martedì 26 giugno 2012

Lunga vita alla cancelliera?


Merkel lascia intendere che di Euro-bonds, fino a quando ci sarà lei, non se ne parla proprio. Stroncati i sogni di Monti e Hollande? Da Der Spiegel
La cancelliera non si era mai pronunciata così chiaramente contro gli Euro-bonds o simili. Non ci sarà una messa in comune dei debiti, almeno fino a quando resto in vita, ha detto Angela Merkel davanti al gruppo FDP. Con questa dichiarazione i piani degli strateghi EU sono stati bocciati.

Prima del vertice EU, Merkel ha chiaramente bocciato la proposta di condivisione dei debiti europei. Una responsabilità comune sui debiti - ad esempio con gli Euro-bonds - non ci sarà, "fino a quando resto in vita", ha detto la cancelliera martedi in una riunione del gruppo parlamentare FDP. I partecipanti confermano questa dichiarazione secondo i racconti di molte agenzie. Anche Spiegel Online ha avuto una conferma della citazione. Alcuni deputati liberali avrebbero poi esclamato ad  alta voce verso la cancelliera: "Le auguriamo una lunga vita!".

Merkel ha poi detto chiaramente davanti ai deputati FDP che dopo 60 anni non abbiamo ancora in Germania una responsabilità comune sui debiti - e quindi non la vedremo neanche in Europa.

La frase della cancelliera giunge come una sorpresa. Merkel e i suoi ministri si sono sempre espressi contro gli Euro-bonds, e fino ad oggi la linea ufficiale era: una messa in comune del debito "al momento" non sarebbe la soluzione migliore per risolvere la crisi. In maniera categorica come oggi, gli Euro-bonds non erano mai stati esclusi.

Durante la riunione del gruppo CDU, invece, secondo i racconti dei partecipanti, Merkel non avrebbe pronunciato la frase "fino a quando sarò in vita". Ma anche in quell'occasione ha parlato dei suoi dubbi sui piani degli strateghi UE per una responsabilità comune sui debiti. 

In concreto la critica del governo si dirige verso il documento del presidente Van Rompuy. Nel documento, Van Rompuy insieme a Mario Draghi, al presidente della commissione Barroso, e al presidente dell'Eurogruppo Juncker, propongono una condivisione dei debiti nell'Eurozona. Oltre a questo, il piano prevede una unione bancaria con dei fondi di garanzia comuni ed una garanzia europea sui depositi. Le proposte dovranno essere discusse al vertice UE che avrà inizio giovedì.

Il governo federale ha già detto martedi in maniera chiara che il piano dei 4 strateghi sarà respinto. Non ci sarebbe un equilibrio sufficiente fra una gestione comune necessariamente piu' forte e una responsabilità condivisa sui debiti. Il documento è formulato in modo che la messa in comune dei debiti possa arrivare in tempi rapidi. Di questo la cancelliera non è soddisfatta, avrebbe detto Merkel davanti ai deputati dell'Unione.

Merkel al vertice sarà messa sotto pressione

Ci si aspetta che al vertice di Brussel, Merkel venga messa sotto pressione dal presidente francese Hollande e dal primo ministro italiano Monti. Soprattutto Monti sta facendo pressione sul governo federale con sempre nuove richieste in materia di Euro-salvataggio.

Martedi anche il responsabile per la politica europea nel governo nero-giallo, Michael Georg Link, ha criticato duramente il piano EU. "Siamo impegnati per garantire la coesione della zona Euro, ma contro una messa in comune dei debiti, perché questo non crea alcuna fiducia", ha detto Link. Il rapporto " io lo leggo come un libro dei desideri", ha continuato Link. Ma "iniziare dalla messa in comune dei debiti, la consideriamo una strada sbagliata".

Quando un lavoro non basta


Su Die Welt, leggiamo che un numero sempre maggiore di occupati, per sbarcare il lunario ha bisogno di un sussidio statale: è l'effetto delle riforme Hartz IV, realizzate dai socialdemocratici, apprezzate dai conservatori, e artefici del Jobwunder.
Un destinatario su 3 dei sussidi Hartz-IV ha un lavoro ed un "Kombilohn" (salario integrato da un sussidio pubblico). L'introduzione di un salario minimo potrebbe essere una soluzione e ridurre le spese a carico dello stato.

Il numero dei lavoratori che non possono vivere con il proprio lavoro e che quindi ricevono un sussidio dallo stato è cresciuto.

Il numero delle famiglie con almeno un lavoratore destinatario di un sussidio Hartz IV - cosiddetti Aufstocker - secondo i calcoli della confederazione sindacale (DGB), anticipati a Die Welt, dal 2007 al 2010 sono cresciuti dell'11% nei Laender orientali e del 14% nei Laender occidentali. 

Hartz IV non sarebbe "solamente un sistema di sostegno per i disoccupati, ma sempre di piu' anche per gli occupati che non possono vivere solo del loro salario", ci dice Wilhelm Adamy, esperto di mercato del lavoro nella DGB.

In tutto il paese nel dicembre 2011, gli occupati che ricevevano sussidi Hartz IV erano 1.35 milioni, nel 2007 erano 1.22 milioni. Circa il 30% dei sussidiati Hartz IV in grado di lavorare secondo i calcoli DGB nel 2011,  sono Aufstocker (ricevono cioè un'integrazione dallo stato), nel 2007 erano il 23.1 %.

L'ufficio del lavoro (Arbeitsagentur) non è preoccupato

Secondo Adamy, sempre piu' lavoratori diventano degli Aufstocker all'interno del sistema Hartz IV. Lavoratori che fino ad allora non ne avevano ancora avuto bisogno, e che dal sistema di integrazione non riescono piu' ad uscire. "C'è il rischio che sotto l'apparenza degli Aufstocker si nasconda una disoccupazione sedimentata. La mia vera preoccupazione è che ci sia un gruppo di persone che non riuscirà piu' ad entrare nel mercato del lavoro".

L'agenzia per il lavoro federale vede le cifre in maniera meno drammatica: è da valutare positivamente il fatto che sempre piu' disoccupati che ricevono un sussidio inizino a lavorare, ci dice una portavoce. Molti di loro sono costretti ad integrare il salario; ciò è dovuto al fatto che molti di questi impieghi sono creati nel settore del lavoro temporaneo e nel settore dei servizi, dove notoriamente non vengono pagati salari elevati.

I centri per l'impiego tuttavia si impegnano per far trovare a questo gruppo di sussidiati Hartz IV un'occupazione con cui possano vivere. "Il sussidio integrativo può essere la carta di ingresso", ci dice la portavoce. Che sottolinea come l'occupazione in generale sia cresciuta.

Il numero di coloro che con un lavoro regolare ricevono un salario integrativo - secondo Adamy circa la metà dei riceventi un sussidio Hartz IV - è cresciuto di pari passo con la crescita dell'occupazione in generale. La quota era pari al 2.6 % nel 2007 e nel settembre 2001 era al 2.5 %.

Integrazione salariale nonostante un lavoro a tempo pieno

Adamy vede la stagnazione in maniera critica: "E' sorprendente: nonostante il positivo sviluppo congiunturale, non si è riusciti a ridurre il numero degli occupati con un'assicurazione sociale che ricevono un'integrazione salariale", ci dice Adamy. Se fossero state fatte riforme importanti come i contributi familiari per i nuclei a basso reddito, i contributi per gli affitti, l'introduzione dei salari minimi in tutti i settori, molti lavoratori non avrebbero avuto bisogno di un salario integrativo. La DGB vorrebbe estendere ulteriormente queste riforme.

L'esperto di mercato del lavoro Hilmar Schneider, del "Institut zur Zukunft der Arbeit" è tuttavia scettico. Il suo sospetto si basa sul fatto che molti Aufstocker hanno un lavoro a tempo pieno. Secondo Adamy 331.000 Aufstocker hanno un regolare lavoro a tempo pieno.

"In qualche modo si dovrà uscire dal sistema - a meno che non si continuino a pagare stipendi immorali", ci dice Schneider. Il numero elevato di Aufstocker con un lavoro a tempo pieno, puo' essere un segnale del fatto che le agenzie per il lavoro esercitano una grande pressione affinché i destinatari degli aiuti Hartz IV accettino anche lavori mal pagati.

I datori di lavoro potrebbero essere tentati di pagare salari al di sotto della produttività perchè gli interessati dovranno accettare comunque. Le agenzie federali per il lavoro causerebbero distorsioni di mercato, che alla fine rendono per molti occupati la condizione di sussidiato una condizione permanente.

Bassi salari e lavoro part-time sempre piu' diffusi

Il numero degli Aufstocker è cresciuto negli ultimi anni soprattutto nel sud e nell'ovest del paese. Adamy attribuisce questa tendenza a tre cause: il lavoro temporaneo si espande, salari generalmente stagnanti negli ultimi anni e affitti costantemente in crescita. "Sempre piu' persone non qualificate anche ad ovest non possono piu' vivere del loro salario".

Molti lavorano part-time e ricevono un basso salario. Prima di tutto nel commercio al dettaglio, dove i datori di lavoro fanno affidamento per ragioni di flessibilità sui contratti a tempo parziale. Così anche fra gli Aufstocker il lavoro part-time si è diffuso: durante il 2007 solo il 32% dei lavoratori assicurati lavoravano part-time, nel 2010 erano il 40%.

Sebbene ci siano anche nell'ovest sempre piu' Aufstocker, nei lander orientali la percentuale degli occupati che riceve un sussidio integrativo, fra i destinatari Hartz IV in grado di lavorare, è chiaramente piu' alta che nei vecchi Bundeslander; la percentuale piu' alta è in Sachsen e Thüringen, con il 35%. La percentuale piu' bassa con il 26.8 % è in Nord Reno Wesfalia e nelle città stato Amburgo e Brema.

Un prodotto delle riforme Hartz IV

I sussidi di integrazione al salario (Aufstocken) sono possibili dall'introduzione della riforma Hartz IV. Gli architetti dell'agenda 2010 erano convinti che è sempre meglio lavorare, anche quando lo stipendio non basta per vivere. Chi a un certo punto smette di lavorare, vede calare rapidamente le sue possibilità di trovare un nuovo lavoro .

Pertanto nell'ambito delle riforme Hartz IV è prevista la possibilità di ricevere un sostegno dallo stato. Con un sistema combinato salario piu' integrazione, lo stato spende meno di quanto spenderebbe se la persona fosse disoccupata e quindi avesse diritto ad un sussidio completo.

I sindacati ed altri critici ritengono che molti datori di lavoro sfruttano il sistema e in considerazione dei sussidi statali abbassano i salari.

Il salario minimo potrebbe ridurre i costi per lo stato

Un salario minimo generale, secondo i sindacati, potrebbe ridurre il numero degli occupati con un basso salario e far diminuire i costi per lo stato. La DGB pone la sua attenzione sui lavoratori che oltre a svolgere un regolare lavoro con assicurazione sociale, ricevono un sussidio di integrazione. Una metà degli Aufstocker, secondo DGB, sarebbero soprattutto Minijobber e altri lavoratori con condizioni precarie oppure lavoratori autonomi.

Per i lavori con regolare assicurazione sociale, la DGB ritiene le aziende responsabili: i lavoratori devono essere retribuiti in modo da non dover piu' ricevere aiuti dallo stato.

In tutta la Repubblica Federale gli Aufstocker nel 2010 sono costati circa 4 miliardi di Euro - 2.186 milardi sono arrivati dallo stato, 1.746 miliardi dai comuni. In media ricevevano circa 600 € di prestazioni passive, di cui 330 per le spese di alloggio.

lunedì 25 giugno 2012

Weidmann boccia Monti


Weidmann, capo della Bundesbank, dopo aver detto no agli Eurobonds, all'unione bancaria, al fondo di estinzione dei debiti proposto dalla SPD, ora dice no anche all'ultima proposta montiana: acquistare debito con il fondo salva stati. Da Süddeutsche Zeitung
Il capo della Bundesbank Weidmann respinge la richiesta italiana di finanziamento attraverso il fondo salva stati. La richiesta fatta dal primo ministro Monti equivarrebbe ad un finanziamento dello stato attraverso la stampa di moneta. L'Italia ha già cercato di finanziarsi con lo  stesso metodo negli anni '70 - senza riuscirci.

La discussione sugli aiuti europei alla superindebitata Italia si fa sempre piu' intensa. Il capo della Bundesbank Jens Weidmann ha respinto la richiesta del primo ministro Mario Monti: il paese avrebbe dovuto ricevere miliardi dal fondo di salvataggio EFSF e ESM, senza dover rispettare i necessari requisiti: "La proposta di Monti si scontra con il divieto di finanziamento attraverso la stampa di denaro, stabilito dai trattati UE ", ha detto Weidmann alla Süddeutsche Zeitung.

I rendimenti sui titoli decennali italiani nelle ultime settimane sono saliti fino al 6%. Il finanziamento del paese europeo con il secondo maggiore indebitamento in rapporto al PIL dopo la Grecia, in questo modo diventa sempre piu' difficile. Il premier Monti propone che sia la BCE per conto del fondo di salvataggio ad acquistare il debito pubblico dei paesi  sotto pressione come Spagna e Italia. In questo modo i costi di finanziamento per i paesi in difficoltà potrebbero scendere. Il fondo salva stati per quest'operazione dovrebbe dare delle garanzie alla BCE .

Il vantaggio per Monti: il suo governo non dovrebbe piu' soddisfare i severi requisiti di risparmio e riforma, come quelli previsti per Grecia, Portogallo e Irlanda che già ora sono sotto la protezione del fondo di salvataggio. Weidmann ha bocciato questa scorciatoia, che nella stessa forma anche il governo spagnolo qualche settimana fa ha cercato di imporre: "Questa politica monetaria avrebbe lo scopo di ridurre i costi di finanziamento dei paesi membri e bloccare i meccanismi di mercato", ha chiarito Weidmann. In questo modo si avrebbe un'ampia condivisione della responsabilità sul debito e il quadro normativo dell'unione monetaria sarebbe minacciato.

L'Italia ha già avuto esperienza con il finanziamento diretto dello stato attraverso la banca centrale: negli anni '70 la Banca d'Italia ha finanziato lo stato italiano - periodo in cui l'inflazione è cresciuta oltre il 10%.

domenica 24 giugno 2012

Schieritz: il destino dell'euro è segnato


Per Mark Schieritz, commentatore su Die Zeit, la moneta unica non può piu' essere salvata. E se certe affermazioni arrivano da un euroentusiasta, c'è da riflettere.


Ecco un'informazione da insider: qualche tempo fa ho ascoltato una conversazione fra alcuni membri del governo federale in cui si diceva che entro 2 anni non avremo piu' avuto l'euro. Non so se la previsione sia corretta, ma sempre di piu' questo sta diventando anche il mio scenario base.


Nel frattempo avevo sperato che l'intervento della BCE di inizio anno, combinato con l'allora in discussione nascita di una unione politica potesse arrestare il crollo, ma questa speranza si è rivelata illusoria. Perchè?

Primo, perchè l'intervento della BCE nel contesto del peggioramento congiunturale e delle condizioni di finanziamento catastrofiche nei paesi in crisi era inadeguato. Gli impulsi di politica economica non sempre vengono trasmessi, e i governi e le aziende continuano a pagare tassi troppo alti, nonostante il tasso di interesse resti bassissimo.

E secondo perché la volontà di creare una unione politica nel nord e nel sud Europa è molto diversa. Quando Angela Merkel parla di centralizzazione, intende la cessione di competenze e l'armonizzazione delle regole - e solo alla fine probabilmente una condivisione delle responsabilità sui debiti. Quando Mario Monti parla di centralizzazione, intende una unione della responsabilità sui debiti e alla fine la cessione delle competenze. E delle forze tedesche anti-Euro nelle loro varie forme (Freie Wähler, Hans-Olaf Henkel, Bund der Steuerzahler, Stefan Homburg) non ho ancora parlato.

Abbiamo bisogno di entrambe, ma soprattutto ne abbiamo bisogno in fretta - e questo non accadrà. L'unione bancaria sarà la prossima delusione. L'approvazione della cancelliera si riferisce solo alla supervisione congiunta per le banche piu' grandi. Se la Deutsche Bank e la Commerzbank saranno controllate dalla BCE invece che dalla Bundesbank o dalla Bafin, la cancelliera non perderà alcun capitale politico. Ma che il risparmiatore o alla fine lo stato tedesco possano garantire per i risparmi in altri paesi, questo mi sembra molto difficile. La potente associazione delle casse di risparmio sta già lavorando ad una campagna contro il progetto...

Detto chiaramente: non credo che in Europa potrà essere realizzata una vera unione politica, e per questo credo che il destino d'Europa sia segnato. Una moneta senza uno stato non potrà sopravvivere a lungo - e l'Europa per questo stato non è affatto pronta, soprattuto se viene costretta a farlo dalla moneta.

Anche gli americani da Hamilton fino agli Stati Uniti d'America nella forma odierna hanno impiegato almeno un secolo e una sanguinosa guerra civile.

Ma può anche darsi che io mi stia sbagliando, e tutto andrà bene.

sabato 23 giugno 2012

Il ritorno di Jan!


Jan Fleischhauer, commentatore di Der Spiegel, torna a parlare di Italia. Lo fa con il suo humour e con una critica precisa: liberatevi dal potere di veto dei sindacati e tornerete alla crescita. L'esempio è l'Agenda 2010 realizzata dai socialdemocratici tedeschi.
Il destino dell'Euro si decide in Italia. Purtroppo molti italiani si sono convinti che la cancelliera possa da sola salvare il loro paese. Per fare questo dovrebbero finalmente rompere il potere dei sindacati, e far tornare l'economia alla crescita.

Parliamo di cambiamento, ancora una volta degli italiani. Lo so, sto camminando sul ghiaccio sottile. L'ultima volta che da queste colonne mi sono occupato dei nostri vicini del sud, è seguita una tempesta di proteste sulla rete e poi una lettera dell'ambasciatore italiano a Berlino. Ho commesso l'errore, in occasione dell'incidente della Costa Concordia davanti all'Isola del Giglio a metà gennaio, di fare un paio di riflessioni sul significato dei caratteri nazionali ai tempi dell'eurocrisi. Nessun italiano, che abbia stima di se stesso, vorrebbe essere scambiato per un tedesco. Del resto, va tutto bene quando ci si distingue dai propri vicini di casa per degli aspetti positivi, si reagisce invece duramente quando accade il contrario.

Se vogliamo capire perché con il salvataggio dell'Euro non stiamo facendo progressi, dobbiamo guardare al di là delle Alpi. Tutti parlano dei problemi finanziari della Spagna, ma è sugli italiani che si deciderà il destino dell'Euro. Il paese è troppo grande per entrare sotto la protezione dei fondi di salvataggio. Se l'Italia da sola non ce la fa con le proprie forze, allora l'unione monetaria nella forma attuale è alla fine; su questo punto sono d'accordo tutti coloro che capiscono qualcosa dell'argomento. Purtroppo sembra che alla maggioranza degli italiani questa responsabilità sia sconosciuta. 

L'Italia, come molti altri paesi del sud, soffre di una economia troppo rigida; conseguenza di una politica incapace di stimolare l'iniziativa privata, che anzi la punisce. Per anni l'apparato statale è cresciuto insieme all'economia sommersa. Data la produttività limitata, il paese ha bisogno di costanti programmi di stimolo per non scivolare in recessione. 

Questa io la chiamo matematica superiore

Su "Handelsblatt" venerdi è comparso un annuncio che invitava "la signora Merkel e tutti i cittadini tedeschi" ad una "riflessione rapida e senza indugio". L'annuncio era un appello ai tedeschi a fare un esame di coscienza e a non ferire la sensibilità dei vicini, ed era firmato da due grandi quotidiani italiani, e da un gruppo di 10.000 imprenditori, manager ed economisti sempre italiani. 

A parte il fatto che, oltre a chiedersi se l'economia vada così male da doversi affidare ai programmi di traduzione automatica di Google, ci si devono porre domande anche sulle capacità matematiche delle elite di quel paese. Gli autori dell'appello sottolineano infatti che l'indebitamento pubblico in Germania fra il 2000 e il 2007 è cresciuto di 5.2 punti percentuali, dal 59.7 al 64.9 %. In Italia invece sarebbe sceso di 5.6 punti percentuali, dal 109.2 al 103.6 %, come loro calcolano in maniera orgogliosa: al contrario della Germania, il paese "si sarebbe avvicinato al valore del 60% ad un ritmo sostenuto".

Io la chiamerei matematica superiore. Oppure come la si deve chiamare, quando si sostiene che 103.6 è piu' vicino a 60 di 64.9: algebra napoletana? Calcolo con Monti?

Ad Angela Merkel, con i suoi appelli al risparmio, da ogni parte si rimprovera di spingere i paesi del sud in una crisi sempre piu' profonda: secondo i suoi critici risparmio e crescita si escluderebbero a vicenda. Ma questa è un'equazione per stupidi. In realtà, la cancelliera richiede ai paesi ai quali dovrà fornire un aiuto finanziario, la fine della spesa pubblica facile. Esattamente ciò che li ha portati nelle condizioni in cui si trovano. Quello di cui i paesi del sud hanno bisogno è un'Agenda 2010. In queste misure c'è la chiave per il loro risanamento e per il salvataggio della moneta unica: non in nuovi programmi congiunturali, per i quali devono garantire gli altri paesi. 

Perché l'economia tedesca oggi va bene

La causa e i custodi della sclerosi italiana sono i sindacati: attenti solo a fare in modo che nessuno tocchi i loro diritti acquisiti. Il simbolo del loro potere è il famigerato articolo 18, che di fatto impedisce ad ogni imprenditore oltre i 15 dipendenti di licenziare qualcuno dopo averlo assunto. L'economia si è talmente adattata alla situazione, che in alcune zone non esistono aziende con piu' di 15 dipendenti. Che in queste condizioni nessun paese industriale possa prosperare, lo sa anche il presidente Monti. Che oltre a nuove tasse, propone anche una liberalizzazione del mercato del lavoro. Nel fare questa riforma però non ha avuto molto successo e per questo motivo, e non per la crisi economica, l'Italia incontra sempre maggiori difficoltà nel convincere gli investitori internazionali.

Un motivo per cui alla Germania le cose oggi vanno molto meglio che agli altri paesi europei, è la relativa debolezza dei sindacati tedeschi. Il merito di aver sconfitto il loro potere di veto è del precedente cancelliere Schröder. Le riforme Hartz erano una prova di forza per decidere chi nel paese ha veramente il potere: i contestatori organizzati di Ver.di e i IG Metall o il governo legittimato democraticamente. Alla fine questo scontro è stato pagato dalla SPD con la perdita del governo, perché molti membri dei sindacati sono passati alla Linke. Ma i frutti delle riforme di Schröder li stiamo raccogliendo ancora oggi.

venerdì 22 giugno 2012

La Germania sta perdendo competitività?


Se lo chiede il Financial Times Deutschland, che anticipando i dati di uno studio, con sorpresa arriva ad affermare: gli squilibri regionali nell'area Euro si stanno ricomponendo e il sud recupera competitività. L'analisi è veramente credibile? 
L'economia tedesca come pilastro della competitività europea? Nemmeno per idea. Secondo uno studio i paesi Euro in crisi tornano ad essere competitivi - e l'industria tedesca in Europa è  la piu' penalizzata.

I paesi periferici dell'Eurozona recuperano competitività nei confronti dei paesi core. E' quanto emerge da uno studio non ancora pubblicato della società di ricerca The Conference Board, che Financial Times Deutschland anticipa. Secondo lo studio, sarebbero in particolare Irlanda e Spagna ad aver recuperato chiaramente competitività a partire dal 2008. Dal 2010 anche Grecia e Portogallo hanno iniziato un riequilibrio ad un passo piu' sostenuto.

"Il costo del lavoro per unità di prodotto (Lohnstückkosten) nei paesi periferici scende rapidamente - uno primo raggio di sole per l'intero continente", ha dichiarato Bart van Ark, capo economista di The Conference Board e coautore dello studio. Poiché i costi per unità di prodotto nell'industria tedesca e negli altri paesi del nord crescono con forza, procede all'interno dell'Eurozona il processo di riequilibrio macroeconomico.

Gli economisti che hanno preparato lo studio sono in disaccordo con quanti in Germania sono scettici sulla possibilità per i paesi del sud di tornare ad essere competitivi all'interno della zona Euro - e che quindi propongono un'uscita della Grecia dall'unione monetaria.

Come documentato dai dati di Van Ark e del collega Bert Colijin, il riequilibrio macroeconomico fra il sud Europa e il nord Europa è già a buon punto. Dall'inizio del 2008 alla fine del 2011 la competitività dei paesi in crisi è chiaramente cresciuta in rapporto a quella dei paesi core. I piu' grandi progressi da allora li hanno fatti l'Irlanda e la Spagna, dove i costi per ogni unità di prodotto nell'industria e nei servizi sono cresciuti rispettivamente del 6.3 e 4.4 %.

In Irlanda la flessibilità del mercato del lavoro ha sostenuto questo sviluppo - le imprese durante la recessione possono infatti reagire rapidamente licenziando i dipendenti. Il successo iberico, secondo i ricercatori, è da attribuire ad un maggiore ricorso al lavoro part time.

Da inizio 2010 anche Grecia e Portogallo stanno facendo sensibili progressi. "In Grecia i costi per unità di prodotto fra il 2010 e il 2011 sono scesi di oltre il 5% -  è un dato molto importante", secondo Van Ark. Il miglioramento è da attribuire in primo luogo alla riduzione dei salari.  In questo modo l'economia ellenica ha aumentato la propria competitività negli ultimi 2 anni piu' di ogni altro paese nella moneta unica".

Ancora migliori sono i ritmi di recupero della periferia nei confronti dei paesi core del continente nei settori importanti per l'industria dell'export. Secondo lo studio i costi unitari nel settore manifatturiero irlandese dal 2008 ad oggi sono scesi del 41.5 %. In questo modo un bene prodotto in quel paese costa quasi la metà di quanto non lo si pagasse prima della crisi finanziaria. Anche la Spagna ha ottenuto una riduzione a due cifre.

Al contrario, i paesi del nord, considerati competitivamente i piu' forti nell'unione monetaria, dal 2008 hanno invece perso competitività. In nessun paese i costi per unità di prodotto sono cresciuti piu' che nell'industria tedesca - esattamente del 14%. Anche in Austria e Finlandia gli aumenti sono stati considerevoli. "Gli aumenti in Germania e Austria sono da ricondurre prima di tutto al Kurzaarbeit (contratti di solidarietà durante i periodi di crisi) a cui hanno fatto ricorso molte aziende nel corso della recessione del 2009", così ci dice l'economista Van Ark. Invece di licenziare i dipendenti, molte imprese, nonostante la crisi, hanno scelto di tenerli in azienda - facendoli tuttavia lavorare poche ore la settimana. Questo ha messo sotto pressione la produttività, fino ad oggi. "Gli aumenti salariarli legati ai rinnovi contrattuali nell'industria tedesca possono rendere il riequilibrio in Europa ancora piu' facile", ci dice Van Ark. Poiché gli esportatori tedeschi sono sempre piu' legati alla domanda proveniente dai paesi emergenti,  gli aumenti salariali non dovrebbero avere un impatto così negativo - allo stesso tempo tuttavia la produttività dovrà continuare a crescere.

Con gli aumenti di produttività del sud e la riduzione del nord, secondo Van Ark, si dovrebbe raggiungere nel lungo periodo il necessario riequilibrio macroeconomico. Allo stesso tempo ci mette in guarda da un'uscita di Atene dall'unione monetaria. "Se questo accadesse, nel medio periodo ne risentirebbe non solo la competitività greca, ma anche quella degli altri paesi Euro". Sicuramente la Grecia, con una svalutazione della nuova moneta, nel breve periodo tornerebbe ad essere piu' competitiva  e a far crescere la propria economia. Nel lungo periodo gli svantaggi sarebbero superiori ai vantaggi - anche perché le riforme non potrebbero aiutare il paese.

Per il resto dei paesi Euro, un'uscita della Grecia secondo Van Ark causerebbe prevedibilmente una recessione massiccia e ad una crescente disoccupazione. Secondo gli esperti, se i capi di governo dell'Eurozona nelle prossime settimane dovessero trovare un accordo sull'unione fiscale, la competitività di tutti gli stati nell'unione monetaria ne trarrebbe grande vantaggio.

giovedì 21 giugno 2012

A pagare sono sempre gli stessi


Focus.de, settimanale popolare non lontano dai livelli di Bild Zeitung, ci ricorda che anche la Germania non è immune dagli estremismi. Un commento di Uli Doench
I tedeschi dovrebbero risolvere la crisi - e salvare finanziariamente i vicini. Lo stanno chiedendo tutti. Ma attenzione: chi ci isola e ci vuole spremere, rischia l'estremismo politico - non solo in Germania ma in tutta Europa. 

Un miliardo qui, un miliardo là. Ed è già stato messo insieme un nuovo pacchetto di salvataggio. Ma questo funziona fino a quando non ci ricordiamo: oh - si tratta di denaro vero. E dovremo pagare sul serio alla fine! Per i nostri amici di breve periodo, ma anche per quelli che se ne vanno e lasciano il conto da pagare.

Anche al vertice G20 metà del mondo era d'accordo: la Germania deve fare di piu' per la soluzione della crisi Euro. Sì, assumere perfino il ruolo di leader. Ci dicono "leader", ma in realta vogliono dire "risorsa finanziaria". Noi tedeschi con la nostra forza economica dovremmo liberare tutta l'europa dalla palude del debito...

Tentativi di esproprio malcelati

Ma questo noi non lo vogliamo. Perchè non ce lo possiamo permettere. Non con gli Euro-bond, non con l'unione bancaria - e nemmeno con un governo dell'economia condiviso. O come si chiamano tutti questi eleganti tentativi di esproprio. Nel frattempo lo ha riconosciuto anche Angela Merkel: ha avvertito i fanatici globali dei salvataggi che la forza della Germania non è infinita. Tutte le soluzioni della crisi sarebbero inutili, se il piu' grande donatore di denaro, la Germania, fosse schiacciata dalle eccessive richieste.

Quanto sia corretta l'affermazione della cancelliera, lo mostra l'acuta analisi del commentatore britannico Gideon Rachmann sul "Financial Times": "Stiamo isolando la Germania e la stiamo caricando di richieste eccessive, a nostro rischio". Critica apertamente l'atteggiamento degli Stati Uniti e della Gran Bretagna che assegnano alla germania il ruolo di cattivo nel dramma europeo, sostenendo che i tedeschi con la loro mancanza di azione metterebbero a rischio l'intera economia mondiale.

Lo scenario peggiore: una radicalizzazione politica

Rachman avverte con forza gli americani e i britannici: facendo troppa pressione sulla Germania con continue richieste di denaro, l'intero paese potrebbe radicalizzarsi. C'è il pericolo che - dopo le elezioni in Francia, Olanda e Grecia - anche i tedeschi possano rivolgersi massicciamente verso gli estremismi di destra e sinistra: la onorevole pretesa di evitare il ritorno ad una situazione come quella degli anni '30, potrebbe avere proprio questo effetto. 

Proprio perchè i tedeschi hanno il legittmo diritto di sentirsi ingannati quando si parla di Euro, il rischio di una radicalizzazione politica sarebbe molto forte: avevamo promesso alla Germania di non dover essere responsabile per i paesi Euro in difficoltà (No bail-out) - ma tuttavia il paese è stato portato a dover garantire 671 miliardi per il resto d'Europa.

Rachmann è indignato - al nostro posto - che gli altri paesi, nonostante tutti gli impegni già assunti, accusino la Germania di non fare abbastanza. Chiude la sua analisi con una verità storica amara: "E' un corso politico molto pericoloso quello di sminuire la Germania e isolarla - e allo stesso tempo costringerla a dover essere responsabile finanziaramente per tutta l'Eurozona".