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martedì 28 agosto 2018

"Perché i tedeschi non possono avere un presidente della BCE?"

Se lo chiede Holger Steltzner sulla FAZ, uno dei direttori del quotidiano, il quale critica la decisione di sacrificare la candidatura del fido Jens Weidmann e propone una spiegazione per inquadrare la scelta della Cancelliera: Merkel vuole la presidenza della commissione per poter imporre a livello europeo la redistribuzione dei migranti. Dalla FAZ.net


La Cancelliera Angela Merkel ridicolizza un altro presidente della Bundesbank. In passato aveva già negato ad Axel Weber il suo sostegno politico per il passaggio al vertice della BCE, aprendo in questo modo la strada a Mario Draghi, il quale poi con i tassi di interesse negativi ha svalutato i risparmi e ha pompato i prezzi delle attività sul mercato immobiliare.

Ciononostante, molti continuano a celebrare il presidente italiano della BCE come il "salvatore" dell'euro, sebbene abbia messo la BCE al servizio della politica, oppure proprio per questa ragione. A Draghi non interessava che alla banca centrale fosse vietato finanziare gli stati. Con i giganteschi acquisti di titoli di stato ha trasformato la BCE nel piu' grande creditore dei paesi dell'eurozona.

La Germania ora aveva di nuovo la possibilità di esprimere il presidente della BCE. Il presidente della Bundesbank, Jens Weidmann, in quanto eccellente politico monetario, sarebbe stato un ottimo candidato per la successione a Draghi. Weidmann se avesse scelto di mettere la BCE sulla strada della normalizzazione della politica monetaria avrebbe potuto riconciliare i tedeschi con l'euro. La Cancelliera nonostante il rifiuto proveniente dall'Italia avrebbe comunque potuto imporre Weidmann - ma Merkel ancora una volta non vuole avere un tedesco al vertice della BCE. Il fatto che un tedesco non sia candidabile per questa posizione ci dice molto sullo stato di salute dell'unione monetaria. L'Italia ha di fatto un diritto di veto sulla nomina del presidente della BCE? Puo' diventare presidente della BCE solo chi è disposto ad acquistare obbligazioni governative?

Merkel non ha alcun interesse ad avviare un diverso corso della BCE

E a dimostrare l'incapacità del governo federale c'è il fatto che anche Berlino preferisce avere a Francoforte qualcuno che fa politica per i debitori e che non si preoccupa delle conseguenze per i risparmiatori e per le pensioni. Nelle interviste domenicali i politici tedeschi ci dicono che si riconoscono nei valori della Bundesbank. In realtà il governo federale si è schierato sul fronte opposto. Davanti alla Corte Costituzionale tedesca, quando si discuteva dei tanto contestati acquisti dei titoli di stato, i rappresentanti di Berlino erano palesemente seduti a fianco della BCE. Ovviamente per Merkel le preoccupazioni dei risparmiatori sono totalmente irrilevanti, esattamente quanto lo è il divieto di finanziamento monetario degli stati per Draghi.

Nel nostro paese sono in molti a pensare che la Germania per poter esprimere un presidente della BCE dovrebbe pagare un prezzo elevato. In politica è normale che ci si batta duramente per poter occupare le posizioni di vertice. Vengono creati dei pacchetti da scambiare e nuove posizioni da mettere sul piatto della bilancia: come ad esempio la presidenza della commissione o la presidenza del consiglio o i 3 nuovi posti da direttore alla BCE. E' anche vero che nulla è veramente deciso fino a quando l'intero pacchetto non è pronto.

Ma che la Germania debba pagare un prezzo aggiuntivo per Weidmann, al di là del solito mercanteggiamento, è una tipica considerazione tedesca, una forma di obbedienza anticipata che esiste solo in questo paese. Gli olandesi, i francesi o gli italiani non avrebbero mai avuto l'idea di dover pagare un "prezzo" politico per il loro presidente della BCE.

Altmaier mette sul piatto della bilancia un peso politico all'altezza?

Merkel, invece di un presidente della BCE, sarà soprattutto in grado di mettere alla presidenza della prossima commissione europea una persona fidata? Chi ritiene che un presidente di commissione sia piu' importante del presidente della BCE ha dimenticato quale è stato l'attore piu' capace durante la crisi dell'euro. Draghi ha mostrato che un presidente BCE consapevole del proprio potere in 8 anni ottiene molto di piu' di un presidente della commissione in cinque.

Gli ultimi presidenti di commissione erano tutti ex capi di governo. Il ministro della difesa o dell'economia del nostro paese avranno un peso politico sufficiente in quanto potenziali candidati? Qual'è la forza trainante di un parlamentare europeo poco conosciuto fuori da Bruxelles nel ruolo di candidato principale di Merkel per il Partito Popolare Europeo?

Merkel ha deciso contro Weidmann. E' sicuramente un suo diritto, ed è politicamente persino comprensibile. Perché al centro della sua politica non ci sono i risparmiatori o i contribuenti, ma i rifugiati. Vorrebbe continuare la sua politica sui rifugiati a livello europeo e in futuro redistribuire i migranti all'interno dell'UE. Per questo progetto, contro il quale c'è una forte resistenza non solo nell'Europa centro-orientale e in Scandinavia, le sarebbe utile avere un presidente della commissione di fiducia. Naturalmente è lecito che la Cancelliera prenda tali decisioni relative alle posizioni da occupare. Con un "candidato" tedesco alla presidenza della commissione puo' anche sperare di portare piu' voti alla CDU alle prossime elezioni europee.

Ma per fare cio' deve per forza rinnegare il suo compagno di viaggio di lunga data Weidmann? Invece di preparare in segreto l'intero pacchetto, l'Unione prima con dei commenti saccenti ha candidato Weidmann alla successione di Draghi, per poi bruciarlo rendendo pubblica una conversazione privata con Merkel. Cio' che resta è un altro presidente della Bundesbank danneggiato.


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lunedì 2 luglio 2018

Quando anche i corrispondenti della ARD chiedono le dimissioni di Merkel

Che il vento è cambiato e che il sentiero per Merkel è sempre piu' stretto te ne accorgi dal fatto che ormai anche i commentatori della ARD, la Rai 1 tedesca, non hanno alcun problema a chiedere le dimissioni della Cancelliera. Un ottimo Malte Pieper dal Tagesschau della ARD


E' una dichiarazione di bancarotta dell'UE: in una delle aree politiche piu' importanti del nostro tempo, vale a dire nella gestione dell'immigrazione, non c'è piu' nulla che funzioni. A parte le solite dichiarazioni del tipo, "ora dobbiamo veramente proteggere i confini esterni", i capi di stato e di governo non riescono piu' a mettersi d'accordo su nulla. Quasi nessuno si fida piu' dell'altro. Certamente non della Cancelliera tedesca. Il suo nome in molti paesi europei è diventato un "non-nome", basta pronunciarlo per garantire una pessima atmosfera.

Come si è arrivati a questo punto? Fondamentalmente la cosa è semplice: tutto si basa sullo stile politico di Angela Merkel. E cioè quel "pragmatismo" tanto celebrato da una parte dei suo sostenitori, quello con il quale affronta i problemi. Nelle situazioni poco chiare, quando c'è la nebbia, Merkel da sempre accende i fendinebbia. Guida a vista e spera che il vento risolva da solo il problema. Quando la nebbia è fitta però, come nel caso della crisi dei rifugiati, andare avanti a tentoni non serve a nulla, puoi solo allontanarti dalla strada, perché non vedi nulla e alla fine ti perdi.

Merkel e la solidarietà europea

Un esempio: mentre nel 2011 e nel 2012 il numero delle persone in fuga verso l'Europa continuava a crescere, lentamente ma in maniera costante, Merkel faceva sapere che non si trattava del suo problema principale, ma di un problema italiano e greco. La Cancelliera ha scoperto la tanto decantata "solidarietà europea", ma per se stessa, solo quando la marea di persone aveva già raggiunto il confine bavarese. Ma nell'autunno 2015, con la solidarietà europea, le cose non potevano andare tanto alla svelta. Perchè il problema era ormai arrivato in Germania e non c'era tempo per fare lunghe trattative.

Sotto pressione, Merkel prende addirittura in considerazione la divisione dell'UE, spinge gli europei dell'est in un angolo, li mette in minoranza e vorrebbe costringerli ad accettare i profughi. Provate a immaginare cosa sarebbe successo se ad essere trattata in questo modo fesse stata la Germania.

Terra bruciata, ovunque si guardi

In maniera ugualmente brutale, già durante l'eurocrisi, aveva mostrato alla Grecia in quali mani era il bastone del risparmio. Oppure ai vicini del mediterraneo, piegati da una disoccupazione giovanile dilagante, chiedeva di prendere esempio dalla sua Germania. Ovunque si guardi, Merkel ha lasciato dietro di sé terra bruciata.

Come risultato di questa politica del non-compromesso e quindi di non-accordo, sempre piu' paesi sono andati a destra, se non verso l'estrema destra. Anche in Germania AfD passava da una vittoria all'altra - e in una Unione ormai nel panico, ad avere sempre piu' spazio sono stati gli opportunisti alla Markus Söder o alla Jens Spahn, per i quali ogni mezzo, ma veramente ogni mezzo è lecito, nella misura in cui gli garantisce un successo nel breve periodo.

Alla Cancelleria è necessario un nuovo inizio 

Soluzioni europee comuni, senza le quali è difficile pensare di riuscire a tenere sotto controllo il problema dell'immigrazione, a causa della svolta a destra, tuttavia sono sempre piu' lontane.

Stimata Angela Merkel, dopo quasi 13 anni da Cancelliere, lei a livello europeo non riuscirà ad ottenere nulla, a parte una evidente avversione nei suoi confronti. Lo hanno mostrato tutti gli incontri degli ultimi mesi. Ci aiuti piuttosto a fermare finalmente la tendenza apparentemente inevitabile che porta alla divisione europea! Nell'ufficio di Cancelleria faccia spazio a qualcuno il cui nome non sia compromesso come il suo. Qualcuno che in Europa riesca ancora a farsi ascoltare. Qualcuno che sia ancora in grado di guardare agli interessi di tutti. Ci lasci osare un nuovo inizio!

domenica 17 giugno 2018

Sie schaffte es nicht, ovvero la promessa non mantenuta di Merkel

All'apice della crisi dei migranti nel 2015 Merkel aveva solennemente promesso ai tedeschi: "wir schaffen das!". Lo scandalo Bamf ha mostrato invece l'inadeguatezza del governo nel gestire le richieste di asilo: il Bamf di Brema ha concesso lo status di rifugiato a migliaia di migranti senza che ne esistessero le condizioni giuridiche. Il brutale omicidio della bambina di Magonza ha ulteriormente contribuito a cambiare il quadro complessivo e ora Merkel deve fare i conti con chi l'accusa di aver fallito politicamente. Ne parla un ottimo Petr Bystron su The European.

Fu Merkel a decidere di aprire i confini. Ed è stata sempre Merkel a voler spostare su di sé anche i relativi processi decisionali - delegati all'allora capo della Cancelleria Peter Altmaier. Sebbene il piano operativo per la protezione delle frontiere fosse già stato definito, Merkel, senza preavviso, scelse di aprire le frontiere. Presumibilmente per ragioni umanitarie. O anche per evitare che nei media si diffondessero brutte immagini di migranti respinti alle frontiere.

Tutti probabilmente sono d'accordo sul fatto che nelle situazioni di estremo bisogno si possano garantire aiuti umanitari. Anche la FDP recentemente ha fatto sapere che per loro "alcuni giorni di apertura" sarebbero stati sufficienti. Merkel invece scelse i "confini aperti per tutti" e in maniera illimitata. Si tratta piu o meno della linea ufficiale della Linke. Qualcosa del genere sarebbe applaudito anche dall'estrema sinistra dei Verdi e della SPD. Negli ambienti borghesi e conservatori probabilmente nessuno aveva realmente capito il vero significato dell'apertura illimitata, con tutte le sue sfortunate conseguenze.

Le dimensioni del problema che la valanga dei migranti avrebbe causato probabilmente erano note fin dall'inizio. Invece di cercare una soluzione adeguata ai problemi, Merkel ha preferito nascondersi dietro uno slogan infantile: "possiamo farcela!" (Wir schaffen das!). E' probabilmente un caso unico nella storia delle democrazie occidentali: un capo di governo di un paese industriale che per gestire una crisi profonda fa affidamento sul motto di "Bob dem Baumaister" - un cartone animato per i bambini fra i 3 e i 5 anni.

La promessa di Merkel „Wir schaffen das!“ si orientava in due direzioni. Da un lato voleva dire ai tedeschi: possiamo affrontare e vincere questa enorme sfida. In altri tempi, recitata da un'altra persona e con un pathos diverso, sarebbe stato uno stimolo per la società a mobilitare tutte le forze, a restare unita e ad aiutarsi a vicenda. Ma la narrazione mancava di credibilità. Una nazione è in grado di fare grandi cose quando le motivazioni di fondo sono serie e vere. I tedeschi lo hanno già fatto piu' volte nella loro storia: nel 1945 hanno accolto milioni di sfollati dall'est, nel 1956 hanno integrato i rifugiati dall'Ungheria, nel 1986 quelli dalla Cecoslovacchia. Negli anni '90 molti rifugiati provenienti dalla Jugoslavia in guerra hanno trovato rifugio in Germania.

Ma per i migranti del Nord-Africa e del Medio Oriente, prevalentemente giovani, sin dall'inizio la domanda è stata solo una: se stavano fuggendo da una presunta persecuzione nel loro paese d'origine, per quale ragione dovevano assolutamente arrivare in Germania? Nella loro "fuga" hanno attraversato diversi paesi, paesi nei quali noi stessi andiamo in vacanza - fra questi l'Austria, la Croazia e l'Italia. Si' i tedeschi nella loro storia hanno già fatto molto - ma questa sfida non volevano proprio raccoglierla.

Gli unici che negli ultimi tre anni in nome della carità hanno continuato a chiedere piu' "integrazione" e che davanti ad ogni ragazza violentata o assassinata continuano a chiudere gli occhi, sono i profittatori dell'industria dell'asilo. Gli applauditori della stazione di Monaco erano stati reclutati proprio da questi ambienti, come del resto gli organizzatori delle "manifestazioni per i rifugiati" contro i respingimenti. Sono professionisti della sinistra che da anni difendono la loro ideologia a spese del nostro stato e della nostra politica. 

Ma Merkel, con il suo "wir schaffen das", è naufragata anche nella seconda direzione della promessa. Si trattava infatti di una promessa fatta al popolo tedesco, ma anche al mondo intero: i nostri funzionari, le nostre autorità, riusciranno a gestire l'assalto dei migranti. Con l'efficienza, la diligenza e l'accuratezza tedesche riusciremo a far fronte a questo problema - il Bamf in questo senso aveva un ruolo centrale. Come appare sempre piu' chiaro, il Bamf non ce l'ha fatta. La Cancelliera ha scaricato sul paese un compito impossibile. E questo è il vero fallimento di Merkel. Dopo 3 anni di cattiva gestione, bisogna dire: "Sie schaffte es nicht!"

sabato 16 giugno 2018

Perché Merkel sul tema dei migranti è sempre piu' isolata

Nel 2015 Merkel decise unilateralmente di aprire le frontiere a centinaia di migliaia di migranti e profughi. Ora invece, dopo lo scandalo Bamf e l'omicidio della bambina di Magonza, il ministro degli interni Seehofer vorrebbe farla finita con la politica delle frontiere aperte della Cancelliera. Merkel sembra aver perso il contatto con la realtà del paese, ed è sempre piu' vicina alla fine politica. Cosa accadrà nei prossimi giorni? Prova a rispondere Epoch Times analizzando la stampa tedesca. 


Si potrebbe quasi dire che Berlino si trova in stato di emergenza. Da quando la Cancelliera Angela Merkel ha deciso di affrontare il suo ministro degli interni Horst Seehofer (oppure viceversa), la tensione nell'ambiente politico continua a salire. Fa davvero sul serio Horst Seehofer quando chiede controlli severi alle frontiere, oppure i suoi piani sono "solo fumogeni da campagna elettorale", come accusa Alice Weidel di AfD?

Riuscirà Seehofer con la sua forzatura a scavalcare la Cancelliera? Una cosa è certa, il ministro degli Interni, con la sua richiesta di respingere al confine tedesco i richiedenti asilo già registrati in un altro paese, negli ambienti dell'Unione trova più sostegno di Merkel, che invece non vuole affatto smuoversi e continua a puntare su una soluzione europea.

Ma anche in Europa nessuno sembra voler giocare la stessa partita della Cancelliera e la domanda si fa sempre piu' forte: che cosa la spinge ad andare avanti da sola? Ansgar Graw su Die Welt commenta il corso politico da solista di Merkel in Europa e scrive:

"Merkel, da allora, è stata e resta ancora da sola in Europa. A parte la promessa iniziale di prendersi dei piccoli contingenti (la Francia aveva accettato di accogliere 1000 rifugiati, la Danimarca 40), in seguito è venuta meno la volontà di seguire la Cancelliera nella sua politica delle frontiere aperte. Non solo la Polonia o l'Ungheria, ma anche gli austriaci, i danesi e i francesi hanno adottato una politica sempre più restrittiva. Emmanuel Macron, ad esempio, fa una chiara distinzione tra rifugiati politici e migranti economici".

Secondo Graw, era stata lei in solitario, il 4 settembre del 2015 dopo una telefonata con Vienna, ad aver "fatto aprire le frontiere per 7.000 o al massimo 9.000 rifugiati". Il giorno successivo pero' aveva poi chiesto ai costernati governi di Francia, Belgio e Danimarca se erano disposti ad accettare una parte dei 20.000 migranti effettivamente arrivati solo nel primo fine settimana.

Crisi di governo dopo 3 mesi di coalizione

L'oppositore politico di Merkel, Horst Seehofer, deve affrontare le elezioni in Baviera e quindi non ha altra "scelta". Lunedì vuole presentare un provvedimento ministeriale che prima deve essere approvato dalla segreteria della CSU.

Jörg Kürschner commenta sulla "Junge Freiheit": "Con un tale corso politico da solista, Seehofer vorrebbe scavalcare le competenze della Cancelliera previste dalla Costituzione. Se Seehofer nelle prossime settimane dovesse fare sul serio in merito al suo provvedimento ministeriale, la Cancelliera, per non perdere la faccia, dovrebbe licenziare il suo ministro degli interni. Il risultato sarebbe una crisi di governo con possibili nuove elezioni. Uno scenario realistico tre mesi dopo la formazione della coalizione fra CDU, CSU e SPD. Se si arriverà davvero a questo punto, lo si capirà nei prossimi giorni. In ogni caso la CSU è compatta dietro il suo segretario di partito".

Inoltre, Kürschner scrive anche che la Cancelliera dovrebbe riflettere sul suo futuro politico. La sua perdita di popolarità è immensa. Con la sua politica sui rifugiati ha diviso la Germania, ha diviso l'Europa, e ora è sul punto di dividere la CDU e la CSU, che a causa delle loro profonde differenze oggi hanno tenuto due riunioni separate.

Sbattere fuori Seehofer - governo alla fine?

E anche la "Bild" mette in guardia la Cancelliera chiedendole di fare una "inversione di marcia" - perché se Seehofer lunedi' dovesse imporre la sua posizione, la Cancelliera dovrà farlo fuori. Il governo sarebbe alla fine. E prosegue:

"Su questo tema Angela Merkel mette a rischio la stabilità politica del paese, del governo eletto, l'unità del suo fiero partito e rischia nuove elezioni con un'ulteriore crescita delle forze radicali. Tutto questo per una politica che la stragrande maggioranza delle persone in Germania, e il suo stesso partito, non vogliono piu"

La CSU con la propria testardaggine rischia molto, ma sul tema ha ragione, giudica la Bild. Non è piu' ragionevole "andare avanti con una politica le cui conseguenze non possono piu' essere affrontate dalle nostre autorità".

"La soluzione europea, che Merkel persegue ormai da tre anni, fino ad ora non c'è stata. E' ancora in condizione di poter tornare indietro e di salvare la faccia", cosi' secondo il giornale.

Una cosa del genere non è probabilmente mai avvenuta nella politica tedesca

La "Tagesspiegel" parla di una netta "cesura". La Cancelliera non appoggia il suo Ministro degli Interni e nel fare cio' non solo si mette contro la CSU, ma anche una gran parte della CDU. Merkel continua ad insistere sulla sua "soluzione europea".

Stephan-Andreas Casdorff commenta cosi': "La gestione del problema da parte di Merkel porta alla crisi. Merkel nei confronti della maggioranza dell'Unione si comporta come se ignorasse le obiezioni. Secondo il motto, non può essere ciò che non è permesso. Lei non spiega le sue idee, non fa campagna, non combatte, ma cerca piuttosto di far coalizzare nel corso del tempo".

"In questo modo tuttavia la Cancelliera, secondo un numero sempre crescente di critici, sta perseguendo una triplice divisione: quella dal suo stesso partito, quella fra CDU e CSU, e anche lei stessa si sta allontanando sempre piu' dalla realtà".

Se Merkel insiste con il suo atteggiamento, prosegue Casdorff, resterà isolata anche fra le sue fila. Se resta isolata, il suo potere sarà seriamente in pericolo. La CSU è "determinata al massimo", cosi' ha dichiarato il segretario generale Markus Blume. "Forse lo è anche la Cancelliera, almeno fino al punto di perdere la sua posizione", cosi' Casdff.

venerdì 15 giugno 2018

Perché anche in Germania il vento è cambiato

Sono davvero lontani i tempi in cui Angela Merkel prometteva ai tedeschi: "wir schaffen das".  Dopo lo scandalo Bamf e il brutale omicidio della ragazza di Magonza, il sentiero per la Cancelliera è sempre piu' stretto: da un lato l'avanzata inarrestabile di AfD, dall'altro un alleato bavarese sempre piu' inquieto. Una cosa è certa, i tedeschi non la seguono piu'. Dal fuoco amico della FAZ.net, un commento molto interessante di Berthold Kohler


La CSU non vuol concedere alla Cancelliera nemmeno un'altra quindicina di giorni per trovare quella "soluzione europea" alla questione migratoria che da tanto tempo sta cercando. Il presidente bavarese Söder, il quale teme per le sorti del suo partito nella fase decisiva delle elezioni regionali, ha detto che "siamo alla partita finale per la credibilità". La paura della CSU di perdere la maggioranza assoluta in Baviera non è la sola a spingere Söder e Seehofer a schierarsi in un tandem insolitamente affiatato contro Merkel. Le raffinate antenne della CSU segnalano che dopo lo scandalo Bamf e l'omicidio di Susanna F., anche al di là dei confini bavaresi, molti tedeschi non ne vogliono piu' sapere di dover attendere soluzioni che potrebbero essere migliori - ma che, considerando le turbolenze presenti in molti paesi dell'UE, potrebbero anche non arrivare mai.

La CSU in ogni caso non vuole aspettare che la rivolta si diffonda anche in Germania sconvolgendone il panorama politico. Perché non solo i precedenti del Bamf e dell'omicidio della bambina di Mainz mostrano che molte delle rassicurazioni e delle previsioni lusinghiere fatte durante la luna di miele della "cultura del benvenuto" sono lontane dalla realtà, persino fuorvianti. Non si trattava solo di rifugiati vulnerabili, ma anche di criminali, predicatori di odio e terroristi. C'erano medici e infermieri, ma anche decine di migliaia di analfabeti. Sono arrivate anche persone disposte a integrarsi, ma anche molti migranti che volevano solo entrare nel sistema sociale tedesco.

Errori, omissioni, fallimenti

Anche nelle fasi successive del piano Merkel, quel "wir schaffen das" alle orecchie di molti tedeschi, è suonato sempre piu' come una presa in giro. Perché la Germania fino ad ora non ce l'ha fatta ad esaminare in maniera rapida e completa l'enorme massa di domande di asilo e a respingere coerentemente i richiedenti asilo le cui domande non erano state accolte. Lo scandalo Bamf, che ha chiaramente messo in luce il sovraccarico di lavoro causato dall'immigrazione di massa, ha fatto traboccare il vaso dell'incomprensione. Ma la peggiore accusa nei confronti degli errori, delle omissioni e dei fallimenti è arrivata dopo l'omicidio di Susanna F, presumibilmente commesso da un iracheno, il quale è riuscito poi a fuggire nel suo paese natale, verso il quale pero' in precedenza non si era riusciti ad espellerlo.

Anche il progetto di redistribuzione dei migranti con diritto di soggiorno all'interno dell'UE, proposto dalla Cancelliera, non si è mai concretizzato. Invece la disputa sulla politica migratoria è proseguita, e come ha detto l'ex presidente del consiglio italiano Prodi, si è trasformata "nella piu' grande bomba sull'orizzonte europeo".

L'esplosione di questa polveriera ora minaccia l'Unione (CDU+CSU) e quindi la Cancelliera Merkel. La miccia ha iniziato a bruciare nel giorno in cui a Seehofer è stato affidato il ministero dell'interno. Che il capo della CSU potesse dimenticare tutto quello che aveva detto in precedenza sulla politica per i rifugiati della Cancelliera, nonostante la sua famosa flessibilità, non poteva aspettarselo nessuno - soprattutto in un anno elettorale in cui la CSU ritiene di trovarsi sull'orlo del baratro.

Se la CSU e la Cancelliera si irrigidiranno sulle loro posizioni, sostenute per ovvie ragioni anche dai loro deputati, allora il raggruppamento dell'Unione e la coalizione di governo saranno alla fine. La CSU vorrà davvero rischiare - solo per due settimane? A onor del vero bisogna anche dire che Merkel ha avuto a disposizione 3 anni  per prendere le distanze da una politica sbagliata. Nei suoi 4 mandati da Cancelliera tuttavia non si è mai aggrappata a nessuna decisione come invece sta facendo ora con quelle prese durante "l'autunno del benvenuto".

venerdì 20 aprile 2018

Rehberg (CDU): "Macron non l'ha capito ma sui soldi tedeschi si decide a Berlino"

L'intervista a Deutschlandfunk di Eckhardt Rehberg, membro della commissione bilancio al Bundestag per la CDU, non lascia alcun dubbio sulla posizione del tedeschi in merito alle riforme europee. Il messaggio per il giovane presidente francese è chiaro: Macron non l'ha ancora capito ma sull'utilizzo dei soldi tedeschi si continuerà a decidere a Berlino. Chi vuole avere i soldi dei tedeschi dovrà accettare le condizioni imposte dal Bundestag, mentre la garanzia comune sui depositi si farà nel giorno di poi dell'anno di mai. Da Deutschlandfunk.de


DLF: Herr Rehberg, quale messaggio dovrebbe portare con sé Macron da Berlino?

Rehberg: Macron dovrebbe portare con sé il messaggio che in molti ambiti in cui ci si puo' aspettare un valore aggiunto da una collaborazione a livello europeo, è necessario sostenere l'approfondimento dell'Unione Europea - i temi relativi alle politiche di sicurezza, alla difesa delle frontiere esterne, alla tassazione delle imprese, alla politica digitale comune, oppure alla politica comune in maniera di asilo. Siamo invece scettici in merito alle sue proposte e a quelle della Commissione UE dello scorso dicembre - che devono essere viste nello stesso contesto - relative allo sviluppo del fondo monetario europeo e dell'unione bancaria.

DLF: che cosa la preoccupa di questi piani?

Rehberg: quando io ad esempio guardo alle proposte di Macron e della Commissione UE sul tema del fondo monetario europeo, vedo che i diritti di partecipazione dei parlamenti, del Bundestag tedesco, che sono garantiti dalle sentenze della Corte Costituzionale tedesca, non vengono nemmeno presi in considerazione. La legge di bilancio del parlamento tedesco oggi dice che è necessario coinvolgere il Bundestag in ogni transazione dell'ESM e ci aspettiamo, come è indicato anche nel contratto di coalizione, che i diritti di partecipazione del parlamento tedesco e della commissione bilancio del Bundestag non vengano ridotti. E non è possibile che la Commissione UE voglia avviare un percorso di modifica dei trattati che escluda i parlamenti nazionali. Vorremmo essere coinvolti. Alla fine si tratta dei soldi dei contribuenti tedeschi.

DLF: ma l'Europa puo' davvero uscire dalla crisi attuale tenendo tutto nelle mani dei singoli stati dell'UE senza trasferire almeno alcune delle competenze alle istituzioni europee?

Rehberg: dipende della condizioni quadro, e la Commissione UE ad esempio non ha dato buona prova di sé in materia di monitoraggio del patto di stabilità. Ci sono state circa 100 infrazioni e nessuna è stata sanzionata. Non abbiamo nulla ad esempio contro un fondo monetario europeo, che sia indipendente dalla Commissione UE, come accade per la BCE o per la Banca Europea per gli Investimenti. Ma se ci sono fondi nazionali, bisogna dare ai parlamenti e ai governi nazionali il diritto di esprimersi.

DLF: Herr Macron non ha capito?

Rehberg: Herr Macron, se guardo alle sue idee originali, avremmo dovuto creare un nuovo budget per la zona euro, senza condizioni, senza regole, senza criteri. Diciamo sì alla solidarietà europea, ma solo con regole e condizioni.

DLF: la domanda è ovvia e si ripropone: se guardiamo a quello che è successo durante la crisi finanziaria ed economica, allora la situazione non è pressante? Un bilancio separato dell'UE avrebbe un senso, un bilancio con il quale le istituzioni europee potrebbero reagire a specifiche situazioni di crisi negli stati membri dell'UE.

Rehberg: il meccanismo europeo di stabilità ha dimostrato di funzionare, ed è necessario porsi una domanda fondamentale: chi è responsabile per la stabilità economica e la competitività dei paesi?. A nostro avviso si tratta di una responsabilità essenzialmente nazionale e non è possibile che con questo denaro si finisca per impedire le riforme di cui alcuni paesi hanno bisogno. Senza regole, senza condizioni, secondo l'Unione non si potrà utilizzare il denaro dei contribuenti tedeschi. E se parliamo degli ordini di grandezza - ne nomino solo uno - se dovessimo creare un euro-budget per la zona euro di 100 miliardi di euro, la Germania dovrebbe contribuire con circa 30 miliardi. Sarebbe denaro che dovrebbe provenire dal bilancio federale e dovremmo decidere di ridurre gli investimenti nelle infrastrutture digitali, o nelle scuole tedesche e cosi' via. Queste sono le decisioni che alla fine dovremmo prendere.

DLF: signor Rehber, vuole frenare anche sul tema dell'unione bancaria?

Rehberg: Ja! Penso che considerando lo stato attuale di molte banche europee, ancora piene di prestiti inesigibili, sia inaccettabile voler portare avanti un'assicurazione comune sui depositi. Difficilmente riusciremmo a spiegarlo al risparmiatore tedesco. Non siamo contrari ad una garanzia comune sui depositi, ma prima è necessario eliminare i crediti inesigibili o almeno ridurli in maniera consistente. Dopo questa riduzione potremmo iniziare a parlare di un'assicurazione comune sui depositi.

DLF: e questo potrebbe durare anche anni?

Rehberg: ci vorranno anni, perché penso che non sia politicamente sostenibile, con il nostro sistema bancario fondato su tre pilastri, le casse di risparmio, le banche popolari e soprattutto le banche private, dovremmo garantire il 40, il 50 o il 60% dei crediti inesigibili nei loro bilanci.

DLF: Herr Rehberg, allora possiamo affermare che rifiuta tutte le proposte fatte da Macron in materia di politica economica e finanziaria, almeno nei loro elementi centrali?

Rehberg: no, non è un rifiuto. Soprattutto laddove vediamo un valore aggiunto nell'affrontare le questioni a livello europeo, in quel caso ci stiamo. E vorrei anche sottolineare: io vengo dalla Germania del nord. C'è una lettera di otto ministri delle finanze, in particolare del nord Europa, che sottolineano di non condividere diversi aspetti delle proposte di Macron e della Commissione di Juncker. Dobbiamo fare attenzione: l'Europa non è solo Francia e Germania. L'Europa è composta da 27 stati dell'UE e 17 stati dell'eurozona. E' sempre stata una buona cosa coinvolgere anche i piccoli paesi.

DLF: Herr Macron è un uomo con una certa reputazione. Si è guadagnato l'immagine del riformatore, dell'innovatore carismatico, un uomo che puo' far uscire l'UE dal suo letargo. Queste aspettative sono troppo alte?

Rehberg: se ci si concentra sui temi giusti - ne menziono alcuni: difesa europea comune, migrazione, confini esterni - abbiamo una montagna di lavoro da fare davanti a noi. Pertanto a mio avviso bisognerebbe concentrarsi sul possibile, sul necessario, e non su una visione qualsiasi che una larga parte d'Europa vede in maniera critica. 

martedì 17 aprile 2018

Come CDU e Merkel si preparano ad affondare le riforme europee di Macron

A Berlino Merkel e la CDU preparano le grandi manovre per affondare il piano di riforme di Macron e rimandare la temuta unione di trasferimento. Al di là dei sorrisi e delle strette di mano nei vertici franco-tedeschi, Macron e gli amici del + Europa alla fine resteranno alquanto delusi. Ne parla die Welt.


CDU e CSU in materia di politica europea iniziano a sentire il fiato sul collo di FDP e AfD. Per questa ragione alla fine della scorse settimana il gruppo parlamentare dell'Unione ha fatto uscire un documento volto a frenare la trasformazione del Fondo europeo di salvataggio (ESM) in un Fondo monetario europeo (FME). 

Martedì (oggi) il gruppo parlamentare dell'Unione al Bundestag intende sottoporre il documento a votazione. A quanto pare anche la SPD sarebbe d'accordo sul contenuto del documento, il cui obiettivo sarebbe proprio quello di spingere il governo federale a rallentare il passo delle riforme europee a Bruxelles. 

In sostanza l'Unione sta cercando di fermare la trasformazione dell'ESM in un fondo monetario europeo utilizzando una motivazione di carattere tecnico: la Commissione europea per fare questa modifica avrebbe scelto il percorso sbagliato. Bruxelles propone infatti di introdurre il FME nell’ordinamento europeo attraverso un semplice "regolamento complementare" senza la necessità di modificare i trattati europei ed escludendo i parlamenti nazionali, argomentano in maniera critica CDU e CSU. Nel loro documento invece, CDU e CSU chiedono una modifica dei trattati europei

SPD: segnale fatale per i paesi europei 

Questo approccio tuttavia causa qualche frizione fra Unione e SPD. "L'Unione vorrebbe sfruttare un argomento puramente tecnico, per inviare un segnale politico", si dice all’interno della SPD. E questo potrebbe essere fatale. Perchè in Francia questo approccio sarebbe percepito come un ulteriore blocco alle proposte del presidente francese Emmanuel Macron. 

I socialdemocratici perciò chiedono di fare riferimento all’accordo di coalizione secondo il quale: "L'ESM dovrà essere trasformato in un nuovo fondo monetario europeo controllato dai parlamenti e ancorato al diritto dell'unione", è scritto nel documento. "I diritti dei parlamenti nazionali restano pertanto inalterati". 

La SPD insiste affinché l'Unione si attenga a questo accordo. Questo passaggio inserito nell'accordo di coalizione sarebbe anche un segnale incoraggiante per i partner dell'eurozona, almeno cosi’ si dice nel gruppo parlamentare socialdemocratico. L'Unione con il suo atteggiamento vorrebbe trasformare la natura degli accordi di coalizione. E questo sarebbe un problema serio, visto che da tempo Angela Merkel invia a Macron segnali di disponibilità a collaborare. 

Pressione dall'opposizione 

La SPD vorrebbe una parola chiara da parte della Cancelliera sulla questione: "dovrebbe ricordare ai membri del suo partito il loro programma elettorale - nel quale proponevano appunto la creazione di un fondo monetario europeo", ha detto il parlamentare della SPD Carsten Schneider in un'intervista alla „Augsburger Allgemeinen“. E anche Schneider ha lanciato una minaccia: la SPD in ogni caso non è disponibile ad altri anni di interruzione e blocchi. 

La condotta dell'Unione è alquanto sorprendente. Era stato proprio Wolfgang Schäuble, ora presidente del Bundestag e precedente ministro delle finanze, a lanciare l'idea di un FME. La Cancelliera aveva tacitamente sepolto il progetto e al suo posto aveva invece coinvolto il FMI nei programmi di salvataggio dell'eurozona. 

Quando il presidente francese Macron dopo la vittoria elettorale ha iniziato la campagna per la creazione di un ministro delle finanze europeo, Schäuble aveva rispolverato la vecchia idea di un FME da contrapporre alle proposte francesi. 

Critiche anche all'interno dell'unione 

Al momento non c'è nulla di ufficiale da parte della Cancelliera. Presumibilmente è stata informata in anticipo sul comportamento del gruppo. E non vi si è opposta, almeno cosi’ si dice negli ambienti del partito. Pertanto il documento, che sarà votato martedi' nel gruppo parlamentare, è stato redatto d'accordo con lei. 

Questo atteggiamento non causa perplessità solo nella SPD. Anche dalle proprie fila arrivano delle critiche. "Il tono del gruppo parlamentare dell'Unione è inaccettabile", ha detto il Commissario UE Günther Oettinger in un’intervista alla FAZ domenica scorsa in merito alla mozione del gruppo. "Mettono in pericolo l'intera ripartenza dell'Europa. Mi aspetto che i leader di partito e i capigruppo nei prossimi giorni possano chiarire". 

Nel gruppo parlamentare le critiche vengono accolte con una certa consapevolezza. Nessuno vuole rendere troppo facile la vita alle opposizioni. Che un compromesso nella discussione sulle regole di funzionamento dell'ESM sia possibile, tuttavia non è stato indicato nel documento del gruppo parlamentare. La domanda ora è un‘altra: come potranno fare la SPD e l'Unione a mettersi d'accordo sulla questione?


Sullo stesso argomento: 

In piedi sotto la pioggia ad aspettare

Il doppio gioco di Merkel

Non è rimasto molto dei piani altisonanti di Macron

martedì 27 marzo 2018

In piedi sotto la pioggia ad aspettare

Così la stampa tedesca descrive il giovane presidente francese alle prese con la grande temporeggiatrice Merkel, che evidentemente non ha nessun interesse ad accelerare l'integrazione europea e soprattutto puo' nascondersi dietro lo scetticismo del nuovo "fronte del nord". I tedeschi ancora una volta si mostrano disponibilissimi a sfruttare i vantaggi dell'unione monetaria quando si tratta di inondare i mercati europei e mondiali con le loro merci, ma diventano improvvisamente euroscettici quando c'è da cooperare con i paesi del sud. Ne parla German Foreign Policy


[…] Parigi vorrebbe un budget per la zona euro e un euro-ministro delle finanze; dell'introduzione degli Eurobond, originariamente prevista dal piano Macron, non c’è piu’ traccia. Durante la conferenza stampa congiunta in occasione dell‘ultimo vertice UE di venerdì scorso, la Cancelliera ha risposto alle proposte concrete del Presidente francese senza prendere impegni precisi oltre ad esprimersi in favore di un generico "proseguimento della discussione", riportano le corrispondenze; Merkel sta lasciando Macron "in piedi sotto la pioggia ad aspettare". Sorge spontanea la domanda: "quanto tempo ancora il presidente francese presterà il fianco alle tattiche temporeggiatrici di Merkel". La discussione su quale forma concreta dovrebbero prendere i trasferimenti finanziari nel quadro di una unione sociale europea non ha fatto passi avanti; c'è ancora disaccordo e "non si sa ancora da dove dovrebbe arrivare il denaro e in che modo dovrebbe essere speso"[2]. 


La tattica temporeggiatrice di Berlino 



E’ dalla vittoria elettorale del presidente francese che Berlino continua ad utilizzare la stessa tattica per temporeggiare. Macron era riuscito infatti a prevalere nei confronti dell'estrema destra del Front National promettendo una maggiore integrazione europea e una riforma dell'eurozona. All'inizio si è voluto far credere alla "speranza francese“ che sarebbe stato necessario aspettare le elezioni federali dell'autunno 2017. In seguito, si è voluto raccontare che la lunga fase necessaria per la formazione di un governo a Berlino avrebbe creato "un vuoto di potere" che invece ha permesso alla Cancelliera di "lasciare in attesa" le proposte di Macron.[3] Il "nuovo slancio", promesso dal presidente dall'aspetto giovanile subito dopo la sua elezione, ha lasciato il posto allo scetticismo di molti critici. Gli avversari di un budget della zona euro e di un ministro delle finanze dell'eurozona all'interno dell'UE sono molti, soprattutto se si tratta di "posticipare e disinnescare" dei piani cosi' impopolari a Berlino. Nel tentativo di sfruttare il temporaneo vuoto di potere a Berlino, il ministro delle finanze olandese e altri ministri nordici dell'UE si sono pronunciati contro i piani di Macron. Anche fra i paesi governati dall'ultradestra della periferia orientale dell'UE prevale il rifiuto nei confronti dei piani di Parigi. “E' diventato molto piu' facile per la Germania nascondersi dietro lo scetticismo degli altri paesi", conferma un esperto del Consiglio Tedesco per le Relazioni Estere (DGAP). La prolungata "incertezza" sulla posizione di Berlino ha spinto anche altri stati a criticare i piani di Macron. Ora "Berlino potrebbe appoggiarsi a questo rifiuto e invocare un compromesso oppure dei progressi decisamente piu’ piccoli". [4] 



La tradizione del blocco di Berlino 


Il temporeggiamento nei confronti degli sforzi francesi finalizzati alla creazione di un meccanismo intraeuropeo in grado di compensare la "Beggar-Thy-Neighbour-Politik" tedesca, a Berlino ha una lunga tradizione. Parigi ha sempre cercato di contrastare le enormi eccedenze commerciali tedesche, che di fatto equivalgono ad una esportazione di debito, cercando di spingere verso una integrazione europea accellerata; ma ogni volta le élite francesi si sono trovate di fronte ad un muro di gomma. Nel 2015 l'allora presidente francese Francois Hollande aveva suggerito una piu’ stretta cooperazione franco-tedesca e l'istituzione di un governo della zona euro – ricevendo pero' un rifiuto netto da parte di Berlino. Hollande vorrebbe "forzare l'Europa a stare insieme ricorrendo a dei tecnocrati. Ma questo non funziona"[5]. In precedenza il presidente francese Sarkozy ci aveva provato con l'idea di creare all'interno dell'eurogruppo un "governo europeo". La proposta francese formulata nell'autunno del 2008 - poco dopo lo scoppio della crisi finanziaria globale - nasconde il rischio "di una divisione all'interno dell'UE" e tocca i "nervi" dell'Europa, aveva lasciato trapelare nell'ottobre 2008 la Cancelleria nei confronti dei media tedeschi.[6] Con queste dichiarazioni il tentativo di Sarkozy era stato rimosso dall'agenda.



[2] Silke Wettach: Warum die große Euro-Reform ausfällt. wiwo.de 23.03.2018.

[3], [4] Karin Finkenzeller: Merkel hat Zeit. zeit.de 21.03.2018.

[5] Albrecht Meier: Unions-Fraktionsvize Friedrich erteilt Hollandes Vorschlag Abfuhr. tagesspiegel.de 20.07.2015.

[6] Berlin: Sarkozy könnte die EU spalten. faz.net 24.10.2008. S. auch Tomasz Konicz: Aufstieg und Zerfall des deutschen Europa.

mercoledì 21 marzo 2018

Il doppio gioco di Merkel

Secondo Lost in Europe, un blog ben informato, Merkel nel confronto con Macron, avrebbe chiesto ad Altmaier (CDU) di spalleggiare il gruppo intransigente del nord guidato dall'olandese Rutte (qui la lettera uscita sulla stampa tedesca) per ritagliarsi un ruolo di mediazione con il fronte dei sud-europei, guidato da Macron, e per frenare ogni passo verso la temuta unione di trasferimento. Da Lost in Europe


E questo signori è stato "il motore franco-tedesco": poco prima del vertice UE di giovedì fonti vicine agli ambienti del governo di Berlino confermano che la Cancelliera Merkel appocggia l'iniziativa anti-Macron del Nord Europa.

In precedenza era trapelato che il braccio destro di Merkel - l'ex Capoufficio alla Cancelleria Altmaier - aveva partecipato a due dei tre incontri del gruppo guidato dal primo ministro olandese Rutte.

Si tratta del gruppo di paesi del nord che si oppone all'approfondimento dell'unione monetaria, come invece chiede Macron. Il gruppo inoltre è contrario ad un aumento dei contributi UE, come invece annuncia la "GroKo" nel contratto di coalizione.

"Ci fa sempre piacere partecipare quando si parla del futuro dell'UE", si dice in ambito governativo. Il NO del gruppo Nord al "piu' Europa" sarebbe "un contributo positivo al dibattito attuale".

Merkel sta cercando di posizionarsi come mediatrice - a metà fra gli intransigenti olandesi e il capo di stato francese. Non esiste un monopolio franco-tedesco, almeno cosi' si dice.

In verità Merkel vorrebbe solo rallentare Macron e preservare lo status quo all'interno dell'UE, cosi' favorevole alla Germania. Gioca un doppio ruolo che serve piu' che altro a rallentare la prevista riforma dell'UE.

E cio' farà in modo che dal vertice UE di giovedì e venerdì non ci si potrà aspettare nessun progresso concreto. "L'agenda dei leader" semplicemente non porta da nessuna parte.

Macron tuttavia è riuscito a mettere due temi all'ordine del giorno: una nuova tassa europea sulle società internet - e un vertice europeo nel quale si parlerà del futuro dell'unione monetaria.

Ovviamente Berlino frena anche su questi temi, non ci si puo' aspettare nessuna decisione...


mercoledì 14 marzo 2018

Non è rimasto molto dei piani altisonanti di Macron

Ottima sintesi di Eric Bonse da Lost in Europe sullo stallo delle trattative franco-tedesche in merito al progetto di riforma della zona euro. Oettinger e Altmaier stanno lavorando dietro le quinte per affondare il piano Macron e ci sono quasi riusciti, ormai non resta molto del progetto di riforma del presidente francese. Ancora una volta i primi della klasse non ne vogliono sapere di cooperare. Da Lost in Europe


L'euro avrà un proprio budget, un proprio parlamento e un ministro delle finanze – cosi’ auspicava il capo di stato francese Macron. In verità non resta molto delle altisonanti visioni per una unione monetaria completa e sovrana. Due politici tedeschi si oppongono.

La Große Koalition a Berlino ha promesso "una nuova partenza per l'Europa". Il governo federale tedesco vorrebbe soprattutto andare incontro alle richieste di Macron.

Sull’agenda delle riforme ci sarebbe "un alto grado di accordo con il presidente francese", cosi' aveva rassicurato la Cancelliera in un recente Video-Podcast.

A Bruxelles tuttavia non pare proprio che le cose stiano in questo modo - anzi sembra esattamente il contrario. Il Commissario al Bilancio Oettinger e il Ministro alle Finanze ad interim Altmaier (entrambi CDU) continuano a frenare sistematicamente i piani di Macron.

Le aspettative sul futuro dell'eurozona divergono pero' radicalmente. Macron chiede un Ministro delle Finanze della zona euro che abbia a disposizione un proprio budget miliardario.

Con queste risorse sarebbe possibile ammortizzare gli shock economici e stimolare nuovi investimenti, cosi' secondo Macron. L'obiettivo sarebbe una "unione monetaria sovrana", aggiunge il Ministro delle Finanze Le Maire.

Entrambi nelle scorse settimane sono stati sostenuti dal Presidente del FMI Lagarde. Un bilancio della zona euro renderebbe possibile "una politica finanziaria anti-ciclica, se necessaria", aveva detto la francese a Parigi.

"Sappiamo fin troppo bene che c'è resistenza da parte della Germania", ha aggiunto Lagarde. Ma si tratterebbe di avere anche una maggiore solidarietà in Europa.

Ma Lagarde ha fatto i conti senza Oettinger. L'uomo di Merkel a Bruxelles - come la Cancelliera, e' decisamente contrario ad un bilancio della zona euro.

"Nuove crisi debitorie"

Oettinger vorrebbe invece mettere a disposizione non piu' di 25 miliardi di euro dall'attuale bilancio dell'UE - ma solo a partire dal 2021, e suddivisi in 7 anni.

E' una somma ridicola, critica l'esperto finanziario della Linke De Masi. Perché in questo modo si riuscirebbe a mettere insieme solo lo 0.03 % del PIL dell'eurozona - troppo poco per muovere qualcosa.

"Se la domanda interna della zona euro si indebolisse e si creassero nuovi disavanzi delle partite correnti, avremmo una nuova crisi debitoria", avverte l'ex deputato.

Pillole amare

Anche l'obiettivo di Macron, quello di stabilizzare l'euro, non sembra convincere Oettinger. La nuova linea di bilancio è pensata per altri scopi: Oettinger vorrebbe portare nell'euro paesi come la Bulgaria e promuovere riforme strutturali in quel paese. 

In particolare fa riferimento ad una riforma neoliberista delle pensioni e del mercato del lavoro; Oettinger vorrebbe addolcire queste pillole amare con i soldi dell'UE.

Il politico della CDU a Bruxelles porta avanti un'idea controversa di Merkel. Al culmine della crisi euro infatti la Cancelliera voleva spingere paesi come l'Italia o la Spagna a fare le riforme strutturali mediante dei "contratti di riforma".

Dalla porta di servizio

Ma la proposta ha incontrato una massiccia resistenza nel Consiglio Europeo. E ora ritorna dalla porta di servizio della Commissione UE - Oettinger ringrazia.

Anche il Fiskalpakt, con il quale tutti i paesi della zona euro dovrebbero impegnarsi a raggiungere lo "Schwarze Null" (pareggio di bilancio) è tornato sull'agenda dei funzionari di Bruxelles.

L'ex presidente francese Hollande avrebbe voluto affondare il patto; il suo successore Macron ora dovrà mandarlo giu'. E secondo i desideri di Oettinger dovrebbe addirittura essere inserito nei trattati UE...

Anche il ministro delle finanze ad interim Altmaier cerca di fermare le richieste francesi. "Ho avuto l'onorevole compito di frenare alcune aspettative esagerate", aveva detto il braccio destro di Merkel dopo la riunione dell'eurogruppo di gennaio.

In quell'occasione si era parlato dell'unione bancaria. Sono anni che la Germania continua a bloccare l'introduzione di un'assicurazione congiunta sui depositi bancari della zona euro.

La Francia ora chiede che sia la Germania a spianare definitivamente la strada. Al piu' tardi entro il vertice UE di giugno l'unione bancaria dovrà essere completata, ha detto il ministro delle finanze Le Maire.

Ma Altmaier non ha fretta. Fino alla piena attuazione potrebbero essere necessari altri 10 anni, aveva detto. Le banche devono prima ridurre i loro crediti deteriorati.

Anche nel recente incontro dei ministri della zona euro le varie posizioni si sono scontrate duramente. La discussione deve essere stata veramente accesa, come ha ammesso lo stesso Altmaier.

Aria pesante nell'eurogruppo

"Non parlerei di una tempesta purificatrice, ma era chiaro che non ci saremmo allontanati dai nostri principi". In parole semplici: nulla si muove, Berlino continua a bloccare.

La disputa riguarda anche il fondo di salvataggio della zona euro, l'ESM. La Germania vorrebbe trasformarlo in un Fondo Monetario Europeo, ma anche questa riforma è bloccata nel singhiozzo franco-tedesco.

Berlino non vuole rinunciare al diritto di veto tedesco per i prestiti ai paesi euro in crisi. Al contrario Parigi chiede di passare al voto a maggioranza per poter essere piu' rapidi nella concessione degli aiuti finanziari.

Stabilità Vs Solidarietà

Dietro ci sono visioni diverse per l'Europa: Parigi chiede maggiore solidarietà, Berlino sottolinea invece la stabilità. Nelle regole di voto non cambierà nulla, insiste Altmaier.

Su una questione importante come questa un accordo non sembra essere in vista. Dopotutto la riforma dell'ESM è ufficialmente inserita nell'agenda dell'UE. E' una proposta che risale all'ex Ministro delle Finanze Schäuble. Non è rimasto molto dei piani altisonanti di Macron. Di un Ministro delle Finanze per la zona Euro non se ne parla nemmeno piu'...