martedì 12 novembre 2013

Flassbeck: abbiamo disperatamente bisogno di debitori

Heiner Flassbeck, intervistato da Deutschlandfunk, torna a parlare della malattia profonda che affligge l'economia tedesca: troppo export e troppo risparmio. Abbiamo bisogno di debitori disposti ad assorbire i 180 miliardi di Euro di risparmio tedesco. Da dradio.de

Deutschlandradio: Heiner Flassbeck, pensioni piu' alte, piu' denaro per il sostegno ai figli, piu' soldi per le strade e i ponti, estensione della banda larga - cito solo alcuni dei punti su cui Unione e SPD avrebbero già trovato un accordo. E' già chiaro che alla fine di questa lista dei desideri non resterà molto?

Flassbeck: beh, dipende dal modo in cui si valuta la situazione generale, e la situazione generale è che la Germania non si trova in una fase di espansione economica, ma in una fase di stagnazione in un'Europa nel pieno di una profonda depressione. Prenda ad esempio il taglio dei tassi della BCE di ieri; ci mostra quanto disperata sia la situazione per l'Europa nel suo complesso. In una situazione come questa aumentare la spesa sarebbe molto utile, e lo stato non puo' tirarsi indietro. I bassi tassi della banca centrale indicano che non ci sono piu' debitori disponibili a fare nuovi debiti, in Europa e nel mondo. Lo stato non puo' certo dire, ora risparmiamo e non spendiamo piu' un Euro. Per il nostro futuro e per le generazioni che verranno dopo di noi, oggi invece di risparmiare, avrebbe molto piu' senso investire, perché di risparmiatori in giro ce ne sono già troppi.


Deutschlandradio: Herr Flassbeck, il suo suggerimento sarebbe quindi di fare piu' debiti e possibilmente aumentare anche le tasse?

Flassbeck: no. Aumentare le tasse in una situazione economica difficile non ha molto senso. Aumenti delle tasse hanno senso dal punto di vista della redistribuzione e anche da altri punti di vista, ma in questa  situazione specifica è necessario che la Germania stimoli la domanda interna. Dovrebbe essere la priorità assoluta. Abbiamo appena sentito l'avvertimento degli americani che ci hanno detto: così non potete andare avanti. La Germania non puo' continuare a vivere solo di export, e lo stesso vale per l'Europa e per il resto del mondo. Ovunque nel mondo abbiamo tassi vicini allo zero, e alla fine dovremo prendere atto di questo segnale. Qualcuno, in qualche luogo, prima o poi, deve fare dei debiti. Ora io non dico - e lei ha usato la bella parola "ordinato" - che lo stato deve "ordinatamente" spendere denaro. Io dico, qualcuno prima o poi dovrà fare dei debiti. Potremmo spingere le imprese tedesche a indebitarsi, che in realtà in una economia di  mercato sono il debitore naturale. Ma anche loro stanno risparmiando. E se tutti risparmiano le cose non possono funzionare, e non possiamo utilizzare sempre l'estero come un debitore, piuttosto, nel dubbio dovrebbe essere lo stato a fare qualche debito. Ci puo' essere risparmio, solo quando c'è qualcuno disposto a indebitarsi, per questa ragione non possiamo essere tutti dei risparmiatori. Dovremmo lentamente iniziare a tenere in considerazione questa semplice intuzione di contabilità macroeconomica. Discutiamo sempre come se fossimo completamente separati dal resto del mondo, ma invece non lo siamo.

Deutschlandradio: parliamo di altri argomenti di attualità. Li ripeto: pensioni piu' alte, assegni familiari piu' alti, investimenti per le infrastrutture, piu' banda larga. Misure che lei definirebbe sensate ed utili, indipendentemente dal modo in cui si potranno finanziare?

Flassbeck: gli investimenti in istruzione, infrastrutture e cura dell'ambiente sono assolutamente necessari ed utili, ed un'economia che sta andando ancora relativamente bene, dovrebbe impegnarsi in questi ambiti e fare qualcosa per il futuro. Lo ripeto ancora una volta: fare qualcosa per il futuro, oggi significa raccogliere i risparmi dei cittadini e investirli in maniera sensata. Fino ad ora i nostri risparmi sono andati sempre e solo verso l'estero, non puo' continuare in questo modo. E' il governo a dover decidere nel dettaglio quali sono le misure ragionevoli. Ma non dobbiamo perdere di vista il quadro economico generale. In materia di cura ambientale, infrastrutture generali, trasporti, ma soprattutto in materia di educazione, credo che in Germania ci sia bisogno di recuperare molto terreno, e ora è il momento giusto per affrontare questa necessità.

Deutschlandradio: poiché il gettito previsto in ogni caso non è sufficiente, si tratterà di...

Flassbeck: questo è il punto! Le entrate non sono sufficienti, vale a dire che lo stato in questo caso dovrebbe prendere a prestito e investire una parte di quei risparmi che sul mercato dei capitali non sanno dove andare, e che finirebbero altrimenti nelle operazioni da casino'. Questo sarebbe veramente sensato.

Deutschlandradio: questo significa fare altri debiti?

Flassbeck: si', certamente, fare altri debiti. Diciamolo ancora una volta in maniera chiara: quest'anno in Germania ci saranno altri 180 miliardi di risparmi aggiuntivi, che si aggiungono ovviamente ai risparmi già presenti! Devono andare da qualche parte. Lo stato non puo' dire: io non c'entro nulla, non ho alcuna intenzione di fare debiti. Chi dovrebbe essere allora ad utilizzare questi risparmi? Se questi risparmi non vengono assorbiti, l'economia tedesca avrà dei seri problemi. Fino ad ora è stato l'estero a fare debiti, ma ora gli altri paesi si sono stancati prendere a prestito. Noi non possiamo continuare a dire: noi non c'entriamo nulla, proseguiamo con il nostro modello economico. No, questo modello economico ci farà sbattere contro il muro. Dobbiamo capire che qualcuno deve fare dei debiti, e al primo posto ci sono le imprese tedesche, ma alla fine anche lo stato dovrà fare lo stesso.

Deutschlandradio: qualche debito lo abbiamo già, Herr Flassbeck. Il rimborso del debito non è piu' cosi' importante?

Flassbeck: vede, se 180 miliardi di risparmi arrivano sul mercato, è necessario che in qualche modo vengano impiegati. Non posso certo dire, beh ora ripaghiamo i vecchi debiti. In quel caso avremmo ancora piu' risparmio, avremmo allora 200 miliardi di Euro. Bisogna trovargli un impiego. Se non gli si trova un impiego, l'economia tedesca avrà dei seri problemi. Dobbiamo renderci conto che è necessario impiegare questi 180 miliardi di Euro. All'estero ormai sono in molti ad essere insolventi, non ne hanno piu' la possibilità. Abbiamo bisogno di investire da soli, e chi puo' farlo meglio delle imprese e dello stato? Ma per fare questo abbiamo bisogno di modificare la nostra politica economica, dobbiamo essere capaci di vedere queste relazioni. Altrimenti per l'economia tedesca non ci sarà un futuro.

lunedì 11 novembre 2013

Hans Werner Sinn: i tassi bassi sono un esproprio del risparmiatore tedesco

Hans Werner Sinn torna a parlare dei saldi Target e dei bassi tassi di interesse: la BCE con la sua politica sta espropriando i risparmiatori tedeschi, ormai la sua condotta è in contrasto con la costituzione tedesca. Da FAZ.net
E' la Germania a trarre i maggiori vantaggi dai crediti Target? Il mio collega Marcel Fratzscher del Deutsches Institut für Wirtschaftsforschung (DIW) ne è convinto. La sua affermazione mi ha spinto ancora una volta a prendere una posizione sulla questione Target - due anni e mezzo dopo aver scritto il mio primo contributo sulla FAZ, dando il via ad un dibattito non solo scientifico.

Prima di tutto, mi fa piacere che sia finita la fase in cui i politici tedeschi potevano ignorare la questione dei crediti Target liquidandoli come "saldi irrilevanti". E' ormai pacifico che i saldi Target rappresentano un rifinanziamento supplementare che la BCE ha fornito ai paesi in crisi, dopo aver abbassato il rating necessario per l'accettazione delle garanzie. Si tratta quindi di prestiti a carattere pubblico utilizzati per pagare i disavanzi delle partite correnti, rimborsare i debiti esteri, acquistare titoli, immobili e aziende in altri paesi. Cio' che in passato veniva finanziato dal credito privato, è stato sostituito dai prestiti della BCE.

Le banche dei paesi creditori hanno depositato il denaro in eccesso presso le banche centrali, in cambio di un tasso di interesse, e in questo modo hanno dato il via al ciclo. Le banche centrali  prestatrici accumulano un credito nei confronti dell'Euro-sistema, mentre le banche centrali dei paesi che hanno preso a prestito denaro aggiuntivo accumulano un debito per un importo corrispondente. L'80% della base monetaria dell'Eurosistema è stata creata dalle operazioni di mercato aperto delle banche centrali dei sei paesi in crisi (Grecia, Italia, Portogallo, Spagna, Irlanda, Cipro), sebbene questi paesi rappresentino solo un terzo della forza economica della zona Euro. Della stessa dimensione è la quota di reddito da interessi che l'Eurosistema ha generato nei paesi in crisi e poi redistribuito ai ministeri delle finanze dei vari paesi membri, secondo le dimensioni del paese. In Germania tutti gli interessi trasferiti dalla Bundesbank al ministero delle finanze arrivano dall'estero.

La macchina per stampare denaro è stata data in prestito

Una metafora delle operazioni di pagamento elettroniche che si nascondono dietro i saldi Target potrebbe essere la seguente: il sud-Europa si stampa il denaro di cui ha bisogno per poter comprare beni nel nord-Europa e per onorare i vecchi debiti. E' un po' come se il nord avesse prestato al sud una macchina per stampare denaro.

L'aver prestato la macchina stampa-denaro comporta pero' notevoli rischi. Se l'Euro dovesse disintegrarsi, i saldi Target svanirebbero nell'aria, mentre i titoli di debito, i beni patrimoniali e i beni di consumo, acquistati all'estero con il denaro trasferito, resterebbero naturalmente all'estero. 

Ma che cosa si è finanziato con questi crediti speciali usciti dalla macchina stampa-denaro? Secondo Marcel Fratzscher, i crediti Target tedeschi, che oggi ammontano a 570 miliardi di Euro, sarebbero nati soprattutto in seguito al rientro in patria di circa 400 miliardi di Euro dal mercato dei capitali privato, sostituiti dal credito delle banche centrali ai paesi in crisi. Egli parla di "auito per la fuga", poiché senza questo denaro i paesi in crisi non avrebbero potuto finanziare il rientro dei capitali.

Diverse interpretazioni dei fatti

L'interpretazione dell'aiuto alla fuga, che il mio collega Timo Wollmershäuser ed io abbiamo già sottolineato nelle nostre pubblicazioni scientifiche sul tema Target, descrive tuttavia effetti che nello sviluppo della crisi sono emersi solamente in alcuni paesi in crisi. Non chiarisce pero' la crescita dei saldi Target tedeschi, e se anche la spiegasse, non sarebbe stato compito della BCE difendere le banche tedesche da eventuali perdite. Tali misure di politica fiscale sono di competenza del Ministero delle Finanze e non del consiglio BCE.

Il DIW riferisce che circa 400 miliardi di Euro sono rientrati dai paesi in crisi verso la Germania. Sono cifre simili a quelle dell'Istituto IFO, che il DIW molto gentilmente cita. Si tratta tuttavia di un importo lordo, come indicato anche da Fratzscher. Se guardiamo alla cifra netta, gli investitori privati, secondo i dati, avrebbero fatto rientrare in Germania dai paesi in crisi molto meno (secondo i calcoli incompleti del DIW circa 200 miliardi di Euro netti), poiché gli investitori privati dei paesi in crisi hanno fatto l'operazione opposta ritirando i loro capitali dalla Germania. Se le operazioni opposte si fossero saldate a vicenda, le banche dei paesi in crisi non avrebbero avuto bisogno di stampare del denaro aggiuntivo e non avremmo avuto i saldi Target.

Ma il saldo rimanente, anche dopo questo calcolo, non è comunque dovuto ai capitali rientrati dai paesi in crisi e in seguito usciti di nuovo verso altre aree del mondo. Facendo la somma dei 5 anni di crisi, 2008-2012, nonostante il rientro temporaneo, secondo la bilancia dei pagamenti della Bundesbank, la Germania ha esportato 170 miliardi netti di capitale privato, vale a dire crediti erogati verso l'estero, oppure denaro trasferito per l'acquisto di beni di investimento all'estero. Nel complesso, i flussi di capitale privato emersi durante la crisi, di per sé non avrebbero condotto ad una crescita, ma ad una riduzione dei saldi Target.

Dietro la crescita dei saldi Target tedeschi, non c'è il rimborso dei prestiti tedeschi da parte degli stranieri, come ipotizzato da Fratzscher, piuttosto l'export netto di beni pagato con il denaro fresco di stampa proveniente dai paesi importatori. L'avanzo delle partite correnti tedesche fra il 2008 e il 2012, pari a 798 miliardi di Euro, è stato finanziato per tre quarti dai saldi Target (585 miliardi di Euro), mentre gli altri 183 miliardi sono rappresentati da un flusso di capitali privati oppure di natura pubblica. Si tratta di un deflusso di capitali privati pari a 170 miliardi di Euro e un piccolo credito pubblico concesso sotto forma del primo pacchetto di salvataggio greco. E' stata la Bundesbank a fare la parte del leone nel finanziare gli avanzi delle partite correnti tedesche. I crediti concessi alle altre banche centrali dell'Eurosistema, riflessi nelle eccedenze delle partite correnti, invece di essere investiti sui mercati esteri, sono tornati presso le stesse banche. Le banche tedesche hanno rimborsato i prestiti per il rifinanziamento ricevuti dalla Bundesbank, ed hanno riversato il denaro nei depositi a termine.

Che i crediti Target tedeschi siano emersi grazie agli avanzi commerciali non significa necessariamente che i debiti Target dei paesi in crisi possano essere spiegati interamente dai loro disavanzi di conto corrente. Dietro la crescita dei crediti Target tedeschi c'è una struttura molto piu' complessa, a cui hanno partecipato diversi paesi. Mentre il nesso fra debiti Target e partite correnti è molto forte in Grecia e Portogallo, per Italia, Spagna e soprattutto Irlanda in primo piano c'è la fuga dei capitali, che non necessariamente sono rientrati in Germania. Cosi la pressa per stampare denaro prestata a questi paesi, ad esempio, ha aiutato gli investitori britannici, che erano stati in grado di fornire credito americano per l'acquisto di auto tedesche.  In questo caso i debiti Target nei paesi in crisi e i crediti Target della Bundesbank sono cresciuti senza che ci fosse un rientro dei capitali verso la Germania. La Bundesbank in questo caso con i suoi crediti puo' aver aiutato la fuga dei capitali, ma senza aiutare gli investitori tedeschi, piuttosto quelli di paesi terzi.

Ora come in passato i paesi del sud sono ancora troppo cari e molto lontani dall'essere di nuovo competitivi

Considerare i saldi Target come un aiuto per la fuga dei capitali è solo una delle possibili interpretazioni. Ai tempi della crisi Lehman poteva avere un senso, visto che i credi Target hanno aiutato a superare la crisi di liquidità della zona Euro. Poi le cose pero' sono andate in maniera diversa. Quando l'economia mondiale nell'inverno 2009/2010 era in crescita e il mercato interbancario era di nuovo in piedi, la maggior parte dei paesi in crisi poteva accedere al mercato dei capitali, ma ad un tasso maggiore rispetto a quanto erano abituati a fare: il mercato prezzava un rischio insolvenza e chiedeva un corrispondente premio al rischio. In questa situazione il board BCE ha deciso di azionare la pressa per stampare denaro abbassando i requisiti di sicurezza necessari per il rifinanziamento e dando la possibilità alle banche centrali dei paesi in crisi di erogare credito ad un tasso inferiore rispetto a quello fissato dai mercati. La BCE ha offerto alle banche dei paesi in crisi una combinazione di crediti di diversa durata (prima fino ad un anno, poi fino a 3 anni), diversi tassi (1%, poi solo lo 0.5%) e garanzie diverse (ad esempio l'accettazione di titoli ABS non commerciabili oppure titoli di stato con lo status di Junk). Le banche dei paesi ancora in salute non hanno potuto tenere testa a queste condizioni per l'erogazione del credito. Messa in questo modo, le presse per stampare denaro del sud-Europa hanno davvero messo in fuga gli investitori internazionali. Mario Draghi, per la sua offensiva contro la concorrenza privata, ha addirittura scelto il nome „Dicke Bertha“, un cannone usato nella prima guerra mondiale.

La sostituzione del capitale privato internazionale attraverso il credito pubblico ha accelerato la frammentazione del mercato dei capitali europei, invece di mitigarla come sostiene Fratzscher. Se ci fossero stati incentivi per ridurre i saldi Target del sud, ad esempio richiedendo tassi piu' alti, come proposto dall'ex presidente Bundesbank Helmut Schlesinger, oppure esigendo un pagamento in oro, come previsto dal sistema dei cambi fissi di Bretton Woods, allora nel sud-Europa avremmo avuto certamente dei tassi piu' alti e sul mercato interbancario il capitale privato sarebbe tornato a fluire verso il sud. Tassi piu' alti avrebbero costretto i paesi del sud ad un risparmio maggiore e contribuito all'implementazione degli aggiustamenti strutturali nel mercato del lavoro e nell'organizzazione statale, necessari per la riduzione dei disavanzi esteri. Un tale miglioramento strutturale dei conti con l'estero non c'è stato, come recentemente indicato dal FMI. Ora come in passato, i paesi del sud restano troppo cari e molto lontani dal tornare competitivi.

Lo spiazzamento del mercato dei capitali privati avvenuto a causa della pressa stampa-denaro,  è il motivo principale per cui le banche e le assicurazioni tedesche oggi non ricevono tassi di interesse adeguati al rischio, mentre gli assicuratori sono addirittura costretti a ridiscutere i loro tassi di interesse garantiti.

La Germania è un paese prestatore

A volte si tende a sottolineare il vantaggio che l'abbassamento dei tassi ha avuto per i debitori tedeschi. La Germania non è un debitore ma uno stato creditore, ha un credito netto nei confronti del resto del mondo. Si', al momento è il piu' grande esportatore di capitali, addirittura prima della Cina. Pertanto il nostro paese è il grande perdente dall'abbassamento dei tassi, mentre i paesi in crisi, che sono debitori netti, sono i vincitori. 

La BCE si conferma un'organizzazione dedita all'acquisto dei risparmi tedeschi, che poi redistribuisce ai paesi in crisi, ai tassi che essa stessa decide. Secondo lo stesso modello potremmo mettere in piedi un'organizzazione gestita dall'UE per l'acquisto di auto tedesche e per la loro rivendita nel sud-Europa ad un prezzo ritenuto equo, e festeggiare la conseguente caduta dei prezzi come un vantaggio per il consumatore tedesco.

La politica della BCE e i crediti internazionali dei fondi di salvataggio hanno fatto scendere la remunerazione sui capitali presi a prestito dai paesi in crisi, nonostante i tassi sui mercati siano piu' alti e l'indebitamento estero dei paesi sia aumentato drasticamente. Il beneficio in termini di risparmio sugli interessi, per questi paesi, dal 2008 fino al 2012, se paragonato con un mantenimento dei tassi invariati rispetto al 2007, ammonta a 205 miliardi. Al contrario, la Germania, secondo lo stesso calcolo avrebbe avuto uno svantaggio di 203 miliardi di Euro. Non è sbagliato, in questo caso, parlare di un esproprio del risparmiatore tedesco e di una concorrenza a basso tasso di interesse fatta con la pressa per stampare il denaro.

Dal maggio 2010 la Germania nel board BCE è costantemente in minoranza.

Non è nemmeno sbagliato parlare di una pianificazione centralizzata degli investimenti. Dopo che gli investitori privati hanno ritirato i capitali dal sud-Europa, hanno tentato di riorganizzare il loro portafoglio. Tra le altre cose si sono riorientati verso gli immobili e dopo molti anni di stagnazione hanno dato vita al boom edilizio tedesco degli ultimi 3 anni. Questo spostamento degli investimenti sembra dare fastidio all'UE e alla BCE. Per questa ragione è stato organizzato un flusso di capitali pubblici (BCE e fondi di salvataggio) che ha sostituito i flussi di capitale privato. Prosegue in questo modo l'errata allocazione del risparmio europeo, che ha dato alla zona Euro il tasso di crescita piu' basso fra tutte le principali regioni del mondo. Altro capitale continuerà ad essere bruciato.

I crediti usciti dalla stampante di denaro, misurati dai saldi Target, sono la parte piu' importante del piano di salvataggio dell'Euro approntato dalla BCE. Hanno permesso il finanziamento degli stati e dell'economia privata mediante il sistema bancario. Si puo' discutere a lungo se questi crediti economicamente abbiano un senso oppure no. E' certo pero che il difficile equilibrio fra opportunità e rischi, in particolare la valutazione della distribuzione degli effetti fra i diversi paesi europei, non è stata decisa dai parlamenti, ma dal board BCE, un organo tecnocratico, in cui la Germania non ha un peso maggiore rispetto a Malta o Cipro e in cui dal maggio 2010 è costantemente in minoranza.

Le decisioni del board sono in palese contrasto con l'articolo 125 dei trattati UE in quanto hanno fornito un enorme volume di prestiti e di garanzie pubbliche a favore delle banche e degli stati del sud-Europa, che ora sono diventati un pericolo per la stessa BCE. Le perdite potrebbero superare il capitale proprio della BCE, pari a 500 miliardi di Euro. Anche se una banca centrale tecnicamente puo' continuare a lavorare con un capitale proprio negativo, perché il suo vero capitale ammonta al valore degli interessi derivanti dai prestiti di denaro che essa stessa ha creato, la perdita di una parte di questo capitale sarebbe un segnale disastroso per il mercato dei capitali.

Poiché i saldi Target sembrano essere in discesa, per molti il segnale di allarme è già scomparso

Sommando l'acquisto di titoli di stato fatto dalle banche centrali con i crediti Target approvati dal consiglio BCE ed erogati a favore dei 6 paesi in crisi (Grecia, Irlanda, Portogallo, Spagna, Italia e Cipro) la somma dei crediti concessi dalla BCE è pari a 747 miliardi di Euro. Vale a dire il doppio dei fondi di salvataggio concessi dai parlamenti nazionali, pari a 385 miliardi di Euro.

Da un punto di vista economico i crediti della BCE sono sullo stesso piano dei fondi di salvataggio europei, che sono arrivati dopo e di fatto sono solo un mezzo per alleggerire l'esposizione della BCE. In considerazione di quanto la BCE aveva già fatto, ai parlamenti non è rimasto altro che votare un'architettura di salvataggio nella forma dell'ESM; in caso contrario saremmo arrivati ad un collasso dell'Eurosistema. Anche il forte desiderio di una ricapitalizzazione delle banche con i mezzi dell'ESM, espresso recentemente dal presidente BCE Mario Draghi con una lettera alla Commissione UE, chiarisce quanta paura abbia la BCE di dover subire delle perdite sui prestiti fatti.

Poiché i saldi Target in passato sono stati piu' alti degli attuali 681 miliardi, per molti osservatori il segnale di allarme si è già spento. Ancora forse non gli è chiaro che i crediti concessi dalla comunità internazionale attraverso i fondi di salvataggio hanno rimborsato e sostituito in maniera integrale e diretta i saldi Target. E' un processo automatico che emerge dalla natura del sistema Target. Senza i prestiti concessi dal fondo salva-stati e nelle stesse condizioni, i debiti Target dei paesi in crisi oggi sarebbero pari a 1066 miliardi di Euro, invece dei 681 miliardi.

I parlamenti europei nell'allestimento di un'architettura per il salvataggio sono probabilmente rimasti senza scelte alternative: le condizioni erano già state definite dal board BCE anni fa. Considerando le attuali circostanze, per me è necessario domandarsi se la politica fiscale a carattere regionale che la BCE a porte chiuse ha deciso di attuare, e per la quale nel sistema americano delle banche centrali non esistono paralleli, sia ancora compatibile con le regole della democrazia parlamentare definite dalla Costituzione tedesca.

venerdì 8 novembre 2013

La nuova politica di potenza tedesca

Le trattative per la formazione del nuovo governo vanno avanti e si iniziano a conoscere le linee guida della futura politica estera tedesca: espansione del ruolo internazionale della Germania e subordinazione dell'UE agli interessi nazionali. Da German Foreign Policy
La futura coalizione di governo ha già annunciato una nuova politica estera tedesca decisamente piu' aggressiva. E' quanto emerge da un documento strategico di politica estera, su cui l'Unione e la SPD hanno trovato un accordo. Secondo il documento i partiti della futura coalizione intendono "contribuire alla definizione del nuovo ordine mondiale" e "sono pronti" ad interventi di ogni tipo su scala globale. Già nel recente passato le prese di posizione del Presidente della Repubblica e le esternazioni di alcuni esponenti di spicco dell'establishment politico berlinese avevano invocato una leadership tedesca piu' forte. Il tema di fondo è la ridefinizione della politica estera tedesca. Recentemente anche i giovani della Konrad Adenauer Stiftung, vicina alla CDU, hanno lanciato un appello: un accresciuto ruolo politico di Berlino da realizzare con il proseguimento di una stretta cooperazione all'interno dell'alleanza militare occidentale. Inoltre, la cooperazione con i governi filo-occidentali del sud-est asiatico e dell'America latina dovrà essere ampliata - inclusi gli aspetti militari. Sotto la spinta della posizione tedesca, anche il Parlamento europeo chiede una politica estera maggiormente offensiva. L'UE dovrebbe, secondo il documento,  diventare un "attore globale".

Plasmare il mondo

Il prossimo governo federale cercherà di mettere in pratica le ambizioni politiche di Berlino. E' quanto emerge da un documento strategico di politica estera che l'Unione e la SPD hanno redatto congiuntamente durante le attuali trattative per la definizione del governo. "Intendiamo plasmare attivamente l'ordine globale", è scritto nel preambolo del documento, che esplicitamente annuncia la volontà tedesca di intervenire su scala globale: "Ci faremo trovare pronti, quando al nostro paese sarà chiesto un contributo per la soluzione di una crisi o di un conflitto". La Germania dovrà "rappresentare in tutto il mondo i suoi valori".[1] Dal punto di vista dei contenuti il documento si riallaccia alla attuale politica estera tedesca. E' possibile che fra CDU/CSU e SPD possa esserci una divergenza sull'opportunità di fare entrare la Turchia nell'UE, eventualità che i partiti dell'Unione continuano invece ad escludere. Un accordo formale sulla futura politica militare ancora non c'è; sull'acquisto e l'utilizzo dei droni da battaglia, invece, sarà probabilmente necessario un compromesso formale. La sola questione controversa, come si dice nel documento, è la limitazione dei poteri decisionali del Parlamento sui futuri interventi militari. La SPD su questo tema resta molto scettica [ 2 ].

Leadership piu' forte

Il documento si ricollega alle recenti proposte arrivate da Berlino, e alla richiesta di una maggiore presenza tedesca su scala globale. In stretto coordinamento con l'establishment della capitale, il Presidente della repubblica Joachim Gauck, nel suo discorso per l'anniversario della riunificazione ha detto che la Germania è "un paese popoloso, al centro del continente, nonché la quarta economia del mondo"; pertanto non accetta che "la Germania possa sminuire il suo ruolo internazionale". [3] Pochi giorni dopo, almeno 50 esponenti dell'establishment berlinese, dopo una lunga preparazione durata un anno, hanno pubblicato un documento di strategia politica, con il quale chiedono una "leadership tedesca piu' decisa" [4] Il documento è stato redatto su iniziativa della Stiftung Wissenschaft und Politik (SWP), ma è stato apprezzato anche dalla seconda piu' importante fondazione di politica estera, la Deutschen Gesellschaft für Auswärtige Politik (DGAP), sulla loro rivista di politica internazionale.[5] Nel frattempo, altre richieste arrivate dal Ministero degli Esteri sono entrate nel dibattito, come ad esempio la richiesta di ridurre il potere decisionale del Parlamento sugli interventi militari. [6] La pressione sugli apparati resta forte

Espandere l'influenza

Cosi' ora anche la Konrad-Adenauer-Stiftung vicina alla CDU si è unita alla richiesta di una politica estera tedesca piu' aggressiva. Come menzionato in un breve documento recentemente presentato dal gruppo di lavoro sulla politica estera dei giovani della fondazione, la Germania, "in considerazione della condizione economica attuale, non solo potrebbe consolidare la sua influenza internazionale, ma anche espanderla". Il gruppo di lavoro  su questo tema ha fatto anche delle proposte concrete. La Germania dovrebbe rafforzare la sua posizione nel mondo arabo; cio' sarebbe possibile e necessario, poiché gli Stati Uniti sono impegnati nel contenimento della Cina ("Pazifisches Jahrhundert" [7]) e per questo "in tema di sicurezza politica non potranno restare un attore dominante in Europa, Africa e medio oriente". Berlino dovrà fare il possibile per ridurre "l'erosione della capacità militare europea". Di grande importanza sarà "l'aumento della capacità di combattimento delle forze armate".[8]

Imporre i propri interessi

Poiché le "capacità tedesche" non saranno sufficienti, "per far rispettare i propri interessi ed esercitare un'influenza internazionale", il gruppo di lavoro propone una politica estera fatta di alleanze. Cosi' l'alleanza con i paesi occidentali - nonostante le ambizioni politiche di Berlino - dovrebbe mantenere un ruolo fondamentale. In questo contesto la proposta di un accordo di libero scambio transatlantico [9] avrebbe un ruolo di primo piano, sempre secondo la Adenauer-Stiftung: la sua realizzazione "segnalerebbe alle potenze emergenti" la capacità "dei paesi occidentali di far valere i loro interessi ed il loro concetto di mercato". Inoltre si dovrebbero concludere altri accordi "con organizzazioni regionali (filo-occidentali)" - ad esempio l'ASEAN nel sud-est asiatico oppure in America latina la "Comunidad de Estados Latinoamericanos y Caribeños (CELAC)". Accanto alla partnershaft europea con queste organizzazioni regionali, "applicando una doppia strategia, Berlino dovrebbe rafforzare i propri rapporti con alcune potenze regionali" - ad esempio con l'Indonesia, il Sud Africa, il Brasile e il Messico. Le alleanze fra i paesi dovrebbero essere rafforzate anche militarmente, ad esempio con i programmi di addestramento militare, "soprattutto con la scuola per la fanteria".[10] Questa strategia permetterebbe a Berlino di avere alleati collaborativi in ogni parte del mondo e di poter imporre la propria politica estera di potenza - se necessario anche indipendentemente dall'UE.

Ascolto nel mondo

Berlino completa i suoi piani di potere mondiale, legittimati dalla loro presenza nelle trattative per la formazione del nuovo governo, con un'offensiva a livello europeo. Cosi' il Parlamento europeo a fine ottobre in una risoluzione ha espresso la necessità di una politica estera comune europea in un mondo "caratterizzato da un cambiamento strutturale". Sul tema è "necessario un fondamentale dibattito strategico", che il Consiglio europeo, la Commissione e il Parlamento dovrebbero condurre sullo stesso livello. [11] La UE dovrebbe trasformarsi in un "global player" e non in un "global payer", chiede il deputato europeo Elmar Brok, presidente della Commissione affari esteri al Parlamento europeo, che ha spinto con forza per l'approvazione della risoluzione: "Solo quando l'Europa parlerà con una sola voce potrà trovare ascolto nel mondo" [12]

L'UE come amplificatore

Il passo successivo per l'integrazione della politica estera e militare dell'UE sarò il consiglio europeo in materia di sicurezza e difesa di dicembre. In quell'occasione, come richiesto dal Parlamento europeo, si dovrà discutere e adottare un piano per lo sviluppo della politica militare dell'UE, e dare il via ad un "libro bianco per la difesa europea".[13] Poiché su numerosi temi ci sono ancora grandi differenze fra i paesi piu' importanti dell'UE, ci possiamo aspettare un dibattito molto acceso. Berlino spinge con tutte le forze verso un risultato favorevole alla Germania: ha bisogno dell'UE - anche militarmente - per rafforzare la sua politica nazionale di potenza.

[1] Offensiver Ansatz in der Außenpolitik; www.tagesspiegel.de 05.11.2013
[2] Eine stärkere Rolle Deutschlands in der Welt; Frankfurter Allgemeine Zeitung 06.11.2013
[3] s. dazu Schlafende Dämonen
[4] s. dazu Die Neuvermessung der deutschen Weltpolitik
[5] Neue Macht, neue Verantwortung; Internationale Politik November/Dezember 2013
[6] s. dazu Mehr NATO, weniger Parlament
[7] s. dazu Das pazifische Jahrhundert
[8] Globale Megatrends (I): Weltweite Machtverschiebungen; Analysen und Argumente Ausgabe 134, November 2013
[9] s. dazu Das transatlantische Interessenfundament und Die Wirtschafts-NATO
[10] Globale Megatrends (I): Weltweite Machtverschiebungen; Analysen und Argumente Ausgabe 134, November 2013
[11] European Parliament resolution of 24 October 2013 on the Annual Report from the Council to the European Parliament on the Common Foreign and Security Policy (2013/2081(INI))
[12] EU-Außenpolitik: Abgeordnete fordern mehr Eigeninitiative der EU; www.europarl.europa.eu 24.10.2013
[13] European Parliament resolution of 24 October 2013 on the Annual Report from the Council to the European Parliament on the Common Foreign and Security Policy (2013/2081(INI))

giovedì 7 novembre 2013

Münchau: è inutile, certi concetti per qualcuno sono troppo difficili

Wolfgang Münchau su Der Spiegel ci ricorda quanto puo' essere difficile per i tedeschi capire che le partite correnti in avanzo non sono necessariamente il frutto di una maggiore competitività. Da Der Spiegel
I tedeschi continuano a considerare il boom dell'export come una prova della loro accresciuta competitività. Ma è soprattutto il segno della debolezza degli investimenti interni: chi ha un avanzo commerciale con l'estero, finirà per esportare i propri risparmi.

L'uscita del documento del Ministero delle finanze degli Stati Uniti con l'accusa verso i surplus commerciali tedeschi ha avuto un forte impatto. Sebbene non contenga nulla che non fosse già noto. Se un'economia molto grande come quella tedesca accumula un surplus pari al 6% del PIL, anno dopo anno, in una fase di stagnazione, allora l'impatto sull'economia mondiale sarà necessariamente poco piacevole.

Paul Krugman è cosi' arrabbiato per i surplus commerciali tedeschi che sul suo blog su  questo tema ha scritto sei post consecutivi - un onore che di solito concede solo agli estremisti di destra repubblicani. Il commento piu' intelligente sull'argomento a mio parere pero' è arrivato dall'economista britannico Simon Wren-Lewis dell'Università di Oxford. Egli scrive infatti che il problema non sarebbero gli avanzi in sé, piuttosto il dogmatismo del dibattito economico tedesco. In Germania si ritiene che tutti i paesi debbano seguire il modello tedesco ed  in questo modo ottenere degli avanzi commerciali - fatto impossibile da un punto di vista matematico. Visto che l'avanzo di un paese corrisponderà inevitabilmente al disavanzo di un altro paese.

Anche io trovo davvero sorprendente il fatto che ogni volta in Germania non si riesca ad afferrare anche l'aritmetica piu' semplice. Secondo il principio della partita doppia, per ogni transazione ci sono sempre due registrazioni - una per il flusso di merci fisiche e l'altra per il flusso finanziario. Da una parte un avanzo delle partite correnti significa un avanzo nell'export. Ci sarebbero anche altre voci che ne fanno parte, ma in questa discussione non sono importanti. Da un'altra, un avanzo delle partite correnti equivale ad un eccesso di risparmio rispetto agli investimenti.

Vogliono farci giocare peggio?

Nella discussione tedesca si tende sempre a sottolineare la prima di queste due voci: il flusso di merci. Giornalisti e politici di solito concludono che l'elevato avanzo commerciale è la conseguenza di una accresciuta competitività.

Il surplus di conto corrente puo' essere espressione, ma non necessariamente lo è, di una maggiore competitività. Per poterlo capire, bisogna spostare l'attenzione sulla seconda voce contabile. La Germania ha un cronico surplus di risparmio: risparmia piu' di quanto non investa. Da un punto di vista aritmetico i risparmi e gli investimenti nell'economia globale devono avere un saldo pari a zero. La terra resta un'economia chiusa in cui vale l'identità: risparmi=investimenti

Eccedenze di risparmio da una parte equivalgono ad un deficit altrove

Se su di un lato dell'economia ci sono degli avanzi sull'altro ci saranno dei deficit. La Germania e i Paesi Bassi attualmente hanno un avanzo delle partite correnti superiore al 6%. La zona Euro nel suo complesso si sta dirigendo verso un surplus del 3%. Dopo tutto stiamo parlando della seconda area economica mondiale. Il resto del mondo logicamente avrà un deficit, esattamente della stessa dimensione.

Visto che gli Stati Uniti non compensano piu' i disavanzi mondiali come facevano in passato emettendo nuovo debito, i deficit accumulati vengono trasferiti alle economie emergenti. Devono quindi importare denaro da noi - quel risparmio tedesco che non viene investito in Germania. Poiché il mercato dei capitali ancora non si è ripreso dallo scock della crisi finanziaria, il costo di questo denaro è piu' alto rispetto a quanto non accadeva in tempi normali. Le conseguenze sono una minore crescita per l'economia globale e una tendenza verso la deflazione nella zona Euro.

La sola possibilità realistica per far tornare in equilibrio l'economia mondiale è un significativo apprezzamento dell'Euro. La rivalutazione renderebbe l'import dalla zona Euro piu' costoso e ridurrebbe l'avanzo di conto corrente europeo. Questo apprezzamento tuttavia aumenterebbe le tensioni nella zona Euro e la pressione deflazionista, rendendo ancora piu' complicato l'aggiustamento interno. In Spagna per far tornare il paese competitivo gli stipendi non dovrebbero scendere del 20%, ma del 30 o 40 %. 

Data la pressione deflazionista ci sarebbe un ulteriore taglio dei tassi. Ma non avremmo ancora trovato una soluzione al problema centrale. Fino a quando la Germania ed altri stati continueranno ad avere un eccesso di risparmio, il resto del mondo sarà dipendente dai flussi di capitale esterni. E tutto cio' non c'entra nulla con la competitività.

giovedì 31 ottobre 2013

Sulle tracce della nuova schiavitu'

Arrivano dalla Romania e dalla Bulgaria e lavorano con salari da fame, spesso in condizioni di semi-schiavitu': è il nuovo boom del lavoro nero legalizzato. I mattatoi, i cantieri e i fornitori di servizi ne approfittano, la Germania è sempre piu' competitiva. Il salario minimo per legge servirà a qualcosa? Da FAZ.net



Per Adrian Galea la felicità ha un luogo: Rheda-Wiedenbrück. Nel centro dell'industria della macellazione tedesca c'è il lavoro alla catena. A casa sua in Valacchia manca addirittura la corrente. Con la lavorazione della carne in Germania puo' sfamare l'intera famiglia rimasta in Romania. Con lo stipendio tedesco puo' finanziare l'accquisto di una casa di proprietà: "Ci siamo guadagnati il rispetto dei colleghi tedeschi".

Le lodi nei confronti della Germania suonano un po' strane di questi tempi, proprio mentre la Cancelliera vorrebbe regolare ogni contratto d'opera utilizzato per dare lavoro a questa nuova ondata verso l'ovest: lavoratori migranti dall'Europa dell'est verso i macelli e i cantieri tedeschi - pagati con stipendi da fame. Pochi giorni fa il re dei mattatoi tedeschi Clemens Tönnies si è trovato a discutere di salario minimo, anche il ministro del lavoro del Nord Rhein Westfalia era presente: fra i lavoratori migranti ci sono "condizioni simili a quelle del primo capitalismo", ha denunciato il politico della SPD. Ora Tonnies vorrebbe introdurre un salario minimo e "condizioni minime per gli alloggi, i servizi di consulenza e integrazione come per i rimborsi dovuti ai lavoratori impiegati mediante un contratto d'opera".

Vivere in un alloggio di fortuna

Diversamente dai turchi e dai greci arrivati negli anni '60, i lavoratori in arrivo dalla Romania e dalla Bulgaria vorrebbero restare solo per un periodo limitato. Considerando la situazione in cui vivono e lavorano, la discussione sul salario minimo di 8.5 € l'ora, per loro appartiene ad un altro pianeta. I rumeni scoperti questa estate nei boschi vicino a Cloppenburg vivevano sotto ripari di fortuna fatti con dei rami, teli di plastica e coperte. Le autorità li hanno fatti sgomberare, come è accaduto in decine di ristoranti dove i lavoratori migranti erano ospitati in maniera illegale. Per i due rumeni impiegati con un contratto d'opera al cantiere navale di Papenburg, carbonizzati da un incendio nel loro alloggio di fortuna, le forze dell'ordine purtroppo sono arrivate troppo tardi.

Il piu' grande mattatoio d'Europa è Tönnies, con sede a Rheda-Widenbrück, e 4.9 miliardi di Euro di fatturato. Due terzi degli occupati sono forniti dagli appaltatori esterni.

Un contratto d'opera si ha quando un'impresa acquista da un'altra impresa una determinata prestazione. Una determinata quantità di carne pulita e tagliata, ad esempio, che deve essere fornita in un determinato periodo di tempo. Che il lavoro sia fatto da mille macellai oppure da un centinaio, secondo la legge, per il committente è indifferente, come del resto il salario pagato. Per i lavoratori impiegati è responsabile il subappaltatore. E secondo quanto racconta la lavoratrice Petronela in un programma televisivo trasmesso dall'emittente rumeno MDI, TV rumena partecipata da Nimbog SRL, subfornitore di Tonnies, per i rumeni la Westfalia sarebbe il vero paese dei sogni.

„Deutsche gut, Rumänen scheiße“

Chi si mette sulle tracce dei lavoratori migranti e delle loro storie di moderna schiavitu', ne troverà ovunque in Germania: stranieri, la cui situazione è cosi' precaria, che con le loro forze non riescono a difendersi dalle attività criminali di persone che non raramente sono anche loro connazionali. „Deutsche gut, Rumänen scheiße“, dice Andrej, rumeno 45enne, nel caffé della stazione di Rheda-Wiedenbrück, e sorride educatamente. Clemens Tönnies, il re dei mattatoi e presidente del club calcistico Schalke, Andrej l'ha visto solo una volta. Una delegazione lo ha guidato attraverso la fabbrica, dice Andrej, e guarda preoccupato verso la porta. L'uomo ha paura di perdere il lavoro. Ha 45 anni e non vuole che si scriva il suo vero nome: "non so per quanto tempo restero' ancora". Non vuole lasciarsi fotografare: "Tra i lavoratori ci sono delle spie".

Non si parlava di sorveglianza e spionaggio quando un amico gli ha consigliato il lavoro in Westfalia. Il salario è buono e arriva puntuale, dicevano. Queste erano le belle storie raccontate in televisione. Quell'emittente Andrej non lo guarda piu'. L'amicizia nel frattempo è terminata.

L'uomo arriva dalla campagna rumena. Nel suo paese è autista di camion, ma lo stiepndio non era sufficiente per il vitto e l'alloggio. "Il cibo in Romania costa quasi quanto in Germania", dice Andrej. Ha una moglie e 2 bambini oltre l'età della scuola elementare. Spedisce 600 € al mese a casa, 300 € gli restano per la vita in Germania. Vuole rientrare a casa il piu' presto possibile. Teme per la sua salute.

Straordinari non pagati non sono una rarità

Un anno fa è atterrato a Dortmund con un volo low cost, ora prenderebbe il volo di ritorno molto volentieri, se non fosse per la speranza di ottenere prima o poi il denaro per il mantenimento dei figli. All'inizio lavorava le salsicce, ora taglia i pezzi di maiale. Ha portato con sé la busta paga. Se si considera una settimana di 40 ore, il salario orario supera gli 8 € lordi. Andrej ci dice che il suo datore di lavoro non ha le schede per timbrare l'ingresso e l'uscita e che lo fanno lavorare anche fino a 12 ore al giorno, invece delle 8 ore promesse in Romania, senza straordinari pagati. Ci dice che nei primi mesi ha avuto una retribuzione di 4.5 € lordi all'ora. Il datore di lavoro non è raggiungibile. Ma il gruppo Tönnies smentisce al loro posto, sebbene non siano responsabili per gli stipendi dei dipendenti assunti dai subappaltatori: "un salario di 4.5 € lordi sarebbe in contraddizione con le nostre regole. Ci risulta dalle analisi fatte da società di revisione indipendenti che il salario minimo in questa impresa sia decisamente superiore ai 4.5 € lordi l'ora".

4.5 € lordi l'ora, per chi arriva da un paese in cui il salario medio è di 500 € lordi, sono pochi o molti? Che cos'è un salario da fame?

Molto piu' a sud della Westfalia, nella bavarese Murnau, il lavoratore edile Gheorghe Pavel è davanti alla sua abitazione spartana e sta calcolando quanto ha ricevuto fra agosto, settembre e ottobre per lavorare all'allargamento della clinica per gli infortuni di Murnau. Gheorghe Pavel è il suo vero nome. Si lascia fotografare, anche di fronte, insieme ad altri tre colleghi. I rumeni non hanno alcuna paura di farsi licenziare da questo cantiere, se ne vogliono andare al piu' presto. 

Affidare il lavoro ai subfornitori è piu' conveniente.

Pavel arriva da un villaggio nei pressi di Bucarest. Fa il muratore da 30 anni. Ha 45 anni. Insieme ai suoi 3 colleghi è stato assunto da un'impresa ungherese, guidata da un rumeno.


A Murnau è arrivato con un pulmino. L'impresa committente nel cantiere di Murnau è la tedesca Riedel Bau di Schweinfurt, ma la maggior parte dei costruttori tedeschi affida il lavoro a dei subappaltatori perché è piu' conveniente. All'una di notte il loro superiore rumeno ha avvisato Pavel e colleghi che il mattino seguente se ne sarebbero potuti andare. Che cosa ha fatto negli ultimi 3 mesi e mezzo, oltre a mangiare e dormire? Per i mesi di agosto, settembre e ottobre Pavel si è annotato 415 ore di lavoro. Ha già lavorato nel cantiere della Elbphilharmonie di Amburgo e presso la Audi di Ingolstadt. La clinica per gli infortuni di Murnau è ugualmente famosa, chiunque sulle Alpi abbia un incidente viene portato qui. Pavel nelle 415 ore lavorate ha tirato su' pareti interne dalle 7 del mattino fino alle 7 di sera.

Fino ad oggi ha ricevuto 254 € in contanti dal suo capo. Vale a dire un salario orario di 61 centesimi.

Niente soldi per il cibo, l'elettricità e il gas

Diversamente da quanto accade nei mattatoi, nei cantieri tedeschi è previsto un salario minimo per legge, che ogni impresa deve pagare, anche se è straniera e se impiega lavoratori stranieri. E' pari a 13.7 € l'ora lordi. Il subappaltatore Radu Bau ci dice che i 4 colleghi avrebbero ricevuto senza eccezione "il salario minimo". 

Il collega di Pavel, Florin Bazan, ci dice che la moglie dal suo paese nei pressi di Bucarest l'ha chiamato: rischia il taglio dell'elettricità e del gas per tutta la famiglia. Pavel ci dice che si è fatto prestare denaro dai parenti, perché non aveva piu' denaro per comprarsi qualcosa da mangiare a Murnau. Se le cifre fornite da Pavel sono esatte, l'espressione "salario da fame" per il cantiere di Murnau è perfetta.

14 metri quadrati per 1070 €

Il portavoce dell'impresa Riedel Bau al telefeono è agitato. Essere un contractor nei cantieri è molto diverso dall'esserlo nell'industria della carne, dove non c'è alcun salario minimo. Se Riedel Bau fosse a conoscenza del fatto che nei cantieri non viene pagato il salario minimo, potrebbe essere pericoloso. Axel Siebrandt ci dice che il rispetto dei salari minimi è stato documentato con delle certificazioni: "non abbiamo alcun pagamento in sospeso nei confronti dell'appaltatore". 

Pavel e i suoi colleghi si sono rassegnati a condividere questi 14 metri quadrati con 4 letti in ferro. Guardano la TV rumena, il corridio fuori dalla porta è lungo e buio, e accanto a loro c'è un impianto per il trattamento dei rifiuti. Sulle pareti serpeggiano i cavi elettrici. Il datore di lavoro per il mese di settembre gli ha detratto 267.6 € dallo stipendio. La camera costa 1.070 €. Pavel e i suoi colleghi sono arrabbiati. C'è anche un'altra detrazione da 308.8 € che non sanno per quale motivo sia stata fatta. Non hanno idea di cosa potrà loro accadere. Non hanno i soldi per tornare in Romania, e i familiari in patria hanno bisogno del loro denaro.

Il bulgaro Dimcho, invece, lavora a Coblenza e non è cosi' coraggioso come i rumeni di Murnau: non vuole fare il nome dell'impresa per cui consegna pacchi. "Se lo facessi avrei dei problemi". Lui dice di essere bravo, in magazzino gli basta vedere da lontano una scatola per sapere se deve andare al quinto piano. L'altro giorno c'erano 3 casse da 8 bottiglie di vino ciascuna. Quinto piano di un vecchio palazzo, ovviamente senza ascensore. "Era scontato", dice Dimcho.

Una poesia per gli ispettori

Conduce un mezzo per un subappaltatore di un grande gruppo. Lo hanno registrato come lavoratore autonomo. Ovviamente è una sciocchezza, è un dipendente dell'azienda. I dipendenti devono suonare una sola volta all'indirizzo del destinatario, e se la porta non si apre, possono riportare il pacco al magazzino. Per Dimcho ci sono altre regole. Non puo' tornare con dei pacchetti. Deve suonare ai vicini di casa. Il distretto postale che gli hanno assegnato è molto grande, a volte il giro dura 14 ore. Alle 10 di sera deve suonare ai vicini di casa. Dimcho ha paura che prima o poi qualcuno una sera finisca per menarlo.

Mihan Balan parla tedesco e rumeno. Aiuta i lavoratori migranti. Balan ci racconta dei documenti in bianco che i rumeni devono firmare, altrimenti il datore di lavoro non paga. Cosi' sarà in grado di dichiarare che viene corrisposto un salario minimo. Se gli ispettori dovessero poi presentarsi sul cantiere, gli operai devono recitare la solita poesia: "io ricevo 13.70 € lordi all'ora". 

Lo sfruttamento dei lavoratori migranti ha una sua logica. Il contractor rumeno e il lavoratore rumeno formano un cartello: l'appaltatore non vuole far lavorare l'operaio al salario minimo - che quindi accetta il dumping salariale, ma che alla fine è sempre piu' di quanto potrebbe guadagnare in Romania.

La via della giustizia è senza speranza

Almeno nella maggior parte dei casi. L'avvocato del lavoro di Offenbach, Frederic Raue, ha segnalato un centinaio di casi in cui i lavoratori migranti per mesi non hanno visto un soldo. Chi si ribella perde il letto di ferro ed è costretto a prendere la via di casa. Chi riesce ad andare dall'avvocato invece non parte da una buona posizione. Se Raue cita in giudizio il contraente generale, l'avvocato avversario risponde in forma scritta formulando dei dubbi. La guerra a colpi di carte bollate richiede tempo, e prima o poi il querelante deve tornare a casa. Che in nessun'altro paese UE ci siano cosi' pochi accessi ad internet come in Romania, rende poi il processo ancora piu' difficile.

In considerazione di tali pratiche, fra i sindacalisti ci sono già dei dubbi: un salario minimo non aiuterebbe i lavoratori migranti. Un modo per aggirarlo lo si troverebbe sempre. Ma l'avvocato del lavoro di Munster Peter Schüren vede le cose in maniera diversa. Il professore sta attualmente preparando per il ministero del lavoro del Nord Rhein Westfalia uno studio sulle modalità di protezione dei lavoratori migranti - fondato sul salario minimo e la rigida applicazione della legge: "chi non paga un salario minimo o non versa interamente i contributi sociali oppure non rispetta la legge in qualsiasi altro modo, allora è necessario che sia colpito da dure conseguenze economiche che lo scoraggino seriamente dall'intraprendere tali comportamenti".

Un salario minimo - a qualsiasi livello - potrebbe rafforzare il potere contrattuale dei lavoratori, ci dice il professore di diritto del lavoro di Monaco Volker Rieble. Non riusciremo mai tuttavia a mandare la polizia in ogni mattatoio e in ogni cantiere.

I lavoratori edili di Murnau, in ogni caso, nel frattempo sono tornati in Romania.


lunedì 28 ottobre 2013

L'illusione dell'OMT

Sul programma OMT della BCE pende ancora il giudizio della Corte costituzionale tedesca che potrebbe cassarlo perché incostituzionale. Sulla FAZ Thomas Mayer, ex capo-economista di Deutsche Bank, ci ricorda quanto è fragile la calma sui mercati finanziari. Da FAZ.net
Di questi tempi parlando con gli investitori internazionali si nota un ampio accordo almeno su un punto: gli investimenti in obbligazioni della periferia dell'Eurozona sono attrattivi. Solo una minoranza fra di loro pero' ritiene che la causa sia un significativo miglioramento nelle condizioni economiche di questi paesi. Per la maggior parte è stato decisivo il fatto che la BCE abbia promesso di sostenere in caso di emergenza i paesi Euro vacillanti, e a tale scopo abbia istituito un apposito programma: "Outright Monetary Transactions“ (OMT).

Gli investitori pero' ignorano un fatto importante: la Corte costituzionale tedesca potrebbe considerare questo programma incompatibile con la sovranità che in materia di bilancio federale la Costituzione tedesca garantisce al Bundestag.

Che la Corte costituzionale possa occuparsi di un programma della BCE è una circostanza singolare dovuta al ricorso che alcuni cittadini hanno presentato nei confronti del trattato ESM. Nel suo giudizio precedente sullo stesso tema, la Corte costituzionale aveva deliberato che l'ESM puo' essere considerato compatibile con la Costituzione tedesca, a patto che il Bundestag sia coinvolto nelle decisioni prese dal fondo ESM che abbiano un effetto sul bilancio federale tedesco, e che gli impegni definiti dal fondo ESM siano limitati. I ricorrenti hanno tuttavia sostenuto che il programma della BCE per l'acquisto di titoli sul mercato secondario non ha un volume limitato come l'ESM. La Corte ha accettato di verificare la compatibilità dell'OMT con la sovranità tedesca in materia di bilancio federale. Nell'udienza di giugno davanti alla Corte si è già discusso se il programma di acquisto di titoli possa prevedere un volume illimitato, e se da questi acquisti possano nascere degli oneri per il bilancio tedesco. Se la Corte dovesse rispondere affermativamente a questi ricorsi, non potrebbe proibire il programma, ma potrebbe tuttavia impedire al governo federale di sostenere il programma ESM e quindi l'acquisto di titoli da parte della banca centrale. Poiché il programma ESM difficilmente puo' essere implementato senza la garanzia tedesca, di fatto il programma OMT perderebbe ogni efficacia.

Un nuovo nervosismo sui mercati

Fin dal suo annuncio il programma ha lavorato in background ed è stato sufficiente per calmare i mercati. Non è certo, ma è possibile, che la fine del programma possa portare nuovo nervosismo sui mercati. E cio' è piu' probabile quanto piu' precaria sarà la situazione dei paesi in crisi. Se la crisi dovesse riaccendersi, la BCE potrebbe essere perfino costretta a riattiavare il precedente "Securities Markets Program" e a intervenire senza alcun legame con il programma ESM. Cio' sarebbe legittimo secondo lo statuto della BCE, ma secondo la Corte probabilmente in contrasto con l'ordinamento tedesco. Ed è difficile pensare che la Germania possa accettare nel lungo periodo simili violazioni.

Durante l'estate dello scorso anno avevo proposto di consentire all'ESM, in caso di necessità, di chiedere dei prestiti di emergenza alla BCE. Ma questa proposta è stata politicamente respinta dalla parte tedesca. Se la BCE dovesse decidere di sostenere l'ESM sul mercato secondario in seguito ad una richiesta presentata dal fondo, la sovranità di bilancio tedesca verrebbe rispettata. In quel caso sarebbero i governi, e quindi il Bundestag, a decidere se richiedere una linea di credito alla BCE. Di fatto la decisione sul volume degli impegni tedeschi resterebbe una priorità del Parlamento tedesco. Inoltre, sarebbe salvaguardata anche l'indipendenza della BCE: il board della banca centrale potrebbe decidere liberamente se concedere o meno una linea di credito.

Questo treno tuttavia potrebbe essere già passato: una riorganizzazione dei rapporti fra BCE ed ESM non è piu' possibile. Di conseguenza, per gli attori dei mercati finanziari non resta che una speranza, che i giudici della Corte costituzionale chiudano un occhio e confermino la legittimità costituzionale del programma di acquisto titoli. Oppure, se i giudici dovessero considerare il programma incostituzionale, dovrebbero allora sperare che i mercati finanziari si accontentino delle poche riforme strutturali realizzate nei paesi in crisi.

sabato 26 ottobre 2013

Intervista a Bernd Lucke di AfD

Focus.de pubblica una lunga intervista a Bernd Lucke, il leader di Alternative fuer Deutschland. I leader degli euro-contrari torna a parlare delle valute parallele e delle modalità di uscita dall'Euro dei paesi del sud. Da Focus.de
Focus: Le elezioni sono passate, AfD non è riuscita a superare la soglia del 5%. Significa che i tedeschi stanno bene con l'Euro?

Lucke: in prima luogo questo significa che i cittadini non hanno ancora riconosciuto tutti i pericoli che derivano dagli eurosalvataggi. O meglio, ci mostra che il governo è riuscito a nascondere con successo questi pericoli.

Focus: Merkel e co. si basano su studi e sostengono che la Germania beneficia enormemente dall'Euro, dicono esattamente il contrario. Che cosa la porta a fare questa valutazione?

Lucke: no, non credo l'economia tedesca stia soffrendo a causa dell'Euro. Io credo tuttavia che l'Europa e in particolare i paesi del sud stiano decisamente soffrendo a causa dell'Euro. La conseguenza è che l'unificazione europea, un successo fino al 1999, ora è a rischio. E cio' è evidente negli sviluppi economici della periferia: hanno perso la loro competitività e potranno ripristinarla solo facendo dei grandi aggiustamenti, interamente a spese dei lavoratori. Cio' significa che la Germania insieme ad altri paesi ancora solventi è finita in una rete molto confusa di garanzie, approvate senza il controllo dei parlamenti. E queste garanzie sono a carico dei cittadini. Sono una bomba a orologeria e nel medio periodo avranno degli effetti sul nostro benessere.

Focus: secondo lei, qual'è il rischio piu' grande che corre la Germania?

Lucke: il rischio piu' grande al momento è naturalmente la Grecia. Il paese ha bisogno di un taglio del debito: la sostenibilità del debito greco al massimo è di 100 miliardi di Euro - al momento il debito pubblico greco ammonta ad oltre 330 miliardi di Euro. Piu' o meno tre volte cio' che è sostenibile nel lungo periodo.

Focus: quali sono i rischi finanziari per la Repubblica federale, se oltre alla Grecia ci fossero altri paesi a finire in ginocchio?

Lucke: dipende dalla portata di cio' che accadrà. Il Ministero delle finanze parla di un rischio massimo di 310 miliardi di Euro, l'istituto IFO parla del doppio. La situazione puo' restare gestibile se c'è una svolta politica. Si potrebbe inizialmente far uscire dalla zona Euro i piccoli paesi come Cipro, la Grecia o il Portogallo e con l'esperienza maturata gestire l'uscita dei paesi piu' grandi, come Spagna e Italia. Mi preoccupa invece il fatto che il governo sul tema euro-salvataggi continui con la sua politica dell'"andiamo avanti cosi", con il rischio che un giorno all'improvviso la zona Euro crolli a causa di un evento esterno. Se fossero piu' paesi di grandi dimensioni ad uscire contemporaneamente dall'Euro, ci sarebbero degli sconvolgimenti. Per questo sarebbe necessario ridurre quanto prima il perimetro della zona Euro e consentire l'uscita degli stati che rappresentano il rischio maggiore.

Focus: quali sarebbero i costi per il contribuente tedesco in caso di un'insolvenza greca?

Lucke: la Germania garantisce il 27% dei crediti che sono stati erogati sotto i diversi pacchetti. Ma il 27% è solo il limite piu' basso, perché se ci fosse un secondo stato a dichiarare insolvenza, la Germania sarebbe costretta ad assumersi una parte dei suoi impegni. Per la Grecia nel complesso sono stati erogati 280 miliardi di crediti, in parte finanziati anche dal FMI. In caso di default completo un quarto di questi costi ricadrebbero sulla Germania, circa 70 miliardi di Euro.

Focus: ne complesso, sulla base delle garanzie assunte, quali sono i rischi finanziari per la Germania?

Lucke: l'Irlanda fino ad ora ha ricevuto circa 62 miliardi di Euro, a cui la Germania contribuisce  per circa un terzo, diciamo 20 miliardi. Il Portogallo ha ricevuto 78 miliardi, di cui circa un terzo versati dalla Germania - sono altri 26 miliardi di Euro. A Cipro dei 17 miliardi erogati, abbiamo versato circa 6 miliardi di Euro. I titoli pubblici acquistati dalla BCE si sono in parte ridotti ma sono sempre circa 130 miliardi di Euro. L'Eurozona ha dato circa 40 miliardi di Euro alle banche spagnole, e abbiamo appena saputo che in quel paese ci sono sofferenze sui crediti nell'ordine dei 115 miliardi di Euro. Il conto finale dipenderà dal livello dell'hair-cut. Per la Grecia potrebbe essere fra il 50 e il 75%. Una parte importante di cio' che oggi garantiamo per la Grecia andrebbe perduta.

Focus: quando si aspetta che arrivi il taglio del debito?

Lucke: è difficile da dire. Wolfgang Schäuble ritiene necessario un nuovo piano di aiuti per la Grecia, secondo la mia interpretazione intende posticipare ulteriormente il taglio del debito e trasferire altro denaro verso la Grecia - che in parte pagheremmo anche noi. Il taglio del debito puo' essere posticipato quanto vogliamo, basta erogare sempre nuovo capitale, nonostante i mercati non siano piu' disponibili a farlo ormai da tempo. E' difficile stimare quando nel governo prevarrà la ragione economica, e si riuscirà finalmente ad ammettere: le perdite nella ristrutturazione del debito saranno sempre piu' grandi, quanto piu' a lungo si continuerà a gettare denaro.

Focus: lei ha piu' volte parlato del rischio inflazione causato dalla politica di salvataggio dell'Euro. Oggi pero' l'Euro con un'inflazione media inferiore al 2% è ancora molto stabile.

Lucke: ho solo messo in guardia da un rischio inflazione nel lungo periodo. La BCE ha acquistato titoli e ha annunciato che forse lo farà in maniera illimitata. Adesso la BCE si assicura che la massa monetaria non aumenti, perché contemporaneamente vende altri titoli. Fino ad ora non ha causato inflazione. Con un intervento illimitato della BCE - una promessa che per sua fortuna non ha ancora messo in atto - una sterilizzazione alla lunga non sarà piu' possibile. Anche la BCE ha una quantità limitata di titoli da utilizzare ai fini della sterilizzazione. A cio' si deve aggiungere che se la crisi debitoria dovesse finire fuori controllo, l'inflazione sarebbe nell'interesse degli stati Euro. L'inflazione è la via piu' comoda per ridurre il valore nominale del debito.

Focus: l'argomento principale degli euro-sostenitori è che l'economia dell'export tedesca ha avuto grandi benefici dall'Euro...

Lucke: in primo luogo dobbiamo dire che la politica del governo federale non puo' essere guidata esclusivamente dagli interessi degli esportatori, piuttosto dagli interessi di tutto il popolo tedesco. E le conseguenze di un'uscita dei paesi del sud-Europa non sono cosi' svantaggiose come si vorrebbe far credere.

Focus: e perché?

Lucke: da un lato perché i cittadini avrebbero dei vantaggi: con la nuova moneta ci sarebbe un maggior potere di acquisto. L'apprezzamento del "nuovo Euro" dopo l'uscita dei paesi del sud aumenterebbe notevolmente il potere d'acquisto delle famiglie tedesche, perché tutti i beni importati e tutti i beni prodotti nel nostro paese, che utilizzano delle materie prime importate, sarebbero nettamente piu' economici. Un aumento del potere d'acquisto delle famiglie tedesche non solo porterebbe ad un aumento dell'import di beni dall'estero, ma anche ad un aumento degli acquisti dei beni prodotti nel nostro paese, perché ci sarebbe maggior reddito disponibile. Anche le aziende tedesche ne trarrebbero un beneficio. Le perdite che potrebbero verificarsi sui mercati esteri di esportazione, sarebbero in parte compensate da una congiuntura interna piu' favorevole. Inoltre le imprese orientate all'export sul fronte dei costi avrebbero un sollievo, in quanto i fattori produttivi importati diverrebbero piu' economici. Potrebbero contrastare un apprezzamento sui mercati esteri abbassando i prezzi e ottenendo quindi dei costi di produzione piu' bassi. In terzo luogo è necessario considerare che nei paesi del sud, dopo l'uscita, la congiuntura economica sarebbe favorevole e i redditi tornerebbero a salire. La domanda di prodotti tedeschi dipende dal reddito, e un reddito piu' elevato agisce in direzione opposta rispetto all'aumento dei prezzi. Con un miglioramento della congiuntura in sud-Europa la domanda di beni tedeschi potrebbe addirittura aumentare.

Focus: quale è stato l'andamento dell'export tedesco verso il sud-Europa negli ultimi anni?

Lucke: è diminuito del 25%. Con l'Eurocrisi abbiamo subito una forte riduzione. La situazione potrebbe migliorare se i paesi del sud riuscissero a far ripartire la loro economia.

Focus: qual'è la quota di esportazioni verso i paesi del sud sul totale delle esportazioni tedesche?

Lucke: la quota è del 12.5%. Il danno causato dall'uscita dei paesi del sud sarebbe molto limitato e facilmente sopportabile dall'economia tedesca. Soprattutto le variazioni nei tassi di cambio - svalutazione dei paesi del sud e rivalutazione dei paesi del nord - potrebbero essere guidate ed estese nel tempo dall'intervento della banca centrale.

Focus: uno studio della Fondazione Bertelsmann mostra che senza l'Euro la crescita in Germania sarebbe di uno 0.5% inferiore, e fino al 2025 equivarrebbe ad una perdita di 1.200 miliardi di Euro.

Lucke: questo studio si basa su di un modello che la fondazione Bertelmann, vicina al governo, non pubblica. Scientificamente è molto inusuale. Si sparano delle cifre senza sapere come abbiano fatto gli autori ad arrivarci. E' solo propaganda.

Focus: e il mercato del lavoro? L'Euro ha portato molti posti di lavoro alla Germania. Senza la moneta unica non sarebbero a rischio?

Lucke: l'Euro ci ha portato dei posti di lavoro? Nei primi anni dell'Euro abbiamo avuto il tasso di crescita piu' basso dell'Eurozona. Il recupero che sul mercato del lavoro abbiamo avuto a partire dal 2005 è da ricondurre principalmente alla moderazione salariale. I salari tedeschi sono cresciuti molto poco. L'Agenda 2010, grazie alla flessibilizzazione del mercato del lavoro, probabilmente ha avuto un ruolo positivo. Mentre in Germania vivevamo una fase di moderazione salariale, i salari nel sud-Europa sono cresciuti e hanno ridotto la competitività di quei paesi. La Germania ha cosi' ottenuto  un vantaggio competitivo, pagato con uno svantaggio competitivo nei paesi del sud-Europa. Potremmo anche dirci: che cosa ci importa della disoccupazione generale e della scandalosamente alta disoccupazione giovanile? Ma per i politici che ci parlano ogni giorno del bene dell'Europa, non si tratterebbe di una condotta responsabile.

Focus: la BCE continua con una politica del denaro a buon mercato e tiene i tassi bassi. Quali potrebbero essere le conseguenze sul lungo periodo?

Lucke: la BCE ha inondato il mercato con il denaro facile, e i bassi tassi hanno naturalmente delle conseguenze negative per i risparmiatori, che spesso non riescono a coprire nemmeno l'inflazione. Una parte del loro patrimonio in pratica viene espropriata. Questa repressione finanziaria tuttavia è un fenomeno che recentemente abbiamo visto all'opera in tutto l'emisfero occidentale. Nella zona Euro, in Svizzera, negli Stati Uniti, in Gran Bretagna, Giappone - ovunque le banche centrali tengono i tassi ai minimi storici. Cio' è da ricondurre alla crisi finanziaria globale e conduce ad una forte redistribuzione a scapito dei risparmiatori e a favore dei debitori.

Focus: dovrebbe essere la Germania ad uscire o i paesi del sud?

Lucke: mi sono sempre battuto affinché siano i paesi del sud Europa ad abbandonare l'Euro. E in maniera ordinata

Focus: e come dovrebbe accadere?

Lucke: attraverso l'introduzione di una valuta nazionale che in un primo momento sia solo una valuta parallela rispetto all'Euro, in modo da far sparire l'Euro in un periodo di 3-5 anni 

Focus: una valuta parallela non sembra molto rassicurante per la gente...

Lucke: dipende da come sarà configurata. In un primo momento la nuova valuta sarebbe introdotta solo per i pagamenti senza contanti, mentre l'Euro resterebbe in circolazione come contante. Cosi' ha fatto la Bundesbank con il passaggio dal D-mark all'Euro. La cosa importante: la nuova valuta sarebbe emessa attraverso l'acquisto di Euro da parte della banca centrale, vale a dire la nuova valuta sarebbe interamente coperta da Euro. Questo significa che la banca centrale avrebbe il pieno controllo sul corso della moneta e potrebbe gestire i tempi della svalutazione o della rivalutazione evitando dei grandi disallineamenti. Si dovrebbe fissare un periodo di passaggio ben delimitato, al termine del quale si dovrà raggiungere un tasso di cambio adeguato fra l'Euro e la nuova moneta. Una volta raggiunto, si potrà completare il passaggio dall'Euro alla nuova moneta.

Focus: l'introduzione di una moneta parallela non avrebbe come conseguenza la fuga di capitali oppure una corsa agli sportelli?

Lucke: no. La questione fondamentale è se nella conversione della valuta sono coinvolti anche i depositi dei risparmiatori. Si potrebbe stabilire per legge che i vecchi depositi in Euro restino denominati in Euro. La banca centrale dovrebbe concedere alle banche commerciali un fondo per la compensazione, poiché queste obbligazioni restano denominate in Euro, mentre i crediti sarebbero contemporaneamente trasformati nella nuova moneta svalutata. Quando in seguito la nuova valuta si svaluterà, la banca centrale realizzerà dei guadagni, perché con la nuova moneta nazionale ha acquistato degli stock di Euro e queste riserve si apprezzeranno nei confronti della nuova valuta. I profitti della banca centrale in questo caso potrebbero quindi finanziare una parte del fondo di compensazione. E' molto meno complicato di quanto possa sembrare.

Focus: con le valute parallele in circolazione contemporanea, non si avrebbe un caos nei pagamenti?

Lucke: è molto piu' semplice di quanto lei non possa immaginare. Pensi solamente che anche l'Euro in Germania è stato introdotto come valuta parallela - e non c'è stato alcun caos. Nel 1999 l'Euro è stato introdotto come moneta scritturale per i pagamenti non in contante, per i pagamenti in contante fino al 2001 è rimasto in corso il D-Mark. 

Focus: quindi non rischiamo condizioni sudamericane...

Lucke: molto spesso quando si parla di valute parallele si pensa a valute non ufficiali, ad esempio quando l'Argentina ha dollarizzato l'economia la gente pagava in dollari, sebbene la sola moneta a corso legare era la valuta locale. Nel caso di una tale introduzione informale alla fine si arriva sempre alla sostituzione di una moneta con l'altra. In questo caso sarebbe diverso, perché una moneta resterebbe solo per i pagamenti in contanti, mentre l'altra sarebbe utilizzata per le transazioni non-cash.

Focus: se la Germania introducesse una valuta parallela, i risparmi in Euro detenuti dai cittadini tedeschi si svaluterebbero nei confronti della nuova valuta nazionale che invece tenderebbe ad apprezzarsi?

Lucke: non sto proponendo una valuta parallela per la Germania, perché non è la Germania a dover uscire. Ma in termini puramente astratti: la questione fondamentale è se sarà possibile convertire i depositi esistenti nella nuova valuta. In un paese che va verso una svalutazione, sarebbe consigliabile non effettuare questa conversione, vale a dire lasciare i depositi denominati in Euro. Se si riesce a comunicare questo concetto in maniera comprensibile, il rischio di un bank-run è minimo. Se invece si dovesse introdurre una nuova valuta in un paese che va verso una rivalutazione, sarebbe consigliabile convertire automaticamente questi depositi nella nuova valuta, cioè il D-Mark.

Focus: che cosa accadrebbe ai crediti delle assicurazioni sulla vita?

Lucke: tutti i rapporti di indebitamento interni verrebbero convertiti nella nuova valuta. La maggior parte delle assicurazioni, soprattutto le assicurazioni sulla vita, sarebbero coinvolte. Un problema ci sarebbe pero' per i debiti esteri: i crediti tedeschi verso l'estero, denominati in Euro e definiti secondo la legge del paese estero, resterebbero in Euro - e cio' significa che questi crediti perderebbero una parte del loro valore.

Focus: dopo l'uscita dei paesi del sud, ci sarebbe un nuovo Euro?

Lucke: se torniamo di nuovo a questo scenario si'. Contemporaneamente all'uscita dei paesi del sud, si dovrebbe trovare un accordo con in partner del nuovo Euro su due punti fondamentali: da un lato, ciascun paese dovrebbe avere la possibilità di uscire dalla zona Euro, se dovesse ritenere che l'Euro per lui ha un impatto economicamente svantaggioso. Dall'altro, dovrebbe esserci un divieto assoluto di garantire per il debito di altri stati. Se gli stati del nuovo Euro accettassero una tale modifica dei trattati, penso che sarebbe auspicabile mantenere il nuovo Euro. Ma se i francesi e i belgi ritengono che la Germania, l'Austria e l'Olanda un giorno debbano essere chiamati a garantire anche per il debito pubblico belga o francese, a mio parere sarebbe molto meglio sciogliere completamente l'Euro. Solo per una questione di pura strategia, durante i negoziati dovremmo dire chiaramente che siamo pronti a tornare al D-Mark. Se escludessimo questa eventualità sin dall'inizio, non avremmo mai la possibilità di imporre delle modifiche ai trattati europei.

Focus: sul sito web di AfD scrivete che la Bundesbank avrebbe pensato alle conseguenze di un fallimento dell'Euro. Esiste già un "piano B" ufficiale?

Lucke: a cosa la Bundesbank si sia preparata noi non lo sappiamo. Ma sappiamo che hanno simulato degli scenari alternativi. Per questo ci siamo appellati alla legge sulla libertà di informazione e vorremmo sapere se l'introduzione di una valuta parallela viene ritenuta utile o addirittura inevitabile e se gli studi fatti riguardano la dissoluzione completa dell'Euro oppure solo l'uscita di alcuni stati. Abbiamo conseguentemente scritto al governo federale e alla BaFin (Bundesanstalt für Finanzdienstleistungsaufsicht). 

Focus: e quale sarebbe il piano B della Bundesbank?

Lucke: la Bundesbank si è rifiutata di fornire ulteriori informazioni, poiché riguardano le attività all'interno del sistema delle banche centrali e questo sarebbe escluso dalla legge sulla libertà di informazione

Focus: avete delle ipotesi sui contenuti segreti degli scenari alternativi formulati dalla Bundesbank?

Lucke: le ipotesi non aiutano. Ma possiamo concludere che questi scenari non abbiano delle conseguenze catastrofiche, altrimenti il governo li avrebbe pubblicati immediatamente, per poter giustificare la propria politica. Ci sono delle alternative credibili ed economicamente ragionevoli rispetto alla politica del governo, e gli elettori tedeschi ne sono stati privati.

Focus: lei crede ci siano alternative piu' economiche rispetto al piano di salvataggio multimiliardario?

Lucke: ancora una volta: se gli scenari formulati dalla Bundesbank fossero stati cosi' sfavorevoli, tali da sostenere la politica del governo in maniera inequivocabile, senza dubbio sarebbero stati comunicati al pubblico. Ci sono delle alternative - in aperta contraddizione con l'affermazione della Cancelliera, secondo cui la sua politica sarebbe priva di alternative.

Focus: è una teoria complottista?

Lucke: no. La risposta della Bundesbank dimostra che questi studi esistono. Ma le autorità federali hanno impedito la diffusione di documenti scomodi fino al giorno delle elezioni, e oltre. Gli elettori sono stati privati di informazioni importanti, e i partiti di governo sono stati avvantaggiati. Abbiamo informato il Presidente della repubblica e chiesto sostegno per i diritti dei cittadini, ma non abbiamo ricevuto alcuna risposta.

Focus: i cittadini tedeschi sull'Euro hanno un'opinione molto diversa. Perché nessun partito a parte AfD si batte per la fine dell'Euro nella sua forma attuale?

Lucke: mi è difficile rispondere a questa domanda in maniera soddisfacente, anche io ne sono sorpreso. Posso anche capire che per i partiti che hanno contribuito in maniera significativa alla sua introduzione, sia difficile abbandonare il progetto ed ammetterne il fallimento. Questo potrebbe almeno spiegare il comportamento della CDU e della CSU. Ma perché ad esempio la SPD nel ruolo di partito di opposizione non ha proposto un piano alternativo per il salvataggio dell'Euro, come ci si dovrebbe aspettare da un partito di opposizione. Perché la SPD non ha sottolineato che la politica attuale avvantaggia le banche che hanno fatto speculazioni, e che i costi saranno invece sostenuti dai contribuenti, che ora dovranno assumere questi rischi. Perché la SPD non riesca ad ammettere che aver lasciato soffrire la popolazione di Grecia, Portogallo e Cipro in una dura crisi economica che dura ormai da 3 anni e mezzo, è una totale mancanza di solidarietà, mi è incomprensibile. Su questo posso solo dire che ho capito perché alle elezioni la SPD ha preso solo il 25% dei voti: sicuramente non è stata in grado di rappresentare gli interessi dei lavoratori.

Focus: arriviamo al suo partito. AfD viene accusata di populismo di destra. Perché i democratici dovrebbero darle il loro voto?

Lucke: perché siamo dei democratici. Si è antidemocratici quando si cerca di discreditare costantemente un giovane partito, invece di discutere sulle posizioni e i contenuti. Siamo cittadini rispettabili. Ci impegniamo, è un nostro diritto democratico, e fondiamo un partito. Un democratico, anche se ha un'altra opinione, dovrebbe darci il benvenuto. Poiché noi siamo in competizione, cercano di etichettarci come un partito di destra senza nessuna prova sostanziale. Che cosa c'è di veramente di destra nel nostro programma? Il fatto che critichiamo l'Euro? Che ci battiamo per avere una legge sull'immigrazione simile a quella canadese e per una gestione piu' liberale del diritto di asilo? Non vi è una sola delibera, anche nella piu' piccola sezione locale nell'est, che possa essere considerata di destra. In assenza di queste prove, ci vengono lanciate delle accuse generiche. Perché dovremmo provare che invece queste accuse sono sbagliate? Dovrebbe essere chi ci lancia queste accuse a fornire una prova.