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mercoledì 11 settembre 2013

Le leggi Hartz, la svalutazione interna e il boom dell'export: ovvero, quando una diagnosi sbagliata diventa l'opinione dominante

Che ruolo hanno avuto le leggi Hartz nella svalutazione interna degli ultimi 15 anni? Risponde Gerhard Bosch, direttore dell'Institut Arbeit und Qualifikation dell'Università di Duisburg. La lunga fase di moderazione salariale è il risultato di un'analisi sbagliata, diventata poi opinione dominante. Da NachDenkSeiten.de, rivista on-line di analisi politica ed economica.


Quando una diagnosi sbagliata diventa l'opinione dominante

La Germania sin dagli anni '50, anno dopo anno e con pochissime eccezioni, ha registrato degli avanzi commerciali con l'estero. Prima dell'introduzione dell'Euro, gli squilibri commerciali venivano regolarmente corretti con la rivalutazione del Marco. Ma la moneta unica corrisponde, di fatto, all'impossibilità di utilizzare l'aggiustamento dei tassi di cambio come misura correttiva. L'industria dell'export tedesca in questo modo trae profitto dalla mancanza di una pressione verso una rivalutazione dell'Euro, conseguenza del consistente numero di paesi Euro in disavanzo con l'estero.

Protetta all'interno dell'Eurozona da ogni forma di rivalutazione, la posizione competitiva tedesca è migliorata ulteriormente a partire dalla seconda metà degli anni '90. E stato il risultato di una crescita salariale inferiore a quella media dell'Eurozona, equivalente ad una svalutazione interna. Cio' ha portato ad un aumento dell'avanzo con l'estero, nel 2012 pari al 6.5 % del PIL tedesco. In altre parole, in un periodo di 3 anni, la Germania deve reinvestire circa il 20% del proprio PIL all'estero. I surplus tedeschi sono lo specchio dei deficit negli altri paesi dell'Eurozona. E l'economia tedesca, per le dimensioni e l'importanza delle sue relazioni commerciali con l'estero, ha un ruolo unico all'interno dell'Europa. L'apertura dell'economia (export + import come percentuale del PIL) in Germania, Francia, Spagna e Italia nel 1995 era di circa il 50%. Ma nel 2008 il dato tedesco raggiunge il 90%, mentre negli altri paesi si ferma al 60%.


Uno dei paradossi nel dibattito economico tedesco è che le carenze piu' gravi sono percepite proprio in quelle aree in cui la Germania è particolarmente forte, mentre il rafforzamento della domanda interna è scomparso dall'agenda politica. Da 20 anni ormai la politica economica tedesca si  concentra unicamente sull'export e sul miglioramento della competitività. La potente ed influente associazione degli imprenditori è dominata dai rappresentanti dell'industria manifatturiera, il cui obiettivo è incrementare le quote di mercato tenendo bassi i salari. Una campagna mediatica su larga scala centrata sulla "Initiative Neue Soziale Marktwirtschaft" (Nuova economia sociale di mercato) - finanziata sin dal 2000 dall'organizzazione dei datori di lavoro nella meccanica ed elettronica - ha diffuso con successo l'immagine di una Germania che soffre per un elevato costo del lavoro, e per un mercato eccessivamente regolamentato, e che di conseguenza non è competitiva.

La lista di coloro che hanno abbracciato questa visione comprende anche il primo governo rosso-verde. Le leggi Hartz del 2004 avevano infatti l'obiettivo di introdurre in Germania un settore a basso salario. Riducendo i sussidi di disoccupazione per i disoccupati di lungo periodo e ridefinendone i criteri di accesso, le leggi Hartz di fatto hanno aumentato la pressione sui disoccupati spingendoli ad accettare lavori con un salario inferiore del 30% rispetto alla media della zona. La deregolamentazione delle agenzie temporanee e i cosiddetti mini-job hanno permesso di sostituire i lavoratori dipendenti a tempo pieno mediante nuove assunzioni precarie. Nel caso delle agenzie interinali, ai contratti sono stati eliminati i vincoli temporali, e grazie ai nuovi accordi contrattuali i datori di lavoro hanno potuto eludere il principio dell'eguaglianza di trattamento economico fra interinali e dipendenti. Quanto ai mini-job, la soglia minima di reddito è stata aumentata, e ora i mini-job possono essere considerati un secondo lavoro, inoltre, il limite massimo di ore settimanali è stato aumentato, consentendo una riduzione del costo del lavoro. L'accettabilità politica di questi provvedimenti si basava sull'assunto secondo cui i lavoratori poco qualificati e a bassa produttività si sarebbero avvantaggiati dall'ampliamento del settore a basso salario. 

Il settore a basso salario in Germania

Sin dalla fine degli anni '90 i salari tedeschi sono cresciuti piu' lentamente rispetto al resto dell'unione monetaria. La ragione principale è stata la rapida espansione del settore a basso salario, già in corso prima delle riforme Hartz. La quota di lavoratori con un basso salario (meno di 2/3 del salario mediano orario) è passata dal 17.7% nel 1995 al 23.1% nel 2010, passando dai 5.6 milioni del 1995 ai 7.9 milioni del 2010. Una particolarità del settore a basso salario tedesco è la sua dispersione verso il basso, dato che non sono previsti minimi salariali. Nel 2010, 6.8 milioni di tedeschi erano pagati meno di 8.5 € lordi, vale a dire il minimo salariale richiesto dalla federazione dei sindacati tedeschi, mentre 2.5 milioni guadagnavano meno di 6.00 € lordi l'ora.

La maggior parte della crescita in termini assoluti è stata nella Germania dell'ovest, in aree tradizionalmente protette da un'elevata adesione ai contratti collettivi. L'esame della distribuzione dell'evoluzione dei salari adeguati all'inflazione mostra come fin dal 1995 la concentrazione al centro tende a sgretolarsi, mentre molte attività in precedenza ben retribuite si muovono verso il basso. Il lavoro a basso salario non è distribuito ugualmente fra tutti i lavoratori dipendenti: nel 2010 ad essere particolarmente colpiti dai bassi salari erano i giovani sotto i 25 anni (50.8%), i lavoratori con contratto a tempo determinato (45.7%), chi è senza una formazione professionale (39.3%), le donne (30.0%), gli stranieri (31.9%). Nel 2010 il 30% di tutte le donne occupate riceveva un basso salario, ma rappresentavano quasi i due terzi di tutti i lavoratori a basso salario. Un'altra particolarità del settore a basso salario tedesco, rispetto a quello americano, è la bassa quota di lavoratori senza una qualifica professionale: circa l'80%  ha una formazione professionale o un'istruzione superiore. L'obiettivo che le riforme Hartz si ponevano, migliorare le opportunità di impiego per i lavoratori con basse competenze, non è stato raggiunto. 

Fattori che hanno causato l'espansione del settore a basso salario.

L'espansione del settore a basso salario è iniziata 10 anni prima delle riforme Hartz. La causa è stata la diversa politica dei datori di lavoro: da un lato i datori di lavoro hanno approfittato degli alti tassi di disoccupazione per uscire  dalle associazioni datoriali e non essere quindi piu' vincolati dai contratti collettivi. Dall'altro la liberalizzazione di molti servizi pubblici (poste, ferrovie, trasporto locale) ha portato sul mercato molti fornitori privati, non vincolati dai contratti collettivi, che hanno iniziato a fare concorrenza con pratiche di dumping salariale. 

Le riforme Hartz non sono state la causa di questo processo, ma hanno impedito una riduzione del numero di lavoratori a basso salario a partire dalla fase di ripresa del 2005. Le due forme di lavoro deregolamentate, interinale e mini-jobs, nel frattempo sono diventate sempre piu' diffuse: i lavoratori interinali sono cresciuti dai 300.000 del 2003 fino ai 900.000 del 2011,  nello stesso periodo il numero di persone impiegate con un mini-job è cresciuto da 5.5 milioni fino a 7.5 milioni. Fra gli occupati con un mini-job, la quota di lavoratori a basso salario nel 2010 era dell'86%, fra gli interinali era pari a due terzi. La quota elevata di lavoratori a basso salario fra i minijobber puo' essere spiegata dal fatto che in generale, chi lavora con questi contratti, contrariamente a quanto previsto dalla direttiva europea sull'uguaglianza di trattamento economico dei lavoratori a tempo determinato, viene pagato meno rispetto agli altri part-timer. Per i lavoratori interinali, invece, il principio della parità di retribuzione previsto dalla direttiva europea sul lavoro temporaneo, è stato abrogato dagli accordi collettivi, equiparabili a dumping salariale, sottoscritti dal Sindacato Cristiano, vicino alle imprese e praticamente senza iscritti.

Si pensava che la diffusione del lavoro a basso salario potesse rendere piu' facile l'ingresso nel mercato del lavoro ai disoccupati, ed accrescere le possibilità di impiego dei lavoratori meno qualificati. Alle metà degli anni '90, l'OCSE ancora lodava il mercato del lavoro tedesco per le buone opportunità di avanzamento che offriva ai lavoratori con basso salario. Analisi piu' recenti mostrano invece come il lavoro a basso salario sia sempre piu' una trappola. Kalina (2012) mostra come le possibilità di avanzamanto, nel periodo fra il 1975-76 e il 2005-06, siano scese. Mosthaf et al. (2011) mostrano come ogni sette lavoratori a basso salario nel 1998-9, solo uno era stato in grado di uscire da questo settore prima del 2007.

La deregolamentazione del mercato del lavoro non ha avuto effetto sui livelli occupazionali.

La copertura garantita dai contratti collettivi raggiungeva l'80% prima del 1990, ma nel 2010 era scesa al 60% nella Germania dell'ovest, e al 48 % nell'est. Di fatto la contrattazione salariale fra le parti sociali non funziona piu'. In molte piccole e medie imprese e nei servizi, i salari sono determinati unilateralmente dai datori di lavoro, visto che i contratti collettivi non si applicano e i comitati di fabbrica non sono stati istituiti.

Come risultato, i sindacati hanno riconsiderato il loro rifiuto di un intervento dello stato nel processo di contrattazione dei salari, e sin dalle leggi Hartz hanno sostenuto l'introduzione di un minimo salariale. Al momento i minimi salariali sono stati concordati con 12 associazioni datoriali in 12 settori e sono stati dichiarati vincolanti dal governo federale. Gli effetti dell'introduzione del salario minimo sono stati analizzati in otto settori: non sono stati riscontrati effetti negativi sull'occupazione Bosch/Weinkopf (2012). Tuttavia, un cambiamento di tendenza verso una riduzione del numero di lavoratori a basso salario ancora non c'è stato, ed i principali settori che vi fanno ricorso, il commercio al dettaglio, gli alberghi e la ristorazione, non hanno ancora un minimo contrattuale. I tentativi di introdurre un salario minimo nazionale e di riformare le leggi sulla contrattazione collettiva, al fine di rendere gli accordi vincolanti per l'intera categoria, sono falliti a causa dell'opposizione esercitata dal governo federale.

Gli effetti piu' controversi delle leggi Hartz sono quelli sui livelli occupazionali. Gli effetti positivi sull'occupazione sono spiegati dall'aumento del flusso in uscita dalla disoccupazione a partire dal 2005. Tuttavia, poiché  il flusso in entrata verso la disoccupazione nello stesso periodo è aumentato, nonostante la fase di crescita economica, possiamo dire che il flusso tra occupazione e disoccupazione sia aumentato. La ragione per questa crescita del flusso, durante una fase di ripresa economica, è il ricorso a contratti a tempo determinato e interinale, che spesso conducono solo ad un breve periodo di lavoro.

La normativa Hartz è entrata in vigore mentre la Germania stava uscendo da una profonda recessione. Nella successiva fase di ripresa c'è stato un aumento congiunturale dell'occupazione. La domanda centrale è se le leggi Hartz abbiano effettivamente influenzato in maniera positiva la dinamica occupazionale. Horn/Herzog-Stein (2012) hanno confrontato l'intensità occupazionale in tre cicli economici (1999/Q1 – 2001/Q1, 2005/Q2 – 2008/Q1 e 2009/Q2 fino al 2012). Nella prima ripresa, l'intensità occupazionale (la percentuale di aumento dell'occupazione quando il pil aumenta dell'1%) era dello 0.43%, nelle due riprese successive è stata dello 0.35 % e dello 0.39%. Di fatto dopo l'introduzione delle leggi Hartz l'intensità occupazionale è diminuita. I due periodi di ripresa dopo la loro entrata in vigore sono stati quasi interamente trainati dall'export. Le leggi Hartz hanno avuto un effetto di dumping sull'evoluzione dei salari, soprattutto nel settore dei servizi, affondando la domanda interna e l'import, ma hanno avuto un effetto minimo sull'economia orientata all'export. La domanda interna è stata inoltre frenata dal taglio degli investimenti pubblici: gli investimenti pubblici netti in Germania per molti anni sono stati negativi. Il conseguente deterioramento delle infrastrutture avrà un effetto negativo sulla crescita futura.

La Germania condivide la responsabilità di stimolare la crescita economica europea.

Le ragioni della favorevole evoluzione dell'occupazione in Germania non possono essere ricondotte alle leggi Hartz. Sono il risultato della specializzazione del manifatturiero tedesco, nel corso di molti anni, in prodotti di alta qualità, con un tasso di innovazione elevato, investimenti in ricerca e sviluppo superiori alla media ed un buon sistema di formazione professionale. Inoltre, il portafoglio prodotti tedesco, con la sua enfasi sui beni strumentali e le auto, si abbinava alla domanda proveniente dai BRICS e dagli altri paesi in via di sviluppo, e cio' significa che l'economia tedesca non era del tutto dipendente dal mercato europeo. Le leggi Hartz hanno permesso al paese, anche durante la fase di crescita dal 2005 al 2008, di continuare la sua politica di svalutazione interna all'Eurozona, fatta di aumenti salariali e costi unitari inferiori alla media dei paesi Euro Stein/ Stephan/ Zwiener (2012). Poiché la domanda domestica, e di conseguenza l'import, non hanno tenuto il passo dell'export, gli squilibri commerciali nell'Eurozona sono aumentati, creando le condizioni per la crisi Euro. Cosi' l'impatto delle leggi Hartz ha finito per avere una dimensione europea.

La politica economica tedesca continua ad essere caratterizzata dalla sua eccessiva focalizzazione sull'export. Come mezzo per affrontare la crisi Euro, il governo federale ha chiesto agli altri paesi europei di introdurre riforme del mercato del lavoro simili alle leggi Hartz. Questa politica, tuttavia, non può e non sarà applicata a tutti gli altri paesi, poiché solo abolendo le leggi della matematica è possibile che tutti i paesi abbiano dei surplus commerciali. Senza dubbio i paesi del sud hanno bisogno di aumentare la loro competitività. Ma la crisi che inghiotte l'Eurozona potrà essere superata solo se la Germania, l'economia piu' forte in Europa, si assume la responsabilità di creare crescita. E ci sono già dei buoni suggerimenti per fare cio': il primo è la riforma del sistema retributivo con l'introduzione dei minimi salariali e con il rafforzamento degli accordi di categoria esistenti. Un altro è l'aumento degli investimenti pubblici in Germania, preferibilmente sotto l'egida di un programma di investimenti europei.


Further reading
  • Bosch, G. / Weinkopf, C. (eds.) (2008), Low-wage work in Germany, New York: Russell Sage Foundation.
  • Bosch, G. / Weinkopf, C. (2012), Wirkungen der Mindestlohnregelungen in acht Branchen, Expertise im Auftrag der FES, Bonn (Effects of minimum-wage regulations in eight sectors. Expert report commissioned by FES, Bonn)
  • Horn, G. A. / Herzog-Stein, A. (2012), “Erwerbstätigenrekord dank guter Konjunktur und hoher interner Flexibilität“ (Record employment figures owed to upswing and high internal flexibility), Wirtschaftsdienst, no. 3, pp. 151 -155
  • Joebges, H. / Logeay, C. / Stephan, S. / Zwiener, R. (2010), “Deutschlands Exportüberschüsse gehen zu Lasten der Beschäftigten“ (Germany’s export surpluses are being paid for by the workforce), WISO Diskurs, pp. 1-35.
  • Kalina, T. (2012), Niedriglohnbeschäftigte in der Sackgasse ? – Was die Segmentationstheorie zum Verständnis des Niedriglohnsektors in Deutschland beitragen kann (Low-wage workers at a dead-end? How segmentation theory can contribute to understanding the low-wage sector in Germany). Diss. Duisburg, Univ. DU-E.
  • Mosthaf, A. / Schnabel, C. / Stephani, J. (2010), Low-wage careers: are there dead-end firms and dead-end jobs? (Universität Erlangen, Nürnberg, Lehrstuhl für Arbeitsmarkt- und Regionalpolitik. Diskussionspapiere, 66), Nürnberg.
  • OECD (1996), Employment outlook, Paris.
  • Stein, U. / Stephan, S. / Zwiener, R. (2012), Zu schwache deutsche Arbeitskostenentwicklung belastet Europäische Währungsunion und soziale Sicherung, Arbeits- und Lohnstückkosten in 2011 und im 1. Halbjahr 2012 (Weak German labour costs development is putting strain on European Monetary Union and social security. Labour and unit wage costs in 2011 and first half 2012). Reihe IMK Report, Nr. 77.

martedì 3 settembre 2013

I minijobber votano la Linke (e sperano nel salario minimo)

Un altro interessante articolo sulle dimensioni del precariato in Germania, se ancora ce ne fosse bisogno, questa volta arriva dal The Guardian. I minijobber dopo una lunga stagione di moderazione salariale chiedono un salario minimo. Da theguardian.com
Senza un salario minimo e con un quinto dei lavoratori occupati con un minijob, i critici sostengono che la prosperità tedesca sia stata costruita sullo sfruttamento degli oppressi.

Andare al cinema oppure nuotare nella locale piscina all'aperto sono piccoli lussi che Christa Rein si puo' permettere solo raramente: "Non posso nemmeno comprare cose semplici come il salmone o una bottiglia di spumante", ci dice la 55enne. "Il frigorifero non si deve rompere, perché non potrei permettermene un altro".

Sembra una delle tante storie dalla desolata Europa del sud, spremuta da 3 anni di austerità e recessione. Potrebbe essere una sorpresa sapere che invece questa storia, fatta di difficoltà finanziarie, arriva dal centro della potenza economica d'Europa - e sicuramente non è la sola.

Mentre Angela Merkel guida il suo partito di centro-destra verso le elezioni promettendo una ripresa economica, una sana gestione finanziaria e un'occupazione a livelli record, cresce il dissenso nella parte che fino ad ora non ha partecipato alla distribuzione della tanto decantata ricchezza tedesca. Le riforme radicali del mercato del lavoro lanciate un decennio fa hanno spinto un quarto della forza lavoro in impieghi a bassa retribuzione, part-time e precari. Il presunto miracolo economico e la storia di successo nel mercato del lavoro, nel frattempo divenuti l'invidia di tutto il mondo, sono stati smascherati.

La paga di Rein, lavora 8 ore al giorno per un'impresa di pulizie, è di 1.079 € al mese. "Ho fatto questo lavoro per 30 anni, e anno dopo anno abbiamo visto il carico di lavoro aumentare, mentre la paga diminuiva", ci dice. "Siamo sempre di meno, e pretendono da noi che si riesca a pulire sempre piu' metri quadrati in un tempo sempre inferiore. Abbiamo tra i 15 e i 20 secondi per pulire un gabinetto – e non è proprio un gabinetto su cui vorrei sedermi".

Nel frattempo, il suo datore di lavoro ha aumentato i suoi profitti, ci dice, "ma i guadagni non vengono trasferiti a noi lavoratori".

Rein, che vive a Braunschweig in Bassa Sassonia, è convinta che la sua situazione rifletta quella piu' generale dell'economia e influirà sul modo in cui voterà alle elezioni del 22 settembre: "per i lavoratori tedeschi è arrivato il momento di partecipare ai successi dell'economia".

Una ricerca della BCE in aprile ha mostrato che la ricchezza mediana delle famiglie tedesche era inferiore a quella delle famiglie greche. In termini di PIL pro-capite, la Germania va abbastanza bene. Ma contrariamente alla credenza popolare, è solo di poco superiore alla media europea. Secondo l'Istituto per la Ricerca sul Lavoro, il braccio di ricerca dell'agenzia federale per l'impiego, il 25% di tutti i lavoratori tedeschi guadagna meno di 9.45 € lordi l’ora. In Europa solo la Lituania ha una percentuale piu' alta di bassi salari – chi guadagna meno dei due terzi del salario medio nazionale.

La situazione ha alimentato il divario fra ricchi e poveri e un risentimento crescente fra coloro che considerano la prosperità tedesca costruita sullo sfruttamento degli oppressi. 

Daniel Kerekes, uno studente 26enne di storia all'Università della Ruhr di Bochum, fa parte di quel 20% di lavoratori impiegati con un minijob. "Lavoro al supermarket per circa 16 ore alla settimana per 7.5 € lordi l'ora con un contratto molto svantaggioso. I turni non sono garantiti, e se non faccio tutto cio' che il mio capo mi chiede di fare, puo' cancellarmi i turni oppure darmi quelli peggiori".

Con quel che guadagna - oltre ad un piccolo lavoro nel giornalismo digitale - fa fatica a pagare i suoi conti, incluso l'affitto mensile da 280 € per l’appartamento da 36 mq, piu' l'assicurazione sanitaria obbligatoria e un'assicurazione per la responsabilità civile.

Chiamati anche McJobs, i minijobs sono una forma marginale di impiego che permette ai lavoratori di guadagnare fino a 450 € al mese esentasse. Introdotti nel 2003 dal cancelliere socialdemocratico Gerhard Schröder, come parte di una piu' vasta riforma del mercato del lavoro, all’epoca in cui la Germania si era guadagnata il titolo di "malato d’Europa", hanno mantenuto basso il costo della manodopera, offrendo una grande flessibilità ai datori di lavoro.

Ma i critici sostengono che abbiano allargato la disparità fra ricchi e poveri e minato molti dei valori su cui l'economia sociale di mercato tedesca si era fondata. Non solo non forniscono al datore di lavoro nessuna ragione per trasformare questi contratti in veri e propri lavori a tempo pieno, ma anche il lavoratore non ha alcun incentivo a lavorare di piu', poiché in quel caso dovrebbe pagare le tasse sullo stipendio. Il risultato: sono in molti a restare intrappolati in lavori marginali e distaccati dal tanto acclamato "jobwunder" tedesco.

Bochum, una città in declino nella valle della Ruhr, un tempo cuore industriale tedesco, brulica di minijobs, secondo Kerekes. "La signora che abita sotto di me ha un minijob in un discount, la mia fidanzata lavora come cameriera con un minijob. I datori di lavoro sono soddisfatti, perché sanno che possono impiegarti per soli 450 € al mese".

Secondo il governo i minijob sarebbero in declino - lo scorso anno sono scesi dello 0.6% - ed il merito sarebbe delle politiche del lavoro di Merkel. Ma l'opposizione non è affatto d'accordo: "Sono numeri discutibili", sostiene Anette Krame, esperta di mercato del lavoro della SPD. "Non credo una riduzione dello 0.6% sia una ragione per festeggiare, e nemmeno riesco ad individuare un trend verso il basso". E cita la palese omissione nelle statistiche di alcune forme contrattuali piu' recenti, responsabili del dumping salariale in vari settori, specialmente nell'industria alimentare.

Kerekes spera che il nuovo governo abolisca i minijob e introduca al loro posto un salario minimo. "I minijob stanno distruggendo i posti di lavoro regolari, e garantiscono salari da fame. Perfino negli Stati Uniti la maggior parte degli stati ha un salario minimo, mentre la Germania, uno dei paesi piu' ricchi al mondo, non ce l'ha".

E' incoraggiato dal fatto che la SPD abbia promesso di voler introdurre un salario minimo - 8.5 € lordi l’ora - ma crede non stiano osando abbastanza, e comunque, sono stati loro per primi ad introdurre i minijob.

Le statistiche dell'agenzia federale del lavoro mostrano che i salari dei lavoratori con i redditi piu' alti, tra il 1999 e il 2010, sono cresciuti del 25%, mentre per il 20% dei lavoratori con i redditi piu’ bassi, la paga è cresciuta solamente del 7.5%, nel frattempo l’inflazione era del 18%. Il risultato è stato cio’ che gli economisti considerano una svalutazione interna, con una significativa riduzione del potere d'acquisto e un danno per l'economia tedesca.

Kerekes ci dice che il suo voto il prossimo mese andrà al partito che secondo lui sta facendo di piu' per affrontare il fenomeno dei McJob. "Votero' per la Linke", ci dice, riferendosi al raggruppamento di ex-comunisti della Germania dell'est e ribelli della SPD. "Sono gli unici a proporre un salario minimo di almento 10 € l'ora, il minimo con cui sia possibile vivere".

lunedì 2 settembre 2013

La favola del Jobwunder

La campagna elettorale di Merkel si fonda sulla presunta buona situazione economica e sul miracolo occupazionale, il famoso Jobwunder. Dierk Hirschel, uno dei leader del sindacato dei servizi Ver.di, prova a smascherare le bugie della propaganda merkeliana. Da Frankfurter Rundschau
Nonostante un bilancio miserabile, Angela Merkel è riusicta a rivendere la sua politica come un successo. Ma non è ancora troppo tardi.

A pochi giorni delle elezioni i sondaggisti cantano: "Angie, ce la farai ancora una volta". Un tedesco su due è soddisfatto del lavoro fatto da Merkel, Rösler e Seehofer. Nonostante l'affare delle spie NSA e la debacle dei droni, i cittadini continuano ad avere fiducia nel governo liberal-conservatore. Cambi di opinione non sembrano all'orizzonte.

Secondo i professionisti della previsione, l'elevato livello di consenso del governo è dovuto ad una buona situazione economica. Piu' posti di lavoro ed un'industria competitiva rendono  felice il tedesco medio. Ad un primo sguardo, il "governo di maggiore successo dalla riunificazione", sembra aver fatto un buon lavoro: mai fino ad ora c'erano stati cosi' tanti posti di lavoro. Il numero degli occupati, con quasi 42 milioni di lavoratori, ha raggiunto un nuovo record. La disoccupazione ha toccato il livello piu' basso degli ultimi 20 anni. I nostri vicini ci invidiano il "miracolo del lavoro tedesco".

Ma le apparenze possono ingannare. Il bilancio della coalizione giallo-nera, in tema di lavoro, delude sotto ogni punto di vista. Una gran parte del presunto Jobwunder è il frutto di una pura redistribuzione del lavoro esistente.

Se le aziende suddividono un lavoro a tempo pieno in tanti minijob e impieghi part-time, gli statistici di Norimberga sono felici: il numero degli occupati cresce. Dal 2000 ad oggi sono stati distrutti circa 1.5 milioni lavori a tempo pieno. In contemporanea le aziende hanno creato oltre 3 milioni di lavori part-time. Di conseguenza oggi fra Amburgo e Monaco non si lavora piu' di quanto si facesse 13 anni fa. Il numero delle ore di lavoro retribuito - il cosiddetto "volume di lavoro" - non è cresciuto. Inoltre, il presunto boom dell'occupazione non ha mai superato la portata di una ordinaria crescita congiunturale. Nella recente fase di ripresa - senza considerare la diversa durata della fase di crescita - l'occupazione non è aumentata piu' di quanto sia accaduto in passato.

Ma non è abbastanza. I dati ufficiali sulla disoccupazione sono da maneggiare con molta cura. Secondo le statistiche ufficiali, nel nostro paese ci sarebbero "solo" 3 milioni di disoccupati. Ma i lavoratori a 1 Euro (Ein-Euro-Jobber), i disoccupati con piu' di 58 anni, oppure i disoccupati impegnati in un corso di formazione, non sono conteggiati nella statistica. In aggiunta, ci sono oltre 2 milioni di occupati part-time che lavorebbero volentieri piu' a lungo. E per quanto riguarda la disoccupazione di lunga durata, la Germania resta il leader indiscusso in Europa. In realtà mancano oltre 6 milioni di lavori a tempo pieno. Non si puo' certo parlare di lavoro per tutti.

Gli squilibri nel mercato del lavoro, sotto il governo Merkel, si sono ulteriormente aggravati. Circa un quarto degli occupati oggi lavora per meno di 9 € lordi l'ora. 1.4 miloni di tedeschi lavorano per un salario inferiore ai 5 € lordi l'ora. Una percentuale maggiore di lavoratori a basso salario c'è solo negli Stati Uniti. Lavoro precario e assenza di contratti collettivi fanno si' che gli accordi raggiunti da IG Metall, Ver.di, etc. siano validi solamente per 3 lavoratori su 5.

A spese dei nostri vicini

La conseguente debolezza dei salari ha rallentato la domanda interna e ha invece alimentato quella estera. Commercianti al dettaglio e artigiani hanno sofferto per la mancanza di potere di acquisto. L'estero ha contribuito alla crescita molto piu' di quanto abbia fatto la domanda nazionale. Senza successo! Prima della crisi, l'economia e l'occupazione sono cresciute molto piu' lentamente che nel resto dell'Eurozona. Ancora oggi le imprese investono meno di quanto facevano all'inizio del decennio scorso.

Oltre a cio', la crescita trainata dall'export è stata a spese dei nostri vicini. Che sono riusciti a vendere sempre meno merci sul prosciugato mercato tedesco. E cosi' sono nati gli squilibri nei flussi di commercio e capitali. Mentre gli avanzi correnti tedeschi crescevano, i paesi in crisi rischiavano di affondare in un mare di debiti.

Nonostante questo miserabile bilancio, Angela Merkel è riuscita a rivendera la sua pessima politica economica come un successo. La responsabilità è anche di un'opposizione troppo addomesticata. SPD e Verdi in campagna elettorale non sono riusciti a smascherare la bugia del "miracolo occupazionale". I dati attuali sulla disoccupazione e l'occupazione, anche secondo i socialdemocratici e i Verdi, sono una storia di successo. SPD e Verdi, alla fine, accusano la Cancelliera solo di aver raccolto quello che il governo di Schröder aveva seminato. La favola delle dure ma necessarie riforme economiche guida ancora il pensiero e l'azione rosso-verde.

E cosi' la Cancelliera riesce a cavarsela. Gli squilibri nel mercato del lavoro, secondo la lettura di Merkel, sono solo l'effetto collaterale inevitabile di una politica economica favorevole all'occupazione. Merkel mette i cittadini di fronte ad una scelta: lavoro per tutti e un po' piu' di diseguaglianza, oppure salario minimo per legge e meno occupazione. In altre parole: buon senso economico versus lista dei desideri.

Ma la strategia di Merkel sta pagando. Sebbene la maggioranza della popolazione chieda un salario minimo garantito per legge, lo stesso stipendio per lo stesso lavoro, piu' tasse per i ricchi e un'assicurazione sanitaria nazionale, la Cancelliera resta estremamente popolare.

Ma i sondaggi non sono ancora un risultato elettorale. Anche se siamo in dirittura di arrivo, si puo' ancora dire che la politica di Merkel non solo divide il paese, ma è anche dannosa da un punto di vista economico. Stato e mercato non sono agli opposti. Al contrario: la regolamentazione del lavoro, del capitale e del territorio, sono un requisito ed una condizione necessaria per un buon sviluppo economico. Alla fine di settembre, gli elettori e le elettrici deciderano sulla direzione politica. E forse riusciranno a cantare "Time to say goodbye".

mercoledì 5 giugno 2013

The dark side of the boom

Un interessante articolo sul boom dei mini-job in Germania arriva dal Wall Street Journal. Flessibilità necessaria oppure lavoro nero legalizzato? Il dibattito prosegue. Da Wall Street Journal
Il mercato del lavoro tedesco è invidiato dai paesi europei in difficoltà. Molti tedeschi pero', nonostante il Jobwunder, si sentono esclusi dal successo economico del loro paese.

Il tasso di disoccupazione tedesco anche a maggio è rimasto invariato al 6.9 %, per il settimo mese consecutivo. Ma quasi un lavoratore tedesco su cinque, circa 7.4 milioni, è impiegato con un cosiddetto "minijob", una forma di occupazione marginale che permette di guadagnare fino a 450 €  mensili esenti da tasse.

Nei diversi settori industriali, dalla distribuzione alla sanità, i minijob sono stati una manna che ha permesso agli imprenditori di tenere basso il costo del lavoro. I minijob di solito hanno una paga oraria molto bassa, e non hanno gli stessi benefit previsti dai normali contratti di lavoro.

Mentre l'Europa guarda alla potenza economica continentale per cercare di capire come rilanciare il moribondo mercato del lavoro, in Germania la diffusione di questi lavori a basso salario ha scatenato un acceso dibattito: i lavoratori tedeschi stanno beneficiando dei frutti della crescita economica?

I fautori sostengono che i minijob offrono ai genitori, ai pensionati e agli studenti una possibilità legale di guadagnare soldi esentasse, e danno alle imprese la flessibilità per regolare la forza lavoro in base alle necessità del momento. "I Minijob sono ideali per chi vuole lavorare solo per un numero ridotto di ore alla settimana o al mese", dice Oliver Stettes, esperto di mercato del lavoro del Cologne Institute for Economic Research. Sono molto attraenti anche per i ristoratori e i commercianti che devono far fronte ai periodi di picco, ci dice: "All'ora di pranzo, quando i locali sono pieni, c'è bisogno di piu' forza lavoro. Ed è quando i minijobber arrivano e danno una mano, anche per poche ore".

I critici sostengono invece che il ricorso ai minijob non faccia altro che ampliare il divario fra ricchi e poveri, una tendenza che minaccia il contratto sociale alla base dell'economia sociale di mercato.

Mentre i redditi piu' alti dei lavoratori a tempo pieno che contribuiscono al sistema di sicurezza sociale sono cresciuti del 25% tra il 1999 e il 2010, i salari nel quintile piu' basso sono cresciuti di circa il 7.5%, secondo i dati della Arbeitsagentur. Considerando nello stesso periodo un'inflazione pari al 18%, i redditi piu' bassi hanno perso decisamente terreno.

L'economia tedesca nello stesso periodo è cresciuta del 13.5%, lasciando a molti tedeschi la sensazione di non aver beneficiato della crescita.

I partiti di opposizione hanno rilanciato il tema in vista delle elezioni di settembre. I social-democratici vorrebbero migliorare le garanzie e aumentare il potere di contrattazione collettiva dei minijobber. I Verdi vorrebbero introdurre un limite massimo di 100 € al mese esentasse, al fine di creare piu' posti di lavoro regolari. I politici di governo criticano la proposta dei Verdi bollandola come populista. Questo piano eliminerebbe per molte persone "la porta di ingresso verso il mercato del lavoro", cosi' Pascal Kober, membro dei liberali (FDP), in una recente dichiarazione alla stampa tedesca. 

"I minijob non hanno centrato l'obiettivo", dice Werner Eichhorst, il vice direttore dell'istitutuo indipendente IZA. "Sono strutturati in modo da non fornire al datore di lavoro alcun incentivo per la trasformazione di questi contratti in un  regolare lavoro full-time, anche i dipendenti non hanno alcun incentivo a lavorare di piu'. E' un 'dead-end-job'".

I minijob erano stati pensati come un trampolino per qualcosa di meglio, ma molti esperti sostengono che troppi lavoratori restano a lungo bloccati in impieghi marginali con il solo obiettivo di rimpiazzare posti di lavoro regolari e full-time. La retribuzione oraria dei minijob di solito è fra i 5 e i 10 € lordi. Circa due terzi dei minijobber non hanno nessun'altra forma di impiego.

Il numero dei minijob è cresciuto molto rapidamente durante lo scorso decennio, a seguito delle riforme varate per rendere la Germania piu' competitiva. Ma il trend sembra essersi stabilizzato. Anche altre forme di lavoro atipico nello stesso periodo hanno vissuto un boom, come gli interinali e i contratti part-time.

I minijob sono molto comuni nella ex Germania occidentale, dove erano stati pensati per dare ai genitori che stanno a casa - principalmente madri - un accesso al mondo del lavoro. Uno studio recente pubblicato dal Ministero per la Famiglia mostra come in particolare siano le donne a rischiare di restare intrappolate nei minijob. Il documento definisce il minijob come "un programma per la creazione di marginalità e permanente dipendenza economica delle donne".

A Brema, nel nord-ovest della Germania,  Angela Chevrollier, intorno ai 50, lavora part-time  in una clinica per pazienti in coma. Ci dice che il lavoro non le garantisce abbastanza denaro per far quadrare il bilancio, visto che deve sostenere due figli all'università. Cosi' lavora con un mini-job, per tre notti al mese, in un centro psichiatrico. La sig.ra Chevrollier ha chiesto al suo datore di lavoro principale di passare dalle 30 ore settimanali ad un impiego full-time, ma le è stato negato: "C'è qualcosa di profondamente sbagliato in Germania, se non esiste la possibilità di guadagnarsi da vivere con il proprio lavoro". Il suo minijob tuttavia le piace, sebbene lo faccia essenzialmente per ragioni finanziarie.

L'agenzia di lavoro che la impiega con un minijob, MED KONTOR Personalservice GmbH, sostiene di pagare i minijobber, in base alle loro qualificazioni, quanto tutti gli altri lavoratori. Il vantaggio dei minijobber starebbe nella flessibilità, non nei risparmi dovuti ad una paga piu' bassa.

Vicino Brema, nella piccola e sbiadita città industriale di Delmenhorst, dove il centro città è pieno di negozi ormai vuoti, circa il 35% degli impieghi sono minijob. E' la percentuale piu' alta di tutta la Germania, secondo i dati compilati nel 2011 dalla  Hans Böckler Stiftung.

Qui, Kemalettin Tunç, un immigrato turco di 40 anni, ci dice che ha recentemente perso il suo lavoro nella fabbrica Mercedes di Brema. Per il momento ha trovato un minijob come conducente di taxi, con una paga di 5 € l'ora. Ma è fiducioso che la sua esperienza lavorativa gli permetterà  di trovare rapidamente un altro lavoro. "Il mercato del lavoro è kaputt" dice, perché "si guadagna troppo poco".

La vita in Germania era decisamente piu' prospera due decenni fa, aggiunge. Quando è arrivato, un lavoratore come lui poteva guadagnare abbastanza da comprarsi una bella macchina, una Mercedes o una BMW. "Ora non è piu' cosi'".




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domenica 2 giugno 2013

Chi guadagna con la crisi


Der Freitag propone un'analisi del modo in cui i media tedeschi trattano la crisi Euro, e di come il governo la  stia usando per migliorare la propria immagine. Un riassunto per capire le menzogne e i cliché circolati negli ultimi anni. Da Der Freitag.
Prima di tutto ci occupiamo della loro povertà e poi li invogliamo a venire a lavorare da noi - un possibile riassunto delle politiche di crisi europee del governo federale tedesco.

"Merkel vuole attrarre lavoratori qualificati dai paesi Euro in crisi", annuncia la FAZ online il 14 maggio 2013. E a causa della crisi costano anche meno rispetto alla forza lavoro tedesca. La Germania offre buone condizioni di lavoro per i migranti, ma ha una pessima reputazione, si lamenta invece Merkel durante il "Demographiegipfel" del 14 maggio 2013.

"Se l'avventura eurista alla fine dovesse andare bene, ci sarebbe un solo vincitore: lo stato tedesco". Cosi' scriveva WirtschaftsWoche il 9 ottobre 2012. A Grecia, Spagna, Portogallo, Italia e agli altri paesi colpiti dalla crisi, l'avventura ha causato crescenti problemi sociali. A cio' contribuiscono i cosiddetti "piani anti crisi" della Troika e del governo federale tedesco, che impongono ai paesi in crisi un'austerità che li indebolisce ancora di piu'. "La Germania si è risanata a spese dei vicini di casa", titolava Cicero il 21 gennaio 2013 e scriveva: "Finanziariamente, economicamente e perfino demograficamente la Germania ha avuto vantaggi dalla crisi dell'unione monetaria".

Süddeutsche Zeitung del 27 luglio 2012 descrive cosi' le conseguenze della crisi: "In Spagna ci sarebbero oltre 5.7 milioni di persone senza un lavoro. Fra i giovani sotto i 25 anni piu' della metà non ha un lavoro, il tasso di disoccupazione complessivo è del 25%". "La disoccupazione crescente, l'impoverimento e l'esclusione sociale hanno assunto dimensioni spaventose", racconta Ignacio Sánchez-Cuenca in un articolo tradotto da Presseurop.de del 6 maggio 2013. "Ci sono ragazzi che soffrono di malnutrizione. Migliaia di famiglie sono sfrattate dalle loro abitazioni. I salari e gli stipendi scendono, mentre i prezzi per i beni e i servizi aumentano". L'autore continua: "Puo' sembrare brutale, ma sembra che per l'UE e il governo spagnolo la crisi potrà essere risolta solo quando la maggior parte degli spagnoli saranno sprofondati nella povertà".

L'8 aprile aprile 2013 arriva un avvertimento: "Secondo uno studio dell'Organizzazione Internazionale del Lavoro (ILO) la crisi economica e monetaria ha aumentato il rischio di disordini sociali negli stati del mediterraneo Cipro, Grecia, Spagna e Italia". Nel frattempo nell'EU ci sono 10 milioni di disoccupati in piu' rispetto a prima della crisi. "Particolarmente colpiti sono i giovani e i lavoratori scarsamente qualificati", afferma l'organizzazione. I media scrivevano il 27 marzo 2013: "Chi non vede alcuna via di uscita si suicida; i malati che che non possono piu' pagare i costi ospedalieri rischieranno la loro vita".

"Eppure gli spagnoli non salgono sulle barricate", scrive ad esempio Sánchez-Cuenca. Un articolo della Deutsche Welle del 30 novembre 2012 descrive le reali conseguenze: "Molti giovani spagnoli stanno fuggendo dal loro paese. Soprattutto agli ingegneri con piu' ambizioni la Germania sembra un El Dorado". La mancanza di prospettive spinge molti spagnoli ad andarsene dal loro paese, cosi' scrive la Süddeutsche Online del 20 aprile 2012. "Sono sempre di piu' quelli che arrivano in Germania, come Mariola e Jordi", e vengono raccontati due esempi concreti. "Nei decenni passati il Portogallo ha investito molto in università e istruzione", scrive un articolo di Euronews.de del dicembre 2011. "A causa della crisi è diventato impossibile trattenere i giovani piu' talentuosi". "Il paese lascia emigrare il proprio futuro", riassume il titolo. Gli economisti mettono in guardia dalle conseguenze: il Portogallo è sulla strada dell'abisso economico.

"In ogni caso è chiaro che in Germania ci sono sempre piu' lavoratori provenienti dalla Spagna, dalla Grecia, dal Portogallo o dalla Slovacchia: arrivano dai paesi EU duramente colpiti dalla crisi economica", osserva la Deutsche Welle. L'economia tedesca dovrebbe essere soddisfatta, dopo essersi lamentata a lungo per la mancanza di lavoratori qualificati. Ma la presunta mancanza di forza lavoro specializzata sarebbe solo una "Fata Morgana" su cui in passato si è pronunciato piu' volte anche Karl Brenke del Deutsches Institut für Wirtschaftsforschung (DIW) di Berlino, nel 2010, allo stesso modo nel 2011 e anche nel 2012. "Non c'è traccia" di una insufficiente offerta di forza lavoro, dichiara Brenke nel 2010. E descrive uno dei veri problemi: i salari dei lavoratori non sono cresciuti, e il numero dei disoccupati con una qualificazione è superiore al numero delle posizioni aperte. Lo statistico Gerd Bosbach lo ha spiegato in un articolo di Report del 10 luglio 2012 intitolato "La leggenda dei tanto ricercati ingegneri": se le aziende tedesche "avessero veramente una mancanza di ingegneri, allora tratterebbero i candidati già disponibili in maniera molto diversa. Offrirebbero loro delle posizioni stabili e dei buoni salari. Che al momento non vedo proprio". Secondo uno studio del Consiglio degli Esperti per l'Integrazione e la Migrazione del 2009, dal 2003 oltre 180.000 lavoratori specializzati avevano lasciato la Germania, scriveva Der Spiegel Online il 26 maggio 2009. Un anno dopo si annunciava un risultato molto simile. Il motivo principale per l'emigrazione della forza lavoro qualificata sarebbe il desiderio di un salario piu' alto, cosi' la Süddeutsche online del 17 maggio 2010.

Ma proprio coloro che hanno un titolo di studio piu' elevato, come i medici e gli ingegneri, si lamentano delle tasse troppo alte e della burocrazia eccessiva. E questo vale soprattutto per i professionisti affermati. Nell'articolo menzionato Hermann Biehler dell'IMU Institut di Monaco dichiara: "Dal mio punto di vista la situazione è tale per cui i giovani ingegneri devono scegliere tra un lavoro pagato male e la disoccupazione". Anche tra i lavoratori specializzati c'è il boom dei contratti a tempo determinato e del lavoro interinale. "L'ingegnere con esperienza Tanja Mett-Bialas si accontenterebbe di avere un lavoro anche a tempo determinato - e anche Helmut Rasch preferirebbe lavorare come interinale piuttosto che vivere di Hartz IV".

Un altro motivo per l'emigrazione potrebbe essere la mancanza di riconoscimento sociale e il carico di lavoro eccessivo, cosi' Tagesspiegel il 4 agosto 2010 citando Eberhard Jüttner, l'allora presidente del Paritätischen Gesamtverband. Jüttner si riferisce alla situazione del personale infiermeristico: "Ogni anno molti infermieri qualificati lasciano la Germania per andare a lavorare in Scandinavia, in Austria o in Svizzera, causando una mancanza di infermieri in Germania...se ne vanno perché in questi paesi ricevono un riconoscimento maggiore e il carico di lavoro è inferiore".

La tanto lamentata mancanza di forza lavoro secondo Brenke, ricercatore del DIW, sarebbe piuttosto una mancanza di forza lavoro a buon mercato e flessibile, intercambiabile in ogni momento, dichiara nel 2012 in un'intervista. Per questa ragione i giovani ben formati ed istruiti provenienti dai paesi in crisi sono benvenuti: rispetto ai tedeschi sono disponibili a lavorare per un salario piu' basso e a condizioni peggiori. Cosi' le aziende tedesche non dovranno preoccuparsi troppo per le richieste di un salario minimo per tutti i settori e uguale fra est e ovest. Il governo federale puo' ignorare le critiche dell'ILO: gli stati della zona Euro hanno dato troppa enfasi al risanamento dei bilanci pubblici trascurando la componente sociale. Potrà invece mostrare in maniera paternalistica quello che ha da offrire a tutti coloro che soffrono per l'austerità imposta in Europa: una prospettiva di lavoro nella Repubblica Federale - soprattutto se giovani, ben istruiti, flessibili e disponibili ad essere sfruttati.

Le "buone condizioni" di cui parla Merkel, ad esempio per i lavoratori specializzati spagnoli, sono descritte in un reportage di Johannes Kulms sulla Deutschland Radio Kultur dell'11 aprile 2013. Viene presentato Sebastian Gonzales, uno dei 14 spagnoli che da febbraio vivono nella Turingia del sud e che lavorano per un periodo di prova di 6 mesi nell'industria o nella gastronomia. Il cosiddetto progetto Spagna è stato messo in piedi dalla Industrie - und Handelskammer di Suhl. "Il progetto prevede uno stipendio di almeno 1000 € lordi". Gonzales in Spagna prima della crisi guadagnava circa 4.000 € lordi, in Turingia guadagna circa 1400 € lordi mensili. Il suo nuovo capo nell'azienda della Turingia sembra generoso: "Lo abbiamo inquadrato come ogni altro nuovo arrivato. Con un salario lordo di 8.5 € per ora. E io credo che se farà bene potrà anche salire. Ma sicuramente non nei primi 6 mesi". Lo spagnolo sembra felice: "In Spagna è già qualcosa avere un lavoro. Di quanto si guadagna poi, neanche a parlarne. Ai miei ex colleghi di Barcellona nel giro di pochi anni è stato ridotto il salario del 25 %"

Nereida Ruiz, che come Gonzales è arrivata dalla Spagna fino in Turingia, lavora in un hotel nei pressi di Suhl. Dice: "Non sono certo l'unica spagnola ad essere andata in Germania. Trovo naturale che in una unione monetaria il paese piu' forte aiuti quello piu' debole. Chi dice che domani non possa accadere il contrario?". E cosi' sembra che tutti abbiano avuto qualcosa dalla crisi...



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mercoledì 22 maggio 2013

Apprendisti tedeschi


Il Ministro del Lavoro tedesco, Ursula von der Leyen, a Madrid firma un accordo per ricevere ogni anno 5.000 giovani spagnoli da inserire nel sistema formativo tedesco. Ennesima operazione d'immagine del governo tedesco, colonialismo demografico oppure un aiuto concreto? Da Deutschlandfunk
Spagna e Germania intendono avviare una stretta collaborazione sul tema della formazione. I due ministri del lavoro hanno appena firmato un accordo. Ma i critici accusano entrambi i governi di agire in chiave puramente politica.

Suona molto bene l'accordo firmato oggi dal Ministro del lavoro spagnolo Fátima Báñez e dal suo omologo tedesco Ursula von der Leyen: nello spirito di una collaborazione amichevole dovranno essere migliorati la conoscenza reciproca e il mutuo apprendimento. L'obiettivo sarà portare i giovani nel mondo del lavoro.

E il Ministro del lavoro spagnolo, dopo aver firmato il protocollo d'intesa, ha portato al centro del discorso i giovani:

"Io credo che questo accordo apra ai giovani spagnoli molte possibilità che in questo periodo in Spagna non potrebbero avere. Per questo motivo il mio ringraziamento va al Ministro per il suo impegno e per la sua sensibilità. Grazie a lei, che ogni anno darà a 5.000 giovani spagnoli una possibilità in Germania, nella formazione o come lavoratori specializzati".

Molto piu' realista l'analisi del quotidiano spagnolo El Mundo - si tratta per entrambi i governi di una tragica situazione "win-win", scrive il giornale con un certo sarcasmo: i giovani spagnoli pagheranno le pensioni tedesche, e il governo Rajoy sarà felice di far sparire qualche disoccupato dalle statistiche.

Nell'accordo quadro fra il ministro spagnolo e quello tedesco sono stati identificati 7 punti su cui ci sarà uno scambio intensivo di esperienze e opinioni. Le parole d'ordine saranno la mobilità e la formazione sul posto di lavoro. Il Ministro del Lavoro Von der Leyen a Madrid ha illustrato i vantaggi del sistema formativo duale tedesco:

"Le aziende sanno anche insegnare, oppure rendere disponibili degli apprendistati che abbiano un futuro e che possano avvicinare la tecnologia ai giovani".

Da tempo la formazione spagnola è ritenuta troppo scolastica - e per questo da circa un anno c'è un accordo fra entrambi i ministri del lavoro per promuovere lo scambio fra i sistemi di istruzione. Ci sono già tuttavia dei progetti pilota per un sistema formativo piu' vicino alla pratica. Il fatto che adesso il dialogo avverrà all'interno di un ragionevole quadro giuridico, ad esempio i  contratti di formazione, potrebbe dare un nuovo impulso.

E Ursula von der Leyen a Madrid fa di tutto per non dare l'impressione che la Germania stia agendo nel proprio interesse, con il solo obiettivo di attrarre lavoratori qualificati. Di mezzo c'è l'ideale europeo, dice il Ministro del lavoro:

"Che all'interno dell'Europa si possa studiare e viaggiare liberamente, ma anche lavorare e avere una libertà di formazione, e che la mobilità e le buone esperienze che facciamo insieme nei diversi paesi aiutino a creare amicizie e a rimuovere i pregiudizi, col tempo porteranno l'idea europea fino alla prossima generazione".

La maggior parte degli spagnoli, tuttavia, avrebbe assistito ad una migliore promozione dell'ideale europeo se l'unione bancaria fosse stata portata avanti con piu' convinzione, e se invece di proseguire con la dottrina dell'austerità, si fossero ascoltati gli appelli per un maggior stimolo dell'economia. Di fronte ai 2 milioni di giovani che in Spagna non hanno un lavoro, 5.000 possibilità in Germania, nella migliore delle ipotesi, saranno solo una goccia nel mare.

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mercoledì 15 maggio 2013

Salari da fame alla Daimler?


Un'inchiesta giornalistica della ARD accusa Daimler: dopo aver abusato del lavoro interinale per ridurre il costo del lavoro, adesso è il turno dei contratti d'opera. Con un salario inferiore ai 1.000 € netti mensili, i lavoratori alla catena di montaggio possono tirare avanti solo chiedendo un sussidio Hartz IV. Di fatto la spesa sociale dello stato serve a finanziare la produzione di auto di lusso. Da Handelsblatt.de
Un reportage della ARD accusa il gruppo Daimler di impiegare tramite un contratto d'opera manodopera a basso costo. Lavorano sulla stessa linea di montaggio accanto ai dipendenti Daimler - ma guadagnano meno della metà. L'azienda evita di rispondere alle domande.

Untertürkheim è il cuore del gruppo Daimler. Il presidente del gruppo Dieter Zetsche qualche anno fa ha riportato qui la sede centrale del gruppo, e qui si producono i pezzi di ricambio per l'ammiraglia del gruppo: la Classe S. Il nuovo modello sarà presentato mercoledi ad Amburgo in grande stile - in un hangar di Airbus. Si esibirà la cantante Alicia Keys e numerosi cuochi rinomati cercheranno di soddisfare ospiti illustri dal mondo della politica, dell'economia e dei media.

In pieno clima di festeggiamento la ARD lunedi ha mandato in onda in prima serata un reportage che getta un'ombra sulla stella della Mercedes. Il giornalista della SWR Jürgen Rose per l'occasione si è lasciato crescere la barba, si è messo un paio di occhiali ed è andato a lavorare alla catena di montaggio da Daimler. L'accusa del filmato: attraverso i subappaltatori Daimler impiega lavoratori con un salario cosi' basso da rendere necessario un sussidio Hartz IV (aufstocken) per poter tirare avanti. Di fatto Daimler finanzia la produzione delle sue auto di lusso con il denaro dei contribuenti.

Rose racconta in prima persona e lo fa con molte riprese nascoste direttamente dalla fabbrica Daimler: come è stato assunto da un'agenzia interinale, affittato ad una società di logistica, per ritrovarsi il giorno dopo "da Daimler" alla catena di montaggio. Il suo compito: sollevare dal nastro trasportatore pezzi di motore da 12.5 kg, imballarli  e prepararli per la spedizione in Cina. E per fare questo viene pagato 8.19 € lordi l'ora dall'agenzia di lavoro interinale.

"Lavorare per Daimler" - questa frase da sempre equivale ad avere un buon posto di lavoro. Ed i dipendenti Daimler, ancora oggi, per un lavoro senza troppe pretese alla catena di montaggio hanno un salario orario estremamente buono di 17.98 € lordi l'ora, a cui si aggiungono le indennità per i turni. Jürgen invece per lo stesso lavoro riceve 8.19 € l'ora lordi.

La retribuzione oraria viene ripetutamente definita "stipendio da fame" - addirittura nel titolo della trasmissione ("Hungerlohn am Fließband“). Il filmato lancia una chiara accusa: sebbene la società di logistica a cui è stato affittato lavori per Daimler con un contratto d'opera, il giornalista sotto copertura lavora accanto ai dipendenti Daimler. E in realtà non dovrebbe essere subordinato alle istruzioni date dai dipendenti Daimler e nemmeno eseguire lo stesso lavoro, cosa che invece avviene regolarmente.

Nel suo ruolo fittizio di padre di famiglia con 4 figli ha diritto a prestazioni sociali per un valore di 1550 € al mese - molto piu' del netto di 991 € che riceve per le 35 ore settimanali.

E questo è veramente discutibile: il contribuente tedesco ogni anno deve pagare 8.7 miliardi di Euro affinché persone come „Jürgen“, che guadagnano con un lavoro a tempo pieno 991 € netti al mese (1.220 € lordi), debbano ricevere 1.550 € di sussidio da parte dello stato. Soprattutto se le imprese annunciano nuovi bilanci con profitti record.

Quanto mostrato dal filmato è illegale, commenta l'esperto di mercato del lavoro Stefan Sell. Il presidente del consiglio di fabbrica Erich Klemm dice: "Se le cose stanno come mostrato dal filmato, non va affatto bene, e l'azienda dovrebbe intervenire immediatamente". I portavoce Daimler e i manager non hanno voluto commentare davanti alle telecamere. E' stato tuttavia citato un commento dell'azienda arrivato via email: sarebbero già in vigore linee guida molto chiare per i fornitori e per gli appaltatori, finalizzate ad escludere comportamenti illegali.

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martedì 14 maggio 2013

Dov'è finito il Jobwunder?


Il Jobwunder mostra il suo lato oscuro: cresce il numero degli occupati con un lavoro regolare che che per tirare avanti devono chiedere un sussidio allo stato. E' l'ennesima socializzazione dei costi? E' arrivato il momento di introdurre un salario minimo per legge? Da Süddeutsche Zeitung 
I dati riaccendono il dibattito sul salario minimo: sempre piu' persone in Germania hanno un lavoro a tempo pieno o part time coperto da un'assicurazione sociale, ma nonostante cio' hanno bisogno di un aiuto pubblico. La nuova statistica presentata della "Süddeutsche Zeitung" mostra chiaramente: ad essere colpiti sono soprattutto i single.

Sono sempre di piu' le persone che in Germania pur avendo un lavoro a tempo pieno o part-time guadagnano troppo poco per poter vivere con questo reddito. Il numero dei lavoratori coperti da un assicurazione sociale, con un salario lordo superiore agli 800 € lordi al mese, e che per tirare avanti hanno bisogno di un sussidio statale (Hartz IV), negli ultimi anni è cresciuto costantemetne. I dati emergono da una nuova statistica della Bundesagentur für Arbeit (BA).

I dati potrebbero riaccendere l'attuale dibattito sul salario minimo: secondo i dati della BA nel 2012 in media ci sono state 323.000 famiglie con un cosiddetto Hartz-IV-Aufstocker (chi riceve un'integrazione dallo stato), con un reddito lordo superiore agli 800 € lordi e con un impiego per il quale è previsto l'obbligo di assicurazione sociale. Nel 2009 erano circa 20.000 in meno.

L'aumento è evidente fra i single: il loro numero fra i percettori Hartz IV con un lavoro a tempo pieno o parziale è salito del 38 % e ha raggiunto 75.600. I lavoratori che devono integrare il loro stipendio lavorano soprattutto nel commercio, nella gastronomia, nei servizi sanitari e sociali oppure come interinali. In totale nel 2012 gli occupati percettori di un sussidio Hartz-IV erano cira 1.3 milioni, all'incirca lo stesso numero del 2009. La metà di questi ha solamente un mini-job.

Per Annette Kramme, portavoce della SPD per le politiche del lavoro, i dati mostrano che è necesssario introdurre un salario minimo stabilito dalla legge. Kramme prevede che il numero degli  "aufstocker" con un lavoro a tempo pieno crescerà ulteriormente a causa "di un ricorso eccessivo ai contratti d'opera". La SPD e i sindacati chiedono l'introduzione di un salario minimo di 8,5 € l'ora valido per tutti. Unione e FDP vorrebbero invece introdurre un limite verso il basso in base alla regione e al settore.

Anche Stefan Sell, professore ed esperto di mercato del lavoro presso l'università di Coblenza, valuta in maniera negativa i dati sugli "aufstocker". I datori di lavoro grazie all'aiuto dello stato "possono, a spese del contribuente, socializzare una parte dei loro costi salariali - e in questo modo ottenere un vantaggio nei confronti delle aziende che vogliono comportarsi secondo la legge". Il Ministro federale per il lavoro Ursula von der Leyen (CDU) recentemente ha dichiarato che il reddito di un lavoro a tempo pieno dovrebbe essere sufficiente "per poter vivere dignitosamente". "Retribuzioni di 3, 5 o 6 Euro l'ora" non dovranno piu' esistere.

La Bundesagentur tuttavia non considera negativamente gli aufstocker: è sempre meglio avere un lavoro che essere completamente dipendente dagli aiuti dello stato. Inoltre,potrebbe essere la porta d'ingresso per un impiego con uno stipendio dignitoso, dichiara una portavoce di BA. L'aumento del numero di Aufstocker fra i single potrebbe avere anche a che fare con l'aumento degli affitti e con un aumento delle prestazioni Hartz-IV. "Maggiori sono i costi per l'alloggio e le prestazioni Hartz IV, tanto piu' alto sarà il numero di persone che avranno accesso ai nostri sussidi, ma che in precedenza erano in grado di far fronte autonomamente al loro sostentamento".