuno pensava che fosse possibile il movimento studentesco del 1967/68. Nel 1961 ci fu uno studio ampio e ben fatto sugli studenti tedeschi sull'esempio di Francoforte. Il risultato: il 66 % era apolitico, il 16 % aveva un chiaro potenziale autoritario e il 9 % era chiaramente democratico. Sulla base di ciò non sarebbe stato nemmeno possibile prevedere anche a grandi linee il 1968. Anche ora c'è un'agitazione, un desiderio che qualcosa possa cambiare nella direzione di una maggiore giustizia sociale. Ma non sembra essere organizzato.

RNZ: ultima domanda: che ruolo giocano i media?

Hartmann: per le élite dei media - e sto parlando solo di pochi editori o redattori in capo - le assunzioni nel settore privato avvengono in maniera esclusiva cosi', come accade nel mondo degli affari. Nel settore pubblico la situazione è simile alla politica.

RNZ: la dura critica che fanno i populisti alla stampa è giustificata?

Hartmann: il termine "Lügenpresse" penso sia completamente sbagliato. "Lügenpresse" significa che nei media ci sono persone che mentono deliberatamente. Ma non è questo il punto. Il problema è che i giornalisti percepiscono una realtà filtrata dal loro background sociale e dalla loro posizione. Soprattutto nel giornalismo politico c'è una tendenza che vuole che tutto si svolga negli uffici editoriali centrali di Berlino. Lì ci si muove in cerchi molto ristretti. Questo plasma la percezione. A ciò si aggiunge la pressione economica. Manca il tempo per la ricerca.
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