Il miracolo economico tedesco del secondo dopoguerra sarebbe solo una favola che i tedeschi si raccontano per coltivare il loro orgoglio. Ludwig Erhard invece sarebbe un economista di quarto ordine, mentre l'economia sociale di mercato non sarebbe mai esistita, soprattutto perché l'aggettivo sociale non vi ha mai trovato spazio; e anche il famoso miracolo dell'export è un'altra favola consolatoria, perché si dovrebbe parlare piu' che altro di un deficit delle importazioni, almeno secondo la giornalista e scrittrice Ulrike Herrmann. Una riflessione molto interessante e lontana dai soliti luoghi comuni, in chiave anti-nazionalista, dell'ottima Ulrike Herrmann intervistata dalla Ard.
Si tratta della narrazione che facciamo del nostro paese. La maggior parte dei nostri miti nazionali hanno a che fare con il modo in cui noi tedeschi nel dopoguerra siamo rapidamente diventati ricchi e potenti. "Tutti questi miti non sono affatto veritieri", afferma la giornalista Ulrike Herrmann. "Si dice sempre che i tedeschi, con la loro diligenza e raffinatezza, da soli abbiano realizzato un miracolo economico unico, e questo non è vero - in effetti, tutta l’Europa è cresciuta dopo la seconda guerra mondiale, e alcuni paesi hanno avuto addirittura piu’ successo di noi. Ad esempio, in termini di reddito pro-capite il paese di maggior successo di sempre - nessuno lo sa – è stata la Spagna".
La Spagna? Preferiamo credere solo al miracolo economico tedesco, perché vorremmo essere una superpotenza economica indipendente. Ma questa storia è solo una favola.
Il problema del "mito di Erhard"
E allora il padre del miracolo economico, Ludwig Erhard? Solo un economista di quarto ordine, afferma Ulrike Herrmann. E un profittatore del nazismo. "Ludwig Erhard è stato direttamente legato al regime nazista e in termini finanziari ha tratto un enorme vantaggio da questo orrore, secondo me il fatto che Ludwig Erhard ancora oggi venga celebrato come se fosse un eroe tedesco è semplicemente uno scandalo".
Anche i politici dei Verdi si fanno fotografare volentieri insieme ad Erhard. Dietro c'è l'idea che noi tedeschi, con grande diligenza, ce l'abbiamo fatta da soli. Nel fare ciò però abbiamo fatto affidamento sul commercio europeo come nessun altro paese - e sull'aiuto dei nostri vicini. "Il problema con il mito di Erhard è proprio questo", afferma Herrmann. "Si finisce per perdere di vista l'importanza degli europei e il fatto che senza l'Europa non ci saremmo mai arricchiti, e ora che l'Eurozona è in crisi, per i tedeschi ovviamente è estremamente pericoloso pensare di poter andare avanti in autonomia e in qualche modo riuscire a sopravvivere da soli. I tedeschi, come spesso si afferma, sarebbero gli ufficiali pagatori d'Europa e starebbero molto meglio se fossero da soli. Come si può leggere nel programma elettorale di AfD"
La fiaba dell'economia sociale di mercato
Dobbiamo finalmente liberarci dalla menzogna insita in certe favole economiche. Lo chiede Ulrike Herrmann nel suo nuovo libro. E quella "dell'economia sociale di mercato" di Erhard è una di quelle favole. Ci fa credere che la durezza del capitalismo sia stata messa sotto controllo e ribilanciata dalla politica.
Ma allora non è vero? Non doveva funzionare per tutti? In Germania non abbiamo forse un rapporto unico fra capitale e lavoro?
Ulrike Herrmann afferma: "Economia sociale di mercato - questo è quello che pensano molti tedeschi quando gli viene ripetuto che l'economia di mercato in Germania convive con la politica sociale. Ma in realtà l'idea di fondo di Erhard era quella secondo cui il mercato stesso è già sociale di per sé. Il che ovviamente non significa altro che che tutti si meritano quello che guadagnano, e cioè: i ricchi sono a ragione ricchi, e non c'è bisogno di alcun sindacato. Erhard è sempre stato contro i sindacati e ha sempre ripetuto che bisognava ridurre i salari. E questa idea: viviamo in un'economia sociale di mercato, e quindi i lavoratori dovrebbero essere grati di vivere in questo sistema perfetto, e non dovrebbero chiedere salari più alti, perché tutto è già così sociale. E questo si trascina fino al giorno d'oggi. E tragicamente bisogna dire che Gerhard Schröder con la sua Agenda 2010 in realtà è stato l'erede perfetto di Erhard”.
Diventare ricchi grazie alla povertà?
Schröder era orgoglioso di aver creato il più grande settore a basso salario d'Europa, in uno dei paesi più ricchi al mondo. Il suo argomento: se vogliamo che l'economia prosperi bisogna alleggerire il peso sulle aziende, e alla fine tutti potranno trarre beneficio da questa ricchezza. "L'intera filosofia alla base del settore a basso salario", afferma Herrmann, "è assurda, perché si fonda sull'idea che si possa diventare ricchi diventando piu' poveri. Le persone vengono rese artificialmente povere dai bassi salari, e ciò dovrebbe condurre al benessere. Ma questa è una stupidaggine. La povertà non può renderti ricco. Ma quello che la Germania dovrebbe fare è porre fine quanto prima a questo settore a bassa retribuzione e convertire tutti questi lavori - mini-jobs, lavoro interinale e così via - in posti di lavoro regolari pagati con un salario dignitoso.
Non c’è un surplus di esportazioni, ma un deficit di importazioni
I salari in Germania vengono mantenuti bassi in modo da poter vendere le nostre merci all'estero al prezzo piu' basso possibile: questo è il mito del campione mondiale dell'export. Ma le nostre eccedenze nell'export non sono qualcosa di cui essere felici, Herrmann dice a proposito: "In realtà, bisognerebbe dire che ciò a cui assistiamo, non è un’eccedenza nell’export, ma un deficit di importazioni - se si vanno a vedere le ragioni di questo surplus, si capisce che ciò accade perché i salari in Germania sono così bassi che non possiamo permetterci di comprare abbastanza beni dai nostri vicini ".
Con i nostri bassi salari e le nostre merci economiche mettiamo gli altri europei sotto pressione. E allo stesso tempo importiamo troppo poco di quello che loro producono. Al contrario: prestiamo loro denaro per acquistare i nostri beni, il che rende la somma del debito non piu’ rimborsabile sempre maggiore. "Dagli Stati Uniti al Fondo monetario internazionale, all'OCSE, alla Banca centrale europea, i nostri vicini, primo fra tutti Macron, ci dicono che in Germania i salari devono aumentare, in modo che l’economia possa crescere e quindi mettere in moto anche l’import. E tutti sono concordi su quello che la Germania dovrebbe fare, solo i tedeschi non ne vogliono sapere", afferma Herrmann.
Pericolo per la democrazia
Si tratta di una follia economica e di un pericolo per la democrazia. Perché questa ci promette l'uguaglianza di tutte le persone. Herrmann afferma: "Ma l'economia attualmente produce grandi diseguaglianze e avvantaggia solo il 10% piu’ ricco. Non si può promettere l'uguaglianza politica e poi consentire una disuguaglianza economica che diventa sempre più ampia, in questo modo avremo sempre piu’ persone che si sentono lasciate indietro, le quali avranno la sensazione di non trarre alcun beneficio. E alla fine ad affermarsi sarà solo il disincanto politico e questo disprezzo per lo stato. E cio‘ potra essere sfruttato politicamente dai partiti estremisti "
Alla fine non è così difficile: abbiamo solo bisogno di storie nuove e buone.
E sì che Ulrike Herrmann ha studiato economia... che non concordi con le politiche di Ludwig Erhard ci sta, ma che neghi l'enorme influenza in chiave positiva sul successo economico della Germania nel dopoguerra è imbarazzante. E' fuori dubbio che un grande merito vada ai finanziamenti del Piano Marshall, finanziamenti che come è dimostrato sono bene utilizzati. Mi meraviglia anche l'ingenuità con cui critichi le forme contrattuali atipiche e il settore interinale. Perché è come se sostenesse che sono i contratti che creano questo genere di lavori ausiliari e non la più ovvia regolarizzazione normativa di questi che è la stessa economia che li genera. Abolisci i "minijob" e avrai lavoro nero. Non puoi eliminare tali lavori (o lavoretti). Se cancelli il lavoro interinale non elimini il precariato o parte di esso, semplicemente avrai molti più disoccupati perché le aziende preferiranno non assumere. Non meno mi sorprende la sua affermazione sul surplus, che a suo modo di vedere è più dovuto ad un definit di importazioni che a maggiori esportazioni, sostenendo yta l'altro che ciò è causato da un insufficiente aumento dei redditi e che se questi aumentassero il surplus verrebbe meno. Se prendiamo uno dei settori che nel commercio internazionale rappresenta quello di maggior peso, quello degli autoveicoli, e consideriamo che metà delle autovetture in Germania sono di case automobilistiche tedesche o comunque fabbricate in Germania come la Opel, mi chiedo come possano i tedeschi aumentare la quota di auto straniere se aumentano i redditi quando i prezzi delle loro è maggiore. In poche parole: se mi aumenta il reddito anziché una Audi da 30 mila euro mi compro una coreana che costa la metà?
RispondiEliminaSig.Cocucci,
Eliminadi primo acchito sarei tentato anche di darle ragione.
Tuttavia i dati son dati, e le interpretazioni tante.
La Sig.na Ulrike interpreta la situazione come deficit da importazioni - lei no, e questo va comunque accettato.
Io invece incrocio i dati con il tasso di natalità:
nei paesi avanzati, basso tasso di natalità a volte fa rima con stipendi non sufficienti.
l'Italia si conferma povera con birth rate =1.35
La Germania ha 1.5 : possiamo dire che in Germania son tutti passati all'altra sponda?
Al di là dei dati economici che il dott. Cocucci conosce molto bene, io preferisco fare riferimento al paese reale, quello in cui mi trovo ogni giorno. Se vai il sabato pomeriggio da Aldi, nota catena di supermercati/discount a basso costo, noterai che nel parcheggio ci sono anche auto molto costose e belle, diciamo auto da 50/60 K made in Wolfsburg o Ingolstadt. L'italiano medio sa bene che la maggioranza dei prodotti alimentari venduti da Aldi sono di medio-basso livello (spero Aldi non mi quereli), almeno per il palato italiano, tuttavia Aldi in Germania ha avuto un successo strepitoso e trovi il parcheggio sempre pieno, di utilitarie ma anche di auto costose. I tedeschi infatti preferiscono spendere soldi per i macchinoni di Wolfsburg o Ingolstatd ma quando c'è da fare la spesa preferiscono risparmiare e comprare la rumenta di Aldi. Allora dico io, se si mettessero un po' di soldi in piu' nelle buste paga dei lavoratori, l'impiegato o l'operaio alamanno, invece di comprare la spazzatura dello Schwarzwald, si comprerebbe un bel prosciutto di Parma o un Jambon Serrano, invece di bere il vino acido del Baden, si comprerebbe un Bordeaux o un bel Chianti, invece di mangiare quei formaggi insipidi della Baviera si prenderebbe un bel pecorino toscano o un bel formaggio francese, invece di andare in vacanza sul Bodensee o fare il bagno nel gelido mare del Nord andrebbe in Grecia, e cosi' via. Se avesse piu' soldi in tasca, appunto, siccome non ce li ha, è costretto a condurre vita grama e ad accontentarsi di prodotti alimentari di medio-basso livello.
EliminaE' un esempio semplice, ma se i lavoratori tedeschi alla fine del mese avessero due soldi in tasca in piu', ci sarebbero benefici per tutti,
grazie comunque per il contributo
Certo VdG, però non confondere una questione del tutto culturale con ragioni economiche. Il tedesco a differenza dell'italiano non presta la stessa attenzione ai generi alimentari e soprattutto all'abbigliamento. Difficilmente, se non raramente, troverai un giovane tedesco che al sabato sera o la domenica indossa abiti firmati. Facile che si metta capi acquistati in catene di grandi magazzini. Poi non confondere la qualità con il gusto. Tralasciando le catene discount, nei negozi alimentari trovi prodotti di ottima qualità, che possono non piacere ma che nulla hanno da invidiare a quelli nostri tranne alcune eccezioni. E' come paragonare lo Speck con un prodotto similare italiano, come fai a dire quale sia il migliore dato che dipende dal gusto? Mentre sul piano qualitativo facile che nessuno prevalga. In Baviera, Land con la più alta percentuale di attività agricolo-caseario, trovi nei negozi, in particolare nei piccoli centri che si riforniscono dagli allevamenti e latterie della zona, formaggi e latticini in genere che sono uno spettacolo. Non tanto diverso di quando noi si va in montagna in qualche malga. Riguardo al vino non è vero che non hanno vini eccellenti, solo che sono pochi in confronto ai nostri e pure da noi se vai al supermercato se non addirittura al discount trovi vini di medio bassa qualità. Non mi dire che l'italiano medio pasteggia con Chianti! Infine i redditi, se ti documenti questi continuano ad aumentare ma alla fine si cade sempre sulla solita percezione sbagliata: io mi riferisco al dato medio ed in particolare alla classe media, non all'operatore del call-center, chi come te insiste nell'affermare che non è così guardano quasi esclusivamente quelli delle qualifiche più basse.
EliminaAd Anonimo invece replico dicendo che non è una questione di diverse interpretazioni perché i dati sono chiari: la Germania importa in proporzione più semilavorati oltre a materie prime e vende (sempre in proporzione) più prodotti finiti, è naturale che questo generi un surplus. Inoltre in poco più di 10 anni acquistano dalla CIna oltre 100 mld di beni che se acquistati nei cosiddetti Paesi occidendali sarebbero costati di più riducendo non di poco il surplus. Qui si può ad esempio osservare l'interscambio con l'Italia dove emerge che i prodotti più costosi sono quelli che acquistiamo noi da loro piuttosto che viceversa:
http://www.infomercatiesteri.it/scambi_commerciali.php?id_paesi=69