domenica 11 novembre 2012

La trappola della povertà e il sogno del salario minimo


Die Zeit ci spiega il boom dei lavori a basso salario. Lo stato e il settore pubblico potrebbero fare molto per evitare la povertà in età avanzata, ma le priorità sono altre.

I bassi stipendi sono una causa di povertà in età avanzata. Quattro imprenditori ci spiegano perché pagano cosi' poco - e che cosa dovrebbe cambiare.

Chi lavora per Peter Kowol rischia la povertà in vecchiaia. Questo è chiaro anche a Kowol: "Il livello dei salari è al minimo", ci dice. "Per una pensione decente non può bastare". I suoi dipendenti guadagnano circa 6 € all'ora. Kowol ci dice che pagherebbe volentieri di piu':"Ma da dove potrei prendere il denaro per salari piu' alti?".

Il 65enne di Gottinga ha un impresa di taxi. Nel suo settore quasi il 90% degli occupati ha un basso salario. Secondo l'ufficio federale di statistica, in nessun'altro settore i bassi salari sono cosi' diffusi. E in nessun'altro settore ci sono cosi' tanti occupati che avranno una pensione da fame.

In questi giorni si discute molto di povertà in vecchiaia. Il Ministro del lavoro Ursula von der Leyen ha presentato il suo piano per una pensione aggiuntiva. Maggioranza e opposizione discutono come modificare il sistema pensionistico affinché milioni di persone non si trovino in una situazione di povertà in età avanzata. La scorsa settimana i vertici della coalizione di governo hanno approvato un progetto di riforma.

Ma piu' in generale, combattere la povertà in vecchiaia è il giusto punto di partenza per combattere la povertà? Non si dovrebbe iniziare da coloro che già oggi hanno uno stipendio basso? Chi vuole evitare la povertà in età avanzata dovrebbe guardare a quello che  già oggi succede nel settore dei taxi - o ad esempio dei parrucchieri. In seconda posizione nella triste classifica dei lavori peggio pagati.

Die Zeit ha chiesto agli imprenditori del  cosiddetto settore a basso salario perché pagano cosi' male i dipendenti -  e che cosa dovrebbe cambiare per far crescere i salari nel loro settore. Le risposte indicano: clienti, consulenti, imprese, lo stato - tutti potrebbero fare qualcosa.

Peter Kowol è il prototipo di un imprenditore di taxi. Possiede 2 auto e dà lavoro a 6 guidatori. La maggioranza dei 22.000 imprenditori di taxi in Germania sono dei piccoli imprenditori come lui. E come molti dei suoi colleghi Kowol si lamenta degli affari: "In media un guidatore in un turno di 8 ore incassa 120 €. Alla fine resta molto poco ". Kowol, come la maggioranza nel suo settore, non paga un salario fisso, piuttosto fa partecipare i guidatori al guadagno.

Che gli imprenditori si lamentino è normale. Gli operatori di taxi tuttavia possono fare ben poco per far andare le cose meglio: Kowol ad esempio non può aumentare i suoi prezzi. Proprio nel settore dei lavori a basso salario è lo stato a dettare le regole del business. Stabilisce i prezzi, quante imprese possono operare e quanti taxi possano circolare. "Cio' viene deciso dai singoli comuni, ognuno in maniera diversa", chiarisce Kowol. "Oltre al settore pubblico, non c'è nessun' altro settore che sia regolato piu' del mio".

Questo significa che non esiste un altro settore in cui potrebbe essere piu' facile per lo stato fare qualcosa per i lavoratori. I comuni potrebbero ad esempio riordinare le tariffe con un'ordinanza o ridurre il numero delle licenze. "Le singole imprese incasserebbero di piu' e finirebbero per pagare di piu' anche i loro conducenti" ci dice Kowol.

Il confine fra un salario normale e un basso salario secondo l'ufficio federale di statistica è di 10.36 € per ora. Cioè i due terzi dello stipendio medio pagato in Germania. Chi riceve meno di questa soglia, viene considerato un lavoratore a basso salario. Nel 2010 - non ci sono dati piu' nuovi - questa condizione riguardava un quinto dei lavoratori, ovvero 7 milioni di persone. Per alcuni lavoratori allo stipendio si devono poi aggiungere le mance, che non sono pianificabili e non sono utili per la pensione. I tassisti che in media guadagnano 6.85 € per ora sono nella parte piu' bassa della scala. 

I dipendenti di Wolfgang Löffler non possono tuttavia fare affidamento sulle mance. Vendono Sandwiches con tonno, pollo, verdure, fatti con pane integrale o bianco, lunghi 15 o 30 centimetri. I clienti per lo piu' pagano la cifra esatta. 20 lavoratori, fra cui 3 apprendisti (Azubis), lavorano nelle 3 filiali Subway, che Löffler gestisce nell'area di Stoccarda.

I non qualificati iniziano da Löffler con 6 o 6.5 € per ora. Ancora meno di quanto il contratto collettivo prevede come salario di ingresso: 7.5 € nell'ovest e 6.85 € nell'est. La maggior parte delle catene di fast food pagano secondo tariffa, fra queste McDonald’s, Burger King, Pizza Hut, Kentucky Fried Chicken. Solo Subway non lo fa. Alcuni anni fa i  350 imprenditori Subway, che gestiscono in Germania oltre 600 ristoranti, dovevano diventare membri dell'associazione di settore. Molti di loro hanno pero' rifiutato il vincolo della contrattazione collettiva. "Io allora ero a favore di un ingresso", ci dice Löffler.

Ma allora perché non paga di piu' i suoi dipendenti? "Perché io come singolo non posso farlo", dice. Secondo i suoi calcoli, alla fine non rimarrebbero utili. Con una filiale Subway,  un affiliato in franchising incassa fra 7.000 e 10.000 € per settimana. "30% se ne va per gli ingredienti, 25 % per i salari, 8% per gli affitti". A questo si aggiunge un canone settimanale dell'8%, che ogni partner deve sostenere. Il 4.5% fluisce in una cassa comune per la pubblicità. Solo la partecipazione al franchising Subway costa 10.000 €. "Non ci sono margini", ci dice Löffler.


Potrebbe aumentare i prezzi? "Abbiamo già cercato di farlo", risponde. Alcuni anni fa Subway ha aumentato i suoi prezzi. Non piu' i sandwiches singoli, ma solo come menu', insieme ad una bevanda, alle patatine o ai dolci". "Che il cliente ricevesse di piu' non aveva alcuna importanza. Quello che contava era l'aumento del prezzo", dice Löffler. I ricavi sono crollati, e la catena ha deciso di tornare ai vecchi prezzi. Löffler ha imparato una cosa: " Per i tedeschi, il cibo non deve essere costoso", ci dice.

Chi sente parlare Löffler ha l'impressione che i bassi salari nella gastronomia tedesca siano una legge di natura. In nessun altro settore c'è cosi' tanto lavoro precario come qui. Solo in questo settore lavorano piu' di un milione di occupati in ristoranti, caffé o take away. Quasi la metà dei lavori è un minijob.

Queste persone hanno la possibilità di sfuggire dalla trappola del basso salario? La soluzione di Löffler sembra un po' atipica per un imprenditore: "un salario minimo obbligatorio per tutti i lavoratori". Se tutti nel settore dovessero pagare salari piu' alti, anche i prezzi salirebbero. Se i prezzi salgono ovunque, anche i clienti dovrebbero accettarlo. Questa è la logica di Löffler.

Thomas Kemmerich ha un'altra opinione. "Con un salario minimo di 8.5 € dovrei aumentare i prezzi del 20% e licenziare il 10% dei dipendenti". Kemmerich, 47 anni, ha già commissionato uno studio sugli effetti del salario minimo nel suo settore. Il giurista guida una catena di parrucchieri: Masson, con 80 filiali, la metà dei quali in Turingia e le altre in Nordrhein-Westfalen. 

Kemmerich è un uomo corpulento e calvo. Lui stesso non si taglia i capelli. Nel 1989, subito dopo gli studi, è arrivato da Bonn ad Erfurt, come consulente per le imprese nel passaggio dal comunismo al capitalismo. Nel 1991 ha assunto la direzione di una "cooperativa di lavori manuali", ormai all'insolvenza. In breve tempo è diventato propietario di 20 saloni da parrucchiere. Nel frattempo ha preso anche l'accento della Turingia.

Masson non è una catena low cost, un taglio per donna costa 30 €, per gli uomini 18 €. Nonostante cio', i dipendenti di Kemmerrich all'inizio guadagnano 6 € l'ora in Turingia e 7.5 €  in Nordrhein-Westfalen. "Di piu' non sarebbe possibile dal punto di vista dei costi aziendali". Dai ricavi oltre agli stipendi deve sottrarre gli affitti, l'elettricità, le forbici e gli shampoo. Secondo i bilanci, negli ultimi 2 anni non ha fatto alcun profitto.

Dall'arrivo di Kemmerich nell'est, in tutta la Germania hanno aperto 20.000 nuovi saloni. Ma la gente ci va troppo di rado: "Oggi una donna in Germania in media va solo 5-7 volte all'anno dal parrucchiere, un uomo 7 volte", dice Kemmerich, "il 40 % dei tedeschi non va mai da un parrucchiere". Si fanno tagliare i capelli a casa al nero. Percio' la competizione per i clienti è molto dura. Cosi' Kemmerich continua a pagare i bassi salari, tipici dei parrucchieri.

Il vero problema del settore lo si capisce se si visita in un mattino di autunno la filiale di Masson alla stazione di Erfurt. Li' Moni, Nancy e Aillen mischiano i colori per i capelli e aspettano i clienti. Ne arrivano pochi. Si potrebbe anche dire: ci sono troppe parrucchiere per il numero di clienti. Sebbene le parrucchiere dell'est siano diventate le icone della lavoratrice a basso salario, la parrucchiera resta una scelta molto popolare per i tirocini (ausbildung). Al momento è al quinto posto - soprattutto all'est molte ragazze scelgono questo mestiere. Ci sono di fatto troppe parrucchiere: e questo spinge verso il basso i salari nel settore. 

La maggior parte dei lavoratori senza una formazione professionale (Berufsausbildung) riceve un basso salario. In questo gruppo il 53 % lavora per meno di 10.36 € per ora. Fra i lavoratori con un titolo universitario sono meno del 2 %. L'educazione è quindi la chiave per sfuggire alla trappola dei bassi salari. Ma l'esempio della parrucchiera ci mostra che anche con una formazione standard si ottiene un basso salario. Molte giovani ragazze potrebbero guadagnare di piu' con un lavoro dove la manodopera specializzata è veramente richiesta: infermiera, insegnante o meccatronica.

La concorrenza di massa non è invece il problema di Ingrid Niehaus. Almeno non diretto. "Il mio concorrente piu' agguerrito", ci dice l'imprenditrice, "non è il negozio all'angolo, è il cliente stesso". Niehaus gestisce una lavanderia. Con 16 dipendenti lava gli abiti, i vestiti e stira le camice. 

La sua piccola impresa nella periferia di Bad Bentheim la si riconosce già da lontano - dal vapore bianco che esce da un tubo e va verso il cielo. Molte lavanderie sono di piccole dimensioni, spesso aziende familiari. Niehaus ha appena lasciato la gestione dell'azienda al figlio. Nelle piccole aziende come quella di  Niehaus i lavoratori e gli imprenditori sono molto vicini. Non si accumulano enormi profitti e per questo si pagano bassi salari.

Da Niehaus le stiratrici e le lavandaie iniziano con 7.5 € all'ora, e arrivano al massimo a circa 9 €. Nel settore, con circa 70.000 dipendenti, si trovano anche salari piu' bassi. Alla domanda, se le cose potrebbero andare meglio, Niehaus parla del suo principale concorrente: "con un prezzo di 1.79 € per camicia molti clienti dicono, ok va bene. Ma se chiedessi 2.79 € o 3 €, le cose andrebbero diversamente". Almeno una parte dei clienti se ne andrebbe. 

I salari in questo settore sono bassi anche per questo motivo:  molto spesso il lavoro è troppo facile. Per stirare o piegare i vestiti non c'è bisogno di una formazione particolare. Allo stesso tempo molti degli occupati nel settore - spesso donne straniere - non trovano nessun'altro lavoro.

Dal 2009 per le lavanderie esiste anche un salario minimo. Al momento è di 7 € nell'est e di 8 € nell'ovest. Ma è valido - "per fortuna" come dice Niehaus - solo per le imprese che servono altre aziende, come Hotel, ospedali o case di cura. In questa parte del mercato dominano imprese con gigantesche linee di lavaggio e macchine piegatrici automatiche.

"Possono pagare meglio di noi aziende artigianali", ci dice una lavoratrice. "Ma si interessano solamente per il bussiness di massa, non certo per una macchia su un abito da sposa". In questi impianti industriali sono occupati pochissimi lavoratori. Una maggiore automazione spingerebbe verso un salario maggiore, sebbene la forza lavoro non sia scarsa.

La maggior parte degli economisti per questo motivo rifiutano i salari minimi: pensano che molti lavori facili scomparirebbero. I sostenitori, al contrario, pensano che ci sia un margine per l'aumento dei salari senza che questo causi la scomparsa dei posti di lavoro. E' difficile dire chi ha ragione. Secondo l'economista di Friburgo Bernd Fitzenberger, non sarebbe certo facile trovare il livello giusto: nella ricerca del giusto salario minimo, prima di trovarlo si faranno degli errori. Chi è daccordo, propone una introduzione prudente e per gradi del salario minimo. La stessa federazione sindacale tedesca, non chiede un salario minimo di 10 € , bensì di 8.5 €.

Questo ci dice: non esiste una leva potente da utilizzare per far uscire dalla trappola dei bassi salari e della povertà in età avanzata una larga parte della popolazione.

Chi è interessato alla coesione della società e vuole  pensioni adeguate, dovrebbe iniziare da piu' parti. Dall'orientamento professionale, come il caso delle parrucchiere mostra. Dalla formazione: senza una qualificazione spesso si trovano solo lavori mal pagati - o addirittura nessuno. 1 su 5  è infatti disoccupato. E' necessaria anche una migliore regolamentazione dello stato nei settori dove la concorrenza è limitata, come ad esempio i taxi. In questo settore un salario minimo non aiuterebbe molti lavoratori. In altri settori come le lavanderie, potrebbe aiutare un po' - non dovrebbe però essere cosi' alto, da far scomparire lavoro di facile esecuzione.

In ogni caso la povertà in età avanzata non è un problema da combattere alla fine della vita lavorativa. Si deve iniziare molto prima.

sabato 10 novembre 2012

Bolle e balle

L'atavica paura dell'inflazione tedesca e la fuga dei capitali dal sud Europa stanno alimentando il mercato immobiliare tedesco. Per gli esperti i prezzi nelle città sono già da bolla. Da Frankfurter Rundschau


I prezzi delle case nelle principali citta tedesche crescono molto piu' rapidamente degli affitti. E' un chiaro segnale di speculazione.

A Francoforte un appartamento costa circa 2.700 € al metro quadrato. Sono 500 € in piu' di 5 anni fa. A Berlino i prezzi sono cresciuti ancora di piu': nella capitale sono necessari 2.200 € al metro quadrato, quasi il doppio di 5 anni fa. 


Per molto tempo la spiegazione per l'aumento dei prezzi è stata semplice: la Germania ha bisogno di recuperare terreno, negli altri paesi i prezzi sono molto piu' alti. 

Economisti e politici non ne volevano sapere di una bolla dei prezzi. Ma gli esperti del Deutschen Institut für Wirtschaft (DIW) lanciano l'allarme: i prezzi degli immobili si sono completamente distaccati dall'andamento  degli affitti.

I ricordi del mercato americano

In un mercato degli immobili sano, i prezzi delle case e gli affitti crescono in maniera uniforme. Cio' ha senso, se lo si considera dal punto di vista di un investitore: se l'affitto è cresciuto, per lui avrà senso un prezzo di acquisto superiore. A Berlino il prezzo medio di affitto al metro quadrato per un appartamento è passato dai 5.5 € del 2007 ai 7.20 € attuali, circa un 30 % di aumento. Sono necessari circa 25 anni, prima che un investitore recuperi il prezzo di acquisto con gli affitti.

A Francoforte sono necessari circa 21 anni. Investitori professionali considerano un valore di 14 anni come sano, e molti di loro non stanno comprando nelle grandi città.

"Se i prezzi della case dovessero allontanarsi ulteriormente da quelli degli affitti, ci sarebbe la minaccia di bolle speculative", ci dice Konstantin Kholodilin, ricercatore DIW. A Monaco, Amburgo e Dresda lo sviluppo è simile. Gli esperti ritengono che la ragione di questa evoluzione sia nella politica di denaro facile della BCE: prestiti abbondanti e tassi bassi per il finanziamento degli immobili. "La forte crescita dei prezzi lascia ipotizzare che dietro di ciò ci sia la speranza di ulteriori aumenti dei prezzi e di un aumento degli affitti", ci dice Andreas Mense, economista all'università di Erlangen. Cio' ricorda il mercato immobiliare americano o spagnolo prima della crisi. Anche li' molti investitori avevano acquistato immobili solo perchè prevedevano aumento dei prezzi.

Fuori dalle città i prezzi scendono

In Germania tuttavia resta una grande differenza: le banche finanziano gli immobili in maniera abbastanza prudente. Richiedono un 25% di capitale proprio e accettano garanzie sugli immobili fino al 60%. Percio' non dovranno fare i conti con massicce insolvenze se i prezzi prima o poi dovessero scendere. Tuttavia il fenomeno è limitato alle grandi città, in campagna i prezzi stanno addirittura scendendo. 

Ci sono tuttavia segnali di speculazione sui mercati regionali: "i prezzi sono saliti oltre i livelli giustificati dai fondamentali di mercato". Prima di parlare di bolle speculative, sono comunque necessarie ulteriori analisi. 


Gli esperti di immobili come il Professor Steffen Sebastian di Regensburg, al contrario mettono in guardia da mesi: le grandi città sono in bolla. Di fatto è molto difficile riconoscere gli eccessi. Nonostante cio', il Ministero delle Finanze sta cercando di individuare gli eccessi. Per fare questo utilizzerà per la prima volta i dati del DIW.


Nobel per la pace?

L'austerità impedisce agli ospedali greci di rifornirsi di farmaci salvavita e le aziende tedesche bloccano le consegne. Da FAZ.net
L'azienda farmaceutica Merck non intende piu' rifornire gli ospedali greci con il farmaco anticancro Erbitux. Le difficoltà nel paese sono troppo grandi. Nelle farmacie il farmaco viene tuttavia ancora venduto.

L'azienda farmaceutica di Darmstadt Merck non consegnerà piu' il farmaco anti cancro Erbitux agli ospedali greci. Il farmaco in Grecia sarebbe tuttavia ancora disponibile, i pazienti lo possono acquistare nelle farmacie, ha dichiarato sabato un portavoce di Merck. Il CFO di Merck, Matthias Zachert ha dichiarato al „Börsen-Zeitung“ che in Grecia l'azienda sta avendo molte difficoltà, ma che tuttavia il ritiro dal mercato interessa un singolo prodotto.

In termini di fatturato Erbitux è il secondo farmaco piu' importante di Merck. Merck all'inizio dell'anno, come altre aziende farmaceutiche tedesche, è stata colpita dal taglio del debito greco. Il governo di Atene aveva infatti saldato le fatture non pagate degli ospedali pubblici con l'emissione di obbligazioni. Questi titoli arriveranno a scadenza fra qualche anno - nel frattempo molte aziende hanno venduto i bond in perdita.

Negli altri paesi indebitati la situazione non è critica

Già in giugno, l'azienda farmacetica Biotest specializzata in plasma sanguigno aveva deciso, a causa di fatture non pagate per milioni di Euro, di sospendere le consegne in Grecia.  Altre aziende farmaceutiche tedesche - fra queste anche Merck - avevano allora comunicato che avrebbero continuato a rifornire la Grecia di farmaci, nonostante i problemi di pagamento del sistema sanitario pubblico.

Negli altri paesi colpiti dalla crisi la situazione è molto piu' tranquilla, Merck avrebbe ridotto le consegne solo in Grecia, dichiara il responsabile delle finanze Zachert. "Ad esempio, il governo spagnolo ha adottato misure per ridurre i debiti verso le industrie farmaceutiche".

Schäuble il francese


Il ministro Schäuble, dopo i compiti a casa per il sud Europa, inizia con le ripetizioni ai francesi. Che la compressione salariale abbia inizio anche sull'altra sponda del Reno! Da Die Zeit
Il Ministro delle Finanze ha chiesto al Comitato dei Saggi economici tedeschi di elaborare un piano di riforme per la Francia. Un affronto, che puo' pero' aiutare l'Europa.  Commento di Karsten Polke-Majewski.

A Berlino le preoccupazioni sulla Francia sono forti, tanto da far rischiare una gaffe diplomatica al Ministro delle Finanze. Wolfgang Schäuble ha infatti richiesto al Comitato dei Saggi economici di elaborare un piano di riforme per affrontare il momento difficile dell'economia francese. Quando si era mai visto un governo preparare un piano non richiesto per un altro paese?

E' difficile dire se Schäuble intenda aumentare la pressione su Parigi per affrontare i problemi del paese, o se invece si tratti solo di preparare un'agenda per l'economia francese. La mossa tuttavia mostra quanto è seria nel governo la preoccupazione che il secondo pilastro dell'Eurozona possa trovarsi in difficoltà.

Già nelle scorse settimane il precedente cancelliere Gerhard Schröder ha criticato la politica economica del presidente socialista: "Hollande presto dovrà ammettere di non poter mantenere quello che nella campagna elettorale ha promesso".

Essere offesi non basta.

Il suo approccio è privo di tatto. Immaginate se Parigi pretendesse di dettarci la nostra politica energetica. E' tuttavia lecito dubitare se il governo francese intenda veramente imboccare la strada giusta per risolvere la crisi. Anche il commissario Olli Rehn recentemente è stato molto chiaro: Parigi si affida a misure di crescita irrealistiche.

Il governo francese deve ora mostrare come intende migliorare la competitività della propria economia. Anche se il comportamento di Schäuble puo' essere considerato arrogante, qui non serve sentirsi offesi. Perchè è troppo grande il rischio che le debolezze francesi si estendano a tutto il continente europeo.

giovedì 8 novembre 2012

Homburg: la Germania fuori dall'Euro


Focus.de torna ad intervistare il professor Stefan Homburg, euroscettico della prima ora: i salvataggi non ci salveranno, l'Euro è un progetto folle, la Germania deve uscirne quanto prima. La stampa popolare strizza l'occhio agli euroscettici. 
Mentre la Grecia si divide su un nuovo piano di tagli, l'euroscettico Stefan Homburg intervistato da Focus propone una nuova strada: la Germania deve uscire dall'Euro.

Focus: Herr Homburg, come richiesto oggi la Grecia approverà un nuovo pacchetto di risparmi. In questo modo il paese si guadagnerà l'appoggio degli europartner?

Homburg: Il nostro denaro non va a beneficio della Grecia, piuttosto dei suoi creditori. Diciamo che il denaro viene versato su un conto vincolato, al quale la Grecia non ha accesso diretto. Penso che i creditori non si meritino il nostro sostegno finanziario, indipendentemente da quello che in Grecia sarà deciso.

Focus: In Grecia sono soprattutto i cittadini comuni a soffrire per le misure di risparmio. Al contrario l'evasione fiscale è ancora diffusa. Come potremmo superare queste difficoltà?

Homburg: Certi problemi li può risolvere solo la Grecia. Non dovremmo dare alcun consiglio. E' un paradosso che la Germania sia odiata da tutte le parti, sebbene stia garantendo generosi aiuti di emergenza, affinché i guadagni dell'industria finanziaria possano stabilizzarsi.

Focus: Da tre anni la Grecia è finita nella crisi Euro. Come si potrebbe salvare ancora il paese?

Homburg: La Germania può fare ben poco. La chiave della soluzione è nella Grecia stessa. E' un'illusione voler forzare uno stato dall'esterno a fare delle riforme contro la sua volontà...

Focus: Si dovrebbe lasciar fallire la Grecia?

Homburg: Si'. I fallimenti degli stati non sono insoliti, la storia economica ha conosciuto centinaia di episodi. Da sola la Spagna è fallita 18 volte. Negli ultimi 10 anni sono stati colpiti prima di tutto i paesi emergenti e quelli in via di sviluppo. Un fallimento della Grecia sarebbe una scelta di politica economica corretta e sicuramente meno pericolosa della continuazione infinita dei cosiddetti salvataggi.

Focus: In caso di bancarotta dello stato greco, come potremo tenere fuori Italia e Spagna dal famoso effetto domino?

Homburg: Per la Spagna e l'Italia, ma anche per l'Irlanda, il Portogallo, Malta, Cipro e gli altri paesi vale lo stesso principio: potranno aiutarsi solo con le loro forze. Il denaro erogato attraverso i salvataggi al contrario riduce gli incentivi per ogni sforzo autonomo.  I provvedimenti di salvataggio non evitano l'effetto domino, ma in realtà lo causano...

Focus: Lei si batte per un'uscita della Grecia dall'Eurozona. Perchè?

Homburg: Con l'introduzione dell'Euro ci avevano assicurato che il salvataggio degli stati sarebbe stato proibito, come del resto il finanziamento degli stati da parte della BCE. Entrambe le promesse si sono dimostrate delle bugie. In questo modo i prerequisiti economici dell'Euro sono venuti meno.

Focus: Un nuovo D-Mark si apprezzerebbe fortemente e renderebbe l'export tedesco molto piu' costoso. L'economia tedesca potrebbe sopportare questo schock?

Homburg: Da un punto di vista economico un elevato livello di esportazioni non può essere un obiettivo in sé. Soprattutto quando per esportare dobbiamo prestare il denaro, e poi  ripagare il credito a noi stessi. Questo è uno schema piramidale, una illusione di benessere. In pratica potremmo regalare i beni esportati.

Focus: Un'uscita della Germania non sarebbe molto piu' costosa, rispetto ad un ulteriore programma di aiuti?

Homburg: Nel lungo periodo restare nell'Euro sarà molto piu' costoso rispetto ad una uscita. Questo perchè dovremo continuare a versare denaro buono ai paesi in difficoltà. Inoltre i costi non sarebbero causati da un'uscita. Questi costi sono già presenti, con un'uscita verrebbero solo rivelati nella loro vera grandezza. La politica non vuole svelarne l'entità, perchè teme l'ira dei cittadini. Vuole solo nascondere i problemi il piu' a lungo possibile, e farci credere che con il Fiskalpakt andrà tutto bene. Ma è chiaro che il Fiskalpakt funzionerà ancora meno del patto di stabilità, che di fatto negli ultimi 20 anni non è mai stato rispettato.

Focus: Un'uscita dall'Euro porterebbe indietro la costruzione europea di decenni. E questo in un momento in cui l'Europa sta diventando sempre meno importante.

Homburg: L'Euro non sta unendo l'Europa, piuttosto la sta dividendo. Fino a poco fa le svastiche ad Atene e Roma o la rappresentazione della Cancelliera come Hitler erano impensabili. Al contrario, noi tedeschi abbiamo amato i paesi del Mediterraneo. In questo momento sta invece crescendo un risentimento reciproco. E questo è alquanto preoccupante perché la maggior parte dei conflitti europei hanno avuto cause economiche. Per scongiurare tali pericoli, sarebbe necessario sciogliere la zona Euro, ora. Torneremo allora dove eravamo 10 anni fa, quando il clima politico in Europa era ancora buono. Abbandonando insieme il troppo ambizioso progetto di una moneta comune, potremmo di nuovo stabilizzare l'Unione Europea.

mercoledì 7 novembre 2012

I salvataggi che non li hanno salvati


L'austerity è stata un fallimento e in Grecia si avvicina il  taglio del debito. A pochi mesi dalle elezioni il governo di Berlino cerca soluzioni alternative per non perdere la faccia davanti agli elettori. Handelsblatt.de analizza le ipotesi sul tavolo. 
I greci avranno due anni di tempo in piu' per raggiungere gli obiettivi di risparmio, ma per fare questo hanno bisogno di denaro. I paesi euro discutono diverse opzioni. Una cosa è certa: qualcuno dovrà pagare il conto.

Nelle previsioni della commissione EU sulla Grecia i desideri e la realtà sono molto distanti fra loro: per il 2012 Brussel aveva previsto una crescita dell'1.1% - in realtà l'economia greca si contrarrà di circa il 7%.

Questa differenza chiarisce perché i paesi Euro stanno discutendo una ulteriore ristrutturazione del debito. Il piano della troika prevede che da qui al 2020  il rapporto debito/pil si riduca al 120%. Cio' viene considerato il prerequisito affinché Atene possa tornare sul mercato dei capitali.

Per raggiungere questo obiettivo, i greci dovranno gradualmente ridurre il loro deficit di bilancio. Poiché i paesi dell'Eurozona concederanno 2 anni in piu', il piano della troika è stato sconvolto: i greci hanno bisogno di piu' denaro.  Gli economisti ipotizzano che per Atene siano necessari altri 30 miliardi.

Il ministro delle finanze Schäuble esclude un taglio del debito. I creditori pubblici come gli stati Euro avrebbero le mani legate, sostiene il ministro. Schäuble tuttavia non ritiene impossibile un riacquisto del debito greco, ma anche questa variante ha le sue insidie. Una panoramica sulle possibilità.

Atene riacquista il proprio debito

Il membro tedesco del direttorio BCE Jörg Asmussen propone che la Grecia riacquisti i propri titoli sul mercato. La soluzione non è semplice. I titoli greci sul mercato quotano meno del loro valore nominale: a fronte di un valore nominale di 100 €, sul mercato costano circa 30 €. La Grecia potrebbe quindi riacquistare a 30 € e ridurre il valore nominale di 100 €.

La questione tuttavia ha diversi punti critici: da un lato sui mercati vengono trattati solo i titoli dei creditori privati. In totale la Grecia ha circa 343 miliardi di Euro di debiti - di cui solo 65 miliardi verso i creditori privati. La parte di gran lunga piu' importante è nelle mani dei creditori pubblici: paesi Euro, BCE e FMI.

Secondo, il corso dei titoli aumenterebbe di colpo se la Grecia annunciasse un'azione del genere. Se tutti i creditori privati partecipassero e il corso dei titoli salisse da 30 a 50, il carico del debito si ridurrebbe di circa 30 miliardi di Euro. E' tuttavia alquanto improbabile che tutti vi prendano parte. Terzo, un riacquisto del debito potrebbe far tornare l'incertezza sui mercati e  causare problemi agli altri paesi in crisi. La proposta è di difficile attuazione.

L'ESM si accolla 30 miliardi di debito delle banche greche

La variante piu' economica sarebbe trasferire dallo stato greco al fondo ESM 30 miliardi di debito bancario. Con una tale operazione i debiti dello stato greco si ridurrebbero dello stesso valore.

La Germania ha tuttavia dichiarato la sua opposizione a una simile soluzione. La ragione è facile da capire: se le banche greche ricevessero denaro dal fondo ESM, Irlanda, Spagna o perfino la Francia potrebbero fare lo stesso con le loro banche.

Interessi piu' bassi per i crediti erogati fino ad ora.

I creditori pubblici potrebbero rinunciare ad una parte degli interessi promessi per i prestiti concessi. Se si assume che i creditori pubblici FMI, BCE e paesi Euro detengono debito pubblico per 282 miliardi di Euro, una riduzione degli interessi dell'1% per quest'anno porterebbe ad un alleggerimento di soli 2.8 miliardi di Euro. Considerando gli 8 anni residui si arriverebbe tuttavia ad una somma rilevante.

Finanziamento sul mercato dei capitali

Alcuni ipotizzano che la Grecia possa ottenere prestiti a breve scadenza sul mercato dei capitali. Cio' potrebbe pero' funzionare solo con l'aiuto della BCE. Per tamponare le esigenze di finanziamento a breve termine, la BCE in passato ha accettato come garanzia titoli greci con una durata fino a 6 mesi. Le banche greche, che avevano prestato denaro allo stato, erano quindi in condizione di rifornirsi di denaro presso la BCE. 

La BCE ha tuttavia limitato i titoli accettati. Se la Grecia nel lungo periodo si mantenesse a galla con l'aiuto della BCE, saremmo ai confini del finanziamento degli stati da parte della banca centrale.

Taglio del debito

L'ultima variante possibile sarebbe allora un taglio del debito. I creditori dovrebbero di nuovo rinunciare ad una parte del denaro prestato. L'interrogativo sarà allora se tutti i creditori vi prenderanno parte. La BCE l'ultima volta ha partecipato solo parzialmente. Già allora molti operatori di mercato avevano considerato questo comportamento in maniera critica. Se la BCE non fosse considerata alla pari degli altri creditori, l'efficacia del suo programma di acquisto dei titoli potrebbe venire meno.

L'obiettivo del programma di acquisto della BCE  consiste infatti nel ridurre il rendimento delle obbligazioni dei paesi in crisi. Se la BCE dovesse ricevere un trattamento di favore in un taglio del debito, ciò potrebbe causare una fuga degli altri investitori che inizierebbero a vendere  nel momento in cui la BCE interviene. Non è tuttavia da escludere che singoli paesi Euro possano rinunciare ad una parte dei loro crediti.

sabato 3 novembre 2012

La voce del padrone


Il capo economista di Deutsche Bank, David Folkerts-Landau, intervistato da FAZ, ci illustra il punto di vista del mondo finanziario tedesco sulla crisi Euro. Paura di restare con il cerino in mano?
Il capo economista di Deutsche Bank, David Folkerts-Landau, chiede che la Grecia resti nell'area Euro. Affinché  sia possibile, la Germania dovrà contribuire con un terzo pacchetto di aiuti.

FAZ: Herr Folkerts-Landau, quando è stato l'ultima volta in Grecia?

Folkerts-Landau: 5 settimane fa. Mi ha particolarmente colpito la dimensione dell'economia sommersa, e il suo funzionamento solo con pagamenti in contante. L'economia regolare si contrae, ed è sempre piu' difficile raccogliere denaro con la tassazione. I cittadini non credono piu' che le loro tasse saranno utilizzate correttamente.

FAZ: E' vero, come molti analisti avvertono, che una bancarotta e una successiva uscita della Grecia dall'Euro con effetto domino potrebbero causare una recessione mondiale?

Folkerts-Landau: La Grecia resterà nell'Euro. Non c'è il  rischio che possa mancare un sostegno sufficiente per mantenere la Grecia nell'Euro. Tutti sono d'accordo: l'uscita di un singolo paese dall'Euro cambierebbe radicalmente la natura dell'Eurozona: da una unione monetaria a un sistema di cambi fissi. Cio' porterebbe a nuove aggressioni verso i paesi piu' deboli. 

FAZ: Lei crede che l'acquisto di titoli da parte della BCE abbia un fondamento di politica monetaria, oppure si tratta di un finanziamento agli stati nascosto, attraverso il quale vengono tenuti bassi gli interessi?

Folkerts-Landau: Il motivo dell'OMT „Outright Monetary Transaction“-Programm, è tenere insieme l'Euro. Come del resto il presidente Draghi ha detto. Dal suo punto di visto, questo  drammatico passo era l'unico ancora a disposizione.

FAZ: La semplice possibilità di acquistare obbligazioni, sarà sufficiente ad abbassare i tassi di interesse? Oppure la BCE dovrà di fatto acquistare titoli?

Folkerts-Landau: Dobbiamo considerare che la determinazione della BCE sarà testata e la disponibilità ad acquistare titoli sarà messa alla prova.

FAZ: La Bundesbank ha criticato il programma duramente. Ora è isolata. La BCE può continuare ad ignorarla in questo modo?

Folkerts-Landau: Non c'è nulla di cui vergognarsi nell'essere isolati, se si è dalla parte della ragione. La Bundesbank è l'istituzione economica piu' importante in Germania, in molti decenni ha guadagnato una credibilità enorme. La BCE sta cercando di costruire un altrettanto elevato livello di credibilità. Se due rappresentanti di alto livello della Bundesabank, Axel Weber e Jürgen Stark, si sono dimessi per protesta verso la BCE, allora la situazione è davvero seria. Herr Draghi ha ripetuto che intende tenere insieme la zona Euro a tutti i costi. Ma il mandato BCE prescrive di difendere la stabilità dei prezzi. Un tale conflitto di obiettivi non sarebbe mai dovuto sorgere. Io non credo che l'OMT era l'unico modo per salvare l'Euro. Un programma della Troika per Italia e Spagna sarebbe stata la strada giusta, ma per questi paesi era politicamente impossibile. 

FAZ: Da piu' parti arrivano critiche alle politiche di austerity nei paesi dell'Europa del sud. Anche il FMI avverte che una politica di risparmio troppo dura colpirebbe duramente l'economia, tanto da rendere impossibile la riduzione del deficit. I paesi del sud dovrebbero alleggerire i programmi di risparmio?

Folkerts-Landau: No, non dovrebbero risparmiare meno, e dovrebbero soprattutto rafforzare le riforme strutturali. Il mercato del lavoro dovrebbe essere ulteriormente flessibilizzato, e le professioni liberalizzate. L'agenda 2010 puo' essere un esempio. C'è bisogno di maggiore competitività sul mercato delle merci. Le piu' importanti riforme restano quelle del mercato del lavoro. Assunzioni e licenziamenti devono essere piu' facili. Qualcosa si è fatto, ma meno di quanto necessario e di quanto possibile. In Italia la legge di riforma del mercato del lavoro è stata approvata, ma l'attuazione è molto lenta. La convinzione che attraverso le riforme strutturali si possa diventare piu' competitivi nei confronti della Germania e degli altri paesi, non si è ancora diffusa ovunque.

FAZ: Bisognerebbe dare alla Grecia piu' tempo per raggiungere gli obiettivi di bilancio?

Folkerts-Landau: Non ha alcun senso rendere ancora piu' dure le misure di risparmio fiscali. La Grecia è insolvente, nonostante i pacchetti di aiuto. La Grecia ha bisogno di piu' tempo, ma solo a condizioni molto rigorose. Se il programma di rientro viene prolungato, deve essere anche finanziato.

FAZ: La Germania deve finanziare un terzo pacchetto di aiuti?

Folkerts-Landau: Se si vuole mantenere l'Euro nella sua forma attuale, allora la risposta è si'. Le condizioni imposte dalla troika in Grecia sono già al limite di ciò che può essere politicamente realizzabile. La domanda difficile è: questo finanziamento quale forma deve assumere? Nuovi crediti oppure un altro taglio del debito, al quale anche i creditori pubblici dovranno prendere parte.

FAZ: Ma il governo federale è fortemente contrario, perché i contribuenti percepiranno per la prima volta delle forti perdite...

Folkerts-Landau: Allora sarà necessario mettere a disposizione nuovi crediti in breve tempo.

FAZ: L'economia greca si contrae ormai da anni, quanto durerà ancora la recessione?

Folkerts-Landau: La crescita in un paese con una grande economia sommersa non è facile da rilevare da un punto di vista statistico. La recessione dell'economia ufficiale potrebbe andare avanti ancora 3 o 4 anni. Ma questa non è una misura corretta, perché il settore sommerso è ormai già molto grande.

FAZ: Oltre alla Grecia, quali sono gli altri casi problematici in Europa?

Folkerts-Landau: Non si tratta di paesi singoli, si tratta piuttosto di un approccio globale. Il programma BCE di acquisto dei titoli è pronto ad entrare in funzione, ma il successo non è garantito. Al momento abbiamo una situazione con tassi estremamente bassi in America e Germania. Una ulteriore espansione della quantità di moneta non stimolerebbe la domanda. Nella maggior parte dei paesi industrializzati abbiamo ancora dei deficit molto alti ed un livello di indebitamento molto elevato. Nella migliore delle ipotesi in Europa nei prossimi 5 anni avremo un tasso di crescita molto basso, mentre le principali economie emergenti, senza troppi debiti, se la passeranno molto meglio.

FAZ: L'unione monetaria diverrà una permanente unione di trasferimento?

Folkerts-Landau: Ci sono 3 possibilità per risolvere la crisi, nata dalla diversa competitività e da un livello troppo alto di debiti. Primo: un'inflazione  piu' alta in Germania rispetto  agli altri paesi, per eliminare o ridurre le differenze di competitività. Secondo: trasferimenti, sia attraverso l'ESM, o i fondi strutturali EU o attraverso una ulteriore socializzazione degli obblighi degli stati, come ad esempio la ricapitalizzazione diretta delle banche spagnole. Terzo: riforme strutturali radicali nei paesi in crisi. Io ritengo che alla fine avremo una combinazione delle tre misure. Ma alla fine non potremo evitare una unione di trasferimento diretta o indiretta, se vogliamo tenere insieme l'Eurozona. Le persistenti differenze di competitività sono semplicemente troppo grandi.