lunedì 29 aprile 2019

Il riposizionamento di Macron

"La Germania senza dubbio si trova alla fine di una fase di crescita in cui ha tratto un enorme vantaggio dagli squilibri dell'eurozona", ha detto Macron giovedì a Parigi. Dopo i mesi difficili segnati dalla proteste dei Gilets Jaunes, per il presidente francese è arrivato il momento di riposizionarsi e di prendere le distanze da Berlino. E' una vera svolta oppure solo uno show a fini elettorali? Ne scrive Der Spiegel


La seconda parte del mandato del presidente francese Macron inizia con un riposizionamento nei confronti della Germania. Per Macron il paese vicino non è più il modello per le riforme, ma un modello in via di progressivo superamento.

Quando il presidente francese Emmanuel Macron due anni fa si presentò a Berlino per la visita inaugurale alla Cancelliera Angela Merkel, lo fece in maniera quasi sottomessa. A quel tempo, l'auto-proclamato riformatore economico considerava la Germania un modello dal quale c'era ancora molto da imparare.

Quando questo lunedì Macron tornerà a Berlino, i presagi lasciano ipotizzare una situazione completamente diversa. In realtà il presidente sarà solo un ospite al vertice sui Balcani organizzato nella Cancelleria federale. Ma nella cronologia francese è appena iniziata la seconda parte del mandato di Macron: dopo cinque mesi di proteste da parte del movimento dei Gilets Jaunes, che gli sono quasi costati il mandato, il presidente, dopo un tour di tre mesi nella provincia francese, recentemente è riuscito anche a riconquistare un po' di prestigio.

Macron in questi giorni, quindi, dà avvio al "secondo atto" del suo mandato. "Il primo atto era stato completamente focalizzato sulla Germania, nel secondo atto invece ha elaborato la delusione causatagli dalla Germania, e guarda in altre direzioni", spiega a Der Spiegel Sébastien Maillard, direttore dell'Istituto Jacques Delors di Parigi.

Per il suo rapporto con la Germania in pratica significa che il vicino non è più il modello per le riforme francesi, ma solo il principale modello economico d'Europa, in via di progressivo superamento.

"La Germania senza dubbio si trova alla fine di una fase di crescita in cui ha tratto un enorme vantaggio dagli squilibri dell'eurozona" ha detto Macron in una conferenza stampa al Palazzo dell'Eliseo giovedì scorso. Ed è stato ancora più esplicito: "La Germania ha un modello di produzione basato sul fatto che in Europa vi siano paesi con dei bassi costi di produzione - vale a dire esattamente l'opposto del progetto sociale che io intendo rappresentare per l'Europa".

In realtà la critica di Macron al modello economico tedesco non è nuova. "Già Xavier Musca, l'attuale vicepresidente della banca Crédit Agricole, nel suo ruolo di segretario generale del presidente Nicolas Sarkozy, dieci anni fa all'Eliseo aveva espresso lo stesso punto di vista", ricorda l'esperto di politiche europee Maillard. A Parigi c'è sempre stata la preoccupazione che la forza dell'economia tedesca, tutta basata sulle esportazioni, alla fine avrebbe avvantaggiato solo i tedeschi. Ma dopo la crisi finanziaria del 2008, per un lungo periodo di tempo il successo della loro economia sembrava aver dato ragione ai tedeschi.

"La Germania ha fatto le sue riforme al momento giusto, non l'ho mai incolpata per questo", dice ora Macron. Eppure ritiene che queste riforme, per le quali anche lui in Francia negli ultimi due anni si è speso, oggi non siano più un modello.

"Ho chiesto a Macron: la Germania è consapevole delle difficoltà che per noi rappresentano le aggressive politiche economiche degli Stati Uniti e della Cina?", riferisce la star dell'economia di Parigi, Elie Cohen. Cohen è stato professore di economia alla Scuola di Amministrazione di Parigi ENA, dove studiava Macron, ed è tuttora uno dei consiglieri presidenziali.

Quello che Cohen intende è: l'atteggiamento sempre più protezionistico degli Stati Uniti sotto la presidenza di Donald Trump e la politica economica espansiva di Pechino nell'ambito della cosiddetta nuova "Via della seta", dal suo punto di vista, già da tempo avrebbero dovuto garantire nuove condizioni in Europa. Le riforme liberali che la Germania ha predicato fino ad ora, sono diventate inutili. "In realtà, sarebbe proprio nell'interesse economico della Germania concentrarsi sempre di più sull'Europa", dice Cohen, che considera i mercati di vendita tedeschi nei paesi emergenti, come ad esempio quello delle costruzioni meccaniche, a rischio collasso.

La Germania guarda solo alle sue case automobilistiche?

Ma le esportazioni tedesche verso la Cina non continuano a crescere? Parigi non vuole sentirne parlare. "La Germania è troppo dipendente dalla sua industria automobilistica", dice l'esperto di politiche europee Maillard con un sorriso - lui stesso sa che questa è la solita storia, come del resto si ripeteva anche in passato ogni volta che in Germania si parlava degli agricoltori francesi. Come dicevano sempre a Berlino: Parigi in Europa si preoccupa solo della sua agricoltura. Ora sta arrivando il vagone di ritorno.

"La Germania ritiene di aver compreso la crisi del diesel, ma in realtà non si sta muovendo", afferma la star dell'economia Cohen. E fa riferimento anche al rifiuto di Berlino di applicare una tassa digitale sulle principali società tecnologiche statunitensi. Dal punto di vista di Parigi, non si è fatta solo perché il governo federale ha voluto proteggere le aziende automobilistiche tedesche, che altrimenti sarebbero state minacciate da nuove tasse o nuovi dazi negli Stati Uniti.

Macron ora vorrebbe usare la discussione per riposizionare la Francia: allontanarsi dal ruolo di studente modello delle riforme tedesche per diventare il promotore di una nuova politica economica europea sempre meno basata sul semplice credo nel libero mercato.

Macron vorrebbe contrastare gli USA e la Cina. L'esempio più recente: Parigi non vuole avere nuovi colloqui commerciali con gli Stati Uniti - non vuole averli con un paese che è uscito dal trattato sul clima. "Sarebbe incoerente", ha detto Macron.

Il fatto che in questo modo a Berlino Macron abbia provocato molti scuotimenti di capo, lo sa bene anche lui. Sa anche che quando la scorsa settimana gli hanno chiesto dello stato dei rapporti franco-tedeschi, ha subito trovato un nuovo modo per ridefinirli: "un confronto fruttuoso". Si possono chiamare anche così.


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