mercoledì 28 novembre 2012

Appello alla cancelliera

Il deputato ribelle FDP Frank Schäffler scrive un appello alla cancelliera per fermare l'ennesimo salvataggio greco: stiamo andando verso una costosa unione di trasferimento. La maggioranza nero-gialla sempre piu' inquieta. Da Die Welt
Le politiche di salvataggio in Europa hanno portato ad una sfiducia reciproca. Se pensiamo che prestando denaro diventeremo dei benefattori, ci stiamo ingannando. Accadrà il contrario.


Sehr geehrte Frau Bundeskanzlerin,

ancora una volta noi membri del Parlamento ci troviamo a votare sugli aiuti alla Grecia. Molte cose sono successe dal primo salvataggio del maggio 2010. Nel frattempo le decisioni del Bundestag non sono piu' solo una prassi, ma sono diventate costituzionali. La Grecia sotto la guida della Troika ha  fatto progressi nel risanamento del bilancio, questo è innegabile. 

Ancora nel 2009 aveva uscite per quasi 125 miliardi di Euro. Per quest'anno sono previsti 98.5 miliardi di Euro, molto meno. Innegabile è anche il fatto che il programma di salvataggio è fallito: nel risanamento del bilancio pubblico greco non c'è stato alcun successo. 

Il deficit di bilancio era al 15.6 % nel 2009 e nel 2012 dovrebbe scendere intorno al 7%. La Grecia non è nemmeno vicina ai criteri di Maastricht. Quasi nulla è stato privatizzato. L'economia sta crollando, il tasso di disoccupazione cresce di un punto percentuale al mese. 

Nonostante il taglio del debito di marzo, il denaro promesso alla Grecia non basterà. Ci sarà bisogno di molti piu' soldi. Con la decisione sui nuovi prestiti alla Grecia, diamo una valutazione anche su cosa nei salvataggi è andato bene e cosa invece no.

La crisi suscita diffidenza

La politica di salvataggio ipotizzava di superare le crisi di finanziamento con dei prestiti, in modo da poter sfruttare il tempo guadagnato per fare le riforme richieste dall'esterno. Questo approccio soffre di un errore fondamentale: voler sostituire attraverso un accordo politico l'incentivo al consolidamento determinato dagli alti tassi.

L'applicazione di questi accordi politici dà ad una parte il ruolo del supervisore e all'altra quello dello scolaro svogliato. Il denaro prestato ci trasforma da buoni vicini di casa in creditori e debitori. Questo conduce ad una sfiducia reciproca. Mai dalla fine della seconda guerra mondiale ci si era offesi in questo modo l'uno con l'altro come dall'inizio della missione della Troika.

E questo dovrebbe preoccupare soprattutto noi tedeschi. Non siamo percepiti come dei salvatori accorsi in aiuto, ma come una forza che vuole danneggiare gli stati indebitati a proprio vantaggio. 

Una politica di umiliazione

Stiamo mentendo a noi stessi se con i prestiti crediamo di diventare dei benefattori. E' vero il contrario: sullo zuccherino dei crediti a tassi agevolati sbatte la frusta della Troika, con la quale stiamo spingendo per l'attuazione dei programmi di adeguamento. Questa è una politica di umiliazione.

Come ci sentiremmo noi tedeschi, se fossimo costretti a votare un governo, fino a quando questo non è in grado di implementare determinate condizioni? E in quanto parlamentari come ci sentiremmo, se non potessimo definire il contenuto delle leggi da noi votate?

I parlamenti dei paesi in crisi sono stati privati dei loro diritti. Non è un errore pensare ad una minaccia alle istituzioni democratiche. In Grecia l'estrema destra è il terzo partito, l'estrema sinistra il secondo partito.

La strada verso una unione di trasferimento illimitata

Sarebbe necessaria l'onestà anche nelle premesse non scritte della politica di salvataggio: se l'Euro è irreversibile, allora la presunta condizionalità degli aiuti non è vera.  Se gli aiuti si fermassero, la Grecia uscirebbe immediatamente dall'Euro. Chi considera l'Euro irreversibile, allora sarebbe disposto a finanziare in maniera illimitata la Grecia, e gli altri paesi in crisi.

Sotto le premesse dell'irreversibilità dell'Euro, non ci sarà fine ai trasferimenti verso la Grecia o verso ogni altro paese - non importa se i requisiti siano soddisfatti o meno. Onestà significa anche affermare chiaramente che questa è la strada verso una unione di trasferimento illimitata.

Grandi rischi per la stabilità monetaria

Si dovrebbe allora spiegare all'elettore che la presunta politica di salvataggio in ultima analisi ci porterà ad una unione di trasferimento e del debito. E' molto piu' vicina ai desideri socialdemocratici che non ai nostri ideali di politica economica. Dobbiamo denunciare pubblicamente anche la strumentalizzazione della politica monetaria ai fini fiscali.

Le dimensioni dei fondi di salvataggio non saranno sufficienti per garantire i debiti dei paesi sotto copertura e della Spagna. E' solo una questione di tempo: il Bundestag sarà chiamato a decidere sull'acquisto di titoli sul mercato primario, affinché la BCE possa agire sul mercato secondario.

Dovremmo pero' dire all'elettore: ogni economista onesto vede nell'acquisto di titoli da parte della BCE un grande pericolo per la stabilità monetaria. I nostri risparmi oggi sono messi in pericolo! Anche le pensioni non sono al sicuro!

Non dobbiamo sottovalutare gli elettori

Non dovremmo fare l'errore di credere che l'elettore non conosca questi pericoli. Come politici, non dovremmo sottovalutare i nostri elettori, oppure considerarli naive. Molti hanno già percepito il livello di pericolo per le istituzioni democratiche, la nostra reputazione e il nostro denaro.

Il successo elettorale non deve essere basato sul calmare queste preoccupazioni in maniera paternalistica o sull'occultamento delle informazioni. Gli elettori vogliono parole chiare. Pertanto dovremmo ammettere: 

non esiste piu' una soluzione facile per la crisi. Abbiamo solo la scelta fra una soluzione dolorosa e costosa e un'altra catastrofale.

Dovremmo consentire alla Grecia di uscire

Il tentativo di superare una crisi di debito sistemica, creando nuovo debito, finirà con una catastrofe. Questo è il passo verso un socialismo del debito. Una economia sana non puo' essere basata sul debito, piuttosto ha bisogno di un rapporto sano fra debiti e capitale proprio.

Dovranno percio' essere possibili i fallimenti - di stati e banche. Dovremmo consentire alla Grecia di uscire, affinché si possa ottenere una Eurozona in grado di respirare, dove il divieto di bail-out viene applicato.

Per l'Europa abbiamo bisogno di un ritorno ad una responsabilità dei singoli paesi sul bilancio. Cio' è doloroso, ma almeno non catastrofico. In caso contrario, il downgrade del rating non minaccerà solamente la Francia, ma anche la Germania.

Abbiamo bisogno di una cultura del risparmio

Signora Cancelliera, se questa è una crisi di debito, la nostra risposta dovrebbe essere una cultura del risparmio. Se andiamo avanti così, avremo solo ricchezza apparente costruita sulla sabbia. Il castello di carte crollerà. Dovrebbe prendere ad esempio il suo predecessore Ludwig Erhard, il padre del nostro sistema di mercato. 

Nel 1963 a Stoccolma disse :" Guai a chi crede che l'Europa possa diventare un governo centralizzato, o che la si possa mettere sotto un'autorità piu' o meno centrale. No - questa Europa ha il suo valore anche per il resto del mondo nella sua diversità, nella varietà e nella raffinatezza della vita".

martedì 27 novembre 2012

Bofinger: senza un cambio di strategia l'Euro non sopravviverà


Bofinger, membro del Consiglio dei saggi economici, sulle pagine della euroscettica Wirtschaftswoche lancia un appello: o si fa l'unione politica oppure con l'Euro è meglio lasciar perdere.
La zona Euro si trova in una situazione di calma apparente. La disponibilità della BCE ad acquistare titoli di stato in misura illimitata ha stabilizzato i mercati e scongiurato il rischio di una rottura. Ma i problemi di fondo non sono stati affrontati.

Con le politiche di risparmio non si esce dalla crisi Euro. E' necessario un salto in avanti verso una politica fiscale comune. Se non si riuscirà a farlo, allora il ritorno alle valute nazionali sarà un'opzione possibile. L'intera zona Euro potrebbe scivolare in recessione, e questa volta anche i paesi centrali come Francia e Germania sarebbero coinvolti.

Naturalmente ci sono anche luci. I disavanzi delle partite correnti si sono ridotti in tutti i paesi in crisi: in parte per la riduzione delle importazioni causata dalla congiuntura negativa, ma in parte anche per la crescita dell'export. Il miglioramento della competitività ci porterà ad un successo duraturo solo se la zona Euro nel suo complesso tornerà su un sentiero di crescita.

Politiche economiche procicliche conducono alla   recessione

Secondo ogni legge economica, se tutti i paesi membri continueranno sulla strada dell'austerità non potremo avere alcun successo. Sebbene già ora la zona Euro si trovi in una recessione profonda, per il 2013 è prevista una ulteriore riduzione del disavanzo corretto per il ciclo di un punto percentuale. Una tale politica prociclica ci porta sempre piu' a fondo nella recessione facendo crescere il tasso di disoccupazione oltre il già alto 11.7% attuale. La condizione delle banche peggiorerà, come quella delle finanze pubbliche.

Anche per la competitività le prospettive non sono buone: il capitale umano dei disoccupati sarà svalutato, gli investimenti privati e pubblici si ridurranno. In definitiva, il tentativo di alcuni paesi di tornare competitivi con una riduzione dei salari, causerà una tendenza deflazionistica che accrescerà ulteriormente i problemi di indebitamento del settore privato.

Una politica fiscale espansiva ha aiutato gli Stati Uniti

Che questi sviluppi siano evitabili lo dimostra l'esempio americano. Li' con una politica fiscale espansiva sono riusciti a stabilizzare il mercato immobiliare, e il settore privato ha potuto rimettere a posto i bilanci provati dalla crisi. In quale condizione si troverebbe l'economia americana e quella mondiale, se il deficit di bilancio americano non fosse intorno al 9%, ma vicino al 3% come nella zona Euro?

Senza un cambiamento fondamentale di strategia l'Euro nei prossimi anni non sopravviverà, né economicamente né politicamente. L'unione monetaria ha solo una possibilità: i paesi membri dovranno considerare la crisi come una sfida comune e non come una somma di differenti deficit di competitività. Una prospettiva comune imporrebbe di posticipare le misure di risparmio fino al superamento della recessione. Nel frattempo, deficit piu' alti dovrebbero essere finanziati collettivamente.

Un tale cambiamento di strategia non dovrebbe essere considerato un assegno in bianco per una politica di bilancio lassista. Piuttosto inserito all'interno di un accordo fra i paesi membri per creare le condizioni verso una ulteriore integrazione politica.

A livello europeo dovrebbero essere preparati meccanismi efficaci per disciplinare la politica fiscale nazionale. In concreto, si dovrebbe pensare ad un Ministro delle finanze europeo legittimato dal Parlamento Europeo, con il compito di verificare che le politiche fiscali della zona Euro siano adeguate alla congiuntura. E che allo stesso tempo abbia diritti di intervento verso i paesi con politiche fiscali non virtuose. 

Meglio una fine orrenda, che un orrore senza fine

Un tale cambiamento di strategia richiede molto coraggio. Se  il percorso verso una maggiore integrazione non lo si ritiene realizzabile politicamente, ci si dovrebbe allora chiedere se non sia preferibile una ordinata dissoluzione dell'unione monetaria. Questo per l'economia tedesca significherebbe ingenti perdite di competitività in termini di prezzo.

Ma una profonda recessione della zona Euro avrebbe conseguenze economiche ancora piu' gravi per la Germania. Politicamente, le garanzie crescenti necessarie per gli altri paesi sarebbero un rischio aggiuntivo. E un tale "orrore senza fine" alla fine condurrebbe ad una dissoluzione volontaria o involontaria dell'Euro.

Politicamente l'Euro si trova oggi nel mezzo di un tunnel molto lungo. Se non vogliamo che resti in questa posizione scomoda, ci sono solo due possibilità. La politica deve cercare la via d'uscita che dall'unione monetaria porta all'unione politica. Ma se per fare questo manca la forza o il coraggio, si dovrebbe allora riflettere se non sia meglio tornare verso l'ingresso, vale a dire verso il mondo delle monete nazionali. 

venerdì 23 novembre 2012

Saggi poco saggi

Su Die Zeit un'altra riflessione sulla relazione del Consiglio dei Saggi economici : pensare solo agli interessi tedeschi non ci porterà lontano. Dieter Wermuth, Die Zeit
L'Euro è il tema principale del'ultimo rapporto annuale del Consiglio degli Saggi economici. Dati gli enormi rischi economici e politici legati ad un suo fallimento, non poteva essere diversamente. Di unione monetaria ne esiste una sola e gravi mancanze ne minacciano la sopravvivenza. Per questa ragione il Consiglio fa delle proposte per la creazione di un ambito istituzionale razionale ed economicamente sostenibile. 

I Saggi nel loro rapporto temono che misure provvisorie, come quelle della BCE, anche se dettate dalla difficoltà della situazione, possano  diventare istituzioni stabili che permetteranno ai paesi membri di non agire per l'eliminazione dei deficit strutturali. Per loro c'è il rischio che i paesi in crisi possano evitare le necessarie riforme. Il Giappone con le sua crisi bancaria e il problema del debito pubblico, è l'esempio pauroso da evitare.

Per quanto riguarda la Germania, i Saggi individuano le priorità da seguire e gli argomenti connessi. Nessuna traccia di euroromanticismo. Piuttosto una consapevole insistenza sul fatto che ogni paese deve fare i propri compiti a casa. Ci potranno essere aiuti solo e se le condizioni di base saranno soddisfatte. Chi dovrà garantire per i debiti altrui, dovrà avere il diritto di controllarne la politica. In piu' punti della relazione si sottolinea: garanzia e controllo dovranno essere legate. E' il loro leitmotiv.

Il governo, con il documento dei Saggi, ha una dettagliata e argomentativa serie di temi da utilizzare nelle negoziazioni con gli altri paesi. Vogliamo questo e quello, e vi diciamo anche perché. La relazione dei Saggi si concentra sugli interessi dei contribuenti e dei risparmiatori tedeschi e ipotizza che cio' nel lungo periodo possa essere utile anche agli altri paesi. Dal punto di vista della teoria dei giochi è ipoteticamente giusto: essere il primo a formulare una richiesta, in modo che i paesi partner si trovino sulla difensiva e siano obbligati a concessioni piu' grandi di quanto non si aspettino.

Dal mio punto di vista, invece, viene rimosso il fatto che la Germania, dopo aver risolto negli ultimi 10 anni importanti problemi strutturali, ora ha l'obbligo di stabilizzare l'Euro affinché possa ottenerne vantaggi anche per la propria crescita economica. Anche gli interessi tedeschi vanno in questa direzione. Secondo le previsioni dei Saggi, inoltre, il PIL reale tedesco nel prossimo anno crescerà piu' lentamente del suo potenziale. 

Vorrei a questo punto ribadire ancora una volta che non esistono dei mezzi perfetti per misurare il tasso di crescita potenziale di un paese. Da un lato, secondo il Consiglio, la crescita potenziale dovrebbe essere solo dell'1.1%. Dopo che la crescita media del PIL reale nei 10 anni precedenti il 2008 è stata dell'1.7%. Piu' basso è il tasso potenziale di crescita, minore sarà il gap fra quello che viene prodotto e cio' che potrebbe essere prodotto senza tensioni inflazionistiche. Chi vuole impedire che la politica economica intraprenda un corso espansivo, ha interesse a mostrare che vi è una piena occupazione. Il consiglio da tempo riduce i gap di output e in questo modo nega la necessità di un'azione di politica economica.

Io credo invece che la crescita potenziale ora come prima potrebbe essere fra l'1.5 e il 2%. Perchè? Il tasso di crescita è costituito dal trend di crescita dell'occupazione e dal trend di crescita della produttività del lavoro. Le ore di lavoro prestate, rimangono all'incirca invariate (mentre la crescita tendenziale degli occupati è di mezzo punto all'anno, fatto che riflette il continuo calo della media delle ore lavorate). Nei 10 anni fino al 2008 la produttività per ora è cresciuta dell'1.7 %. Perchè negli ultimi anni ci dovrebbe essere stato un crollo? Nel complesso, il potenziale di crescita dovrebbe essere fra l'1.5 e il 2%. In altre parole, io sono convinto che l'economia tedesca opera ampiamente al di sotto del suo potenziale di crescita, rispetto a quanto indicato dal consiglio.

Anche i bilanci in pareggio delle amministrazioni pubbliche confermano che esiste un ampio spazio per una politica fiscale espansiva. Non abbiamo bisogno di una nuova rottamazione auto, ma perché non spendere piu' denaro per un'istruzione migliore, per le infrastrutture comunali, per l'ambiente o per il nostro futuro? Se il settore privato è cosi' incerto come lo è oggi e riduce le sue spese, è compito dello stato riempire una parte degli spazi lasciati vuoti. Ma il consiglio non entra nei particolari e ribadisce: le capacità sono pienamente utilizzate.

Il fatto che una crescita piu' forte in Germania aiuterebbe i paesi in difficoltà, nella cosiddetta periferia, ad esportare di piu' e quindi a ridurre i loro debiti, nella relazione non viene affatto tematizzato. Ma il debito potrà essere ridotto solo con un reddito aggiuntivo e quindi con una bilancia delle partite correnti attiva. Non si capisce perché nel nostro paese, proprio nella situazione attuale di crisi, dobbiamo vivere al di sotto delle nostre possibilità. L'avanzo delle partite correnti, che ne è una misura, quest'anno non sarà inferiore ai 170 miliardi di Euro, vale a dire il 7% del PIL nominale! Ma i creditori devono fare massima attenzione: i debitori per poter andare avanti devono avere un reddito. Siamo i campioni mondiali del risparmio - e gli altri dovrebbero emularci. Dov'è la logica?

Non da ultimo la nostra economia approfitta in maniera sproporzionata della fuga di capitali dai paesi in crisi, come del resto della politica espansiva della BCE. Il governo federale per i titoli a breve non paga quasi nessun interesse; i tassi reali su tutte le scadenze sono negativi. La caduta della spesa per interessi è una delle ragioni principali, per cui lo stato - secondo i miei calcoli - sta ottenendo degli avanzi di bilancio strutturali. Poiché i tassi sono scesi verso il basso, anche il settore privato può indebitarsi a tassi molto bassi. I paesi in crisi in questo modo stanno stimolando la congiuntura tedesca. L'Euro debole, una conseguenza della crisi, sta facendo il resto. Anche su questo il Consiglio dei saggi ha un'altra opinione.

In generale sarebbe un bene per noi e sarebbe nel nostro interesse, se si puntasse su piu' crescita e in questo modo su un aumento delle importazioni. Purtroppo questo non è un tema condiviso dal Consiglio degli esperti: loro hanno già mostrato su basi scientifiche che siamo vicini alla piena occupazione. Di conseguenza deficit pubblici piu' alti sono un tabu': ci porterebbero rapidamente all'inflazione galoppante e all'esproprio del risparmiatore. Ma se tutti vogliono risparmiare e nessuno vuole investire, non si puo' risparmiare. E' così semplice, da darsi la zappa sui piedi. Non basta chiedere ai paesi in crisi una politica di risparmio ambiziosa e riforme profonde del mercato del lavoro, del sistema sociale, delle tasse e della competitività, se si spinge verso il basso per un lungo periodo la propria domanda interna. Ci dovranno pertanto essere dei corrispondenti avanzi delle partite correnti. Solo in questo modo questi paesi potranno ridurre i loro debiti.

Pensare solo ai nostri interessi nell'unione monetaria non ci porterà lontano. Credo tuttavia che nel corso dei prossimi mesi, durante le negoziazioni europee alcune proposte dei Saggi finiranno per essere annacquate. Ad esempio il rifiuto di un'assicurazione centrale sui depositi, la separazione della politica monetaria e del controllo bancario, o la richiesta che la politica fiscale resti una questione nazionale, perché a quanto pare nessun paese vuole rinunciare alla propria sovranità nazionale.

mercoledì 21 novembre 2012

Flassbeck: Germania drogata di export

Heiner Flassbeck, grande economista tedesco, dalle pagine del Financial Times Deutschland attacca il modello economico basato sull'export. O la Germania aumenta la domanda interna, o presto ci troveremo nei guai. Il ramo inizia davvero a scricchiolare? Dal FTD.de
Se i paesi in crisi aumenteranno la loro competitività come sperato, l'export tedesco crollerà. Solo la domanda interna ci potrà ancora sostenere. Incredibile che il Consiglio dei saggi economici nella sua relazione annuale abbia lasciato da parte questo tema.

Eurolandia è in recessione. I Saggi economici (Sachverständigenrat zur Begutachtung der gesamtwirtschaftlichen Entwicklung), nella loro ultima relazione, devono aver pensato che forse è meglio non riportare i dati sulla difficile situazione europea. Quello che non so, non mi puo' far male! In verità i Saggi sono riusciti a nascondere il gigantesco avanzo delle partite correnti tedesco, pari a 150 miliardi di Euro nel 2012. Nelle 390 pagine della relazione, incluse le tabelle, questo dato non si legge da nessuna parte. La relazione inoltre non dice che la piccola crescita attesa per quest'anno (0.8 %) sarà generata esclusivamente da questo avanzo - poiché il contributo della domanda interna sarà nullo! Ma è chiaro e pacifico: anche quest'anno i partner commerciali della Germania accumuleranno altri 150 miliardi di debito. Ma il Consiglio degli esperti non ha il coraggio di spingersi fino a questo punto - perché la Germania senza la droga dell'export non riuscirebbe a sbarcare il lunario.

Detto senza mezzi termini: ci si doveva chiedere, come farà la Germania a crescere se il processo di aggiustamento nel sud Europa andrà avanti e i paesi del sud aumenteranno gradualmente la loro competitività? Perfino Frau Merkel ha annunciato in tempi recenti: il costo per unità di prodotto in alcuni paesi sta scendendo, ci sono buone ragioni per sperare. A cosa dovrebbe servire una riduzione dei CLUP  se non alla riduzione dei prezzi e al raggiungimento di un avanzo commerciale con l'estero? Se i paesi in crisi dovessero ridurre i loro deficit, allora il piu' importante paese esportatore non potrà contemporaneamente mantenere i suoi avanzi. A meno che non si trovi nel mondo un paese disponibile ad accettare una posizione di deficit con  un'Eurozona fortemente in attivo. Un paese del genere, come dimostrato dalle recenti discussioni nel G20, purtroppo ancora non esiste.

Di conseguenza una riduzione dell'enorme avanzo tedesco è inevitabile. E il contributo al PIL proveniente dall'estero dovrà necessariamente scendere. Se la Germania vuole avere ancora crescita e piu' posti di lavoro, dovrà superare lo scoglio del contributo negativo alla crescita dato dal commercio estero. Ma cosa potrebbe succedere ad un paese per il quale il Consiglio di Saggi prevede un avanzo con l'estero invariato, una buona situazione del mercato del lavoro, un aumento delle retribuzioni del 2% e una crescita del reddito disponibile complessivo del 2.5%? E questo con un aumento dei prezzi al consumo dell'1.8%? La risposta è semplice: non può funzionare.

Per poter sostenere l'effetto negativo della riduzione delle esportazioni sul lungo periodo, in Germania la domanda interna, vale a dire consumi e investimenti, dovrebbe crescere ad un tasso completamente diverso da quello attuale. Per stimolare i consumi, i redditi delle famiglie private dovrebbero crescere molto piu' di quanto è accaduto nell'ultimo decennio. Se i salari crescessero ad esempio del 5% annuo per i prossimi 10 anni, i settori che producono per  il mercato interno riceverebbero un forte stimolo e potrebbero attrarre investimenti. Con l'aiuto degli investimenti pubblici si potrebbe avere un aumento della produttività chiaramente superiore all'1.5%, che negli ultimi anni è stato la norma. Anche in termini reali si avrebbe un aumento della domanda interna. Nonostante il contributo negativo esterno, si avrebbe una crescita rimarchevole con la creazione di nuovi posti di lavoro.

Si obietterà che questo è irrealistico perché i sindacati sono deboli e la disoccupazione ha già ripreso a crescere. Bisognerebbe solo non dimenticare che è lo stato ad aver reso deboli i sindacati. Se la politica economica comprendesse il problema, si potrebbero avere accordi salariali ragionevoli senza aiuti o interventi. Se non lo si vuol fare, non resta che lo stato: con piu' spesa pubblica e investimenti potrebbe ancora salvare la congiuntura tedesca. Ma questo è vietato dalle leggi sul contenimento del debito pubblico (Schuldenbremse). Contare su una autonoma ripresa degli investimenti delle imprese, invece, è fuori dal mondo.

Da molti anni le imprese tedesche si sono sorrette con i grandi profitti provenienti dall'export. Profitti finiti piu' spesso in banca, che in investimenti o immobilizzazioni. In ogni caso non si è investito a sufficienza per tenere abbastanza alta la domanda interna. Perché questo dovrebbe cambiare in maniera radicale proprio ora che la domanda esterna sta crollando? E' palese: senza la droga degli avanzi commerciali con l'estero, la Germania non ha un modello economico plausibile.

Tra l'altro, il comitato di saggi (Sachverständigenrat zur Begutachtung der gesamtwirtschaftlichen Entwicklung) era stato fondato per sviscerare i pro e i contro sulle questioni vitali dell'economia. Ora invece sembra non pensare piu' e spreca il suo tempo  e il suo denaro concentrandosi su stretti ambiti settoriali, dove puo' esercitare le sue preferenze ideologiche senza dovere andare incontro a grandi difficoltà argomentative. Che il numero piu' importante dell'anno, un avanzo commerciale di 150 miliardi di Euro, venga nascosto sotto il tavolo, è solo un danno collaterale che a quanto pare non scandalizza nessuno.

martedì 20 novembre 2012

Arrivano i russi!


Ce l'hanno detto piu' volte: la Grecia non puo' uscire dall'Euro perché finirebbe sotto l'influenza russa. I russi nel frattempo sono arrivati lo stesso, per approfittare di un paese in vendita. Die Zeit ci racconta gli interessi russi in Grecia.
Gli investitori russi si sono lanciati sulla Grecia. Non stanno comprando solo hotel, ma vogliono crescere anche nel mercato dell'energia. L'EU è scettica.

Questa sera gioca il campionato greco. Ma stasera giocano anche i russi: a Thessaloniki siede in tribuna Iwan Ignatjewitsch Sawidis. Un oligarca russo.

Sulla sedia è inquieto, fino a quando il PAOK Thessaloniki non saluta i fan con un combattuto 1:0. PAOK è il suo club. Tre mesi fa ha comprato la maggioranza del tradizionale club greco. 

Dopo la partita Sawidis ci porta nel suo ufficio direttamente sotto la tribuna. Un uomo piccolo, tarchiato, ma in forma. Il russo indossa capi firmati, una giacca in pelle, jeans, scarpe firmate, e porta una barba grigia di 5 giorni. Non gli interessano scambi di cortesie troppo lunghi e si siede subito al tavolo: "iniziamo".

A Mosca, nella sua città, il 53enne è il piu' facoltoso russo di origini greche. Un uomo d'affari di Rostow, che negli anni '80 iniziando come impiegato in una fabbrica di tabacco è diventato presidente del gruppo Agrokom. Oggi la fabbrica di tabacco e l'azienda per la lavorazione della carne appartengono a sua moglie, mentre Herr Sawidis si concentra sulla politica e sugli affari esteri.

Per i russi la crisi greca è una grande opportunità. A Cipro da quasi 20 anni investono in grande stile, e ora si rivolgono al paese vicino, dove file di fabbriche e immobili sono in vendita. Per l'investitore Sawidis la Grecia è una "questione altamente emozionale", un paese che vuole aiutare a tornare profittevole. Il paese baciato dal sole nel sud, gli offre il perfetto "equilibrio fra affari e salvezza dell'anima". Non ha investito solamente nel calcio, ad esempio anche nel restauro di alcune chiese.

Impegno e tradizione

E' un impegno per la tradizione. In passato la Russia ortodossa si considerava il difensore dei greci ortodossi contro il preponderante impero ottomano. Il primo presidente della Grecia indipendente, Ioannis Kapodistrias, prima del 1827 era un segretario di stato per la politica estera al servizio degli Zar. Ad Atene c'era anche un "partito russo" che si batteva per un legame piu' stretto con S. Pietroburgo. Molti greci sono emigrati in Russia e hanno fatto carriera.

Iwan Sawidis, il russo di origini greche, è stato per diversi anni alla Duma con il partito Russia Unita di Putin. Conosce bene il presidente russo e critica il fatto che tutte le decisioni importanti oggi vengano prese nella EU. E che siano determinate dalla Germania. "Cio' ha ha fatto molti danni alla Grecia", ci dice. Al contrario la Russia vuole proteggere la Grecia, dice Sawidis. E la Russia ha molto da offrire.

Che cosa? "Neve e gelo", dice sorridendo. "Oltre a petrolio, gas e molto denaro".

In Grecia l'industria energetica di stato è in vendita. Sotto pressione della EU il governo ha dovuto vendere il pacchetto azionario di maggioranza del fornitore di gas DEPA, nella rete di gas Desfa e la partecipazione nell'azienda petrolifera Hellenic Petroleum (Elpe). I russi insieme ai giapponesi, agli italiani e agli azeri sono fra i principali offerenti.

Gazprom è già da tempo nel business greco. Sono stati i russi a costruire l'oleodotto dalla Bulgaria in direzione sud verso Atene. Oggi il monopolista russo gestisce tre quarti dell'import di gas greco.

Ma la quota russa, a causa dell'import dall'Azerbaigijan e dall'Iraq del nord rischia di essere ridotta. Gazprom potrebbe pero' impedirlo, attraverso l'acquisizione di Depa e se possibile anche con l'acquisto della rete del gas.

Qui è il problema: da un lato la EU e la BCE vorrebbero una rapida privatizzazione delle aziende di stato, per ridurre il debito di Atene. Dall'altro lato, gli europei in questo modo potrebbero regalare ai russi il controllo dell'industria energetica greca. Avremmo allora una seconda piattaforma russa offshore, una seconda Cipro.

La commissione EU da tempo si batte contro la strategia di espansione di Gazprom in Europa. Dall'estate sta indagando sul continuo abuso di posizione dominante di Gazprom nell'Europa dell'est.

In questo processo la commissione può imporre sanzioni oppure bloccare l'acquisto di ulteriori società energetiche. Gazprom deve percio' muoversi con tatto. Una soluzione possibile per i russi potrebbe essere un'alleanza con una società energetica europea. Contro un eventuale investimento congiunto ad esempio degli italiani con i russi, anche Brussel non potrebbe fare molto.

Le conseguenze andrebbero molto oltre la Grecia. Se l'Azerbaijan volesse portare il gas verso l'Europa attraverso la Turchia e l'Italia, la rete del gas greca sarebbe una parte di questa infrastruttura. Gazprom entrerebbe in questo affare volentieri. Le presunte riserve di gas nel Mediterraneo, intorno alla Grecia, potrebbero diventare in futuro una importante fonte di reddito. E davanti alle isole dello Ionio sono già iniziate le perforazioni. Anche a Creta e nel Mediterraneo dell'est potrebbero trovarsi altri giacimenti di gas. Un pezzo molto pregiato per gli acquirenti stranieri è la Hellenic Petroleum. L'azienda petrolifera controlla circa i due terzi della capacità di raffinazione greca e il 15% delle stazioni di servizio greche. Le raffinerie greche riforniscono i paesi del Mediterraneo, che come la Libia hanno molto petrolio, ma non abbastanza raffinerie, e le flotte degli stati Nato.

A quale velocità i russi possano colpire, lo mostra in questi giorni la penisola di Chalkidiki nella Grecia del nord. Diversamente dalla Spagna o dall'Italia, in Grecia molte spiagge non sono state ancora accerchiate dal cemento. Qui si è costruito poco - o per niente.

Sulla superstrada da Thessaloniki a Chalkidiki ci sono grossi cartelli pubblicitari esclusivamente in lingua russa: "la vostra casa sul mare! Agenzie immobiliari e notai di lingua russa sono a vostra disposizione". La strada attraversa pinete, campi di grano e coste di una bellezza mozzafiato. Le agenzie immobiliari greche sanno bene che qui si potrà ancora costruire e vendere molto.

"I russi sono innamorati di Chalkidiki", ci dice l'agente Georgios Varelas della società Remax. "I monaci del Monte Athos sono qui vicino, con il loro monastero russo. Per loro qui è come essere a casa". Molti russi arrivano come turisti. Il numero dei visitatori russi in Grecia dal 2005 si è quadruplicato raggiungendo il milione all'anno.

I russi acquistano hotel

La vacanza ti fa venir voglia di qualcosa di piu' di una semplice camera in affitto. I russi facoltosi vorrebbero comprarsi ville e palazzi sulla spiaggia, ci dice Varelas. E ancora di piu': poco tempo fa l'hotel Potidea Palace se lo è aggiudicato un investitore russo per 13 milioni di Euro. Il Portes Beach Hotel se lo è aggiudicato un altro russo per 10 milioni di Euro. In tutta la Grecia al momento ci sono 1.200 Hotel in vendita.

Spiagge, hotel, aziende energetiche, reti del gas, ferrovie dello stato, porti, aeroporti - la Grecia non era mai stata in vendita in questo modo.

A questo si aggiunge la fretta di privatizzare le aziende di stato per risanare il bilancio pubblico. Il primo ministro conservatore Samaras, con il suo viaggio a Mosca ha avuto successo: è stato accolto come un amico. I russi consideravano il precedente capo di governo socialista Giorgos Papandreou, che parla meglio l'inglese del greco, troppo filoamericano, soprattutto sulle questioni degli oleodotti. Dal punto di vista russo, un nuovo meeting con Putin è necessario.

Anche con Samaras non sarà però cosi' facile: ha studiato in America e durante la sua breve presidenza ha già incontrato 2 volte a Berlino Angela Merkel . 

In generale i greci vedono gli investimenti russi nel loro paese in maniera positiva. Il numero degli studenti russi è in crescita. In questi giorni il film "Gott liebt Kaviar" riempie i cinema: è la storia di un conte russo con origini greche di nome Iwan Varvakis trasformatosi in un generoso eroe del Mar Nero.

Dopo la partita Sawidis dà un paio di suggerimenti ai greci: fate attenzione all'EU! Nessuno poteva tenere il passo con la super tecnologica Germania. Certo non i greci. Con i tagli imposti negli ultimi anni, la EU in Grecia ha commesso dei crimini. Sawidis dice di aver pregato il presidente Putin di non ignorare la crisi e di visitare il paese. Putin è credente e ortodosso. "Non potrebbe fare a meno di amare la Grecia".

L'oro del Club Med


WirtschaftsWoche rilancia un tema molto caro ai conservatori: oro e garanzie reali a copertura dei crediti Target della Bundesbank. Frank Doll
Saldi Target Bundesbank in ottobre a 719.35, +23.8 miliardi rispetto a settembre www.querschuesse.de
I tedeschi sarebbero molto piu' tranquilli se la Bundesbank potesse ricevere in pegno l'oro dei paesi periferici.

Visto che gli investitori privati sono entrati in sciopero, le banche centrali dei paesi Euro sono intervenute per finanziare i deficit delle partite correnti delle loro economie. In questo modo hanno generato giganteschi crediti nei confronti delle loro banche nazionali. Al contrario, presso le altre banche centrali, prima di tutto quella tedesca, attraverso il sistema di pagamento Target 2 si sono costituiti enormi crediti. Questi in agosto hanno raggiunto la cifra record di 751 miliardi di Euro.

In maniera un po' prematura, in settembre, il rientro a 695 miliardi dei saldi Target della Bundesbank, era stato considerato un indizio della rinnovata fiducia degli investitori e del loro ritorno in forza verso il sud Europa. Ma già in ottobre i crediti della Bundesbank  sono tornati a 719 miliardi di Euro. La fuga di capitali dal sud Europa è continuata e la BCE ha colmato il gap di finanziamento. I crediti Target 2 della Bundesbank nei prossimi anni potrebbero salire fino a 2.000 miliardi di Euro, secondo una stima del FMI.

I tempi d'oro sono passati.

Ai tempi del gold standard non sarebbe stato possibile: allora la Bundesbank avrebbe ricevuto un pagamento in oro dai paesi in deficit.  Tuttavia le loro riserve ufficiali di oro, valutate al prezzo corrente, coprono solo il 27 % dei quasi 1000 mille miliardi di passività Target 2.

Nonostente ciò, la maggioranza dei tedeschi sarebbe molto piu' tranquilla se la Bundesbank ricevesse in garanzia l'oro della periferia, invece di dover vendere le proprie riserve e accettare in bilancio obbligazioni del Club Med. Messa in questo modo, potremmo anche affondare l'oro dei tedeschi nell'Atlantico, proprio come suggerito da "Die Zeit".

domenica 18 novembre 2012

Bulli e balle


Angelina ha un problema: dopo aver bullizzato gli eurodeboli dovrà spiegare ai suoi elettori che i salvataggi sono stati un fallimento e che il denaro prestato non tornerà. Ma ha bisogno di tempo, fino alle prossime elezioni. Un commento da Die Zeit.
La Troika non ha ancora trovato un accordo su come aiutare Atene. Non servirà insistere sui principi. Quanto piu' si aspetta, tanto piu' costosi saranno i salvataggi.

Il tuo cuore non deve essere freddo verso tuo fratello, si legge nel Deuteronomio: e si proclamò un giubileo del debito. Nella rinuncia biblica dei creditori c'è una storia di grande forza narrativa: la storia di un nuovo inizio per il bene comune.

Si potrebbe argomentare in questo modo se alla Grecia si volessero condonare i debiti. Il racconto biblico è un invito ai paesi donatori, un appello alla disponibilità verso gli altri dei tedeschi. Ma nessun politico sembra voler sfruttare la possibilità.

Le leggi della finanza pubblica si scontrano con il divieto di finanziamento agli stati da parte della banca centrale, detentrice di buona parte dei titoli, e soprattutto: si rinuncerebbe ad un importante strumento di pressione.

L'esitazione costerà ancora piu' soldi.

Tutti buoni argomenti - se non si avesse l'impressione che sono validi solo fino alle elezioni del prossimo anno. L'interpretazione piu' ovvia sembra troppo pericolosa, basta lamentarsi un po', per avere facilmente quello per cui gli altri devono lavorare sodo.

Ma il rischio è che il taglio del debito arrivi quando tutto il resto sarà fallito. Piu' a lungo si aspetterà, piu' sarà costoso. Già troppe misure di salvataggio che in precedenza erano contrarie allo spirito dei trattati EU oppure in contrasto con la costituzione, sono state allo stesso tempo possibili e necessarie.

Ma in una situazione di difficoltà non ci aiuteranno misure ordinarie. Il governo federale farebbe bene a rettificare una volta per tutte il suo racconto sul salvataggio dell'unione monetaria: molti tedeschi inizierebbero allora a capire che le difficoltà sono tutt'altro che finite.