sabato 31 agosto 2013

Münchau: ci vuole un rosso-rosso-verde!

Secondo Wolfgang Münchau, su Der Spiegel, la sola speranza per l'Euro e l'Europa è una coalizione rosso-rosso-verde (SPD, Linke e Grünen). La SPD troverà il coraggio? da Der Spiegel

Il programma elettorale della Linke sulla crisi Euro dimostra onestà e intelligenza. Con le sue proposte il partito è largamente in vantaggio su tutti gli altri - e potrebbe trasformarsi nel partner ideale per SPD e Grüne.

La Linke, insieme ai Grüne, è il solo partito ad avere nel proprio programma elettorale un'analisi intelligente ed onesta della crisi Euro. La SPD la evita, la CDU riduce tutto alla competitività economica, mentre la FDP alimenta un'irrazionale paura dell'inflazione.

La Linke ritiene invece che la crisi economica sia stata causata da squilibri eccessivi: "Il governo Merkel ha individuato le cause della crisi nell'eccesso di debito pubblico. Ma cio' è servito solo ad invertire causa ed effetto". E le cose stanno cosi'. Si tratta infatti di una crisi causata dal flusso di capitali dal nord al sud, la cui interruzione ha causato uno shock economico, terminato in una impennata dei deficit pubblici. Su questo punto sia la Linke che i Grünen hanno assolutamente ragione. Chi non lo capisce, non potrà mai risolvere questa crisi.

Nella posizione della Linke, mi piace particolarmente la coerenza dell'analisi con i loro comportamenti di voto al Bundestag. Diversamente da SPD e Grünen, la Linke in parlamento ha sempre votato contro la politica anti-crisi del governo federale. Il sostegno che invece i Grünen hanno dato al governo sembra piuttosto una scusa: lo hanno fatto a malincuore, solo per evitare una crisi maggiore. Trovo questo argomento assurdo.

Se accettiamo l'analisi fatta dai Grüne e dalla Linke, e cioe' che ci troviamo in una crisi finanziaria, allora l'Euro-politica del governo federale ci conduce alla catastrofe. In tal caso sarebbe molto meglio interromperla ora, che fra 5 anni. Su questo punto la Linke ha sicuramente ragione. Votare contro il Fiskalpakt, che di fatto prolunga all'infinito le politiche di austerità, è stata una logica conseguenza.

Come per i Grüne, anche l'analisi macroeconomica della Linke soffre di un eccesso ideologico. Anche il loro programma è inevitabilmente appesantito. La Linke strumentalizza la crisi per le sue richieste di aumenti salariali e per una maggiore redistribuzione. La quota dei salari - la percentuale dei salari rispetto al PIL - nella maggior parte dei paesi industrializzati a partire dagli anni '70 è scesa. Una delle ragioni piu' importanti è stata la globalizzazione, e la conseguente maggiore concorrenza salariale. A tale riguardo non si puo' pretendere dalla crisi un aumento dei salari, una redistribuzione dei salari fra paesi e una correzione nel rapporto tra profitti e salari coordinata a livello globale. Come tutto questo in pratica dovrebbe funzionare la Linke non lo dice.

Manca un coordinamento internazionale

Il problema piu' grande nel programma della Linke è che si pensa di poter risolvere la crisi finanziaria internazionale con delle politiche di redistribuzione nazionali. Il partito non dice nulla sul tema del coordinamento internazionale.

E senza di questo non si potrà risolvere la crisi. In questo momento poi la tendenza si muove in tutt'altra direzione. Subito dopo il crollo di Lehman Brothers nel 2008 c'è stata effettivamente una piccola finestra temporale in cui si è ipotizzato un riorientamento del sistema economico internazionale. Di quella proposta non si è piu' sentito niente. Il G20 è diventato un club per fare dibattiti.

Oltre ai Grüne e alla Linke, anche Alternative für Deutschland, dal punto di vista dei contenuti, fa un'analisi intelligente della crisi, arrivando tuttavia ad una conclusione finale completamente diversa, e che io non condivido affatto. Nel complesso ci sono 3 partiti con una posizione relativamente chiara, e ce ne sono altri 3 che non osano, oppure che non sono intellettualmente in grado. 

Qualunque sia il motivo che impedisce alla SPD di coalizzarsi con la Linke, non puo' certo essere la crisi Euro. Al contrario: se la SPD dovesse entrare in una "große Koalition" con la CDU, diventerebbe corresponsabile del fallimento delle politiche merkeliane. Mentre i Grünen e la Linken avrebbero un argomento per dare la caccia al governo. 

E cosi' la mia conclusione - sicuramente discutibile - sui 5 programmi: da un punto di vista macroeconomico, una coalizione rosso-rosso-verde sarebbe la soluzione migliore e l'unica variante in grado di combattere la crisi con successo. Anche solo per una ragione: una tale coalizione sarebbe in grado di proporre una narrativa della crisi completamente diversa.

giovedì 29 agosto 2013

Alternative für Deutschland ha già vinto?

In politica è piu' importante vincere o partecipare? Risponde Bettina Röhl su WirtschaftsWoche, il settimanale economico piu' letto, di orientamento conservatore: AfD avrebbe già vinto la sua battaglia, perché ha fatto capire ai tedeschi che la moneta unica non è piu' un tabu' inviolabile. Da WiWo.de

La campagna elettorale di AfD, nonostante l'ostilità delle altre forze politiche, va avanti. Nel frattempo l'intera classe politica si è messa in moto per appropriarsi delle sue posizioni.

AfD è già riuscita a cambiare la politica, prima del 22 settembre. Non è stata ancora votata, e forse non lo sarà mai. Ma l'influenza di AfD sull'Euro-politica dei partiti tradizionali, sia al governo che all'opposizione, è fondamentale. AfD è riuscita a rompere il tabu' dell'indiscutibilità della moneta unica. E' accaduto in maniera discreta, ed è ancora poco visibile.

La proposta di AfD, tesa ad arginare l'Euro-follia della classe politica, negli ultimi mesi ha dato i suoi frutti. E per aver fatto questo non potrà certo aspettarsi un riconoscimento dagli eurocrati. Al contrario, AfD viene attaccata con forza, ostracizzata e stigmatizzata.

In questo periodo pre-elettorale l'Euro-politica tedesca è caratterizzata da una grande schizofrenia. L'Euro e l’Euro-crisi restano temi politici fondamentali. Ma in campagna elettorale non sembrano avere un ruolo di primo piano. Ce lo ricordiamo bene: solo pochi mesi fa l'Euro-dibattito aveva raggiunto il suo punto piu' alto. Molti media avevano cavalcato l'argomento, e il tema suscitava un grande interesse, anche presso i molti elettori che notoriamente guardano con attenzione al loro portafoglio.

Il feticcio della mancanza di alternative è scomparso

Adesso, poco prima delle elezioni, il tema Euro, almeno come elemento elettorale decisivo, se non è proprio morto, diciamo che è imploso.

In scia al relativo disinteresse degli elettori per la crisi Euro, e per la dilettantesca gestione della crisi da parte dei governi, ma anche delle opposizioni, l'intera classe politica sembra essere scivolata in una nuova dimensione dell’Euro-politica. Improvvisamente l'Euro non è piu' senza alternative. E improvvisamente anche l’Euro-politica di Merkel, fino ad ora considerata l’unica possibile, non è piu' cosi' priva di alternative.

Il feticcio dell’assenza di alternative, e l’ostinata volontà di mantenere l'Euro nel suo perimetro attuale, sembravano scolpiti nel cemento. L'Euro-politica, fino a poco tempo fa, era segnata da una fede illimitata in quella che alla fine resta solo una moneta comune.

La vera crisi Euro riguarda i difetti di nascita e incurabili dell'Euro, e cioè la sua errata progettazione. I trattati Euro non hanno messo insieme, cio' che doveva stare insieme, piuttosto hanno spinto sotto un unico ombrello monetario 17 economie molto diverse fra loro, o addirittura divergenti. E hanno privato le diverse economie nazionali della loro piu' importante valvola di sfogo: la propria politica monetaria.

L'Euro era solo in parte una moneta, vale a dire una unità di pagamento razionale. L'Euro era piuttosto un tema politico privo di speranza e sovraccarico di nazionalismo europeo. Con l'aiuto dell'Euro, la migliore Europa di allora, che da 60 anni continuava a crescere e a svilupparsi, doveva essere forzata in una nuova forma di unità a durata millenaria.

Le intenzioni mai troppo chiarite dei padri dell'Euro, non particolarmente interessati all'economia e alla politica fiscale (ad es. Helmut Kohl e Francois Mitterand), miravano ad eliminare le numerose diversità presenti sul continente, altamente positive, per introdurre un concetto di uguaglianza. Apparentemente convinti che questa nuova uguaglianza potesse essere un miglioramento qualitativo dell'Europa politica. L'Europa, secondo le dichiarazioni di allora, con l'aiuto di una nuova moneta unica, doveva diventare la start-up di maggior successo di tutta la storia mondiale. L'Europa, nel giro di pochi anni, grazie all'Euro, sarebbe dovuta diventare la prima potenza economia sul continente. Non proprio modesto.

Fallimento e disorientamento

La classe politica ha cercato sistematicamente di discreditare e soffocare ogni critica alla sua Euro-politica. Chi ad esempio osava parlare pubblicamente di un'uscita della Grecia, era accusato di non capire molto di economia e finanza. Si diceva che un fallimento della Grecia avrebbe significato un fallimento dell'Europa, seguito da quello di tutta l'Europa. Cosi' l'Euro-mania è stata finalmente globalizzata.

La sovrastruttura degli Euro-fanatici è cresciuta all'infinito. Improvvisamente l'Euro non era piu' una moneta, piuttosto un progetto di pace inviolabile, una garanzia contro la guerra, uno strumento per addomesticare la volontà di supremazia teutonica, e la pietra miliare per un'Europa felice. Arrivo' finalmente il momento in cui il dibattito lascia i circoli degli esperti, e conquista spazio sui giornali e nelle discussioni fra la gente comune. 

Fino a qualche mese fa, qualsiasi fantasia sull'abolizione dell'Euro oppure la possibilità di sostenere finanziariamente l'uscita ordinata di alcuni stati, erano un sacrilegio, un mezzo suicidio politico.

E poi apparve un nemico giurato all'orizzonte. Un nuovo partito è entrato in scena nell'aprile di quest'anno, il suo nome è "Alternative für Deutschland." La sua proposta è l'uscita dall'Euro: rinominato partito dei professori, ha introdotto nel dibattito pubblico il tema dello scioglimento della moneta unica. Tutti i partiti, su entrambi gli schieramenti, temevano che il 22 settembre AfD potesse superare la soglia del 5% e affondare i loro sogni di potere.

All'unisono e con un minimo di credibilità, tutti i partiti politici hanno attaccato AfD, privi di conoscenze economiche e fiscali, ma animati da rabbia e intenti moralistici. Nonostante il mobbing rosso-verde, allineato alle forze di governo, abbia disturbato la campagna elettorale di AfD con una violenza eccessiva, la classe politica si è lasciata convincere in maniera silenziosa dall'Euro-critica di AfD, riprendendendone in parte lo scetticismo.

Un cambio di mentalità

Il leader di AfD, Bernd Lucke, ha utilizzato gli spazi offerti dai media per annunciare che AfD sosteneva un taglio del debito greco, affinché tutti i prestiti concessi fossero trasformati in donazioni. Con questo argomento, accettato pubblicamente anche dagli Euro-critici, l'establishment politico di fatto non si è diffenziato dalle posizioni di AfD o di altri partiti euro-critici, si è invece allontanato dalla testardaggine della propria Euro-politica.

A cio' ha contribuito anche il fatto che il leader di AfD, contrariamente alle sue affermazioni, non ha proposto un concetto definitivo per l'uscita ordinata di un paese dall'Euro. Ed allo stesso tempo è riuscito ad argomentare la sua Euro-critica in maniera plausibile e comprensibile a tutti, mettendo a tacere i politici o i giornalisti titolati che cercavano di attaccarlo.

Se la Linke si vanta, falsamente, di aver almeno contribuito ad introdurre il tema del salario minimo nel dibattito politico tedesco, allora la AfD puo' almeno reclamare per se stessa di essere riuscita a scardinare, sul tema Euro, un mentalità altrimenti chiusa e ostinata.

Improvvisamente, come se nulla fosse, Sigmar Gabriel, leader della SPD, il partito a suo tempo impegnato a far entrare la Grecia nell'Euro, ammette: l'ingresso della Grecia nell'Euro è stato un errore. Improvvisamente un barlume di ragione!

Brüderle (FDP) ad esempio pretende di vedere dai greci delle vere riforme, se il Bundestag dopo le elezioni dovesse essere chiamato a pompare altro denaro verso la Grecia. E l'uscita della Grecia dall'Euro, in tutti i partiti, non è piu' un tema cosi' noioso.

Schäuble dice di sfuggita che non ci sarà un nuovo taglio del debito greco. Naturalmente dopo le elezioni con molta probabilità sarà necessario. Ma nessun ulteriore taglio del debito greco, potrebbe anche essere considerato un annuncio: l'anticipo di un'uscita ordinata della Grecia dall'Euro nel 2014 o 2015.

lunedì 26 agosto 2013

Consumate di piu'!

Thomas Mayer, ex capo-economista di Deutsche Bank, dal suo blog su FAZ.net ci racconta un incontro-scontro fra economisti italiani e tedeschi. "Consumate di piu'!", chiedono gli italiani, "fate ordine a casa!" rispondono gli altri. Dal FAZ.net
La Villa Vigoni sul Lago di Como è una delle perle meno conosciute nel portafoglio immobiliare dello stato tedesco. Costruita nel diciannovesimo secolo come residenza estiva da un uomo d'affari e banchiere italo-tedesco, negli anni ottanta del secolo scorso l'ultimo membro della famiglia l'ha trasformata in un luogo di incontro fra Italia e Germania. Il donatore lo sapeva: solo quando durante la notte le luci provenienti dalla riva del lago brillano in cielo, e i riflessi del vino rosso splendono nei bicchieri, è possibile esplorare le profondità dell'anima italiana e tedesca.

Fate ordine a casa!

"Se vogliamo mantenere l'Euro come moneta comune, alla fine dovrete fare ordine a casa vostra!", esorta la parte tedesca. "Cio' di cui avete bisogno è un' "Agenda 2020". Il mercato del lavoro deve essere flessibilizzato, le vostre normative devono essere riviste - secondo la Banca Mondiale non siete molto meglio dei paesi in via di sviluppo - e soprattutto dovete organizzare la vostra politica in maniera migliore". "C'è qualcosa di vero", ammette la parte italiana. "E infatti ci sforziamo di affrontare i problemi. E invece voi cosa fate? Niente. Siete fieri della vostra competitività e vi vantate di essere i campioni del mondo dell'export. I vostri avanzi delle partite correnti minacciano di distruggere l'Unione Europea. Se voi non ci date la possibilità di esportare, non potremo permetterci il vostro import. Se compriamo a debito, non dovete meravigliarvi se poi alla fine non saremo in grado di rimborsare, e voi non rivedrete il vostro denaro. Siate un po' piu' rilassati, concedetevi dei salari un po' piu' alti, un po' piu' di tempo libero, e consumate di piu'!".

Ma cosi' non si vincono le elezioni

La parte tedesca non vuole sentirne nemmeno parlare: "I salari non devono crescere piu' della produttività, se vogliamo che la moneta resti stabile. Siamo disponibili a far crescere i nostri salari secondo la produttività. Voi pero' dovrete tenere la crescita salariale al di sotto della produttività, affinché possiate recuperare competitività nei nostri confronti. Sin dall'inizio dell'unione monetaria avete accettato che accadesse il contrario". "La nostra crescita della produttività è cosi' bassa, che abbiamo già avuto dei tagli salariali per poter recuperare competitività nei vostri confronti. I tagli salariali, pero', non sono politicamente sostenibili". "Allora aumentate la produttività riformando la vostra economia!". La parte italiana fa un respiro profondo: "Non è cosi' facile. Prima di tutto c'è bisogno di tempo, che noi adesso non abbiamo. Secondo, i nostri elettori non sono convinti che con le riforme strutturali si possa aumentare la crescita. Cio' che voi definite rigidità, sono strutture cresciute nel corso degli anni, che non possono semplicemente essere spazzate via dall'oggi al domani. Dietro ogni regolamentazione c'è un gruppo di interesse, che con la sua cancellazione finirà per perderci. La perdita è concreta, e viene percepita immediatamente, mentre il ritorno in termini di crescita arriva molto tempo dopo. In questo modo da noi non si vincono le elezioni, come dimostra l'esempio di Mario Monti".

La parte tedesca fa un altro tentativo: "Ma Monti ha perso le elezioni perché ha aumentato le tasse". "Non solo, ma anche per questo. C'è anche dell'altro. Gli italiani in generale non hanno fiducia nello stato. Per questo pagano a malincuore le tasse. Ma sono pronti a prestare denaro allo stato". "Ma questo non fa che aumentare il debito pubblico in maniera gigantesca". "Ma fino a quando siamo noi a finanziarlo senza fare debiti con l'estero? Voi pagate diligentemente allo stato le vostre tasse, noi invece preferiamo prestargli il nostro denaro". "Se voi aveste ancora la vostra moneta, potrebbe ancora andare bene; sebbene in questo modo state solo scaricandone il peso sui vostri figli. Ma in una unione monetaria il vostro debito pubblico minaccia la stabilità della nostra moneta comune. Se lo stato non è piu' in grado di rifinanziarsi sul mercato, la banca centrale deve intervenire". "Che c'è di male? La FED, la Bank of Japan o la Bank of England comprano già i titoli di stato. Aiutano lo stato a finanziarsi a basso costo, si occupano di tenere bassi i tassi  di interesse e indeboliscono il  cambio, in modo da aumentare la competitività. Perché la BCE non dovrebbe farlo anche per noi?" "Ma allora la politica monetaria per noi sarebbe troppo espansiva. I prezzi e i salari salirebbero". "Sarebbe solo auspicabile". Quando la conversazione sembra essere tornata al punto di partenza, c'è una pausa. "Perchè con i britannici non abbiamo queste discussioni?", chiede una parte. "Semplice, perché loro con la loro moneta possono fare ancora beatamente quello che vogliono", risponde l'altra.




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Tutto è ancora possibile

FAZ.net intervista Manfred Güllner, sondaggista di Forsa (istituto demoscopico), che spiega: tutto è ancora possibile, ma per AfD la strada verso il 5% è in salita. Da FAZ.net
Ultimo sondaggio Forsa

Anche se riuscisse a fare del salvataggio greco un tema da campagna elettorale, la SPD non avrebbe molto da guadagnare in termini di voti. Servirebbe solo ad aiutare l'Unione (CDU-CSU) e Alternative für Deutschland, secondo Manfred Güllner, presidente di Forsa (principale istituto demoscopico).

Herr Güllner, fino ad ora il governo è riuscito a tenere fuori dalla campagna elettorale l'Eurocrisi. Recentemente invece il ministro delle finanze ha portato al centro della discussione un terzo programma di sostegno alla Grecia. Costerà voti all'Unione?

I pacchetti di salvataggio, come le somme di cui si parla, sono concetti molto astratti per i cittadini. Quello che vogliono sapere, quando si parla della crisi Euro o della Grecia è: quale sarà l'impatto sulla mia vita quotidiana? Ad esempio, la mia pensione è a rischio, la valuta resterà stabile, oppure mancheranno risorse ai comuni per ristrutturare le strade danneggiate? Fino ad ora il governo ha cercato di rassicurare - come accaduto durante la crisi finanziaria del 2008/2009, quando è riuscito a tenere fuori dalla vita quotidiana le paure principali.

La SPD pero' su questo tema è convinta di poter guadagnare voti: Sigmar Gabriel e altri hanno chiesto alla Cancelliera di rivelare all'opinione pubblica la portata del prossimo piano di aiuti alla Grecia - e soprattutto di farlo prima delle elezioni.

La SPD si aggrappa ad ogni possibilità, ma allo stesso tempo deve mostrarsi responsabile. Fino ad ora non ha funzionato, e non andrà diversamente in futuro. Il dilemma è sempre lo stesso: hanno protestato e criticato, ma poi alla fine, sui temi della crisi Euro, hanno sempre sostenuto le decisioni del governo. E durante la crisi, il governo è stato percepito come il solo garante della sicurezza, l'unico in grado di difendere i cittadini.

Allora SPD e Verdi si auto-danneggiano, se pensano di fare della crisi Euro un tema da campagna elettorale?

Si'. E con gli attacchi personali a Merkel sottovalutano il serbatoio incredibile di popolarità di cui dispone la Cancelliera. Semplicemente è molto amata.

AfD e la Linke sono due partiti che hanno proposte diverse sulla crisi Euro. Avranno qualche vantaggio dall'arrivo di questo tema in campagna elettorale?

Per la Linke è molto difficile.

E per AfD?

Sono incerto, non so se effettivamente da qui alle elezioni si riuscirà a muovere qualcosa. Questo partito coltiva le paure quotidiane di cui parlavo poco fà. E trova ascolto presso i ceti sociali minacciati nel loro status, che si sentono schiacciati dall'alto e dal basso - e che volentieri credono alle teorie complottiste che dicono: a Berlino dominano le forze politiche tradizionali, le elite economiche e una parte dei media. Anche noi sondaggisti a volte siamo considerati fra questo insieme di forze.

Nei sondaggi pero' la AfD è sotto il 5%

Si, anche i nostri dati dicono questo. Gli indecisi sono ancora molti, e tutto è possibile. Non credo pero' che con una proposta politica monotematica anti-Euro si possano vincere le elezioni.




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domenica 25 agosto 2013

La verità in piccole dosi

La campagna elettorale tedesca si accende dopo la recente dichiarazione di Schäuble: la Grecia avrà bisogno di un nuovo piano di aiuti. La verità è troppo amara e difficile da digerire per il contribuente tedesco, meglio nasconderla oppure somministrarla in piccole dosi. Passo falso oppure mossa tattica? Da Süddeutsche Zeitung
Il governo federale ha mentito sull'Eurocrisi? I pochi miliardi ipotizzati all'inizio sono diventati sempre di piu'? L'opposizione con i suoi attacchi arriva al punto: la comunicazione della coalizione nero-gialla sulla crisi greca è incoerente e titubante. Le cause sono diverse, e il ministro delle finanze Schäuble le conosce molto bene.

In un martedi di agosto anche Wolfgang Schäuble ad Ahrensburg si è deciso a fare  campagna elettorale. Tema: le sfide per la Germania e per l'Europa. All'inizio suona come il discorso abituale di un uomo di stato, ma il ministro delle finanze ha deciso di utilizzare l'incontro con gli elettori nella Germania del nord per annunciare con disinvolutra una verità sgradevole: "Per la Grecia ci sarà un ulteriore programma di aiuti", dice Schäuble, e aggiunge: "Non lo abbiamo mai nascosto davanti all'opinione pubblica".

Cosi' almeno l'interpretazione delle sue dichiarazioni. La SPD, che vorrebbe fare degli aiuti alla Grecia un tema da campagna elettorale, parla invece di menzogne. Schäuble è il primo politico tedesco ad ammettere quello che per molti esperti è già una certezza: per la Grecia sono già stati stanziati 240 miliardi di Euro di fondi, ma ci sarà bisogno dell'aiuto dei partner finanziari anche dopo il 2014.

Ritorno graduale sul mercato dei capitali

Dagli ambienti governativi di Berlino, fino ad ora si era ipotizzato che un eventuale terzo pacchetto di aiuti sarebbe stato di portata decisamente inferiore rispetto ai primi due. Si tratterebbe soltanto di rendere piu' dolce il ritorno sul mercato dei capitali. Inoltre, Atene avrebbe già avviato una parte significativa delle riforme necessarie.

Non è la prima volta che Schäuble si corregge sulla questione greca. Nel dicembre 2009, quando l'opionione pubblica per la prima volta è venuta a sapere che i problemi debitori greci si sarebbero ripercossi sugli altri paesi europei, si era pronunciato contro un piano di aiuti per il paese. "Sarebbe una solidarietà sbagliata, se decidessimo di sostenere i greci con degli aiuti finanziari", disse il Ministro delle finanze in quell'occasione.

Nell'estate 2010 - quando un primo pacchetto di aiuti da 110 miliardi di Euro per la Grecia è già stato approvato - Schäuble rilascia un'altra dichiarazione. Questa volta il tema è il fondo temporaneo EFSF: "I fondi di salvataggio sono temporanei, dovranno terminare. E' cio' che abbiamo concordato", dice il portavoce della CDU.

Dopo pochi mesi è chiaro a tutti che anche in questo caso Schäuble si è sbagliato. Nel febbraio 2011 i ministri delle finanze europei trovano un accordo sul nuovo fondo di salvataggio ESM. Sostituisce il precedente EFSF, prevede un massimo di 500 miliardi - ed è a tempo indeterminato.

Le recenti esternazioni di Schäuble, osservate piu' da vicino, sono solo una precisazione rispetto alle precedenti dichiarazioni. Nel febbraio 2012, quando è stato concordato il secondo pacchetto di aiuti, ebbe a dire: "Probabilmente non è l'ultima volta che il Bundestag dovrà pronunciarsi sugli aiuti finanziari per la Grecia". In seguito, tuttavia, ha piu' volte ripetuto che la decisione era solo rimandata ad un momento successivo, e le parole "piano di salvataggio" non si erano piu' sentite. Fino a martedi scorso.

Non si puo' certo accusare Schäuble di essersi mosso secondo una tattica da campagna elettorale, altrimenti non avrebbe messo in campo, ad un mese dalle elezioni, un terzo pacchetto di aiuti. L'opposizione pero' con i suoi attacchi arriva diretta al punto: perché sulla Grecia la comunicazione del governo federale è cosi' incoerente e titubante? Perché si fanno dichiarazioni che poco tempo dopo devono essere riviste? Perché nessun politico ha il coraggio di dire tutta la verità, invece di raccontare solo una piccola parte della storia?

E' solo un'istantanea, ma forse puo' aiutare uno sguardo al 2010. "I greci vogliono i nostri soldi", titolava la Bild-Zeitung il 24 aprile 2010. In seconda pagina un giovane disoccupato di nome Kosta era fotografato mentre si stava rilassando al sole. E cosi' si è andati avanti: martedi 27 aprile: "Perché paghiamo ai greci le loro pensioni d'oro?". Giovedi 29 aprile: "25 miliardi - i greci vogliono ancora piu' denaro da noi", lunedi 3 maggio: "110 miliardi di Euro - i greci in bancarotta ottengono l'assegno piu' grande della storia!".

La Bild-Zeitung è stata aspramente criticata per questo tipo di campagna. Ma che cosa succede se invece essa riflette l'opinione pubblica? Cosa accade se almeno una parte dei cittadini la pensano in questo modo?

Ed è questa paura a guidare il governo nelle esternazioni sulla Grecia: il ministro delle finanze Schäuble e la cancelliera Angela Merkel  preferiscono non raccontare troppe verità spiacevoli ai tedeschi. Un atteggiamento che è tanto piu' sorprendente se si considera che fino ad ora il bilancio federale non ha sofferto per gli aiuti alla Grecia. Tutti gli aiuti concessi si basano su crediti che il paese del sud-Europa prima o poi dovrà rimborsare.

Ma non è stato solo il governo federale a doversi correggere: anche il FMI ha recentemente ammesso di aver commesso degli errori nella valutazione della crisi. All'inizio, nel 2009 e 2010, si ipotizzava che la crisi sarebbe durata non piu' di 2 anni. Una ipotesi che presto si è rivelata  essere solo un pio desiderio. La previsione originaria del FMI fino al 2012 prevedeva un - 5.5%, di fatto è stato un -17 %. La realtà è sempre peggiore delle previsioni.

Nel complesso, la dichiarazione coraggiosa di Schäuble potrebbe essere considerata come un tentativo di portare un po' di onestà nel dibattito. Non tutti pero' sembrano esserne entusiasti: "Schäuble ci minaccia con nuovi aiuti", titolava il giornale di sinistra "Efimarida ton Syntakton".




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mercoledì 5 giugno 2013

The dark side of the boom

Un interessante articolo sul boom dei mini-job in Germania arriva dal Wall Street Journal. Flessibilità necessaria oppure lavoro nero legalizzato? Il dibattito prosegue. Da Wall Street Journal
Il mercato del lavoro tedesco è invidiato dai paesi europei in difficoltà. Molti tedeschi pero', nonostante il Jobwunder, si sentono esclusi dal successo economico del loro paese.

Il tasso di disoccupazione tedesco anche a maggio è rimasto invariato al 6.9 %, per il settimo mese consecutivo. Ma quasi un lavoratore tedesco su cinque, circa 7.4 milioni, è impiegato con un cosiddetto "minijob", una forma di occupazione marginale che permette di guadagnare fino a 450 €  mensili esenti da tasse.

Nei diversi settori industriali, dalla distribuzione alla sanità, i minijob sono stati una manna che ha permesso agli imprenditori di tenere basso il costo del lavoro. I minijob di solito hanno una paga oraria molto bassa, e non hanno gli stessi benefit previsti dai normali contratti di lavoro.

Mentre l'Europa guarda alla potenza economica continentale per cercare di capire come rilanciare il moribondo mercato del lavoro, in Germania la diffusione di questi lavori a basso salario ha scatenato un acceso dibattito: i lavoratori tedeschi stanno beneficiando dei frutti della crescita economica?

I fautori sostengono che i minijob offrono ai genitori, ai pensionati e agli studenti una possibilità legale di guadagnare soldi esentasse, e danno alle imprese la flessibilità per regolare la forza lavoro in base alle necessità del momento. "I Minijob sono ideali per chi vuole lavorare solo per un numero ridotto di ore alla settimana o al mese", dice Oliver Stettes, esperto di mercato del lavoro del Cologne Institute for Economic Research. Sono molto attraenti anche per i ristoratori e i commercianti che devono far fronte ai periodi di picco, ci dice: "All'ora di pranzo, quando i locali sono pieni, c'è bisogno di piu' forza lavoro. Ed è quando i minijobber arrivano e danno una mano, anche per poche ore".

I critici sostengono invece che il ricorso ai minijob non faccia altro che ampliare il divario fra ricchi e poveri, una tendenza che minaccia il contratto sociale alla base dell'economia sociale di mercato.

Mentre i redditi piu' alti dei lavoratori a tempo pieno che contribuiscono al sistema di sicurezza sociale sono cresciuti del 25% tra il 1999 e il 2010, i salari nel quintile piu' basso sono cresciuti di circa il 7.5%, secondo i dati della Arbeitsagentur. Considerando nello stesso periodo un'inflazione pari al 18%, i redditi piu' bassi hanno perso decisamente terreno.

L'economia tedesca nello stesso periodo è cresciuta del 13.5%, lasciando a molti tedeschi la sensazione di non aver beneficiato della crescita.

I partiti di opposizione hanno rilanciato il tema in vista delle elezioni di settembre. I social-democratici vorrebbero migliorare le garanzie e aumentare il potere di contrattazione collettiva dei minijobber. I Verdi vorrebbero introdurre un limite massimo di 100 € al mese esentasse, al fine di creare piu' posti di lavoro regolari. I politici di governo criticano la proposta dei Verdi bollandola come populista. Questo piano eliminerebbe per molte persone "la porta di ingresso verso il mercato del lavoro", cosi' Pascal Kober, membro dei liberali (FDP), in una recente dichiarazione alla stampa tedesca. 

"I minijob non hanno centrato l'obiettivo", dice Werner Eichhorst, il vice direttore dell'istitutuo indipendente IZA. "Sono strutturati in modo da non fornire al datore di lavoro alcun incentivo per la trasformazione di questi contratti in un  regolare lavoro full-time, anche i dipendenti non hanno alcun incentivo a lavorare di piu'. E' un 'dead-end-job'".

I minijob erano stati pensati come un trampolino per qualcosa di meglio, ma molti esperti sostengono che troppi lavoratori restano a lungo bloccati in impieghi marginali con il solo obiettivo di rimpiazzare posti di lavoro regolari e full-time. La retribuzione oraria dei minijob di solito è fra i 5 e i 10 € lordi. Circa due terzi dei minijobber non hanno nessun'altra forma di impiego.

Il numero dei minijob è cresciuto molto rapidamente durante lo scorso decennio, a seguito delle riforme varate per rendere la Germania piu' competitiva. Ma il trend sembra essersi stabilizzato. Anche altre forme di lavoro atipico nello stesso periodo hanno vissuto un boom, come gli interinali e i contratti part-time.

I minijob sono molto comuni nella ex Germania occidentale, dove erano stati pensati per dare ai genitori che stanno a casa - principalmente madri - un accesso al mondo del lavoro. Uno studio recente pubblicato dal Ministero per la Famiglia mostra come in particolare siano le donne a rischiare di restare intrappolate nei minijob. Il documento definisce il minijob come "un programma per la creazione di marginalità e permanente dipendenza economica delle donne".

A Brema, nel nord-ovest della Germania,  Angela Chevrollier, intorno ai 50, lavora part-time  in una clinica per pazienti in coma. Ci dice che il lavoro non le garantisce abbastanza denaro per far quadrare il bilancio, visto che deve sostenere due figli all'università. Cosi' lavora con un mini-job, per tre notti al mese, in un centro psichiatrico. La sig.ra Chevrollier ha chiesto al suo datore di lavoro principale di passare dalle 30 ore settimanali ad un impiego full-time, ma le è stato negato: "C'è qualcosa di profondamente sbagliato in Germania, se non esiste la possibilità di guadagnarsi da vivere con il proprio lavoro". Il suo minijob tuttavia le piace, sebbene lo faccia essenzialmente per ragioni finanziarie.

L'agenzia di lavoro che la impiega con un minijob, MED KONTOR Personalservice GmbH, sostiene di pagare i minijobber, in base alle loro qualificazioni, quanto tutti gli altri lavoratori. Il vantaggio dei minijobber starebbe nella flessibilità, non nei risparmi dovuti ad una paga piu' bassa.

Vicino Brema, nella piccola e sbiadita città industriale di Delmenhorst, dove il centro città è pieno di negozi ormai vuoti, circa il 35% degli impieghi sono minijob. E' la percentuale piu' alta di tutta la Germania, secondo i dati compilati nel 2011 dalla  Hans Böckler Stiftung.

Qui, Kemalettin Tunç, un immigrato turco di 40 anni, ci dice che ha recentemente perso il suo lavoro nella fabbrica Mercedes di Brema. Per il momento ha trovato un minijob come conducente di taxi, con una paga di 5 € l'ora. Ma è fiducioso che la sua esperienza lavorativa gli permetterà  di trovare rapidamente un altro lavoro. "Il mercato del lavoro è kaputt" dice, perché "si guadagna troppo poco".

La vita in Germania era decisamente piu' prospera due decenni fa, aggiunge. Quando è arrivato, un lavoratore come lui poteva guadagnare abbastanza da comprarsi una bella macchina, una Mercedes o una BMW. "Ora non è piu' cosi'".




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martedì 4 giugno 2013

Lafontaine: torniamo alle valute nazionali


Oskar Lafontaine, leader storico della sinistra tedesca, in una lunga intervista spiega i punti centrali del nuovo sistema monetario europeo da lui proposto: basta con l'Euro, la moneta deve tornare sotto il controllo democratico. Da Deutschlandradio
Mentre le iniziative franco-tedesche cercano di far uscire l'Europa dalla crisi, Oskar Lafontaine, il presidente della Linke nel parlamento regionale della Saarland, si pronuncia a favore di processi decisionali piu' democratici. E propone un  nuovo sistema monetario europeo, in cui non sia solo una parte a decidere per tutti.

Deutschlandradio Kultur: Herr Lafontaine, la moneta unica è la base per la crescita e l'occupazione in Europa, sosteneva un tempo il politico della SPD Oskar Lafontaine. Che cosa è cambiato per Oskar Lafontaine politico della Linke, ora che invece propone un nuovo sistema monetario e l'uscita dall'Euro?

Oskar Lafontaine: E' cambiato che le proposte fatte allora non sono mai state realizzate, perché solo sulla base di queste condizioni, la frase che lei ha letto, avrebbe avuto un senso. Allora, ad esempio, proponevamo un governo economico europeo. E' passato molto tempo. Oggi Hollande riprende questa proposta, che cosa c'è dietro?

Per far capire a tutti: non è possibile avere una moneta unica con una diversa politica finanziaria, fiscale e salariale. Lo abbiamo detto allora. E' un peccato che fino ad oggi si sia andati in direzione opposta.

Oggi constatiamo che stanno crescendo le ostilità fra i popoli europei, e che i movimenti fascisti sono sempre piu' forti. Ogni politico europeo responsabile dovrebbe porsi la domanda: che cosa possiamo fare per arrestare questa tendenza?

Deutschlandradio Kultur: Questo errore di progettazione è stato riconosciuto, come lei dice. E sono in molti ad ammettere che la causa della crisi sia l'assenza di una politica economica comune. Lei dice, Hollande sta affrontando il tema, ma si arriverà a qualcosa di tangibile per i cittadini europei?

Oskar Lafontaine: No. E' simile a tante altre proposte, note da tempo. Semplicemente non saranno realizzate, perché in Europa abbiamo una determinata ideologia. E' l'ideologia del neoliberismo, particolarmente presente in Germania. Secondo questa ideologia bisogna essere sempre piu' competitivi. Vale a dire, prima di tutto è necessario ridurre il costo del lavoro per unità di prodotto e poi ridurre la tassazione. E poi c'è la concorrenza fatta con il dumping salariale, il dumping fiscale e il dumping sociale, e quindi lo smantellamento dello stato sociale. Non puo' funzionare. Questa ideologia impedisce uno sviluppo salutare all'Europa.

Deutschlandradio Kultur: Ho capito bene? Lei sta chiedendo un altro sistema valutario. Lei in pratica propone l'uscita dall'Euro. Questo permetterebbe una svalutazione delle monete nazionali. La competitività sarebbe rafforzata?

Oskar Lafontaine: Si', la svalutazione è un classico mezzo per aumentare la competitività di un'economia. L'altro strumento sarebbe il taglio dei salari e delle pensioni, e lo smantellamento dello stato sociale. Perché gli economisti e le democrazie preferiscono non ricorrere a questo strumento, lo stiamo vedendo ora in Europa. E vediamo anche quali sono le difficoltà e le distorsioni quando si ricorre a questo strumento. 

Ma è importante riconoscere un punto: il sistema monetario ha un ruolo di sostegno. Non si tratta di una istituzione divina. Deve aiutare lo sviluppo europeo, e deve servire anche l'economia. E noi riteniamo che una moneta unica possa dare benefici solo se vengono soddisfatte anche altre condizioni. Questo era il punto di partenza. Questa era anche la discussione. E questa è la posizione che ho sostenuto al Bundesrat come delegato del governo guidato dalla SPD, prima dell'introduzione della moneta unica. E' stato recentemente riproposto anche dalla televisione. Ma tutti questi requisiti non sono stati soddisfatti, e ora ci troviamo di fronte al disastro. Proprio perché l'ideologia di cui ho appena parlato non cessa di sostenere che i paesi devono farsi concorrenza.

Deutschlandradio Kultur: Pero' la risposta non dovrebbe essere questa: meno Europa, cio' che un'uscita dall'Euro significherebbe. La Cancelliera ripete sempre. "muore l'Euro, finisce l'Europa". Invece dovrebbe dire: piu' Europa, un ministro delle finanze europeo, un governo economico europeo.

Oskar Lafontaine: Questa è la domanda: che cosa è l'Europa e come ci immaginiamo l'Europa? L'Europa per me ha tre colonne, una è la democrazia, poi c'è lo stato sociale, uno non puo' esistere senza l'altro, terzo, lo stato di diritto.

La democrazia viene smantellata giorno dopo giorno. Abbiamo dei governi mai eletti: pensi alla Grecia o all'Italia. Ai parlamenti invece si dice: non avete piu' nulla di cui discutere, dovete sostenere i pacchetti di salvataggio bancari, e dovete fare quello che la Troika e il FMI dicono. Potete dire solo si' o no. La democrazia di fatto viene svuotata.

Lo stato di diritto viene smantellato. A questo si riferisce anche il giudice costituzionalista Kirchhof quando dice: si', la costruzione europea dovrebbe essere fondata sul rispetto del diritto. Si puo' solo essere d'accordo. Ma poiché sono stati fatti cosi' tanti errori, ogni volta è necessario violare i trattati. 

E lo stato sociale, anche in Germania, viene continuamente aggredito. Lo abbiamo visto negli ultimi anni anche nel nostro paese. E ora Frau Merkel vuole imporre la stessa politica a tutta l'Europa, senza considerare le relazioni economiche complessive. Cio' porterà alla catastrofe economica. Cosi', la frase di Merkel, "muore l'Euro, finisce l'Europa", ci conferma solamente che la Cancelliera non riesce a comprendere l'economia nel suo complesso. Le cose oggi stanno cosi': se l'Eurosistema resta immutato, l'Europa subirà danni sempre maggiori.

Deutschlandradio Kultur: Ma Frau Merkel incontra anche una certa resistenza, nel tentativo di esportare questa politica. E questa resistenza arriva dalla Francia. Arriva addirittura dal piccolo Lussemburgo. Come è possibile risolvere questa situazione? 

Oskar Lafontaine: Le istituzioni hanno un ruolo decisivo. L'Eurosistema non è adeguato. E questo è un sistema monetario, non è una banconota, si tratta di un sistema monetario. Non è adeguato per rispondere in maniera adeguata a questa domanda.

Deutschlandradio Kultur: Ma qual'è l'alternativa? Abbiamo una gestione della crisi che forse non è soddisfacente, ma che almeno ha stabilizzato l'Euro. C'è calma sui mercati finanziari. Lei dice, fuori dall'Euro. Come puo' funzionare?

Oskar Lafontaine: L'alternativa emerge da quello che io ho chiamato la base per lo sviluppo europeo. Vogliamo avere piu' democrazia. Anche sui temi della moneta e su tutte le questioni monetarie, dobbiamo avere dei processi democratici. E cioè, uno non puo' dire, le cose stanno in questo modo, e gli altri lo devono seguire. Cio' non ha molto a che fare con la democrazia.

Deutschlandradio Kultur: Vale a dire, dobbiamo riportare la banca centrale sotto il controllo democratico - piu' o meno una commissione per la moneta all'interno del Parlamento europeo.

Oskar Lafontaine: E' un tema abbastanza ampio. L'Eurosistema è stato messo in piedi perché si voleva bloccare l'egemonia della Bundesbank. Era l'idea degli altri capi di governo europei. Hanno detto: non siamo piu' indipendenti. Non possiamo piu' decidere autonomamente. Se la Bundesbank prende una decisione, noi dobbiamo correrle dietro.

Deutschlandradio Kultur: E almeno adesso possono invece discuterne

Oskar Lafontaine: Ora invece è cosi': l'Eurosistema ci ha portato ad una situazione in cui i parlamenti e i governi non possono piu' decidere. Ora è il governo federale tedesco, vale a dire la Cancelliera, grazie alla forza economica della Germania, a decidere la direzione. E questo risponde anche alla questione da lei sollevata: abbiamo bisogno di un sistema monetario all'interno del quale non sia uno solo a decidere per tutti.

Vale a dire, anche sui temi monetari, abbiamo bisogno di processi decisionali democratici. C'è una idelogia profondamente radicata in tutto il mondo, secondo la quale la moneta debba sottrarsi alle decisioni democratiche. Le banche creano denaro. La gente non lo sa. Le banche producono bolle e bolle, e la gente si comporta con le banche come davanti a un dottore con un camice bianco, che ci dice quale terapia è necessaria, ma che alla fine non si riesce né a capire né a comprendere. Ma il sistema monetario puo' essere riformato. E quindi vorrei dire qualcosa sul nuovo sistema monetario che io propongo. Lo descrivo in modo che tutti possano comprenderlo:

Le banche devono fare quello che in origine facevano la casse di risparmio: raccogliere il denaro dei risparmiatori e prestarlo alle persone che hanno bisogno di credito, soprattutto per l'attività di investimento.

Deutschlandradio Kultur: In fondo lei dice: abbiamo bisogno di una politica monetaria governata dalla politica. E questa idea, secondo cui la politica abbia la precedenza, l'abbiamo già avuta in passato. Ma abbiamo preso la decisione opposta. In sostanza, nell'unione monetaria è stata presa un'altra decisione, e invece di un approccio politico, è stato preferito quello della stabilità.

Oskar Lafontaine: Questa è un pensiero autoritario. Il concetto di moneta depoliticizzata è uno dei piu' stupidi che abbia mai ascoltato. Non c'è nulla di depoliticizzato! Con questo si vorrebbe dire che i politici non devono avere nessuna voce in capitolo nelle decisioni di politica monetaria. Ma perché realmente? Sono i rappresentanti del popolo che devono prendere queste decisioni.

E questo ci porta alla risposta: il denaro è troppo sacro e importante. Questa è pura ideologia, e si puo' anche dire, un'ideologia stupida. Dove si finisce, quando si lasciano decidere solo le autorità monetarie, lo stiamo vedendo adesso. In nessun'altro ambito sono stati commessi cosi' tanti errori, negli ultimi decenni, come fra gli esperti e i professionisti della moneta.

Deutschlandradio Kultur: Quindi lei chiede concretamente che la BCE sia riportata sotto il controllo democratico?

Oskar Lafontaine: Deve tornare sotto il controllo democratico...

Deutschlandradio Kultur: Ma allora i politici avranno l'ultima parola - come lei quando era Ministro delle Finanze.

Oskar Lafontaine: ...deve essere chiaro che in materia di politica monetaria, non possiamo accettare alcuna ideologia che sostiene: questa è una materia sacra di cui non si puo' discutere democraticamente. Come aiuto possiamo dire che già oggi, in molte banche centrali, siedono dei politici.

Deutschlandradio Kultur: Herr Lafontaine, lei propone anche una limitazione ai movimenti di capitale in Europa, quali sarebbero i vantaggi per gli europei da una tale misura?

Oskar Lafontaine: E' un tema interessante. La libertà di movimento per i capitali è una invenzione di coloro che in quanto speculatori ne hanno beneficiato in tutto il mondo. E questi non volevano alcun meccanismo di controllo sugli spostamenti - fino ad arrivare ai paradisi fiscali, che sono ancora li'. E dai paradisi fiscali si è diffusa l'ideologia secondo cui i controlli sui movimenti di capitale non sono necessari. Perché nessuno dovrebbe controllare gli affari sporchi.

I controlli ai movimenti di capitale sono un mezzo per smorzare le ondate speculative che negli ultimi anni hanno creato grandi disordini in tutto il mondo.

Deutschlandradio Kultur: Sarebbe pero' un mezzo che va contro i principi dei trattati europei. E ancora, Herr Lafontaine, la stessa domanda: uscire dall'Euro? I trattati non lo permettono. Sta facendo solo populismo per sottrarre un po' di elettori ad "Alternative für Deutschland" (AfD)? Non sta spaccando il suo stesso partito con queste proposte?

Oskar Lafontaine: Sono i cliché che ho letto sui giornali e che mi divertono. AfD ha un approccio completamente diverso. E' un movimento conservatore, da cui non si capisce cosa potrà venire fuori. AfD rappresenta la posizione del dumping salariale tedesco, che se vogliamo, è opposta alla nostra. Il dumping salariale è la causa di fondo del fallimento della moneta unica. AfD è una formazione, che con le sue proposte politiche sbagliate, ha contribuito al collasso del sistema.

In quanto europei responsabili dovremmo dire una volta per tutte: che cosa vogliamo fare per arrestare questo processo? C'è bisogno di un nuovo sistema monetario che non produca le forti tensioni causate dall'Eurosistema attuale. Sono due dispositivi molto diversi. Uno lo chiamiamo Eurosistema, con gli errori di costruzione che prima o poi lo porteranno all'implosione. L'altro dispositivo lo chiamiamo sistema monetario europeo. Dovrà essere un meccanismo sicuramente migliore rispetto a quello messo in piedi da Schmidt e Giscard. Fu creato per promuovere l'integrazione europea, non certo per impedirla.

Questo non è populismo, ma una politica responsabile. Quello che viene definito come populismo, è semplicemente il risultato della testardaggine e dell'ostinazione di chi non vuole riconoscere cosa sta accadendo nell'Europa meridionale: smantellamento della democrazia, ritorno del fascismo e grande sofferenza.

Deutschlandradio Kultur: Ma i trattati europei non prevedono l'uscita. Come dovrebbe funzionare?

Oskar Lafontaine: Nessuno ormai si attiene ai trattati europei. E soprattutto sui punti che i diversi governi hanno continuamente violato. Non è piu' un problema

Deutschlandradio Kultur: Ma Herr Lafontaine, il dumping salariale tedesco non è stato la sola causa della crisi. Sono stati molteplici i fattori che hanno contribuito. Questa è la posizione dell'intero partito?

Oskar Lafontaine: Io non posso essere d'accordo con lei. La dinamica salariale, e questo lo sanno tutti i nostri lettori, è la dimensione fondamentale in un'economia. Dall'andamento dei salari dipende lo sviluppo delle pensioni, e di tutto lo stato sociale. Cioe', se si vuole, l'intera domanda di un'economia dipende dallo sviluppo dei salari, e anche la sua capacità di esportare.

Se si applica una politica di dumping salariale, si aumenta la propria capacità di esportare. Quando si accumulano avanzi commerciali, gli altri sono costretti ad indebitarsi. Questa è la relazione d'insieme - che almeno al Bundestag - non viene accettata dalla grande maggioranza.

E ora la sua seconda domanda: all'interno della Linke naturalmente si discute. E sorprendentemente c'è una discussione molto interessante e profonda sulla strada da seguire. La questione cruciale è quale via di uscita proponiamo per evitare lo smantellamento della democrazia, dello stato sociale e dello stato di diritto, e fermare le ostilità fra i popoli e impedire l'ascesa del fascismo. Per ora c'è solo la proposta, che alcuni hanno fatto insieme a me, di reintrodurre un sistema valutario flessibile al fine di rimuovere le tensioni dal sistema. Non conosco nessun'altra proposta.

Deutschlandradio Kultur: Non è per contraddirla, ma lei si trova in compagnia di Marine Le Pen che da destra in Francia propone un'uscita dall'Euro.

Oskar Lafontaine: Questo non c'entra nulla. Marine Le Pen non si è mai confrontata con i temi valutari. Non conosce il livello del dibattito. Potrebbe invece parlare degli economisti americani e dei premi Nobel che da tempo ripetono che non puo' affatto funzionare. E in compagna dei premi Nobel americani mi potrei trovare anche bene. 

Deutschlandradio Kultur: Herr Lafontaine, è possibile condurre una discussione ragionevole sull'Euro? Non c'è il rischio che il populismo prenda il sopravvento?

Oskar Lafontaine: L'accusa di populismo è cosi frequente, che di solito torna indietro verso chi l'ha lanciata. Di solito arriva da coloro che vogliono evitare di pensare, e che non accettano alcuna argomentazione. Si puo' anche dire: non vogliamo un sistema monetario flessibile per questo o quel motivo. Questo lo si puo' dire. Bisogna pero' argomentare. E si puo' anche dire: l'attuale sistema è meraviglioso. Ma per farlo bisogna essere ciechi alla realtà e non voler proprio vedere quello che accade.

E percio' dico io: dobbiamo superare l'intransigenza e la testardaggine e avviare una vera discussione. 




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