Visualizzazione post con etichetta Hans Kundnani. Mostra tutti i post
Visualizzazione post con etichetta Hans Kundnani. Mostra tutti i post

mercoledì 27 novembre 2019

Perché quella tedesca resta un'egemonia a metà

"La Germania rimane in una posizione problematica di semi-egemonia: il paese ha la forza sufficiente per imporre le sue regole, ma non per farle rispettare. Mentre gli altri stati sono abbastanza forti per infrangere le regole, ma non per cambiarle", scrive l'ottimo Hans Kundnani sulla Frankfurter Allgemeine Zeitung. Per uscire da questa condizione semi-egemonica i tedeschi dovrebbero ripensare il loro modello economico ed eliminare la loro dipendenza dall'export e quindi dai loro mercati di sbocco. Per un paese che ha fatto dell'export un vanto nazionale e un elemento della propria identità, una rinuncia del genere sembra alquanto improbabile. Ne scrive Hans Kundnani sulla FAZ


Con lo scoppio dell'eurocrisi nel 2010, il futuro della Germania è diventato alquanto incerto. La crisi ha innescato un rinnovato dibattito sull'egemonia tedesca in Europa, dibattito che si è intensificato in seguito alla crisi dei rifugiati del 2015. Dopo l'elezione di Donald Trump alla presidenza degli Stati Uniti nel 2016, il futuro dell'alleanza transatlantica e lo stesso "ordine internazionale liberale" sono diventati alquanto incerti. Come si muoverà la Germania in una fase in cui tutto sembra cambiare - che gli analisti come Wolfgang Streeck definiscono un "interregno" nel senso gramsciano del termine?

Gli analisti di politica estera hanno regolarmente ignorato i problemi emersi durante la crisi dell'euro. Ma ciò non significa che i problemi siano stati risolti. Mentre il caos britannico ha provocato un rinnovato impegno retorico nei confronti del progetto europeo, l'integrazione europea è finita su di un binario morto. Nel frattempo la Germania rimane in una posizione problematica di semi-egemonia. Ciò significa in pratica che il Paese ha la forza sufficiente per imporre le proprie regole, ma non per farle applicare. Mentre gli altri stati sono abbastanza forti per infrangere le regole, ma non per cambiarle.

La serie di crisi che a partire dal 2010 hanno afflitto l'UE potevano rappresentare una oportunità di cambiamento. Durante la crisi dell'euro, i paesi dell'Europa meridionale, infatti, hanno accusato la Germania di non mostrare una "solidarietà" sufficiente. Durante la crisi dei rifugiati è stata la Germania invece a chiedere a sua volta "solidarietà" agli altri stati membri. Questa opportunità avrebbe potuto essere la base per un accordo complessivo basato su una comprensione comune dei diritti e degli obblighi fra gli Stati che fanno parte sia dell'area dell'euro che di Schengen, di fatto un "nucleo europeo". Ma invece di collegarle fra loro, la Germania ha cercato di separare entrambe le questioni. L'Europa è in trappola, come diceva Claus Offe.

L'elezione di Donald Trump potrebbe trasformarsi nel più grande shock strategico per l'intera Europa. Per Berlino emerge un dilemma particolarmente difficile: la posizione di semi-egemonia della Germania in Europa dipende da una particolare configurazione dell'ordine internazionale liberale sul quale la Germania ha viaggiato con un biglietto gratuito. Con ciò si intendono in particolar modo gli impegni in termini di sicurezza degli Stati Uniti, che in linea di principio hanno reso irrilevante la questione del potere militare nelle relazioni intraeuropee e hanno trasformato l'America in un consumatore di beni sempre disponibile. Oggi Washington è meno disposta a farlo rispetto al passato e potrebbe anche rinunciare a una parte della propria egemonia.

Le incertezze in merito agli impegni americani in materia di sicurezza  in Europa , negli ambienti geo-politici tedeschi hanno portato a una divisione fra atlantisti e post-atlantisti. Mentre gli atlantisti tendono a sottostimare il cambiamento strutturale nella politica estera degli Stati Uniti, i post-atlantisti non riconoscono l'entità delle difficoltà che l'Europa deve affrontare nello sviluppare autonomamente una strategia alternativa alle garanzie di sicurezza americane. Il problema è che anche gli stessi passi prudenti dell'Europa in direzione dell'autonomia strategica potrebbero ulteriormente indebolire l'impegno degli Stati Uniti.

I tedeschi non si sentono minacciati

Ma mentre sia gli atlantisti che i post-atlantisti parlano della necessità di rispondere alle nuove minacce in un mondo sempre più pericoloso, i tedeschi sembrano essere sempre piu' preoccupati dalla possibilità di perdere la loro identità di paese di pace. Nonostante le incertezze relative alla garanzia militare americana, i tedeschi semplicemente non si sentono minacciati. Molti oggi, ifnfatti, ritengono che l'assunzione di una maggiore "responsabilità", e in particolar modo un drastico aumento della spesa per la difesa, sarebbe una concessione a Trump e alle sue politiche.

Il futuro delle relazioni fra Germania e Cina dipende dal ruolo della Germania in Europa e dalle sue relazioni con gli Stati Uniti. Negli ultimi dieci anni la Germania è diventata sempre più dipendente dalla Cina come mercato di esportazione, soprattutto dopo che la domanda europea nel corso della crisi dell'euro è calata. Di conseguenza si è sviluppata una stretta relazione politica tra Berlino e Pechino. La crisi ha diviso l'Occidente fra paesi in surplus e paesi in deficit, avvicinando Cina e Germania.

Mentre la Cina sotto Xi Jingping iniziava ad acquistare società di medie dimensioni e diventava sempre più autoritaria, la Germania invece sembrava essere sempre più scettica ed incline ad un approccio fondato su un maggiore coordinamento transatlantico. Ma l'elezione di Donald Trump ha dato nuovo slancio all'idea di un'Europa come polo indipendente in un mondo multipolare nell'ambito di un triangolo con la Cina e gli Stati Uniti. In Cina, molti ritengono si tratti del partner più promettente, soprattutto in materia di cambiamenti climatici - e recentemente il governo tedesco è sembrato addirittura aver perso interesse nei confronti di un corso politico piu' severo in Europa.

La Germania deve ripensare il suo modello economico

Dietro queste difficili sfide di politica estera resta l'impegno costante da parte della Germania nei confronti di un modello economico basato sulle esportazioni che, nonostante le debolezze diventate ben visibili nell'ultimo decennio, può essere considerato senza dubbio un successo. Ma questo modello economico rende difficile la correzione degli squilibri macroeconomici all'interno dell'area dell'euro e ostacola nel lungo periodo l'esistenza di una moneta unica. Inoltre fa arrabbiare gli americani rendendo la Germania particolarmente vulnerabile agli attacchi di Trump e quindi dipendente dalla Cina autoritaria.

Ripensare il proprio modello economico è forse la sfida più grande per la Germania. Ciò sarebbe positivo non solo per i partner della NATO e dell'UE, i quali trarrebbero beneficio dall'aumento della domanda interna tedesca, ma anche per la Germania stessa: l'ossessione per la competitività della Germania ha promosso la disuguaglianza e l'insicurezza politica. L'infrastruttura fatiscente del paese richiede investimenti urgenti. Il forte consenso politico sull'identità della Germania come nazione esportatrice, tuttavia, vieta un tale ripensamento.

La domanda è se la Germania sia in grado o meno di ripensare questo modello prima che sia troppo tardi. Lentamente gli Stati Uniti si ritirano dal loro ruolo egemonico, che detengono dalla seconda guerra mondiale. Sembrano sempre meno disposti a fornire merci globali come la sicurezza e la domanda di beni, specialmente per l'Europa, che giustamente ritengono dovrebbe essere in grado da sola di prendersi cura di sé stessa. Mentre tutto, intorno a loro, si muove, i tedeschi pensano di poter ancora andare avanti come prima.

Molti vedono in ciò un'espressione dell'impegno della Germania nei confronti del liberalismo - e persino di una leadership tedesca in una situazione in cui il paese si vede sempre più circondato da forze "illiberali". Ma un tale pensiero binario in bianco e nero è un errore. Se la Germania vuole davvero salvare l'ordine liberale internazionale, il paese dovrà cambiare il proprio ruolo all'interno di questo ordine. A livello economico, ciò significa piu' che altro un aumento della domanda interna e una riduzione della dipendenza dalle esportazioni. In termini di sicurezza, significa fare molto di più per la sicurezza dell'Europa, oppure, se la Germania non fosse disposta a farlo, chiedersi allora quale prezzo il paese è disposto a pagare agli altri stati in cambio di questa sicurezza.



-->

sabato 4 febbraio 2017

L'egemonia a metà

Hans Kundnani, grande esperto di politica internazionale britannico, in una bellissima intervista a Taz.de ci parla dell'arroganza tedesca, della politica europea della SPD, delle similitudini fra il 2016 e il 1871 e dell'egemonia tedesca in Europa. Da Taz.de



Taz: Herr Kundnani, Angela Merkel è il candidato alla Cancelleria per la CDU-CSU. La Germania sembra un'isola di stabilità, forse solo perché la Cancelliera è la causa del caos all'estero, ad esempio in Italia o in Grecia? 

Hans Kundnani: c'è qualcosa di vero in questo. L'euroscetticismo in Europa è come un gioco a somma zero. Se volessimo cambiare le politiche europee per far arretrare l'euroscetticismo in Francia e in Italia, ad esempio con una condivisione del debito, in Germania crescerebbe.

Taz: nella SPD si è discusso a lungo se Martin Schulz doveva essere o meno il candidato alla Cancelleria. Nessuno pero' si è chiesto quali sarebbero le implicazioni per le politiche europee se Schulz dovesse diventare Cancelliere. Viene venduto come il grande europeista. 

Kundnani: non vedo una grande differenza fra lui e Gabriel, per quanto riguarda l'Europa. E non vedo nemmeno una grande differenza fra SPD e CDU, sempre in merito alle politiche europee. Sin dall'inizio dell'eurocrisi, le politiche europee della SPD sono state una delle piu' grandi delusioni. Nel 2010 Steinmeier e Steinbrück avevano parlato pubblicamente di una messa in comune del debito. Ma poi si sono resi conto: la paura di una unione di trasferimento in Germania è cosi' grande che per ragioni di Realpolitik non è possibile sostenere una simile posizione.

Taz: Schulz sostiene una "unione piu' profonda fra stati sovrani" - è un modo diverso di riformulare il piu' Europa.

Kundnani:  una delle mie maggiori frustrazioni è che nel dibattito tedesco sull'Europa domini questo pensiero lineare: o si è per il piu' Europa oppure per il meno Europa. Io in Germania vedo pero' un "europeismo pro-tedesco". Cioè: la Germania è pro-europea, nel senso che chiede un'Europa tedesca. Si è disposti a compiere ulteriori passi verso l'integrazione, ma solo secondo il modello tedesco. Il miglior esempio è lo Schuldenbremse (pareggio di bilancio aggiustato per il ciclo economico). In Germania lo ha introdotto Steinbrück nel 2009, prima dell'inizio dell'Eurocrisi, in seguito è stato imposto agli altri paesi europei.

Taz: la narrazione più' diffusa nel sud-Europa è quella dell'egemonia tedesca dall'inzio dell'Eurocrisi. Lei dice invece, la situazione è molto piu' complessa: quella della Germania è solo un'egemonia a metà - ci troviamo quindi in una situazione simile a quella successiva alla fondazione del Reich nel 1871. Come si spiega?

Kundnani:  con tutte le dovute differenze fra l'impero e la situazione attuale, la similitudine prima di tutto ha a che fare con la geografia. La Germania è piu' meno nella posizione in cui si trovava allora, e dalla riunificazione ha piu' o meno le stesse dimensioni che aveva allora. La Germania è di nuovo il centro d'Europa. Durante la guerra fredda era al confine fra est e ovest. Sempre che la geografia abbia ancora un ruolo...

Taz: non c'è piu' una minoranza tedesca all'estero da riportare a casa all'interno del Reich. E se l'Austria appartiene o meno alla Germania, non sembra essere poi cosi' importante.

Kundnani:  io non credo che la questione tedesca possa essere espressa in un solo modo. Ai tempi del Reich la questione tedesca era prima di tutto una questione geopolitica, ora è una questione geo-economica. La potenza tedesca crea in Europa un'instabilità simile a quella che allora causava il Reich con la sua potenza militare. E la questione tedesca e quella europea sono ancora strettamente collegate fra loro. 

Taz: lei dice, la Germania non è abbastanza grande per imporre la pace economica in Europa, e cioè farsi carico dei debiti degli altri paesi, ma da un altro punto di vista, è sufficientemente grande da dominare il continente con i suoi interessi economici.

Kundnani:  si', è troppo grande per una qualche forma di equilibrio, ma troppo piccola per l'egemonia. Dopo il 1871 l'egemonia voleva dire essere in grado di battere militarmente tutte le altre grandi potenze europee. Ora invece si tratta di imporre in maniera brutale la propria volontà in tutta Europa, oppure di farsi carico dei problemi europei. L'Eurocrisi ha mostrato che la Germania non è stata in grado di farlo. La Germania, ad esempio, non è riuscita ad imporre i suoi interessi contro Mario Draghi e contro la sua politica dei tassi a zero. La Germania non puo' essere un buon egemone...

Taz: un po' come gli Stati Uniti in Europa dopo il 1945.

Kundnani: ...e cioè consentire una messa in comune del debito, tollerare una moderata inflazione oppure pagare dei trasferimenti fiscali permanenti - tutte quelle cose che potrebbero tenere unita l'UE. Per entrambe le varianti dell'egemonia, quella brutale e quella piu' soft, bisogna disporre delle risorse. Nella tradizionale questione tedesca si trattava di risorse militari per poter battere le altre grandi potenze militari. 

Taz: il tentativo è fallito 2 volte.

Kundnani: non c'è da stupirsi. Ma ora la Germania non ha le risorse economiche per una politica di egemonia. In questo senso io difendo i tedeschi dalle critiche anglosassoni, tipo quelle di Paul Krugman, che dice piu' o meno: i tedeschi non hanno capito nulla di come funziona l'economia.

Taz: la sua toeria sull'egemonia tedesca a metà è ancora valida anche dopo il Brexit e la crisi dei migranti? Se Marine Le Pen dovesse diventare il presidente francese, la Germania sarebbe di nuovo isolata invece di essere semi-egemonica.

Kundnani: l'uno non esclude l'altro. Sarebbe tipico per la storia tedesca: la posizione di egemonia a metà porta prima o poi all'isolamento e poi all'accerchiamento. Solo un egemone completo non puo' essere isolato.

Taz: se la politica europea tedesca ha un fondamento razionale, come si esce dalla crisi attuale? Lei diffonde fatalismo.

Kundnani: io guardo alla crisi europea e vedo che il ruolo tedesco è alquanto tragico. Non c'è una soluzione facile - e per questo io sono alquano pessimista sul futuro europeo. Al di là della situazione oggettiva in cui ci troviamo c'è anche un secondo parallelo con la storia tedesca: lo stato d'animo successivo all'unità tedesca del 1871.

Taz: lei si riferisce all'arroganza tedesca.

Kundnani: si' al trionfalismo - al senso della misssione: la Germania in Europa sente di avere una missione, guidare gli altri sulla retta via.

Taz: la politica tedesca nella crisi dei rifugiati è stata troppo trionfale?

Kundnani: no, alla fine non c'era alcun motivo per esserlo: la Germania non è stata in grado di imporre la sua posizione. Tuttavia vi troviamo l'elemento centrale della missione. Quello che unisce entrambe le crisi, è la tendenza tedesca a pensare: noi sappiamo come agire in modo corretto - gli altri in Europa semplicemente non riescono a capirlo

Taz: le élite tedesche oggi sono internazionali come non lo erano mai state fino ad ora. Nonostante cio' pensano tedesco. Perché non prendono in considerazione le opinioni degli altri?

Kundnani: nel dibattito tedesco c'è uno strano mix fra provincialismo e internazionalismo. Dall'inizio dell'Eurocrisi la Germania si preoccupa meno delle critiche che arrivano dall'estero. Prima i tedeschi erano ipersensibili in materia di critiche dall'estero, soprattutto se arrivavano dalla Gran Bretagna, dagli Stati Uniti o dalla Francia. I tedeschi avevano bisogno di conferme...

Taz:...di non aver fatto errori dopo il 1945?

Kundnani: è stata la mia impressione, come britannico. All'epoca ci si auspicava che i tedeschi diventassero solo un po' più' fiduciosi e che non prestassero troppa attenzione a quello che gli altri dicevano di loro. Ora siamo nella situazione opposta. Probabilmente è iniziato tutto con la guerra in Irak, dopo la quale i tedeschi hanno pensato: noi lo sapevamo. 

Taz: l'asse franco-tedesco si è spezzato, nonostante sulla guerra in Irak entrambi i paesi avessero la stessa opinione.

Kundnani: si', è vero. Mi spaventa il modo in cui a Berlino dall'inizio della crisi Euro si parla della Francia.

Taz: ad esempio?

Kundnani: non voglio fare qui nessuna citazione diretta, ma alcuni funzionari tedeschi di alto livello, oppure i membri di qualche influente Think-Tank, parlano dei francesi con un certo disprezzo: li trovano ridicoli oppure semplicemente stupidi. I francesi non avrebbero alcuna idea e per questo devono essere messi in riga.

Taz: lei scrive che fino al 1914 quella tedesca è stata un'egemonia solo a metà, per questo è stato possibile creare delle alleanze contro il Reich. Nella situazione attuale pero', già da molto tempo Francia e Italia avrebbero potuto unirsi contro la Germania per difendere i loro interessi.

Kundnani: la lezione della storia è ambigua. E cioè: queste coalizioni sono necessarie - oppure queste coalizioni portano alla guerra? Se prendiamo in considerazione la classica questione tedesca...

Taz: la Germania ha perso le guerre a causa di coalizioni anti-tedesche?

Kundnani: sul tema delle coalizioni anti-tedesche c'è molta divisione. Anche i francesi, gli italiani e gli spagnoli le temono. Anche io, e credo che le coalizioni anti-tedesche distruggerebbero l'Europa. Io vedo pero' una pressione strutturale verso la costruzione di una coalizione - e comunque avrei preferito che a costruire la coalizione anti-tedesca fossero stati Renzi e Hollande, piuttosto che il Movimento 5 Stelle e Le Pen

Taz: che cosa è cambiato con l'elezione di Trump?

Kundnani: è' sorprendente il modo in cui dopo le elezioni americane si parla di "Merkel come il vero leader del mondo libero". L'idea che la Germania possa sostituire gli Stati Uniti è ridicola. Primo perché gli USA sono un potere globale, la Germania al massimo è una potenza regionale. Secondo perché l'espressione "leader del mondo libero" durante la guerra fredda aveva senso solo perché gli Stati Uniti erano pronti ad impiegare il loro potere militare per difendere la democrazia. La Germania ha poco potere militare.

Taz: ci si riferisce piu' che altro ad una leadership morale tedesca.

Kundnani: dubito che Merkel possa svolgere questo ruolo. Proprio perché la Germania negli ultimi 6 anni ha imposto una politica brutale nell'Eurozona. Indipendentemente dal fatto che fosse giusta o sbagliata, credo che la leadership tedesca non possa essere riconosciuta in Europa. Trump tuttavia solleva una nuova domanda in merito al ruolo di egemone a metà della Germania. Non sappiamo se la garanzia di sicurezza americana resterà invariata anche per la Germania. Si tratta probabilmente di un game-changer. La Germania ne esce indebolita, perchè non è una potenza nucleare. E la Francia al contrario sembra piu' forte.

Taz: l'economista americano Joseph Stiglitz nel suo ultimo libro scrive che il piu' grande rischio per l'Europa è il „muddling through“, e cioe' tirare a campare invece di decidersi per il piu' o il meno Europa.

Kundnani: sono d'accordo. Si immagini cosa accadrebbe se il Front National  dovesse veramente prendere il potere in Francia.  Per eliminare davvero questo pericolo in Europa avremmo bisogno di una politica radicalmente diversa, una politica per la crescita e l'occupazione. Ma i tedeschi non possono e non intendono avviare una politica economica diversa in Europa.