mercoledì 21 novembre 2012

Flassbeck: Germania drogata di export

Heiner Flassbeck, grande economista tedesco, dalle pagine del Financial Times Deutschland attacca il modello economico basato sull'export. O la Germania aumenta la domanda interna, o presto ci troveremo nei guai. Il ramo inizia davvero a scricchiolare? Dal FTD.de
Se i paesi in crisi aumenteranno la loro competitività come sperato, l'export tedesco crollerà. Solo la domanda interna ci potrà ancora sostenere. Incredibile che il Consiglio dei saggi economici nella sua relazione annuale abbia lasciato da parte questo tema.

Eurolandia è in recessione. I Saggi economici (Sachverständigenrat zur Begutachtung der gesamtwirtschaftlichen Entwicklung), nella loro ultima relazione, devono aver pensato che forse è meglio non riportare i dati sulla difficile situazione europea. Quello che non so, non mi puo' far male! In verità i Saggi sono riusciti a nascondere il gigantesco avanzo delle partite correnti tedesco, pari a 150 miliardi di Euro nel 2012. Nelle 390 pagine della relazione, incluse le tabelle, questo dato non si legge da nessuna parte. La relazione inoltre non dice che la piccola crescita attesa per quest'anno (0.8 %) sarà generata esclusivamente da questo avanzo - poiché il contributo della domanda interna sarà nullo! Ma è chiaro e pacifico: anche quest'anno i partner commerciali della Germania accumuleranno altri 150 miliardi di debito. Ma il Consiglio degli esperti non ha il coraggio di spingersi fino a questo punto - perché la Germania senza la droga dell'export non riuscirebbe a sbarcare il lunario.

Detto senza mezzi termini: ci si doveva chiedere, come farà la Germania a crescere se il processo di aggiustamento nel sud Europa andrà avanti e i paesi del sud aumenteranno gradualmente la loro competitività? Perfino Frau Merkel ha annunciato in tempi recenti: il costo per unità di prodotto in alcuni paesi sta scendendo, ci sono buone ragioni per sperare. A cosa dovrebbe servire una riduzione dei CLUP  se non alla riduzione dei prezzi e al raggiungimento di un avanzo commerciale con l'estero? Se i paesi in crisi dovessero ridurre i loro deficit, allora il piu' importante paese esportatore non potrà contemporaneamente mantenere i suoi avanzi. A meno che non si trovi nel mondo un paese disponibile ad accettare una posizione di deficit con  un'Eurozona fortemente in attivo. Un paese del genere, come dimostrato dalle recenti discussioni nel G20, purtroppo ancora non esiste.

Di conseguenza una riduzione dell'enorme avanzo tedesco è inevitabile. E il contributo al PIL proveniente dall'estero dovrà necessariamente scendere. Se la Germania vuole avere ancora crescita e piu' posti di lavoro, dovrà superare lo scoglio del contributo negativo alla crescita dato dal commercio estero. Ma cosa potrebbe succedere ad un paese per il quale il Consiglio di Saggi prevede un avanzo con l'estero invariato, una buona situazione del mercato del lavoro, un aumento delle retribuzioni del 2% e una crescita del reddito disponibile complessivo del 2.5%? E questo con un aumento dei prezzi al consumo dell'1.8%? La risposta è semplice: non può funzionare.

Per poter sostenere l'effetto negativo della riduzione delle esportazioni sul lungo periodo, in Germania la domanda interna, vale a dire consumi e investimenti, dovrebbe crescere ad un tasso completamente diverso da quello attuale. Per stimolare i consumi, i redditi delle famiglie private dovrebbero crescere molto piu' di quanto è accaduto nell'ultimo decennio. Se i salari crescessero ad esempio del 5% annuo per i prossimi 10 anni, i settori che producono per  il mercato interno riceverebbero un forte stimolo e potrebbero attrarre investimenti. Con l'aiuto degli investimenti pubblici si potrebbe avere un aumento della produttività chiaramente superiore all'1.5%, che negli ultimi anni è stato la norma. Anche in termini reali si avrebbe un aumento della domanda interna. Nonostante il contributo negativo esterno, si avrebbe una crescita rimarchevole con la creazione di nuovi posti di lavoro.

Si obietterà che questo è irrealistico perché i sindacati sono deboli e la disoccupazione ha già ripreso a crescere. Bisognerebbe solo non dimenticare che è lo stato ad aver reso deboli i sindacati. Se la politica economica comprendesse il problema, si potrebbero avere accordi salariali ragionevoli senza aiuti o interventi. Se non lo si vuol fare, non resta che lo stato: con piu' spesa pubblica e investimenti potrebbe ancora salvare la congiuntura tedesca. Ma questo è vietato dalle leggi sul contenimento del debito pubblico (Schuldenbremse). Contare su una autonoma ripresa degli investimenti delle imprese, invece, è fuori dal mondo.

Da molti anni le imprese tedesche si sono sorrette con i grandi profitti provenienti dall'export. Profitti finiti piu' spesso in banca, che in investimenti o immobilizzazioni. In ogni caso non si è investito a sufficienza per tenere abbastanza alta la domanda interna. Perché questo dovrebbe cambiare in maniera radicale proprio ora che la domanda esterna sta crollando? E' palese: senza la droga degli avanzi commerciali con l'estero, la Germania non ha un modello economico plausibile.

Tra l'altro, il comitato di saggi (Sachverständigenrat zur Begutachtung der gesamtwirtschaftlichen Entwicklung) era stato fondato per sviscerare i pro e i contro sulle questioni vitali dell'economia. Ora invece sembra non pensare piu' e spreca il suo tempo  e il suo denaro concentrandosi su stretti ambiti settoriali, dove puo' esercitare le sue preferenze ideologiche senza dovere andare incontro a grandi difficoltà argomentative. Che il numero piu' importante dell'anno, un avanzo commerciale di 150 miliardi di Euro, venga nascosto sotto il tavolo, è solo un danno collaterale che a quanto pare non scandalizza nessuno.

martedì 20 novembre 2012

Arrivano i russi!


Ce l'hanno detto piu' volte: la Grecia non puo' uscire dall'Euro perché finirebbe sotto l'influenza russa. I russi nel frattempo sono arrivati lo stesso, per approfittare di un paese in vendita. Die Zeit ci racconta gli interessi russi in Grecia.
Gli investitori russi si sono lanciati sulla Grecia. Non stanno comprando solo hotel, ma vogliono crescere anche nel mercato dell'energia. L'EU è scettica.

Questa sera gioca il campionato greco. Ma stasera giocano anche i russi: a Thessaloniki siede in tribuna Iwan Ignatjewitsch Sawidis. Un oligarca russo.

Sulla sedia è inquieto, fino a quando il PAOK Thessaloniki non saluta i fan con un combattuto 1:0. PAOK è il suo club. Tre mesi fa ha comprato la maggioranza del tradizionale club greco. 

Dopo la partita Sawidis ci porta nel suo ufficio direttamente sotto la tribuna. Un uomo piccolo, tarchiato, ma in forma. Il russo indossa capi firmati, una giacca in pelle, jeans, scarpe firmate, e porta una barba grigia di 5 giorni. Non gli interessano scambi di cortesie troppo lunghi e si siede subito al tavolo: "iniziamo".

A Mosca, nella sua città, il 53enne è il piu' facoltoso russo di origini greche. Un uomo d'affari di Rostow, che negli anni '80 iniziando come impiegato in una fabbrica di tabacco è diventato presidente del gruppo Agrokom. Oggi la fabbrica di tabacco e l'azienda per la lavorazione della carne appartengono a sua moglie, mentre Herr Sawidis si concentra sulla politica e sugli affari esteri.

Per i russi la crisi greca è una grande opportunità. A Cipro da quasi 20 anni investono in grande stile, e ora si rivolgono al paese vicino, dove file di fabbriche e immobili sono in vendita. Per l'investitore Sawidis la Grecia è una "questione altamente emozionale", un paese che vuole aiutare a tornare profittevole. Il paese baciato dal sole nel sud, gli offre il perfetto "equilibrio fra affari e salvezza dell'anima". Non ha investito solamente nel calcio, ad esempio anche nel restauro di alcune chiese.

Impegno e tradizione

E' un impegno per la tradizione. In passato la Russia ortodossa si considerava il difensore dei greci ortodossi contro il preponderante impero ottomano. Il primo presidente della Grecia indipendente, Ioannis Kapodistrias, prima del 1827 era un segretario di stato per la politica estera al servizio degli Zar. Ad Atene c'era anche un "partito russo" che si batteva per un legame piu' stretto con S. Pietroburgo. Molti greci sono emigrati in Russia e hanno fatto carriera.

Iwan Sawidis, il russo di origini greche, è stato per diversi anni alla Duma con il partito Russia Unita di Putin. Conosce bene il presidente russo e critica il fatto che tutte le decisioni importanti oggi vengano prese nella EU. E che siano determinate dalla Germania. "Cio' ha ha fatto molti danni alla Grecia", ci dice. Al contrario la Russia vuole proteggere la Grecia, dice Sawidis. E la Russia ha molto da offrire.

Che cosa? "Neve e gelo", dice sorridendo. "Oltre a petrolio, gas e molto denaro".

In Grecia l'industria energetica di stato è in vendita. Sotto pressione della EU il governo ha dovuto vendere il pacchetto azionario di maggioranza del fornitore di gas DEPA, nella rete di gas Desfa e la partecipazione nell'azienda petrolifera Hellenic Petroleum (Elpe). I russi insieme ai giapponesi, agli italiani e agli azeri sono fra i principali offerenti.

Gazprom è già da tempo nel business greco. Sono stati i russi a costruire l'oleodotto dalla Bulgaria in direzione sud verso Atene. Oggi il monopolista russo gestisce tre quarti dell'import di gas greco.

Ma la quota russa, a causa dell'import dall'Azerbaigijan e dall'Iraq del nord rischia di essere ridotta. Gazprom potrebbe pero' impedirlo, attraverso l'acquisizione di Depa e se possibile anche con l'acquisto della rete del gas.

Qui è il problema: da un lato la EU e la BCE vorrebbero una rapida privatizzazione delle aziende di stato, per ridurre il debito di Atene. Dall'altro lato, gli europei in questo modo potrebbero regalare ai russi il controllo dell'industria energetica greca. Avremmo allora una seconda piattaforma russa offshore, una seconda Cipro.

La commissione EU da tempo si batte contro la strategia di espansione di Gazprom in Europa. Dall'estate sta indagando sul continuo abuso di posizione dominante di Gazprom nell'Europa dell'est.

In questo processo la commissione può imporre sanzioni oppure bloccare l'acquisto di ulteriori società energetiche. Gazprom deve percio' muoversi con tatto. Una soluzione possibile per i russi potrebbe essere un'alleanza con una società energetica europea. Contro un eventuale investimento congiunto ad esempio degli italiani con i russi, anche Brussel non potrebbe fare molto.

Le conseguenze andrebbero molto oltre la Grecia. Se l'Azerbaijan volesse portare il gas verso l'Europa attraverso la Turchia e l'Italia, la rete del gas greca sarebbe una parte di questa infrastruttura. Gazprom entrerebbe in questo affare volentieri. Le presunte riserve di gas nel Mediterraneo, intorno alla Grecia, potrebbero diventare in futuro una importante fonte di reddito. E davanti alle isole dello Ionio sono già iniziate le perforazioni. Anche a Creta e nel Mediterraneo dell'est potrebbero trovarsi altri giacimenti di gas. Un pezzo molto pregiato per gli acquirenti stranieri è la Hellenic Petroleum. L'azienda petrolifera controlla circa i due terzi della capacità di raffinazione greca e il 15% delle stazioni di servizio greche. Le raffinerie greche riforniscono i paesi del Mediterraneo, che come la Libia hanno molto petrolio, ma non abbastanza raffinerie, e le flotte degli stati Nato.

A quale velocità i russi possano colpire, lo mostra in questi giorni la penisola di Chalkidiki nella Grecia del nord. Diversamente dalla Spagna o dall'Italia, in Grecia molte spiagge non sono state ancora accerchiate dal cemento. Qui si è costruito poco - o per niente.

Sulla superstrada da Thessaloniki a Chalkidiki ci sono grossi cartelli pubblicitari esclusivamente in lingua russa: "la vostra casa sul mare! Agenzie immobiliari e notai di lingua russa sono a vostra disposizione". La strada attraversa pinete, campi di grano e coste di una bellezza mozzafiato. Le agenzie immobiliari greche sanno bene che qui si potrà ancora costruire e vendere molto.

"I russi sono innamorati di Chalkidiki", ci dice l'agente Georgios Varelas della società Remax. "I monaci del Monte Athos sono qui vicino, con il loro monastero russo. Per loro qui è come essere a casa". Molti russi arrivano come turisti. Il numero dei visitatori russi in Grecia dal 2005 si è quadruplicato raggiungendo il milione all'anno.

I russi acquistano hotel

La vacanza ti fa venir voglia di qualcosa di piu' di una semplice camera in affitto. I russi facoltosi vorrebbero comprarsi ville e palazzi sulla spiaggia, ci dice Varelas. E ancora di piu': poco tempo fa l'hotel Potidea Palace se lo è aggiudicato un investitore russo per 13 milioni di Euro. Il Portes Beach Hotel se lo è aggiudicato un altro russo per 10 milioni di Euro. In tutta la Grecia al momento ci sono 1.200 Hotel in vendita.

Spiagge, hotel, aziende energetiche, reti del gas, ferrovie dello stato, porti, aeroporti - la Grecia non era mai stata in vendita in questo modo.

A questo si aggiunge la fretta di privatizzare le aziende di stato per risanare il bilancio pubblico. Il primo ministro conservatore Samaras, con il suo viaggio a Mosca ha avuto successo: è stato accolto come un amico. I russi consideravano il precedente capo di governo socialista Giorgos Papandreou, che parla meglio l'inglese del greco, troppo filoamericano, soprattutto sulle questioni degli oleodotti. Dal punto di vista russo, un nuovo meeting con Putin è necessario.

Anche con Samaras non sarà però cosi' facile: ha studiato in America e durante la sua breve presidenza ha già incontrato 2 volte a Berlino Angela Merkel . 

In generale i greci vedono gli investimenti russi nel loro paese in maniera positiva. Il numero degli studenti russi è in crescita. In questi giorni il film "Gott liebt Kaviar" riempie i cinema: è la storia di un conte russo con origini greche di nome Iwan Varvakis trasformatosi in un generoso eroe del Mar Nero.

Dopo la partita Sawidis dà un paio di suggerimenti ai greci: fate attenzione all'EU! Nessuno poteva tenere il passo con la super tecnologica Germania. Certo non i greci. Con i tagli imposti negli ultimi anni, la EU in Grecia ha commesso dei crimini. Sawidis dice di aver pregato il presidente Putin di non ignorare la crisi e di visitare il paese. Putin è credente e ortodosso. "Non potrebbe fare a meno di amare la Grecia".

L'oro del Club Med


WirtschaftsWoche rilancia un tema molto caro ai conservatori: oro e garanzie reali a copertura dei crediti Target della Bundesbank. Frank Doll
Saldi Target Bundesbank in ottobre a 719.35, +23.8 miliardi rispetto a settembre www.querschuesse.de
I tedeschi sarebbero molto piu' tranquilli se la Bundesbank potesse ricevere in pegno l'oro dei paesi periferici.

Visto che gli investitori privati sono entrati in sciopero, le banche centrali dei paesi Euro sono intervenute per finanziare i deficit delle partite correnti delle loro economie. In questo modo hanno generato giganteschi crediti nei confronti delle loro banche nazionali. Al contrario, presso le altre banche centrali, prima di tutto quella tedesca, attraverso il sistema di pagamento Target 2 si sono costituiti enormi crediti. Questi in agosto hanno raggiunto la cifra record di 751 miliardi di Euro.

In maniera un po' prematura, in settembre, il rientro a 695 miliardi dei saldi Target della Bundesbank, era stato considerato un indizio della rinnovata fiducia degli investitori e del loro ritorno in forza verso il sud Europa. Ma già in ottobre i crediti della Bundesbank  sono tornati a 719 miliardi di Euro. La fuga di capitali dal sud Europa è continuata e la BCE ha colmato il gap di finanziamento. I crediti Target 2 della Bundesbank nei prossimi anni potrebbero salire fino a 2.000 miliardi di Euro, secondo una stima del FMI.

I tempi d'oro sono passati.

Ai tempi del gold standard non sarebbe stato possibile: allora la Bundesbank avrebbe ricevuto un pagamento in oro dai paesi in deficit.  Tuttavia le loro riserve ufficiali di oro, valutate al prezzo corrente, coprono solo il 27 % dei quasi 1000 mille miliardi di passività Target 2.

Nonostente ciò, la maggioranza dei tedeschi sarebbe molto piu' tranquilla se la Bundesbank ricevesse in garanzia l'oro della periferia, invece di dover vendere le proprie riserve e accettare in bilancio obbligazioni del Club Med. Messa in questo modo, potremmo anche affondare l'oro dei tedeschi nell'Atlantico, proprio come suggerito da "Die Zeit".

domenica 18 novembre 2012

Bulli e balle


Angelina ha un problema: dopo aver bullizzato gli eurodeboli dovrà spiegare ai suoi elettori che i salvataggi sono stati un fallimento e che il denaro prestato non tornerà. Ma ha bisogno di tempo, fino alle prossime elezioni. Un commento da Die Zeit.
La Troika non ha ancora trovato un accordo su come aiutare Atene. Non servirà insistere sui principi. Quanto piu' si aspetta, tanto piu' costosi saranno i salvataggi.

Il tuo cuore non deve essere freddo verso tuo fratello, si legge nel Deuteronomio: e si proclamò un giubileo del debito. Nella rinuncia biblica dei creditori c'è una storia di grande forza narrativa: la storia di un nuovo inizio per il bene comune.

Si potrebbe argomentare in questo modo se alla Grecia si volessero condonare i debiti. Il racconto biblico è un invito ai paesi donatori, un appello alla disponibilità verso gli altri dei tedeschi. Ma nessun politico sembra voler sfruttare la possibilità.

Le leggi della finanza pubblica si scontrano con il divieto di finanziamento agli stati da parte della banca centrale, detentrice di buona parte dei titoli, e soprattutto: si rinuncerebbe ad un importante strumento di pressione.

L'esitazione costerà ancora piu' soldi.

Tutti buoni argomenti - se non si avesse l'impressione che sono validi solo fino alle elezioni del prossimo anno. L'interpretazione piu' ovvia sembra troppo pericolosa, basta lamentarsi un po', per avere facilmente quello per cui gli altri devono lavorare sodo.

Ma il rischio è che il taglio del debito arrivi quando tutto il resto sarà fallito. Piu' a lungo si aspetterà, piu' sarà costoso. Già troppe misure di salvataggio che in precedenza erano contrarie allo spirito dei trattati EU oppure in contrasto con la costituzione, sono state allo stesso tempo possibili e necessarie.

Ma in una situazione di difficoltà non ci aiuteranno misure ordinarie. Il governo federale farebbe bene a rettificare una volta per tutte il suo racconto sul salvataggio dell'unione monetaria: molti tedeschi inizierebbero allora a capire che le difficoltà sono tutt'altro che finite.

Ricorso alla Corte Europea contro l'OMT


Un professore di economia di Berlino ha deciso di sfidare la BCE ricorrendo contro il programma OMT alla Corte Europea di Giustizia del Lussemburgo. 
La BCE acquisterà in maniera illimitata obbligazioni degli stati in crisi, se questi accetteranno la protezione del fondo di salvataggio. Contro questa decisione un'economista di Berlino ha deciso di ricorrere alla Corte Europa.

L'economista euroscettico Markus Kerber avrebbe avviato un'azione legale contro il programma di acquisto di titoli pubblici della BCE. Nel ricorso collettivo si chiede alla Corte Europea in Lussemburgo di dichiarare incompatibili con il diritto europeo le decisioni dello scorso 6 settembre. Si tratterebbe di un finanziamento statale attraverso la banca centrale.

"Lasciamo che i giudici europei concedano alla BCE di andare avanti, e non solo la zona Euro, ma anche la UE cesserà di essere una comunità fondata sul diritto", ha dichiarato l'economista in una comunicazione. Il professore di economia e finanza, secondo sue informazioni, rappresenterebbe  5.217 cittadini.

Il diritto europeo prevede che i singoli cittadini possano ricorrere alla corte solo in casi particolari. Un ricorrente dovrebbe essere coinvolto direttamente e individualmente affinché la sua causa possa essere presa in considerazione. In caso di decisioni della banca centrale, le azioni avviate dai singoli cittadini probabilmente saranno respinte.

Kerber aveva già presentato un ricorso alla Corte costituzionale contro il fondo ESM. I giudici in settembre avevano dichiarato il fondo costituzionale, ma solo a certe condizioni. La corte tedesca già allora si era pronunciata sostenendo che l'acquisto di obbligazioni della BCE non necessariamente deve essere considerato legittimo - richieste come questa potrebbero pertanto essere trasmesse alla Corte europea da parte della Corte costituzionale .

sabato 17 novembre 2012

Meglio un credito Target, di niente


Mark Schieritz chiede ai tedeschi di non ascoltare i cattivi maestri alla Sinn: cari amici germanici, meglio un credito Target verso l'eurosistema, di un cerino in mano. Da Die Zeit.
H.W. Sinn analizza i bilanci della BCE e si impaurisce

E' il suo tema preferito: 2 anni fa Hans Werner Sinn, presidente dell'IFO di Monaco, per la prima volta ha notato delle stranezze nei bilanci della Bundesbank. Recentemente ha anche scritto un libro sull'argomento dove ha riordinato le sue tesi in un contesto piu' ampio.

Dunque, dopo l'introduzione dell'Euro il capitale straniero è fluito verso i paesi del sud Europa e lì ha alimentato una bolla enorme. Ma con l'arrivo della crisi questo capitale si è ritirato. Il sud Europa non si è pero' prosciugato, perchè la BCE è intervenuta. Ha rifornito i paesi in crisi con del denaro che nel sistema di pagamento delle banche centrali viene definito Target 2.

Paesi che come la Spagna ricevono denaro dalla banca centrale, generano delle passività Target 2. Paesi come la Germania che non dipendono dalla banca centrale accumulano al contrario dei crediti Target. Se l'Euro dovesse dissolversi, questi crediti - che nel caso della Germania sono oltre 700 miliardi di Euro - potrebbero non essere piu' esigibili. 

Se questo sia un male o un bene, resta pero' controverso.

Sinn argomenta che gli aiuti al sud impediscono i necessari aggiustamenti. I critici di Sinn, al contrario, ipotizzano che la BCE con la sua politica abbia comprato del tempo al sud Europa, tempo necessario per realizzare con successo le riforme - e che nel frattempo la competitività del sud sia migliorata.

Sinn sostiene che con l'aumento dei saldi il risparmio tedesco si stia svalutando e che i tedeschi siano derubati dei frutti del loro lavoro. Bisogna però sapere che un paese con un avanzo commerciale come la Germania accumula dei crediti verso l'estero. In pratica, i tedeschi rinunciano a guidare l'auto che  essi stessi hanno costruito, e la spediscono verso l'Irlanda. Per fare questo ricevono dei crediti nei confronti dell'economia irlandese, come ad esempio azioni o obbligazioni, che ad un certo momento nel futuro potranno essere scambiati con beni irlandesi, da consegnare in Germania.

Ma se il sud finanzia strutturalmente le importazioni con il credito della BCE, a fronte delle esportazioni non ci saranno piu' obbligazioni o azioni, ma un credito della Bundesbank nei confronti della BCE. E tale credito perderà ogni valore nel caso in cui l'Euro si dissolva, teme l'economista di Monaco.

I critici di Sinn ritengono invece che i tedeschi senza l'intervento della BCE avrebbero già perduto il loro denaro investito all'estero, perché questi paesi sarebbero finiti nel caos. Il sistema Target avrebbe addirittura garantito i risparmi tedeschi - perché un credito verso la BCE, è sempre meglio di nulla.

Per Sinn la Germania è diventata ricattabile, perché a causa dei rischi del sistema Target non può accettare in nessun modo la rottura della zona Euro. Secondo i critici di Sinn, i cittadini  in un modo o nell'altro saranno coinvolti. Prima della crescita impetuosa dei saldi Target, infatti, i crediti erano verso le imprese e le banche estere. Si tratterebbe allora solo di una riassegnazione dei crediti interni alla Germania, realizzata dalla banca centrale.

I crediti Target sono dunque essenziali per la comprensione della crisi - o irrilevanti. Materia sufficiente ancora per altri libri.

giovedì 15 novembre 2012

Il giorno in cui la Germania usci' dall'Euro


E se la Germania desse ascolto agli euroscettici ed uscisse dall'Euro? Risponde Die Zeit, che si diverte a descrivere gli effetti nefasti di una tale decisione: i tedeschi sono davvero ricattabili?

Che cosa accade se la Germania abbandona l'Euro? L'economista Gustav Horn descrive il dopo Euro - e anche Thilo Sarrazin ha un ruolo.

Un gioco: che cosa succederebbe se, come richiesto dal finanziere George Soros, la Germania uscisse dall'Euro?

Il parlamento tedesco approva con una maggioranza di due terzi l'uscita dall'Euro e la reintroduzione del D-Mark. Solo i Verdi votano contro. Il tasso di cambio è uno a uno. Il presidente della Bundesbank lascia il consiglio BCE con effetto immediato.

I mercati finanziari e dei cambi reagiscono immediatamente all'uscita della Germania. Dal resto dell'unione monetaria arriva in Germania un fiume di liquidità. La nuova valuta si apprezza del 50 % nei confronti dell'Euro. Un marco costa ora 1.5 €. Allo stesso tempo crolla il valore delle garanzie statali offerte per i fondi di salvataggio. La stessa cosa accade per i debiti e i crediti nati dal sistema Target della BCE: la Bundesbank chiede che siano saldati immediatamente. I rischi per il bilancio pubblico, almeno all'inizio sembrano scendere.

Circa 200 economisti celebrano la ritrovata libertà della Germania. Thilo Sarrazin dichiara in tv: "la Germania non ha bisogno dell'Euro".

Nel resto dell'Eurozona i mercati finanziari sono in difficoltà. La BCE dopo l'uscita della Germania ha immediatamente spostato la sua sede da Francoforte a Parigi. Nel frattempo annuncia acquisti illimitati di obbligazioni. In questo modo i banchieri centrali riescono a governare le quotazioni dei titoli. La nuova Banca Centrale Europea rimborsa tutti i crediti Target della Bundesbank con del denaro fresco di stampa. Calcolati in marchi, hanno perso un terzo del loro valore. La Bundesbank è costretta a contabilizzare una grossa perdita. Lo stesso accade con il rimborso dei fondi tedeschi conferiti all'ESM. L'indebitamento pubblico tedesco cresce di un valore corrispondente.

Dopo alcune settimane di sollievo dovute all'uscita dall'Euro, numerosi produttori di auto dichiarano che il loro fatturato nel resto d'Europa è crollato. Le auto tedesche per il resto d'Europa sono troppo costose. I costruttori chiedono la cassa integrazione e iniziano a licenziare.

Poco dopo, l'associazione degli industriali dichiara che l'economia tedesca a causa dell'apprezzamento del Marco non è piu' competitiva ed esorta i sindacati tedeschi ad accettare una riduzione dei salari. Dopo appena un trimestre, l'Ufficio Federale di Statistica comunica che gli avanzi delle partite correnti si sono dimezzati e che l'export verso il resto d'Europa è crollato. Thilo Sarrazin dichiara in un altro talk show che anche senza l'Euro si sente molto bene. Il suo reddito non si è affatto ridotto.

Nel resto d'Europa, gli altri paesi avranno piu' tempo per raggiungere gli obiettivi di risparmio e decidono di aumentare i loro depositi nel fondo ESM, per compensare l'uscita della Germania.

La Germania entra in recessione

Il Fiskalpakt viene sospeso e sostituito con un patto di stabilità. I paesi europei si impegnano a rispettare gli obiettivi di inflazione e a evitare che si formino degli squilibri nelle partite correnti. L'ESM diventa un Fondo Monetario Europeo (FME), con il compito di controllare il rispetto dei trattati da parte dei membri. I paesi che registrano un avanzo o un deficit delle partite correnti eccessivo, dovranno cedere una parte delle proprie entrate fiscali al FME.

La nuova BCE comunica che il suo obiettivo di inflazione resta invariato al 2%. La Bundesbank dichiara subito dopo che l'obiettivo di inflazione per la Germania è dell'1%, e aumenta i tassi. Il Marco continua ad apprezzarsi.

L'Ufficio Federale di Statistica comunica che la bilancia commerciale della Germania, a causa del crollo delle esportazioni, ha raggiunto il pareggio. La congiuntura in Germania si indebolisce ulteriormente. L'industria dell'export è in recessione e taglia in maniera massiccia posti di lavoro. Anche l'economia interna inizia a perdere slancio per i tassi troppo alti. Nel resto d'Europa la situazione economica a poco a poco si stabilizza. Thilo Sarrazin dichiara in tv: questo non ha nulla a che fare con l'Euro.

VW sposta le sue fabbriche

Martin Winterkon, a.d. di VW, fa sapere che l'azienda sposterà una grossa parte della sua produzione nel resto dell'Eurozona. "Il mercato tedesco è troppo piccolo per la nostra produzione, e abbiamo bisogno di tassi di cambio piu' sicuri", dice Winterkorn. Il valore delle azioni VW cresce vertiginosamente. BMW e Daimler confermano piani analoghi. Nei rinnovi contrattuali dei metalmeccanici, a causa della difficile situazione nell'industria, viene concordato un aumento dell'1%. Nel settore pubblico, una riduzione delle entrate costringe a tagliare il numero dei dipendenti pubblici. I rinnovi contrattuali portano ad un aumento di mezzo punto percentuale.

Un anno dopo l'uscita dall'Euro, la Germania si trova in piena recessione con una crescente disoccupazione. Nel frattempo anche la domanda interna è crollata: i bassi aumenti salariali e i licenziamenti stanno affossando i consumi. Sempre piu' aziende trasferiscono posti di lavoro nell'Eurozona, in Asia o negli Stati Uniti. La Borsa di Francoforte ha perso molta della sua importanza; quella di Parigi al contrario ha accresciuto la sua influenza. I capitali continuano ad uscire dalla Germania mentre i tassi di interesse tornano a crescere. La rivalutazione del Marco si è fermata.

Il drammatico appello degli economisti tedeschi.

La zona Euro nel frattempo si è stabilizzata e mostra almeno una debole crescita economica. Sta crescendo l'export dai paesi in crisi - soprattutto verso la Germania. VW pianifica l'allargamento dei suoi impianti in Spagna e prende in considerazione la costruzione di uno stabilimento aggiuntivo in Grecia.

Dopo 2 anni, la crescita nel resto dell'area Euro torna oltre il 2%. L'economia in Germania invece ristagna, la disoccupazione resta alta. Circa 200 economisti pubblicano un drammatico appello per aumentare la competitività della Germania. Il mercato del lavoro è poco flessibile, i salari troppo alti e le prestazioni sociali troppo generose per poter affrontare le sfide della globalizzazione. Grecia e Spagna sono in pieno boom, mentre l'economia tedesca è in difficoltà, scrivono 2 anni dopo l'uscita dall'Euro.

Thilo Sarrazin dichiara in un programma televisivo: "Non ho mai suggerito l'uscita dall'Euro, al massimo mi sono permesso di dire che non abbiamo bisogno dell'Euro".
-->