domenica 19 maggio 2013

Flassbeck: salviamo l'Europa dalle macerie della moneta unica


In una recente analisi pubblicata dalla Rosa Luxemburg Stiftung, il grande economista tedesco Heiner Flassbeck ribadisce la sua scarsa fiducia nella possibilità di salvare la moneta unica e lancia un appello: salviamo l'Europa politica dal crollo dell'Euro. Versione completa in inglese qui.
Lo studio proposto dalla fondazione Rosa-Luxemburg «The Systemic Crisis of the Euro – True Causes and Effective Therapies» di Heiner Flassbeck und Costas Lapavitsas mostra  come l'Euro sia minacciato nella sua stessa esistenza. Sin dall'inizio sono state ignorate le condizioni necessarie per il funzionamento della moneta unica. La gestione della moneta unica, concentrata sulle questioni fiscali, non si è mostrata adeguata alla complessità della situazione, ed è stata accecata dall'ideologia degli attori piu' importanti. Ancora una volta, l'attenzione sugli aspetti fiscali ("crisi di debito pubblico") ha impedito una terapia completa ed efficace. Inoltre, aver accusato in maniera unilatarale i paesi debitori ed aver preteso da loro una politica di austerità, ha messo in moto una crisi economica le cui conseguenze negative per le condizioni di vita degli uomini mettono in discussione i sistemi democratici e la convivenza pacifica dei cittadini in Europa, con un impatto negativo che durerà per decenni.

E tardi, ma forse non ancora troppo tardi per un'inversione di rotta. Se la Germania, come principale paese creditore, mostrasse comprensione cambiando radicalmente la sua posizione e si accordasse su di una nuova strategia con gli altri paesi, l'Eurozona potrebbe superare la difficile recessione e fronteggiare la crisi. Ma per ogni giorno in piu' trascorso applicando le vecchie strategie fallite, diventa sempre piu' improbabile una svolta. Gli elementi chiave di una nuova strategia dovrebbero essere una riduzione dei gap di competitività - prima di tutto con un aumento dei salari in Germania -, la fine immediata delle politiche di austerità e il superamento della difficile fase di transizione per i paesi debitori attraverso i crediti BCE, gli Eurobond e gli aiuti incondizionati del fondo ESM. Anche in questo caso avremmo bisogno di molto tempo. Il ritorno ad una situazione in cui i paesi debitori potranno essere economicamente autosufficienti, crescere e creare nuovi posti di lavoro, durerà almeno 10 anni.

Poiché le probabilità di una tale svolta sono molto basse, è necessario prendere in considerazione altri scenari. Un passo necessario quando nei paesi particolarmente colpiti dalla crisi i costi dell'aggiustamento non sono piu' politicamente sostenibili, e la democrazia è in pericolo. Lo studio di Flassbeck/Lapavitsas sostiene che i benefici di una unione monetaria in Europa, anche al di là delle mere considerazioni politiche, potevano essere notevoli. La possibilità di avere una politica monetaria focalizzata su di una grande regione europea, racchiudeva in sé grandi opportunità. Che pero' non sono state utilizzate. In considerazione del costoso processo di aggiustamanto imposto ai paesi debitori, senza alcuna garanzia di un ritorno alla crescita, questa politica ha raggiunto il suo limite politico. 

I governi eletti democraticamente possono imporre ai loro popoli solo una dose limitata di sofferenze. Soprattutto durante una crisi in cui è difficile spiegare perché solo alcuni paesi devono sopportare delle sofferenze, mentre altri paesi o istituzioni hanno di fatto preso il potere. I popoli potranno accettare una situazione del genere solo per un periodo di tempo limitato. Tutte le crisi valutarie del passato hanno generato un enorme potenziale per conflitti, ribellioni e kaos. In quasi tutti i casi gli effetti politici della crisi sono stati limitati  solo con una svalutazione della moneta, che in tempi relativamente rapidi ha garantito un'inversione economica e quindi un miglioramento delle aspettative circa il futuro economico. Tale misura purtroppo nell'unione monetaria non è disponibile. Nessuna misura di politica economica imposta dalla Troika ai paesi in crisi ha le potenzialità per portare ad una svolta economica. La riduzione dei salari è controproducente perché danneggia l'economia interna, che in tutti i paesi colpiti (ad eccezione dell'Irlanda), da un punto di vista quantitativo, è molto piu' importante dell'export. Le cosiddette politiche sul lato dell'offerta, in linea di principio, non possono aiutare a superare una fase di estrema debolezza della domanda. Nella maggior parte dei casi le crisi di domanda si aggravano.  

Prima o poi dovrà essere contemplata anche l'uscita.

Prima o poi i governi eletti democraticamente dovranno mostrare qualche successo nel combattere la crisi. Dovranno creare aspettative positive e dare ai giovani la speranza in un futuro migliore. Se questo non dovesse accadere, cresceranno le forze politiche ai limiti dello spettro democratico. Se la crisi dovesse proseguire - sia nei paesi debitori che in quelli creditori - saranno sempre piu' forti quei partiti che metteranno in discussione l'unione monetaria, considerata la responsabile, e chiederanno un'uscita. Aver definito irreversibile la strada verso l'unione monetaria è stato ingenuo. Tutte le regole sociali, ideate dagli uomini, sono reversibili e saranno revocate nel momento in cui falliscono.

Aver eliminato dalla discussione la possibilità di un'uscita perché non si vuole mettere in discussione l'Europa, è stato un irresponsabile tentativo di imbonimento e un favore agli euroscettici. 

Se ragionevolmente accettassimo questa possibilità, sarebbe necessario iniziare a riflettere sul modo in cui sarà possibile governare le forze centrifughe nazionali, senza che l'Europa politica si frantumi. A parte i piccoli problemi tecnici che in uno scenario di uscita potrebbero presentarsi, ci sono due ostacoli principali da superare. 

Primo: un rigido controllo dei capitali è indispensabile per evitare una fuga ed un assalto alle banche, se per uno o piu' paesi si iniziasse a parlare di un'uscita dall'unione monetaria. Con Cipro si è creato un precedente che da un lato ci mostra che questa misura puo' essere in linea con i trattati europei, e dall'altro che i controlli possono essere messi in piedi in tempi rapidi e in modo da evitare il caos tipico di una decisione del genere.

Secondo: nella transizione verso una nuova moneta nazionale c'è il pericolo che la nuova valuta, se lasciata al mercato dei cambi, possa crollare immediatamente e rendere il passaggio molto doloroso. Tutti i paesi in deficit hanno bisogno di una svalutazione fra il 25 e il 40%, un deprezzamento maggiore danneggerebbe il commercio intraeuropeo, mentre i paesi che dipendono pesantemente dall'import, in caso di conversione valutaria, soffrirebbero una riduzione del reddito reale che potrebbe rappresentare una dinamite politica. Evitare una svalutazione eccessiva, consentire una transizione indolore per i paesi che intendono restare nell'Unione Europea, ed evitare la distruzione del mercato comune europeo, sono i compiti piu' importanti per la politica europea. 

Come mostra lo studio di Flassbeck/Lapavitsas, si riprorrebbe il Sistema Monetario Europeo (SME), nel cui ambito i paesi che intendono uscire saranno protetti dal pericolo di una svalutazione incontrollata e potranno ritrovare la loro competitività senza un collasso dell' economia interna. 

La Germania sarebbe colpita duramente da uno scenario in cui alcuni paesi optassero per l'uscita. In caso di una uscita ordinata di molti paesi (Europa del sud e Francia), la struttura produttiva tedesca estremamente orientata all'export (con una quota dell'export sul PIL superiore al 50 %), sviluppatasi negli anni dell'unione monetaria, dovrebbe subire un pesante aggiustamento. Il settore dell'export crollerebbe, e solo le modalità dell'aggiustamento economico potrebbero fare in modo che il mercato interno riesca ad intercettarne una parte. Se la Germania cercasse di contrastare la perdita di competitività con un ulteriore taglio dei salari, sarebbe inevitabile una lunga recessione ed una fase di elevata disoccupazione. Ed anche in questo caso è necessario che la Germania riconosca le cause della crisi, insieme ai suoi errori, e agisca di conseguenza. In Germania una nuova lotta per conquistare quote di mercato e raggiungere una maggiore competitività non sarebbe politicamente sostenibile: la maggior parte della popolazione si troverebbe a lottare per la semplice sopravvivenza. 

L'Europa è piu' importante dell'Euro

Molti che giustamente credono all'Europa come ad un processo storico di pacificazione, non possono accettare che alcuni paesi escano dall'unione monetaria. Dobbiamo tuttavia essere realisti. Con l'unione monetaria, l'Europa ha fatto in anticipo un passo troppo lungo. Se l'Euro potesse essere ancora salvato, sarebbe sicuramente un grande successo. Ma se non è possibile farlo in tutti i paesi membri, allora le energie politiche dovrebbero essere utilizzate per salvare l'Europa politica dalle macerie del collasso di una parte dell'unione monetaria. 

Lo studio mostra chiaramente che le decisioni di fondo sull'Euro possono essere giustificate anche con buoni argomenti economici. La teoria economica dominante sin dall'inizio ha  ignorato questi argomenti screditandoli politicamente. Ma anche all'interno delle grandi istituzioni come la BCE e la Commissione EU, si è cercato di implementare l'unione monetaria sulla base delle teorie neoclassiche dominanti. Questo tentativo è fallito. Una unione monetaria fondata sui precetti monetaristi della BCE e della Commissione, e su concetti grezzi, come la concorrenza fra le nazioni, non puo' e non potrà mai funzionare. Tutti coloro che intendono salvare l'Europa in quanto idea politica - e questo dovrebbe essere l'obiettivo primario - dovrebbero riconoscere che questo potrà essere realizzato solo con una teoria economica che sia allo stesso tempo realista e progressista. Solo quando si capirà che è necessario garantire la partecipazione di tutti gli uomini ai vantaggi del progresso economico e che la concorrenza fra stati è una idea assurda, si potrà sperare che dalle macerie del vecchio edificio possa nascere una nuova Europa.

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venerdì 17 maggio 2013

Bofinger: è l'ora degli Eurobond!


Il grande economista tedesco Peter Bofinger, intervistato da Der Tagesspiegel, rilancia la sua proposta di un fondo per messa in comune del debito oltre il 60% del PIL e propone una politica fiscale europea comune. E' arrivata l'ora delle colombe? Da tagesspiegel.de
Peter Bofinger, 58 anni, è uno dei "cinque saggi", è fra i piu importanti economisti tedeschi ed è professore all'università di Würzburg. Il suo ultimo libro è: "Zurück zur D-Mark?“

Herr Bofinger, all'Euro quanto resta ancora da vivere?

Avremo l'Euro anche fra 20 anni. E' una danza macabra sul precipizio.

Ci aveva già messo in guardia lo scorso anno: "se andiamo avanti cosi', finirà in un disastro".

Se i paesi in crisi nel pieno di una recessione continuano a tagliare la spesa pubblica, il loro declino sarà sempre piu' rapido, crescerà la disoccupazione, e presto i governi non riusciranno piu' a portare avanti i loro programmi di risparmio.

Vale a dire?

O usciranno volontariamente dall'Euro, perché preferiscono una nuova valuta deprezzata del 20 % rispetto ad un taglio dei salari di eguale misura. E cio' aumenterebbe in un colpo solo la loro competitività e reindirizzerebbe la domanda interna verso i prodotti nazionali. Oppure, se le cose andranno avanti in questo modo, dovranno uscire e scivolare verso l'insolvenza, la BCE infatti ha detto: difenderemo i paesi in crisi con l'acquisto delle loro obbligazioni, ma solo in cambio di ulteriori misure di austerità.

Perché sarebbe un evento cosi' negativo?

Una rottura incontrollata dell'unione monetaria causerebbe una enorme incertezza. Pensi alle migliaia di contratti transfrontalieri. Lo stato spagnolo potrebee decidere: dove prima c'era un Euro, adesso ci sono 10 Peseta. Ma i tedeschi, come da contratto, per i loro beni vorranno essere pagati in Euro! Come potrebbe funzionare? Nel sistema bancario sarebbe ancora peggio, perché le banche spagnole hanno una grande quantità di debiti in Euro. Che cosa succederebbe? Non c'è alcun piano.

La sua previsione: una frenata generale per l'economia?

Certo, e la Germania pagherebbe il conto piu' salato. Solo le nostre banche hanno 900 miliardi di crediti Euro verso l'Eurozona, e i tedeschi nel complesso detengono all'estero un patrimonio ancora piu' grande. Se un paese come la Spagna dovesse uscire, sarebbe la rottura di un tabu'. Si inizierebbe a speculare sull'Italia. Sarebbe una reazione a catena non controllabile.

Perchè allora non possiamo dire: hey, ragazzi, l'Euro era un esperimento. Purtroppo è andata male. Torniamo in maniera ordinata alla Lira, al Marco, alla Drachma...

Si potrebbe fare teoricamente, ma in questo modo i diversi paesi tornerebbero nelle mani dei mercati finanziari. Con il Marco, la Lira, il Franco, o la Peseta tornerebbe la speculazione valutaria, scomparsa con la creazione dell'Euro.

I tedeschi vivevano abbastanza bene anche prima dell'Euro

Ma c'erano grandi tensioni. La Francia subiva forti attacchi speculativi contro il Franco. I francesi e gli altri paesi Euro dovevano pagare un tasso d'interesse piu' alto rispetto ai tedeschi: le loro monete erano sempre a rischio svalutazione nei confronti del D-mark. Per questo motivo gli investitori chiedevano tassi superiori, e questo rallentava considerevolmente lo sviluppo dell'economia europea.

In che modo?

Dopo la riunificazione in Germania i prezzi sono cresciuti con forza e la Bundesbank ha dovuto aumentare drasticamente i tassi di interesse, sebbene questo contribuisse a soffocare l'economia. Gli speculatori hanno avuto gioco facile nello scommettere sulla svalutazione. Faremmo uscire un'altra volta dalla lampada questo fantasma. Tutta l'Europa di nuovo esposta al rischio dei mercati valutari, sarebbe davvero una conclusione sbagliata.

I fondatori di „Alternative für Deutschland“ (AfD), fra questi ci sono anche professori di macroeconomia come lei, promettono che con la dissoluzione della zona Euro staremo tutti meglio. Sono degli incompetenti?

Nessuno sa cosa succederebbe. Non c'è mai stato niente del genere. Non si puo' fare affidamento a valori empirici. Tuttavia è noto che nel momento in cui si decide di abbandonare un regime a cambi fissi, come è l'Euro per i paesi membri, potrebbero esserci forti turbolenze. Quando è venuto meno l'aggancio al dollaro durante la crisi asiatica, le valute dell'area sono letteralmente implose. La Rupia indonesiana ha perso tre quarti del suo valore.

AfD appartiene al campo conservatore, ora anche Oskar Lafontaine chiede un ritorno al D-Mark

La Linke dovrebbe riflettere attentamente sull'argomento. E poi la Bundesbank tornerebbe al vecchio splendore dettando a tutta l'Europa la politica dei tassi. Che cosa ci sia di sinistra in tutto questo, Herr Lafontaine dovrebbe chiarirlo.

La Cancelliera e il suo Ministro delle finanze dal 2010 promettono di voler salvare l'Euro. Sono andati molto in là, perché ora i contribuenti tedeschi temono di dover pagare per i debiti fatti dagli altri. Merkel e Schäuble hanno agito in senso europeo?

Senza i piani di salvataggio oggi non ci sarebbe piu 'l'Euro, questo è vero. Ai paesi in crisi sono stati forniti dei crediti a tassi convenienti, che non avrebbero mai ottenuto sui mercati. Ma le condizioni per la riduzione della spesa pubblica, dei salari e delle pensioni erano eccessive e hanno reso la crisi ancora peggiore. E tutto cio' non ha fatto saltare l'intera Eurozona solo perché il presidente BCE Mario Draghi, lo scorso luglio, ha promesso di acquistare obbligazioni in quantità illimitata e di voler salvare l'Euro "whatever it takes".

Quando uno stato è troppo indebitato e non riceve piu' credito, deve risparmiare...

Ma non in questo modo, perchè le entrate fiscali scendono piu' rapidamente di quanto lo stato non riesca a risparmiare, di fatto l'economia crolla.

Come si potrebbe fare allora?

Gli Usa ci mostrano la via. Dopo la crisi finanziaria la situazione era la stessa dell'Europa: entrambi avevano una bolla immobiliare esplosa e una crisi bancaria, ed entrambi avevano una disoccupazione al 10%. Da allora pero' gli americani hanno fatto il doppio del deficit pubblico fatto dall'Eurozona. Come risultato negli Stati Uniti la disoccupazione è scesa di nuovo sotto l'8%, nella zona Euro è salita oltre il 12%.

Ma in questo modo l'America ha accumulato una montagna di debiti.

E allora? Da noi si dice sempre: non si possono pagare i debiti con nuovi debiti. E' sbagliato. Il problema è l'eccessivo risparmio di denaro dei privati, che comprime la domanda privata e rallenta l'economia. Gli americani giustamente lo combattono con un livello maggiore di indebitamento pubblico. Se il settore privato normalizza la sua spesa, lo stato potrà ridurre il deficit.

L'America sta facendo meglio?

Chiaramente, e noi ne traiamo un grande vantaggio. Gli Stati Uniti sono il solo grande paese dove il nostro export sta andando molto bene. Ogni giorno dovremmo accendere una candela agli americani, stanno facendo la politica che il nostro governo considera sbagliata.

Anche se volessero, i paesi in crisi dell'Eurozona non potrebbero seguire l'esempio degli Stati Uniti. E' difficile ricevere denaro aggiuntivo, e se riescono a farlo è a tassi molto alti.

Si', dobbiamo finalmente avere il coraggio di correggere gli errori di progettazione dell'Euro, vale a dire una politica fiscale nazionale in ognuno dei 17 paesi. Già molto tempo fa avremmo dovuto dire: se volete l'Euro, allora dovremo avere un certo livello di integrazione, in modo da rendere stabile il sistema.

Come potrebbe funzionare?

Abbiamo bisogno di una garanzia comune sui debiti. Insieme i paesi della zona Euro hanno la stessa forza economica degli Stati Uniti. Su questo tema, come comitato dei saggi (Sachverständigenrat), alla fine del 2011 abbiamo proposto un patto per la messa in comune dei debiti: il debito pubblico oltre il 60% del PIL dovrà essere trasferito ad un fondo per il rimborso, sul quale ci sarà una garanzia comune. In questo modo il rischio insolvenza per i singoli stati verrebbe meno. 

Ma una responsabilità comune sui debiti non farà diminuire il livello di indebitamento!

Ma riduce i tassi per i paesi in crisi. Se l'Italia deve pagare il 3% di interessi, non è un problema. Ma il 6 o il 7% metterebbe in difficoltà le casse dello stato. Non ci sono limiti oggettivi per il debito pubblico.

Ma se le garanzie sono comuni, allora i paesi in crisi potrebbero fare nuovo debito scaricando il rischio sugli altri.

Se vogliamo mantenere l'Euro in vita, dovremmo introdurre un processo decisionale a livello europeo. E' necessario un ministro delle finanze per tutti gli stati. Allora potremmo dire ad un paese come l'Italia: non accettiamo il vostro budget, o ne fate uno nuovo oppure decidiamo che da voi l'IVA sarà aumentata di 3 punti percentuali.

Sarebbe una sorta di governo centrale europeo. Dovrebbe essere eletto e controllato dal Parlamento, come lei ha proposto insieme al filosofo Jürgen Habermas. Ma per farlo si dovrebbero modificare anche i trattati europei e indire dei referendum in tutti i paesi - con risultati molto incerti.

Forse, ma qual'è l'alternativa? Rimane solo il ritorno alle vecchie valute. Dovremmo smetterla con tutte queste discussioni inutili. La zona Euro è già nel secondo anno di recessione, che ora sta arrivano con forza anche in Germania.

Recentemente anche il Fondo monetario internazionale ha stabilito che l'austerità non funziona, e che l'unico effetto è la crescita del rapporto debito/pil. Perchè allora continuiamo in questa direzione?

Lo si puo' spiegare con il rapporto nevrotico fra i tedeschi e l'indebitamento pubblico. Viene sempre spiegato con l'iperinflazione del 1923 e con le riforme valutarie del 1948. Il danno peggiore è stato pero' fatto dalle politiche di austerità del cancelliere Brüning negli anni '30. La politica attuale segue lo stesso corso, ma con una certa dose di follia.

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mercoledì 15 maggio 2013

Salari da fame alla Daimler?


Un'inchiesta giornalistica della ARD accusa Daimler: dopo aver abusato del lavoro interinale per ridurre il costo del lavoro, adesso è il turno dei contratti d'opera. Con un salario inferiore ai 1.000 € netti mensili, i lavoratori alla catena di montaggio possono tirare avanti solo chiedendo un sussidio Hartz IV. Di fatto la spesa sociale dello stato serve a finanziare la produzione di auto di lusso. Da Handelsblatt.de
Un reportage della ARD accusa il gruppo Daimler di impiegare tramite un contratto d'opera manodopera a basso costo. Lavorano sulla stessa linea di montaggio accanto ai dipendenti Daimler - ma guadagnano meno della metà. L'azienda evita di rispondere alle domande.

Untertürkheim è il cuore del gruppo Daimler. Il presidente del gruppo Dieter Zetsche qualche anno fa ha riportato qui la sede centrale del gruppo, e qui si producono i pezzi di ricambio per l'ammiraglia del gruppo: la Classe S. Il nuovo modello sarà presentato mercoledi ad Amburgo in grande stile - in un hangar di Airbus. Si esibirà la cantante Alicia Keys e numerosi cuochi rinomati cercheranno di soddisfare ospiti illustri dal mondo della politica, dell'economia e dei media.

In pieno clima di festeggiamento la ARD lunedi ha mandato in onda in prima serata un reportage che getta un'ombra sulla stella della Mercedes. Il giornalista della SWR Jürgen Rose per l'occasione si è lasciato crescere la barba, si è messo un paio di occhiali ed è andato a lavorare alla catena di montaggio da Daimler. L'accusa del filmato: attraverso i subappaltatori Daimler impiega lavoratori con un salario cosi' basso da rendere necessario un sussidio Hartz IV (aufstocken) per poter tirare avanti. Di fatto Daimler finanzia la produzione delle sue auto di lusso con il denaro dei contribuenti.

Rose racconta in prima persona e lo fa con molte riprese nascoste direttamente dalla fabbrica Daimler: come è stato assunto da un'agenzia interinale, affittato ad una società di logistica, per ritrovarsi il giorno dopo "da Daimler" alla catena di montaggio. Il suo compito: sollevare dal nastro trasportatore pezzi di motore da 12.5 kg, imballarli  e prepararli per la spedizione in Cina. E per fare questo viene pagato 8.19 € lordi l'ora dall'agenzia di lavoro interinale.

"Lavorare per Daimler" - questa frase da sempre equivale ad avere un buon posto di lavoro. Ed i dipendenti Daimler, ancora oggi, per un lavoro senza troppe pretese alla catena di montaggio hanno un salario orario estremamente buono di 17.98 € lordi l'ora, a cui si aggiungono le indennità per i turni. Jürgen invece per lo stesso lavoro riceve 8.19 € l'ora lordi.

La retribuzione oraria viene ripetutamente definita "stipendio da fame" - addirittura nel titolo della trasmissione ("Hungerlohn am Fließband“). Il filmato lancia una chiara accusa: sebbene la società di logistica a cui è stato affittato lavori per Daimler con un contratto d'opera, il giornalista sotto copertura lavora accanto ai dipendenti Daimler. E in realtà non dovrebbe essere subordinato alle istruzioni date dai dipendenti Daimler e nemmeno eseguire lo stesso lavoro, cosa che invece avviene regolarmente.

Nel suo ruolo fittizio di padre di famiglia con 4 figli ha diritto a prestazioni sociali per un valore di 1550 € al mese - molto piu' del netto di 991 € che riceve per le 35 ore settimanali.

E questo è veramente discutibile: il contribuente tedesco ogni anno deve pagare 8.7 miliardi di Euro affinché persone come „Jürgen“, che guadagnano con un lavoro a tempo pieno 991 € netti al mese (1.220 € lordi), debbano ricevere 1.550 € di sussidio da parte dello stato. Soprattutto se le imprese annunciano nuovi bilanci con profitti record.

Quanto mostrato dal filmato è illegale, commenta l'esperto di mercato del lavoro Stefan Sell. Il presidente del consiglio di fabbrica Erich Klemm dice: "Se le cose stanno come mostrato dal filmato, non va affatto bene, e l'azienda dovrebbe intervenire immediatamente". I portavoce Daimler e i manager non hanno voluto commentare davanti alle telecamere. E' stato tuttavia citato un commento dell'azienda arrivato via email: sarebbero già in vigore linee guida molto chiare per i fornitori e per gli appaltatori, finalizzate ad escludere comportamenti illegali.

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martedì 14 maggio 2013

Dov'è finito il Jobwunder?


Il Jobwunder mostra il suo lato oscuro: cresce il numero degli occupati con un lavoro regolare che che per tirare avanti devono chiedere un sussidio allo stato. E' l'ennesima socializzazione dei costi? E' arrivato il momento di introdurre un salario minimo per legge? Da Süddeutsche Zeitung 
I dati riaccendono il dibattito sul salario minimo: sempre piu' persone in Germania hanno un lavoro a tempo pieno o part time coperto da un'assicurazione sociale, ma nonostante cio' hanno bisogno di un aiuto pubblico. La nuova statistica presentata della "Süddeutsche Zeitung" mostra chiaramente: ad essere colpiti sono soprattutto i single.

Sono sempre di piu' le persone che in Germania pur avendo un lavoro a tempo pieno o part-time guadagnano troppo poco per poter vivere con questo reddito. Il numero dei lavoratori coperti da un assicurazione sociale, con un salario lordo superiore agli 800 € lordi al mese, e che per tirare avanti hanno bisogno di un sussidio statale (Hartz IV), negli ultimi anni è cresciuto costantemetne. I dati emergono da una nuova statistica della Bundesagentur für Arbeit (BA).

I dati potrebbero riaccendere l'attuale dibattito sul salario minimo: secondo i dati della BA nel 2012 in media ci sono state 323.000 famiglie con un cosiddetto Hartz-IV-Aufstocker (chi riceve un'integrazione dallo stato), con un reddito lordo superiore agli 800 € lordi e con un impiego per il quale è previsto l'obbligo di assicurazione sociale. Nel 2009 erano circa 20.000 in meno.

L'aumento è evidente fra i single: il loro numero fra i percettori Hartz IV con un lavoro a tempo pieno o parziale è salito del 38 % e ha raggiunto 75.600. I lavoratori che devono integrare il loro stipendio lavorano soprattutto nel commercio, nella gastronomia, nei servizi sanitari e sociali oppure come interinali. In totale nel 2012 gli occupati percettori di un sussidio Hartz-IV erano cira 1.3 milioni, all'incirca lo stesso numero del 2009. La metà di questi ha solamente un mini-job.

Per Annette Kramme, portavoce della SPD per le politiche del lavoro, i dati mostrano che è necesssario introdurre un salario minimo stabilito dalla legge. Kramme prevede che il numero degli  "aufstocker" con un lavoro a tempo pieno crescerà ulteriormente a causa "di un ricorso eccessivo ai contratti d'opera". La SPD e i sindacati chiedono l'introduzione di un salario minimo di 8,5 € l'ora valido per tutti. Unione e FDP vorrebbero invece introdurre un limite verso il basso in base alla regione e al settore.

Anche Stefan Sell, professore ed esperto di mercato del lavoro presso l'università di Coblenza, valuta in maniera negativa i dati sugli "aufstocker". I datori di lavoro grazie all'aiuto dello stato "possono, a spese del contribuente, socializzare una parte dei loro costi salariali - e in questo modo ottenere un vantaggio nei confronti delle aziende che vogliono comportarsi secondo la legge". Il Ministro federale per il lavoro Ursula von der Leyen (CDU) recentemente ha dichiarato che il reddito di un lavoro a tempo pieno dovrebbe essere sufficiente "per poter vivere dignitosamente". "Retribuzioni di 3, 5 o 6 Euro l'ora" non dovranno piu' esistere.

La Bundesagentur tuttavia non considera negativamente gli aufstocker: è sempre meglio avere un lavoro che essere completamente dipendente dagli aiuti dello stato. Inoltre,potrebbe essere la porta d'ingresso per un impiego con uno stipendio dignitoso, dichiara una portavoce di BA. L'aumento del numero di Aufstocker fra i single potrebbe avere anche a che fare con l'aumento degli affitti e con un aumento delle prestazioni Hartz-IV. "Maggiori sono i costi per l'alloggio e le prestazioni Hartz IV, tanto piu' alto sarà il numero di persone che avranno accesso ai nostri sussidi, ma che in precedenza erano in grado di far fronte autonomamente al loro sostentamento".

domenica 12 maggio 2013

Alternative für Deutschland vuole un Euro Nord


Il leader di "Alternative für Deutschland" Bernd Lucke chiarisce la sua posizione sull'Euro: non vogliamo un ritorno al D-Mark, ma l'uscita degli eurodeboli dalla moneta unica. Da Neue Zürcher Zeitung


In Germania il dibattito sull'uscita dall'Euro si infiamma. Il leader della nuova formazione "Alternative für Deutschland" in un'intervista chiarisce perché non vuole  che la Germania esca immeditamente dall'Euro.

Herr Lucke, "Alternative für Deutschland" propone la fine dell'unione monetaria. Questo significa che è la Germania a dover uscire quanto prima dall'Euro, oppure dovrebbero essere i paesi in crisi del sud Europa a farlo?

La nostra proposta prevede che siano i paesi del sud Europa ad uscire dall'Euro e che l'Euro venga mantenuto solo nei paesi del centro. Tale separazione dovrebbe avvenire gradualmente nel corso dei prossmi anni.

Quindi secondo lei la Germania non dovrebbe decidere in maniera unilaterale di tornare al D-Mark?

No, esattamente il contrario. Noi diciamo chiaramente che non vogliamo un'immediata uscita unilaterale della Germania dalla zona Euro, e soprattutto in assenza di un fondamento giuridico.


Non pensa che l'uscita dall'Euro dei paesi del sud potrebbe avere conseguenze imprevedibili, ad esempio una gravissima crisi economica?

Ho sempre messo in guardia dai pericoli di una uscita improvvisa. Potrebbero esserci infatti conseguenze economiche difficilmente controllabili. Per i paesi candidati all'uscita, la cosa migliore sarebbe introdurre nel periodo di transizione delle valute parallele in modo da avere accanto all'Euro una moneta nazionale come mezzo di pagamento a corso legale. Ci sarebbero una serie di vantaggi, fra i quali il fatto che i debiti Target dei paesi del sud sarebbero preservati, in quanto il paese resterebbe all'interno dell'Eurosistema.

Anche la posizione ufficiale del partito è quella di non volere un'uscita immediata dall'Euro?

Come partito non abbiamo ancora una posizione ufficiale sul modo concreto in cui gli stati dovranno uscire dall'Euro. Non crediamo possa essere deciso da una mozione del partito. Lo si dovrà decidere insieme ai partner europei e in considerazione dei nostri interessi. Vogliamo solo far notare che esiste la possibilità di uscire dalla moneta unica. In quanto leader di partito e professore di economia preferisco parlare del sistema delle monete parallele e introduco il tema nella discussione pubblica. Il nostro governo continua a sostenere che il mantenimento di tutti i paesi nella zona Euro non ha alternative. Per questa ragione noi vogliamo mostrare che le alternative ci sono. Non si tratta di imporre un'alternativa concreta, piuttosto far presente all'opionione pubblica tedesca che il governo sta reprimendo un dibattito che invece è necessario ed urgente.

Lei propone l'introduzione delle monete parallele. Perchè la considera una opzione realizzabile?

La strada delle valute parallele ha alcuni vantaggi. In primo luogo è possibile segnalare alla popolazione che l'Euro resta un mezzo di pagamento, evitando un assalto alle banche. E' importante, perchè altrimenti c'è il rischio che l'intero sistema bancario crolli e ogni ragionevole tentativo di riforma sia affossato prima della sua entrata in vigore. Si puo' inoltre dire ai cittadini: i conti correnti e i depositi bancari sono sicuri, non vi è alcun motivo di panico. Il secondo vantaggio è di natura politica: non vogliamo umiliare i greci dando loro la sensazione di essere stati cacciati dall'Euro. Durante la fase intermedia sono ancora parte della zona Euro, e allo stesso tempo possono approfittare dei vantaggi di una moneta nazionale. La valuta nazionale potrà guadagnare accettazione prima che l'Euro sia completamente abbandonato. Resta tuttavia possibile che un paese grazie alle svalutazione e agli sforzi riformatori  possa migliorare la propria competitività ad un livello tale che un'uscita completa dall'Euro diventi evitabile. Questo scenario lo considerano improbabile, ma come prospettiva politica è sicuramente importante.

I critici dicono che un sistema con due valute non potrebbe funzionare

L'unione monetaria non ha funzionato con una sola valuta. Dobbiamo tuttavia riflettere sulle misure necessarie per gestire il passaggio. Considero le valute parallele un sistema fattibile. L'Euro resterebbe la sola valuta per i pagamenti in contante, in modo da avere un solo portafogli con un'unica moneta. Allo stesso tempo per le operazioni non in contanti si potrà pagare solo con una valuta di combinazione. Le conversioni fra le due valute saranno fatte automaticamente dai computer delle banche. Il consumatore non dovrebbe incontrare alcuna difficoltà.

Ci sono precedenti storici?

No, la nostra proposta è nuova. Evita le debolezze degli altri sistemi di valute parallele. Nella nostra proposta non è possibile che una valuta rubi il posto all'altra. L'Euro resterebbe per i pagamenti in contante, per le operazioni non in contante, la sola possibilità sarebbe la valuta di combinazione.

Quali sarebbero i tempi per la trasformazione della zona Euro e l'introduzione delle valute parallele?

Non è una questione di partito ma un tema che riguarda la politica nella zona Euro. L'introduzione delle valute parallele richiede una modifica dei trattati, poiché questi prevedono che l'Euro sia il solo mezzo di pagamento legale nell'Eurozona. I trattati dovranno percio' essere modificati in questa direzione: per i diversi stati sarà possibile introdurre anche altri mezzi di pagamento legali. Una tale modifica dei trattati richiede circa un anno, nel frattempo potrebbero partire i preparativi per introdurre in questi paesi le valute parallele. Sarebbero poi necessari dai 3 ai 4 anni per una graduale uscita dall'Euro.

Secondo l'esperienza le modifiche ai trattati EU sono molto difficili. Non pensa sia un ostacolo insormontabile?

No. La Germania grazie alla sua forza finanziaria ha la possibilità di avere una forte influenza in Europa. Deve solo rifiutare un ulteriore finanziamento del fondo di salvataggio europeo, fino a quando non saranno apportate le modifiche ai trattati europei. La Germania puo' facilmente imporre questa posizione.

Come valuta il dibattito in Germania? La discussione sull'uscita dall'Euro è diventata piu' aperta, le vostre proposte vengono recepite?

Se ne discute molto, c'è un'ampia copertura mediatica, riceviamo anche un forte incoraggiamento. Nei sondaggi elettorali ci viene riconosciuto un potenziale tra il 25 e il 37%. Una parte considerevole della popolazione tedesca simpatizza con le nostre posizioni. Le nostre proposte per ora sono state respinte dagli altri responsabili politci, sebbene ci siano dei concreti  segnali di erosione. Ad esempio, l'ex leader SPD e ora politico della Linke Oskar Lafontaine si è improvvisamente espresso a favore della reintroduzione delle monete nazionali, dopo aver difeso l'Euro fino a poco tempo fa. Posso immaginare che ci saranno dei cambiamenti programmatici simili anche nei partiti tradizionali, se alle elezioni riusciremo a raggiungere un buon risultato.

AfD nell'opinione pubblica viene percepito come un partito che vuole tornare al D-Mark. E' un'immagine vera?

No, è sbagliata la sequenza. Quello che vogliamo, prima di tutto, è che i paesi del sud Europa escano dalla moneta unica. Dopo di che potremo anche parlare di come il resto dell'Eurozona potrà essere progettato. Un paese come la Francia puo' e vuole restare in una unione monetaria con la Germania? Se si', la Germania dovrà garantire per i debiti francesi e per quelli belgi? Se la garanzia sul debito pubblico degli altri paesi è espressamente proibita, la Francia dovrà decidere se intende affrontare la pressione per la competitività che l'Euro impone. Se si', allora io saro' d'accordo. Se i paesi partner, invece, vogliono mettere in comune i debiti, allora ci impegneremo affinché la Germania possa tornare al D-Mark.


sabato 11 maggio 2013

Sinn: l'Italia non deve uscire dall'Euro


Hans Werner Sinn, dalle pagine della FAZ risponde alle accuse di Soros: la Germania non accetterà mai gli Eurobond, meglio la fine dell'Euro che la messa in comune del debito. E rilancia, l'Italia deve restare nella moneta unica. Da FAZ.net
La Germania non puo' accettare gli Eurobond. Di fatto Soros sta chiedendo la fine dell'Euro. Anche se la Germania uscisse, i paesi del sud continuerebbero ad avere un serio problema di competitività.

Il grande investitore George Soros mette la pistola alla tempia della Germania. Dovrebbe accettare gli Eurobond, oppure lasciare l'Euro. Solo in questo modo la moneta unica potrebbe funzionare. I paesi latini dovrebbero organizzare una resistenza contro la Germania.

La Germania non puo' accettare gli Eurobond. L'esclusione di ogni forma di socializzazione del debito era la condizione fondamentale per l'abbandono del D-mark durante i negoziati per il trattato di Maastricht (Artikel 125 AEUV). La Corte Costituzionale ha inoltre indicato che i tedeschi sull'argomento dovrebbero esprimersi con un referendum popolare. Il Bundestag non ha il diritto di prendere una decisione del genere, in quanto sarebbero modificate le fondamenta costituzionali della Repubblica Federale. Con il referendum poi non si avrebbe una una maggioranza di favorevoli, a meno che la messa in comune del debito non sia collegata alla fondazione di un nuovo stato federale europeo, che la Francia intende evitare con tutte le sue energie. Angela Merkel, che molto probabilmente a settempre sarà rieletta, ha dichiarato che gli Eurobond non ci saranno fino a quando lei sarà in vita. George Soros dovrebbe essere a conoscenza di tutto cio'. Quando chiede alla Germania di scegliere fra gli Eurobond e l'uscita dall'Euro, di fatto sta chiedendo la fine della moneta unica.

Anche se la Germania uscisse, i paesi del sud Europa continuerebbero ad avere un problema di competitività nei confronti degli altri paesi del nord restanti, e non sarebbero comunque risparmiati dal processo di svalutazione interno. La maggior parte dei paesi dell'Eurozona è ancora competitivo. Solo in alcuni paesi i salari e i prezzi sono andati troppo oltre l'equilibrio, e un riallineamento attraverso un contenimento dell'inflazione e una moderata riduzione dei salari non è piu possibile.

Ad un'uscita della Germania seguirebbe la divisione della zona Euro

Soros minimizza il problema della competitività e si concentra sulla soluzione della crisi finanziaria, che individua negli Eurobond. La stabilizzazione dei mercati finanziari attraverso gli Eurobond e le altre garanzie pubbliche per gli investitori non risolverebbero il problema della competitività, anzi, avrebbero l'effetto opposto. I paesi colpiti dalla crisi potrebbero rinunciare alla necessaria riduzione dei prezzi e dei salari, mentre il valore esterno dell'Euro salirebbe, con un aggravio dei problemi di competitività.

E' estremamente probabile che l'uscita della Germania causerebbe un'uscita degli altri paesi del vecchio blocco del D-Mark (Olanda, Austria, Finlandia e forse il Belgio). Quando la Francia nel 1993 propose che fosse la Germania ad uscire dallo SME, il precursore dell'Euro, Belgio e Olanda dissero immediatamente che anche loro intendevano uscire. La Francia ritiro' la sua proposta. Da cio' si puo' ipotizzare che un'uscita tedesca causerebbe una separazione fra Euro nord ed Euro sud. L'unico dubbio sarebbe a quale dei due Euro la Francia intenderebbe unirsi.

Tuttavia il suggerimento di Soros potrebbe essere interessante se un gruppo di paesi all'interno dell'unione monetaria volesse unirsi per l'emissione di propri Eurobond. Ogni paese dovrebbe sentirsi libero di formare una zona Euro a due velocità, se in questo vedesse dei vantaggi. Che ci possa essere un miglioramento del rating dei titoli, in caso di emissioni obbligazionarie comuni dei paesi latini, nutro dei dubbi. Senza la partecipazione tedesca sarebbero un fallimento.

Senza considerare le garanzie illimitate offerte dalla BCE per i titoli di stato del sud-Europa nell'ambito del programma OMT, garanzie offerte a spese dei contribuenti dei paesi europei ancora in salute. Se l'Euro dovesse disintegrarsi e i GIPSIC dichiarassero l'insolvenza, la Germania rischierebbe di peredere 545 miliardi di Euro. Quasi la metà di questa somma sarebbero pagamenti fatti dalla Bundesbank per conto dei paesi GIPSIC, misurati dai crediti Target. Fra tutti i paesi che partecipano ai salvataggi Euro, la Germania si accolla la quota di gran lunga maggiore, contribuendo a mitigare l'austerità richiesta dai mercati ai paesi del sud-Europa, molto di piu' di quanto non faccia ogni altro paese donatore.

Soros inoltre sottovaluta il rischio che una socializzazione dei debiti proterebbe con sé.  Alexander Hamilton, il primo ministro delle finanze americano, nel 1791 socializzò i debiti degli stati americani, per rafforzare "con il cemento" la nuova confederazione. Tuttavia la socializzazione del debito incentivo' i singoli stati ad indebitarsi sempre di piu' ed emerse una bolla del credito, scoppiata nel 1837 e che fino al 1842 porto' la maggior parte degli stati alla bancarottoa. Seguirono solamente discordia e conflitti.

L'Euro è un fondamentale progetto di integrazione europea

La crisi Euro è nata perché gli investitori hanno sottovalutato i rischi di una esposizione in sud-Europa e per questa ragione hanno indirizzato verso quei paesi troppo capitale, fatto che ha portato ad una bolla creditizia che ne ha distrutto la competitività. Gli Eurobond non farebbero che istituzionalizzare questa sottovalutazione del rischio impedendo ai mercati di correggere i loro errori. Seguirebbe un allentamento dei vincoli di bilancio  e un gigantesco azzardo morale, e la conseguente distruzione del modello europeo.

Soros dice anche che dopo l'introduzione degli Eurobond, i paesi che non riescono a portare a termine le riforme verrebbero a trovarsi in una situazione di povertà e dipendenza costante, come il mezzogiorno italiano. Sarebbe proprio cosi'. Grazie al denaro a buon mercato avremmo un buon numero di paesi di questo tipo. Si svilupperebbe una sorta di Mezzogiorno o Germania dell'est con un'elevata disoccupazione cronica, un livello di sviluppo economico molto limitato ma uno standard di vita accettabile, sia pure parzialmente finanziato dagli altri paesi.

Soros afferma che la Germania dopo un'uscita si troverebbe a soffrire per un apprezzamento della sua valuta. Non è vero. Da un lato la Germania ha un Euro sottovalutato e in termini di effetto "Terms of Trade" avrebbe solo vantaggi. Il vantaggio di poter importare a prezzi piu' economici sarebbe decisamente piu' importante rispetto al peggioramento dei prezzi dell'export. Inoltre la Bundesbank potrebbe evitare un apprezzamento eccessivo facendo come la banca centrale svizzera, e cioè comprando titoli esteri con la propria valuta. La Germania si troverebbe in una situazione migliore rispetto a quella attuale perchè invece di avere dei crediti Target di dubbia esigibilità, potrebbe accumulare titoli buoni e ben remunerati. Ma sottolineo ancora una volta: la Germania non deve uscire dall'Euro perché questo resta un progetto fondamentale di integrazione europea, che dopo la soluzione della crisi potrebbe avere degli effetti potenzialmente benefici per il commercio intra-europeo.

L'Italia non deve abbandonare l'Euro

Soros sostiene che l'uscita dei paesi del sud non farebbe altro che peggiorare i loro problemi di debito estero. E' vero il contrario. Naturalmente un'uscita con la conseguente svalutazione farebbe aumentare i debiti in relazione al PIL, di fatto una svalutazione reale ottenuta tramite una deflazione all'interno della zona Euro avrebbe esattamente lo stesso effetto. Se non si vuole inflazionare la zona Euro, i paesi del sud potranno recuperare competitività solo con l'uscita dall'Euro seguita da una svalutazione, oppure tramite una svalutazione interna fatta con una riduzione dei prezzi e dei salari, e questa è di nuovo la sola via per migliorare strutturalmente le partite correnti e rimborsare in maniera ordinata il debito. Messa in questo modo, un temporaneo aumento dei debiti in relazione al PIL non è evitabile, se un paese intende ripagare i debiti e riportarli ad un livello sostenibile.

A mio parere, per dare un contributo al miglioramento della competitività dei paesi del sud, dovremmo accettare un livello di inflazione piu' elevato nel nord dell'Eurozona. Se invece intendiamo spingere il risparmio del nord verso il sud attraverso gli Eurobond, dove di fatto i risparmi non vogliono andare, avremmo esattamente l'effetto opposto. Di fatto bloccheremmo il boom edilizio tedesco che grazie ad una riduzione della disoccupazione sta portando ad aumenti salariali piu' sostenuti, e quindi ad un'inflazione potenzialmente piu' alta in Germania.

Soros menziona l'Italia. Non vedo perchè l'Italia dovrebbe abbandonare l'Euro e perché si troverebbe in una situazione migliore se decidesse di uscire. L'Italia ha un  livello di debito estero molto basso e una economia che nel nord del paese resta molto competitiva. Secondo uno studio di Goldman Sachs, rispetto alla media europea, avrebbe bisogno di una svalutazione interna di un 10% massimo. Si puo' fare. Se fosse vero che la Germania, a causa di una uscita dall'Euro, entrerebbe in crisi, allora anche l'Italia verrebbe a trovarsi in una situazione simile, visto che Germania e Italia sono fortemente collegate da catene di fornitura. I due paesi sono piu' complementari che sostitutivi. 

Gli argomenti di Soros non convincono

Soros fa notare che il Giappone ha cercato di risolvere i suoi problemi tramite una politica di austerità secondo il modello tedesco, e mette in guardia dal cercare di ripetere l'esperimento giapponese. Ma  dal crollo del sistema bancario nel 1987 il Giappone non ha mai praticato nessuna politica di austerità. La Banca del Giappone da allora ha sempre tenuto i tassi di interesse vicini allo zero. Il debito pubblico in relazione al PIL è cresciuto dal 99% del 1996 al 237 % del 2012, poiché si è ricorsi ad una eccessiva spesa a deficit di tipo Keynesiano. A parte questo, la mancanza di effetti di una politica di austerità in un paese con un cambio flessibile non puo' essere trasferita ad un paese all'interno di una unione monetaria. Mentre il cambio flessibile compenserebbe ogni tentativo di rafforzare la competitività attraverso una deflazione, una deflazione all'interno di una unione monetaria puo' funzionare meravigliosamente, come l'esempio irlandese ha mostrato. L'economia irlandese dal 2006 ad oggi ha ridotto il suo livello dei prezzi in relazione al resto dell'Eurozona del 15%, e in questo modo è riuscita a salvarsi.

Gli argomenti di Soros non sono convincenti. Se c'è qualcuno che deve lasciare l'Euro, sono i paesi che non riescono a far fronte alla moneta unica. Non avrebbe senso dividere l'asse franco-tedesco e rinunciare  all'Euro, per rendere questi paesi nuovamente competitivi.






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venerdì 10 maggio 2013

Am deutschen Wesen soll die Welt genesen


Uno studio della Fondazione Bertelsmann prova a quantificare i vantaggi economici che la Germania ottiene da una permanenza nella moneta unica. Nel frattempo, un vecchio detto prussiano, ripreso dai nazisti, torna di moda nella Germania di Merkel. Da german-foreign-policy.com
Un recente studio della Fondazione Bertelsmann conferma i benefici finanziari che la Germania ricava dall'Euro. Secondo l'analisi, la Repubblica Federale grazie alla moneta unica nei prossimi 12 anni potrà attendersi maggiori guadagni per 1.2 bilioni di Euro, a cui invece con il D-Mark avrebbe dovuto rinunciare. Nel complesso la Germania puo' sperare di avere un PIL di 170 miliardi di Euro superiore rispetto a quanto non sarebbe stato possibile senza la moneta unica. Allo stesso tempo per l'ennesima volta i critici ripetono: la moneta unica concepita e progettata secondo i bisogni tedeschi garantisce alla Germania vantaggi non trasferibili strutturalmente agli altri paesi della zona Euro. Secondo quanto scritto dall'economista Mark Blyth sulla prestigiosa rivista americana "Foreign Affairs", è improbabile che tutti i paesi EU possano imitare il lucrativo modello di export tedesco - non ci sarebbero abbastanza compratori. Dure critiche sono state espresse recentemente anche dal giornalista francese Luc Rosenzweig. Con la nascita del governo rosso-verde nel 1998 la Repubblica Federale ha iniziato ad imporre i suoi interessi internazionali - fino agli attuali diktat di risparmio, scrive Rosenzweig, e paragona il comportamento di Berlino con la politica di potenza del Kaiser tedesco.

100 miliardi di Euro all'anno

Come confermato da un recente studio della fondazione Bertelsmann, la Germania ricava dalla  moneta unica grandi benefici. Secondo l'analisi, mantenendo la moneta unica, la Repubblica Federale puo' aspettarsi da qui al 2025 una crescita del PIL fino a un valore di 2.8 bilioni di Euro. In caso di un immediato ritorno al D-Mark, la Fondazione Bertelsmann ipotizza invece gravi contraccolpi economici. Se si sommano in maniera sistematica le differenze fra lo scenario D-M e quello Euro, nel caso di un ritorno al D-Mark il risultato finale prevede, in termini di PIL, "una perdita complessiva pari a 1.2 bilioni di Euro". Fra il 2013 e il 2025 il PIL annuo aggiuntivo derivante dal mantenimento della moneta unica sarebbe di quasi 100 miliardi di Euro.

D-Mark: "conseguenze incalcolabili"

L'analisi condotta dalla Fondazione ipotizza vantaggi finanziari anche nel caso in cui dovesse essere necessario un taglio del debito pari al 60% in Grecia, Portogallo, Spagna e Italia. In questo caso ci si dovrebbe aspettare un rallentamento delle dinamiche economiche; tuttavia sarebbe alquanto contenuto [2]. Va inoltre tenuto presente che il ritorno al D-Mark causerebbe un aumento della disoccupazione. La Fondazione Bertelsmann sottolinea inoltre che lo studio fa un confronto puramente aritmetico fra i due scenari, senza prendere in considerazione le altre conseguenze. Il ritorno al D-Mark, sempre secondo la Fondazione, oltre alle perdite finanziarie per la Repubblica Federale, causerebbe una dissoluzione della zona Euro e una difficile crisi economica mondiale, "le cui conseguenze sarebbero incalcolabili"[3]. Anche se questa visione dei fatti nell'establishment tedesco oggi viene messa in discussione (ad esempio "Alternative fuer Deutschland" [4]) - ci conferma tuttavia quali vantaggi si attendono le élite tedesche dal mantenimento della moneta unica.

Le esportazioni hanno bisogno di compratori

Allo stesso tempo i critici sottolineano che con la struttura attuale della moneta unica, i vantaggi tedeschi non sono automaticamente trasferibili a tutti i paesi della zona Euro. Cosi' scrive l'economista Mark Blyth nell'ultimo numero della prestigiosa rivista americana Foreign Policy: il successo tedesco è basato su di un mix di bassi consumi interni e abbondanti esportazioni. La crescita in Germania è quindi legata ai bassi costi di produzione e ad una valuta stabile. L'unione monetaria di fatto è stata modellata sulle necessità tedesche: una forte politica di competitività e una "banca centrale estremamente indipendente e concentrata sull'inflazione". Non tutti gli stati possono pertanto seguire il modello tedesco - anche solo per una questione di principio: l'offensiva tedesca dell'export funziona solamente quando gli altri stati acquistano piu' di quanto non riescano ad esportare all'estero [5]". "Dovranno tutti ottenere un avanzo commerciale con l'estero?", Blyth cita un commento ironico della stampa economica: "E se si', con chi? Con gli abitanti di altri pianeti?".

La banca centrale in manette

La scorsa settimana anche il giornalista francese Luc Rosenzweig si è espresso in maniera simile. Già negli anni '90 i governi di Bonn si erano preoccupati affinché "l'unione monetaria (...)nascesse nel dogma della stabilità monetaria e fosse governata da regole draconiane", che "impedissero alla BCE di svolgere un ruolo simile a quello svolto dalle banche centrali delle principali potenze economiche", scrive Rosenzweig. Pertanto la BCE non puo', all'occorrenza, "realizzare un trasferimento dai paesi piu' ricchi a quelli piu' poveri", come sarebbe necessario all'interno di zone valutarie con grandi differenze interne [6]. Nell'attuale Euro-crisi "è quindi possibile assistere ai danni che questa chimera economica ha causato".

Controllare e punire

Rosenzweig sottolinea che la vera rottura che ha portato all'egemonia tedesca nella EU è arrivata con il governo Schröder/Fischer del 1998. Il cancelliere SPD insieme al ministro degli esteri dei Verdi non avrebbe solo rotto il tabu' "del non interventismo militare", piuttosto ha aiutato l'industria tedesca ad imporsi nella competizione internazionale grazie ad una politica di austerità ("Hartz IV"). "Gli interessi economici e geopolitici di Berlino" sotto Schröder "sono stati difesi e promossi in maniera molto efficace", scrive Rosenzweig. Gli stati dell'Europa dell'est "sono diventati economicamente dipendenti dalla Germania, la Russia di Putin ha avviato una partnership energetica all'interno della quale le istituzioni dell'Unione Europea difendono gli interessi tedeschi"[7]. La stessa riflessione era già stata fatta lo scorso anno dall'ex commissario EU António Vitorino (german-foreign-policy.com [8]). La cancelliera Merkel ha  poi proseguito con la difesa degli interessi tedeschi durante la crisi Euro attraverso l'imposizione dei diktat di risparmio, continua Rosenzweig. Anche un poco probabile avvicendamento al governo in autunno "non cambierebbe la nuova Germania, che vuole punire e controllare gli altri europei".

Medicina mortale

"Nei tempi in cui la Germania voleva ancora mostrare ai suoi partner un volto buono", il detto "risalente all'epoca di Bismark, 'Am deutschen Wesen soll die Welt genesen' era considerato  offensivo, scrive Rosenzweig. E avverte: "oggi il modo di dire è tornato in auge". E non ci si preoccupa affatto "se ai malati d'europa", con i diktat di risparmio tedeschi, non si finisca "per somministrare una medicina mortale".[9]


[1] Thieß Petersen: Wirtschaftliche Vorteile der Euro-Mitgliedschaft für Deutschland. Policy Brief 2013/01 der Bertelsmann-Stiftung
[2] Bertelsmann-Stiftung: Deutschland profitiert vom Euro; www.bertelsmann-stiftung.de 29.04.2013
[3] Thieß Petersen: Wirtschaftliche Vorteile der Euro-Mitgliedschaft für Deutschland. Policy Brief 2013/01 der Bertelsmann-Stiftung
[4] s. dazu Brüche im Establishment
[5] Mark Blyth: The Austerity Delusion. Why a Bad Idea Won Over the West, Foreign Affairs May/June 2013
[6], [7] Luc Rosenzweig: Das Deutschland unserer Träume; Frankfurter Allgemeine Zeitung 30.04.2013
[8] s. dazu Praeceptor Europae
[9] Luc Rosenzweig: Das Deutschland unserer Träume; Frankfurter Allgemeine Zeitung 30.04.2013





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