Visualizzazione post con etichetta Ulrike Herrmann. Mostra tutti i post
Visualizzazione post con etichetta Ulrike Herrmann. Mostra tutti i post

mercoledì 11 dicembre 2019

Ulrike Herrmann: "Il problema non sono i francesi, ma i tedeschi"

L'ottima Ulrike Herrmann sulla Taz ci spiega perché le solite lezioncine della stampa tedesca, questa volta indirizzate ai francesi, non hanno molto senso, soprattutto se si considera il livello delle pensioni erogate in Germania. Un dato è sufficiente: in Germania la pensione media netta nel 2019 era di poco piu' di 900 euro al mese. Dalla Taz Ulrike Herrmann


Il verdetto tedesco è chiaro: sono pazzi questi francesi! Come si fa ad avere 42 diverse casse pensionistiche? O ad andare in pensione all'età di 52 anni? Ma a un esame più attento la situazione diventa subito chiara: il sistema pensionistico francese funziona meglio di quello tedesco.

Non è vero che i francesi abbiano usufruito in massa dei pensionamenti anticipati. L'età media di pensionamento in Francia è di 62 anni, in Germania sono 64 anni.

Ci sono differenze significative, soprattutto per quanto riguarda l'ammontare: i pensionati francesi ricevono in media 1.400 euro al mese, mentre in Germania nel 2018 erano 906 euro.

Si possono finanziare pensioni piu' elevate, perché in Francia i contributi pensionistici sono più alti. I dipendenti pagano alla previdenza sociale pubblica l'11,2 % del loro salario, le aziende contribuiscono addirittura con il 16,3 %. In Germania, invece, i dipendenti e i datori di lavoro pagano ciascuno solo il 9,3 % del salario lordo. A prima vista per i lavoratori dipendenti tedeschi sembrerebbe un buon affare, ma poi devono aggiungere anche il 4% per il fondo pensione. In realtà si tratta del 13,3 % - piu' dei francesi.

In Germania spesso e volentieri si chiede alla ​​Francia di ridurre il costo del lavoro non salariale, altrimenti le aziende del paese rischiano di perdere la loro competitività! Le pensioni in Francia devono scendere, è il motto tedesco.

Questa insolenza tedesca è strana, perché i francesi hanno fatto tutto bene. Hanno creato una buona previdenza sociale per i loro anziani e anche i salari sono aumentati. Nel complesso, l'aumento annuale del costo del lavoro per unità di prodotto in Francia è stato di circa il 2 % annuo: questo era esattamente il percorso prescritto dalla Banca centrale europea.

Il problema non sono i francesi, ma i tedeschi. In Germania i salari e le pensioni aumentano troppo lentamente. Dobbiamo imparare dai francesi, non viceversa.
-->

domenica 29 settembre 2019

"Un incarico alla persona sbagliata"

"Lautenschläger non avrebbe dovuto attaccare Draghi, ma Scholz. Le sue dimissioni ci mostrano che non ha mai veramente capito quale fosse il suo compito. La sua uscita di scena pertanto non è un peccato. Si trattava comunque di un incarico assegnato alla persona sbagliata". L'ottima Ulrike Herrmann sulla Taz commenta le dimissioni di Sabine Lautenschläger.


È un danno di immagine per la Banca centrale europea: il membro tedesco del direttorio, Sabine Lautenschläger, ha dato le dimissioni dal suo incarico. Ufficialmente non vengono indicate le ragioni, ma ufficiosamente è chiaro che intende protestare contro la politica monetaria del presidente della BCE Mario Draghi.

Draghi recentemente ha imposto l'acquisto di nuove obbligazioni: a partire da novembre dovranno essere investiti ogni mese 20 miliardi di euro. Le penali per le banche, inoltre, sono state ridotte. In futuro le banche dovranno pagare lo 0,5 % di interessi sui depositi presso la Banca centrale europea, rispetto allo 0,4 % di oggi.


Un grido di protesta ha attraversato la Germania. Ancora una volta si è parlato di un "esproprio" dei risparmiatori tedeschi i quali sarebbero stati privati dei tassi di interesse sui loro risparmi. Le banche si lamentano del fatto che presto finiranno tutte in bancarotta, e molti tedeschi ancora una volta ritengono che la Germania sia "l'ufficiale pagatore d'Europa". La Bundesbank e la Lautenschläger ovviamente hanno fatto del loro meglio per gonfiare ulteriormente questa isteria collettiva presentandosi sulla scena come i critici di Draghi.

Ma questa eccitazione collettiva è chiaramente esagerata. Draghi non è un "Conte Draghila", come è stato soprannominato dalla Bild Zeitung, che succhia il sangue dei tedeschi. La sua politica monetaria è sostenuta da una maggioranza all'interno del Consiglio direttivo della BCE ed è un compromesso: sebbene le banche stiano pagando un tasso di interesse negativo dello 0,5 % - recentemente sono state introdotte molte eccezioni, con le banche che nel complesso devono pagare alla BCE meno di quanto non accadesse fino ad ora. Anche gli acquisti di obbligazioni sono modesti: ci sono stati tempi in cui la BCE spendeva 60 miliardi di euro al mese per rilanciare l'economia dell'Eurozona.

Soprattutto, va ricordato che la congiuntura dell'economia tedesca non è affatto robusta come invece ritengono la Lautenschläger e la Bundesbank. Nel secondo trimestre, l'economia del paese si è fermata, mentre l'umore ai piani alti è pessimo. Non c'è alcun spazio per aumentare i tassi di interesse.

Cosa c'è di vero: la politica monetaria di Draghi non è stata particolarmente efficace. Sebbene la BCE sia stata in grado di impedire il collasso dell'Eurozona, l'economia europea tuttavia non ha mai fatto realmente progressi.

E nessuno lo sa meglio di Draghi stesso. In ogni discorso non manca di sottolinearlo: il potere della banca centrale è limitato. La sua politica sui tassi di interesse può essere efficace solo se i principali paesi dell'eurozona fanno la loro parte. Draghi ha ripetutamente fatto appello alla Germania: i salari nel paese sarebbero dovuti crescere piu' in fretta e il governo tedesco avrebbe dovuto investire di più. Come sappiamo, le cose sono andate diversamente. Il ministro delle finanze della SPD Olaf Scholz continua a insistere sullo "schwarze Null" .

Lautenschläger quindi non avrebbe dovuto attaccare Draghi, ma Scholz. Le sue dimissioni ci mostrano che non ha mai veramente capito quale fosse il suo compito. La sua uscita di scena pertanto non è da considerarsi un peccato. Si trattava comunque di un incarico assegnato alla persona sbagliata.

giovedì 19 settembre 2019

La favola del miracolo economico tedesco

Il miracolo economico tedesco del secondo dopoguerra sarebbe solo una favola che i tedeschi si raccontano per coltivare il loro orgoglio. Ludwig Erhard invece sarebbe  un economista di quarto ordine, mentre l'economia sociale di mercato non sarebbe mai esistita, soprattutto perché l'aggettivo sociale non vi ha mai trovato spazio; e anche il famoso miracolo dell'export è un'altra favola consolatoria, perché si dovrebbe parlare piu' che altro di un deficit delle importazioni, almeno secondo la giornalista e scrittrice Ulrike Herrmann. Una riflessione molto interessante e lontana dai soliti luoghi comuni, in chiave anti-nazionalista, dell'ottima Ulrike Herrmann intervistata dalla Ard.



Si tratta della narrazione che facciamo del nostro paese. La maggior parte dei nostri miti nazionali hanno a che fare con il modo in cui noi tedeschi nel dopoguerra siamo rapidamente diventati ricchi e potenti. "Tutti questi miti non sono affatto veritieri", afferma la giornalista Ulrike Herrmann. "Si dice sempre che i tedeschi, con la loro diligenza e raffinatezza, da soli abbiano realizzato un miracolo economico unico, e questo non è vero - in effetti, tutta l’Europa è cresciuta dopo la seconda guerra mondiale, e alcuni paesi hanno avuto addirittura piu’ successo di noi. Ad esempio, in termini di reddito pro-capite il paese di maggior successo di sempre - nessuno lo sa – è stata la Spagna". 



La Spagna? Preferiamo credere solo al miracolo economico tedesco, perché vorremmo essere una superpotenza economica indipendente. Ma questa storia è solo una favola.

Il problema del "mito di Erhard"

E allora il padre del miracolo economico, Ludwig Erhard? Solo un economista di quarto ordine, afferma Ulrike Herrmann. E un profittatore del nazismo. "Ludwig Erhard è stato direttamente legato al regime nazista e in termini finanziari ha tratto un enorme vantaggio da questo orrore, secondo me il fatto che Ludwig Erhard ancora oggi venga celebrato come se fosse un eroe tedesco è semplicemente uno scandalo".

Anche i politici dei Verdi si fanno fotografare volentieri insieme ad Erhard. Dietro c'è l'idea che noi tedeschi, con grande diligenza, ce l'abbiamo fatta da soli. Nel fare ciò però abbiamo fatto affidamento sul commercio europeo come nessun altro paese - e sull'aiuto dei nostri vicini. "Il problema con il mito di Erhard è proprio questo", afferma Herrmann. "Si finisce per perdere di vista l'importanza degli europei e il fatto che senza l'Europa non ci saremmo mai arricchiti, e ora che l'Eurozona è in crisi, per i tedeschi ovviamente è estremamente pericoloso pensare di poter andare avanti in autonomia e in qualche modo riuscire a sopravvivere da soli. I tedeschi, come spesso si afferma, sarebbero gli ufficiali pagatori d'Europa e starebbero molto meglio se fossero da soli. Come si può leggere nel programma elettorale di AfD"

La fiaba dell'economia sociale di mercato

Dobbiamo finalmente liberarci dalla menzogna insita in certe favole economiche. Lo chiede Ulrike Herrmann nel suo nuovo libro. E quella "dell'economia sociale di mercato" di Erhard è una di quelle favole. Ci fa credere che la durezza del capitalismo sia stata messa sotto controllo e ribilanciata dalla politica.

Ma allora non è vero? Non doveva funzionare per tutti? In Germania non abbiamo forse un rapporto unico fra capitale e lavoro?


Ulrike Herrmann afferma: "Economia sociale di mercato - questo è quello che pensano molti tedeschi quando gli viene ripetuto che l'economia di mercato in Germania convive con la politica sociale. Ma in realtà l'idea di fondo di Erhard era quella secondo cui il mercato stesso è già sociale di per sé. Il che ovviamente non significa altro che che tutti si meritano quello che guadagnano, e cioè: i ricchi sono a ragione ricchi, e non c'è bisogno di alcun sindacato. Erhard è sempre stato contro i sindacati e ha sempre ripetuto che bisognava ridurre i salari. E questa idea: viviamo in un'economia sociale di mercato, e quindi i lavoratori dovrebbero essere grati di vivere in questo sistema perfetto, e non dovrebbero chiedere salari più alti, perché tutto è già così sociale. E questo si trascina fino al giorno d'oggi. E tragicamente bisogna dire che Gerhard Schröder con la sua Agenda 2010 in realtà è stato l'erede perfetto di Erhard”.

Diventare ricchi grazie alla povertà?

Schröder era orgoglioso di aver creato il più grande settore a basso salario d'Europa, in uno dei paesi più ricchi al mondo. Il suo argomento: se vogliamo che l'economia prosperi bisogna alleggerire il peso sulle aziende, e alla fine tutti potranno trarre beneficio da questa ricchezza. "L'intera filosofia alla base del settore a basso salario", afferma Herrmann, "è assurda, perché si fonda sull'idea che si possa diventare ricchi diventando piu' poveri. Le persone vengono rese artificialmente povere dai bassi salari, e ciò dovrebbe condurre al benessere. Ma questa è una stupidaggine. La povertà non può renderti ricco. Ma quello che la Germania dovrebbe fare è porre fine quanto prima a questo settore a bassa retribuzione e convertire tutti questi lavori - mini-jobs, lavoro interinale e così via - in posti di lavoro regolari pagati con un salario dignitoso.

Non c’è un surplus di esportazioni, ma un deficit di importazioni

I salari in Germania vengono mantenuti bassi in modo da poter vendere le nostre merci all'estero al prezzo piu' basso possibile: questo è il mito del campione mondiale dell'export. Ma le nostre eccedenze nell'export non sono qualcosa di cui essere felici, Herrmann dice a proposito: "In realtà, bisognerebbe dire che ciò a cui assistiamo, non è un’eccedenza nell’export, ma un deficit di importazioni - se si vanno a vedere le ragioni di questo surplus, si capisce che ciò accade perché i salari in Germania sono così bassi che non possiamo permetterci di comprare abbastanza beni dai nostri vicini ".

Con i nostri bassi salari e le nostre merci economiche mettiamo gli altri europei sotto pressione. E allo stesso tempo importiamo troppo poco di quello che loro producono. Al contrario: prestiamo loro denaro per acquistare i nostri beni, il che rende la somma del debito non piu’ rimborsabile sempre maggiore. "Dagli Stati Uniti al Fondo monetario internazionale, all'OCSE, alla Banca centrale europea, i nostri vicini, primo fra tutti Macron, ci dicono che in Germania i salari devono aumentare, in modo che l’economia possa crescere e quindi mettere in moto anche l’import. E tutti sono concordi su quello che la Germania dovrebbe fare, solo i tedeschi non ne vogliono sapere", afferma Herrmann.

Pericolo per la democrazia

Si tratta di una follia economica e di un pericolo per la democrazia. Perché questa ci promette l'uguaglianza di tutte le persone. Herrmann afferma: "Ma l'economia attualmente produce grandi diseguaglianze e avvantaggia solo il 10% piu’ ricco. Non si può promettere l'uguaglianza politica e poi consentire una disuguaglianza economica che diventa sempre più ampia, in questo modo avremo sempre piu’ persone che si sentono lasciate indietro, le quali avranno la sensazione di non trarre alcun beneficio. E alla fine ad affermarsi sarà solo il disincanto politico e questo disprezzo per lo stato. E cio‘ potra essere sfruttato politicamente dai partiti estremisti "

Alla fine non è così difficile: abbiamo solo bisogno di storie nuove e buone.