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giovedì 20 dicembre 2018

Welt: è un giorno nero come la pece per l'Europa

"L'Europa non è una macchina per la ridistribuzione della ricchezza a spese dei tedeschi", scrive Die Welt nel giorno dell'accordo fra il governo italiano e l'UE. Per il prestigioso quotidiano di Amburgo si tratta di un compromesso troppo generoso che servirà piu' che altro ai populisti tedeschi e al loro corso anti-euro. Ne scrive Olaf Gersemann su Die Welt


Nella battaglia per il debito il governo di Roma riesce ad imporsi sulla Commissione europea. Tutti gli sforzi compiuti negli ultimi anni per stabilizzare l'euro di fatto vengono azzerati. Un segnale fatale per la moneta comune.

Il governo italiano aveva promesso che nel prossimo anno il deficit pubblico si sarebbe ridotto allo 0,8% per poi arrivare a zero nel 2020. Le richieste della Commissione europea non erano sadismo, ma pura necessità per un paese il cui debito pubblico supera di gran lunga il PIL annuale e in cui il risanamento delle finanze è reso urgente dal rapido invecchiamento demografico.

Il governo di Roma nel frattempo è cambiato, in primavera Giuseppe Conte con il suo gabinetto populista ha sostituito il presidente del consiglio Paolo Gentiloni. Ma oltre ad aver votato per l'uscita di scena del socialdemocratico Gentiloni, diciamo che gli italiani non hanno votato anche contro quegli stessi obblighi internazionali che egli aveva assunto. Il deficit al 2,4% del PIL che il governo Conte avrebbe voluto raggiungere, almeno secondo la prima versione della legge di bilancio, era una aperta provocazione.

Ora è stato trovato un accordo sul 2,04 percento, e Bruxelles non vuole più avviare una procedura di infrazione per eccesso di deficit. Non solo il valore su cui è stato raggiunto un compromesso è molto più vicino alle idee dei populisti di Roma che non agli impegni originari.

Ma la domanda di fondo riguarda il motivo per cui Bruxelles dovrebbe andare incontro alle richieste degli italiani. Perché è vero che le prospettive di crescita del PIL si sono ridotte - con conseguenze indiscutibilmente negative per il bilancio dello Stato. Ma il fatto che l'economia italiana possa perdere ancora piu' slancio è più che altro un problema interno. Il governo Conte sta di fatto smantellando le riforme sociali e del lavoro fatte dai suoi predecessori, e non crede nell'euro. Quale imprenditore, interno o estero, dovrebbe effettivamente investire in Italia in queste condizioni?

La Commissione europea con le sue concessioni sta premiando un tale corso politico. Gli elettori dei paesi piu' deboli dell'eurozona si chiederanno: perché dobbiamo effettivamente intraprendere riforme strutturali e perseguire il consolidamento dei conti, se gli italiani a proprio piacimento possono tirarsi indietro quando vogliono?

In paesi come la Germania, a loro volta, i populisti anti-Europa sapranno come sfruttare la codardia di Bruxelles. L'Europa non è una macchina per la ridistribuzione della ricchezza a spese dei tedeschi. Ma spiegare in maniera convincente questo punto ora  diventa molto più difficile. Two pack, Six pack, semestre europeo, tutte belle e altisonanti invenzioni che dovrebbero dare rigore all'unione valutaria ma che in pratica non portano a nulla, come stiamo scoprendo ora.

L'euro è stato indebolito dalla vittoria di Pirro di Roma. L'UE è diventata più debole. In ogni modo nel lungo periodo non ci saranno vincitori. Un giorno nero per l'Europa. 

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martedì 11 dicembre 2018

Die Welt: brutte notizie per la Germania, ora dovrà gestire un'altra Italia

Per il prestigioso quotidiano di Amburgo il discorso di Macron di lunedi' sera segna il definitivo spostamento dell'equilibrio interno all'unione monetaria in favore del Club Med (Spagna e Italia). L'uomo di Berlino a Parigi, il giovane Macron, ha deluso le aspettative dei neoliberisti tedeschi, come era accaduto con Renzi in Italia, e ora i tedeschi dovranno capire come sarà possibile gestire un'altra Italia nella stessa unione monetaria. Ne scrive su Die Welt Olaf Gersemann, responsabile sezione economia nonché commentatore di spicco.


In Germania, il salario minimo legale è di 8,84 euro all'ora. E i malumori per il passaggio a fine anno a 9,19 euro sono relativamente pochi - dopotutto il paese si sta dirigendo verso la piena occupazione, almeno fino a quando l'attuale fase di crescita non porterà ad una recessione.

In Francia il salario minimo legale è molto più alto, 9,88 euro l'ora, e anche la disoccupazione è molto più alta - nel confronto europeo la Francia è al quarto posto, solo Grecia, Italia e Spagna riescono a fare peggio.

Se all'Eliseo ci fosse un riformatore con qualche ambizione, saprebbe cosa fare: assicurarsi che il salario minimo aumenti solo modestamente o, nel migliore dei casi, per niente. Non sarebbe una condizione sufficiente, ma comunque necessaria affinché la disoccupazione possa almeno iniziare a scendere in maniera simile a quanto accade su questa sponda del Reno.

Emmanuel Macron tira fuori le pistole. Per settimane, i giubbotti gialli hanno imperversato in Francia, lunedì sera, il presidente francese ha risposto con un discorso televisivo. Quella sarebbe stata l'occasione per contrastarne gli eccessi. Quella era l'occasione giusta per passare all'offensiva, per proporre la visione di una Francia prospera che richiede anche dei sacrifici da parte dei suoi cittadini sulla strada necessaria per raggiungere l'obiettivo.

Macron non solo ha perso un'opportunità. Ma ha legittimato le rivolte ex-post proclamando lo "stato di emergenza economica e sociale" e strisciando incontro alla folla che incendia le auto di piccola cilindrata.

Aumento del minimo salariale di quasi il sette per cento

La più simbolica delle sue concessioni: il salario minimo dovrebbe salire di 100 € al mese. Cioè, in un colpo solo, un aumento pari a tutti gli aumenti degli ultimi sei anni messi insieme. Il salario minimo salirà di quasi il sette percento, a 10,54 euro all'ora.

Che la disoccupazione in seguito a questo aumento rischia di crescere ancora, lo sa bene anche Macron. Ecco perché dovrebbe essere lo stato a pagare i 100 euro. Tra le altre cose, è disposto anche ad accettare il superamento da parte della Francia del limite di deficit del 3% in rapporto al PIL fissato dai criteri di Maastricht; Parigi nel 2017, per la prima volta a partire dal 2007, aveva rispettato il criterio unicamente grazie alla politica dei tassi a zero della BCE. Devi essere davvero cinico allora, se pensavi di rimettere in questo modo la Francia "En Marche" - in movimento.

La speranza è sempre stata quella che Macron potesse trasformarsi nel Gerhard Schröder francese: un uomo che, se necessario, avrebbe messo in pericolo il suo mandato pur di riuscire a fare la giusta politica economica. Invece Macron si è fatto piccolo ed è diventato la versione francese di Matteo Renzi. Il primo ministro italiano è stato presidente del consiglio dal 2014 al 2016, anche lui era di bell'aspetto, giovane e dinamico, e a suo tempo prometteva le stesse cose di Macron: formule magiche senza effetti collaterali.

Alla fine l'Italia, lungo la strada che porta alla bancarotta dello stato, ha perso solo del tempo prezioso. Ad avvantaggiarsene politicamente sono stati i ciarlatani dell'estrema destra e dell'estrema sinistra che ora a Roma dirigono le operazioni.

Brutte notizie per la Germania

La Francia, un paese che in realtà avrebbe ancora il potenziale economico per contendere alla Germania il primo posto in Europa, ora rischia di inciampare dietro all'Italia lungo la strada che porta in terza divisione. Difficilmente potrà permettersi un altro presidente conciliante: la lenta e strisciante caduta del paese, a partire dalla crisi finanziaria ha subito un'accelerazione e ora rischia di trasformarsi in una retrocessione permanente.

Per la Germania si tratta di una brutta notizia. Economicamente. Ma anche politicamente. Già al culmine della crisi dell'euro, in considerazione del suo peso economico, è sempre dipeso tutto dalla Francia: se Parigi sta dalla parte di Berlino, si può evitare che l'unione monetaria finisca sotto l'influenza del Club Med informale guidato da Italia e Spagna e scivoli nell'unione di trasferimento. D'altra parte, se Parigi si mette dalla parte di Italia e Spagna - o se rimane neutrale - allora l'intera costruzione si ribalta.

Per 15 mesi la Berlino politica si è occupata maniacalmente del modo in cui si poteva rispondere alle proposte di riforma dell'euro e dell'Europa, presentate da Macron nel settembre 2017 subito dopo le elezioni tedesche in occasione del discorso alla Sorbonnne di Parigi. Proposte che fondamentalmente mirano a spillare il denaro e la sovranità dei contribuenti tedeschi.

Memori della performance di Macron nella disputa sui gilet gialli, ora a Berlino ci si potrà occupare con fiducia di altre cose. Cose più urgenti. La questione consiste esattamente nel modo in cui si dovrà gestire una situazione in cui la Germania all'interno dell'Unione monetaria e nell'UE, non avrà piu' a che fare con una sola Italia. Ma con due.


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