Visualizzazione post con etichetta Wolfgang Streeck. Mostra tutti i post
Visualizzazione post con etichetta Wolfgang Streeck. Mostra tutti i post

mercoledì 17 maggio 2023

Wolfgang Streeck - La leadership militare tedesca in Ucraina e il ruolo della Germania nel nuovo ordine mondiale

"Macron e i precedenti presidenti francesi hanno sempre saputo che per dominare l'Unione Europea, la Francia ha bisogno della Germania al suo fianco, o nel gergo di Bruxelles: sul sedile posteriore di un tandem franco-tedesco. Il problema è che ora la Germania sembra essere finalmente uscita da questa visione. Sotto la guida dei Verdi, sogna, insieme alla Polonia e agli Stati baltici, di portare Putin davanti alla Corte penale internazionale dell'Aia, il che presuppone che i carri armati ucraino-tedeschi entrino a Mosca proprio come un tempo i carri armati sovietici sono entrati a Berlino" scrive il grande intellettuale tedesco Wolfgang Streeck. 

La politica estera tedesca dominata dai Verdi e dalla Baerbock è ormai completamente appiattita sulle posizioni degli Stati Uniti, tanto che i tedeschi, secondo Streck, stanno per assumere la leadership militare in Ucraina e dovranno dare il cambio agli americani che invece si stanno concentrando sul Pacifico nello scontro esistenziale con la potenza cinese. Un'analisi molto interessante del grande intellettuale tedesco Wolfgang Streeck da Makroskop.de

rapporti Cina Germania e leadership tedesca

Gli italiani, si dice, coltivano una visione della politica che chiamano dietrismo. Il dietrismo sarebbe la convinzione abituale che ciò che si vede serve a nascondere qualcosa che non si vede dietro ad un sipario che divide il mondo in un palcoscenico anteriore e in un palcoscenico posteriore - quest'ultimo il luogo dove si svolge la vera azione, il primo invece è il luogo dove tutto viene artatamente travisato. Si legge qualcosa, si sente qualcosa alla radio o alla televisione e da dietrista praticante ci si chiede non tanto cosa ci viene detto, ma perché e perché proprio ora.


In questi giorni, dopo tre anni di Covid e un anno di guerra in Ucraina, sembra che siamo diventati tutti italiani: dietrismo ovunque, come la pasta. Sempre più spesso leggiamo le "narrazioni" prodotte a nostro uso e consumo dai governi e dalla stampa mainstream, non per quello che ci dicono, ma per quello che non ci dicono - come i prigionieri della caverna di Platone ormai diffidenti verso tutto e tutti che cercano di dare un senso nascosto alle ombre proiettate sulla parete davanti a loro.

wolfgang streeck leadership militare tedesca in Ucrina
Wolfgang Streeck



Prendiamo, ad esempio, il rapporto semi-ufficiale sul sabotaggio dei gasdotti Nord Stream pubblicato dal New York Times e fatto trapelare al settimanale tedesco Die Zeit: sei persone ancora sconosciute su uno yacht polacco, affittato da qualche parte nella Germania dell'Est, che ovviamente avrebbero lasciato sul tavolo della cucina dell'imbarcazione le tracce dell'esplosivo che avevano trasportato sulla scena del crimine.


Non c'era bisogno di riflettere a lungo per capire che la storia era stata inventata per sovrapporsi al rapporto pubblicato da Seymour Hersh, l'immortale reporter investigativo. La cosa eccitante per la mente del dietrista è che la narrazione sostitutiva era così palesemente ridicola da far pensare che la sua ridicolaggine non fosse il risultato di incompetenza - nemmeno la CIA potrebbe essere così stupida - ma intenzionale, il che porta a chiedersi quale potesse essere il suo scopo reale. Forse, secondo i piu' cinici, l'intenzione era quella di umiliare il governo tedesco e i suoi procuratori federali e di affossare la loro volontà di fare chiarezza facendogli dichiarare pubblicamente un'evidente assurdità come se si trattasse di una pista preziosa nel loro incessante sforzo di svelare il mistero dell'attentato al Nord Stream; una sorta di sadismo politico.


Panico a Kiev

Un altro aspetto ancora più interessante della storia è che i presunti noleggiatori della barca sarebbero in qualche modo legati a dei "gruppi filo-ucraini". Sempre secondo il rapporto, anche se non c'era alcuna indicazione che si trattasse di legami con il governo o l'esercito ucraino, qualsiasi conoscitore di Le Carré sa bene che quando sono coinvolte le agenzie di intelligence, qualsiasi tipo di prova può essere facilmente trovata se si rende necessario. Non sorprende che il rapporto abbia scatenato il panico a Kiev, dove è stato inteso - probabilmente in maniera corretta - come un segnale da parte degli Stati Uniti sul fatto che la loro pazienza nei confronti dell'Ucraina e della sua attuale leadership non è illimitata.

Tanto più che, più o meno nello stesso periodo, si andavano accumulando notizie su fatti di corruzione in Ucraina, sempre provenienti dagli Stati Uniti, che rafforzavano la crescente opposizione dei repubblicani al Congresso a dirottare somme sempre maggiori verso il bilancio militare ucraino - come se la corruzione in Ucraina non fosse da sempre ben nota (si veda la trovata di mettere Hunter Biden come esperto di politica energetica nel consiglio di amministrazione della Burisma Holdings Ltd). A gennaio, ad esempio, il Washington Post e il New York Times avevano pubblicato una serie di articoli sulle malefatte ucraine, come i comandanti dell'esercito che usavano i dollari americani per comprare il diesel russo a basso costo per i carri armati ucraini intascandosi la differenza. In preda al panico, lo scioccato Selenskyj, come ha fatto sapere, aveva licenziato due o tre funzionari di alto livello promettendo di licenziarne degli altri in seguito.



Perché questa è stata interpretata come una notizia improvvisa e sorprendente, quando da tempo è noto che l'Ucraina è uno dei Paesi più corrotti al mondo? A ciò che deve essere sembrato sempre più come un'inquietante profezia, si sono aggiunti i documenti segreti americani trapelati nella seconda metà di aprile, i quali mostrano come la fiducia dei militari americani nella capacità dell'Ucraina di organizzare una controffensiva di successo in primavera, o addirittura di vincere la guerra come il governo ucraino aveva promesso ai suoi cittadini e agli sponsor internazionali, fosse ai minimi storici.


Per gli oppositori americani della guerra, sia repubblicani che democratici, questa sembra essere la conferma che mantenere l'esercito ucraino potrebbe avere costi proibitivi, soprattutto perché entrambi i partiti politici negli Stati Uniti concordano sul fatto che il loro paese prima o poi dovrà prepararsi a una guerra molto più grande contro la Cina nel Pacifico. (Entro la fine del 2022, infatti, si stima che gli Stati Uniti avranno speso 51 miliardi di dollari per sostenere lo sforzo bellico ucraino; altri 55 miliardi di dollari sono stati versati dall'Europa occidentale. Si prevede che, con il progredire della guerra, ne serviranno molti di più, attualmente serve un miliardo di euro solo per le munizioni da utilizzare nell'offensiva di primavera ucraina). Per gli ucraini e i loro sostenitori europei, la conclusione sembra ovvia: si sta avvicinando il momento in cui gli Stati Uniti si congederanno dal campo di battaglia e consegneranno i loro affari europei incompiuti ai locali.



Rispetto all'Afghanistan, alla Siria, alla Libia e a luoghi simili, ciò che gli americani probabilmente quest'estate lasceranno in Ucraina non è in uno stato altrettanto caotico. In collaborazione con gli Stati baltici e la Polonia, negli ultimi mesi gli Stati Uniti sono riusciti a spingere la Germania sempre piu' verso un ruolo di leadership europea, facendo assumere al paese la responsabilità di organizzare e, soprattutto, finanziare il contributo europeo alla guerra ucraina. Nel primo anno di guerra, l'UE è stata gradualmente trasformata in una forza ausiliaria della NATO, responsabile della guerra economica, mentre la NATO è diventata più che mai uno strumento della politica americana, con il marchio "occidentale".



Quando il Segretario Generale della NATO Stoltenberg sarà ricompensato per il suo duro lavoro con un meritato incarico, la presidenza della Banca Centrale Norvegese, a metà del 2023, si dice che a succedergli sarà Ursula von der Leyen, attualmente presidente della Commissione Europea. Ciò completerà la subordinazione dell'UE alla NATO, vale a dire l'altra organizzazione internazionale molto più potente con sede a Bruxelles e che, a differenza dell'UE, comprende ed è dominata dagli Stati Uniti. Nella sua vita precedente, come è noto, la von der Leyen è stata il ministro della Difesa tedesco sotto il governo Merkel. E in questa veste, è in parte responsabile del presunto stato di desolazione delle forze armate tedesche all'inizio della guerra in Ucraina; a quanto pare, però, le è stato perdonato tutto a causa del suo ardente americanismo in quanto europeista o europeismo in quanto americanista. In ogni caso, nel gennaio 2023, l'UE e la NATO hanno firmato un documento per una più stretta cooperazione, resa possibile anche dalla rinuncia di Finlandia e Svezia alla loro neutralità per entrare nella NATO. Secondo la FAZ, l'accordo "sancisce in modo inequivocabile il primato dell'Alleanza nella difesa collettiva dell'Europa" e conferma così il ruolo guida degli Stati Uniti non solo nella politica di sicurezza europea.



Per quanto riguarda la Germania, il suo governo è attualmente impegnato ad assemblare divisioni di carri armati pronti per il combattimento dai vari produttori europei (gli M1 Abrams americani arriveranno in Europa tra "pochi mesi", secondo l'amministrazione Biden, e i loro equipaggi ucraini saranno addestrati nelle basi militari tedesche). Presto la Germania fornirà e manterrà anche i jet da combattimento che ancora si rifiuta di consegnare nell'ambito degli accordi con gli Stati Uniti, anche se, come dimostra l'esperienza, non per molto ancora.



Nel frattempo, Rheinmetall ha annunciato che costruirà in Ucraina una fabbrica di carri armati con una capacità di 400 carri di ultima generazione all'anno: secondo gli esperti, un investimento enorme, sia dal punto di vista tecnico che finanziario, che sembra impensabile senza garanzie da parte del governo tedesco. Inoltre, alla vigilia della riunione del Ramstein Support Group del 21 aprile, la Germania ha firmato un accordo con la Polonia e l'Ucraina per la creazione di un'officina di riparazione per i carri armati Leopard danneggiati sul fronte ucraino, che sarà ubicata in Polonia e che entrerà in funzione alla fine del 2023 (apparentemente partendo dal presupposto, che sembra essere diventato ovvio tra gli strateghi, vale a dire che la guerra non sarà finita per allora). A ciò si aggiunge la promessa della von der Leyen, liberamente rinnovata più e più volte in nome dell'Unione Europea, che l'Ucraina dopo la guerra sarà ricostruita a spese europee, cioè in pratica tedesche - tra l'altro senza alcuna menzione di un contributo da parte degli oligarchi ucraini, che non sono certo numerosi ma proprio per questo motivo più ricchi. In effetti, la visita del Ministro dell'Economia tedesco Habeck a Kiev all'inizio di aprile, insieme a una delegazione di amministratori delegati di grandi aziende tedesche, è stata l'occasione per sondare le future opportunità commerciali per la ricostruzione dell'Ucraina dopo la fine della guerra.



Certo, potrebbe volerci del tempo prima di allora. I documenti americani recentemente trapelati e le dichiarazioni dei commentatori americani semi-ufficiali indicano che non ci si può aspettare una vittoria finale ucraina a breve, se mai ci sarà. Le forniture occidentali di equipaggiamento militare sembrano essere calibrate per consentire all'esercito ucraino di mantenere la posizione; se i russi dovessero guadagnare territorio, l'Ucraina riceverà tutta l'artiglieria, le munizioni, i carri armati e gli aerei da combattimento di cui ha bisogno per respingerli. Tuttavia, una vittoria ucraina, dichiarata dal partito al governo ucraino come vitale per la sopravvivenza del popolo ucraino, non sembra più essere sulla lista della spesa americana. Se si guarda ai piani di consegna dei carri armati Abrams e dei cacciabombardieri, per quanto si possa evincere dagli annunci ufficiali, ci si aspetta piuttosto qualcosa di simile a una prolungata guerra di trincea, con un corrispondente prolungato spargimento di sangue da entrambe le parti. È interessante in questo contesto che Selenskyj, in un momento apparentemente sconsiderato durante uno dei suoi discorsi televisivi quotidiani, abbia chiesto un sostegno militare più massiccio da parte dell'Occidente, sostenendo che l'Ucraina deve vincere la guerra prima della fine del 2023 perché il popolo ucraino potrebbe non essere disposto a sostenere il peso della guerra per molto tempo ancora.



Mentre gli Stati Uniti europeizzano la guerra, spetterà alla Germania non solo organizzare il sostegno occidentale all'Ucraina, ma anche, a un certo punto, far capire al governo ucraino che alla fine questo sostegno non sarà sufficiente per una pace vittoriosa. In quanto franchisee degli Stati Uniti per la guerra ucraina, la Germania sarà incolpata come il capro espiatorio più di tutti gli altri paesi se l'esito della guerra non sarà all'altezza delle aspettative dell'opinione pubblica in Europa orientale, negli Stati Uniti, tra gli attivisti tedeschi pro-ucraini e certamente nella stessa Ucraina.

carri armati leopard tedeschi
Carri  armati Leopard tedeschi




"Swing verso l'Asia"



Questa prospettiva deve sembrare alquanto scomoda per il governo tedesco, perché ora sembra sempre più improbabile che una decisione sulla fine della guerra venga presa proprio in Europa. Un attore potenzialmente decisivo sullo sfondo sarà la Cina, che rifiuta qualsiasi uso delle armi nucleari e in linea di principio non fornisce armi ai Paesi in guerra, compresa la Russia. Dopo una breve visita a Pechino lo scorso novembre, Scholz ha affermato che si trattava di una concessione alla Germania; la corrispondente politica cinese in realtà è molto più antica. La riluttanza americana a permettere all'Ucraina di vincere in modo definitivo e l'emergente intenzione degli Stati Uniti di consegnare alla Germania la riabilitazione postbellica dell'Ucraina potrebbero essere motivate dal desiderio di permettere alla Cina di attenersi alla sua politica di non interferenza, cosa che probabilmente non sarebbe in grado di fare se la Russia e il suo regime alla fine venissero messi con le spalle al muro. Se si tratta in realtà di qualcosa di più di un accordo tacito, come potrebbe essere un qualche tipo di accordo negoziato, è improbabile che venga reso pubblico in un momento in cui l'amministrazione Biden si sta preparando alla guerra con la Cina.



I supernazionalisti al potere a Kiev iniziano a sentire puzza di bruciato. Poco dopo la riunione del gruppo di sostegno di Ramstein, il viceministro degli Esteri ucraino Andrei Melnyk, rappresentante del classico elemento fascista filo-Bandera nel governo ucraino, ha ringraziato educatamente per la promessa di una consegna di armi. Allo stesso tempo, ha fatto sapere che queste armi erano del tutto insufficienti per una vittoria ucraina nel corso del 2023; per questo, secondo Melnyk, sarebbero stati necessari non meno di dieci volte il numero di carri armati, aerei, obici e simili rispetto a quelli promessi. Melnyk, che ha studiato all'Università di Harvard, doveva sapere che ciò avrebbe irritato profondamente i suoi padroni americani. Il fatto che questo non sembri preoccuparlo piu' di tanto lascia ipotizzare che lui e i suoi coadiutori ritengono che gli Stati Uniti siano da tempo impegnati nel loro "swing to Asia". Può anche essere visto come un segno della disperazione della destra ucraina al potere di fronte alle prospettive di una guerra molto lunga e della sua volontà di combatterla comunque fino in fondo - nella convinzione nazionalista radicale che le vere nazioni crescano sul campo di battaglia, nutrendosi del sangue dei loro migliori eroi.



Un nuovo ordine mondiale: bipolare o multipolare?

La crisi emergente dell'ultranazionalismo ucraino è legata alla lotta appena iniziata per definire un nuovo ordine globale, i cui contorni, compreso il posto dell'Europa e dell'Unione Europea in esso, possono essere compresi solo inserendo la Cina nel quadro generale.



Gli Stati Uniti, nel processo di riorientamento verso l'Asia, sono alla ricerca di un'alleanza globale che circondi la Cina e le impedisca di mettere in discussione il controllo americano del Pacifico conquistato con la Seconda guerra mondiale. In questo modo verrebbe rimpiazzato il mondo unipolare del "Progetto per un nuovo secolo americano" neoconservatore, senza successo, con un mondo bipolare: la globalizzazione, anzi l'iperglobalizzazione, ora con due centri invece di uno, come accaduto nella Guerra Fredda, ma con la Cina al posto dell'Unione Sovietica, e con la lontana prospettiva di un ritorno, forse dopo una guerra calda, a un solo centro, una "Neue Weltordnung Mark II". (Per quanto riguarda il capitalismo, esso si è assicurato per due volte in modo decisivo la propria sopravvivenza lasciandosi ricostruire in maniera sostanziale negli anni successivi alle due grandi guerre del XX secolo, dopo il 1918 e il 1945, in un modo che non si pensava possibile in tempi normali; si può ipotizzare che nei centri capitalistici di pensiero strategico ci sia ancora memoria dell'effetto ringiovanente che la guerra ha avuto sul capitalismo in crisi).



Il progetto geostrategico della Cina, d'altra parte, sembra equivalere a un mondo multipolare. Sia per motivi geografici che per le capacità militari ancora in via di sviluppo, l'obiettivo della politica estera e di sicurezza cinese non può essere un ordine mondiale bipolare nel quale il paese combatte con gli Stati Uniti per il dominio globale, forse anche con l'obiettivo finale di un mondo unipolare con la Cina al centro. Essendo una potenza terrestre circondata da una moltitudine di vicini, la Cina ha bisogno innanzitutto di qualcosa di simile a un cordone sanitario di Paesi che si tengano lontani da alleanze con potenziali rivali - sulla falsariga di una Dottrina Monroe regionale, se vogliamo, in contrapposizione al desiderio degli Stati Uniti di globalizzare la propria Dottrina Monroe. (Gli Stati Uniti hanno solo due vicini, Canada e Messico, e possono stare tranquilli che non saranno mai alleati della Cina).



Un fronte di sicurezza cinese potrebbe essere tenuto insieme da infrastrutture fisiche transfrontaliere e da prestiti generosi. Al di là del suo spazio geografico, la Cina sembra poter contare sulla formazione di una lega di altre potenze regionali non allineate come il Brasile, il Sudafrica o l'India: se vogliamo, possiamo ipotizzare un nuovo Terzo Mondo che resti fuori dall'incombente confronto USA-Cina e, in particolare, si rifiuti di aderire alle sanzioni economiche americane contro la Cina e il suo nuovo protetto russo.

In effetti, ci sono segnali che indicano che la Cina preferirebbe essere vista come una potenza neutrale tra le altre, piuttosto che uno dei due contendenti per il dominio del mondo - almeno fino a quando non sarà sicura di non perdere una guerra contro gli Stati Uniti. Il desiderio di evitare un nuovo bipolarismo sulla falsariga della vecchia Guerra Fredda spiegherebbe anche il rifiuto della Cina di fornire armi alla Russia, che persiste tuttora, mentre allo stesso tempo l'Ucraina viene armata fino ai denti dagli Stati Uniti. (La Cina può permettersi di farlo perché la Russia non ha altra scelta che unirsi alla Cina, armi o meno, qualunque sia il prezzo richiesto dalla Cina per la sua protezione).



In questo contesto, la conversazione telefonica di un'ora tra Xi e Selenskyj del 26 aprile, di cui i media mainstream europei hanno parlato solo di sfuggita, potrebbe aver rappresentato una sorta di svolta. Sembra che Xi si sia offerto come mediatore nella guerra russo-ucraina, sulla base di un piano di pace cinese in dodici punti che era stato liquidato come banale e inutile dai leader occidentali, ammesso che ne avessero tenuto conto. Selenskyj ha descritto la conversazione come "significativa" e ha dichiarato che "è stata prestata particolare attenzione alle possibilità di cooperazione per creare una pace giusta e duratura per l'Ucraina". Se l'intervento cinese avrà successo - il che richiederebbe che Selenskyj sia in grado di rimuovere i suoi integralisti dal governo e che gli Stati Uniti si sentano costretti ad accettare le condizioni per un qualsiasi motivo - potrebbe avere un'importanza costitutente per l'ordine globale emergente dopo la fine della storia. Soprattutto sullo sfondo degli sforzi compiuti con successo dalla diplomazia cinese per riconciliare gli Stati fra loro nemici dell'Iran e dell'Arabia Saudita, è probabile che la conversazione tra Selenskij e Xi a Washington abbia suscitato un certo scalpore.

La delicata linea di Baerbock



Negli ultimi mesi, il ministro degli Esteri tedesco Baerbock ha girato il mondo nel tentativo di coinvolgere il maggior numero possibile di Paesi nel progetto americano di rinnovato bipolarismo attraverso appelli ai valori "occidentali", offerte di sostegno diplomatico, economico e militare e minacce di sanzioni economiche. La credibilità della Baerbock come ambasciatrice giramondo del progetto americano del "Nuovo Ordine Mondiale Mark II" presuppone, è vero, che il suo Paese segua rigorosamente la linea americana, compresa l'esclusione della Cina dall'economia mondiale. Questo, tuttavia, è in conflitto con gli interessi dell'industria tedesca e quindi della Germania in quanto Paese, il che costringe la Baerbock a perseguire una linea delicata, a volte addirittura contraddittoria, nei confronti della Cina. Ad esempio, mentre ha accompagnato la sua recente visita a Pechino con una retorica aggressiva e decisamente ostile, sia prima del suo arrivo che dopo la sua partenza - tanto che la sua controparte cinese si è sentita in dovere di dirle, durante una conferenza stampa congiunta, che l'ultima cosa di cui la Cina aveva bisogno erano le lezioni dell'Occidente -, sembra che durante il suo soggiorno in Cina abbia accennato al fatto che le sanzioni tedesche potrebbero essere selettive piuttosto che onnicomprensive, con relazioni commerciali in alcuni settori industriali che continuerebbero più o meno senza interruzioni.



Tra l'altro, sembra abbastanza probabile che Scholz sia riuscito prima a convincere gli Stati Uniti a concedere alla Germania un certo margine di manovra nelle relazioni con il suo più importante mercato di esportazione, come ricompensa per aver coordinato lo sforzo bellico europeo in Ucraina in linea con le richieste americane. Se gli Stati Uniti sono davvero interessati a un ruolo di mediazione della Cina nella guerra ucraina, difficilmente potrebbero comunque sostenere una dura politica di boicottaggio nei confronti della Cina.

D'altra parte, recentemente i produttori tedeschi sembrano aver perso quote di mercato in Cina in misura drammatica nel settore automobilistico, dove i clienti cinesi stanno evitando i nuovi veicoli elettrici tedeschi in favore di quelli cinesi. Ciò potrebbe essere dovuto al fatto che i modelli tedeschi sono meno attraenti dei loro concorrenti cinesi, ma anche alla retorica anticinese tedesca in un Paese con forti sentimenti nazionalisti e anti-occidentali. Se così fosse, il problema dell'eccessiva dipendenza dell'industria tedesca dalla Cina come mercato di esportazione potrebbe presto risolversi da solo.



La politica anticinese della Germania, in linea con gli Stati Uniti e il loro progetto politico mondiale bipolare, sfocia in conflitti non solo interni ma anche internazionali. Ciò è particolarmente vero per il rapporto con la Francia, che minaccia di dividere l'Unione Europea ancora di più di quanto non lo sia già. Le aspirazioni francesi verso una "autonomia strategica" per l'"Europa" (e allo stesso tempo di "sovranità strategica" per la Francia) hanno una chance solo in un mondo multipolare con un gran numero di Paesi non allineati politicamente pesanti, esattamente nello spirito di ciò a cui sembrano aspirare i cinesi. Fino a che punto questo implichi una sorta di equidistanza dagli Stati Uniti da un lato e dalla Cina dall'altro è una questione che il presidente francese Emmanuel Macron lascia aperta - in modo del tutto intenzionale, si può supporre; a volte sembra chiedere l'equidistanza, a volte no. In ogni caso, l'equidistanza è un anatema come il non allineamento tra i militanti filo-occidentali, in Germania in particolare fra i Verdi, che attualmente controllano la politica estera tedesca. Essi diffidano profondamente delle occasionali proteste di Macron secondo cui l'"autonomia strategica" sarebbe compatibile con la lealtà transatlantica, in un momento di crescente confronto tra "l'Occidente" e il nuovo impero del male in Asia orientale.



Macron e i precedenti presidenti francesi hanno sempre saputo che per dominare l'Unione Europea, la Francia ha bisogno della Germania al suo fianco, o nel gergo di Bruxelles: sul sedile posteriore di un tandem franco-tedesco. Il problema è che ora la Germania sembra esserne finalmente uscita da questa visione. Sotto la guida dei Verdi, sogna, insieme alla Polonia e agli Stati baltici, di portare Putin davanti alla Corte penale internazionale dell'Aia, il che presuppone che i carri armati ucraino-tedeschi entrino a Mosca proprio come un tempo i carri armati sovietici sono entrati a Berlino. Macron, invece, vuole dare a Putin l'opportunità di "salvare la faccia" e tenersi aperta la possibilità di offrire alla Russia una ripresa delle relazioni economiche, dopo un cessate il fuoco mediato, se non dalla Francia, forse da una coalizione di Paesi non allineati del "Sud globale" o addirittura dalla Cina.



Il crepuscolo dell'alleanza franco-tedesca alla guida dell'UE e la trasformazione delle sue rovine in un'infrastruttura economica e militare anti-russa, gestita dai Paesi dell'Europa orientale in nome del transatlantismo americano, non è mai stato così evidente come durante il viaggio di Macron in Cina del 6 aprile, dopo Scholz (4 novembre) e prima di Baerbock (13 aprile). Curiosamente, Macron si è fatto accompagnare dalla von der Leyen, secondo alcuni come controlloare tedesco per impedirgli di abbracciare Xi in modo troppo appassionato, secondo altri per dimostrare ai cinesi che un presidente dell'UE non è un vero presidente.

I cinesi, che probabilmente hanno ben interpretato i segnali di Macron, gli hanno riservato un trattamento di riguardo, pur essendo indubbiamente consapevoli dei suoi problemi interni; a von der Leyen, invece, nota come integralista transatlantica, è stato riservato un non trattamento speciale. Durante il volo di ritorno con il suo aereo, senza la von der Leyen, che è volata altrove, Macron ha dichiarato alla stampa che gli alleati americani non sono vassalli americani, il che è stato interpretato ancora una volta come una richiesta all'Europa di mantenere la stessa distanza dalla Cina e dagli Stati Uniti. La Germania, in primis il suo ministro degli Esteri, è rimasta sconcertata e lo ha fatto sapere senza mezzi termini, seguita - doverosamente e unanimemente, come è consuetudine di questi tempi - dai media tedeschi.



Pochi giorni dopo, l'11 aprile, Baerbock ha partecipato alla riunione dei ministri degli Esteri del G7 in Giappone. Lì ha convinto i suoi colleghi, compreso quello francese, a giurare il più possibile fedeltà alla bandiera americana, che come sappiamo rappresenta un mondo indivisibile con libertà e giustizia per tutti. A quel punto, Macron, constatando che la sua spinta retorica contro il vassallaggio franco-europeo aveva riscosso scarso interesse da parte degli oppositori della sua riforma pensionistica, aveva già fatto marcia indietro e riaffermato la sua perenne fedeltà alla NATO e agli Stati Uniti. Non c'è motivo tuttavia di credere che questo fermerà la svolta dell'Unione Europea in atto dalla guerra in Ucraina: una crescente spaccatura tra Francia e Germania e l'ascesa dei paesi membri dell'Europa dell'Est in seguito al ritorno degli Stati Uniti in Europa sotto la guida di Biden, nel quadro di una preparazione ad un confronto globale con il Paese di Xi sulla scia dell'implacabile spinta americana a rendere il mondo piu' sicuro per la democrazia.


Leggi gli altri articoli di Wolfgang Streeck -->>



martedì 4 aprile 2023

Wolfgang Streeck - Germans to the front! (parte seconda)

"Nel complesso, dopo le elezioni americane di metà mandato, sembra esserci stato uno sforzo congiunto da parte degli Stati Uniti e della NATO per portare la Germania nella guerra...una Germania che negli episodi del Nord Stream e del Leopard 2 è stata sufficientemente umiliata in maniera pubblica da aver capito che, se non vuole essere messa alle strette dagli Stati Uniti, deve essere pronta a guidare l'Europa per suo conto" scrive il grande intellettuale tedesco Wolfgang Streeck. Per Streeck potrebbe essere proprio la Germania, sotto la pressione americana, a prendere la leadership nella guerra in Ucraina. Ne scrive Wolfgang Streeck su Makroskop.de

La leadership tedesca ovvero il nuovo desiderio di eroismo

Per la coalizione di governo tedesca, ma anche per l'amministrazione Biden, una questione cruciale in merito all'assegnazione alla Germania della leadership è se il pacifismo postbellico del Paese è ancora abbastanza forte da ostacolarla. Forse non è più così. L'abolizione del servizio di leva sembra aver reso più facile - non diversamente dagli Stati Uniti - considerare le guerre come un mezzo appropriato al servizio del bene: a differenza di quanto accade in Ucraina, in Germania i figli, gli amici, i mariti non corrono il rischio di dover partire per la guerra.

In gran parte delle giovani generazioni, c'è un idealismo morale che copre il crudo materialismo dell'uccidere e del morire. All'interno e intorno ai Verdi tedeschi, dall'inizio della guerra è emersa una sorta di nuova voglia di eroismo in una generazione che fino a poco tempo fa era considerata decisamente post-eroica. Non ci sono più i genitori, e nemmeno i nonni che possono raccontare in prima persona la vita e la morte in trincea. Si sogna apparentemente un tipo di guerra sterilizzata, rigorosamente secondo la Convenzione dell'Aia, almeno da parte nostra: non più una questione di guerra e di pace, ma di colpa e di espiazione, con l'obiettivo finale, che vale centinaia di migliaia di vite, di mettere Putin sotto processo.

Forse sono in gioco anche fattori specificamente tedeschi. Nella generazione verde, più che altrove in Europa, il nazionalismo come fonte di integrazione sociale è stato sostituito da un manicheismo pervasivo che divide il mondo, sia tra i Paesi che al loro interno, in due campi: il bene e il male. È giunto il momento di esaminare e comprendere questo cambiamento nello Zeitgeist tedesco, apparentemente avvenuto in modo insidioso e in gran parte inosservato. Le sue implicazioni politiche potrebbero includere il fatto che, diversamente da un mondo di nazioni, non ci può essere una pace basata su un equilibrio di forze e interessi, bensì una lotta senza quartiere contro le forze del male, definite sommariamente "fascismo", essenzialmente le stesse a livello internazionale e nazionale.




La somiglianza con le idee politiche americane è inconfondibile, sia con i neocon che con i democratici idealisti, incarnati ad esempio da Hilary Clinton. A sinistra dello spettro politico tedesco, la sindrome sembra essere particolarmente pronunciata, laddove in passato sarebbe stata la base naturale di un movimento contro la guerra e per la pace o almeno per il cessate il fuoco. Oggi, invece, nemmeno la Linke si è sentita in grado di appoggiare la manifestazione per la pace organizzata da Sahra Wagenknecht e Alice Schwarzer il 25 febbraio scorso, anche a rischio di spaccare il partito cessandone l'esistenza in quanto forza politica.

Nel dopoguerra, inoltre, i tedeschi hanno avuto a lungo la tendenza ad ascoltare con simpatia i non tedeschi che imputavano loro presunti deficit morali collettivi e chiedevano loro, in una forma o nell'altra, una certa umiltà. Non c'è altra spiegazione per la straordinaria popolarità del già citato ambasciatore ucraino in Germania, Andrey Melnyk, fan sfegatato del terrorista, collaborazionista nazista e criminale di guerra Stepan Bandera e del suo collega alla guida dei nazionalisti ucraini nel periodo tra le due guerre e sotto l'occupazione tedesca, anch'egli di nome Andrey Melnyk. Su Twitter, Melnyk ha incessantemente rimproverato i politici tedeschi, dal presidente tedesco Steinmeier in giù, di non essersi sufficientemente schierati con l'Ucraina, con un linguaggio che avrebbe portato alla revoca del suo accreditamento in qualsiasi altro Paese. Non passava una settimana senza che Melnyk venisse invitato a uno dei regolari talk show televisivi in cui accusava ripetutamente i politici tedeschi di una cospirazione genocida con la Russia contro il popolo ucraino.

Anche dopo l'ascesa alla carica di viceministro degli Esteri del suo Paese nell'autunno del 2022, Melnyk ha continuato a svolgere un ruolo di primo piano nel dibattito tedesco sugli obblighi del Paese nei confronti dell'Ucraina. Ad esempio, in riferimento a un articolo della Süddeutsche Zeitung in cui Jürgen Habermas, troppo misurato e tardivo agli occhi di molti, aveva sostenuto la necessità di un cessate il fuoco in Ucraina per consentire i negoziati di pace ha twittato:

"Che anche Jürgen Habermas sia così sfacciatamente al servizio di Putin mi lascia senza parole. È una vergogna per la filosofia tedesca. Immanuel Kant e Georg Friedrich Hegel si rivolterebbero nella tomba dalla vergogna".

(Un altro esempio del tono della discussione pubblica tedesca è il tweet di un giovane, alquanto mediocre, probabilmente impegnato in un tour finalizzato al marketing, il cosiddetto commediante Sebastian Bielendorfer: "Sahra Wagenknecht è semplicemente il guscio vuoto di un ammasso di cellule intellettualmente e umanamente completamente degenerato. Non dovrebbe essere invitata ai talk show, dovrebbe essere curata". Un giorno dopo: "Twitter ha cancellato il tweet. Deplorevole. La verità rimane").

Nel complesso, dopo le elezioni americane di metà mandato, sembra esserci stato uno sforzo congiunto da parte degli Stati Uniti e della NATO per portare la Germania nella guerra, facendolo in modo sempre più esteso e attivo. Altri Paesi europei nell'ultimo anno hanno imparato a mandare avanti la Germania in modo da poter restare loro stessi ai margini (Paesi Bassi) oppure per poter perseguire i propri interessi con maggiori possibilità di successo (Polonia e Paesi baltici). La Germania, a sua volta, stanca di essere spinta in avanti da altri, potrebbe essere sempre più propensa a spingere in avanti se stessa. Già nel 2022, i principali rappresentanti della socialdemocrazia, tra cui il nuovo leader del partito Lars Klingbeil, parlavano apertamente del fatto che la Germania dovesse assumere un ruolo di leadership in Europa e che fosse pronta a farlo.




È importante notare che in questo contesto la Francia non viene più menzionata. Dopo aver finto per troppo tempo di non essere coinvolta, la Francia ora potrebbe essere sempre più trattata come tale da una Germania messa alle strette. Il possibile ruolo che la Germania potrebbe assumere in questo processo sarebbe quello di un subappaltatore politico e militare privilegiato degli Stati Uniti - una Germania che negli episodi del Nord Stream e del Leopard 2 è stata sufficientemente umiliata in maniera pubblica da aver capito che, se non vuole essere messa alle strette dagli Stati Uniti, deve essere pronta a guidare l'Europa per suo conto. In questo ruolo, la Germania però riceverebbe gli ordini da Washington attraverso Bruxelles, intendendo con Bruxelles non l'UE ma la NATO, una catena di comando emergente visualizzata dalla disposizione dei posti alle conferenze di Ramstein, con Stati Uniti, Ucraina e Germania in testa. In tale funzione evolutiva, la Germania però avrebbe il compito di racimolare e pagare le armi che le forze ucraine ritengono necessarie per la vittoria finale - con il rischio, qualora questa non si concretizzi, di essere ritenuta colpevole, al posto degli Stati Uniti, di incompetenza, vigliaccheria, avarizia e, naturalmente, simpatia per il nemico.

Col tempo, la partecipazione indiretta della Germania alla guerra potrebbe diventare sempre più diretta e svilupparsi in modo simile al suo ruolo di fornitore di armi. Già oggi un numero considerevole di soldati ucraini viene addestrato in Germania, nelle basi americane ma sempre più anche in quelle della Bundeswehr, e non pochi tedeschi, per lo più di destra, combattono nelle legioni internazionali con l'esercito ucraino. Presto i Leopard, una volta arrivati sul campo di battaglia, dovranno essere revisionati e riparati, il che potrebbe richiedere il loro ritorno in Germania. Rheinmetall ha annunciato che aprirà in Ucraina una fabbrica per costruire circa 400 carri armati Leopard all'anno, apparentemente partendo dal presupposto che la guerra durerà abbastanza a lungo da permettere ai carri armati prodotti in Ucraina di essere messi in servizio per i propri scopi e rendere la fabbrica redditizia. Naturalmente, la fabbrica dovrà essere protetta da difese aeree - preferibilmente, presumibilmente, da squadre tedesche esperte. Per quanto riguarda i velivoli da combattimento, la cosa più sicura è che siano posizionati lontano dai campi di battaglia, magari in Renania, dove esistono già le strutture necessarie per la loro manutenzione. Gli esperti di diritto internazionale discuteranno se tale supporto renda o meno un Paese belligerante, ma alla fine sarà la Cina, e non un tribunale, a decidere quali azioni la Russia potrà intraprendere in risposta.

Per l'Unità dell'Occidente

La visita a sorpresa di Scholz a Washington il 4 marzo, durante la quale nessuna delle due parti ha rivelato informazioni su ciò che è stato discusso in privato durante gli ottanta minuti di colloquio con Biden, potrebbe essere servita a Biden per dare una lezione a Scholz e spiegargli cosa ci si aspetta dalla Germania se vuole essere un alleato affidabile dell'Occidente, dal punto di vista politico, materiale e militare. Questo poteva anche essere il momento per ancorare il governo tedesco alla "narrazione" che i servizi segreti americani hanno sviluppato per contrastare il Rapporto Hersh. Ai tedeschi potrebbe essere stato detto che questo è il risultato preliminare ufficiale della loro indagine, con l'obiettivo di sottoporli a un altro test quia-absurdum per scoprire quanto sono disposti ad accettare per il bene dell'unità dell'"Occidente".

Forse si è parlato anche di cosa fare quando non si potrà più nascondere la saggezza alquanto banale espressa da tutti gli esperti militari, vale a dire che una guerra di terra può essere vinta solo sul terreno. Al più tardi, allora, si dovrà affrontare la questione di come rimpiazzare i molti soldati ucraini morti, feriti o che hanno disertato. Forse è arrivata l'ora di un "esercito europeo", addestrato dalla Bundeswehr ed equipaggiato a spese dei tedeschi con prodotti di qualità di Rheinmetall e altri? Seguendo il modello del primo esercito europeo, le legioni romane multinazionali, le truppe potrebbero essere reclutate come volontari nei Paesi dell'Europa dell'Est o tra i potenziali immigrati di altri Paesi, ai quali verrebbe concessa la cittadinanza europea dopo il servizio. I comandanti sul campo di battaglia, essenziali anche nell'era dell'intelligenza artificiale, potrebbero avere due passaporti, il loro primo e un altro ucraino rilasciato di recente. Poiché gli ucraini, secondo la von der Leyen, stanno dando la loro vita per i nostri "valori", la Germania non sarebbe costretta a reintrodurre il servizio militare obbligatorio, rischiando così di perdere il sostegno popolare per la sua partecipazione alla guerra. D'altra parte, non si sa mai, soprattutto in tempo di guerra.

C'è naturalmente un'altra strada percorribile che vede la Germania come franchisee europeo degli Stati Uniti. Le richieste sempre più pressanti e incessanti del governo ucraino di avere un numero sempre maggiore di armi sembrano aver portato a una certa esasperazione da parte degli americani nei confronti del loro alleato ucraino. Soprattutto perché la volontà del Congresso di continuare a finanziare la guerra sta diminuendo. Sullo sfondo, potrebbe esserci anche il ricordo della richiesta pubblica del Presidente Selenskiy di avviare una rappresaglia nucleare da parte degli Stati Uniti per un presunto missile russo atterrato sul suolo polacco, che poi si è rivelato essere un missile ucraino errante. A ciò si aggiunge la richiesta pubblica di bombe a grappolo che potrebbe essere scaturita dalla momentanea esuberanza per il successo del Leopard 2. Il fatto che il resoconto alternativo della distruzione dei gasdotti Nord Stream, apparentemente fabbricato dall'intelligence americana, contenga un riferimento all'Ucraina può essere interpretato come un segnale di avvertimento al governo di Kiev.




Ritirandosi dal comando operativo della guerra in Ucraina e consegnandolo alla Germania, gli Stati Uniti potrebbero risparmiarsi l'imbarazzo di dover dire a Kiev che il sostegno occidentale ai suoi obiettivi bellici più ambiziosi non è illimitato. La Germania, da parte sua, potrebbe provare a fare quello che a volte fanno gli agenti quando il loro capo non può controllare nel dettaglio come svolgere la propria missione. Se la Germania assumesse la guida europea della NATO su richiesta degli Stati Uniti, potrebbe trovarsi nella posizione di resistere ai tentativi ucraini di trascinarla sempre piu' a fondo nella guerra e di cercare qualcosa di simile a un accordo sulla falsariga degli accordi di Minsk, oltre al semplice congelamento del conflitto. Aiutando gli Stati Uniti a liquidare in maniera parziale la loro posizione in Ucraina, potrebbero fare loro un favore e riaccendere una bella amicizia.

Se la Germania sarà effettivamente in grado di farlo dipenderà non da ultimo anche dalla capacità di raffreddare il nuovo entusiasmo per la guerra che coinvolge soprattutto la parte verde dell'opinione pubblica tedesca. Baerbock e i suoi sostenitori denunceranno come tradimento e disprezzo per la volontà del popolo ucraino tutto ciò che non porterà a un cambio di regime a Mosca. Resta da vedere se gli spiriti che sono stati evocati per provocare l'inversione di tendenza potranno essere eliminati nel breve termine. La retorica del primo anno di guerra potrebbe aver escluso per un certo periodo di tempo qualsiasi tentativo di pacificazione che esclude una vittoria totale, il che nel breve termine renderebbe impossibile porre fine al massacro, anche se gli Stati Uniti perdessero interesse in tal senso.

Inoltre, facendo saltare i gasdotti, la Germania probabilmente è stata deliberatamente privata dell'opportunità di offrire alla Russia la ripresa delle forniture di gas in cambio della sua partecipazione a qualcosa di simile a un processo di pace - per non parlare della vasta gamma di sanzioni economiche definite dagli Stati Uniti.

Durante la rivolta dei Boxer nel 1900, la Forza di spedizione europea, guidata da Sir Edward Hobart Seymour, ammiraglio della Royal Navy, era in viaggio da Tientsin a Pechino. Poco prima di raggiungere la destinazione, incontrò una forte resistenza cinese. Nel momento del bisogno, l'ammiraglio Seymour diede l'ordine al comandante del contingente tedesco, il capitano von Usedom: "The Germans to the front!". La tradizione militare tedesca con orgoglio considera questo episodio come un momento di supremo riconoscimento internazionale dell'abilità militare tedesca. A volte la storia si ripete.



lunedì 3 aprile 2023

Wolfgang Streeck - Germans to the front!

"La Germania - si ha la sensazione che già da tempo sia stata preparata dagli Stati Uniti per i "valori occidentali", vale a dire per il ruolo di comandante in capo nella parte ucraina della guerra globale. La germanizzazione del conflitto ucraino eviterebbe all'amministrazione Biden di doversi impegnare e di dover chiedere il sostegno dei cinesi per ritirarsi da una guerra che rischia di diventare impopolare a livello nazionalescrive Wolfgang Streeck. Per il grande intellettuale tedesco potrebbe essere proprio la Germania, sotto la pressione americana, a prendere la leadership nella guerra in Ucraina. Ne scrive Wolfgang Streeck su Makroskop.de


Sotto la pressione degli Stati Uniti, il coinvolgimento indiretto della Germania nella guerra in Ucraina potrebbe diventare sempre più diretto - e svilupparsi in modo simile al suo ruolo nella fornitura di armi.

La legge di Hofstadter, diretta discendente della legge di Murphy, è nota sotto questa forma: "Tutto richiede più tempo di quanto si pensasse". L'anno scorso, il signore della guerra russo, Putin, ha avuto modo di conoscerla. Se avesse seguito l'esempio di Trotsky e Mao Zedong e avesse dedicato un po' di tempo alla lettura di Clausewitz, avrebbe potuto risparmiarsi lo shock. Dopo il fallimento della presa di Kiev, che avrebbe dovuto essere completata in una o due settimane, Putin ha dovuto affrontare la spiacevole prospettiva di una guerra di durata indeterminata non solo con Kiev ma anche, in una forma o nell'altra, con gli Stati Uniti, se veramente intende porre fine una volta per tutte al fascismo endogeno e all'occidentalismo esogeno dell'Ucraina.

Pochi mesi dopo, anche l'omologo americano di Putin, Biden, si è dovuto rendere conto di una cosa simile. Non c'era alcuna vittoria ucraina in vista e l'arsenale di sanzioni economiche occidentali contro la Russia e gli amici oligarchi di Putin aveva fatto sorprendentemente pochi danni alla capacità della Russia di resistere nel Donbass e nella penisola di Crimea. Le elezioni di midterm del novembre 2022, inoltre, hanno reso inequivocabilmente chiaro che la disponibilità dell'elettorato americano a finanziare le avventure della squadra Biden-Blinken-Sullivan-Nuland è tutt'altro che illimitata e che l'incombente guerra di logoramento, di cui non si intravede la fine, potrebbe diventare un peso mortale nelle elezioni presidenziali del 2024.

Dal momento che un ritiro come quello dall'Afghanistan, rimasto indimenticabile persino per l'opinione pubblica americana, notoriamente ignara, è fuori questione, e che d'altra parte Putin non ha altra scelta che continuare o affondare, spetta ora a Biden decidere come procedere.



Alternativa 1: "congelamento"

All'inizio di marzo 2023, sembra che gli Stati Uniti si trovino a dover scegliere tra due alternative, e in fretta. La prima è la via d'uscita cinese. Dopo la visita di un giorno di Scholz a Pechino il 4 novembre, la Cina e Xi in persona hanno ripetutamente insistito sul fatto che l'uso di armi nucleari, comprese quelle di natura tattica, deve essere escluso in ogni caso. Per ragioni ben comprensibili, ciò preoccupa la Russia più degli Stati Uniti o dell'Ucraina, date le carenze ormai ampiamente visibili delle forze armate convenzionali russe. Con un bilancio militare di poco superiore a quello della Germania - e che si è presumibilmente dimostrato inadeguato nell'ambito della attuale svolta storica - la Russia, a differenza della Germania, deve mantenere un'arma nucleare con capacità strategiche intercontinentali equivalenti a quelle degli Stati Uniti. Le conseguenze sono state evidenti quando l'esercito russo si è dimostrato incapace di prendere Kiev, che dista solo 300 chilometri dal confine russo-ucraino.

Segnalando alla Russia, che dipende da lei come il suo più vicino e potente alleato, che una risposta nucleare a un'avanzata ucraina armata dagli americani non era auspicabile, la Cina ha fatto un favore importante agli Stati Uniti e alla NATO, così importante che è difficile credere che sia stato concesso senza una contropartita. Ci sono infatti indicazioni che in cambio gli Stati Uniti si siano impegnati a limitare la forza militare dell'Ucraina a un livello che non potesse mettere la Russia in una situazione tale da costringerla a ricorrere alle armi nucleari - tattiche. Il risultato di un tale tacito accordo, se esiste, come sembra probabile, sarebbe un "congelamento" della guerra: uno stallo sulle attuali posizioni territoriali dei due eserciti che potrebbe durare anni.

Se gli Stati Uniti fossero disposti a stare al gioco, questo tipo di diplomazia potrebbe continuare sotto l'egida della Cina. Non è molto lontano da una situazione di stallo o di un cessate il fuoco, e poi forse potrebbe portare a qualcosa di simile a un accordo di pace, anche se si trattasse di una pace disordinata come accadde in Bosnia e in Kosovo. Gli Stati Uniti dovrebbero costringere il governo ucraino a farne parte, cosa che non dovrebbe essere troppo difficile, visto che sono stati loro stessi a nominarlo: "Il Signore ha dato e il Signore ha tolto; sia benedetto il nome del Signore".

Dal punto di vista americano, tuttavia, un importante difetto di questo tipo di soluzione sarebbe che i cinesi potrebbero aspettarsi concessioni in Asia in cambio dei loro buoni uffici e dell'aiuto alla rielezione di Biden, il che renderebbe più difficile per Biden fare ciò che chiaramente vuole fare dopo l'Ucraina: attaccare la Cina in un modo o nell'altro per evitare quella che nel dibattito strategico statunitense odierno viene definita la "trappola di Tucidide", ossia la necessità per un egemone in carica di attaccare un rivale in ascesa abbastanza presto, quando si puo' essere relativamente ancora sicuri di vincere la guerra.



Alternativa 2: La Germanizzazione

Per quanto la prospettiva di una via d'uscita dal pantano ucraino possa essere allettante, ci sono segnali che indicano che gli Stati Uniti si stanno orientando verso un secondo approccio alternativo che potrebbe essere definito di europeizzazione, o addirittura di germanizzazione della guerra. Ricordiamo la cosiddetta vietnamizzazione della guerra in Vietnam. Alla fine forse non ha funzionato - gli Stati Uniti sono stati sconfitti, non il loro proxy regionale, che non è mai stato altro che un fantoccio americano - ma ha dato respiro agli Stati Uniti e ha permesso alla loro macchina propagandistica di vendere all'opinione pubblica americana la prospettiva di un ritiro onorevole dal campo di battaglia, in cui il massacro sarebbe stato lasciato a un alleato politicamente affidabile e militarmente capace.

Negli anni Sessanta nel Sud-Est asiatico non c'era un alleato di questo tipo, ma nell'Europa del 2020 le cose potrebbero essere diverse. A differenza dell'Afghanistan, gli Stati Uniti potrebbero ritirarsi lentamente dalle attività operative della guerra, supervisionandola invece di guidarla, lasciando il supporto materiale, le decisioni tattiche e la consegna delle brutte notizie al governo ucraino ad un subcomandante locale che potrebbe fungere da capro espiatorio e fustigatore in caso di fallimento.

Chi potrebbe assumersi questo compito? È chiaro che l'Unione Europea non può farlo. E' guidata da un ex ministro della Difesa, ma la sua incompetenza è diventata evidente da quando, grazie al trasferimento a Bruxelles, per un soffio ha evitato un'inchiesta parlamentare sui suoi  fallimenti ministeriali. Ma soprattutto, l'UE non dispone di fondi veri e propri e chi a Bruxelles decide cosa fare con chi è un mistero anche per gli addetti ai lavori, il che porta regolarmente a decisioni lente, poco chiare e prive di responsabilità - non proprio ciò che serve in una guerra.

Il compito non può essere affidato al Regno Unito, che con la Brexit si è sganciato dall'apparato legislativo dell'UE. Il Regno Unito inoltre funge già da comando ausiliario globale per conto degli Stati Uniti nella costruzione di un fronte mondiale contro la Cina. Non è nemmeno in discussione il famoso "tandem" franco-tedesco, che nessuno con certezza può ammettere che sia qualcosa di più di una chimera giornalistica o diplomatica.

Resta la Germania - e in effetti, a posteriori, si ha la sensazione che già da tempo sia stata preparata dagli Stati Uniti per i "valori occidentali" - vale a dire per il ruolo di comandante in capo nella parte ucraina della guerra globale. La germanizzazione del conflitto ucraino eviterebbe all'amministrazione Biden di doversi impegnare e di dover chiedere il sostegno dei cinesi per ritirarsi da una guerra che rischia di diventare impopolare a livello nazionale. Gli sforzi americani per utilizzare la Germania come proxy europeo possono attingere all'eredità della Seconda guerra mondiale, vale a dire una forte presenza militare statunitense nel paese, ancora basata sulle rivendicazioni legali che risalgono alla resa incondizionata della Germania nel 1945.



Attualmente sono circa 35.000 i soldati americani di stanza in Germania, con 25.000 familiari e 17.000 civili, più di qualsiasi altra parte del mondo ad eccezione, presumibilmente, di Okinawa. In tutto il Paese, gli Stati Uniti mantengono 181 basi militari, le più grandi delle quali sono Ramstein in Renania-Palatinato e Grafenwoehr in Baviera. Ramstein ha avuto  il ruolo di quartier generale operativo nella cosiddetta "guerra al terrore" - tra l'altro da li' vengono coordinati i voli navetta per i prigionieri di tutto il mondo verso Guantanamo - ed è tuttora il posto di comando per tutti gli interventi americani in Medio Oriente. Infine, le basi americane in Germania ospitano un numero imprecisato di testate nucleari, alcune delle quali possono essere lanciate dall'aviazione tedesca con cacciabombardieri certificati dagli Stati Uniti (nell'ambito della cosiddetta "condivisione nucleare") verso obiettivi specificati dagli USA.

Nel dopoguerra, i governi tedeschi, infatti, hanno ripetutamente cercato di sviluppare una propria politica di sicurezza nazionale - come la politica di distensione di Willy Brandt, guardata con sospetto da Nixon e Kissinger; c'è stato poi il rifiuto di Schröder, insieme a Chirac, di unirsi alla "coalizione dei volenterosi" nella fallita ricerca di armi di distruzione di massa in Iraq; Il veto posto da Merkel nel 2008, insieme a Sarkozy, all'ammissione dell'Ucraina e della Georgia alla NATO; il tentativo di Merkel, insieme a Hollande, di mediare un qualche tipo di accordo tra Russia e Ucraina, culminato negli accordi di Minsk I e II; e l'ostinato rifiuto di Merkel di prendere sul serio l'obiettivo della NATO di un bilancio della difesa pari al due per cento del prodotto nazionale.

Nel 2022, tuttavia, il declino del Partito Socialdemocratico e l'ascesa dei Verdi hanno  definitivamente indebolito la capacità e la volontà della Germania di lottare per un minimo di autonomia strategica. Ciò si è resto evidente due giorni dopo l'inizio della guerra nel discorso di svolta di Scholz al Bundestag, di fatto una promessa fatta agli Stati Uniti che l'insubordinazione in stile Brandt, Schröder e Merkel non si sarebbe ripetuta.



Una prova dopo l'altra

Scholz forse sperava che il fondo speciale da 100 miliardi di euro, destinato a riarmare la Bundeswehr, fatto con del nuovo debito e invisibile nei normali conti di bilancio, avrebbe placato qualsiasi sospetto di disobbedienza tedesca. Invece, il primo anno di guerra in Ucraina ha visto una serie di test, concepiti e condotti dagli esperti statunitensi di governance globale per esplorare la reale profondità della conversione della Germania: dal pacifismo postbellico all'occidentalismo anglo-americano. Quando, poche settimane dopo il discorso della svolta, gli osservatori scettici hanno notato che nessuno dei 100 miliardi di euro di denaro fresco fosse stato ancora speso - una situazione che perdura tuttora - per il governo tedesco non è stato sufficiente sottolineare che le nuove attrezzature dovranno essere prima ordinate, poi pagate e che prima di essere ordinate devono anche essere selezionate. Per dimostrare la sua buona volontà, la Germania si è quindi affrettata a firmare un contratto per 35 aerei F-35 - con il governo americano e non, come ci si sarebbe potuti aspettare, con i produttori Lockheed Martin e Northrop Grumman. L'aereo, da tempo oggetto del desiderio del ministro degli Esteri verde, dovrà sostituire la flotta di Tornado, presumibilmente obsoleta che la Germania mantiene per la sua condivisione nucleare. Per una cifra stimata in otto miliardi di dollari, comprese le riparazioni e la manutenzione, gli aerei dovrebbero essere consegnati verso la fine del decennio con un contratto che sorprendentemente dà al governo americano il diritto di ritoccare unilateralmente il prezzo verso l'alto se dovesse ritenerlo opportuno.



Alla fine l'accordo sugli F-35 non ha dato ai tedeschi altro che una breve tregua. Mentre i lobbisti tedeschi e di altri Paesi e le forze armate discutevano su come spendere al meglio il resto del fondo speciale, Scholz, per placare l'impazienza americana, ha licenziato il ministro della Difesa, un politico SPD di lungo corso che era stato nominato contro la sua volontà, a quanto pare per soddisfare una presunta esigenza generale di parità di genere nel gabinetto federale. Poco prima che se ne andasse, uno dei suoi potenziali successori come garante della Bundeswehr ha chiesto un aumento del fondo speciale da 100 miliardi a 300 miliardi. Pochi giorni dopo, l'incarico è passato ad un altro uomo della SPD, all'epoca ministro degli Interni della Bassa Sassonia, che non ha alcuna esperienza militare, ma che emana qualcosa di simile a una competenza gestionale completa. Uno dei suoi primi atti in carica è stato quello di risolvere un'ambiguità fino ad allora accuratamente coltivata nel discorso della svolta, ovvero se i 100 miliardi dovevano essere utilizzati per aumentare il bilancio regolare della difesa fino alla soglia del due per cento fissato dalla NATO o se dovessero essere aggiunti a quel due per cento come una sorta di punizione per i fallimenti del passato.

Secondo il nuovo uomo, Pistorius, era quest'ultimo lo scenario da prendere in considerazione - il che per lui significava che la spesa per la difesa sarebbe dovuta aumentare di 10 miliardi di euro all'anno per diversi anni, in aggiunta e indipendentemente dalla spesa del fondo speciale. Quando l'allora Segretario Generale della NATO Stoltenberg, che sta per diventare capo della Banca Centrale Norvegese - una posizione di prestigio ma simbolica, se mai ce ne fosse stata una - ha fatto sapere che d'ora in poi il 2% deve essere considerato il minimo da superare, Pistorius è stato uno dei primi ad acconsentire pubblicamente.

Il test successivo, nel settembre 2022, è stata la distruzione dei gasdotti Nord Stream 1 e 2 da parte di un commando americano-norvegese, come riportato da Seymour Hersh. In questo caso, il compito del governo tedesco è stato proprio quello di fingere di non sapere chi fosse stato, di mantenere un generale silenzio sull'evento e di far sì che la stampa tedesca facesse lo stesso o dicesse al pubblico che era stato "Putin". La prova è stata superata a pieni voti. Quando, poche settimane dopo l'incidente, una deputata al Bundestag della Linke - l'unica su 736 membri - ha chiesto al governo cosa sapesse in merito, le è stato risposto che per motivi di "interesse supremo dello Stato" non era possibile rispondere a tali domande né ora né in futuro. Il giorno dopo che Hersh ha reso pubbliche le sue scoperte, la Frankfurter Allgemeine titolava: "Cremlino: gli USA hanno danneggiato gli oleodotti".

„Stand with Ukraine!“

Un'altra prova di lealtà durata a lungo, parallelamente alla battaglia sul bilancio, ha riguardato la fornitura di armi e munizioni all'esercito ucraino. Dal 2014, infatti, l'Ucraina è il Paese industrializzato con l'aumento annuale del budget per la difesa di gran lunga più elevato, spese militari pagate non dai suoi oligarchi ma dagli Stati Uniti, che di fatto puntavano alla cosiddetta "interoperabilità" tra l'esercito ucraino e la NATO (da raggiungere entro il  2020, secondo le cifre ufficiali). Mentre questo deve essere stato un motivo di preoccupazione per i generali russi - che ovviamente sapevano del declino delle loro forze convenzionali dopo la decisione di Putin di tenere il passo con la modernizzazione delle forze nucleari americane - ai Paesi della NATO è stato chiesto fin dal primo giorno dell'attacco russo di inviare armi all'Ucraina, sempre di piu' e in numero sempre maggiore.

Quando è diventato chiaro che l'Ucraina non sarebbe stata in grado di sostenersi senza un costante aiuto materiale da parte del risorgente Occidente, gli Stati Uniti hanno insistito affinché i Paesi europei si facessero carico di una quota crescente dell'onere, compresi e soprattutto quei paesi colpevoli di aver trascurato i propri eserciti, in particolare la Germania.

Ben presto, però, è apparso a tutti chiaro che gli eserciti nazionali non erano affatto entusiasti di dover consegnare all'Ucraina alcuni dei loro equipaggiamenti più preziosi, che, secondo loro, avrebbero compromesso la capacità di difendere il proprio Paese. Alla base della loro riluttanza, infatti, potrebbe esserci il timore che quanto consegnato agli ucraini sarebbe caduto nelle mani del nemico, venisse irrimediabilmente danneggiato sul campo di battaglia o fosse venduto sul mercato nero internazionale, senza poter sperare di riaverlo indietro, anche se formalmente solo in prestito. Un'altra preoccupazione riguarda le prospettive di riarmo da parte dei governi nazionali quando la guerra sarà terminata e l'Ucraina sarà stata ricostruita dall'"Europa", meglio che mai, come Ursula von der Leyen da Bruxelles non si stanca mai di ripetere.



C'erano anche timori, tipicamente espressi da alti ufficiali militari in pensione, che i Paesi europei sarebbero stati trascinati in una guerra la cui guida e gli obiettivi sarebbero stati definiti dagli ucraini, come richiesto dagli Stati Uniti e dall'opinione pubblica. Non ultimo, sembra esserci il timore che, se la guerra dovesse finire bruscamente, l'Ucraina avrebbe l'esercito di terra più grande e meglio equipaggiato d'Europa.

Ancora una volta è stata la Germania, di gran lunga il più importante Paese dell'Europa occidentale, a dover dimostrare più di ogni altro la sua volontà di stare dalla parte dell'Ucraina ("Stand with Ukraine!") sotto gli occhi attenti degli Stati Uniti e dei media internazionali. Inizialmente, l'allora Ministro della Difesa tedesco aveva offerto 5.000 elmetti e gilet antiproiettile come sostegno alle forze armate ucraine, cosa che è stata considerata come ridicola dagli alleati e sempre di più dalla loro stessa opinione pubblica. Nei mesi successivi sono state richieste e consegnate armi sempre più potenti, tra cui un missile antiaereo come l'Iris-T, che non ha nemmeno raggiunto le truppe tedesche, e il potente obice semovente 2000. Ogni volta, il governo Scholz ha inizialmente tracciato una linea rossa, per poi oltrepassarla sotto la pressione dei suoi alleati e dei due partner minori della coalizione, i Verdi e i Liberali - i Verdi controllano il ministero degli Esteri, la FDP la commissione Difesa del Bundestag, presieduta da un membro della FDP di Düsseldorf, sede della Rheinmetall, uno dei maggiori produttori di armi in Europa e non solo.

Nell'inverno del 2022, il dibattito sul riarmo dell'Ucraina invece ha iniziato a concentrarsi sui carri armati. Anche in questo caso la Germania doveva essere spinta passo dopo passo verso modelli sempre più potenti, a partire dai veicoli da combattimento per la fanteria - i veicoli corazzati per il trasporto del personale - fino al famoso carro armato tedesco Leopard 2, un successo mondiale da esportazione costruito da un consorzio guidato  appunto da Rheinmetall (circa 3.600 Leopard 2 della linea più avanzata 2A5-plus sono stati venduti in tutto il mondo, fra gli altri anche a ferventi sostenitori dei valori occidentali come l'Arabia Saudita sotto forma di ringraziamento per la sua instancabile opera di pacificazione dello Yemen).

In parte perché i carri armati tedeschi hanno un ruolo importante nella memoria storica russa, ma anche perché non c'era alcuna indicazione sul fatto che la Germania avrebbe avuto voce in capitolo sull'uso dei suoi carri armati (dal confine ucraino a Mosca non ci sono più di 500 chilometri), Scholz dapprima ha fornito, come di consueto, una serie di motivi per cui purtroppo non sarebbe stato possibile consegnare i Leopard 2. In risposta, alcuni alleati della Germania, in particolare Polonia, Paesi Bassi e Portogallo, hanno fatto sapere di essere pronti a regalare i loro Leopard anche se la Germania non lo avesse fatto. La Polonia ha persino annunciato che avrebbe inviato alcuni dei suoi Leopard all'Ucraina, se necessario, e senza il permesso tedesco, come del resto sarebbe stato legalmente richiesto dalle disposizioni tedesche in merito alla politica di esportazione di armi della Germania.

Il prosieguo di questa storia potrebbe essere stato determinante per l'ulteriore corso degli eventi. Messa alle strette dai suoi alleati europei, la Germania non si è piu' rifiutata di fornire carri armati Leopard all'Ucraina, a condizione che anche gli Stati Uniti accettassero di fornire il loro carro armato principale M1 Abrams (un altro successo di esportazione globale con una produzione totale fino ad oggi di 9.000 unità). Come "primo passo" la Germania ha promesso di trasferire 14 dei suoi 320 carri armati Leopard all'Ucraina entro tre mesi, dove secondo i calcoli tedeschi tali carri armati avrebbero formato un reggimento di carri. In seguito, la Germania avrebbe costruito due battaglioni composti ciascuno da 44 carri armati Leopard- 2 , utilizzando i propri carri armati e quelli forniti dai partner europei, in modo da poterli consegnare all'esercito ucraino pronti per il combattimento, dopo aver addestrato gli equipaggi e aver incluso i pezzi di ricambio e le munizioni necessarie. (Secondo le stime degli immancabili "esperti", l'Ucraina avrebbe bisogno di circa 100 Leopard dell'ultimo modello per migliorare significativamente la sua capacità di difesa).



Poco dopo, però, in occasione della cosiddetta Conferenza sulla sicurezza di Monaco, si sono verificati due spiacevoli sorprese. In primo luogo, si è scoperto che dopo aver superato la resistenza tedesca, gli alleati europei della Germania si sono accorti di ogni possibile ragione per cui si devono tenere i loro Leopard, con o senza licenza di esportazione, con il risultato che hanno dovuto lasciare la fornitura di carri armati da combattimento essenzialmente ai tedeschi, con loro grande rammarico. (In totale, le forze NATO dispongono di circa 2.100 Leopard, dei modelli 1 e 2). In secondo luogo, i giornalisti investigativi americani, sul Wall Street Journal e altrove, hanno rivelato che i carri armati Abrams non sarebbero apparsi sulla scena del conflitto per alcuni anni, se non addirittura per nulla, un fatto apparentemente trascurato dai negoziatori tedeschi, forse su richiesta dei loro interlocutori americani.

Alla fine, quindi, il governo Scholz è stato lasciato solo, essendo sostanzialmente l'unico fornitore di carri armati a Kiev. A rendere la situazione ancora più imbarazzante è stato il fatto che il giorno stesso in cui i tedeschi hanno accettato l'accordo sui Leopard, il governo ucraino ha dichiarato che la prossima voce nella sua lista dei desideri sarebbe stata la consegna di jet da combattimento, sottomarini e navi da guerra, senza i quali l'Ucraina non avrebbe avuto alcuna speranza di vincere la guerra come concordato con i suoi alleati. (L'ambasciatore ucraino di lunga data in Germania, tornato a Kiev come vice ministro degli Esteri, ha twittato in inglese il 24 gennaio: "Alleluia! Gesù Cristo! Ora, cari alleati, formiamo una potente coalizione di caccia per l'Ucraina, con jet F-16 e F-35, Eurofighter e Tornado, Rafale e Gripen e tutto ciò che potete fornire per salvare l'Ucraina!) Inoltre, alla Conferenza sulla sicurezza di Monaco la delegazione ucraina ha chiesto pubblicamente agli Stati Uniti e al Regno Unito bombe a grappolo e al fosforo, che sono fuori legge secondo il diritto internazionale ma, come gli ucraini hanno fatto sapere al mondo, sono stoccate in gran numero dai loro alleati occidentali. (La FAZ, sempre attenta a non confondere i suoi lettori, nel suo racconto ha definito le bombe a grappolo "controverse" piuttosto che illegali).


(Fine prima parte)